SPETTACOLI- Pagina 3

Musica Regina in Villa International Music Festival

Dal 28 giugno al 5 luglio 2025 si terrà la quarta edizione consecutiva del festival Musica Regina in Villa International Music Festival, sotto la direzione di Francesco Mazzonetto, a Villa della Regina 

Per il quarto anno consecutivo Musica Regina in Villa International Music Festival verrà ospitato nella residenza sabauda di Villa della Regina, patrimonio UNESCO, dal 28 giugno al 5 luglio prossimo. Una location d’eccellenza per un appuntamento che, nel tempo, ha acquisito sempre maggior peso all’interno del cartellone culturale estivo del capoluogo piemontese, arrivando a contare un pubblico di oltre 3 mila spettatori.

Per il quarto anno consecutivo la direzione artistica è affidata al pianista concertista Francesco Mazzonetto che, dell’evento, è anche l’ideatore.

Il festival è organizzato dall’associazione Apeiron in collaborazione con l’associazione Amici di Villa della Regina  e, come le precedenti edizioni, si fonda sul tema delle Connessioni, che si instaurano tra i venti artisti presenti sul palco nelle diverse serate, ma anche tra generi musicali e tra generazioni.

“Oltre all’importante aspetto performativo, il Musica Regina in Villa International Music Festival vuole riscoprire, attraverso la grande musica, lo spirito creativo e comunitario del recital musicale. Sin dalla sua prima edizione il mio obiettivo è  stato quello di favorire la costruzione di Connessioni durature tra le persone  – commenta Mazzonetto – agevolando lo scambio di idee e di visioni sulle diverse espressioni musicali e artistiche, accrescendo di anno in anno il numero degli artisti presenti al festival a Villa della Regina, un luogo  di estrema meraviglia architettonica e naturale, patrimonio dell’UNESCO. Uno degli obiettivi del Festival è proprio quello di diffondere la conoscenza degli ambienti interni e dei magnifici giardini della villa”.

L’associazione Amici di Villa della Regina, che dal 2022 ospita il festival, nasce con l’intento di salvaguardare e valorizzare il meraviglioso complesso della villa lavorando per sostenere i progetti culturali e artistici che la riguardano. Tra i tanti obiettivi, il festival si pone anche quello di aumentare il pubblico fruitore di questo museo, nel suo genere unico in Italia, per il suo valore architettonico, per la propria storia, nonché per la bellezza paesaggistica, dei giardini e dei giochi d’acqua. 

Mara Martellotta

L’arte sul ghiaccio torna a Torino con “Van Gogh On Ice” al Palatazzoli

 

Torna  a Torino l’annuale e  atteso appuntamento sul ghiaccio con il format Show on ice , che fonde sport, arte  e musica in un unico grande spettacolo. Si tiene al Palatazzoli il 7 e l’8 febbraio , dalle 21 alle 23.

Dopo il successo degli anni scorsi dedicati a Klimt e Monet, questa volta protagonista del videomapping sul ghiaccio sarà van Gogh. La pista si animerà  dei colori intensi dei suoi celebri dipinti, dal giallo de “I girasoli”, all’azzurro delicato  di “Ramo di mandorlo fiorito”, fino al drammatico “Campo di grano con volo di corvi” e alle stelle  di “Notte stellata”.

Sopra le opere pattineranno talenti internazionali come Javier Fernandez Lopez, medaglia di bronzo olimpico e due volte campione del mondo, sette volte campione europeo, e Matteo Rizzo, campione nazionale e primo italiano a conquistare l’oro al Grand Prix Isu joniores. E poi ancora Iannick Boheur, Raffaele Francesco Zich, Jeremie Ebba, Irma Caldara e Riccardo Maglio, ambasciatrice dei FISU World University GamesTorino 2025.

Palatazzoli , via Sanremo 67

Mara  Martellotta

Film Commission Torino Piemonte, un anno da cinema

Nel 2024  228 progetti realizzati sul territorio e una visibilità senza precedenti sulla scena internazionale, e con prospettive di ulteriore consolidamento per il 2025

“Se guardiamo i risultati che il Piemonte ha ottenuto nel 2024 – commenta la Presidente di Film Commission Torino Piemonte Beatrice Borgia – nonostante la grande incertezza e il rallentamento dell’intero settore della produzione nazionale e internazionale, possiamo dirci più che soddisfatti per come il nostro territorio abbaia saputo confrontarsi con tale contesto di criticità dopo il boom della pandemia. I risultati raggiunti in termini di produzione, mostrano la capacità di rispondere con grande forza alla generale contrazione grazie all’investimento sul campo sulla filiera locale di professionisti, produttori e imprese che si sono strutturate sempre più grazie ai costanti investimenti messi a disposizione dalle nostre istituzioni. Il 2024 è anche l’anno caratterizzato dalla presenza quanto mai ricca e qualificata a livello internazionale tra festival, televisione e piattaforme digitali”.

Il Direttore di Film Commission, Paolo Manera, aggiunge: “L’ulteriore rafforzamento delle risorse messe a disposizione dalla Regione Piemonte, ovvero i 7 milioni destinati a lungometraggi e serie televisive, insieme alle ulteriori risorse di 1 milione circa a sostegno di sviluppo di film e serie televisive, documentari e cortometraggi, messi a disposizione dei bandi FCTP, ci proietta verso il 2025, anno in cui la Fondazione festeggia 25 anni di attività con una prospettiva di ottimismo e strumenti concreti per favorire la realizzazione di importanti progetti, tra cui 10 lungometraggi e 4 serie televisive già in partenza nei prossimi mesi”.

“Il cinema, espressione culturale e artistica, rappresenta anche un’importante attività produttiva capace di generare valore economico e occupazione. Il Piemonte – dichiarano l’Assessore Regionale alla Cultura Marina Chiarelli e l’Assessore alla Attività Produttive Andrea Tronzano – ha saputo costruire un sistema che valorizza entrambe queste dimensioni investendo nella filiera dell’audiovisivo per consolidare le capacità imprenditoriali del territorio, promuovere il nostro paesaggio e la nostra cultura e creare un processo virtuoso di crescita e di attrazione di nuove produzioni”.

“L’impegno della Regione – aggiunge Tronzano – si conferma nell’ulteriore posizionamento degli strumenti di sostegno con l’obiettivo di rendere il nostro territorio sempre più competitivo in ambito nazionale e internazionale”.

Nell’analisi globale di un anno come il 2024, contrassegnato come noto da un generale rallentamento della produzione audiovisiva, dovuto al complesso quadro internazionale e, in Italia, alla lunga sospensione delle principali misure di sostegno pubblico al settore, l’audiovisivo piemontese ha saputo mostrare continuità e solidità,  garantendo un alto numero di produzioni sul territorio e ha un rafforzamento di risorse messe a disposizione del comparto per il 2025. Le produzioni sostenute da Film Commission nel 2024 sono state 228, un numero in linea con i risultati record del biennio precedente e che si è tradotto in 1054 giornate di riprese, che ha portato sul territorio 19 lungometraggi, tra cui si evidenziano molte opere prime e seconde, 26 documentari, 55 cortometraggi, 122 tra spot pubblicitari, format TV e videoclip, mentre l’impatto della crisi generale appare nel numero delle serie televisive, 6 nel corso dell’anno, in linea con un quadro in cui il blocco rinvio è stato quello dei progetti ad alto valore aggiunto.

In tale contesto sono state proprio le politiche regionali a sostegno dell’audiovisivo, in primis il Piemonte Film TV Fund della Regione Piemonte e l’investimento della Fondazione Compagnia di San Paolo sul Fondo per lo sviluppo di film e serie TV che hanno l’eccesso di contenere il generale rallentamento produttivo e, parallelamente, hanno messo a disposizione un ulteriore aumento dei fondi con l’obiettivo di riavviare immediatamente il percorso di crescita che ha caratterizzato il territorio negli ultimi anni. La Regione Piemonte ha annunciato, nel novembre 2024, durante l’ultimo Torino Film Industry, per il 2025 ulteriori 3 milioni alla già prevista dotazione di 4 milioni del Piemonte Film TV Fund, per un totale di 7 milioni. Grazie all’intenso lavoro di sostegno logistico e istituzionale garantito da FCTP nel corso dell’anno sono già 14 i progetti di lungometraggi e serie TV che prevedono di avviare le riprese nel corso dell’anno, e sono più di 40 i titoli che hanno effettuato sopralluoghi e studi di fattibilità, e attendono l’apertura delle call 2025 per definire il piano di produzione.

I tre Film Fund della Fondazione dedicati a sostenere sviluppo e produzione di documentari (Piemonte Doc Film Fund), la produzione di cortometraggi (Short Film Fund) e lo sviluppo di servizi TV di finzione e animazione (Piemonte Film TV development Fund), hanno operato per l’anno 2024 con una dotazione e complessiva di 900 mila euro, sostenendo 31 progetti solo nella prima finestra di giugno 2024, ovvero lo sviluppo di 12 documentari, la produzione di ulteriori 8, la produzione di 4 cortometraggi, lo sviluppo di 6 lungometraggi e una serie televisiva.

In particolare nel corso dell’anno è stato possibile attivare una specifica attività di promozione e internazionalizzazione relativa al Piemonte Film TV Development Fund, con azioni strutturate in mercati e rassegne di alto potenziale, dalla Berlinale alla Mostra del Cinema di Venezia, fino a MIA (Mercato Internazionale Audiovisivo). Tale opportunità è stata resa possibile dal sostegno garantito di Fondazione Compagnia di San Paolo, da sempre al fianco di FCTP per fare del cinema uno strumento di sviluppo sul territorio che, nell’ambito di un accordo biennale con la Regione Piemonte per il biennio 23/24 ha permesso di rinnovare e rafforzare il bando che rappresenta una opportunità fondamentale per i talenti s il cinema indipendente.

Mara Martellotta

Orsini e Branciaroli, due “ragazzi irresistibili” e grandiosi

Sino a domenica 9 febbraio, sul palcoscenico del Carignano

Willy Clarck e Al Lewis sono stati compagni di palcoscenico per una vita intera: poi il meccanismo s’è rotto. Vita travagliata intendiamoci, ma sopportata, digerita, mandata giù a fatica con un paio di pastiglie di quell’Alka-Seltzer di cui il primo avrebbe sempre voluto accaparrarsi la pubblicità: certo per i bigliettoni verdi ma soprattutto perché quelle due paroline di Alka-Seltzer, ne è sempre stato convinto, fanno ridere. Come fanno ridere le parole con la “z”, zuzzurellone in prima linea. Si sono guardati in cagnesco più del solito, il vecchio Willy certo molto di più, e si sono salutati una volta per tutte. Willy adesso sciabatta per casa tutto il giorno, ha fatto la punta a un carattere diavolesco e irritante che più non si potrebbe, ogni mercoledì ha la visita del diligente e paziente nipote che gli porta sù scatolette di cibo e la copia di Variety, tanto per sapere chi è morto e chi è vivo del mondo di luci di Broadway. E gli procura qualche scrittura: rarissima. Vuoi che la CBS, a undici anni da quella divisione, decida di dare una bella spolverata al vecchio teatro leggero americano, il duo non può certo mancare, il buon cachet aiuterebbe ma con la ricomparsa di Al – carattere serafico ma quantomai graniticamente pistino, faticosamente evocato da quell’angolo del New Jersey dove vive con figlia e nipotini – schermaglie e mugugni e bisticci riprendono a circolare. Ricucire lo strappo è difficile, riaffiora la vecchia rivalità, i ricordi amari e i pochi e camuffati tratti di solidarietà, si fa strada con parecchi inciampi tutta la comicità che li ha uniti, imbastita oggi con un pizzico di soffusa malinconia. Nel tentativo di ridar vita a quel numero che li ha resi famosi, ricircolano le battute di un tempo, ricircolano i tic e le certezze che hanno fatto vivere e imbestialire l’arte di Willy, pensando ancora una volta che il sodalizio s’è rotto perché Al lo riempiva di sputacchi con tutta la saliva possibile nell’emettere quelle parole infarcite di “t” che lui sceglieva a bella posta, perché lo picchiettava sul petto ad ogni battuta, perché ad inizio dello sketch del dottore e dell’impiegato delle tasse, al primo “toc toc” di entrata di Al il compagno in luogo dello stabilito “avanti” sonorizzava un irritante “s’accomodi”.

Non andiamo avanti nel racconto della trama dei “Ragazzi irresistibili” che tutti conosciamo, festosa quanto crepuscolare commedia di Neil Simon del 1972, che tre anni dopo divenne film sotto il ricamo interpretativo fornito da Walter Matthau e George Burns (Oscar a quest’ultimo), storia che ricalcava la vita di una vera coppia di artisti del vaudevelle, Joe Smith e Charles Dale. Oggi, vedendola ancora una volta in palcoscenico (se non sbaglio, all’inizio dei Novanta, la proposero per ultimi Scaccia e Fiorentini), al Carignano per la stagione dello Stabile torinese sino a domenica 9 febbraio, appare forse datata, a ripercorrere momenti e battute e situazioni già visitate: ma rimane una efficace macchina di pieno divertimento, soprattutto l’impareggiabile esempio del mondo del teatro e della recitazione – il “piacere” del recitare -, l’occasione di lasciar scivolare la scena dentro la vita, la rappresentazione delle rivalità e delle debolezze, dei tramonti e della felicità (“The Sunshine Boys” è il titolo originale), dello spegnersi delle luci, dell’elenco – ormai vuoto ma ancora tutto da sogno – dei teatri in cui potrebbero ancora risuonare gli applausi. Simon, con i suoi più che trenta titoli per il palcoscenico, occasione molti per vivacissime sceneggiature, è stato un maestro della risata e di un intrecciarsi di umanità varie, anche qui si dimostra un maestro, se mai ancora ce ne fosse bisogno: catturando non soltanto la comicità ma angoli di zona d’ombra, sottilmente soffusa, grazie alla regia di egregio servizio, nell’affettuoso rispetto per la classe dei protagonisti, di Massimo Popolizio, angoli che guardano con altrettanto rispetto alle atmosfere di Checov e di Beckett.

Diceva Franco Branciaroli (nell’osservanza del dato anagrafico, classe 1947) in un’intervista tempo fa: “È più difficile far questo tipo di teatro piuttosto che gli Shakespeare brutti che ci sono in giro, là è tutto bla bla bla e vai!, qui scatta la controprova e se non fai ridere hai fallito. In più, se un autore europeo avesse considerato lo stesso argomento, il teatro e la vecchiaia e la morte, avrebbe annoiato a morte. Al contrario, il drammaturgo americano ha una qualità rara, ha ricoperto tutto di una bella crema pasticciera e li ha fatti passare divertendo”. Lui e Umberto Orsini (nell’osservanza del dato anagrafico, classe 1934) hanno affrontato repertori vari, dai classici ai contemporanei, da Euripide a Hofmannsthal a Strauß – e voi capite quanto l’elenco potrebbe continuare -, quante volte sotto lo sguardo modernissimo di Ronconi) e oggi ci entusiasmano con il divertimento. Suona una battuta dello spettacolo: “Dove c’è talento non ci può essere vecchiaia”. Al di là di ogni retorica, è il loro marchio di fabbrica, e il pubblico non fa che al termine applaudirli, mentre loro nella loro seriosa staticità sembrano due bravi soldatini che hanno “soltanto” fatto bene il loro lavoro. Non perdeteveli nelle poche repliche che restano e saprete dalla serata che cosa sia la Grandezza di un Attore.

Elio Rabbione

Il dramma dei desaparecido e la intima “tragedia” di una donna

Io sono ancora qui” di Walter Salles

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

C’è molta allegria sulla spiaggia di Rio, a due passi dalla casa dei Facciola Paiva, una casa dove qualsiasi motivo è buono per festeggiare, dove si balla e si beve e si ride, accogliente e sempre aperta agli amici, la domestica che prepara piatti e tartine. Sotto il sole, sulla riva del mare, i ragazzi si buttano sulla pallavolo mentre le ragazze si bagnano il corpo di Coca cola per apparire più scure. A guardarlo così, sembra felice il Brasile, e ricco e innovativo. E libero di vivere. È l’inizio dei Settanta, nelle camere delle ragazze sono appese le locandine dei film dell’epoca, si gira in famiglia in super8, si cantano le canzoni di Caetano Veloso e di Gilberto Gil, il Cinema Novo si esprime attraverso i titoli di Glauber Rocha, anche l’architettura vive un periodo felice con le architetture e le innovazioni di Niemeyer. Ma in quella stessa capitale, come nel resto dell’immenso paese, tutto si fa scuro, regnano gli annientamenti e le sparizioni, la violenza e le morti di quanti sono contrari alla dittatura militare che nel ’64 aveva rovesciato un governo eletto democraticamente e che sarebbe rimasto al potere per più di vent’anni.

Io sono ancora qui” è la storia di una famiglia e della scomparsa nel gennaio del ’71 di Rubens Paiva, marito e padre di cinque figli, ingegnere e attivista politico, ex deputato del Partito laburista del suo paese. È la storia che Walter Salles (“Central do Brasil”, “I diari della motocicletta” sulla gioventù del Che) ha tratto dal libro di memorie scritto una decina di anni fa dal figlio del desaparecido, Marcelo Rubens Paiva, premio per la miglior sceneggiatura a Venezia 2024, già Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico ad una immensa Fernanda Torres, in attesa della serata degli Oscar con le candidature per il miglior film, per il miglior film straniero e ancora per la protagonista. Una testimonianza che sembra arrivare tarda nei confronti della scomparsa di un uomo il cui corpo non venne mai ritrovato – le sepolture in fosse comuni e i lanci dagli elicotteri nell’oceano erano all’ordine del giorno – ma anche una necessità da parte di quello che fu un ragazzo in amicizia con i figli di quell’uomo e abituato a frequentare la loro casa. La casa dove irrompono, all’improvviso, oscurando immediatamente le finestre in un giorno di solare inverno, uomini che gli dicono di prepararsi, che li deve seguire per una semplice testimonianza e lui che dice tranquillo “un paio d’ore e sono di nuovo a casa”. Non lo rivedranno più. Anche la moglie Eunice e la figlia Eliana sono poco dopo prelevate e portate nelle celle di una caserma, questa per una notte soltanto, quella per dodici giorni, tra domande incessanti e tavolacci e formalità per cui non c’è da temere, tra le urla che provengono dalle stanze vicine e uomini che buttano secchiate d’acqua sui pavimenti a lavare il sangue. Al ritorno a casa, prima che i vestiti di Rubens siano dati via e prima che s’abbandoni quella casa che diventerà un ristorante, per cercarne una nuova a San Paolo, prima che si sia cancellata ogni speranza di un ritorno, non dovrà mai apparire la “tragedia”, i sorrisi di un tempo non dovranno mai scomparire, anche se lo chiede il regime che per una nuova immagine da distribuire vorrebbe tutti i superstiti almeno seriosi, no, rimarranno impressi quegli stessi sorrisi che abbiamo visto nelle tante fotografie che circolano nei tanti momenti, esposte o sfogliate o rimesse in grandi scatole, nulla deve cambiare, per la tranquillità sognatrice dei più piccoli, per la necessità di andare avanti, per la caparbietà che Eunice vive negli anni pur di arrivare a qualche risultato, pur di ottenere per il marito e per la famiglia un qualche riconoscimento, pur di coltivare una memoria che resti con tutto lo strazio intimo per sé, e per gli altri.

Sino all’ultimo festeggiamento, una fotografia anche lì da scattare, quando Eunice, ormai vittima dell’Alzheimer (è scomparsa nel 2018), rivede in un vecchio filmato che passa in televisione il volto del marito e i suoi occhi hanno un moto di felice stupore. Ogni attimo è trascorso incredibilmente su un percorso piano, rassicurante, aperto, dove le urla e la disperazione non hanno mai trovato posto. Salles ha voluto mantenere, tra storia privata e Storia pubblica, ogni tono sommesso, rinchiuso, lasciando alla macchina da presa, attraverso gli sguardi e i piccoli gesti, il compito di “accompagnare” un misfatto che non può non aver attraversato intere esistenze: le lacrime scorrono sulle guance, ma durano un attimo, vengono immediatamente cancellate, i singhiozzi e le urla e la disperazione stanno da altra parte. Forse questi silenzi non incontreranno i favori di molti dei giurati dell’Oscar, chissà, ma certo cominciamo fin da adesso a tifare per Fernanda Torres (negli ultimi fotogrammi Eunice è Fernanda Montenegro, sua madre nella vita e già indimenticabile interprete di “Central do Brasil”) che incarna e vive perfettamente, in ogni parte del corpo e della mente, nei piccoli segni premonitori della malattia e negli insperati traguardi, quella che fu la personale, richiusa “tragedia”, perché al fondo di tutto questo dire il termine deve essere comunque scritto, di Eunice Paiva.

“Io amo Italia”. Le vicissitudini di immigrata di seconda generazione

7-8 febbraio 2025

Casa Fools, via Bava 39, Torino

Primo testo da autrice e interprete di Sofija Zobina

 

 

Siamo agli inizi degli anni ’60 e in Unione Sovietica avviene una piccola ma grande rivoluzione: all’interno dei suoi confini inizia a echeggiare la musica italiana. Tutto nasce da uno scambio di oggetti avvenuto al confine tra Russia e Finlandia: una stecca di sigarette per un vinile, “O’ sole mio” di Robertino Loretti.

Questa è la storia che inizia a raccontare Sofia, un’aspirante attrice, sul palco di un karaoke. Ha già cantato una canzone, ma l’occasione di avere finalmente un pubblico la spinge a restare. Con la scusa di raccontare il ruolo della musica italiana nella sua vita, parla della sua condizione di immigrata russa di seconda generazione e di quella di sua madre: una ballerina, che tramite mille peripezie cerca di darle un futuro migliore proprio in Italia, dopo che il crollo dell’Unione Sovietica aveva lasciato tutti senza niente. Lo spettacolo è fatto di racconti, sketch, imitazioni e di momenti più intimi legati al rapporto della protagonista con il padre, inteso come patria, come certezza, ma anche come limite. Nella storia delle due donne è una figura completamente assente, ma diventerà sempre più presente per la protagonista, durante il suo costante dialogo con il pubblico.

“Io amo Italia” è un racconto che rapisce e mescola inevitabilmente commedia e prosa, realtà e immaginazione, la grande Storia e la vita quotidiana. In un continuo scambio tra presente e passato, tra Italia e Russia, in cui la musica diventa il ponte per ricongiungere gli opposti, riportando alla ricerca della “Felicità” di un bicchiere di vino con un panino.

 

“Io amo Italia” è il primo testo da autrice e interprete di Sofija Zobina. Nata in Lituania nel ’99, si trasferisce in Italia a 3 anni e vive tra costanti trasferimenti per via del lavoro della madre. Si laurea in recitazione nel 2022 alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, al cinema ha lavorato con Alice Rohrwacher (La Chimera) e Maurizio Nichetti (Amiche Mai), ha partecipato a serie tv Netflix e Rai (Summertime, Il Clandestino) e a teatro è stata diretta da Serena Sinigaglia, Maurizio Schmidt, Claudio Autelli. “Io amo Italia” debutta nel maggio 2024 al Torino Fringe Festival e viene selezionato a luglio anche dal Roma Fringe Festival dove vince il Premio Speciale OFF.

 

CONSONANZE

“Io amo Italia” è il primo spettacolo del 2025 di “Consonanze”. La stagione teatrale 2024-2025 di Casa Fools, composta da 21 repliche di 10 diversi titoli, propone un calendario multidisciplinare che promuove linguaggi espressivi di classici contemporanei attraverso la riscrittura di grandi capolavori o nuove opere e adattamenti in chiave pop che affrontano temi universali.

 

CASA FOOLS

Casa Fools è una Casa con un Teatro dentro. Codiretto da Roberta Calia, Luigi Orfeo e Stefano Sartore, da anni Casa Fools lavora per ricostruire la comunità attraverso l’arte e abbattere le barriere e i pregiudizi legati a certi luoghi della cultura. Non solo attraverso una politica dei prezzi contenuta, ma anche facendo partecipare attivamente il pubblico alla vita del teatro, coinvolto fin dall’inizio nella direzione artistica tramite un’esperienza di decisione collettiva del cartellone.

 

La stagione Consonanze ha ricevuto il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo all’interno del bando “Linee guida per progetti nell’ambito della cultura contemporanea 2024” ed è sostenuta dal contributo del patrocinio oneroso 2024 del Consiglio Regionale del Piemonte.

Come “indigeni e forestieri” creano una autentica comunità

Un variegato calendario per il Balletto Teatro di Torino

Nelle parole di Viola Scaglione, direttrice artistica del Balletto Teatro di Torino, sta la presentazione di una stagione di danza ma soprattutto l’anima e le anime che abitano in una compagnia, la rivendicazione di aver fatto confluire, e continuare a farlo, “nel proprio processo creativo entità apparentemente distanti”, la padronanza e la bellezza di “un costante allenamento dello sguardo verso il mondo”, forse con quello che può sembrare una “forzatura di linguaggio” tra le pareti della Sala della Musica all’interno del Circolo degli Artisti, come dice qualcuno, la ricerca di “un intreccio tra indigeni e forestieri in grado di agitare le nostre acque creando una comunità che scorre, che si modella e cambia forma in continuazione e che non perde mai di vista l’analisi del contesto in cui opera”. Tutto questo quando, in un alternarsi di “intimità e distanza” si cerca con il passare delle settimane e dei mesi di arrivare alla certezza di “una casa comune” che abbracci uffici e sala di prove aperte e sede di spettacoli e che superi quello che può essere identificato come uno “spazio di passaggio”, una casa comune “dove sperimentare e allevare il pensiero, il modo di percepire e di percepirsi e non una ricerca sul consenso insieme agli artisti che incontrano le nostre progettualità ma una tensione costante verso il rischio per quello che non si conosce ancora”. Tutto questo quando, in uno sguardo unanime e in una necessità di progettualità diversificate, Matteo Negrin, in veste di direttore della Fondazione Piemonte dal Vivo in prossima uscita, sottolinea come il BTT abbia pieno merito di accrescere i propri scenari e la nuova stagione di danza contemporanea “Tensioni Temporanee” inserita nella stagione del teatro Marenco di Novi Ligure – di cui s’è parlato già qui nei giorni scorsi – vada a colmare un vuoto nel sud della regione, limando quell’80% di richiesta/offerta che è stanziato sul solo capoluogo. Tutto questo quando Rosanna Purchia, assessora alla Cultura di Torino, ribadisca come “è proprio l’inclusione e l’ascolto a fare di questo lavoro un lavoro a servizio della condivisione e sperimentazione, per attuare nuove e diverse prospettive artistiche anche indicate a chi del balletto è spettatore”.

Avvicinandosi tra un paio d’anni quelli che saranno i cinquanta d’attività, un lungo percorso iniziato da Loredana Furno con passione e caparbietà e condotto in Italia e all’estero, il BTT è ancora una volta sostenuto da Ministero della Cultura, Regione Piemonte, Città di Torino e Fondazione CRT e composto attualmente da cinque danzatori/danzatrici, oltre alla figura ospite di Marta Ciappina. Guardando ai futuri progetti, sono in sviluppo di progettazione “Living Cabiria” risolto in una Realtà Virtuale, “Carmen – Nous sommes toutes des étoiles”, dovuto ad Anna Basti con la collaborazione critica di Ariadne Mikou e con la collaborazione di Piemonte dal Vivo mentre, realizzato in partenariato con Fondazione Egri per la Danza, si concretizza il progetto triennale IN.CON.TRA, che approfondisce la tematica legata al femminile (ovvero “Manifesto femminile per un corpo che re-ESISTE”), in collaborazione con CasaBreast, associazione che si sviluppa in seno alla BrestUnit dell’ospedale Cottolengo di Torino: ancora nella convinzione che “cresce sempre più la necessità per la compagnia di tornare a vivere la danza non soltanto come espressione artistica, ma come un rituale capace di connettere le persone al di là dei confini culturali, sociali e fisici, creando uno spazio esperenziale di condivisione”. Convinzioni e condivisioni che abbracciano altresì tra gli altri realtà che sono spazi scolastici come il DAMS e il Liceo Gioberti, l’Istituto Musicale Città di Rivoli “G. Balmas”, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.

Venendo al cartellone vero e proprio, già scrivevamo in precedenza degli “Anni” di Marco D’Agostin, ricavato dal romanzo di Annie Ernaux e interpretato da Marta Ciappina (teatro Astra). Seguiranno alla Fondazione Re Rebaudengo, il 13 marzo (ore 21), e in occasione dei Giochi Mondiali Invernali Special Olympics Torino 2025, “Studio per Aliseo” – coreografia di Manfredi Perego, danzatrice Nadja Guesewell, “le intensità sono disegni di trasformazioni, modificano ciò che il corpo agisce mutando il paesaggio, esattamente come l’intensità del vento” -, in anteprima “Umingmak”, produzione BTT, ideazione e coreografia Mauro de Candia, danzatore Luca Tomasoni, “Noa” ancora in anteprima, produzioni BTT, coreografia di Jye-Hwei Lin e danzatrice Noa Van Tichel, dove “ogni gesto diventa un frammento di una narrazione non detta”, vero e proprio luogo d’incontro “tra chi crea, chi interpreta e chi osserva”. Terzo luogo è il Teatro della Lavanderia a Vapore di Collegno, dedicato a “Race” (9 aprile, ore 21), un intenso ritratto di vita quotidiano sotto i colori del Real Conservatorii Profesional de Danza “Mariemma” di Madrid, dieci danzatrici con le coreografie e i costumi di Victoria Miranda, immerse nelle musiche di Antonio Vivaldi, Menestra, Plastikman e Paco Osuna. A completare la serata Mauro de Candia propone “Tra” mentre José Reches porta dalla capitale spagnola “Galea”, dove sono uomini destinati a remare, dove è imposta una forma di schiavitù che priva di ogni libertà. Ancora sul palcoscenico dell’Astra, “Sista”, la coreografia è di Simona Bertozzi, le danzatrici sono Marta Ciapina e Viola Scaglione, e “White Pages”, con il coreografo Manfredi Perego le prove di Nadja Guesewell, Noa Van Tichel, Luca Tomasoni e Luis Agorreta.

e.rb.

Nelle immagini, momenti di “Studio per Aliseo”, “Race” e “Sista” (ph Serena Nicoletti)

Il virtuoso norvegese Leif Ove Andsnes nel recital della rassegna “I Pianisti del Lingotto”

A sei anni dall’ultima presenza

 

Il terzo appuntamento della nuova rassegna dei Pianisti del Lingotto, previsto venerdì 7 febbraio, vedrà protagonista il norvegese Leif Ove Andsnes, che il New York Times ha definito un pianista di eleganza, energia, introspezione magistrali, e il Wall Street Journal uno dei musicisti più talentuosi della sua generazione. Il suo ritorno, per il concerto di venerdì 7 febbraio alle 20.30 in sala 500, al Lingotto, è certamente gradito per il blasonato virtuoso scandinavo che, dopo il debutto del 2004 con il secondo concerto di Rachmaninov, è tornato a esibirsi al Lingotto Musica altre cinque volte: nel 2012 e nel 2014 alla guida della Mahler Chamber Orchestra per il progetto “The Beethoven Journey”. Nel 2015 e 2017 in recital all’Auditorium Giovanni Agnelli e, nel 2019, nel concerto in La minore di Grieg. L’omaggio al conterraneo Grieg, con la giovanile Sonata n.7, si unisce nel suo impaginato alle nostalgi.che melodie boeme della raccolta “Sul sentiero di rovi” di Janáček e all’amatissimo Chopin dei celebri Preludi op.28.

Vero maestro del tocco che combina I classici della mitteleuropa romantica con i profumi del profondo nord, Andsnes propone la Sonata in Mi minore op.7 di Edward Grieg, l’unica l’errore pianoforte scritta dall’autore, all’epoca ventiduenne, nel 1865. La dedica a Niels Gade, suo maestro al Conservatorio di Lipsia, sottintende un omaggio al Decano della grande scuola nordica, ma ad ogni pagina fanno capolino anche luoghi di pianista di Schubert e Schumann. Segue il ciclo “Sul sentiero di rovi”, composto da Leoš Janáč̣ek tra il 1901 e il 1908. La raccolta si intreccia alla composizione dell’opera “Jenůfa” e intimamente alle vicende biografiche del compositore ceco, fra cui la morte della figlia ventenne Olga. Colpisce di queste 10 minitaure la scrittura laconica, fatta di brevi accenni, emozioni trattenute che si carica di intensità romantica con squarci lirici improvvisi.

Chiudono la serata i celebri 24 Preludi op.28 di Chopin, scritti a Maiorca nel 1838, quando perseguire al rigido inverno parigino e alla curiosità suscitata dal suo legame con la scrittrice George Sand, si trasferì sull’isola in compagnia della donna. Organizzati nell’ordine normale delle scale, secondo le 24 tonalità, rappresenta un tributo pagato a Bach e al clavicembalo ben temperato che Chopin frequentava contemporaneamente.

Biglietteria presso gli uffici di Lingotto Musica al numero 333 9382545

Da lunedì a venerdì ore 10-12 / 14.30-17

E nel giorno del concerto presso il foyer di Sala 500, via Nizza 280/41, Torino

Dalle 19.30 alle 20.30

 

Mara Martellotta

“Cabiria Atlas”, immagini e immaginari intorno al più celebre colossal italiano

Due giorni di studi presso l’aula magna della Cavallerizza Reale in via Verdi 9

 

111 anni è l’età che ha festeggiato il primo colossal della storia, “Cabiria”, girato da Giovanni Pastrone e uscito nelle sale nel 1914, su soggetto di Gabriele D’Annunzio. Ancora oggi esercita un sorprendente fascino sugli amanti del mondo del cinema. Giovedì 6 e venerdì 7 febbraio prossimi, presso l’aula magna della Cavallerizza Reale, in via Verdi 9, si terrà il convegno di studi “Cabiria Atlas”, percorsi transdisciplinari tra immagini e immaginario intorno e oltre Cabiria, promosso dall’Università di Torino nell’ambito del progetto “Living Cabiria”, sviluppato all’interno dello Spoke 2 Creativity and Intangible Cultural Heritage nel partenariato esteso PE5 Changes-PNR, che affronta il film di Pastrone come un case study privilegiato per la valorizzazione del patrimonio culturale audiovisivo attraverso un approccio transdisciplinare e l’utilizzo di tecnologie innovative. Il convegno è curato da Giulia Carluccio e Silvia Alovisio, organizzato con il contributo di UniVerso, in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino e con il patrocinio della Consulta Universitaria del Cinema. L’iniziativa vuole rilanciare lo studio degli immaginari evocati da Cabiria, l’opera più celebre e influente del primo cinema italiano. L’evento vedrà la partecipazione di oltre 50 studiosi internazionali provenienti da discipline differenti, tra cui, oltre al cinema, storia, archeologia, architettura, estetica, cultura visuale ed etnoantropologia, rendendo l’incontro un momento di particolare interesse per la comunità accademica e per tutti gli appassionati. Due giorni di studi e approfondimenti culmineranno, dalle 20.30, nelle sale del Cinema Massimo, con proiezione a ingresso libero e gratuito. Il convegno prevede due proiezioni cinematografiche, entrambe a ingresso gratuito, presso il Cinema Massimo. La prima è “Occhi che videro”, un incontro toccante con la fondatrice del Museo Maria Adriana Prolo e le sue collezioni, realizzato dal grande documentarista Daniele Segre; venerdì 7 verrà proposta la proiezione di “Italia, il fuoco, la cenere” di Olivier Bohler e Céline Gaileurd, un poetico viaggio lungo trent’anni di Cinema muto italiano. Cabiria costituisce uno dei più importanti film della storia del cinema, e la sua lezione è stata determinante per lo sviluppo della settima arte a livello internazionale. Da decenni è oggetto di ricerche approfondite che ne hanno esaminato le molteplici componenti, dal gigantismo scenografico alla recitazione, dagli effetti speciali innovativi alla mobilità del punto di vista con l’invenzione del carrello, dall’uso coreografico delle folle al ruolo della parola dannunziana, fino alla sua ricezione critica e culturale. L’obiettivo del convegno è quello di esplorare nuove prospettive concentrandosi sugli immagini ari che hanno influenzato Cabiria e che il film stesso ha contribuito a generare. L’evento intende proporre un’analisi che si sviluppa in un’ottica aperta e trasversale, considerando Cabiria come un atlante di immagini in grado di evocare temporalità stratificate e interazioni culturali molteplici, e di generare nuove visioni, ancora inesplorate. Il film di Pastrone sarà così analizzato come un sistema dinamico di influenze, riconfigurazioni e rielaborazioni culturali, la cui vitalità continua a risuonare nel tempo presente. Si tratta di un approccio che invita a superare i confini tradizionali della ricerca accademica, promuovendo un’immagine innovativa sull’eredità visiva e culturale del film. Quando lo scorso ottobre il regista Martin Scorsese è stato ospitato a Torino, è rimasto affascinato dal mondo della riproduzione del Moloch, presente proprio nel capolavoro di Pastrone e collocato nell’Aula del Tempio della Mole Antonelliana, dimostrazione che Cabiria è amato anche dai grandi registi internazionali.

 

Mara Martellotta

Da sabato 8 febbraio al via il cartellone 2025 del Teatro della Caduta

 

Teatro, musica e stand up comedy si alterneranno richiamando la tradizione del varietà della caduta (2004-2017), l’esperienza artistica che, ispirandosi all’avanspettacolo e al cabaret di inizio Novecento, ha reso famoso il teatro della Caduta, diventando un trampolino di lancio per centinaia di artisti italiani e stranieri.

Ed è proprio a tre artisti di rilievo nazionale che viene affidata la direzione artistica 2025. Saranno Marco Bianchini, attore, narratore e docente, e Alessandro Balestrieri, attore e musicista emergente, cui si aggiunge Amedeo Cicchese, primo violoncello del teatro Regio di Torino.

Il cartellone 2025 spazierà dal teatro alla musica fino alla stand up comedy, unendo così la tradizione artistica con forme di intrattenimento sempre più apprezzate dal pubblico. Ancora una volta, come da tradizione, il Teatro della Caduta darà spazio e voce a giovani artisti che porteranno in scena spettacoli popolari che, anche nel dramma, riescono a provocare un a risata e alcune riflessioni sulla contemporaneità.

L’8 febbraio alle ore 19 andrà in scena la spettacolo ‘De Amoribus’ con Paola Omodeo Zorini, un’indagine sulle origini mitologiche e passionali dell’amore.

Il 4 aprile alle ore 19 sarà la volta di Alessandro Balestrieri, con ‘Shakespeare killer the radio stars’, un one man show che porterà in scena uno Shakespeare rock star, un cantore di storie senza tempo.

II 17 maggio, alle 19, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia, la Transfobia e la Bifobia, in collaborazione con il circolo Arci Maurice, Marco Bianchini vestirà i panni di Oscar Wilde e, ripercorrendo i momenti salienti della relazione tra il celebre scrittore e il giovane lord Alfred Douglas, farà immergere gli spettatori nel De profundis con lo spettacolo ‘Into the Wild’.

Il 29 maggio, alle ore 21, Nicola Lorusso e Giulio Macrì presenteranno il racconto di due anime disperse nel silenzio, alla disperata ricerca della propria identità, selezionato dal premio Direction under 30 2024. Nel cartellone figura anche un titolo internazionale con la presenza della compagnia belga Mon Coeur de Bois, che porterà il 12 aprile alle ore 19 sul palco del Teatro della caduta, uno spettacolo di marionette per un pubblico adulto, intitolato ‘Isotta’, vincitore del Premio nazionale di poesia ”Ascoltando il silenzio del mare” di Portoferraio, del Premio Experimenta 2019 come miglior spettacolo.

Per ulteriori informazioni www.teatrodellacaduta.org

 

Mara Martellotta