SPETTACOLI- Pagina 5

REGINA MUSIC FEST, la prima festa della musica dedicata ai piccoli pazienti

UGI – Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambini ODV, in collaborazione con ospedale Infantile Regina Margherita di Torino e Città della Salute e della Scienza di Torino e con le numerose Associazioni di volontariato che operano all’interno dei reparti dell’ospedale Regina Margherita, in partnership con Associazione culturale Hiroshima Mon Amour, presenta la terza edizione del REGINA MUSIC FEST, la prima festa della musica dedicata ai piccoli pazienti ed ai loro familiari con giochi, intrattenimento e musica, per un pomeriggio di festa che, dalle ore 16 alle ore 19 di lunedì 2 giugno,  animerà tra colori e note l’area antistante l’ingresso dell’ospedale infantile, in piazza Polonia, 94 a Torino.

Realizzata grazie al sostegno di Reale Foundation, la fondazione Corporate di Reale Group, e Iren, l’edizione di quest’anno ha come obiettivo di contribuire alla realizzazione dell’ampliamento della struttura riabilitativa, con un progetto che prevede l’integrazione di uno spazio (annesso all’area già funzionante) dedicato ai più piccoli, per offrire percorsi riabilitativi sempre più specializzati ed integrati. Inoltre, con Eduiren, il settore educational del Gruppo Iren, insieme al collettivo artistico SANT3 MOLEST3, realizzerà insieme ai ragazzi e le ragazze un arazzo collettivo fatto di materiali di scarto che prendono nuova vita.

Numerosi gli artisti e i partner che hanno accolto con entusiasmo l’invito a partecipare per la gioia dei bambini e dei ragazzi in cura, per una festa dentro e fuori le mura dell’ospedale grazie alle incursioni degli artisti in corsia.

A far cantare e ballare ci pensano I PATAGARRI il quintetto gipsy jazz gioioso e coinvolgente che ha conquistato il pubblico arrivando in finale del talent più famoso d’Italia; la cantautrice Neja, regina della musica dance, con i suoi successi tra cui Restless, Shock, The Game e diversi brani iconici di quel periodo; D!PS, il dinamico trio musicale che fonde elementi di elettronica con le atmosfere fluide e a volte contrastanti del rap e dell’indie pop; il trascinante afro sound con il percussionista Ablaye Magatte Dieng, che, con la sua Associazione Culturale Tamra, porta avanti la tradizione griots, storici intrattenitori, musicisti ed artisti della società senegalese. E poi ancora le singer sisters 4Calamano, le quattro sorelle di Varazze Lara, Maya, Dana e Jade con la passione per il canto e per la musica, diventate vere e proprie star del web, si esibiscono con le loro armonie a cappella, mentre la Bandakadabra porta il groove ipnotico della techno con la potenza di fiati e percussioni.

Pietro Morello, polistrumentista, tiktoker e innovatore, che arriva al cuore dei più piccoli con le sue canzoni e i suoi progetti di musicoterapia, trasformando semplici oggetti in strumenti musicali, spetta il compito di condurre la giornata, affiancato in alcuni momenti da altre celebrità torinesi, Miss Italia 2004, Cristina Chiabotto e Willie Peyote.

Allo stupore ed all’entusiasmo generale contribuiscono anche i trampolieri della scuola Settimo Circo, che brillano nel loro travestimento da KISS, la celebre pop rock band anni ’80 e a Mattia Villardita nei panni del supereroe Spiderman. Tutti insieme per un pomeriggio di svago e condivisione e per un’evasione dalla quotidianità raccontata da interviste a volontari, medici, infermieri, ricercatori, sostenitori e collaboratori, in breve tutti gli esponenti del variegato mondo UGI, che avranno il compito di descriverne i diversificati filoni di attività.

I grandi suoni di fine Primavera. Appuntamento alla Reggia di Venaria

La  grande musica internazionale di “Late Spring Music Festival”

Dal 30 maggio al 2 giugno

Venaria Reale (Torino)

Torneranno a volteggiare e a riecheggiare nell’aria, fra le suggestive “Sala di Diana” e la “Cappella di Sant’Uberto”, attraversando, lievi ma imponenti, i grandiosi “Giardini”, la maestosa “Galleria Grande” e gli spazi esterni del “Castello della Mandria”, le sontuose note di “Late Spring Music Festival”, l’innovativo progetto musicale di “fine primavera” ideato per dare voce e suoni (attraverso epoche e stili che dal Seicento arrivano, passando per i grandi del Classicismo e del periodo Romantico, alla musica contemporanea) agli imponenti e straordinari spazi barocchi della Residenza sabauda, “Patrimonio UNESCO dell’Umanità” dal 1997. Giunta alla sua terza edizione, la rassegna, ideata dal “Consorzio delle Residenze Reali Sabaude” e dall’artista in residence, il torinese Claudio Pasceri – tra i più apprezzati violoncellisti italiani e già direttore artistico di Festival prestigiosi – propone, da venerdì 30 maggio a lunedì 2 giugno, un programma musicale particolarmente intenso e sfaccettato in giornate che vedranno il susseguirsi di concerti, approfondimenti, momenti di incontro fino ad appuntamenti dedicati ai più piccoli: dai “matinée-concerto” agli “incontri del pomeriggio”, che offriranno percorsi creativi al pubblico, fino a “I Suoni della Sera”, (concerti dalla durata più significativa e dal programma più articolato), con artisti di prestigio internazionale che si esibiranno nei luoghi più iconici del complesso venariese.

“Una pacifica invasione in musica”, questa terza edizione del Festival “è stata ideata – sottolineano gli organizzatori – con l’intento di porre al centro il rapporto tra cittadino e collettività, tra espressione individuale e consapevolezza sociale, contribuendo all’inclusività di un luogo straordinario e sorprendente qual è la ‘Reggia di Venaria’”. Nell’arco delle programmate quattro giornate, la “grande musica” prenderà quindi a braccetto il pubblico più vario, più o meno musicalmente erudito e appassionato, nonché donne e uomini di ogni età: i bambini delle scuole elementari del territorio saranno protagonisti dell’opera “Twice Upon” di Luciano Berio, in occasione del centenario della nascita del Maestro e in una straordinaria prima esecuzione italiana; la pianista concertista veneta Gloria Campaner proporrà, con la sua narrazione musicale, una “palestra di emozioni” aperta a tutti; l’orchestra della “Filarmonica TRT- Teatro Regio Torino”, oltre all’esibizione concertistica, si presterà a far scoprire l’organismo “orchestra” ai bambini presenti in Reggia con i propri genitori, attraverso l’ormai collaudato format “La Voce degli strumenti” per finire con gli “ensemble” di musicisti amatori, selezionati attraverso il bando “La Repubblica della Musica”, che avranno l’occasione di esibirsi pubblicamente nel giorno della “Festa della Repubblica”lunedì 2 giugno, interpretando le  pagine di musica che più li appassionano e li ispirano.

Numerosi saranno, anche quest’anno, gli ospiti di prestigio e di diverse provenienze. Dalla Finlandia giungono il pianista Olli Mustonen ed il “Meta4 Quartet”, dalla Svizzera il raffinatissimo sassofonista Marcus Weiss, mentre tedesche sono le straordinarie Antje Weithaas e Danusha Waskiewicz, francese il virtuoso del violoncello Romain Garioud, bulgara la violinista Yana Deshkova ed estone Jone Kaliunaite. Tra gli artisti italiani, figurano nomi di primo piano come quelli del violoncellista Enrico Bronzi, della pianista Gloria Campaner e del direttore d’orchestra Francesco Bossaglia. Italiano, anche il compositore Matteo Franceschini – già “Leone d’argento” alla Biennale di Venezia nel 2019 e autore delle musiche del film “Vermiglio”, candidato agli Oscar 2024 – che, come già nelle precedenti edizioni del Festival, ha scritto un brano su commissione della “Reggia” che vedrà sabato 31 maggio la prima esecuzione assoluta.

Da non perdere, infine, i “Racconti attorno alla Musica”, momenti di incontro pomeridiani, tenuti da voci di assoluto valore del mondo musicale, ma non solo. Tra questi, il direttore d’orchestra Marco Angius, i direttori artistici della “Filarmonica Romana” e di “ARTONOV” di Bruxelles, Domenico Turi e Vincenzo Casale affiancati dall’antropologo Daniele Luzzo.

Per info su programma dettagliato e biglietti: “Reggia di Venaria”, piazza della Repubblica 4, Venaria Reale (Torino); tel. 011/4992300 o www.lavenaria.it

g.m.

Nelle foto: “I suoni della Reggia”, ph. Valentina Vannicola; Claudio Pasceri, Pavel Beliaev, Andrey Pushkarev in concerto, ph. Luigi De Palma; “Filarmonica TRT”; Antje Weithaas, cr. Marco Borggreve

“CreativAfrica”. Musica, cucina, workshop e libri

A Torino ritorna, con la sua XI edizione, il “Festival delle Culture Africane”

Dal 5 al 19 giugno

“Una finestra aperta sulle culture africane, uno sguardo libero sulle arti di scena, la letteratura, il cinema, l’arte e il design di questo grande continente”: questo vuole essere, ed è, secondo gli organizzatori di “Renken ETS” (Associazione che, dal 2006, opera fra Senegal e Italia, promuovendo educazione, cittadinanza globale e cooperazione fra i due Paesi) il Festival “CreativAfrica”, giunto alla sua XI edizione e pronto a ritornare sotto la Mole da giovedì 5 a giovedì 19 giugno.

Fatta eccezione per alcuni giorni di “inattività”, ne restano nove completi di grande festa, articolata in tre sedi, e ricca di talk con vari ospiti, di appuntamenti letterari e laboratori – da quello di “apertivi africani” o di “cucina latina/afrodiscendente” a quello di “etnogastronomia sulle tradizioni Akan”, gruppo etnico dell’Africa occidentale, composto da diverse popolazioni diffuse in Costa d’Avorio e in Ghana – per proseguire con sei “dj set” e otto “live” (fra i partecipanti, ricordiamo,  il camerunense, compositore, polistrumentista Taté Nsongan – seconda voce dei torinesi “Mau Mau” – con il suo nuovo doppio album di “world music”), insieme a caratteristiche “esibizioni coreutiche” interpretate dai bravissimi danzatori di “Danseincolore”, Compagnia con sedi in Francia ed in Congo, nelle cui libere movenze si celebra tutta la ricchezza del patrimonio espressivo africano e “la vitalità degli applausi, dei fiumi e delle foreste del Congo”. Tantissimi gli argomenti trattati: si parlerà di “Color, identidad y tradición” con i maestri colombiani de “La Linterna” (storica tipografia della Colombia che dagli Anni ’30 stampa manifesti stradali su centinaia di muri, lasciando un’eredità che si rifiuta di essere cancellata), di “Universo Parallelo” con l’autrice Nogaye Ndiaye (autrice di opere che esplorano la dimensione personale e collettiva della decolonizzazione), di  “Spazi di cultura” insieme a “Interplay Festival” e “Cisao” e di “Identità e soggettività”, a partire da “Ma siamo ancora qui a parlarne?”, primo lavoro scritto e interamente disegnato dall’autrice e fumettista milanese Cleo Bissong.

Tre, si diceva, le sedi che ospiteranno i nove giorni del “Festival”: buona parte degli eventi si terranno al Ristorante Sociale “Jigeenyi”, in via Borgo Dora 3/0. Due serate musicali si terranno, invece, al “Magazzino sul Po” sulla sponda sinistra dei “Murazzi” e l’altra nel Cortile della “Lavanderia a Vapore” a Collegno, corso Pastrengo 51, in collaborazione con il “Festival Interplay”.

Fil rouge che legherà i molti eventi, il tema delle “Afrodiscendenze”. Tema che vuole “richiamare l’attenzione – affermano gli organizzatori – sul riconoscimento dei discendenti degli africani che arrivarono durante il periodo coloniale nel continente americano come parte del commercio degli schiavi e che soffrirono, storicamente, della discriminazione e della negazione dei diritti umani. Ma anche tema che vuole raccontare la storia dei discendenti degli africani nati al di fuori di questo continente e le migrazioni internazionali, attuali e passate”.

Il tutto, attraverso riflessioni con artisti e attiviste di generazioni diverse su “cosa significhi essere afrodiscendenti oggi”, in una contemporaneità sempre più complessa, interconnessa e multiculturale. Perché  “essere afrodiscendenti non è solo una questione geografica, ma una questione di identità”.

Workshop, concerti e talk saranno occasione per aprire nuovi orizzonti e “combattere i maggiori stereotipi e i razzismi” che la popolazione “afrodiscendente”, ancora oggi, e in più contesti socio-culturali, incontra. Di giorno in giorno.

Per info su programma dettagliato: “Renken ETS”, via Priocca 28, Torino; tel. 338/1416296 o www.renken.it

G.m.

Nelle foto: “Danseincolore”, Cleo Bissong, Nogaye Ndiaye, Taté Nsongan

Brachetti ritorna al Teatro Alfieri con “SOLO – the legend of Quick Change”

La leggenda del trasformismo, dal 29 maggio al 2 giugno

Dal 29 maggio al 2 giugno atteso ritorno di Arturo Brachetti, il più noto trasformista torinese, con lo spettacolo “SOLO – the legenda of Quick Change”, grande one man show che ha fatto registrare numeri da record, sold out e standing ovation in tutto il mondo. Protagonista il trasformismo, che qui la fa da padrone con oltre 60 nuovi personaggi, molti ideati appositamente per questa esibizione, che appaiono davanti agli spettatori a un ritmo incalzante e coinvolgente. In “SOLO” Brachetti propone anche un viaggio incentrato sulla sua storia artistica, le altre affascinanti discipline in cui eccelle: grandi classici come le ombre cinesi, il mimo e la chapeaugraphie, oltre alla sorprendente novità della poetica sand painting e il magnifico raggio laser. Il mix tra scenografia tradizionale e il videomapping permette di enfatizzare i particolari e coinvolgere gli spettatori. Brachetti apre le porte della sua casa, una casa senza tempo e luogo, come quella che esiste dentro ognuno di noi, dove le stanze raccontano un aspetto diverso del nostro essere, e gli oggetti della vita quotidiana prendono vita conducendoci in mondi straordinari, dove l’unico limite è la fantasia. La casa interiore di Arturo Brachetti è uno spazio senza confini temporali e geografici, dove reale e surreale si fondono in un varietà funambolico in cui varietà e finzione si mescolano con la magia e la realtà, creando un universo di possibilità illimitate. Dai personaggi di telefilm celebri a Magritte, dalle grandi icone della musica pop, passando per le favole della lotta con i raggi laser in stile Matrix, l’artista batte il ritmo sul palco. Si tratterà di 90 minuti di vero spettacolo pensato per tutti, a partire dalle famiglie.

Biglietti: 35 – 38 euro

Orari: giovedì e venerdì ore 20.45 – sabato ore 19.30 – domenica e lunedì ore 15.30

Info: www.ticketone.it

Mara Martellotta

James Cameron al Museo del Cinema

TORINO – Un doppio appuntamento con il genio del cinema mondiale. James Cameron, il visionario regista di Titanic e della saga di Avatar, farà tappa a Torino il 9 e 10 giugno per un evento speciale al Museo Nazionale del Cinema. Oltre a visitare la mostra The Art of James Cameron, il cineasta riceverà il Premio Stella della Mole e terrà un’esclusiva masterclass.

Un riconoscimento alla carriera

La serata del 9 giugno sarà dedicata alla consegna del Premio Stella della Mole, che celebra il “ruolo unico e innovativo” di Cameron nella storia del cinema. La cerimonia si svolgerà nella cornice iconica della Mole Antonelliana, sede del museo, simbolo perfetto per omaggiare un regista che ha sempre unito arte e tecnologia.

La masterclass con Carlo Chatrian

L’indomani, 10 giugno, spazio alla riflessione cinematografica: al Cinema Massimo, Cameron dialogherà con Carlo Chatrian, direttore del museo, in una masterclass che ripercorrerà la sua straordinaria carriera – dagli esordi con Terminator alle ultime innovazioni di Avatar – e i suoi futuri progetti. L’orario sarà comunicato a breve.

The Art of James Cameron: un viaggio nell’immaginario del regista

Cuore dell’evento è la mostra The Art of James Cameron, ideata dalla Cinémathèque Française in collaborazione con l’Avatar Alliance Foundation. Un’immersione in 60 anni di creatività attraverso:

  • 300 opere tra disegni, costumi, oggetti di scena e tecnologie 3D

  • 6 sezioni tematiche, da Sognare a occhi aperti a Titanic: Viaggio nel tempo

  • Installazioni multimediali e pannelli visivo-tattili per un’esperienza inclusiva

I progetti futuri: da Avatar a Ghosts of Hiroshima

Cameron, attualmente impegnato nel terzo capitolo di Avatar (Fuoco e Cenere, in sala dal 17 dicembre), ha in cantiere anche Ghosts of Hiroshima, trasposizione del romanzo su Tsutomu Yamaguchi, sopravvissuto a entrambe le bombe atomiche.

Un progetto che precederà Avatar 4, a conferma della sua instancabile ricerca narrativa.

Un’occasione unica per scoprire l’arte di un maestro che ha ridefinito il cinema.

CRISTINA TAVERNITI

La Compagnia Scimone Sframeli porta in scena il genere umano con “Fratellina” al Teatro Gobetti

Da martedì 27 maggio a domenica 1 giugno prossimi, andrà in scena al Teatro Gobetti la pièce teatrale “Fratellina” di Spiro Scimone, per la regia di Francesco Sframeli, entrambi in scema con Gianluca Cesale  Giulia Weber. Le scene sono di Lino Fiorito, i costumi di Sandra Cardini, i disegni luci di Gianni Staropoli. Lo spettacolo, vincitore del Premio Le Maschere di Teatro Italiano 2023 come miglior novità italiana, è prodotto dall’associazione culturale Scimone Frameli e dal teatro Metastasio di Prato.

“Fratellina” racconta di un mondo che ha scordato e perso i propri valori. Protagonisti della giocosa vicenda sono Nic e Nac, che una mattina a sperano di essersi risvegliati in unnuovo tempo, in cui ogni cosa dimenticata possa essere ritrovata. Il loro desiderio diventa reale all’apparizione di Fratellino e Sorellina, due buffi personaggi che esprimono sconforto e denuncia, ilarità e paradosso. La sofferenza e lo stato d’ansia dei 4 protagonisti, interpretati da Spirò Scimone, autore, Francesco Strameli, Gianluca Cesale e Giulia Weber lasciano spazio al sorriso e all’ironia.

“Come al solito – dichiara nelle note dello spettacolo Jean Paul Manganaro – la scena appare scarna: due letti a castello, il che in ogni caso moltiplica per due la consistenza scenica, dai quali osservare e commentare il mondo. Il titolo, Fratellina, al femminile, lascia perplessi e lancia diversi interrogativi. Deve essere pura percezione qui, e la confusione del genere pare esser voluta. I 4 personaggi non indicano attitudini o condizioni di genere, ma stati d’animo e reazioni. Nic e Nac, maschile e femminile misto, e Fratellino e Sorellina, indicano semplici entità teatranti in grado di muoversi come marionette, come pupi, in un mondo rarefatto in cui non contano le trame del reale quali esse siano, ma il divenire delle cose. Come dire che il mondo è pieno di niente, di impressioni vaghe vissute come in un trasognamento. I nomi, insomma, non denominano più grandi o piccole certezze, ma delle potenzialità che prendono forma solo a parole, come si deve, del resto, a teatro. Per esempio la parola ‘cognato’ può indicare il fratello della moglie, ma anche il marito della sorella, in funzione della reale situazione specifica. In questo lavoro è presente l’accorata denuncia di un mondo sempre più vuoto e crudele, dove il senso comune ha perso ogni riferimento e lascia isolati e perduti i loro personaggi, costretti a rifare il ‘mondo’ a parole su dei lettini che mimano più i giacigli delle prigioni che i tappeti volanti su cui sognarsi in viaggio. La grande potenza dell’opera di Scimone è rappresentata dal saper testare e interrogar ancora pienezza e significati delle parole, che ci sembra essere una delle costanti della sua vena siciliana, riportando alla memoria Pirandello. Emerge anche la capacità da parte dell’autore di tenersi alla larga da ogni forma che, anche criticamente, prenda le distanze da atteggiamenti realistici, contando sulla grande forza del convincimento che è il non senso”.

Associazione Scimone Sframeli – Teatro Metastasio di Prato – in collaborazione con il Teatro Comunale di Cagli

Info: teatro Gobetti, via Rossini 8

Orari: Martedì, giovedì e sabato alle ore 19.30 – mercoledì e venerdì ore 20.45 – domenica ore 16

Biglietteria: Teatro Carignano, piazza Carignano 6, Torino. Tel. 011 5169555

Mara Martellotta

“Istantanea”. E’ qui il Circo

Ritorna a Cavallermaggiore, nel Cuneese,  il Festival di “Circo contemporaneo” organizzato da “Cordata FOR”

Sabato 31 maggio e domenica 1° giugno

Cavallermaggiore (Torino)

Per gli appassionati del “Circo contemporaneo”, quello più “strano” e variegato, dal video mapping alla musica, dalla clownerie al cabaret, dal teatro alla giocoleria e al brivido che ti lascia senza fiato dell’acrobazia, l’appuntamento da non perdere, per il fine settimana, è nella cuneese Cavallermaggiore, “città” (titolo conferitole da Vittorio Emanuele II, il 13 settembre del 1863) dove sabato 31 maggio e domenica 1° giugno sarà di gran scena la quinta edizione di “Istantanea”, il Festival circense organizzato dall’Associazione “Cordata FOR” (network torinese di “circo contemporaneo”), all’interno del bando “Corto Circuito” di “Fondazione Piemonte Dal Vivo” e sostenuto da “MIC – Ministero della Cultura”, “Regione Piemonte”, “Fondazione Cassa di Risparmio di Torino” e “Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano”, con il patrocinio del “Comune di Cavallermaggiore”.

“Saranno due giorni – assicurano i responsabili – di spettacoli di qualità, per pubblici di tutte le età, che trasformeranno Cavallermaggiore in un palcoscenico all’aperto per artisti emergenti e affermati, un luogo di scoperta, gioco e divertimento nel segno del ‘nouveau cirque’”.

Due le “arene” allestite, come da tradizione, in piazza Baden Powell“Arena Antilia”, chiusa, in cui saranno ospitati gli spettacoli da sala e “Arena Parade78”, l’arena aperta che ospiterà “Play_Giochi di una volta”, dedicata ai più piccoli con grandi giochi in legno rivisitati decine di anni dopo la loro creazione “attraverso il ‘fil rouge’ della luce, così da rendere ogni gioco un’installazione luminosa, un luna park dove grandi e piccini si possano divertire insieme” (sabato alle 19 e domenica alle 15).

Sottolinea, in proposito, Giuseppina Francia di “Cordata FOR”: “Istantanea arriva alla quinta edizione e punta su un programma variegato e moderno che mescola teatro di strada, video mapping e musica dal vivo, insieme a tip tap, ad accompagnare la tecnica circense a quella teatrale. Vogliamo far divertire tutte le generazioni”. E non abbiamo dubbi che ci riusciranno.

Imperdibile la prima serata di sabato 31 maggio che, alle 21, in “Arena Antilia” propone “Devualè”, un cabaret unico ed elettrizzante tra clown, circo e musica dal vivo, con Giulio Lanzafame, Mario LeviS, Silvia Martini e Simona Mezzapesa (“Cordata FOR”) che “man mano che il sipario si aprirà sveleranno le loro capacità artistiche e personalità uniche, mescolando momenti di comicità esplosiva a momenti di silenziosa poesia”.

Non meno coinvolgenti gli spettacoli “About” (domenica 1° giugnoore 17,30, sempre in “Arena Antilia”) con il “DUOPADELLA” (Giuliano Garufi e Isaac Valle) impegnati in spettacoli di “bicicletta acrobatica” e “giocoleria”, così come “Cà mea” (spettacolo di chiusura, domenica 1° giugnoore 19,30, in “Arena Antilia”), spettacolo di “acrobatica, filo teso, sfera d’equilibrio e verticali” con la “Compagnia AGA” di Gaia Cafaggi, Alessandra Ricci ed Agnese Valentini: tre artiste impegnate a raccontare, attraverso il circo (con ironia, dolcezza e crudeltà) la storia di una convivenza casalinga. Eh sì, perché “la costante ricerca di armonia casalinga – dicono – può forse farci ricordare la costante ricerca dell’equilibrio circense”. Buona e condivisibile intuizione.

Per infowww.cordatafor.com

g.m.

Nelle foto: “Devualé”, “About” e “Cà mea” (ph. Camilla Poli)

“Solness”, la tragedia di un uomo potente

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Al Carignano, sino a domenica 8 giugno

Presentando “Solness” – spettacolo di chiusura della stagione dello Stabile torinese, in attesa che siano svelate il 6 giugno prossimo le carte di quella 25/26 -, Andrea Tarabbia ricorda come ci siano scrittori riccio e scrittori volpe, prendendo a prestito un’affermazione di Isaiah Berlin, pensatore liberale di origini lettoni, che nel suo lungo cammino di vita ricevette tra l’altro il “Jerusalem Prize” in onore delle sue opere concepite e scritte intorno alla libertà individuale nella società, parole a loro volta ricavate da un frammento di Archiloco, “la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”. Per insegnarci che sono volpi quanti abitano tante forme, da Balzac a Puškin a Joyce, aggiungendoci Cechov e il nostro Pirandello, ricci tutti quelli che formano nella loro scrittura un unico punto centrale, un’unicità di visione attorno a cui costruire la propria poetica, da Lucrezio a Proust a Dostoevskij. A Henrik Ibsen, un gran bel riccio di Norvegia, chiuso nel suo teatro e nei suoi drammi, che per una vita intera ha puntato al dramma, soltanto, personaggi forti e granitici i suoi, pronti a prendere forma esclusivamente sulle tavole di un palcoscenico. Tarabbia parla di “ossessione: ma allora, “benvenuta ossessione”.

Solness” è il vecchio, da sempre collaudato “Il costruttore Solness” (1892), a cui Ármin Szabò-Székely adattandolo e Kriszta Székely – che ha già scandagliato i drammi di Nora e di Hedda – formandolo registicamente hanno sottratto il termine d’attività, ampliando nelle intenzioni e nella mente all’Uomo – ottocentesco e nostro contemporaneo – ogni morbosità, sporcata forma d’affermazione, tratto misogeno, la pretesa di qualsiasi falsa apparenza e l’annientamento di quei segreti e le tragedie che abbiano attraversato l’esistenza di Halvard Solness (la morte dei due gemelli e il distacco dalla moglie Aline, una tragedia che Ibsen poeta aveva già anticipato: “Stavano seduti, quei due, in una casa tanto accogliente / nei giorni d’autunno e d’inverno. / Poi la casa bruciò. Tutto giace in macerie. / Quei due possono solo rovistare tra le ceneri.”): salvo poi, giustamente, ad apertura di sipario, metterci davanti agli occhi l’archistar, una sorta di Citizen Kane dell’architettura, quel modellino illuminato che è un po’ il logo della premiata ditta, ma la nostra visione s’è già allargata su un più ampio orizzonte. Nella “tragedia” di quest’uomo – falsamente e scorrettamente superuomo, che s’è costruito momento dopo momento, azione dopo azione, un ego abnorme, che ha allineato ogni essere umano attorno a sé, nella sfera privata come in quella pubblica e lavorativa, che ha messo alle corde quanti nella sfera giovanile abbiano tentato e tentino di sopravanzarlo, mettendo del proprio o rivisitando progetti suoi, con la risposta del più totale dominio, che ha costruito un mondo di bellezza ma altresì di distruzione, lucidamente ricercata, che ha azzerato la sessualità e gli affetti – la vita muta drasticamente con l’arrivo, improvviso ma pure (avremo modo di scoprire) congegnato, della giovanissima Hilde, forse una simbolica coscienza, certo un essere umano che pretende una confessione e il confronto con un passato di colpe, dove lei stessa è stata offesa. Con il tempo che ha Székely di metterci di fronte all’abuso sessuale, al filo rosso del Me too, in un sopruso che non è certo saltato fuori dal nulla in tempi vicini a noi e che s’allarga al tema del potere. Tema che si focalizza, all’interno dello spettacolo (che rimarrà al Carignano sino a domenica 8 giugno), nell’intuizione di mutare il vecchio originale Knut Brovik, nella cui ombra Solness s’è formato, in un personaggio, femminile, quello di Frida, che qui ha le note sincere e disperate di Laura Curino.

Correttamente ambientato (sono di Botond Devich le scene, un tavolo che è luogo di lavoro ma anche di confessioni, un sovrabbondante parco luci – di Pasquale Mari – ampie come un tetto di chiarificazione e di tribunale, e laterale, che è pronto a restringersi nei momenti più intimi) in un’epoca che è la nostra, senza forzature di comodo, “Solness” è uno spettacolo forte, compatto, di piena e stimolante meditazione, audace in certi suoi approfondimenti, pienamente concentrato nella propria attualizzazione, innalzato a una specifica “monumentalità”, ogni passaggio retto da Székely con fermezza e calibratura d’intenti, salvo – m’é parso, vedendo lo spettacolo all’indomani della prima e ponendo alcune incertezze nella scusante del rodaggio – inciampare qua e là nella parte finale, non distribuendola appieno, nel passaggio tra un più pronunciato realismo a una metafisicità, che coinvolge anche certi faticosi meccanismi e che – inavvertitamente – “sporca” il messaggio che il testo ibseniano ci lascia.

Lisa Lendaro come Kaja e Marcello Spinetta come Ragnar sono le prime costanti vittime del costruttore, d’eccellenza le apparizioni di Mariangela Granelli come Aline, chiusa nella torre del suo risentimento e nello sguardo verso un passato che non può essere che di dolore, ragazza ribelle e vendicativa la Hilde di Alice Fazzi, la più sfacciatamente moderna ed emblematica della intera operazione. Tra tutti i suoi compagni si muove in pose tiranniche, con una assai efficace bravura, il Solness di Valerio Binasco, in abiti scuri o in piena libertà tra mutande e accappatoio, concentratissimo e solido, battagliero a rivendicare il suo status vitae e i rapporti bacati con gli altri, la verità che è all’interno del proprio premierato, specchio della forza che distrugge ma anche di quella debolezza, con rarissime luci di umanità, che una ragazza comparsa (quasi) dal nulla gli ha fatto scoprire, mettendolo in un angolo, per sempre.

Elio Rabbione

Le foto di “Solness”, prodotto dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale con la regia di Kriszta Székely, sono di Luigi De Palma.

L’Unione Musicale celebra Fryderyk Chopin

L’Unione Musicale celebra Fryderyk Chopin con un Festival interamente dedicato alla sua musica, in cui verranno eseguiti integralmente valzer, ballate, scherzi e mazurke. Si tratta di un’immersione totale nell’universo del compositore polacco attraverso quattro diversi concerti distribuiti in due giornate con un doppio appuntamento al Teatro Vittoria, il 27 e 28 maggio, alle 17.30 e alle 20.

Protagonisti tre talenti del Conservatorio di Torino: David Irimescu, Matteo Buonanoce e Maria Josè Palla. Irimescu è un pianista torinese di origine rumena, talento fuori dal comune, vincitore nel 2018 di Amadeus Factory, primo talent di musica classica in Italia. Nel 2023 si laurea con lode e menzione al Conservatorio di Torino con Claudio Voghera e riprende ad esibirsi in concerto. Nel 2024 ha la possibiltà di frequentare l’Università della Georgia come miglior allievo del Conservatorio, e alla borsa Open Source, seguendo il corso di Enrico Pace all’Accademia di Pinerolo. Di recente ha vinto il primo premio allo Scarlatti di Trapani. Maria Josè Palla, cagliaritana, si è avvicinata allo studio del pianoforte a 11 anni e ha completato gli studi con il massimo dei voti tra il Conservatorio di Torino e altre istituzioni internazionali, come l’Hemu di Losanna. Attualmente fa parte del trio Hieracon. La sua ricerca sonora è raffinata, rendendola un’interprete versatile. Ultimo interprete Matteo Buonanoce, che ha già collezionato numerosi premi internazionali e ha scoperto lo strumento a soli 6 anni. Grazie alla loro sensibilità multiforme potranno evidenziare le diverse sfaccettature espressive della poetica di Chopin.

Mara Martellotta

Il sipario si apre su INTERPLAY Festival

INTERPLAY/25

Torino
28 maggio > 14 giugno + 15 luglio 2025
A cura di Ass. Cult. Mosaico Danza
Direzione Artistica di Natalia Casorati

MERCOLEDì 28 MAGGIO dalle ore 21
CASA DEL TEATRO 
Corso Galileo Ferraris 266, Torino

TEMA – IDENTITA’ / COMPLESSITA’ DELL’INDIVIDUO

VIRO > ‘55
ABBONDANZA BERTONI (IT)
PRIMA REGIONALE

IL FAUT QUE JE > ‘10
CLEMENCE JUGLET (FR)
PRIMA NAZIONALE

Il sipario si apre sulla venticinquesima edizione di INTERPLAY Festival, la storica vetrina internazionale dedicata alla danza contemporanea d’autore, che dal 28 maggio al 14 giugno animerà Torino con un ricco programma di spettacoli, eventi site-specific e performance nei teatri e negli spazi urbani con un appuntamento speciale previsto il 15 luglio presso il nuovo Living Lab di Mosaico Danza.

Ad inaugurare il Festival, mercoledì 28 maggio due spettacoli che attraversano con la loro riflessione uno dei temi di questa edizione del festival, quello dell’identità e della complessità dell’individuo contemporaneo. In un mondo attraversato da continue trasformazioni sociali, culturali e tecnologiche, la danza si fa strumento per indagare chi siamo, come ci percepiamo e come desideriamo essere riconosciuti. Attraverso il linguaggio del corpo – fragile, potente, mutevole – artisti e coreografi mettono in scena tensioni e contraddizioni, esplorano territori intimi e collettivi, sfidano stereotipi e ruoli precostituiti. Il tema si declina in una pluralità di approcci: dalle narrazioni autobiografiche alla disgregazione delle identità binarie, dal confronto con il tempo e le aspettative sociali alla ricerca di autenticità in un presente iperconnesso e spesso disumanizzante.

Dalle 21 alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, saranno due spettacoli straordinari come “VIRO” di Abbondanza/Bertoni in prima regionale. Dopo il successo di Femina, finalista al Premio UBU 2023, Michele Abbondanza e Antonella Bertoni presentano il lavoro cdedicato alla figura maschile contemporanea. Due danzatori si confrontano come specchi simmetrici, incarnando contraddizioni e fragilità di un’identità maschile liquida, sfuggente, talvolta malinconica. Un’esplorazione coreografica intensa, amplificata dalle sonorità techno di Olaf Bender aka Byetone.
A questo link la scheda completa

Abbondanza Bertoni “viro”, foto Tobia Bertoni (mercoledì 28 maggio, Casa del Teatro Ragazzi e Giovani)

🔹 “IL FAUT QUE JE” di Clémence Juglet (FR) – Prima Nazionale
Una corsa contro il tempo, tra ossessioni, desideri e ricerca di perfezione. La coreografa francese, pluripremiata in contesti internazionali, porta in scena un assolo potente e viscerale, capace di toccare corde profonde. Tra ticchettii, silenzi e musiche avvolgenti, la performance diventa specchio di una condizione umana universale: il conflitto tra tempo e identità.
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Clemence Juglet “Il faut que je”

INFO E BIGLIETTI
Per il programma completo e le modalità di accesso agli spettacoli, visita il sito ufficiale www.mosaicodanza.it o segui gli aggiornamenti sui canali social del Festival.