redazione il torinese

Perde il controllo dell’auto e muore schiantandosi contro un albero

Ha perso il controllo dell’auto l’uomo di 36 anni  che è morto la scorsa notte sulla strada provinciale 393 di Villastellone, finendo contro un albero. Viaggiava su un’Alfa Romeo 147 quando, per cause ancora in via di accertamento da parte dei carabinieri ha perso il controllo della vettura ed è andato a finire contro una pianta.

Applausi al Teatro di Caselette per Recital

Uno strepitoso Leonardo Manera si è alternato, sul palcoscenico del Salone Polivalente Cav.Magnetto di Caselette, ad una brillante Claudia Penoni, venerdì 9 febbraio, durante l’attesissimo “Recital”. Lo spettacolo, che ha aperto il ciclo di cinque appuntamenti di “RassegnaT – il teatro è a Caselette”, si è aperto con un momento di improvvisazione che, grazie alla simpatia di Leonardo Manera, ha rotto il ghiaccio, coinvolgendo un incredulo e divertitissimo pubblico. A fine spettacolo, dopo l’attesissimo duo del Cinema Polacco, grazie al quale i due attori sono diventati famosi come coppia a Zelig, il pubblico ha avuto la possibilità di porre domande agli artisti che hanno

risposto con simpatia ed informalità. “Abbiamo venduto l’ultimo biglietto circa una settimana prima dello spettacolo” Afferma con orgoglio Andrea Capogreco, Presidente dell’Associazione Messinscena, che ha organizzato, col patrocinio del Comune di Caselette, “RassegnaT” e prosegue: “Siamo molto contenti che il pubblico, di Caselette, ma anche dei paesi limitrofi, abbia risposto con tanto interesse a questa iniziativa”. Soddisfatto anche il Sindaco di Caselette, Pacifico Banchieri, che ha affermato: “Insieme all’Associazione Messinscena, abbiamo fatto una scommessa molto ambiziosa con questa rassegna e, a quanto pare, l’abbiamo stravinta!”. RassegnaT prosegue con altri quattro spettacoli, alcuni dei quali, vedranno protagoniste grandi personalità del teatro. Il prossimo appuntamento è fissato per il 24 febbraio, con “Due di Cuori”, con Esther Ruggero, Oscar Ferrari e Federica Tripodi. I biglietti saranno in vendita, a partire da mercoledì 15 febbraio, presso il Bar Caffetteria Kiosko, sito in Piazza Cays, a Caselette.

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Per maggiori informazioni www.teatrocaselette.it o visitare la pagina Facebook di Associazione Messinscena.

COLPO DI SCENA

Mercoledì 14, giovedì 15, venerdì 16 e sabato 17 febbraio, ore 21.00

Non la semplice trasposizione teatrale della web serie ma, la storia dei personaggi che ne fanno parte

casateatroragazzi.it

WEB SERIE – 5 puntate, in tutto quasi 40 minuti di racconto.
La storia è tutta ambientata all’interno della Casa del Teatro, così come tutti (o quasi) i volti che vedrete sono di attori, studenti, dipendenti, amici e collaboratori della Casa del Teatro. Sì, possiamo dire che è una storia fatta in Casa. E le storie fatte in casa, come gli agnolotti della nonna insegnano, sono le migliori, anche se l’abbiamo girata in sole otto mezze giornate, sfruttando i pochi spazi liberi del cartellone e degli impegni del teatro.

LIVE
Non la semplice trasposizione teatrale della web serie ma, la storia dei personaggi che ne fanno parte. Riti, trighi, litigi, esaurimenti nervosi e tutti gli ingredienti, che servono per giungere alla folle messa in scena di uno spettacolo, coinvolgeranno il pubblico in un gioco teatrale che vi porterà verso un inevitabile COLPO DI SCENA.
L’unico spettacolo teatrale nel quale sarete obbligati a tenere i cellulari rigorosamente accesi.

Sala Grande

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Fondazione TRG Onlus
Da un’idea di Luca Briatore
Drammaturgia Stefano Dell’Accio e Sante Altizio
Regia Stefano Dell’Accio
Con Claudio Dughera, Giorgia Goldini, Daniel Lascar, Claudia Martore, Alice Piano
Tecnico audio e luci Wally
BIGLIETTERIA

CASA del TEATRO RAGAZZI e GIOVANI
c.so Galileo Ferraris, 266 – 10134 Torino
tel. 011/19740280 – biglietteria@casateatroragazzi.it 
Orario di biglietteria:
dal lunedì venerdì dalle ore 10.00 alle ore 13.00 – dalle ore 15.00 alle ore 18.00
sabato e domenica dalle ore 15.00 alle ore 19.00

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Informazione pubblicitaria

Scontro frontale nella notte, morti due ragazzi

Tragico bilancio di due  morti e tre feriti nell’incidente stradale avvenuto nella notte nel Canavese, sull’ex statale 460, tra Cuorgnè e Pont.  Simone Goglio e Raffaele Antonucci, di 19 e 22 anni, di Pont, sono le vittime. I giovani viaggiavano su una Peugeot 206 che, per cause in fase di accertamento, si è scontrata in un frontale con una Lancia Y. I tre passeggeri della seconda auto sono stati ricoverati al Cto e all’ospedale di Ivrea e non sono in pericolo di vita.

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Laicità dello Stato, Mussolini meglio di Cavour ?“Italo” americano – Giuliano Ferrara e le elezioni del 4 marzo – La preside Rossi

 

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Laicità dello Stato, Mussolini meglio di Cavour ?

0ggi 11 febbraio e’ l’anniversario della Concilazione tra Stato e Chiesa firmata tra lo Stato italiano e la S. Sede nelle persone di Mussolini e del cardinal Gasparri. Per decenni fu festività civile con la conseguente vacanza nelle scuole che venne poi abolita. La conciliazione consentì di superare lo scontro tra Stato e Chiesa che determinò la questione romana dopo la breccia di Porta Pia , che solo in parte la legge delle Guarentigie ( che affermava il principio liberale e cavouriano del libera Chiesa in libero Stato) aveva superato. Fu la Destra storica a portare a Roma la capitale del nuovo Regno d’Italia ,mantenendo contemporaneamente il Papa nella città eterna. Fu un merito della Monarchia sabauda essere riuscita nell’intento senza determinare una nuova fuga del Pontefice come avvenne durante la Repubblica romana del 1849. insieme alla Conciliazione venne firmato il Concordato a cui si era opposto in Senato Benedetto Croce in un celebre discorso e che portò Ernesto Rossi a parlare dell’ alleanza del manganello e dell’aspersorio. Mussolini disse di essere stato migliore di Cavour nella trattativa con la Chiesa. I Patti Lateranensi compreso il Concordato vennero inseriti nella Costituzione all’art. 7 che fu votato anche dai comunisti. Quell’inserimento venne considerato lesivo della laicità dello Stato e fu merito di Bettino Craxi di aver emendato, d’intesa con il Vaticano, il Concordato del 1929 considerato in conflitto con la Costituzione. Fino a qualche anno fa molti laici ne chiedevano la revoca unilaterale da parte dello Stato italiano, forse considerando il vincolo dell’art. 7 non facilmente aggirabile se non con la riforma costituzionale. Oggi i laici furiosi tacciono, anche Emma Bonino pensa ad altro. Il Papa attuale ha sepolto i conflitti tra Stato e Chiesa con la benedizione laicissima di Eugenio Scalfari. Così la laicità non sembra più un tema importante. Quel tema, al massimo, attraversa i partiti senza dividerli. Forse significa che la laicità ha fatto qualche passo avanti o forse i valori ideali nella società attuale non interessano più.Il pragmatismo ha preso il sopravvento. Per altri versi, le leggi sulle unioni civili e sul testamento biologico, approvate in questi anni, sono leggi laiche passate senza gli attriti suscitati dal divorzio ,anche se in effetti sarebbero dovute essere per la Chiesa e i cattolici assai più traumatiche della legge Fortuna- Baslini che sancì lo scioglimento del matrimonio.

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“Italo” americano

La compagnia privata di trasporto su rotaia “Italo” è diventata americana . Un’ennesima impresa italiana acquisita da stranieri, neppure da europei. C’ è chi dice che si tratti di un investimento in Italia che dimostra la solidità dell’economia italiana, e c’è chi si rammarica che Montezemolo abbia salvato se’ stesso vendendo agli Americani. Il nome di Montezemolo, così celebrato ai tempi dell’ avvocato Agnelli, si è come appassito e appare all’ultima stazione sul piano imprenditoriale dopo essere stato Presidente ,senza risultati positivi, anche di Alitalia. Ha sperimentato di tutto : auto, treni, velivoli, auto da corsa. Ma i risultati appaiono piuttosto nel loro complesso deludenti . La vendita agli Americani e’ stata autorizzata dal ministro Calenda che fu stretto collaboratore di Montezemolo presidente di Confindustria.

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Giuliano Ferrara e le elezioni del 4 marzo

Giuliano Ferrara ha scritto sul “Corriere Torino” un ampio articolo in cui ricorda gli anni torinesi nel Pci. Ricorda come, attraverso un rigido controllo dell’apparato, il partito comunista riuscisse a controllare fino all’ultimo voto gli eletti. Oggi nessuno è più in grado di emulare il Pci che già negli anni Ottanta del Novecento si rivelò incapace di decidere in modo significativo i suoi eletti. A pensare a blindare i candidati è oggi la nuova legge elettorale . I partiti, nominando i candidati nell’ordine di lista della loro elezione o mettendoli in collegi considerati sicuri, decidono in larghissima misura gli eletti, senza di fatto offrire spazi di scelta all’elettore che non può neppure disgiungere il voto. Nessuno si domanda perché si può dare la preferenza per il quartiere, per i consigli comunali e regionali ,per il Parlamento europeo, ma non si può scegliere per Camera e Senato. Nel Pci era il partito a scegliere, non mi sembra che le cose siano molto cambiate. Lo stesso Pd non ha organizzato primarie che avrebbero un po’ attutito le scelte dall’alto. Sarebbe interessante il pensiero di Ferrara .

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La preside Rossi
La preside del liceo “Regina Margherita” Marianeve Rossi non è stata sospesa, come si legge sui giornali, ma si è messa in congedo per due mesi , sostituita dalla preside del liceo “d’Azeglio” in quanto nel liceo di via Bidone c’è l’anomalia della mancanza di un preside vicario o vice preside che la possa sostituire .La confusione regna sovrana e c’è chi ha fatto una ragione di vita disinformare sulla preside del “Regina Margherita” ,emulando la giornalista Maria Valabrega , nota per le sue simpatie ed antipatie .Il comunicato ufficiale della Direzione Regionale Scolastica, che smentisce che si sia trattato del provvedimento disciplinare della sospensione , la dice lunga su come sia stato trattato il tema a livello informativo, riportando le sole fonti sindacali , naturalmente confederali. La stagione di caccia alla preside Rossi è iniziata già a settembre. Sarebbe facile ricordare altre vittime del passato che vennero distrutte dai giornali. Con una diversità di fondo: allora si viveva nel clima infuocato del ‘68.Sono passati cinquant’anni, ma c’è chi non è cambiato.

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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Commemorazioni

Caro professore, Cosa pensa delle celebrazioni, promosse a Torino dall’ associazione ex consiglieri comunali ,del giornalista Giancarlo Carcano che fu consigliere per appena tre anni ?                    Aristide Di Carlo

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Ciascuno deve poter celebrare chi ritiene in assoluta libertà . E’ giusto che tutti i trapassati, in un modo o nell’altro, siano oggetto di ricordo. E’ la pietas verso i morti. Non vedo però grandi meriti in Carcano , giornalista e persona molto faziosa. Senza essere mai stato iscritto al Pci ,fu un compagno di strada molto fedele ,anzi del tutto acritico, del partito comunista . Anche in Rai fu un giornalista di parte. Vide solo la dittatura fascista ,senza neppure considerare quella comunista . Il fatto poi di definirlo anche uno storico pare davvero eccessivo. Qualche operina politica che di storico aveva poco. Ho letto che gli hanno attribuito di aver collaborato all’Unità ai tempi di Pavese e di Raf Vallone, invecchiandolo di vent’anni, non potendo per ragioni anagrafiche scrivere articoli in quegli anni.

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Due anni di vita in meno con lo smog?

Ho letto sul “Corriere Torino” che l’inquinamento atmosferico ci toglie due anni di vita . Se è vero ha ragione la sindaca Appendino.                  Barbara Mondino

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Se così fosse- il discorso è sicuramente allarmante ed andrebbe debitamente approfondito- avrebbe ragione il sindaco Appendino, ma avrebbe torto marcio la Regione che non interviene .Sinceramente, dopo parecchi anni, io non saprei dire chi sia l’Assessore regionale preposto .In ogni occasione c’ è solo un nome che circola , quello del Presidente. E non mi sembra che la Regione abbia una politica per l’ ambiente o , se c’è , non appare. Soprattutto non appaiono i suoi effetti. Lasciare un problema tanto grave nelle mani di Appendino appare piuttosto scellerato.

Isolare l’odio a destra e a sinistra per scongiurare il revival degli orrori della storia

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Il giorno del ricordo evidenziato in modo sorprendente da molti giornali e tg ,come forse non era mai accaduto , e’ stato funestato da disordini e intemperanze . A Macerata chi ha cantato “che belle le foibe da Trieste in giù” ha superato tutti i limiti della decenza equiparandosi moralmente  al pazzo che sparato all’impazzata . I disordini di Torino  di cui hanno fatto le spese gli ambulanti di corso Cincinnato, segnano un ritorno ai tempi terribili di 50anni fa ,quando ogni sabato il centro  torinese era funestato da manifestazioni di violenza. Il razzismo violento e farneticante  del pazzo di Macerata ha delle affinità con il lucidissimo  e sanguinario razzismo di Tito che fece infoibare 15mila italiani . Il nazionalismo, combinato con il comunismo, fu una miscela esplosiva pari al razzismo nazista che portò ai campi di sterminio. La violenza, gli slogan, le intolleranze rischiano di funestare la campagna elettorale. Ci vuole senso di responsabilità e il fronte antifascista deve sconfessare ed isolare le frange dei centri sociali come la Lega deve assumere una posizione chiara sui fatti di Macerata e  non solo. Certamente il numero altissimo di migranti clandestini può creare tensioni sempre più forti e incontrollabili, così come i giovani estremisti nostalgici del fascismo giocano a creare situazioni di  grave tensione politica che vanno condannate senza incertezze.  La campagna elettorale esige calma e serenità . I fomentatori di odio vanno isolati e condannati. Sia a destra che a sinistra.  Nel 1968 un gruppo di comunisti fanatici e non giovani  mi distrusse a Porta Palazzo  il palco dove io stavo parlando per il partito liberale . Mi salvai a stento da un linciaggio per una battuta  forse infelice con cui iniziai il comizio a fianco di Mario Altamura candidato alla Camera dei deputati  Allora il Pci mi espresse scuse ufficiali. Poi il ‘68 degenerò ella violenza . Ricordiamo cosa accadde cinquant’anni fa per non ripetere la storia. Ci vuole un  fermo richiamo alla ragione che rammenti a  tutti  le regole della democrazia che richiede tolleranza e pazienza, ma anche fermezza.

COMUNICARE SE STESSI ATTRAVERSO L’ARTE

La Divisione Arte di Torino Castello inaugura giovedì 8 febbraio la stagione espositiva 2018 con una mostra personale dell’artista Giorgio Giraudi

La mostra, dal titolo La comunicazione artistica tra umane visioni e oniriche realtà“, propone un gruppo di oltre quaranta opere, acrilici su tela realizzati dopo il 1995 e sculture in legno, attraverso le quali Giorgio Giraudi, nato a Torino nel maggio 1936, riesce a comunicare la propria visione delle cose e, perché no, forse anche della vita. Le opere di Giorgio Giraudi sono inserite nel Catalogo d’Arte Moderna dell’Editoriale Giorgio Mondadori, della De Agostini, nell’Annuario Comed, nei volumi “I giudizi di Sgarbi” e “Catalogo degli Scultori Italiani” editi da Giorgio Mondadori e su di lui si sono espressi alcuni fra i più noti critici e giornalisti del settore. L’esposizione, aperta al pubblico e con entrata libera, sarà ospitata nel Tower Center Torino Castello, sede di TORINO CASTELLO Agenzia Principale di REALE MUTUA Assicurazioni, uno spazio polivalente e tecnologico nel cuore della nostra città, in piazza Castello 111, divenuto ormai meta abituale e punto d’incontro per estimatori e critici dell’arte.

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La mostra rappresenta un momento importante ed esclusivo per conoscere da vicino un pittore e scultore restio a parlare di se stesso al punto tale da autografare le proprie opere nella parte posteriore della tela, la “più nascosta”, seguendo un po’ le logiche dei pittori ante Ottocento. Lucio Cabutti, nel 1996, lo definì L’”Eremita Urbano” ma, conoscendolo più da vicino, è possibile scoprire un uomo ricco di umanità e mitezza. Una persona con grande capacità espressiva in grado di comunicare, attraverso le proprie opere, l’inquietudine dell’animo umano che, attraverso un lavoro incessante e passionale, riesce a far parlare i propri silenzi. Paul Watzlawick, lo psicologo austriaco naturalizzato statunitense noto a tutti coloro che si occupano di comunicazione e marketing (ma non solo…), eminente esponente della Scuola di Palo Alto in California, diceva: “È IMPOSSIBILE NON COMUNICARE, ANCHE IL SILENZIO È COMUNICAZIONE” e questo per il sabaudo Giorgio Giraudi sembra essere molto naturale.

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La mostra sarà visitabile dal 9 febbraio al 12 aprile 2018, dal lunedì al venerdì con orario: 09-12.30 / 15-17.30. Festivi esclusi. Possibilità di organizzare visite guidate su prenotazione : 011 537866 o divisionearte@torinocastello.it.

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Antonio De Carolis

Presidente CDVM

Club Dirigenti Vendite e Marketing presso Unione Industriali di Torino

 

Mario Pannunzio cinquant’anni dopo

di Pier Franco Quaglieni

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A Cinquant’anni dalla morte diventa difficile ricordare Pannunzio che appare piuttosto dimenticato dopo che in occasione del centenario della nascita nel 2010 era stato oggetto di ricordi un po’ in tutta Italia soprattutto per iniziativa del Centro che, unico in Italia, ne ricorda il nome per volontà di Arrigo Olivetti, di Mario Soldati e di chi scrive che nel 1968 era diventato appena maggiorenne. Si è anche assistito ad una sorte di beatificazione laica di Pannunzio che non ha consentito la sua storicizzazione soprattutto ad opera di chi si vantava di una eredità quasi del tutto abusiva, come scrisse Pierluigi Battista. Pannunzio fu in effetti un uomo complesso e semplice nello stesso tempo,capace di scelte fermissime e di dubbi laici che lo portavano a considerare come sue le valutazioni dei suoi avversari.In questo senso fu un liberale nell’accezione più ampia e più vera del termine. Pannunzio fu davvero un discepolo non banale di Benedetto Croce che fu l’ispiratore più alto del suo giornale e su maestro in campo etico e politico,come dimostra il Carteggio Croce-Pannunzio che pubblicai nel 1998 e che non fu possibile completare per la morte di Alda Croce che,sola,sapeva decifrare la calligrafia a volte illeggibile del padre. Leo Longanesi chiamava scherzosamente Mario Pannunzio “piede lavato” per evidenziare un tratto del suo carattere compassato e un po’ freddo,che in effetti celava un’innata timidezza. Arrigo Benedetti,che fu il suo amico più intimo,lo definì “un laico direttore di coscienze” per il rigore morale e civile che caratterizzò il suo impegno culturale e politico. Indro Montanelli non ha esitato a scrivere che Pannunzio “non dovette aspettare i capelli grigi per diventare maestro” in quanto tutti gli attribuirono ”naturaliter” un’autorità morale e intellettuale che ci fa pensare al giovane Gobetti: uomini come Croce, Salvemini ed Einaudi “lo riconoscevano direttore d’orchestra e si mettevano volentieri sotto la sua bacchetta”. Lo stesso Montanelli,ridimensionando un giudizio che potrebbe sembrare un po’ retorico,se non rispondesse alla pura verità,annotò che Pannunzio”all’osteria, ai caffè e con le ragazze,beveva e peccava gagliardamente”. Nato a Lucca il 5 marzo 1910, Pannunzio si trasferì a Roma ragazzo,seguendo il padre, un avvocato abruzzese di idee comuniste,costretto dai fascisti ad abbandonare la città toscana.

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Studiò a Roma e fin dagli anni dell’Università,dove si laureò in legge,svolse attività culturali e giornalistiche rifiutando,per ragioni estetiche ed etiche,prima ancora che politiche,la retorica fascista. Collaborò con Longanesi alla redazione di “Omnibus”,il primo rotocalco italiano. In quegli anni Pannunzio si dedicò anche alla pittura e al cinema.Ma la sua vera passione erano il giornalismo e la letteratura. Partecipò alla Resistenza insieme a Carandini, Libonati e Cattani e diresse il quotidiano clandestino “Risorgimento Liberale” su cui solo Gerardo Nicolosi e Mirella Serri hanno finora condotto un’ adeguata ricerca storica. Fu rinchiuso per alcuni mesi a Regina Coeli,rischiando di finire alle Fosse Ardeatine; ma a chi gli ricordava quei mesi drammatici affrontati con coraggio,replicava accendendo una sigaretta,con un gesto vago e affrettandosi a cambiar discorso. Il capolavoro di Mario Pannunzio fu il settimanale “Il Mondo”,fondato nel 1949 e da lui diretto fino all’ultimo numero ( 8 marzo 1966 ). Con “Il Mondo”- come ha scritto Ennio Ceccarini-il giornalismo avanzato e moderno cessava di identificarsi con Longanesi e prendeva il nome di Pannunzio. Bisognerebbe tornare a domandarci cosa sia stato effettivamente “Il Mondo” soprattutto dopo aver letto un profilo biografico di Pannunzio sul dizionario Treccani che appare non adeguato. Il giornale fu un’iniziativa paragonabile,nella storia della cultura, a “L’Unità” di Salvemini, alle riviste gobettiane, alla “Voce” di Prezzolini.  E’ stato sicuramente il giornale culturale più significativo del nostro secondo dopoguerra. Tutti i nomi più importanti del giornalismo e della cultura di quegli anni e di quelli successivi scrissero su “Il Mondo”. Vanno almeno ricordati i nomi di Croce, Salvemini ed Einaudi(che Mario Soldati ha definito”i padri ideali”del”Mondo”) e quelli di Ernesto Rossi,Carlo Antoni e Vittorio De Caprariis, che furono le “colonne” del giornale. “Attorno a Mario Pannunzio- ha scritto Rosario Romeo- si riunì un gruppo di intellettuali tra i più impegnati moralmente e politicamente che conosca la storia del nostro Paese”. E Alberto Moravia ricordò che”in Italia,in quegli anni,c’erano i comunisti e loro, senza alternative”. Pannunzio scriveva pochissimo,ma era l’ispiratore diretto di molti articoli,il regista di tutto il giornale di cui sceglieva personalmente anche le fotografie. “Il Mondo”esprimeva un gusto e un’eleganza che purtroppo non hanno fatto scuola. Uno dei motivi della caduta verticale dei settimanali italiani è anche il loro involgarimento: un prodotto giornalistico molto distante da quello di Pannunzio. L’eleganza grafica di Pannunzio oggi appare del lutto scomparsa.

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Si dice che Pannunzio fosse pigrissimo,che il suo problema più assillante fosse quello di trovare parcheggio all’automobile di cui si serviva anche per andare a comprare le sigarette. A questa apparente indolenza corrispondevano una vivacità intellettuale,una capacità creativa ed un rigore nel lavoro che non lasciavano spazio all’improvvisazione. Era,come ha osservato Giovanni Ferrara,”amante delle piccole comodità d’ogni giorno,ma praticante e teorico della grande scomodità della dissidenza di tutta la vita”. Nel 1962 non esitò a separarsi da Ernesto Rossi e da altri amici,tra cui Parri,pur di rimanere fermo su certi princìpi irrinunciabili. L’intransigenza di Pannunzio era assoluta. Da aristocratico qual era da parte di madre,discendente di una delle più vecchie famiglie lucchesi,disprezzava ogni forma di compromesso e di favori;la sua vita fu quindi punteggiata da continui e dolorosi distacchi e da una profonda solitudine,mitigata solo dall’affetto della moglie Mary e di pochissimi amici. Eppure in quest’uomo,che assumeva a volte i toni duri del moralista laico,c’era una profonda,sofferta umanità, venata dal metodo del dubbio con cui era solito procedere nella sua vita e nella cultura. A cinquant’anni dalla sua morte,ecco un passo d’una lettera che inviò nel 1966 a Ernesto Rossi:”Non dimenticherò mai i nostri lunghi anni di amichevole concorde collaborazione e le tue coraggiose libere campagne che hai combattuto sul”Mondo””.Essa dimostra come Pannunzio, al di là delle amare contingenze che provocarono la frattura con Rossi,era davvero uomo superiore che non serbava rancore a nessuno. Era un raffinatissimo letterato che amava Proust e Gide,un laico che aveva fatto della crociana “religione della libertà”il suo riferimento. Era però anche un intellettuale impegnato che si batteva per un’Italia più libera e meno provinciale,più avanzata socialmente,pur sentendo il fascino della tradizione liberale e risorgimentale. Volle come ultimo compagno nella bara i”Promessi sposi” di Alessandro Manzoni. In quell’anno era iniziato il ’68 e i contestatori avrebbero idealmente e forse materialmente bruciato quel grande libro che il laico Pannunzio volle con sé nell’ultimo viaggio. Un motivo di riflessione su cosa significhi per davvero essere laici.

Le Molinette per la Giornata mondiale dell’Epilessia

Lunedì 12 febbario dalle ore 14,30 alle ore 17, presso l’Aula Magna della Clinica neurologica dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (via Cherasco 15), in occasione della Giornata mondiale dell’Epilessia, si terrà un incontro con gli epilettologi aperto a medici, sanitari e pubblico sulla patologia, organizzato dal professor Paolo Benna e dalla dottoressa Elisa Montalenti del Centro Epilessia dei Dipartimento di Neuroscienze con il patrocinio della Lega Italiana contro l’Epilessia.

Un capolavoro ritrovato

IN ESPOSIZIONE ALLA PINACOTECA ALBERTINA DI TORINO, RACCONTA UNO SPACCATO ESEMPLARE DEL GRANDE RINASCIMENTO PIEMONTESE. FINO AL 25 FEBBRAIO

Un dipinto   avvolto nell’oblio per oltre 450 anni, passato misteriosamente di mano in mano in labirintici ghirigori legati al mondo delle committenze e del collezionismo privato e che oggi, finalmente, ritrova – grazie a un mecenatismo virtuoso – una sua dignitosa destinazione e collocazione pubblica. Frutto di un recente ritrovamento e acquisita da Banca Patrimoni Sella & C., che ne ha finanziato anche l’accurato restauro presso il Laboratorio “Radelet” di Torino, “L’Adorazione del Bambino con i Santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova” resterà esposta fino domenica 25 febbraio (l’inaugurazione si è tenuta lo scorso mercoledì 7 febbraio) nella sala dei cartoni gaudenziani della Pinacoteca Albertina, permettendo così ai torinesi di poter ammirare un altro grande capolavoro di quel Rinascimento che rappresentò un momento fondamentale per la storia dell’arte in Piemonte. Dalla metà del Trecento fino all’avvento del Manierismo. La tavola, databile verso la fine degli anni Trenta del Cinquecento, è un’opera matura di Gerolamo Giovenone, nato nel contado di Novara prima del 1490 e morto a Vercelli nel 1555. Artista poco conosciuto dal grande pubblico ma sicuramente fra i protagonisti della pittura piemontese del primo Cinquecento accanto ai vari Giovanni Martino Spanzotti, Defendente e Gaudenzio   Ferrari e al genero Bernardino Lanino (che ne sposò la figlia Dorotea), il Giovenone lavorò prevalentemente in Piemonte ma anche nel milanese, riuscendo ad esprimere, in maniera orgogliosamente personale le cifre stilistiche e i dettami narrativi (la costante del paesaggio sullo sfondo del quadro, ad esempio) del grande Rinascimento italiano.

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Alla Pinacoteca Albertina la sua “Adorazione del Bambino” si confronterà con altre opere della Collezione Albertina normalmente non visibili, accanto ai disegni della bottega dello stesso Giovenone, di Lanino e Gaudenzio Ferrari e ad un’altra bellissima “Madonna con Bambino” realizzata sempre da Giovenone su modello di Raffaello e arrivata in prestito da Palazzo Madama. “Il percorso espositivo alla Pinacoteca Albertina – sottolinea Daniela Magnetti, curatrice dell’evento e direttrice artistica della Banca Patrimoni Sella – è stato concepito come un progressivo avvicinamento all’opera protagonista…In mostra anche i materiali raccolti durante l’indagine diagnostica e il restauro della pala, che rappresentano un apporto prezioso alla comprensione storico-artistica del maestro e della sua bottega”. L’esposizione, inoltre, vuole offrire al pubblico l’occasione di comprendere meglio la funzione e il significato dei “cartoni” cinquecenteschi, parte della ricca collezione donata da re Carlo Alberto alla torinese Accademia di Belle Arti. Dopo Torino, il “capolavoro ritrovato” tornerà a Vercelli, dove dal prossimo 10 marzo guadagnerà la sua definitiva collocazione al Museo Borgogna, la prestigiosa sede che beneficerà del deposito permanente voluto da Banca Patrimoni Sella & C.

Gianni Milani

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“Gerolamo Giovenone. Un capolavoro ritrovato”

Pinacoteca Albertina, via Accademia Albertina 8, Torino, tel. 011/0897370; www.pinacotecalbertina.it

Fino al 25 febbraio

Orari: tutti i giorni 10 – 18; chiuso mercoledì 14 e 21 febbraio