redazione il torinese

Sicilia, focus su una grande regione del vino con Go Wine

GO-WINE

L’iniziativa presso lo Star Hotel Majestic in Corso Vittorio Emanuele, 54

 

Proseguono gli appuntamenti di Go Wine nella città di Torino. La prossima degustazione è in programma martedì 3 marzo ed è dedicata alla regione Sicilia ed ai suoi vini.  Una serata di approfondimento che, grazie alla presenza dei vini delle aziende partecipanti, porterà in sala espressioni di diversi territori di produzione e darà conto della ricchezza della viticoltura della regione.

 

In degustazione saranno presentati vini delle aziende:

 

Armosa – Scicli (Rg)
Castellucci Miano – Valledolmo (Pa)
Donnafugata – Marsala (Tp)
Duca di Salaparuta – Casteldaccia (Pa)
Ferracane  – Marsala (Tp)
Giasira – Rosolini (Sr)
Gulfi – Chiaramonte Gulfi (Rg)
Planeta – Menfi (Ag)
Spadafora – Palermo
Valenti – Castiglione di Sicilia (Ct)
Vinifer-Tranchida – Marsala (Tp)
Wiegner – Castiglione di Sicilia (Ct)

 

Orario del banco d’assaggio: Ore 17,00 – 22,00, 
Nel corso della serata breve  conferenza di presentazione

 

Il costo della degustazione per il pubblico è di € 15,00, Soci Go Wine € 10,00, riduzione soci associazioni di settore € 12,00. L’ingresso sarà gratuito per coloro che decideranno di associarsi a Go Wine direttamente al banco accredito della serata.  L’iscrizione sarà valevole fino al 31 dicembre 2015. 

 

ATTENZIONE: Per una migliore accoglienza è consigliabile confermare la presenza alla serata all’Associazione Go Wine, telefonando al n°0173/364631 oppure inviando o un’e-mail a stampa.eventi@gowinet.it entro le ore 12.00 di martedì 3/03 p.v..

La Festa dell'aria al castello di Masino

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Il cielo pieno di mongolfiere al Castello e Parco di Masino a Caravino

 

Domenica 1 marzo 2015, dalle ore 10 alle 18, il cielo sopra il Castello e Parco di Masino, splendido Bene del FAI – Fondo Ambiente Italiano a Caravino (TO), torna a ospitare la “Festa dell’Aria”, per festeggiare la riapertura al pubblico dopo la chiusura invernale e il sopraggiungere della Primavera tra aquiloni e voli in mongolfiera. Per l’occasione nell’incantevole Parco del Castello sarà possibile partecipare al maestoso spettacolo dell’alzata di mongolfiere colorate e apprendere le tecniche attraverso la descrizione dei piloti. Grazie al Team Slowfly Mongolfiere di Mondovì che cura la manifestazione, sarà inoltre possibile partecipare anche a voli liberi e voli vincolati a pagamento e su prenotazione.

 

Per prenotare i voli in mongolfiera: Slowfly Mongolfiere, Monica, tel. 335-8307972; email: info@slowfly.it

*Slowfly Mongolfiere di Mondovì è una società certificata ENAC.

 

Con l’Associazione Free Vola si potrà assistere all’esibizione di aquiloni variopinti e ultraleggeri, mentre una grande area espositiva ospiterà giochi d’aria e installazioni aeree di farfalle e draghetti, mentre con ASD Etoile ci si potrà cimentare nella costruzione di girandole colorate. I più piccoli visitatori potranno partecipare a laboratori per imparare come si costruisce un aquilone per poi farlo volare.

 

I bambini potranno cimentarsi anche in una divertente Caccia al tesoro, uno speciale itinerario a tappe nel parco alla scoperta della Stanza di Arduino, del Giardino dei Folletti, della Stanza del Sole, della Torre dei Venti, del grande labirinto (lungo ben 1200 metri) e dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea, osservabile da uno dei punti panoramici più noti e rilevanti d’Europa – in compagnia di tanti simpatici personaggi come la fatina giardiniera Maflora e il folletto Maprican. Tappa finale: la nuova area-giochi con la riproduzione del Castello in legno e tante attività all’aria aperta al suo internoInfine, a cura del team di Cascina Molino Torrine, per i più piccoli si terrà un laboratorio didattico volto alla conoscenza delle erbe alimentari.

 

Nel corso di tutta la giornata sarà inoltre possibile effettuare visite guidate agli interni riccamente arredati del Castello; le visite – incluse nel biglietto di ingresso – saranno a cura degli studenti e dei docenti dell’Istituto Superiore “Piero Martinetti” di Caluso. Per il ristoro saranno presenti stand gastronomici e mercatino enogastronomico del territorio, si potranno gustare paste fresche, plin, miasse, polente, biscotti di meliga, torcetti, vini del territorio in apposite aree di ristoro attrezzate per il pranzo o per una golosa merenda. Oltre alle aree ristoro del Parco saranno disponibili anche le terrazze del CAFFE’ MASINO, ristoro panoramico del Castello.

 

Con il Patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia di Torino e del Comune di Caravino. Il calendario “Eventi nei Beni del FAI 2015”, è reso possibile grazie al prezioso contributo di PIRELLI che rinnova la consolidata amicizia con la Fondazione e Cedral Tassoni, marchio storico italiano che per il quarto anno consecutivo ha deciso di abbinare la tradizione, la storia e la naturalità del suo prodotto al FAI.

 

Orario:dalle ore 10 alle 18.

 

Ingresso alla manifestazione + visita: Adulti 10 €; Ragazzi (4-14 anni): 5 €; Bambini (0-3 anni), Iscritti FAI Adulti e Residenti nel Comune di Caravino: gratuito; Biglietto Famiglia (2 adulti + 2 bambini): 22 €.

 

Laboratori: Ragazzi (4-14 anni) e Iscritti FAI gettone animazione: 3 €.

 

IN CASO DI PIOGGIA L’EVENTO SARA’ ANNULLATO ma sarà possibile visitare il Castello.

 

Per informazioni: Castello di Masino, Caravino (TO) tel. 0125.778100; faimasino@fondoambiente.it

Per maggiori informazioni sul FAI consultare il sito www.fondoambiente.it

 

 

 

 

In ricordo di quattro protagoniste della politica piemontese

CONSULTASi comincia lunedì 2 marzo alle 17 con Giovanna Cattaneo Incisa, primo sindaco donna della Città di Torino, dal 1987 al 1990

 

Impegno, rigore, passione nel ricoprire gli incarichi istituzionali in un’epoca in cui le pari opportunità erano meno ‘pari’ di oggi. Sono le caratteristiche che accomunano le quattro donne piemontesi da poco scomparse cui la Consulta femminile ha dedica quattro volumi monografici e quattro incontri nella Sala Viglione di Palazzo Lascaris. Si comincia lunedì 2 marzo alle 17 con Giovanna Cattaneo Incisa, primo sindaco donna della Città di Torino, dal 1987 al 1990. Con il presidente e la vicepresidente del Consiglio regionale Mauro Laus Daniela Ruffino, delegata alla Consulta, e la presidente della Consulta Cinzia Pecchio, intervengono l’autrice della monografia Donatella Sasso, l’ex vicepresidente e assessore della Giunta regionale Bianca Vetrino, l’ex sindaco di Torino Valentino Castellani, l’ex assessore del Comune di Torino Fiorenzo Alfieri e l’ex segretario della Fondazione Torino Musei Adriano Da Re.

 

Si prosegue lunedì 9 marzo alle 17 con il ricordo di Nicoletta Casiraghi, prima donna eletta presidente del Consiglio e della Giunta provinciale di Torino, dal 1985 al 1990. Intervengono l’autrice della monografia Sasso, l’ex parlamentare Maura Leddi, gli ex consiglieri regionali Ferdinando Santoni De Sio e Luigi Ricca, anche presidente della Provincia di Torino, il direttore del Centro Pannunzio Pier Franco Quaglieni e il presidente dell’Associazione Aglietta Igor Boni.

 

Lunedì 16 marzo alle 17 viene ricordata Maria Magnani Noya, primo sindaco donna della Città di Torino, dal 1987 al 1990. Ne parlano l’autrice della monografia Caterina Simiand, gli ex parlamentari Giorgio Benvenuto, anche segretario generale della Uil, e Giusi La Ganga, anche consigliere del Comune di Torino, l’ex presidente dell’Assemblea e consigliera regionale Carla Spagnuolo, anche assessore del Comune di Torino, l’ex responsabile dell’Ufficio stranieri del Comune di Torino don Fredo Olivero, l’avvocato Maura Ciani e Paola Bennati dello Zonta Club.

 

L’ultimo incontro, lunedì 31 marzo alle 17, è dedicato alla memoria di Angiola Massucco Costa, parlamentare per il Partito comunista italiano nel 1963 e consigliera comunale a Torino tra il 1970 e il ‘75. La ricordano l’ex parlamentare e assessore del Comune di Torino Maria Grazia Sestero, la dirigente della Regione Piemonte Mirella Calvano, il docente di psicologia dell’Università di Torino Ellenis Bosotti, il filosofo e storico della psicanalisi Franco Quesito e Fabiana Fabiani del Comitato organizzativo Udi.

 

Le quattro monografie, che fanno parte della collana “Donna & Donne”, sono state curate dall’Istituto storico Salvemini di Torino attraverso ricerche d’archivio e incontri con persone che hanno conosciuto le quattro protagoniste, si compongono di un saggio biografico introduttivo che ne evidenzia i percorsi umani e politici, interviste a testimoni della politica, della cultura e della società civile con cui hanno condiviso battaglie e ideali, un’appendice documentaria che ripropone il testo di alcuni discorsi pubblici e un ricco inserto iconografico.

 

(www.cr.piemonte.it)

Info: 011/57.57.291.

"Il contrario dell'amore", un romanzo sullo stalking

romanzo amore

Presentazione presso La stazione delle idee in via Diaz 15 a Borgaro

 

La scrittrice Sabrina Rondinelli presenterà il suo libro IL CONTRARIO DELL’AMORE, edito da Indiana, l primo romanzo italiano sullo stalking. L’incontro è organizzato dal Circolo letterario ‟Letture corsare” e coordinato da Alessandro Del Gaudio e Dario De Vecchis. Ci saranno inoltre delle letture a cura di Diego Garzino. Sabrina Rondinelli è nata a Torino nel 1972, dove si è laureata in Materie Letterarie con indirizzo teatrale. Insegna in una scuola elementare e ha scritto diversi libri per bambini e ragazzi, premiati e tradotti all’estero. E’  il suo primo romanzo per un pubblico adulto.

 


Eva lavora in un salone di bellezza, vive in un monolocale con la figlia di sei anni, chatta su un sito di incontri, passa da una relazione all’altra con amara leggerezza, sperando di incontrare l’uomo giusto. Invece incontra la persona sbagliata; quando la relazione finisce, lui non si rassegna. All’inizio sembra soltanto un ex amante un po’ troppo innamorato; poi comincia la persecuzione. È stalking, però Eva non lo sa, e non sa come difendersi: non è facile capire dove finisce l’amore e comincia la violenza. Proprio quando all’orizzonte sembra profilarsi l’uomo giusto, incontrato per caso mentre cerca di sfuggire al suo persecutore, Eva si ritrova in un incubo che le impedisce di vivere finalmente la storia che desidera.
a un’esperienza realmente vissuta, nasce un romanzo intenso e coinvolgente, in cui la solitudine si intreccia con l’ossessione, il desiderio di un sentimento puro con la voglia di possesso, l’amore con il suo contrario. Attraverso le parole di Eva e le mail e messaggi che lo stalker le invia, assistiamo al concretizzarsi di un incubo per la protagonista e allo sprofondare nella pazzia del persecutore; l’amore diventa ossessione in un delirio solitario che il lettore segue sulla pagina. Una relazione come tante che finisce e dà vita a una persecuzione che finge di essere amore ma non lo è, una passione che varca una linea quasi invisibile per trasformarsi nel suo contrario. Lo stile immediato rende la vicenda vicina e quotidiana, per condurci a riflettere su un fenomeno molto comune ma troppo spesso sottovalutato o, peggio ancora, ignorato. «Allora non ti ama. Il suo non è amore. È il contrario dell’amore. È violenza.»”

 

 

 

In libreria

Indiana Editore

Pag. 240 – Euro 17

Quando Re Vittorio mise mano al portafoglio per la statua di D'Azeglio

d'azeglio

Il sovrano, venuto a conoscenza che l’entità della cifra raccolta non era sufficiente allo scopo di coprire tutte le spese necessarie per l’erezione del monumento, integrò personalmente la sottoscrizione con la cifra di £. 55.000

 

Cari amici lettori e lettrici bentornati al nostro ormai consueto appuntamento settimanale con Torino ed i suoi monumenti. Quest’oggi vorrei far soffermare la vostra attenzione sulla figura di Massimo d’Azeglio e sull’opera a lui dedicata. (Essepiesse)

 

 GLI ALTRI ARTICOLI NELL’ARCHIVIO DELLA RUBRICA ARTE

 

Collocata in corso Massimo d’Azeglio, all’interno del Parco del Valentino e precisamente all’incrocio con corso Vittorio Emanuele II, la statua rappresenta d’Azeglio avvolto da un mantello, con le braccia conserte ed in piedi su una colonna cilindrica scanalata in granito con cornici e bordure in bronzo. Alla base della colonna vi sono quattro trofei in bronzo rappresentanti la Pittura (tavolozza e pennelli, cartella e ombrello da sole), la Diplomazia (carta geografica e i volumi “Il diritto delle genti” e gli “Scritti politici”), la Letteratura (i volumi “Ettore Fieramosca”, “Niccolò de` Lapi” e “Ricordi”) e l’Arte Militare (spada e cappello da generale).

 

Ai lati del basamento due bassorilievi rappresentano il suo ferimento nella battaglia di Vicenza e la firma del Proclama di Moncalieri, nel quale era presente in qualità di ministro. Massimo Taparelli marchese d’Azeglio nacque a Torino il 24 ottobre 1798 dalla nobile famiglia Taparelli di Lagnasco (nell’attuale provincia di Cuneo), già discendente dei più antichi marchesi di Ponzone, feudatari del vercellese e viveronese. Figlio del marchese Cesare Taparelli (noto esponente della Restaurazione sabauda e cattolicesimo subalpino) e di Cristina Morozzo di Bianzè, per via dell’occupazione napoleonica, furono costretti a vivere per qualche anno a Firenze, dove Massimo incontrò per la prima volta Vittorio Alfieri.

 

Frequentò giovanissimo (all’età di quattordici anni) l’Università di Torino e successivamente divenne tenente di cavalleria nel Reggimento Piemonte Reale. Abbandonò, però, la carriera militare e si dedicò alla pittura trasferendosi a Roma; dopo una permanenza anche a Milano, dove entrò in contatto con gli ambienti letterari e soprattutto con Alessandro Manzoni (del quale sposò la figlia Giulia), nel 1831 tornò a Torino. Nel 1833 scrisse il romanzo storico-patriottico “Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta”, il quale lo rese ben presto popolarissimo. Fino al 1848 scrisse opuscoli politici ma durante la Prima Guerra d’Indipendenza combatté e fu ferito a Vicenza.

 

Nel 1849 venne eletto su invito di re Vittorio Emanuele II, Presidente del Consiglio ma abbandonò la carica nel 1852 per ritirarsi a vita privata e dedicarsi nuovamente alla pittura ricoprendo però ancora piccoli incarichi governativi e diplomatici. Nel 1863 iniziò la stesura di “I miei ricordi” che però venne pubblicato postumo; morì il 15 gennaio 1866. Lo stesso giorno della sua scomparsa il Consiglio Comunale, su proposta della Giunta, deliberò che fosse aperta una sottoscrizione pubblica per l’erezione di un monumento al d’Azeglio; la raccolta si chiuse il 12 giugno 1867 e furono raccolte circa £. 32.000.

 

Re Vittorio Emanuele II venuto a conoscenza che l’entità della cifra raccolta non era sufficiente allo scopo di coprire tutte le spese necessarie per l’erezione del monumento, integrò personalmente la sottoscrizione con la cifra di £. 55.000 ed affidò l’incarico per l’esecuzione del bozzetto del monumento al professor Alfonso Balzico. Il 12 giugno 1867, alla scadenza della sottoscrizione, venne nominata una Commissione composta dal Sindaco e da otto persone (quattro consiglieri e quattro partecipanti alla sottoscrizione) col mandato di fare proposte sul luogo nel quale collocare il monumento. Inizialmente la Commissione pensò di collocarlo in Piazza Castello con il fronte rivolto verso la Loggia Reale, ma nella seduta del 9 maggio 1873, si pronunciò definitivamente ( con l’approvazione del Consiglio Comunale) a favore della piazza Carlo Felice, davanti alla stazione di Porta Nuova.

 

Nella seduta del 4 giugno 1873, il Consiglio Comunale approvò la proposta della Giunta di costruire intorno al monumento una cancellata del costo di £. 1.500. L’inaugurazione del monumento, alla quale non partecipò nessun membro della Famiglia Reale, avvenne in un piovoso 9 novembre del 1873, in occasione dei festeggiamenti per il monumento di Camillo Benso Conte di Cavour. Nel 1936 il monumento venne trasferito nella sua collocazione attuale, nel Parco del Valentino all’angolo tra corso Vittorio Emanuele II e corso Massimo d’Azeglio.

 

Anche per questa volta la nostra passeggiata “con il naso all’insù” termina qui. Vi aspetto per il prossimo appuntamento con Torino e le sue meraviglie da scoprire.

 

(Foto: www.museotorino.it)

Simona Pili Stella

Pd Regione, semplificare il Terzo Settore

con reg lascaris

REGISTRO UNICO TERZO SETTORE; BARICCO E FERRARI (PD): DAI 19 REGISTRI SI SEMPLIFICA CON UNO SOLO

 

Con la legge sulla “Semplificazione” approvata  in Consiglio regionale si è istituito il Registro Unico delle Organizzazioni del Terzo Settore. La proposta è stata avanzata dalla Consigliera Enrica Baricco e dall’Assessore Augusto Ferrari. “L’esigenza di istituire un Registro Unico – dichiarano i due proponenti – nasce da uno studio congiunto effettuato da ISFOL, IRES Piemonte e Regione Piemonte, nel quale si dimostra che le organizzazioni piemontesi no profit (circa 35.000) hanno ben 19 registri diversi in cui iscriversi, ciascuno dei quali fa riferimento ad organi differenti. Questo significa  – proseguono Baricco e Ferrari – una eccessiva complicazione per gli operatori sociali e la dimostrazione di quanto fosse necessario ed importante l’ istituzione del Registro Unico. L’istituzione di tale Registro – sottolineano – renderà le organizzazioni meglio conoscibili ai cittadini e alle Istituzioni pubbliche e private , facilitando così le  collaborazioni e le eventuali agevolazioni a chi intende offrire contributi defiscalizzati ai medesimi soggetti”. Agli enti senza scopo di lucro non potranno più essere richiesti ripetutamente i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi già in possesso di una pubblica amministrazione. “Con questa semplificazione – concludono la Consigliera Baricco e l’Assessore Ferrari – si faciliteranno i rapporti tra gli enti no profit e le istituzioni pubbliche e private, creando così la base per intensificare le relazioni su presupposti semplificati rispetto al passato”. 

Una nuova cultura del lavoro orientata ai talenti

GIOVANI22

L’iniziativa è’ promossa dall’Assessorato alle Politiche educative della città di Torino in collaborazione con l’Agenzia regionale Piemonte lavoro e l’Associazione Yes4To

 

Dal marzo scorso la città di Torino ha avviato il Piano Adolescenti, che intende supportare e sviluppare nuovi progetti al fine di consentire un orientamento produttivo per la riuscita degli studi e il successivo inserimento nel lavoro e per questo ha previsto una nuova area tematica intitolata “Una nuova cultura del lavoro orientata dai talenti “. Il progetto è’ stato presentato a Palazzo Civico proprio dai giovani  imprenditori e dai professionisti torinesi che racconteranno le loro esperienze in classe . L’iniziativa è’ promossa dall’Assessorato alle Politiche educative della città di Torino in collaborazione con l’Agenzia regionale Piemonte lavoro e l’Associazione Yes4To, tavolo interassociativo in cui 18 associazioni di imprenditori e professionisti torinesi si riuniscono. In questo percorso saranno coinvolte classi del biennio di scuole secondarie del territorio in cui attraverso giochi di ruolo , accompagnate dai professionisti aderenti al progetto,verranno sottoposte alla conoscenza diretta del mondo del lavoro. Seguiranno visite in aziende pubbliche e private e laboratori di ricerca dedicati alle imprese che si caratterizzano per innovazione, ricerca e buone pratiche. Una bella iniziativa che investe sul futuro. 

CV

Caso Elena Ceste, accusato Buoninconti: ma non fu omicidio premeditato

elena ceste.

Lo si apprende dall’ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino

 

E’ stata esclusa l’aggravante della premeditazione per Michele Buoninconti, che rimane accusato dell’omicidio della moglie, Elena Ceste. Lo si apprende dall’ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino. Dicono le motivazioni che quella di Buoninconti, come riporta l’Ansa, è stata “un’azione impulsivamente rivolta verso la persona offesa, una reazione improvvisa e violenta piuttosto che un’ideazione criminosa rimasta ferma e irrevocabile da una sua pretesa pregressa insorgenza, di cui non v’è traccia”.

"Noi e la Giulia", un maxi spot per la causa No Tav con il contributo dei Beni Culturali

AMENDOLA NOTAV

 

L’attore recita con una maglietta dove si scorge chiaramente la sigla “No Tav”, con un disegno che raffigura il treno come uno squalo che divora tutto. Nei titoli di testa e di coda si ricorda che il film  è stato co-finanziato con il contributo del ministero per i Beni culturali. Forse l’argomento meriterebbe un chiarimento del ministro Franceschini

 

Proprio oggi, 24 febbraio, Matteo Renzi firma a Parigi, nel corso del vertice bilaterale, il protocollo addizionale all’accordo siglato dai due governi nel dicembre 2012, che è l’atto ufficiale per l’avvio della costruzione della Torino-Lione. Vittoria piena, dunque, per i favorevoli all’alta velocità ferroviaria che da quasi vent’anni combattono per quest’opera in grado di superare l’isolamento del Piemonte?

 

Beh, prima di dare fiato alle trombe bisognerebbe fare una valutazione complessiva della situazione socio-culturale e del complesso immaginario collettivo che si è creato attorno alla Tav. Nei giorni scorsi è uscito un film, “Noi e la Giulia”, in cui recita tra l’altro il bravissimo torinese Luca Argentero. Un personaggio, interpretato da Claudio Amendola, è un ex-sessantottino, nostalgico del comunismo e della rivoluzione, sempre pronto a battersi per la giustizia, insomma una figura “positiva”. Ebbene, per buoni dieci minuti Amendola recita con una maglietta dove si scorge chiaramente la sigla “No Tav”, con un disegno che raffigura il treno come uno squalo che divora tutto.

 

Una figura ben nota in Valle Susa e a Torino, che caratterizza i manifestanti contro la Torino-Lione. Per evidenziare la passione civile del personaggio non si poteva mettere una maglietta con il Che Guevara, oppure una scritta tipo “Hasta la victoria siempre”? No, è stato usato volutamente il simbolo dei No Tav, con una diretta pubblicità alla causa. Le aziende solitamente pagano i produttori per piazzare un auto, un vestito, un prodotto qualunque nei film, per questa pubblicità occulta e subliminale che gli spettatori si sorbiscono quasi inconsapevolmente. Ma i No Tav questo trattamento di favore l’hanno avuto gratis! Anzi, nei titoli di testa e di coda si ricorda che il film considerato di “interesse nazionale” è stato co-finanziato con il contributo del ministero per i Beni culturali. Forse l’argomento meriterebbe un chiarimento del ministro Franceschini, se qualche parlamentare un po’ attento (ad esempio il sen. Esposito?) volesse presentare una interrogazione.

 

Se a ciò si unisce che ancora recentemente la magistratura ha smentito la ricostruzione della procura circa le tendenze terroristiche del movimento, nelle sue espressioni più accese, si può concludere che la battaglia legale per la Tav è vinta e l’opera si costruirà (ma il percorso è ancora lungo e pieno di incognite), però la battaglia culturale è decisamente persa, e l’alta velocità, che in ogni paese è voluta dagli ambientalisti per abbattere il traffico su gomma e le emissioni, in Italia è diventato il simbolo del male assoluto, insieme al siciliano Muos (i radar Usa che servirebbero anche per combattere il Califfato), e il Dal Molin, la base vicentina degli alleati americani.

 

Ghinotto

Cesare Lombroso… i buoni e i cattivi

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lombroso2lombroso3La più nota delle sue intuizioni fu la “teoria del delinquente nato” secondo la quale un’alta percentuale dei criminali possiederebbe particolari caratteristiche anatomiche e fisiologiche, presenti fin dalla nascita, che li renderebbe inevitabilmente devianti

 

Anche se le sue teorie furono fin da subito fortemente contestate e oggi hanno solo un valore storico, tutti condividono nel riconoscere in Cesare Lombroso il primo grande studioso di criminologia. Nato a Verona nel 1835 e morto a Torino nel 1909, vanta una vita ricca di esperienze e ricerche: laureato in Medicina a Pavia, lavorò come medico legale in diversi contesti (campagna contro il brigantaggio successiva all’unificazione italiana, nel carcere di Torino,..). Per molti anni portò avanti ricerche sulla personalità criminale e sulle componenti considerate responsabili del comportamento. Con questi studi, Lombroso può considerarsi il pioniere di un indirizzo della criminologia secondo il quale lo studio del reato doveva orientarsi principalmente sulla personalità del delinquente, fino a quell’epoca trascurata.

 

La più nota delle sue intuizioni fu la “teoria del delinquente nato” secondo la quale un’alta percentuale dei criminali possiederebbe particolari caratteristiche anatomiche e fisiologiche, presenti fin dalla nascita, che li renderebbe inevitabilmente devianti. In particolare, Lombroso individuò nella presenza di una “fossetta” anomala dietro l’osso occipitale la prova che criminali si nasca e non lo si diventi, la possibilità, quindi, di distinguere i buoni dai cattivi. Questi fattori individuali innati assumevano nella sua teoria un significato privilegiato come elemento causale della condotta criminosa; Lombroso parla infatti di “determinismo biologico” in riferimento all’inevitabilità con cui questi caratteri anatomici condurrebbero all’esito criminale.

 

La seconda grande intuizione di Lombroso fu la “teoria dell’atavismo”, secondo la quale la condotta criminosa del “delinquente nato” era interpretata come una forma di regressione a livelli primordiali dello sviluppo umano: l’autore di reato, secondo questa prospettiva, è un individuo primitivo nel quale la scarica degli istinti aggressivi si realizza nel delitto senza inibizioni. Lombroso costruì queste teorie portando avanti accurate analisi sulla forma e dimensione del cranio di numerosi delinquenti che ebbe modo di analizzare post-mortem grazie al suo lavoro di medico legale.

 

Ebbe la possibilità di svolgere molte ricerche lavorando come medico militare durante la lotta al brigantaggio intrapresa dell’esercito sabaudo, analizzando la struttura dei crani di migliaia di cadaveri alla ricerca delle caratteristiche comuni che potessero dare ragione della ribellione. Ma il caso che gli rimase più impresso fu quello che esaminò in seguito, il corpo del brigante Giuseppe Villella, settantenne, datosi alla macchia sui monti. Durante l’autopsia fece la “sensazionale scoperta” di alcune caratteristiche anomale a livello delle ossa craniche che lo spinsero a considerare che quelle peculiari caratteristiche ossee avessero avuto una certa influenza sull’attività del cervello. Inoltre, il trovare in un uomo queste malformazioni, normalmente presenti solo in primati e gorilla, lo portò a spiegare l’origine di queste anomalie come un arresto allo stato fetale nello sviluppo del cervello. La presenza di caratteri tipici dei primitivi in un uomo moderno venne quindi considerata da Lombroso come la prova della sua “teoria dell’atavismo”, della presenza di una predisposizione biologica al crimine.

 

Il reato rappresentava, dunque, nella visione lombrosiana un evento strettamente legato a qualcosa di “patologico” o “primitivo” che alcuni uomini presentano come loro specifica caratteristica: esistono uomini buoni, osservanti delle leggi e uomini cattivi che inevitabilmente delinquono perché spinti della loro “natura”. La presenza di caratteri primitivi sarebbe alla base dei comportamenti anomali che derivano quindi, indipendentemente dal un atto di scelta volontaria e cosciente, direttamente da deviazioni della struttura fisica. Secondo questa prospettiva, viene nettamente svalutata l’influenza dell’ambiente, ma anche l’individuo stesso viene deresponsabilizzato poiché non è possibile colpevolizzare una persona per le anomalie biologiche di cui è portatrice e per i crimini che ne derivano.

 

Il problema che si presentò al Lombroso fu quindi quello di ridefinire, alla luce di queste intuizioni e teorie, il problema del reato in termini di libero arbitrio e di responsabilità: se il delinquente è un individuo “anormale” e la delinquenza non è la conseguenza di scelte individuali o influenze sociali, il ragionamento successivo proposto da Lombroso è che non si possa fare nulla nei loro confronti in quanto “predestinati al delitto”. L’unica strada percorribile per la Società è difendersi dalla loro innata pericolosità. Le carceri, secondo la sua prospettiva, avrebbero dunque dovuto assumere non tanto una funzione punitiva, ma andrebbero intese come luogo di cura e l’unico approccio utile nei confronti del criminale sarebbe quello clinico-terapeutico.

 

Sebbene a Lombroso vada riconosciuto il merito di aver tentato un primo approccio sistematico allo studio della criminalità, molte delle sue teorie sono oggi private di ogni fondamento. La scienza moderna ha infatti dimostrato che sia l’ambiente sia i geni influiscono sull’aspetto fisico, e che quest’ultimo non influisce sul comportamento, influenzato invece anche da fattori ambientali, educativi e sociali. Importanti errori metodologici dell’impostazione di Lombroso risiedono nel non aver considerato altre variabili come, ad esempio, l’influenza della vita carceraria sull’aspetto fisico dei detenuti (esempio gli effetti della malnutrizione), così come non aver analizzato il corpo di persone non autori di reati; questo gli avrebbe consentito di scoprire che la famosa malformazione della fossetta occipitale è ugualmente distribuita nell’intera popolazione.
Cesare Lombroso fondò a Torino nel 1876 un museo di psichiatria e criminologia, più tardi chiamato “di Antropologia criminale”.

 

Il museo ospitato all’interno dell’Università, per lungo tempo parzialmente accessibile soltanto per motivi di studio e di ricerca, è stato trasferito ed inaugurato di nuovo il 26 novembre 2009 con una nuova apertura al pubblico. L’odierno allestimento del Museo “Cesare Lombroso” presso il Palazzo degli Istituti Anatomici dell’Università (Via Pietro Giuria, 15) a due passi dal Parco del Valentino, è opera dell’architetto Massimo Venegoni e il percorso espositivo è arricchito da svariate postazioni multimediali per puntualizzare il contesto storico e culturale nel quale si svolse la sua opera.

 

Il Museo ospita collezioni che comprendono preparati anatomici, disegni, fotografie, corpi di reato, scritti e produzioni artigianali e artistiche, anche di pregio, realizzate da internati nei manicomi e dai carcerati. Lombroso iniziò a raccogliere questi materiali intorno al 1859 e continuò a farlo per tutta la vita, con l’aiuto di allievi e ammiratori che in Italia e in altri paesi europei, in America, Asia e Australia, si ispirarono alle sue teorie. Fu poi Mario Carrara, genero e successore di Lombroso, a proseguirne l’opera fino al 1932.Per concludere, una nota particolare: il Museo ospita anche il cranio del brigante Giuseppe Vilella, così importante per Cesare Lombroso che lo teneva come soprammobile sulla scrivania del suo studio. 

 

Roberta Grasso
Psicologa Psicoterapeuta