redazione il torinese

Fico: “La Tav non serve più”

Il presidente della Camera Roberto Fico giudica positivamente sia le piazze Si Tav che quelle No Tav, ma – così l’ansa riporta le sue parole – “non è che da presidente della Camera ho cambiato idea da quella prima manifestazione nel 2005 con Grillo e Casaleggio”. Si riferisce alla posizione no-Tav “oggi più forte: i flussi progettati allora, – aggiunge Fico – come quello sul ferro, di 17 milioni originariamente, di 8 milioni negli anni ’90 e ora  siamo invece a 3 milioni di tonnellate, meno che nel 1994. La Torino-Lione sulla base di quei dati oggi non serve più, non è una priorità”.

TOMMI: il videogioco creato per i piccoli pazienti

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Si chiama TOMMI ed è il nuovo videogame con cui potranno giocare i piccoli pazienti oncologici del reparto di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino (diretto dalla professoressa Franca Fagioli)

Si tratta di un progetto, creato dalla startup italiana Softcare Studios, volto a migliorare la qualità di vita dei pazienti grazie alle potenzialità delle tecnologie digitali. Ora per la prima volta, grazie alla collaborazione dell’Associazione DEAR Onlus, sbarca al Regina Margherita. TOMMI è un progetto innovativo sviluppato per aiutare i bambini malati di cancro ad affrontare meglio la terapia e l’ospedalizzazione unendo gioco e nuove tecnologie. Creato da un team di giovani professionisti della startup italiana Softcare Studios, TOMMI è un’esperienza in realtà virtuale (VR) realizzata per ridurre stress, ansia e dolore associati ai trattamenti medici, che permette ai bambini di immergersi in uno scenario digitale dove distrarsi dall’ambiente ospedaliero. Un’alternativa sicura e non invasiva per ridurre l’uso di farmaci sedativi o antidolorifici impiegati normalmente per calmare i giovani pazienti durante le procedure mediche. Presentato in forma di videogame, TOMMI è stato costruito attorno alle reali necessità e condizioni dei pazienti oncologici, coinvolgendo anche i parenti in sessioni di gioco collaborative, grazie alle quali ritrovare momenti di spensieratezza e complicità. Grazie alla realtà virtuale, TOMMI permette di coinvolgere i pazienti rilassandoli e calmandoli per contrastare le emozioni negative derivate dalla terapia, che impattano non solo la loro psiche ma anche il loro stato di salute fisico. Allo stesso tempo, il gioco è progettato per testare e analizzare le performance psicomotorie dei bambini normalmente influenzate dal decorso della terapia, fornendo ai medici uno strumento innovativo per seguire le condizioni di benessere dei pazienti, anche da remoto. In TOMMI i bambini si troveranno in un ambiente di fantasia, dove verranno coinvolti in diverse attività, ad esempio mettendo alla prova la loro memoria per ritrovare esserini magici che appariranno e scompariranno, oppure dovranno colorare con la loro bacchetta magica un drago volante collaborando con i genitori che daranno loro le giuste istruzioni a voce. Ogni piccola sfida serve per mettere alla prova il bambino, ma anche per testare le sue abilità che possono essere di interesse anche per il decorso della terapia. TOMMI ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti in Italia ed all’estero, guadagnando grande visibilità nel mondo dell’innovazione digitale della salute, oltre ad essere stato selezionato da percorsi di accelerazione in Germania, USA e Danimarca, dove la startup ha da poco aperto la sua seconda sede. Recentemente, Softcare Studios è stata inoltre premiata dalla Commissione Europea come miglior startup di e-health in Europa durante la finale degli Startup Europe Awards a Sofia, in Bulgaria. L’obiettivo adesso è permettere ai pazienti ed ai loro parenti di scoprire le potenzialità di TOMMI, pronto nella sua versione beta, portando il progetto negli ospedali italiani a partire dal Regina Margherita, permettendo al personale medico di familiarizzare con la tecnologia e valutare futuri percorsi di validazione scientifica del suo impatto sulla vita dei bambini durante la terapia. L’associazione DEAR Onlus si occupa di umanizzazione degli ambienti di cura e dal 2016 è attiva nel reparto di Oncoematologia pediatrica del Regina Margherita con il progetto Robo&Bobo. Questa nuova collaborazione con il reparto è resa possibile grazie al supporto della Fondazione Amici di Jean.

Pierpaolo Berra

Tav, perché sì. Il libro di Fassino e Chiamparino

Signori, l’impresa che vi proponiamo, non vale celarlo, è impresa gigantesca; la sua esecuzione dovrà però riuscire a gloria e vantaggio del Paese. Le grandi imprese non si compiono, le immense difficoltà non si vincono che ad una condizione, ed è che coloro cui è dato di condurre queste opere a buon fine abbiano una fede viva,assoluta,nella loro riuscita.Se questa fede non esiste,non bisogna accingersi a grandi cose né in politica,né in industria..”. Con questa citazione di Camillo Benso di Cavour si apre l’instant book scritto da Sergio Chiamparino e Piero Fassino “Tav.Perché sì”, pubblicato da La nave di Teseo, disponibile in questi giorni nelle librerie.Non una citazione qualsiasi ma un frammento del discorso che Cavour tenne il 27 giugno 1857 al Parlamento Subalpino, prima del voto per la realizzazione del tunnel ferroviario del Fréjus. In una novantina di pagine, l’attuale governatore del Piemonte e l’ex sindaco di Torino, delineano il senso della loro iniziativa, tesa a liberare la discussione sulla Tav dalle ideologie politiche, puntando esclusivamente ai dati, ai numeri, alle analisi dei costi e delle attese del mondo economico e sociale. Dal libro emerge un’analisi molto seria, documentata e persino puntigliosa su questa grande opera al centro del dibattito pubblico da anni. La Tav, la linea ferroviaria ad alta velocità che dovrebbe collegare Torino a Lione, e l’Italia alle grandi vie di comunicazione europee, è da 25 anni al centro di uno scontro aspro tra chi è favorevole e chi contrario alla sua realizzazione. Un confronto in cui slogan e accuse hanno spesso soffocato il reale dibattito. Piero Fassino e Sergio Chiamparino hanno affrontato entrambi in prima persona, come membri del governo e amministratori locali, la nascita e l’evoluzione della TAV, ne hanno da sempre difeso gli obiettivi, pur avanzando proposte e non risparmiando critiche per migliorare un progetto di grande complessità. Nel libro presentano, con chiarezza e passione, le ragioni del sì a un’opera strategica per il nostro Paese, e al tempo stesso ne fanno la chiave per difendere l’idea di un’Italia aperta al mondo, rispettosa della partecipazione e del confronto, finalmente capace di prendere decisioni coraggiose.

M.Tr.

BATTISTI. MONTARULI (FDI) : “IL GOVERNO CHIEDA CONTO ALLA BOLIVIA” 

L’ ex giudice brasiliano Walter Maierovitch ha dichiarato che con grandissima probabilità Battisti si trova in Bolivia. Il criminale-codardo già sfuggito alla patria galera per troppi anni deve essere portato in Italia e non ammettiamo nessuna copertura da nessun paese straniero. Il Governo chieda conto anche alla Bolivia della necessità di vedere estradato Battisti e pretenda ufficialmente le sue ricerche chiedendo una posizione ufficiale del vicepresidente Alvaro García Liniera che secondo indiscrezioni lo appoggerebbe. Le parole di Maierovitch, autorità credibile, non vengano ignorate.

 

Augusta Montaruli

Deputato FdI

Il desiderio di conoscere che può condurre alla pazzia

Un sogno, all’inizio: “Vidi in esso un cortile profondo e senza uscita, e da questa immagine paurosa nacque Così è (se vi pare)”, confessò un giorno Luigi Pirandello

Un’immagine che, prima della “parabola in tre atti”, avrebbe avuto il suo primo svolgimento in La signora Frola e il signor Ponza, suo genero, la novella che dava un nome, Valdana, al luogo della vicenda e che affidava al solo genere femminile quell’ansia di sapere, di interrogare, di arrivare finalmente ad una verità inarrivabile. Poi – nell’aprile del 1917 – l’autore confidava al figlio Stefano, prigioniero in mano agli austriaci, di aver dato al palcoscenico (andrà in scena due mesi dopo) una nuova commedia, con il confronto non secondario con le teorie freudiane e con la vita familiare che in quegli anni ruotava attorno alla pazzia e al definitivo ricovero della moglie Antonietta Portulano. È composta da tanti preamboli questa “parabola”, in incastri geometrici, che osserva freddamente e con passione allo stesso tempo un più anonimo “capoluogo di provincia” in cui s’installano, sfuggiti a quel terremoto che distrusse un secolo fa la Marsica con un peso di oltre trenta mila vittime, il nuovo segretario prefettizio Ponza, la suocera e la moglie del Ponza, mai vista quest’ultima da nessuno nei primi mesi di permanenza: affermando i primi due, sotto il pungolo della curiosità del paese – e chiusi anch’essi in quella “stanza della tortura” che lega personaggi e situazioni del teatro pirandelliano -, di tener segregata la moglie in casa (dice lui) e di vietarle di vedere, se non di lontano, la madre, perché quella giovane donna altri non è che la sua seconda moglie mentre la vecchia, impazzita, la crede sua figlia, quando al contrario, in una incomparabile protezione per il genero, sostiene lei, sua figlia è viva e il pazzo è Ponza che la crede morta, sottrattagli in un primo tempo “per soverchio amore” e ricoverata in una casa di salute, da cui ritornò, dovendosi allora simulare un secondo matrimonio per farla accettare a lui. Al centro il raisonneur Laudisi, che ha i tratti di Pirandello, con i suoi spiazzamenti, con le risate a far da firma ai tre atti e gli sberleffi, con l’affermare e il negare, con il suo continuo prendersi gioco di tutto e di tutti. Mentre un intero paese attende di conoscere la verità. Anche l’esistenza teatrale, sul versante pirandelliano, di Filippo Dini, nato in scuola genovese, recalcitrante metteur en scène di questo Così è (se vi pare) – il suo primo – tra le produzioni della stagione dello Stabile torinese (lunga tenitura, fino al 6 gennaio al Carignano), è punteggiata di preamboli. Un confessato “sguardo snob” nei confronti dell’autore, come tanti altri nomi della sua generazione (di quarantenni avanzati), di una lingua “vecchia e insopportabile” e “che ci ha soltanto annoiato”, di trame contorte e di pistolotti e fumisticherie finali che denunciavano tutta la insopportabilità possibile: poi la rivelazione di “segreti pieni di fascino e di novità” (magari sopravvivendo l’insano desiderio di cancellare dal palcoscenico il personaggio “terribile” di Laudisi che guarda ogni cosa dall’alto). E allora Dini scava, nel bene e nel male, vuole andare oltre, senza timori. Non ce lo fa certo trattare come trattarono Pirandello gli spettatori dei Sei personaggi al debutto del Valle se scompone i tre atti in due parti e suggerisce un nuovo ordine cronologico suddiviso in giornate, se abolisce personaggi (secondarissimi), se inserisce panorami e rimandi religiosi sin dal titolo o si riallaccia al surrealismo di Bunuel: guardiamo fin dall’inizio con attenzione e allo stesso tempo con una certa ritrosia la strada che s’è messo a seguire, nella domanda continua di dove andrà a finire. Quando scatta l’intervallo, è chiaro che un certo disappunto esiste e sta per prendere il sopravvento. Guardato come lo spartiacque dello spettacolo, il monologo di Laudisi è ancora dinanzi allo specchio, qui deformato, con un microfono a raccogliere echi e sbavature della voce, il personaggio ritto in piedi, mentre finora lo si è visto su una sedia a rotelle, accudito da un’infermiera. Il tutto è risolto in un sogno (un sogno che credo nessun altro aveva immaginato in precedenza) che per un attimo invade la partitura. Idea difficile da accettare, per un Laudisi assai solido e sempre sul filo del ragionamento, che non appartiene alla tragicità dei “diversi”, di quelli che vengono da lontano e neppure al cicaleccio pettegolo della comunità, all’informazione ad ogni costo. “Un problema alle gambe”, ci suggerisce Dini, forse un malato immaginario, psicanalisi aiutandoci, allargando subito quella instabilità fisica e mentale che alloggia nella casa borghese, nella famiglia. Non soltanto l’eterno sospetto quindi che o il signor Ponza o la signora Frola sia il pazzo – o in opposto il suggerimento ora che quella pietà in cui si sono raccolti e hanno trovato un equilibrio dia loro la patente della “ragione” -, anche i cittadini coltivano quel tarlo: un cameriere (inventato da Dini, tra pulizie e svolazzi, all’occorrenza, coi kleenex, pronto ad abbandonare la casa con il collega come la servitù nell’Angelo sterminatore) o la padrona di casa, che va e viene a suon di bicchierini e pillole, tutti quanti ad essere nel finale quasi schiacciati dalla scenografia di Laura Benzi (quasi un luogo sacrale, una fuga molto bella di stanze e corridoi scamozziani, un intreccio di sguardi multipli, di ti vedo e non ti vedo, quale sia il posto dello spettatore in platea o in un palco, a camuffare ancor di più la precarietà della realtà, l’inesistenza della verità), ridisegnati come gli ospiti di un ospedale psichiatrico. “Oggi”, sottolineerebbe l’autore, la pazzia è altra e altrove, si batterebbe ancora in “una sfida alle sue – (del pubblico) – opinioni e soprattutto alla sua quieta morale”. Un percorso registico difficile da accettare nella sua completezza, una rispettabile “ricostruzione” che a volte stride nelle invenzioni, nelle forzature, nel linguaggio corretto anche da soluzioni nuove, da frammenti di dialogo che in Pirandello non trovereste mai. Dini aggiusta, Dini ricompone. Allora, Dini o l’autore legittimo? Ma un percorso e una rilettura che spingono a cercare immagini, dettagli importanti, soluzioni inattese, a ribaltamenti mai suggeriti cui concorrono le eccellenti interpretazioni di un corposo quanto fragile e disperato Giuseppe Battiston, di Maria Paiato segnata dal dolore e dalla remissione, dello stesso Dini che ritaglia per sé il ruolo di Laudisi, intaccato come s’è detto dal “disordine”. S’adattano con anima e corpo, perfettamente, alle silhouette che il regista ha inventato per loro Nicola Pannelli, Mariangela Granelli, Ilaria Falini e Orietta Notari, a ricevere con i loro compagni gli applausi nelle varie chiamate e anche qualche fischio, assai più timido tuttavia, come ai vecchi tempi.

 

Elio Rabbione

 

 

 

Le foto dello spettacolo sono di Bepi Caroli; nell’ordine Benedetta Parisi, Maria Paiato e Giuseppe Battiston; Giuseppe Battiston con Nicola Pannelli, Orietta Notari, Ilaria Falini, Dario Iubatti, Filippo Dini e Francesca Agostini; Maria Paiato e Giuseppe Battiston; Filippo Dini e Benedetta Parisi; una scena d’insieme

LA LAV E L’ASSESSORE UNIA IN VISITA AI RISTORANTI DEL PROGETTO «TORINO CAMBIAMENU’»

PER LA  DIFFUSIONE DELL’ALTERNATIVA VEGANA. COSI’ LA CITTA’ SUBALPINA DIVENTA SEMPRE DI PIU’ LA CAPITALE EUROPEA DELLA RISTORAZIONE SENZA CRUDELTA’ 

 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO Mercoledì 19 dicembre, a partire dalle ore 19, l’Assessore all’ambiente con delega alla tutela degli animali, Alberto Unia e i rappresentanti della LAV incontreranno i giornalisti presso quattro locali che tra i primi hanno aderito all’iniziativa «Torino Cambiamenù», volta alla promozione di un’alternativa vegana diffusa e di qualità.  Il primo appuntamento sarà alle ore 19 presso la trattoria vegana Giuggiole, in Via Sant’Ottavio, 56. Poi alle 19.30 appuntamento alla storica Pasticceria Medico di Via Martiri della Libertà, 4bis  per un veg-aperitivo. Successivamente, alle ore 20.15 visita al ristorante Monferrato di Via Monferrato, 6, attivo dal 1820 e oggi aperto all’innovazione. E per finire, cena presso L’Orto già Salsamentario di Via Monferrato, 14, aperto da pochi anni ma già diventato un’istituzione dell’alimentazione vegana. Il progetto «Torino Cambiamenù», che si propone di allargare l’offerta vegana anche nei locali tradizionalmente lontani dal proporre un’alimentazione senza crudeltà, rappresenta il primo investimento politico in tal senso da parte di una grande città italiana. L’iniziativa, nata da una proposta della LAV, ha infatti ottenuto fin da subito il patrocinio dalla Città di Torino, che già da oltre un decennio è tra le più avanzate al mondo nella proposta di uno stile di vita vegano, rispettoso di esseri umani, animali e ambiente.  «La nostra iniziativa risponde all’esigenza di tutelare, oltre agli animali, anche l’ambiente in cui viviamo, sempre più minacciato dall’impatto di stili di vita insostenibili – dichiara Marco Francone, responsabile LAV Torino – ma è anche finalizzata a promuovere un turismo consapevole in una città moderna e in continua evoluzione come la nostra». Il progetto «Torino Cambiamenù» è rivolto agli oltre duemila ristoratori della città, invitati a prendere parte al cambiamento ampliando la propria proposta di piatti privi di ingredienti di origine animale, ma ricchi di gusto e di bontà… in tutti i sensi.

Città della Salute in festa per Natale

 Aula Magna dell’ospedale Molinette di Torino

Mercoledì 19 dicembre alle ore 20,30, presso l’Aula Magna A.M. Dogliotti dell’ospedale Molinette di Torino (corso Bramante 88), si terrà la Festa di Natale della Città della Salute di Torino. Dopo l’iniziale scambio di auguri con la Direzione aziendale, si terrà il concerto del Coro Gospel Beam ed infine ci sarà un brindisi finale di auguri. Ingresso libero.

 

(foto: il Torinese)

Sport dietro le sbarre

Il Gruppo Sportivo Polizia Municipale di Torino ha preso parte al “progetto casa circondariale”, sfidando i detenuti e le detenute rispettivamente a calcio e pallavolo: un’iniziativa vincente e destinata ad ampliarsi in futuro

 

Lo sport approda alla casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino grazie al Gruppo Sportivo Polizia Municipale del capoluogo sabaudo; infatti, nell’ambito del “progetto casa circondariale”, vigilesse e vigili gialloblù hanno sfidato detenute e detenuti rispettivamente a pallavolo e calcio, nelle giornate di mercoledì 12 e venerdì 14 dicembre. Tali incontri, come detto, contribuiscono a comporre il mosaico di un’iniziativa alquanto estesa, che mira all’avvicinamento allo sport; legata a percorsi di inclusione sociale, è organizzata in collaborazione con la Fiamma Azzurra e i rispettivi enti di appartenenza (Corpo di Polizia Municipale di Torino, Direzione Polizia Penitenziaria e Corpo di Polizia Penitenziaria) ed è divenuta un appuntamento tradizionale di fine anno, che ci si augura possa sfociare in un più importante e ancor più esteso progetto di riqualificazione sociale. Le prime a scendere in campo sono state le pallavoliste del GSPM Torino (Roraima Pennazio, Roberta Pica, Cinzia De Rosa, Antonella Bifano, Monica Loncone, Francesca Nardella e Giovanna Consoli), che hanno affrontato le detenute dell’ala femminile, allenate e seguite da un tecnico del CUS Torino, senza però scontrarsi effettivamente con loro, dal momento che sono state formate due selezioni miste. Al termine del match sono stati lasciati in dono alcuni omaggi alle ragazze detenute, a cui ha contribuito anche la FIPAV Piemonte nella persona del presidente Ezio Ferro, che ha fornito capi tecnici e materiale utile all’allenamento. Venerdì, invece, sono stati i calciatori della rappresentativa della polizia municipale subalpina (Franco Caporusso, Giuliano Giacobbe, Valter Negro, Carmelo Cartisano, Valerio Piai, Francesco Piccinni, Davide Bianco, Denny Guarise, Simone Manzo, Gennaro Amato, Davide Giorgio, Ernesto Cambio, Alessio Colucci, Marco Ermanni, Fulvio Biscuola, Walter Chervatin, Davide Ossati, Giuseppe Spatolisano e Federico Trabucco) a calcare il rettangolo verde della casa circondariale per dare vita a una partita vissuta con grande sportività da parte di entrambe le formazioni, che tuttavia non hanno certo tirato indietro la gamba e sono andate sin dal primo minuto alla ricerca della vittoria. A spuntarla, per la cronaca, sono stati i vigili torinesi per 4-2, ma al termine del match il vero trionfatore è stato il fair play: strette di mano, sorrisi e, non ultima, la consegna di alcune confezioni di caffè e cioccolatini da parte del GSPM Torino ai detenuti, che hanno apprezzato il gesto e ringraziato calorosamente i loro avversari di giornata. Nota a margine: l’incontro calcistico è stato arbitrato dal direttore di gara federale Marco Chessa, che, tra l’altro, ricopre anche l’incarico di Consigliere comunale presso il municipio sabaudo. Soddisfatti tutti gli organizzatori e i promotori del progetto, unanimemente concordi nell’asserire che «questo genere di manifestazioni contribuisce all’abbattimento, per qualche ora, del muro che separa la casa circondariale dalla società, fornendo ai detenuti la possibilità di un sano confronto umano e sportivo».

 

Alessandro Nidi

Pronto soccorso chiuso per “emergenza formiche”

DALLA CAMPANIA E’ stata chiusa per più di un’ora l’accettazione chirurgica del pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni di Napoli  a causa delle formiche. Lo ha reso  noto il consigliere regionale dei Verdi, Emilio Borrelli, componente della commissione Sanità. Si tratta dello stesso ospedale dove, lo scorso novembre, si verificò il caso della donna intubata coperta da numerose formiche.

Madame Reali in mostra

Apre il 20 dicembre, a Palazzo Madama, nella Sala Senato la mostra Madame reali: cultura e potere da Parigi a Torino che proseguirà fino al 6 maggio 2019

Spesso ci si interroga sul come Casa Savoia sia diventata la dinastia italiana per eccellenza. Questo, però vale per tutte le grandi famiglie e non solo per le casate nobiliari che dal niente diventano imponenti. Come sempre, molto è dovuto a combinazioni fortuite che, anche nella storia sono fondamentali, ma non basta, altrettanto è merito degli uomini e delle donne che le hanno guidate. In quest’ottica, una mostra a Torino, a Palazzo Madama, con oltre 120 opere , tra dipinti, oggetti d’arte, arredi, tessuti, gioielli, oreficerie, ceramiche,disegni e incisioni, rende omaggio a due grandi donne che hanno contribuito all’ascesa dei Savoia . Le Madame Reali, la regina Cristina di Cristina di Francia o più esattamente Chrestienne de France, figlia del re di Francia Enrico IV di Borbone e di Maria de’ Medici che arriva, a Torino da Parigi, come accadeva allora, per un matrimonio combinato, nel 1619, all’età di tredici anni per sposare Vittorio Amedeo I di Savoia. L’altra Madama Reale è Maria Giovanna Battista di Semour, donna di pace, di carità, di grandi committenze. Nipote di Enrico IV di Francia,Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, dama di corte della regina di Francia, lascia nel 1665 la reggia di Luigi XIV, il Re Sole, per diventare duchessa di Savoia. Vedova dal 1675, Maria Giovanna Battista regge il ducato fino al 1684, quando il figlio Vittorio Amedeo II assume d’autorità il potere. Nel periodo in cui governa si trova a fronteggiare la povertà causata in Piemonte dalle grandi carestie degli anni 1677-1680 e per aiutare i più bisognosi istituisce un Monte di prestito e fonda anche l’ospedale di San Giovanni Battista e promuove l’Accademia di Belle Arti di Torino e invita l’architetto messinese Filippo Juvarra a realizzare il grandioso scalone d’onore di Palazzo Madama, testimonianza perenne del Barocco europeo. Le opere esposte provengono da prestiti di collezionisti privati e da importanti musei italiani e stranieri. Tra gli artisti in mostra: Anton Van Dyck, Frans Pourbus il giovane, Giovanna Garzoni, Francesco Cairo, Philibert Torret, Giovenale Boetto, Jacques Courtilleau, Charles Dauphin, Pierre Gole, Carlo Maratta, Maurizio Sacchetti,Filippo Juvarra. La mostra voluta dal direttore di Palazzo Madama e curata Guido Curto e dalle conservatrici del museo Clelia Arnaldi di Balme e Maria Paola Ruffino è allestita nella Sala del Senato dal 20 dicembre 2018 al 6 maggio 2019 a cura dell’architetto Loredana Iacopino.

Tommaso Lo Russo

(foto Federico Palumbo)

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Gli orari: lun-dom 10.00-18.00, chiuso il martedì.

La biglietteria chiude 1 ora prima Biglietti : Intero 10 € Ridotto 8 € Ingresso libero Abbonamento Musei e Torino Card. Info per il pubblico:palazzomadama@fondazionetorinomusei.it

– tel. 011 4433501-www.palazzomadamatorino.it