Music Tales, la rubrica musicale
“qualche volta un uomo deve svegliarsi per scoprire
che veramente non ha nessuno
cosi ti aspetterò… e brucerò
vedrò mai il tuo dolce ritorno?
imparerò mai?”
Questa è la storia di un artista che è entrato nelle acque del Mississippi per un rito di
purificazione e così facendo è uscito dalla storia ed è entrato nella leggenda.
JeffBuckley è bello come un sole, ma ha ereditato da suo padre il lato oscuro della luna.
Suo padre era TimBuckley, un genio assoluto, uno che fu per la voce quello che JimiHendrix fu per la chitarra, CecilTaylor per il piano e Coltrane per il sax.
Portò la voce a vette di sperimentazione mai raggiunte prima per poi scomparire a 28 anni, per overdose di eroina e alcol.
Al suo funerale c’erano tutti, ma non Jeff, che viveva con la madre e aveva visto il padre una sola volta, ma che aveva nel suo Dna le medesime
dannazioni.
Jeff Buckley adesso ha trent’anni, ha incantato il mondo con Grace, un disco commovente e bellissimo.
Sta lavorando al seguito, in uno studio di Memphis. è il 27 maggio 1997.
Tira vento, minaccia pioggia.
Jeff si ferma con un amico, Keith Foti, sulle rive del Wolf River, un affluente del Mississippi.
Lo stereo portatile trasmette “Whole Lotta Love” dei LedZeppelin.
Jeff canta a squarciagola il ritornello, poi entra in acqua.
Vestito, senza nemmeno togliersi gli stivali pesanti.
Non è la prima volta.
È come un rito di purificazione.
Gli piace sentire gli abiti che si attaccano alla pelle, camminare e poi cominciare a nuotare.
Foti rimane a riva. Passa un battello. Urla a Jeff di stare attento, poi si volta per mettere lo stereo al riparo.
Quando si gira di nuovo verso l’acqua, Jeff è scomparso.
Lo ritroveranno una settimana più tardi, impigliato nei rami di un albero, sotto uno dei ponti di Beale Street, la strada principale di Memphis, quella che aveva benedetto
mille artisti ma non lui, che aveva cercato attraverso un rito di purificazione di trovare qualcosa e invece aveva perso tutto. Per fortuna non si è persa la sua musica, rimane nell’universo, insieme a quella di chi ha lasciato un segno,
anche se per troppo poco tempo.
Povero Buckley, con la sua voce così perfettamente inarcata tra le parole, così tesa all’unità. L’unità cui alludo è quella armonica, la capacità di ricogliere il molteplice, Così, se anche l’esistenza dell’artista sfiorì in fretta tra le acque, una voce nell’armonia continua a risonare.
“Lover, You Should’ve Come Over” esemplifica quanto scrivo; il brano disegna un affresco della mancanza – della tensione di Buckley verso ciò che si sottrae.
La parola colma i vuoti svelati dall’attesa, riassumendoli nell’immagine della lover evocata, ma, maledizione, mai presente.
L’unità dell’amore che lascia il passo ad una solitudine assordante.
“Siamo sempre più connessi, più informati, più stimolati ma, esistenzialmente,
sempre più soli.”
Ascoltate, non associate un cosi grande artista ad una sola , trita e ritrita, canzone…sapete di che parlo.
CHIARA DE CARLO

https://www.youtube.com/watch?v=HxfE6PJmGS8&ab_channel=jeffbuckleyVEVO
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Sono otto – fra romanzi gialli, thriller, commedie, fantasy e romanzi storici – le opere selezionate, da un’attenta ed esperta Giuria, per diventare, in base alle loro caratteristiche e potenzialità, “lungometraggi” o “serie tv”. Otto e non sette (come previsto da bando) data l’alta, neppur prevista, adesione alla seconda edizione del progetto “Guarda che storia! Racconti per lo schermo”, organizzato da “Film Commission Torino Piemonte” e “Salone Internazionale del Libro”, con lo scopo di “facilitare il dialogo tra il mondo editoriale e quello della produzione cinematografica e audiovisiva, così da permettere alle case editrici di presentare i propri libri a registi, sceneggiatori, produttori e ‘decision makers’ del settore”. Dopo la buona partenza del progetto nel 2021, la seconda edizione di “Guarda che storia!”, rivolta a romanzi o graphic novel editi tra il 2020 e il 2022, la cui “call for application” si è chiusa lo scorso 30 settembre, ha sorpreso per i grandi numeri raggiunti: 117 titoli arrivati per essere selezionati, in rappresentanza di 70 editori da tutta Italia, di cui 21 dal Piemonte.
Una delle fiabe europee più popolari al mondo completamente stravolta. E attualizzata con singolare fantasia e verve da vendere. Così “Cappuccetto Rosso” (di cui, fra l’altro, esistono numerose varianti, oltre alle versioni scritte più note di Charles Perrault del 1697 e dei Fratelli Grimm del 1857) diventa bel bello “Cappuzzetto Rozzo”: nuova pièce teatrale della celeberrima fiaba riscritta e diretta da Rosalba Piras e portata in scena da “Abaco Teatro”, compagnia teatrale di Cagliari, domenica 20 novembre, alle 16,30, allo “Spazio Kairòs”, ex fabbrica di colla trasformata in teatro, in via Mottalciata 7, a Torino. L’organizzazione è di “Onda Larsen” e lo spettacolo (soprattutto rivolto alle famiglie) “vuole in primis porre l’accento sull’importanza della salvaguardia ambientale”. Narratore in scena è Pino, simpatico personaggio che vive nel bosco ed è amico di tutti gli animali. Fa conoscere ai bambini i suoi amici fiori, animali ed insetti e racconta di una bambina, prepotente e distratta, che non mostra mai alcuna attenzione verso la natura e i suoi abitanti, non ama lavarsi e non profuma certo di pulito. Per tutto questo è chiamata “Cappuzzetto Rozzo”. Lei si sente libera di fare ciò che vuole e indossa sempre la sua mantellina rossa (o meglio “rozza”!), che non toglie mai. Un giorno la sua vanitosa mamma, la incarica di portare alla nonna influenzata, un cesto pieno di tante cose buone.



