Il sempre più singolare rimpianto della Dc e dei democristiani

Lo possiamo dire senza polemica e senza alcun secondo fine? Diventa sempre più stucchevole e singolare la continua e persistente esaltazione della classe dirigente democristiana da parte di giornalisti, intellettuali, politici, moralisti e predicatori vari che hanno trascorso la loro vita, e sono diventati famosi, anche alla contestazione e delegittimazione politica, culturale, morale e personale della Dc e dei suoi principali leader e statisti. Ovviamente parliamo di esponenti e di mondi che sono riconducibili genericamente alla sinistra, seppur nelle sue multiformi e variegate espressioni. Personaggi e mondi politici e culturali che si sono nel tempo specializzati nella ridicolizzazione della intera esperienza democristiana e dei suoi leader che adesso, misteriosamente, ne sottolineano la statura, la qualità, l’autorevolezza e lo spessore politico e culturale.
Per citare uno solo di questi grandi leader e statisti storici che ho potuto frequentare e conoscere “da vicino”, come si suol dire, e cioè Carlo Donat-Cattin, tonnellate di odio, di insulti e di ogni sorta di contumelie sono piovuti in quegli anni sulla testa del leader della ‘sinistra sociale’ democristiana da parte della sinistra comunista e il circo mediatico che le ruotava attorno. Per non parlare di Andreotti, Cossiga, Rumor, Emilio Colombo, Piccoli, De Mita e moltissimi altri statisti democratici e cristiani. Ora, alla luce di questa dubbia e discutibile rivisitazione storica e ricostruzione politica del “più grande partito italiano”, è indubbio che si tratta di affermazioni alquanto opinabili e discutibili. E questo per la semplice ragione che la Dc non può essere esaltata e valorizzata solo perchè c’è la quasi certezza scientifica che non esisterà mai più nel nostro paese un partito popolare, di massa, interclassista e ad ispirazione cristiana. Come, al contempo, non è affatto credibile la cosiddetta “riabilitazione” dei leader Dc perchè si ha la sistematica e granitica certezza che il profilo e la statura di quei leader e di quegli statisti non sono più riproponibili nella cittadella politica italiana.
In entrambe le situazioni si tratta di una operazione strumentale, ridicola, non credibile e anche ipocrita. E questo per la semplice ragione che questo popolo di predicatori e di moralisti d’accatto – che oggi sono diventati “martiri” e “vittime” della libertà di informazione che scorrazzano quotidianamente in quasi tutti i talk televisivi e in molte redazioni giornalistiche con contratti a sei zeri – non modificano affatto il giudizio politico e storico sulla straordinaria esperienza della Democrazia Cristiana e nè, tantomeno, dei leader principali di quel partito. Molto più semplicemente prendono atto, ipocritamente, che quella classe dirigente non tornerà mai più e quel partito è stato storicizzato e allora tanto vale esaltarne, adesso, le virtù e i pregi a costo zero.
La solita operazione propagandistica, salottiera ed aristocratica, di un gruppo di potere che continua a confondere le proprie ambizioni, la propria visione ideologica e la propria arroganza culturale con una realtà che è lontana anni luce dai loro desideri e dalla loro volontà. Forse è opportuno dire a tutti questi “martiri” e “vittime” milionari del “regime dispotico, illiberale e tirannico” che oggi c’è in Italia che il giudizio sulla Dc e il magistero civile e pubblico dei suoi leader è meglio lasciarlo a tutti coloro che quel partito lo hanno stimato, rispettato, considerato ed apprezzato. E non solo linciato, malmenato e profondamente insultato negli anni da una profonda convinzione politica.

Giorgio Merlo

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