Telefoni, computer e Internet sono forse, al momento, sorta di protesi che ci permettono di trasmettere i pensieri a distanza, in attesa di risvegliare latenti facoltà telepatiche?
Se prestiamo attenzione a quanto succede nelle nostre vite, oltre i comuni impegni legati a quella che può essere definita “la vita elementare”, ovvero quella che ci costringe a svolgere mansioni quali il dover lavorare, fare la spesa, riordinare la casa, e così via, ci possiamo rendere conto che, talvolta, possono rendersi evidenti alcune manifestazioni che, a una osservazione superficiale, sembrerebbero impossibili a verificarsi. Dapprima non le accettiamo, le releghiamo nel campo delle coincidenze, ma se solo riuscissimo a focalizzare temporaneamente la nostra attenzione su queste potremmo scoprire un lato nascosto della nostra mente scoprendo che, forse, non è poi così sbagliato credere di poter inviare nella testa di qualcun altro un nostro pensiero. Seosserviamo una tale manifestazione, senza cadere nella trappola della critica, possiamo notare con relativa facilità e con un certo qual stupore, come tutti quanti noi ci si ritrovi a essere in qualche modo interconnessi. Qualunque parola noi si dica, qualsiasi movimento si faccia, rilascia una certa energia radiante, tale da essere avvertita da quanti si trovano attorno a noi; come nel caso di un’onda che si irradia in una soluzione liquida, si vengono a creare interferenze capaci di essere avvertite da quanti sono attorno a colui che irradia l’onda. Abbiamo tutti avuto modo di ascoltare frasi del tipo: “L’innamorata era radiosa”, “la sua felicità si poteva cogliere sotto forma di luce, risplendente nei suoi occhi”. Non si tratta di semplici modi di dire, ma ogniqualvolta ci si innamora, quando si provano intense emozioni, o si segue un percorso di crescita, si emette una energia particolare avvertibile non solo da noi, ma anche dalle persone che più ci sono vicine e oggi la Scienza conferma quanto era già stato percepito da studiosi di epoche remote, privi di quanto offre oggi la moderna tecnologia: siamo esseri in grado di comunicare e di emettere luce, una luce che può venire colta da chi ci è vicino e non solo. Èopinione sempre più diffusa fra gli studiosi che tale energia possa permettere una comunicazione “sottile” diretta fra le menti di persone particolarmente sensibili che potrebbero essere in grado di poter ricevere i pensieri di altre persone, inviati loro intenzionalmente. Si tratta di una vera e propria trasmissione del pensiero, conosciuta come “Telepatia”, ipotetica capacità di comunicare con la mente, cioè senza l’uso di altri sensi o strumenti, un vero e proprio dialogo tra cervello e cervello, senza l’utilizzo di altri strumenti. La telepatia, dal greco “tele” che significa “a distanza” e “pathos” tradotto come “affetto”, consiste nel riuscire a trasmettere informazioni a qualcuno attraverso la mente, ma attraverso un canale sconosciuto. È stata studiata con impegno crescente a cominciare dalla fine del 1800, quando i curiosi sentirono che troppe coincidenze dovevano nascondere qualcosa. Dopo tutto, a chi non è successo di pensare intensamente a una persona e di vedersela comparire “casualmente “davanti ai propri occhi”? Mai pensato a un argomento e poi qualcuno ve ne ha parlato? Pure coincidenze che hanno portato i parapsicologi a studiare il fenomeno. Sovente si oppone notevole resistenza ad accettare l’esperienza, si cancella dalla memoria,attribuendo l’incontro ad una mera coincidenza, una semplice casualità, poiché il meccanismo che ha causato l’esperienza è stato, a lungo, ignorato dalla Scienza classica, positivista e giustamente inflessibile nell’accettare quanto non può essere dimostrato a livello sperimentale e riprodotto a piacere, con risultati positivi.
In realtà è possibile che non si disponga ancora della idonea tecnica capace di evidenziare un fenomeno che si verifica nella maggior parte dei casi inconsciamente e spontaneamente, in particolare nel corso di un forte spavento o di una intensaemozione; in simili condizioni pare venga a slatentizzarsi un blocco inconscio interiore che impedisce la realizzazione di una simile facoltà. Così succede che, nei confronti della telepatia, si provi l’identica diffidenza provata con la magia: o la si accetta, ola si nega. Nonostante i numerosi studi in ambito scientifico, non si è ancora in grado di dimostrare che esiste una particolare categoria di individui particolarmente dotati, capaci di far giungere il loro pensiero, o anche solo frammenti di questo a altre persone dotate di buona ricettività. E’ impossibile citare tutti i numerosi tentativi per provarne la reale esistenza eppure uno fra gli studi più recenti e interessanti, risalente al 2014, nella città indiana di Thiruvananthapuram un soggetto ha pensato un semplice “ciao” con l’intenzione di inviarlo direttamente al cervello di un’altra persona seduta in un laboratorio di Strasburgo, a circa 7.700 chilometri di distanza. Più tardi, ha provato a dire “ciao” con lo stesso risultato: per la prima volta, due cervelli si sono salutati direttamente e consapevolmente, grazie alle nuove tecnologie di interazione con il cervello umano. L’esperimento è stato reso possibile grazie all’utilizzo di particolari caschi indossati dai due sperimentatori lontani fra loro migliaia di chilometri; le tecnologie di accoppiamento mentale hanno permesso un collegamento diretto, senza fili e cosciente tra le due persone, anche se il leader dell’esperimento, il fisico Giulio Ruffini, spiega che “è solo un umile primo tentativo di comunicazione cervello-a-cervello”. Grazie ai caschi indossati i pensieri del soggetto in India sono stati interpretati come impulsi elettrici e codificati attraverso il computer; quindi, trasmessi successivamente in rete a un dispositivo che ha reinterpretato e codificato il segnale in impulsi, generando una scarica elettromagnetica sulla corteccia cerebrale del soggetto a Strasburgo e permettendogli di capire il messaggio.Fondamentalmente il pensiero viene tradotto in codice binario, composto da 1 e 0, che compongono la parola, in questo caso “ciao”, che corrisponderebbe alla seguente stringa numerica 01101000 01101111 01101100 0110000, ha raggiunto il ricevente che, grazie allo strumento posto sulla parte posteriore della testa,genera un campo elettrico capace di attivare i neuroni originando una sorta di riflesso uguale a quello causato dal colpo che l’ortopedico, con l’apposito strumento, utilizza per testare il riflesso rotuleo . Senza un riflesso, il codice è 0, se è generato è 1, e questo si ripete fino alla formazione della parola. Ci vogliono circa 30 secondi dal momento in cui il mittente invia il suo pensiero fino a quando il ricevitore lo percepisce. Un metodo indaginoso, non alla portata di tutti, ma che ha fornito una prima prova della possibilità di trasferire il pensiero a un’altra mente, tanto da rendere sempre più credibile la possibilità che, in un futuro non troppo lontano, sarà resa possibile la comunicazione mentale diretta fra due persone, vedendo concretizzarsi il sogno che da sempre accompagna l’umanità, come evidenziato dagli esperimenti del grande matematico Pitagora che, già nel 540 a.C.,sosteneva di poter trasmettere, grazie ad uno specchio particolare, informazioni scritte sulla luna, rendendo agevole la loro lettura potendo così la comunicazione a distanza, forse una forma velata per poter parlare di telepatia?
È singolare che un altro studioso vissuto nel 1500, il mago Cornelio Agrippa affermi di poter trasmettere a grande distanza immagini e parole esponendole di notte ai raggi lunari e che, nel 1600, Athanasius Kircher riferisca di poter utilizzare uno specchio a tronco di cono, riuscendo a trasmettere informazioni con lo stesso metodo utilizzato da Pitagora. Tentativi di comunicare a distanza molto interessanti in epoche in cui non erano ancora nemmeno stati pensati i telefoni, i computer e Internet, oggi presenti e diffusi capillarmente nella nostra società, oggetti a cui non riusciamo più a rinunciare almeno per il momento, a meno di non cominciare ad immaginarli come supporto del nostro pensiero, una sorta di protesi a cui oggi ci appoggiamo e di cui, forse, in un prossimo futuro, potremo fare a meno, riuscendo a comunicare utilizzando solo le nostre facoltà mentali, al momento ancora addormentate.
Alessandro Rodolfo Neri
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