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PENSIERI SPARSI

Gancia: una tradizione che continua a La Torre di Viatosto

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Era il 1865 quando il trisavolo di Massimiliano Vallarino Gancia, Carlo Gancia, imprenditore piemontese, crea uno champagne nostrano che chiama Spumante Italiano, da allora per l’azienda vinicola si contano solo successi, fino ad arrivare alla quarta generazione con Vittorio e Lorenzo Vallarino Gancia e poi alla vendita dello storico marchio, una parte nel 2011 e la restante nel 2014, ad un gruppo russo.
Oggi, in continuità con i desideri di papà Vittorio, Massimiliano Vallarino Gancia, in qualità di Brand Ambassador insieme a Rosalba Borello Vallarino Gancia, addetta alle P.R., portano avanti l’attività iniziata da Vittorio nella tenuta La Torre di Viatosto, azienda vitivinicola a pochi chilometri da Asti, alle spalle della suggestiva chiesa romanica in località Viatosto.
“Negli anni mio marito Vittorio – mi racconta Rosalba- aveva maturato un legame fortissimo con il mondo dell’agricoltura, desiderava che le sue vigne fossero coltivate con metodi biologici nel più totale rispetto dell’ambiente e della natura. Oggi abbiamo sei ettari di vigne con la possibilità di arrivare a nove, con uve nebbiolo, merlot e moscato”.
“ Oggi La Torre di Viatosto produce 10.000 bottiglie all’anno – spiega Massimiliano-  ma contiamo di arrivare a 50.000 bottiglie fra quattro o cinque anni, con la guida di un enologo esperto e con la supervisione di mio fratello Lamberto; desideriamo un prodotto di altissima qualità affinché mio padre, anche da lassù, possa esserne fiero”.
Siamo nel cuore del Monferrato, terra di ottimi vini già nell’800, La Torre di Viatosto è l’unico vigneto in questa località, qui sono state piantate uve Nebbiolo all’80% che si produce come Monferrato Nebbiolo DOC anche se Massimiliano e Rosalba preferiscono vinificarlo come metodo classico Rose’ extra brut ( Cuve’ Vittorio) che viene prodotto con Nebbiolo in purezza.
Chi sono i vostri clienti?
“ Ristoratori, enoteche e poi tanti visitatori che vengono qui in cascina dove organizziamo degustazioni ; è importante – sottolinea Rosalba- conoscere da vicino, di persona, la realtà da cui arriva il nostro vino”.
Se volete degustare i vini di Massimiliano e Rosalba potete prenotare una degustazione proprio a casa loro, davanti alle vigne, vi aspetta uno splendido panorama e l’accoglienza calorosa di una grande famiglia unita.
Ad maiora Rosalba e Massimiliano!  Vittorio è sicuramente fiero del vostro impegno e dei vostri risultati.

Giorgio Boldetti: una vita a colori

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Giorgio Boldetti si laurea in Economia e Commercio nel 1971 a Torino, 110 e lode con dignità di stampa, a quel tempo le aziende che cercavano giovani laureati erano molte e lui accetta un lavoro all‘Ufficio Statistica delle Pagine Gialle. In quel periodo è fidanzato con una ragazza, che sposerà dopo poco, la cui mamma ha una piccola camiceria, lei vorrebbe rendersi autonoma e chiede aiuto a Giorgio che di camicie, a quel tempo, ne sapeva ben poco ma aveva carattere da vendere ed una gran faccia tosta.
E così inizia l’avventura: nel 1972 partono da zero a produrre camicie nella loro camera a casa della famiglia di Giorgio il quale compra una macchina da cucire nel negozio della Necchi in via Roma facendo cambiali per 180.000 vecchie lire. Comprano un metro e mezzo di tessuto in tre colori e fanno qualche camicia da donna che Giorgio, quando esce dalla Seat alle 17.00 prova a vendere girando per negozi fino alla chiusura.  Le camicie piacciono molto e iniziano ad arrivare parecchi ordini tanto che Giorgio è costretto dopo tre anni a licenziarsi dalla Seat per poter seguire la parte commerciale di quella che ormai è diventata una piccola azienda, La Camargue ( chiamata così in ricordo di un weekend di passione) con sede in corso Galileo Ferraris 94, dove si trova tuttora.
La produzione aumenta sempre di più, Giorgio, ormai separato dalla moglie Maria Gabriella, continua l’impegno intrapreso con alcune lavoranti, si reca continuamente, cosa che fa ancora oggi, nelle tessiture di Como e Gallarate alla ricerca di tessuti pregiati.
Nel frattempo si sposa con Anna Zamboni, miss Italia 1969, dalla quale ha due figli, Giulio che oggi lavora con lui, e Giorgia, spesso modella per i capi prodotti da La Camargue.
La fortuna vuole che nel palazzo di corso Galileo Ferraris abiti un medico, il dr. Volterrani medico di famiglia e amico dell’avvocato Agnelli che a Natale è solito regalargli una camicia e così anche l’avvocato inizia ad indossare camicie firmate Boldetti.
Sono anni incredibili, pieni d’incontri, di lavoro, di avventure di ogni tipo – la vita di Giorgio Boldetti meriterebbe di essere raccontata in un libro – l’azienda cresce notevolmente, vengono serviti i negozi più chic di Torino, non si producono solo camicie ma anche abiti, pantaloni, giacche, cappotti.
Per Giorgio sono anche gli anni di una nuova separazione e dell’incontro con un nuovo amore Irina, modella russa, madre di suo figlio Vadim.
Il lavoro procede a gonfie vele, La Camargue s’ingrandisce e acquisisce nuovi locali.
Nel 2010  – racconta Boldetti- mio figlio Giulio inizia a lavorare con me e nasce Atelier Boldetti, una linea di camicie da uomo in cotone doppio ritorto, personalizzate con le cifre, le facciamo su misura, il cliente privato viene direttamente da noi e può scegliere tra migliaia di tessuti e fantasie.
La nostra produzione è ormai conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo – mi spiega Boldetti, partecipiamo tutti gli anni al Salone della moda di Parigi “ Who’s next” che ci ha introdotto anche in Paesi lontani come Giappone, Stati Uniti, Sud America dove abbiamo numerosi clienti. Vendiamo molto in Francia, Svizzera, Spagna e in Italia siamo richiesti da boutique di nicchia. Se soddisfi la donna torinese, che in fatto di moda è la più difficile, soddisfi qualsiasi donna.
Oggi lavorano per Boldetti una cinquantina di persone, in laboratorio ci sono circa 50.000 metri di tessuti, sete, cotoni, viscose, jersey dai colori meravigliosi, Giorgio si emoziona quando li tocca , li accarezza con delicatezza e passione come accarezzasse i capelli di una bella donna, quanto tempo è passato dall’acquisto di quella Necchi comprata a rate…

Cute Project: un progetto buono ideato da persone buone

PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Daniele Bollero, medico chirurgo, specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica presso l’Ospedale C.T.O di Torino è il vero deus ex machina di Cute Project, una Onlus che si pone come finalità la formazione di personale sanitario nei paesi in via di sviluppo ( Congo, Benin, Uganda), nel settore della chirurgia plastica ricostruttiva, soprattutto per quanto riguarda cura e prevenzione delle ustioni.
“ Sono molto pragmatico, sono un organizzatore- mi racconta il dr. Bollero- così quando ho deciso di dare forma a questo progetto ho cercato tra amici e colleghi con esperienze di volontariato qualcuno che volesse aiutarmi a portare una sanità di primo livello in Uganda e Benin. Oggi siamo circa 35 tra medici, infermieri, fisioterapisti,  informatici, con alle spalle 1300 pazienti operati”.
 Quali sono gli interventi più frequenti? I medici di Cute Project curano soprattutto ustioni acute, malformazioni di mani e piedi, cicatrici post ustione, lipomi, cheloidi e cisti che affliggono adulti e bambini.
“Formare il personale è essenziale – continua Bollero- perché permette, anche dopo la partenza del nostro team, ai pazienti di beneficiare di cure appropriate”.
Dopo una pausa di cinque anni, a causa del Covid, sono riprese le missioni all’estero , infatti a maggio di quest’anno gli “angeli” di Cute Project sono tornati in Uganda nell’Ospedale di Fort Portal, portando tutto il materiale sanitario necessario per lo svolgimento della missione chirurgica.
La prossima missione partirà per l’Uganda, dove ci sono già numerosi pazienti in attesa d’intervento chirurgico, a febbraio 2025.
L’ interruzione dovuta alla pandemia, non ha comunque fermato  l’attività di volontariato; Cute Project ha portato la  Chirurgia plastica nell’ ambulatorio probono del Sermig, offrendo personale e materiale sanitario grazie all’iniziativa “La Plastica è per tutti”.
A cura di Cute Project anche il Laboratorio Prevenzione Ustioni (in età pediatrica le ustioni rappresentano quasi il 30% di tutti gli accessi in pronto soccorso), attraverso delle vignette che hanno come protagonista un simpatico elefantino, Cuty Firephant, i bimbi imparano a prevenire le ustioni e i pericoli del fuoco. Dal 2007 ad oggi i bambini formati tra i 5 e i 10 anni sono stati più di 7.000, andando nelle scuole e negli asili a portare la storia dell’elefantino africano che lotta contro il fuoco.
Presentato da poco il progetto “Chiama Bruno”, per cercare di risolvere i problemi di tipo assistenziale sul territorio dopo le dimissioni dall’Ospedale; in Italia, per i pazienti di Chirurgia Plastica, compresi gli ustionati, non esiste un percorso assistenziale extra ospedaliero, gli intoppi burocratici sono tanti ; questo progetto vuole essere un ponte tra i pazienti ed il servizio sul territorio.
Possiamo sostenere Cute Project destinando il “5×1000” nella nostra dichiarazione dei redditi usando il C.F. 97778830014 oppure facendo un bonifico bancario intestato a CUTE PROJECT ONLUS, IBAN: IT 72R0200801160000103214895

Uno scrigno di dolcezza: nuova apertura per Luciano Stillitano

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Il genio creativo ed irrequieto di Luciano Stillitano, gran Maestro della pasticceria, in particolare quella torinese famosa per le paste mignon, è da poco approdato in corso Casale 96 a Torino.
Una  pasticceria coquette con dei richiami allo stile Liberty che ben si adatta alle dolci creazioni del Maestro pronte per entrare in scatole raffinate ed essere portate via o gustate con un buon caffè davanti al bancone dal quale si intravedono pasticcini mignon di ogni tipo, freschi e secchi, brioches e croissants, fatti con la sfoglia inversa, ancora caldi, burrosi e fragranti.
“ Per il mio nuovo locale- racconta Stillitano- non volevo qualcosa che richiamasse la modernità ed è così che ho pensato a questo piccolo negozio che in passato era stato una pasticceria; vorrei ripartire da qui per inglobare la tradizione al nuovo usando molto la manualità, tralasciando stampi e stampini. Non sarei con i piedi per terra se ignorassi le novità in pasticceria ma non posso assolutamente lasciar perdere una tradizione ricca di storia e contenuti come quella torinese, accogliamo dunque il nuovo ma facciamolo buono”.
Ormai , mi spiega il Maestro, è tutto molto standardizzato, si cerca di ottimizzare, di fare questo lavoro per sei ore al giorno, tutto ciò a scapito della qualità e della creatività.
“Oggi si diventa pasticceri su Instagram- continua Stillitano- o con qualche corso di breve durata, al momento non vedo eredi, solo tanti improvvisati, non c’è una pasticceria all’altezza della nostra tradizione torinese, vedo un appiattimento totale, non c’è personalità se non in pochissimi che conto sulle dita di una mano. “ Non è perfetto ma va bene lo stesso “, quando un pasticcere dice queste parole è la fine, significa che ha perso l’entusiasmo per il suo lavoro, io non sono così, quello che produco deve piacere al mio palato, se non mi piace significa che non è perfetto e non lo metto in vendita. L’errore è concepito ma non è ammesso, questa è la mia filosofia.”
Secondo il Maestro oggi la rivoluzione è la manualità e cita Cedric Grolet, il pasticcere più famoso di Francia, come un esempio di modernità e manualità.
“ Ho in programma di aprire altri due punti vendita- conclude Luciano Stillitano- per valorizzare la pasticceria torinese perché si sta rischiando di buttare via un patrimonio. Un esempio? La piccola pasticceria secca non è  considerata quanto meriterebbe”.
Intanto tra una chiacchiera e l’altra mi trovo ad osservare i pasticcini mignon, piccoli dolci capolavori in miniatura, le torte, quelle più classiche e quelle che strizzano l’occhio alla modernità, e ognuna di queste meraviglie sprigiona un profumo di buono, di burro, zucchero, un profumo d’altri tempi.

Corefon: un’eccellenza italiana tutta torinese

PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

La nostra storia inizia negli anni ‘70, che rappresentano il consolidamento di un fenomeno iniziato nel decennio precedente: la motorizzazione di massa; sempre più famiglie italiane possono permettersi di acquistare un’auto ed il mercato è largamente dominato dalla Fiat.
La crisi petrolifera ed energetica del 1973 ha un impatto pesante sul mercato dell’auto e porta ad una maggiore richiesta di modelli piccoli che consumino poco ed è così che esplode la vendita di utilitarie Fiat.
Siamo nel 1977, le vendite delle auto sono sempre in maggior crescita e qualcuno si accorge che in Italia non esistono vernici di alta qualità per fonderia: l’esigenza di poterle usare è più che mai necessaria considerato anche il recente insediamento delle fonderie Teksid (Fiat Ferriere) a Crescentino in provincia di Vercelli.
Ed è così che tre soci, dopo varie indagini in giro per il mondo, scoprono che la miglior vernice per fonderia, chiamata in gergo tecnico “rivestimento refrattario “ viene prodotta da un’azienda in Wisconsin e più precisamente a Milwaukee.
Dopo  varie trattative chiedono ed ottengono di poter produrre il prodotto in Italia pagando delle royalties.
Nasce così Corefon International S.R.L. con stabilimento a None, vicino a Torino ed il successo è immediato, nessuno in Europa dispone di un prodotto di qualità tanto elevata, la concorrenza è sbaragliata.
Nel 1983 l’uscita da Corefon di uno dei soci vede l’ingresso di un nuovo socio, Andrea Ruscalla, l’attuale Presidente, che incontro negli uffici di corso Turati a Torino.
“Da diversi anni la collaborazione con gli americani è terminata, mi spiega Ruscalla, in quanto la loro società è stata venduta ai Tedeschi ed io e i miei due soci, Carlo Dellarocca e mio nipote Adriano Ruscalla ( Amministratore Delegato), siamo oggi totalmente autonomi e lavoriamo per tutte le fonderie Teksid nel mondo. Circa l’85% del nostro fatturato è prodotto all’estero: Cina, Messico, Brasile e Portogallo”.
“ In tutto il mondo siamo in pochissimi a produrre questi rivestimenti di altissima qualità, si tratta di formule speciali in continua evoluzione, mi racconta il Presidente, quando in fonderia si cola il blocco motore , i freni a disco e altri componenti in ghisa, le anime per le cavità dei pezzi e lo stampo devono essere verniciati con questi prodotti “.
Qual sono i punti forti di Corefon? “Qualità ed immediatezza nel risolvere dubbi e problemi del cliente”.
Piani di crescita per i prossimi anni? “ Abbiamo iniziato a collaborare con Volvo Cars e ci piacerebbe aprire uno stabilimento in Messico dove la richiesta è elevatissima, forse un giorno lo farà mio nipote Adriano”.
Il presunto futuro avvento dell’auto elettrica non vi spaventa?
“ Noi lavoriamo al 90% per il settore automobilistico, specifica Andrea Ruscalla, che non è soltanto auto passeggeri, molto incidono i mezzi pesanti per i quali l’elettrificazione non è ancora all’orizzonte. L’automotive non è solo motori, ci sono altre parti in ghisa in forte crescita come i freni a disco sempre più complessi e performanti. Poi c’è l’eolico, ci sono le turbine per l’idroelettrico e per l’industria pesante. Tutti quanti necessitano di intonaci refrattari”.
Corefon, una vera eccellenza italiana, in questo caso torinese, nel mondo che meritava di essere raccontata.

Cotswolds. Un viaggio tra i villaggi più belli della campagna inglese

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Cotswolds significa “recinti di pecore sulle colline”, si tratta di un’area molto vasta che si estende per circa 800 miglia attraverso cinque contee: Gloucestershire, Oxfordshire, Warwikshire, Wiltshire and Worcestershire.
Un viaggio organizzato dall’agenzia Viaggi Chiara in corso Vittorio Emanuele nota ai torinesi per la scelta di luoghi di nicchia e per i viaggi molto particolari ed interessanti che da sempre offre ai suoi clienti.
Pochi giorni indimenticabili lontano dal frastuono delle nostre città , un panorama fiabesco con piccoli villaggi incantati , giardini e fiori meravigliosi, ruscelli e vecchi manieri.
Questa parte d’Inghilterra non è molto conosciuta all’estero e si trova a 130 chilometri ad ovest di Londra; famosa per i suoi paesini con i prati verdissimi e i cottages costruiti con la tipica pietra del posto color miele, la Golden Cotswolds Stone, le chiese medievali con annesso cimitero e le antiche locande che ricordano miti e leggende.
Famosissimi i cottages con il tetto di paglia, simbolo oggi di un mondo idealizzato, le cosiddette “tatched house”,  una volta umili dimore, umide, abitate dalla servitù fino agli anni ‘50-‘60, quando iniziarono a diventare sempre più ricercate da chi voleva fuggire dal trambusto delle città per arrivare ad essere considerate attualmente una sorta di status symbol, ambite ed esclusive abitazioni per attori, politici e nobiltà inglese.
Per tre giorni di affitto si possono pagare anche 850 sterline (circa 1000,00 euro) e la lista di attesa è lunghissima!
Il nostro viaggio inizia a Moreton-in-Marsh, sede del famoso pub The Bell Inn che fu d’ispirazione a Tolkien quando scrisse Il Signore degli Anelli; si tratta di un villaggio che si snoda lungo la via principale da cui partono numerose stradine che conducono alle casette con i portoncini colorati e a giardini fatati, fino ad arrivare alla chiesa di St. David, immersa in uno scenario romantico, con il suo piccolo cimitero di campagna.
Da qui il paesaggio si snoda attraverso alcuni villaggi che incarnano lo spirito del Romanticismo inglese: Chipping Campden, un tempo conosciuta per il commercio della lana, esploso nel 1066 dopo la conquista normanna, le pecore del luogo sono chiamate “Cotswolds Lions “ , i leoni dei Cotswolds, proprio per il loro vello particolarmente consistente e per il famoso mercato coperto del 1627.
Snowhill, piccolissimo villaggio dalla tipica atmosfera british, immortalato in  alcune scene del film “Il diario di Bridget Jones”, circondato da splendidi ed inaspettati campi di lavanda.
Stow-on-the-Wold può essere considerata quasi una cittadina, ha diverse sale da the’, negozi di antiquariato e gallerie d’arte, ancora oggi si tiene un mercato con i prodotti tipici della zona come miele e formaggi.
La Venezia d’Inghilterra è il soprannome attribuito a Bourton on the Water per i canali e i piccoli ponti che collegano i due lati della cittadina.
Poco distante si trova Bibury, una fiaba nella fiaba, con la sua stradina Arlington Row disseminata di cottages risalenti al XIV secolo e il fiumiciattolo che scorre lento.
Il viaggio prosegue verso Winchcombe, vicoli e vicoletti con storici edifici in pietra per arrivare al Sudeley Castle, castello dove abitò l’ultima moglie di Enrico VIII, circondato da meravigliosi giardini, uno di questi con 69 tipi di rose.
Dopo qualche chilometro troviamo Hailes Abbey, un’abbazia del 1246, luogo di grande fascino storico.
Infine arriviamo a Bath, famosa per le sue terme romane, Patrimonio dell’Umanita’ dell’UNESCO, con la sua architettura georgiana appare spesso nella nota serie televisiva “Bridgerton”.
Lacock, minuscolo villaggio fuori dal tempo dove un tempo si lavorava la lana, sede di una bella abbazia e Castle Combe, uno dei borghi più belli della zona, sono le ultime due mete di questo viaggio nella meravigliosa ed incantata campagna inglese.

Quanto sono buoni i prodotti della Cascina!

Pensieri sparsi  di Didia Bargnani

 

Domenico, agricoltore piemontese doc, mi racconta la storia della sua famiglia le cui origini contadine risalgono al 1810, prima in quel di Carignano e poi col passare del tempo il trasferimento in un’altra cascina a Santena dove si trova tuttora la sua azienda agricola, 20.000 mq con 30 serre, Cascina Broglia.

Fino alla fine degli anni ‘70 l’attività della famiglia di Domenico è rivolta esclusivamente all’allevamento di mucche e vitelli ma poco alla volta lo spazio diventa insufficiente e si cambia rotta, niente più animali, decidono di dedicarsi agli ortaggi, dapprima solo un paio dì varietà e poi un po’ alla volta vengono introdotte tutte le verdure che troviamo sulle nostre tavole.

Il 20 novembre 2013 Domenico e la moglie Michela, che vivono in Cascina , aprono un punto vendita a Torino, in corso Moncalieri 293, ai piedi della collina, in zona Fioccardo, dove proporre ai loro clienti prodotti a km 0, per la maggior parte provenienti dalla Cascina di proprietà. Il negozio è un tripudio di colori: il rosso dei pomodori costoluti di Cambiano, il verde dei carciofi piemontesi, tenerissimi, che avremo fino a giugno, i piselli dolcissimi, le fragole, rosse e dolci che vengono raccolte alle 6.30 del mattino per essere in negozio alle 9.00, le costine colorate, gli asparagi di Santena, gli zucchini con fiori che sembrano dipinti e i famosi fagiolini di Domenico, piccoli e senza il fastidioso “filo”.

 

“I nostri fagiolini – mi spiega Domenico con orgoglio- vengono raccolti a mano, si tratta della varietà Pongo, la migliore, sono piccoli e si differenziano per gusto e consistenza da quelli più grandi raccolti dalle macchine”. Un’altra chicca della produzione della Cascina Broglia sono i cavolfiori di Moncalieri: “ per coltivare un cavolfiore normale ci vogliono circa 60 giorni, i nostri richiedono 160 giorni e si raccolgono dal tardo autunno fino a febbraio, sono originari dell’alta Savoia e siamo in pochissimi a coltivarli”. Meritano di essere citate anche la cipolla di Treschietto, simile ma più dolce di quella di Tropea e la Minestra Nera, un ortaggio proveniente da Favignana i cui semi sono stati portati a Domenico da una cliente. Come difendere frutta e verdura dai fastidiosi parassiti infestanti? “Cerchiamo, per quanto possibile, di usare gli insetticidi il minimo indispensabile e puntiamo da anni sugli insetti “utili” come il bombo impollinatore, fondamentale per la sicurezza alimentare umana che si è rivelato essenziale per l’impollinazione di molti raccolti , come fragole, pomodori, patate, melanzane, lamponi e peperoni”.

“Contro i bruchi, invece, utilizziamo il Bacillus thuringiensis, scoperto in Giappone nel 1910, che deve essere dato su alberi e ortaggi a tarda sera per essere attivo durante il pasto notturno delle larve”. Il negozio ad agosto è chiuso ma il lavoro di Domenico e Michela ovviamente non si ferma, la natura prosegue il suo ciclo e in campagna non si può restare con le mani in mano, inoltre si approfitta del periodo di “riposo”, si fa per dire, per produrre conserve, marmellate e un ottimo dado vegetale in polvere che verranno poi vendute in negozio.

Grazie Domenico e Michela per portare ogni giorno un po’ di bella e buona campagna in città!

Chi è Vincent Tulipano?      

PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Le mille vite di Alessandra Bechis, alias Vincent Tulipano, signora torinese, chic ed elegante, di quella eleganza tutta sabauda fatta di educazione, riservatezza e buon gusto, sono approdate in un negozio ricercato e particolare in via della Rocca 6 nel 2019 ma la sua storia inizia molti anni prima.
Giovanissima, dopo il liceo, inizia per gioco a creare alcuni capi di abbigliamento, ma è per una strana borsa che viene notata da uno dei negozi di moda più in voga all’epoca, il famoso Top Ten.
Si tratta di una borsa realizzata con scampoli di cravatte che le aveva portato il papà, amministratore delegato della Zegna.
Nasce così una collezione di borse e cappelli che vengono prodotti  per le più belle boutique torinesi, di lì a poco le vengono richieste delle T-shirt che aveva cucito per la nipote con dei fiori applicati ed è subito un successo, tutte vogliono queste magliette buffe ma allo stesso tempo chic come quelle con le lucine che si illuminano.
In questo periodo Alessandra è tornata a Torino dopo alcuni anni vissuti in Liguria; ha voglia di dare spazio alla sua creatività che pare non avere limiti.
Nel 2000 registra il marchio Vincent Tulipano, non vuole usare il proprio nome, sempre per quella ritrosia e timidezza di cui sopra teme di non essere presa sul serio e invece i suoi capi piacciono moltissimo, boutique come San Carlo e Regina diventano sue clienti ed Alessandra inventa, crea, disegna, cuce e  produce,  diventando rappresentante del suo stesso marchio.
“Uno dei capi che più  mi veniva richiesto in quegli anni – mi racconta Alessandra – era il jeans ricamato che richiedeva circa 25 ore di lavoro, gli Swarovski erano applicati uno ad uno a formare una cintura e l’effetto finale era magnifico”.
Ormai lanciata nel settore abbigliamento con clienti top in ogni città, le viene chiesto dai titolari di un Bar a Parfums di produrre dei bijoux e l’estro creativo non si fa attendere: nascono così collane fatte con la colla, con i cursori delle zip e con i materiali più strani ed insoliti.
Partecipa con i suoi bijoux ad una mostra in una Galleria d’Arte e anche questa volta è un successo.
Alessandra decide che a quel punto della sua vita è giunto il momento di aprire un negozio, in via Giolitti, vicino al Po, dove poter vendere le sue creazioni di bijoux e abbigliamento poi, dopo un paio d’anni inizia ad introdurre alcuni brand facendo molta ricerca, soprattutto in Provenza e a Parigi.
Nel 2019 la decisione di spostare Vincent Tulipano in via della Rocca per avere più visibilità e la scelta si è rivelata vincente, oggi il negozio è conosciuto da tutti gli appassionati di bijoux  particolari che non si trovano se non qui.
“ La mia ricerca – mi spiega Alessandra- è rivolta soprattutto a scovare artigiani in ogni parte del mondo, Argentina, Francia, Israele, Cile, Portogallo e Spagna, oltre naturalmente in Italia e per alcuni di loro ho l’esclusiva per la vendita, come ad esempio PF Milano Jewels, Maison 203 e Ellesanti jewelry: gioielli che vengono trasformati in elementi senza tempo. Attualmente nel mio negozio sono disponibili più di 40 marchi di bigiotteria di alto livello”.
Anche l’abbigliamento da Vincent Tulipano è scelto con cura e raffinatezza, bellissimi i capi di Atelier Cigala’s, pantaloni e jeans dalla vestibilita’ perfetta,  realizzati con tessuti ecosostenibili, morbidi, piacevolissimi al tatto, sofficissima la collezione in  cashmere di Kuiten, disegnata a Parigi e ‘made’ in Mongolia e il marchio Peppino Peppino, più che un brand un atteggiamento, che offre uno stile originale e riconoscibile dove lo stile giapponese si mescola al gusto americano dell’abbigliamento da lavoro con grande sense of humor.

Dire “pasta fresca” è dire poco

PENSIERI SPARSI

È una bella storia quella della famiglia Barbesino, titolari del rinomato pastificio “Gran Madre”, in via Villa della Regina a Torino, storia che ha inizio nel 1968 quando la signora Lucia, rimasta improvvisamente vedova con tre bambini, a causa di un fulmine che colpisce il marito nella campagna di Casale Monferrato, decide di venire a Torino per lavorare in un pastificio.
L’anno successivo rileva il piccolo negozio, aiutata anche dai figli che, seppur ancora piccoli, Paola 15 anni, Beppe 12 e Bruna 9, dopo la scuola danno una mano alla mamma.
Dopo qualche anno i fratelli si dividono, Paola apre una panetteria in via Nizza, Bruna affascinata dalla moda apre il negozio di abbigliamento “Regina”, di fianco al pastificio  e Beppe diventa il pilastro del pastificio con l’aiuto della moglie Franca, lui alla produzione e lei alla vendita.
Nel giro di pochi anni il pastificio diventa un’istituzione per la città di Torino, soprattutto nella zona della Gran Madre, non è infatti insolito vedere una lunga coda fuori dal negozio nei periodi prefestivi, i clienti aumentano sempre di più grazie all’ottima qualità delle materie prime utilizzate per i ripieni della pasta e alla gentilezza e competenza del personale.
Intanto la produzione si diversifica e, da agnolotti e cappelletti si passa a prodotti stagionali, agnolotti con ripieno di fonduta, di carciofi, asparagi, al limone, gnocchetti senza farina e patate ma solo con ricotta e spinaci, lasagne al pesto, rigorosamente senza aglio, semolini dolci, gnocchi e gnocchi alla romana.
“Oggi con me siamo alla terza generazione-mi racconta Pietro, il figlio di Franca e Beppe, e non potrei essere più orgoglioso di come sta andando l’attività. Mi impegno quotidianamente, alle 6 del mattino sono già in negozio, per migliorare i nostri prodotti che sono arrivati ovunque: Londra, Hong Kong, Australia”.  “ Abbiamo clienti- continua Pietro- che arrivano regolarmente da Milano, dalla Val d’Aosta, da Montecarlo e dalla Svizzera per fare scorte di pasta fresca anche grazie al fatto che la nostra pasta si può surgelare tranquillamente”.  “Recentemente abbiamo acquisito due ristoranti, Osteria Antiche Sere e Monferrato, come clienti e non escludo che in futuro possano aumentare”.
Pietro ha imparato dai genitori che uno dei segreti per arrivare ad avere un prodotto finito ottimo è la qualità degli ingredienti; il loro Parmigiano Reggiano DOP di Montagna 24 mesi ( Casello 993) usato nei ripieni ma anche venduto a pezzi, è stato premiato come il migliore del mondo, per non parlare della carne utilizzata per gli arrosti, cotti ancora in pentola ( cinque parti diverse di vitelli italiani) arriva tutte le mattine dallo stesso fornitore da 40 anni.
Il desiderio di Pietro è quello di mantenere la tradizione, iniziata da nonna Lucia e proseguita con i suoi genitori, “ niente cose strane, niente ripieni di pesce, non fanno parte della cucina piemontese ma migliorare, per quanto possibile, l’arrosto degli agnolotti “
Non resta che fare i complimenti a Franca e Beppe: Pietro, con passione e dedizione, continua più che egregiamente il loro lavoro!
Didia Bargnani

La ‘nicchia’ dei profumi

PENSIERI SPARSI  Di Didia Bargnani

La Wunderkammer dei profumi esiste, si trova in via Maria Vittoria in un magnifico palazzo del ‘600,  in quello che nel 1679 fu il primo ghetto ebraico edificato in Piemonte, dove grandi cancelli davanti alle case, tuttora presenti, venivano chiusi ogni sera e rendevano gli abitanti prigionieri nelle loro stesse abitazioni.
Possiamo collocare la nascita della Profumeria San Federico nel 1938, nell’omonima Galleria che nasceva dalla ristrutturazione iniziata nel 1930 della Galleria Natta, all’epoca il cuore pulsante di una Torino dinamica, meta di svago e affari. La Profumeria, in quegli anni era conosciuta in tutta Italia per la vendita di raffinati fermagli per capelli in osso, corno e tartaruga e per la ricercata selezione di alcuni profumi e saponi provenienti da Inghilterra e Francia da dove i vecchi proprietari facevano arrivare anche preziosi prodotti, come quelli di Creed e Floris,  per la toilette maschile.
Simona Gambino entra nella Profumeria della Galleria nel ‘91, ampliando l’offerta dei profumi, rigorosamente di ‘nicchia’, e dei prodotti di bellezza, accanto agli onnipresenti fermagli per capelli e nel giro di poco tempo il suo negozio diventa il punto d’incontro per tutti coloro che amano la ricercatezza, le essenze dei grandi Maitres parfumeurs  e tutto quello che nelle altre profumerie non si riesce a trovare.
Nel 2019 la Profumeria San Federico si trasferisce in via Maria Vittoria 10, il locale viene letteralmente trasformato da Simona in un luogo delle meraviglie, si recuperano tutti i particolari dell’epoca, i muri vengono decorati con vecchie carte da parati posate al contrario e dipinte a mano, si riscopre il pavimento che era di una vecchia chiesa provenzale del ‘700 posato qui chissà quando, chissà da chi.
“ Il mondo dei profumi di ‘nicchia’ è completamente cambiato – mi spiega Simona con un certo rammarico- basti pensare che all’ultimo Salone di Milano , gli espositori di questo genere di profumi erano 580, contro i 230 dello scorso anno; questo significa che si sta andando sempre più incontro ad un appiattimento, una standardizzazione e spersonalizzazione di un genere che fino a pochi anni fa era veramente un qualcosa di ricercato, unico e prezioso”.
Come si fa dunque a scegliere un profumo per proporlo poi ai propri clienti? Come si fa a capire se un profumo o una profumeria che, ultimamente nascono come funghi, sono veramente di ‘nicchia’ o se vengono solo spacciati per tali?
“Mi affido al mio naso e alla mia esperienza di 35 anni di profumeria di ‘nicchia’. Scelgo in base alla sensazione che i profumi mi danno, scelgo la qualità delle materie prime e non la moda; oggi ci sono tanti ‘nasi’ improvvisati, diffido di quelle persone che nella vita facevano tutt’altro e di colpo creano profumi definendoli di ‘nicchia’, non funziona così, ci vuole esperienza, conoscenza degli ingredienti e della storia”.
“ Sono fortunata perché sono i brand a cercarmi, ogni giorno ricevo richieste per poter venire in negozio a presentarmi nuovi prodotti , io ascolto e scelgo in base alla qualità e alla storia che si cela dietro a un marchio, sono aperta alle novità, compro e vendo ciò che mi piace”.
Cosa cercano maggiormente i clienti?
“Un luogo in cui si viene a ricercare il proprio profumo aiutati da me, si cerca anche l’esclusività, ci sono  marchi che a Torino si possono trovare solo qui, come alcuni profumi argentini, messicani e portoghesi ma anche italiani come Profumum Roma o il francese Astier de Villatte che in tutta Italia siamo solo in tre o quattro profumerie ad avere.
Ultimamente mi piace poter immaginare una sorta di giro del mondo olfattivo che si compie attraverso le varie fragranze, le essenze cambiano moltissimo in base al Paese in cui le materie prime nascono, si sviluppano e vengono distillate. Basti pensare alla Rosa, 1.400 fiori per ottenere 1 grammo di olio essenziale, abbiamo La Rosa Damascena (Bulgaria e Turchia), la Centifolia, la Tea, la Gallica , quella Araba e ognuna di loro avrà un profumo diverso che dipende dal terreno e dalla latitudine in cui è cresciuta”.
Simona mi racconta l’esperienza vissuta il mese scorso a Grasse, in Francia: “Sono stata invitata da una famiglia di essenzieri, i Robertet, leader mondiali nelle materie prime naturali, che lavorano nell’industria dei profumi dal 1850 come coltivatori, chimici, profumieri e raffinati ricercatori, alla raccolta della Rosa Centifolia, chiamata “La Rosa dei pittori” perché rappresentata in tante nature morte e dal profumo inconfondibile. È stato un momento indimenticabile ed un grande privilegio essere stata scelta per partecipare a un evento così importante per chi svolge il mio lavoro, ho raccolto personalmente le rose e ho assistito al processo di distillazione nel corpo centrale dell’azienda, progettato ai tempi da Gustave Eiffel”.
Simona Gambino è molto sensibile anche ai prodotti che prestano attenzione all’ecologia “ Sono favorevole a brand vegani, biologici che basano gran parte della produzione sul riciclo. A questo proposito si è appena svolto in negozio un evento in collaborazione con Hobepergh, marchio naturale al 100% ( usano solo olii essenziali e mai acqua), con sede sull’Altopiano di Asiago che utilizza piante Alpine officinali e scarti della frutta usata per la marmellata di un noto produttore della zona per creare soluzioni per la skincare quotidiana, innovative e multiuso mai sperimentate  finora in ambito cosmetico con una visione a lungo termine per il futuro della nostra Terra”.
In occasione di uno dei suoi viaggi, in cerca di nuovi profumi e ‘nasi’, Simona si è innamorata di Marrakech dove, dieci anni fa, ha aperto un raffinato ed elegante riad vicino alla Piazza delle Spezie, il Riad K – “ Ho percepito ciò che questa città poteva essere stata in passato: il mix con il colonialismo francese ha lasciato un’impronta di fascino incredibile, qui l’olfatto viene incredibilmente sollecitato. Quando arrivo mi ricarico completamente, si tratta di una pausa dal lavoro che mi rigenera anche se, in realtà, ne  approfitto per sperimentare le loro acque di rosa, i saponi all’olio di Argan e mi dedico alla ricerca di artigiani per la creazione di bijoux unici e particolari da proporre alle mie clienti”.
Intanto gli eventi si susseguono uno dopo l’altro, il 13 giugno la presentazione ufficiale di una maison di profumeria di ‘nicchia’ argentina, in esclusiva alla Profumeria San Federico, ‘Frassai’, dalle note sensuali e seducenti.
Grazie Simona, per avermi raccontato con grande passione così tante ‘chicche’ sul tuo mondo profumato!