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Madonna del Sasso e il “sapere che resta”

Madonna del Sasso,  meno di quattrocento abitanti sparsi in quattro frazioni sulle alture che sovrastano la sponda occidentale del lago d’Orta e confinano con la Valsesia.

Costituitosi nel 1928 per Regio decreto che unificava le municipalità di Artò e Boleto, prese il nome dal Santuario della Madonna del Sasso che sorge su uno sperone di granito bianco che ricorda il durissimo lavoro degli scalpellini che scavarono e lavorarono questa roccia durissima dai primi decenni dell’ottocento alla seconda metà del secolo scorso, coinvolgendo le vicissitudini di numerose famiglie del posto.

L’omegnese Filippo Colombara, classe 1952, studioso di storia e cultura dei ceti popolari, ha indagato le vicende di questo “paese di mezzo” tra montagna, lago e collina con una interessante ricerca antropologica , mettendo in rilievo il patrimonio culturale che costituisce la coscienza del passato di una comunità che resiste alla perdita delle consuetudini, dell’oralità, delle tradizioni. Con “ Il sapere che resta. Memoria e comunità: Madonna del sasso tra Otto e Novecento”, edito dalla novarese Interlinea, Colombara –  che è membro della Giunta esecutiva dell’Istituto Ernesto de Martino e del Comitato scientifico dell’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel Verbano Cusio Ossola “Piero Fornara” – ha recuperato le memorie che resistono alla modernizzazione vertiginosa della società, fatte di conoscenze e buone pratiche, folklore, tradizioni e narrazioni. E’ la memoria degli uomini e delle donne dei borghi di Madonna del Sasso raccolta attraverso interviste orali e documentazione d’archivio, in una ricerca che rivela a un tempo presente inquieto “un capitale di saperi che è la sostanza di parte dell’identità locale trascorsa e il tramite interpretativo delle evoluzioni odierne”. Le vicende di contadini, migranti, scalpellini, streghe, partigiani si sommano a un bagaglio ricchissimo di tradizioni, leggende, filastrocche, inquietudini, speranze. In questa raccolta di testimonianze si incontrano storie di ” fisica” e stregoneria, di donne e uomini in grado di “segnare “ malattie o di preparare medicamenti naturali, dell’abilità nel taglio e nella lavorazione del granito, affrontando una vita dura, spesso di miseria ma che poteva riservare anche momenti di scoperta, stupore, meraviglia. Questo è il “sapere che resta”, un patrimonio culturale da non disperdere e da far conoscere. Filippo Colombara non è la prima volta che si cimenta con le storie di questa comunità cusiana, raccontata in passato nei libri “I paesi di Mezzo, storie e saperi popolari a Madonna del Sasso” (Istituto Ernesto de Martino) e “Pietre bianche: vita e lavoro nelle cave di granito del lago d’Orta” (Alberti, Verbania 2004) .  Oltre a questi lavori lo studioso di storia e cultura dei ceti popolari ha indagato con le sue numerose pubblicazioni la storia del movimento operaio e della Resistenza pubblicando, fra l’altro, “La terra delle tre lune. Classi popolari nella prima metà del Novecento in un paese dell’alto Piemonte. Prato Sesia: storia orale e comunità” (Vangelista, Milano 1989), “Pippo Coppo. Conversazioni sulla guerra partigiana”(Fogli Sensibili,1995), “ Uomini di ferriera. Esperienze operaie alla Cobianchi di Omegna”(Alberti,2006),“Vesti la giubba di battaglia: miti, riti e simboli della guerra partigiana” (DeriveApprodi, Roma 2009), “Giorni di resistenza e libertà. Colloqui sulla vita, la morte, la guerra con tre uomini della Beltrami” (Istituto Ernesto de Martino,2015),“Raccontare l’impero: una storia orale della conquista d’Etiopia (1935-1941)” (Mimesis, Udine-Milano 2019).

Marco Travaglini

Un sorriso per i cent’anni di storia del Pci

In un libro di Marco Travaglini le storie e le avventure velate d’ironia di una comunità fatta di “personaggi austeri, militanti severi” 

Il 21 gennaio del 1921, cento anni fa, veniva fondato a Livorno il Partito Comunista Italiano. Una storia politica che terminò trent’anni fa, il 3 febbraio 1991 quando, durante il suo XX° Congresso, la maggioranza dei delegati approvò la svolta della Bolognina voluta da Achille Occhetto e diede vita al Partito Democratico della Sinistra mentre la minoranza dissenziente scelse di costituire il partito della Rifondazione Comunista. Per tutto il 2021 sono previste moltissime iniziative legate all’evento con convegni, celebrazioni, giornate di studio mentre moltissimi libri sono già disponibili in libreria e altri ne usciranno. Eventi e ricerche dove la vicenda dei comunisti italiani verrà analizzata, studiata e riproposta sotto varie angolature perché, in fondo, si tratta di una storia collettiva che per sette decenni nell’arco del ‘900 ha coinciso e si è sovrapposta a quella della nazione. La lotta antifascista, la Resistenza, la Costituzione repubblicana, la costruzione della democrazia, le tante battaglie sociali e civili, una fitta rete di “buon governo cittadino” in tantissime amministrazioni comunali e regionali restano  a testimonianza di quanto i comunisti siano stati “dentro” la storia di questo Paese e l’abbiano influenzata.

Tra i tanti libri e le varie testimonianze una è particolarmente originale e s’intitola “ Voi personaggi austeri, militanti severi..”, parafrasando il testo dell’Avvelenata, una delle più note canzoni di Francesco Guccini. L’autore del libro, edito dalla torinese Impremix Visual Grafika, è Marco Travaglini, un ex dirigente della sinistra piemontese. Nei ventisei racconti che riempiono le 128 pagine del libro ( l’ex ministro Livia Turca ne ha curato la prefazione) lo scrittore-giornalista – torinese d’adozione, nato a Baveno sulle rive del lago Maggiore –  racconta le “storie di compagni che sapevano ridere anche di se stessi”. Dare conto di questa straordinaria e articolata vicenda umana, fatta di gesti generosi e impegno civile, così come di ipocrisie e di errori storici, momenti drammatici e un enorme sforzo pedagogico di massa non è un compito facile, soprattutto se si sceglie di raccontare episodi  che si propongono di strappare un sorriso. Storie, tra l’altro, che hanno come sfondo fatti reali. In alcuni casi vissuti in prima persona dall’autore che è stato l’ultimo segretario provinciale del PCI della Federazione di Verbania (realtà della quale è stato praticamente coetaneo avendo entrambi visto la luce nell’autunno del 1957) e, come tale, ha potuto viverne da protagonista una fase importante della storia e le successive evoluzioni. Quasi tutti i racconti si svolgono in Piemonte, tra l’Ossola, le terre delle risaie e il biellese, le terre dei due laghi – Maggiore e d’Orta – con qualche puntata nella lomellina pavese e sulla sponda “ magra” del Verbano, in Lombardia. Dalle lotte operaie dell’acciaieria Cobianchi alle cene elettorali a base di polenta e coniglio in Valle Strona, dalle avventure di un comunista omegnese nella “bassa” vercellese a caccia dei voti dei monarchici al tempo della “legge truffa”  alla strana bandiera che sventolò sulle Settimane musicali di Stresa, queste storie – ricche di situazioni grottesche generate perlopiù da malintesi- strappano sorrisi nel dar conto di una importante e per certi versi non comune vicenda umana. “Nei racconti cito vicende più o meno note, utilizzando solo una parte di una vasta casistica immagazzinata dalla memoria”, dice l’autore. “Naturalmente, come insegnava Piero Chiara,  quel che mancava a raggiungere l’effetto narrativo l’ho aggiunto. Del resto, nessuna realtà è buona per sé”. Apparentemente fatti “tutti d’un pezzo”, i protagonisti di questi racconti  dimostrano – il più delle volte loro malgrado, inconsapevolmente – di non esser privi d’ironia.

Sorridono, ammiccando a malintesi e disavventure di questo o quell’altro loro “compagno”.  Sono vicende, in gran parte tramandatesi oralmente e arricchitesi con il trascorrere del tempo fino a diventare sempre più grottesche e ironiche, “allungandosi” e ingigantendosi un po’ come i pesci nei racconti dei  pescatori. Storie romanzate  ma sempre con un fondo di verità (con le opportune modifiche a nomi e cognomi) a riprova dell’umanità di quelle donne e quegli  uomini che all’ombra della stessa bandiera hanno contribuito a fare la storia di un partito che è stato tanta parte della realtà politica e della società italiana. Livia Turco, già ministro e autorevole esponente di quello che un tempo fu il Pci di Berlinguer, oggi Presidente della fondazione “Nilde Iotti”, nella sua prefazione ha scritto: “il bel  libro di Marco Travaglini ci consente di fare un tuffo in una storia bellissima,di incontrare la comunità dei comunisti italiani. Per raccontarla sceglie il modo più autentico ed efficace. Racconta le persone in carne ed ossa, i loro contesti di vita, la loro quotidiana normalità. Questa umanità generosa avrebbe dovuto molto di più entrare nella narrazione e nella rappresentazione dell’Italia. Sono convinta che l’idea e la pratica della politica raccontata in queste pagine sia non solo moderna, ma necessaria. In questa nostra società,  in questo nostro tempo, ciò che alimenta le  passioni  tristi è la solitudine, la fragilità delle relazioni umane. C’è bisogno di comunità e di compagnia”.

Tutti i principali protagonisti di quelle vicende, ambientate negli anni dal primo dopoguerra agli anni ’80, hanno fatto parte di quel PCI voluto da Togliatti nel 1944 come un “partito nuovo” con l’obiettivo di trasformare l’ossatura clandestina e resistenziale dell’organizzazione comunista in  un partito di governo, progressista e democratico. Una lunga storia testimoniata da documenti, congressi, atti parlamentari, campagne elettorali, libri – a partire dagli straordinari “Quaderni dal carcere” di Antonio Gramsci –  fino a quaderni della propaganda con i quali il partito organizzava la sua presenza nei territori e tra la gente. Travaglini sorride e ricorda la “Guida al segretario di cellula”, uno dei manuali per la propaganda capillare che riportavano, in copertina, le citazioni di Togliatti per definire la linea. Ne legge un brano: “..il Partito si sviluppa e si rafforza quando sa lavorare non soltanto per chiusi interessi di organizzazione e di gruppo, ma per gli interessi di tutto il popolo e di tutta la nazione”. I suoi anni sono stati però gli anni di Berlinguer, del colpo di stato in Cile e del  compromesso storico, del rinnovamento culturale e politico del Pci a partire dalla “questione morale” (l’eccesso di occupazione dello spazio pubblico da parte dei partiti), della capacità de gli ultimi tempi della segreteria berlingueriana di immaginare una strategia fondata su una nuova lettura della società italiana.


Si coglie, tra le righe dei racconti, una lieve nota malinconica e qualche rimpianto non solo per gli anni più belli della gioventù. “ E’ vero. Per certi versi mi manca quel partito”, dice il giornalista e scrittore, ormai lontano dalla politica attiva. “Non era per nulla esente da difetti, anche seri; era certamente imperfetto ma al tempo stesso autentico, popolare, molto più vicino alle necessità delle persone di quanto non sia la politica oggi. Continuerà a mancarmi e  sono certo che questo sentimento è comune a molti pur avendo coscienza che ciò che è stato fa parte della storia e va considerato con rispetto, senza indulgere in nostalgie”.

B.C.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Almudena  Grandes  “La figlia ideale”  -Guanda-   euro 20,00

Il romanzo è ispirato a una storia di cronaca vera, ambientata nella Spagna franchista, e racconta un altro tipo di repressione, quella subdola di un manicomio in cui erano internate donne scomode, trascurate, senza futuro e non sempre artigliate dalla malattia mentale.

La vicenda è quella di Aurora Rodríguez Carballeira (nata nel 1879 e morta nel 1956) che nel 1933 uccise l’unica figlia Hildegart, di 18 anni, sparandole alla testa mente dormiva.

L’assassina era una donna ricca, colta, intelligente fautrice dell’eugenetica; teoria bastarda secondo la quale era lecito decidere chi doveva vivere o morire, chi poteva avere o non avere figli. Aurora era convinta di dover salvare il mondo e contribuire a rifondare la società; una sorta di missione per la quale la figlia –bambina prodigio che a 8 anni parlava 6 lingue, laureata in legge poco più che adolescente-  era  il principale strumento.

Leggendo scoprirete perché la uccise e quali furono le diagnosi, ma soprattutto vi avventurerete in un romanzo fluviale  in cui fatti storici e invenzione si fondono meravigliosamente.

La Grandes racconta il clima di paura e silenzi di una nazione oppressa, lo fa attraverso la malattia mentale, la vita negli ospedali psichiatrici e mette in campo 3 voci narranti.

Uno è il medico progressista Germán Velázquez che prende in cura Aurora nel manicomio femminile di Ciempozuelos, dal quale lei non uscirà più. E non c’è solo il resoconto del caso clinico della madre-assassina, affetta da paranoia; ma anche la vicenda personale e tragica di un uomo brillante e sensibile, fuggito in  Svizzera durante la guerra civile (figlio di un luminare vittima della dittatura), tornato in Spagna nel 1954, a 33 anni, per sperimentare un nuovo farmaco nel manicomio a una trentina di chilometri da Madrid.

Altra figura centrale è la giovane infermiera ausiliaria María Castejón, nipote dell’ex giardiniere del manicomio, nata e cresciuta tra quelle mura che sono la sua casa; è lei  l’unica che è riuscita a fare  breccia nello straniamento e isolamento di Aurora.

Mentre quella dell’intricata donna Aurora è la terza voce di questo libro; il quinto degli “Episodi di una guerra interminabile”, serie di 6 romanzi indipendenti che Almudena Grandes ambienta nella Spagna dal 1936 al 1975.

 

 

Costanza  DiQuattro   “Donnafugata”     -Baldini+Castoldi-   eur0  16,00

Per chi si appassiona alle saghe familiari ed ha amato “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, il libro da leggere è questo: seconda opera narrativa della talentuosa 34enne ragusana Costanza DiQuattro, direttrice artistica del teatro di famiglia Donnafugata, che già ci aveva dilettati con “La mia casa di Montalbano” nel 2019.

Ora ci ammalia con una saga ottocentesca siciliana che è anche romanzo storico, ma in primis è il  racconto della vita straordinaria del settimo barone di Donnafugata, Corrado Arezzo De Spucches.

Signore d’altri tempi, esponente di un’aristocrazia di provincia e di un casato tra i più antichi di Ibla, fiero e austero di fronte alle tragedie della vita, capace di sentimenti profondissimi.

Il libro inizia e si chiude volutamente nello stesso anno, il 1895, ma in mezzo vi scorre l’intera esistenza del barone, in un avanti e indietro continui nel tempo.

A partire dal giorno della sua nascita nel 1824 quando viene subito affidato alle amorevoli cure della balia Annetta, con la quale avrà un rapporto strettissimo e di grande complicità. Poi ci sono gli studi a Palermo, il suo amore per l’arte e il bello, il mecenatismo, il clima risorgimentale, la sua carriera come deputato al parlamento siciliano e poi del Regno d’Italia, il prestigioso compito di rappresentare il suo paese all’Internazionale di Dublino nel 1865 e infine la delusione per l’abbaglio sabaudo.

Fin qui la sua figura pubblica che ha lasciato il segno nella storia della Sicilia e in particolare di  Ragusa.

Ma le pagine più belle sono quelle dedicate all’amore incommensurabile per le donne della sua vita. La madre baronessa morta troppo presto; la moglie Concetta, scelta per lui dalla famiglia, quasi una sconosciuta all’inizio con la quale fu subito intesa e poi un’attrazione che divenne immenso amore. Un sodalizio che resistette all’impossibilità di mettere al mondo l’ottavo barone di Donnafugata, e al dolore per l’infelice destino della loro unica sfortunata figlia Vincenzina. E ancora il ruolo potente di nonno innamorato delle due nipoti che gli sopravvivranno.

Pagine stupende per raccontare un vita unica ed eccezionale…

 

Jung Chang  “Le signore di Shanghai”    -Longanesi-   euro  22,00

Jung Chang che abbiamo conosciuto attraverso l’autobiografico “Cigni selvatici” (nel 1991), ha ripetuto la magia con questa storia di donne, intrighi, amori e passioni nella Cina del 900.

L’autrice, nata nella provincia del Sichuan nel 1952, ha poi lasciato la Cina –dove i suoi libri sono proibiti-  nel 1978, si è trasferita in Gran Bretagna dove è stata la prima studentessa della Repubblica Popolare Cinese a conseguire un dottorato. Oggi vive a Londra e quando torna in patria è sempre sotto stretto controllo delle autorità.

In “Le signore di Shanghai” racconta le vite delle 3 sorelle Soong, poco conosciute  in Occidente, ma importanti per la storia cinese di metà 900, nel passaggio del paese da impero a repubblica, al governo nazionalista e al comunismo di Mao.

Figlie di Charlie Soong -ex predicatore metodista di Shanghai, diventato ricco uomo d’affari, di ampie vedute che le mandò a studiare in America- sono Ei-ling nata nel 1889, Ching-ling nel 1893 e May-ling nel1898.

«…Bassine e con la mascella quadrata, secondo gli standard tradizionali non erano grandi bellezze…..ma avevano visto il mondo: erano intelligenti, di mentalità indipendente e sicure di sé. Avevano “classe”».

3 caratteri diversi: una amava i soldi, una il potere, l’altra il suo paese. Ebbero vite incredibili e furono i loro matrimoni a tracciare le strade dei loro destini sullo sfondo di un paese tanto vasto e complesso.

Ei-ling, “Sorella maggiore”, convola a nozze con H.H. Kung,”l’uomo più ricco e corrotto dell’intera Cina” che costruirà un impero economico, più per la sua famiglia che per il progresso del paese.

La seconda, Ching, “Sorella Rossa”,  a 22 anni sposa Sun Yat-sen, ricordato come il padre della Cina moderna: giovane ribelle cantonese che sconfisse la dinastia regnante Manciù, trasformando la Cina in Repubblica. Alla sua morte nel 1925, Ching  si avvicina ai comunisti e nel 1949 diventa vicepresidente di Mao.

May, “Sorella minore”, nel 1927 sposa il generalissimo Chang Kai-shek (che subentrerà a Sun portando in Cina il governo nazionalista) e diventa a tutti gli effetti una First lady, protagonista del jet set internazionale.

3 donne straordinarie e imperfette, consigliere dei mariti, che furono al centro del potere, tra guerre, rivoluzioni e trasformazioni, affrontarono periodi difficili e di grande sofferenza, sfiorate più volte dalla morte.

 

Jung Chang    “L’imperatrice  Cixi”   -TEA-    euro   13,30

Se siete affascinati dalla complicata e avvincente storia della Cina, vale la pena leggere anche il precedente libro dell’autrice, pubblicato nel 2015, che ritrae una delle donne più forti e potenti del paese asiatico.

Cixi entrò a palazzo nel 1852 come concubina, non bella ma tanto fortunata da mettere al mondo un figlio maschio 4 anni dopo e fare un balzo in avanti quando l’imperatore Xianfeng la eleva a un rango superiore.

Diventa la consorte numero 2, seconda solo all’imperatrice Zhen e tra le due non ci fu mai rivalità. Intelligenti entrambe, una volta rimaste vedove, collaborarono e fecero fronte unito in attesa della maggiore età del piccolo imperatore Tongzhi. Entrambe gli fecero da madre e a un certo punto Zhen lasciò le redini a Cixi che, dal 1961 al 1908, per quasi 50 anni governò la Cina.

Non in prima persona (cosa impensabile), ma come reggente del figlio e poi del nipote. Sempre protesa nella lotta per condurre il suo paese fuori dall’arretratezza e traghettarlo nel progresso, nella modernità e in grado di stare al passo con le nazioni occidentali.

Questa corposa biografia storica rende a tutto tondo lo spessore dell’Imperatrice vedova che si trovò a fronteggiare nemici più forti e meglio armati, contrattare linee di confine, mediare la presenza di stranieri e missioni con usanze e credenze diverse…

Commise pure degli errori, per esempio affrontando male la ribellione dei boxer e macchiandosi anche di crudeltà; ma resta  il ritratto di una donna curiosa, aperta, lungimirante, alla quale la Cina deve molto. Fu lei a introdurre novità come la luce elettrica, la ferrovia, lo studio delle lingue e dell’economia straniere…

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Ken Follett  “Fu sera e fu mattina”  -Mondadori-  euro 27,00

Anche se gli storici storcono il naso di fronte ad alcune ricostruzioni, resta il fatto insindacabile che Ken Follett è sinonimo di successo assicurato. Con questo romanzo – 30 anni dopo “I pilastri della terra”- lo scrittore britannico torna nell’immaginaria cittadina di Kingsbridge, all’alba dell’anno mille, con un portentoso prequel di 800 pagine.

Siamo nel 997 dopo Cristo, all’origine delle fitte tenebre di epoche fatte di miseria, fango, assalti di vichinghi, schiavitù, corruzione e sete di potere.

Edgar è un giovane maestro d’ascia, povero ma ingegnoso, che vive con la famiglia a Combe, sulla costa; sfortunato in amore perché mentre sta per scappare con la sua bella, un’incursione del popolo dei fiordi la uccide e rade al suolo il piccolo villaggio. Edgar sopravvive con la madre e  i fratelli ma è costretto a scappare e rifarsi una vita come coltivatore di avena, a Dreng’s Ferry, la futura Kingsbridge.

Sul paese ha piena giurisdizione il vescovo Wynstan: uomo corrotto, spietato, frequentatore assiduo di bordelli, stupratore e ricattatore nato, che non si fa scrupoli ad usare ogni nefandezza pur di accrescere potere e ricchezza, e mira all’arcivescovado di Canterbury.

Sono tempi bui in cui però c’è anche l’altra faccia della Chiesa: quella buona e positiva dei monaci mossi da nobili sentimenti, come Alfred che gira da un’abbazia all’altra e sogna di erigere al Signore un tempio di preghiera, fede, umanità e cultura.

Poi ci sono in ordine sparso un re debole, Etelredo II, incapace di proteggere il suo regno dalla brutalità dei nemici e dall’avidità degli amici; personaggi vari al di qua e al di là della Manica, e come tradizione vuole anche storie d’amore.

Spicca per bellezza e intraprendenza la contessina normanna Ragna; colta, piena di passione, decisamente impulsiva. Edgar stravede per lei che è andata sposa a un nobile inglese che la tradisce allegramente. A unire Edgar e Ragna è il far fronte alla minaccia vichinga e, come accade in un buon romanzo epico, anche qui si intrecciano giochi politici e d’amore.

 

 

Khaled  Khalifa  “Morire è un mestiere difficile”    -Bompiani-  euro 17,00

E’ duro e sconvolgente questo romanzo dello scrittore siriano Khaled Khalifa, nato ad Aleppo nel 1964, tra i fondatori della rivista letteraria “Alif”, autore di numerose sceneggiature di film e serie tv. Oggi vive a Damasco, ha vinto svariati premi ed è abilissimo nel raccontare la tragedia del suo popolo.

Come recita il titolo “Morire è un mestiere difficile” in un paese martoriato da 8 anni di conflitto, con 11 milioni di profughi e oltre 400mila morti (per alcuni sono molti di più), dove ci sono più checkpoint che presidi ospedalieri, dove il regime ha usato armi chimiche contro la popolazione, mentre a Raqqa l’Isis aveva stabilito la sua capitale.

Lì morire di morte naturale nel proprio letto è un evento raro e sospetto, perché le opzioni più diffuse sono altre: sotto i bombardamenti, torturati nei luoghi di detenzione, colpiti da cecchini,

nel corso di combattimenti e sequestri. Ma morire semplicemente di tristezza o vecchiaia, senza suscitare rabbia, è inusuale.

Eppure, a Damasco, controllata dalle forze governative di Assad, Bulbul (il suo vero nome è Nabil) raccoglie le ultime volontà del padre moribondo: essere sepolto nel suo paese natio, Annabiyya, accanto alla sorella Layla che si era uccisa da giovane in modo orribile e spettacolare per non sposare l’uomo –e la vita- che la famiglia (come da tradizione) avevano scelto per lei.

Solo 400 chilometri separano Damasco dalla destinazione; un paesino del nord vicino al confine turco, governato dalle forze ribelli, pericolosamente vicino ad Aleppo e ai territori annessi allo spietato Stato islamico.

In una terra che non rispetta la vita e tantomeno la morte, ecco che anche la sepoltura diventa un privilegio da conquistare rischiando la vita.

Bulbul, il fratello Husseyn e la sorella Fatima -che non si parlavano da anni- caricano il cadavere del genitore -avvolto in un lenzuolo- su un minibus e attraversano l’inferno per dargli la sepoltura che ha chiesto.

Il romanzo segue la Via Crucis dei 3 fratelli che per giorni si imbattono in continui checkpoint: incolonnati in eterne code di mezzi che vengono fermati e controllati, in balia per ore di uomini spietati. Le ore di viaggio si dilatano e il pulmino procede a rilento tra le macerie della guerra civile che ha raso al suolo interi villaggi, tra cadaveri smembrati e lasciati a marcire.

E mentre i 3 fratelli combattono con l’inesorabile disfacimento del cadavere paterno, ripensano alle loro vite, all’infanzia e alle vicende della famiglia.

Un romanzo che è soprattutto una lucida narrazione che ci aiuta a capire il dramma del popolo Siriano, ben più a fondo delle cronache giornalistiche.

 

 

Rachel Abbott  “Il tuo ultimo gioco”  -Piemme-   euro 19,90

E’ il terzo romanzo della scrittrice britannica ed ha al centro della vicenda le indagini della detective della omicidi Stephanie King e del suo compagno Angus Brody.

L’ambientazione è da sogno, in Cornovaglia, in una magnifica villa affacciata sul mare, dove sta per essere celebrato il matrimonio del padrone di casa – il carismatico e ricchissimo mecenate Lucas- che  per l’occasione ha invitato alcuni  suoi  amici di vecchia data e rispettive compagne.

Tra loro ci sono anche Jemma e Matt, felici sposi novelli, la cui vita sta per andare in frantumi.

Poi irrompono la tragedia e un mistero che affonda le radici nel passato.

Il giorno delle nozze il mare restituisce il cadavere sfigurato di Alex. E’ la sorella minore di Lucas (che col fratello aveva un legame strettissimo) ragazza tormentata e inquietante perché dietro i suoi silenzi si nasconde un evento traumatico che risale alla sua adolescenza.

Scatta così un delicato e sofisticato meccanismo in cui si affastellano ipotesi di suicidio, disgrazia o assassinio, condite da bugie, versioni contraddittorie, segreti innominabili e violenza gratuita. Cosa nascondeva l’anima inquieta di Alex che ogni sera nuotava in solitaria nelle acque gelide?

E perché esattamente un anno dopo Lucas riunisce gli  stessi amici nella dimora fiabesca e inscena un gioco pericoloso, una sorta di cena con delitto che ripercorra le ultime ore e la notte in cui Alex ha perso la vita? Tutti sembrano avere un segreto da nascondere…..

 

 

Hermann Broch  “I. 1888. Pasenow  o il romanticismo”  -Adelphi-  euro  20,00

Ecco un autore da riscoprire: Hermann Broch –nato a Vienna nel 1886 e morto a New Haven nel 1951- scrittore e drammaturgo austriaco naturalizzato statunitense. Figlio di un industriale tessile, dapprima condusse l’impresa di famiglia poi, alla morte del padre nel 1927, la vendette e virò sugli  studi di filosofia, psicologia e letteratura.

La sua prima opera, pubblicata a Zurigo nel 1931-32 fu la trilogia narrativa “I sonnambuli”; composta da 3 romanzi distinti – senza continuità di trama, vicende o personaggi- ognuno legato a una data e a uno stato d’animo.

Le storie si svolgono a distanza di 15 anni l’una dall’altra, ognuna ha un protagonista diverso, ispirato da un valore guida fissato nel titolo.

A “1888 Pasenow o il romanticismo” seguiranno “1903 Esch o l’anarchia” e “1918 Huguenau o il realismo”: coprono 50 anni  di storia tedesca mettendo a nudo la disgregazione dei valori, anticamera del nazismo, del quale Broch fu vittima, dapprima incarcerato e poi esule in America.

Pasenow  è il primo dei sonnambuli, ovvero coloro che continuano ad avere una fiducia cieca nei valori che hanno guidato le loro esistenze. Ma quando principi -come fedeltà, famiglia, patria, disciplina, onore, ecc.- si sgretolano, i sonnambuli continuano ad agire come se la realtà fosse un’altra.

L’autore ambienta la trama nell’impero germanico in età Guglielmina, esplora la crisi dei valori dell’epoca e lo fa attraverso Joachim von Pasenow. Junker prussiano incerto sul suo presente, incapace di deviare dal suo destino, che si sente a suo agio solo quando indossa l’ uniforme, perché fuori da essa perde consistenza e precipita nei dubbi.

Joachim si lascia trascinare dagli eventi, è combattuto tra l’amore per Ruzena, seducente giovane entraîneuse boema, e d’altro canto è titubante nel seguire l’onore e la tradizione sposando l’affascinante e virginale aristocratica Elisabeth, figlia di un proprietario terriero.

Ma a renderlo incerto è anche la scelta tra due opzioni che neanche lo convincono più di tanto:

continuare la carriera militare che non lo appassiona o ritornare svogliatamente alla tenuta di famiglia e prenderne le redini al posto del fratello maggiore  morto.

 

 

 

 

 

Come l’acqua di Sebilj

“Come l’acqua di Sebilj”libro del torinese Alessandro Cerutti (Edizioni Visual Grafika,2019) può essere considerato un romanzo “di formazione”, dove il protagonista vive un’esperienza che lo farà evolvere verso la maturazione e l’età adulta, raccontandone emozioni, sentimenti, i progetti di vita.

La vicenda si svolge tra Torino e la Slovenia, nel 1993. Marco, 26 anni, vive incurante di tutto ciò che gli accade attorno. Gli amici sono solo compagni di divertimento e le ragazze una piacevole distrazione. Scuola e calcetto rappresentano gli interessi di un’esistenza vissuta con una certa spensieratezza e un po’ di cinismo egoistico, forse in ragione dell’età. Il protagonista ha un carattere irruento, emotivo. E la “bolla” artefatta in cui vive esploderà quando Marco Veroni, seppur controvoglia, parteciperà ad un viaggio che gli farà incontrare la durezza di un campo profughi che, in Slovenia, ospita dei bosniaci fuggiti dal paese in guerra. La lotta per la sopravvivenza, il ricordo dei cari scomparsi, l’amore e la speranza sfidano la violenza, perché, anche se sembra che non ci sia alcuna ragione per sognare, esiste la possibilità di trovare un posto migliore dove riprendere a vivere. Nei giorni in cui inizia il viaggio dei protagonisti del libro a Mostar veniva distrutto a cannonate il ponte sulla Neretva. Accadeva, forse non per caso, nello stesso esatto giorno – il 9 dicembre –in cui quattro anni prima, nel 1989, veniva abbattuto il muro di Berlino. Gorbaciov riceveva il nobel per la pace. A Maastricht, cittadina olandese sulla Mosa, un trattato più economico che politico sanciva la nascita dell’Unione europea. La “cortina di ferro” non c’era più e l’est europeo si disgregava, paese dopo paese. In Israele veniva raggiunto l’accordo fra Yasser Arafat e Yitzhak Rabin. L’Italia era alle prese con “mani pulite” e di fatto il “Bel Paese” passava dalla prima alla seconda repubblica. Ancora pochi mesi e Gino Strada fondava Emergency, l’IRA annunciava lo storico cessate il fuoco, a Mogadiscio venivano uccisi la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e il suo cameraman, Miran Hrovatin. In Ruanda si consumava il genocidio messo in atto dagli Hutu contro la minoranza Tutsi. E intanto, nel cuore dell’europa, l’ ex-Jugoslavia bruciava. Nel campo profughi sloveno il protagonista di “Come l’acqua di Sebilj” prova un disagio che, giorno dopo giorno,evolve in una lenta presa di coscienza su ciò che accade attorno a lui: il dramma dei profughi, l’esperienza umanitaria dell’associazione “Pace adesso” e altri sentimenti che lo scuotono nel profondo. Pietà, tenerezza, tristezza e paura, mescolate l’una con l’altra, iniziano a scavare dentro la sua tormentata coscienza a confronto con il dolore di quelle persone alle quali la guerra prodotta da un nazionalismo cieco e violento ha portato via famiglia, casa, affetti, amici. Il racconto di Alessandro Cerutti – docente, laureato in Teologia, autore versatile che ha sperimentato diversi generi letterari – è una piccola ma significativa lezione di vita. Vedere da vicino gli effetti della guerra senza esserne vittime. E tentare di capire, fare qualcosa, scegliersi la parte. Cosa non facile, soprattutto durante la “decade malefica” degli anni ’90 nei Balcani, nel cuore dolente dell’Europa.

Marco Travaglini

La caduta. Dalla morte di Stalin al crollo del muro

RILETTI PER VOI / Un libro di Donatella Sasso racconta l’inesorabile dissolvimento del miraggio collettivo dell’Est europeo

Con “La caduta,19531989. Dalla morte di Stalin al crollo del muro”, pubblicato da Edizioni del Capricorno, Donatela Sasso conduce il lettore nel cuore dei processi storici che hanno prodotto l’agonia prima e poi la fine del mondo dell’Est europeo, rappresentato simbolicamente dall’abbattimento del muro di Berlino e dal dissolvimento dei regimi comunisti.

Un libro ben scritto che scava dentro le vicende sviluppatesi lungo un arco temporale di 35 anni alla ricerca delle radici di quel vero e proprio cataclisma che cambiò il volto del mondo, gli equilibri e i rapporti di forza tra i paesi, svelando il fallimento di un grande miraggio collettivo. Donatella Sasso, ricercatrice di storia contemporanea presso l’Istituto Gaetano Salvemini di Torino, giornalista e scrittrice esperta e attenta a quanto accade nella parte orientale dell’Europa, ripercorre le vicende essenziali avvenute al di qua e al di là della Cortina di Ferro, dalla morte di Stalin alle rivoluzioni soffocate di Ungheria e Cecoslovacchia, dal progressivo manifestarsi del dissenso nei paesi dell’Est al decisivo e inarrestabile emergere di Solidarność in Polonia, fino agli anni di Gorbačëv, della Glasnost’ e di Černobyl’. E poi, in rapida successione come in un effetto-domino, il crollo del Muro, la fine drammatica della dittatura di Ceausescu in Romania e il dissolversi della Jugoslavia costruita da Tito,evento da cui sarebbe nata una tragica guerra nel cuore dell’Europa, un conflitto le cui lacerazioni sono ancora perfettamente leggibili nella cronaca quotidiana, nella “terribile pace” che ne scaturì e nel caos della rotta balcanica dei migranti. Un ricco e importante corredo iconografico proveniente dagli archivi internazionali e finestre di approfondimento e spiegazione dei significati delle parole chiave,aiutano il lettore a conoscere questa parte essenziale della storia europea. Un lavoro prezioso poiché, come ha ancora recentemente sottolineato Eugenio Scalfari, le attese che quegli eventi generarono alla fine degli anni ’80 del secolo scorso sono state in gran parte disattese e il rischio che l’unione Europea si trasformi in un “sogno infranto” coincide proprio con il 1989, la data spartiacque del crollo del muro che riunì la Germania ma divise nuovamente il continente, tra Nord e Sud e non più tra Est e Ovest, creando un’ Europa a due velocità e a trazione tedesca, poco attenta se non addirittura indifferente agli interessi dei paesi mediterranei.Nel libro di Donatella Sasso, che delle vicende dei paesi dell’ex blocco orientale è attenta e scrupolosa interprete,la sequenza degli eventi si snoda in dieci capitoli,dimostrando come al crollo di una realtà nata nei primi anni successivi al secondo conflitto mondiale e cristallizzatasi durante il lungo periodo della Guerra Fredda, non si è arrivati per caso né in maniera improvvisa. “A trent’anni da quei giorni carichi di entusiasmo ed emozioni, possenti quanto contraddittorie” e “ nonostante i numerosi esiti drammatici e le attuali prospettive di regressione” la storica dell’Istituto Salvemini ci ricorda che “la caduta del Muro di Berlino fu un evento epocale, voluto e sostenuto da quanti, e furono tantissimi, dissentirono dai regimi dei loro paesi, pagando di persona con il carcere, l’esilio, l’emarginazione sociale”. E questo nessuno di noi può dimenticarlo.

Marco Travaglini

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Nick Hornby  “Proprio come te”     -Guanda-     euro  18,00

Protagonista è l’insegnante di lettere 42enne Lucy, alle prese con un matrimonio sfaldato, un ex marito alcolista che cerca faticosamente di rimettersi in piedi e due figli ancora piccoli.

Si dibatte tra conoscenti superficiali, pseudo amiche pettegole e curiose della sua vita sessuale, appuntamenti al buio fallimentari, e la gioiosa fatica di crescere due  bambini decisamente simpatici, anche se forse un po’ troppo dediti ai videogiochi.

Poi nella sua vita irrompe una ventata di aria fresca e giovane. Si chiana Joseph, ha 22 anni, è di colore e si arrabatta tra più lavori per sbarcare il lunario. E’commesso in una macelleria (adocchiato dalle donne per il suo sex appeal), fa anche l’allenatore sportivo, ma il suo grande sogno è diventare un deejay.

Per arrotondare e conoscere meglio Lucy (cliente che non lo lascia indifferente) si offre come baby- sitter dei suoi pargoli.

Avrete già intuito che diventerà qualcosa di più, con tutte le remore e le difficoltà incluse nelle differenze tra i due: istruzione, colore della pelle, classe sociale e  uno scarto di ben 20 anni  che avrà il suo peso.

Ma  il romanzo non è solo una storia d’amore.

Hornby è abilissimo nel raccontare un quadro più ampio che sfocia anche nella politica -dal momento che ambienta la vicenda ai tempi del referendum sulla Brexit-  e nelle contraddizioni  di un paese, nelle divisioni più o meno labili tra classi sociali e nelle spinose questioni razziali.

 

 

Otessa  Moshfegh   “La morte in mano”  -Feltrinelli-  euro  16,50

“Si chiamava Magda. Nessuno saprà mai chi è stato. Non l’ho uccisa io. Qui giace  il suo cadavere” Il romanzo inizia con questo messaggio scritto su un biglietto e lasciato in un bosco, che viene ritrovato dalla 72enne  Vesta Gul, durante la sua passeggiata insieme al suo cane Charlie.

Ed è l’avvio di una vicenda a tratti surreale, immaginifica, intrigante e con toni da noir. Da quel momento non avrà più pace la solitaria protagonista, da poco rimasta vedova, che vive  in una casa isolata affacciata su un lago, con l’unica compagnia del cane.

La sua fantasia vola e, forse anche per passare il tempo, immagina chi potrebbe essere la Magda uccisa, chi l’autore del delitto e chi del biglietto. Perché lasciarlo sotto alcune  pietre in un luogo sperduto nel quale non vi sono tracce di cadaveri?

L’immaginazione di Vesta va a briglia sciolta e delinea i contorni della presunta vittima. Magda potrebbe essere una 19enne arrivata dalla Bielorussia, scappata da una famiglia disfunzionale, che ha avuto relazioni complicate con gli uomini, sospette con le donne, e si è arrabattata tra lavori incerti come  commessa di fast food e badante. Di lei ipotizza i passatempi prediletti, gli sport, i cibi, i tratti più salienti del carattere, da quelli positivi a quelli negativi….e via così sulle ali del fantasticare o dell’indagare….

Vesta fa ipotesi anche su chi potrebbe essere l’autore del biglietto, un giovane e smarrito Blake, e su chi l’avrebbe uccisa.

Ma nel romanzo c’è di più, ed è il passato di Vesta all’ombra di un marito ingombrante del quale conserva le ceneri in un’urna che non si decide a gettare nel lago, poi la sua scelta di solitudine, i suoi ricordi ….e altro che scoprirete leggendo.

Questo romanzo dell’autrice del best seller “Il mio anno  di riposo e oblio” è stato scritto prima, nel 2015, poi la Moshfegh l’ha lasciato da parte per riprenderlo in un secondo tempo.

 

 

Beth Morrey  “La seconda vita di Missy Carmichael”   -Garzanti-    euro 17,90

E’ il primo romanzo dell’inglese Beth Morrey che ha la passione della scrittura da quando aveva 20anni e ha già pubblicato alcuni racconti.

Protagonista è la solitaria 79enne Millicent Carmichael, e la sua quotidianità è fatta di gesti e cose sempre uguali nella casa di Stoke Newington a Londra dove vive. Il marito Leo è morto, l’adorato figlio Ali è finito in Australia, con la figlia Mel i rapporti sono franati dopo un violento litigio.

La sua è una vita ritirata e isolata nel silenzio della casa, che si fa ancora più pesante se  paragonato alla vitalità del passato, tra risate, screzi e ondate di vita.

Ora invece le sue giornate sono scandite dai soliti rituali, tra lettura dei necrologi e passeggiate nel parco, tutto condito da rimpianti amari per cose non dette e sentimenti  non espressi che però avrebbero fatto la differenza.

A scombussolare  questa rigida routine arrivano una dirompente 37enne, Angela, caotica e insolente, che la travolge con un fitto carnet di impegni e l’adozione di un cane. Costretta ad uscire dalla sua comfort zone, Missy scoprirà che la vita può riservare ancora infiniti doni, primo fra tutti un adorabile compagno a 4 zampe che ama incondizionatamente.

 

 

Kathy Reichs  “Predatori e prede”   -Rizzoli –   euro  19,00

L’antropologa forense Kathy Reichs, una delle autrici di thriller di maggior successo ci regala un’altra storia mozzafiato.

La sua eroina Temperance  Brennan (protagonista anche della serie tv “Bones”), anche lei antropologa forense di inarrivabile bravura, è convalescente dopo aver subito un importante intervento chirurgico, spossata da emicranie e sogni ossessivi.

La figlia è in missione in Afghanistan, il fronte lavorativo è un disastro e col suo compagno le cose non vanno tanto bene.

Eppure lei si ritrova subito alle prese con un nuovo caso sconvolgente.

Uno sconosciuto le ha inviato delle foto che mostrano un cadavere in una sacca mortuaria: una scena raccapricciante in cui il volto della vittima è deturpato, mani e piedi sono stati amputati e il tutto è un orrore di carne e ossa. Perché queste immagini sono state mandate proprio a lei?

Giorni dopo ha luogo il ritrovamento di un cadavere martoriato sullo sfondo della campagna.

Ed ecco i tasselli della nuova indagine, in cui Temperance dovrà muoversi al limite della legalità, un’oscura vicenda in cui emergono collegamenti  con vecchi casi  di bambini scomparsi. Ma lei è dinamica, caparbia, intuitiva e preparatissima…..tanto che nulla potrà fermarla e voi starete col fiato  sospeso.

 

 

La rassegna dei libri più letti del mese: dicembre

Ultimo appuntamento dell’anno per scoprire quali sono i libri più più letti e discussi nel gruppo FB Un libro tira l’altro, ovvero il passaparola dei libri; come ormai tradizione, l’ultima rassegna tira le fila dell’attività del gruppo in questo tormentato anno.

Probabilmente non sarà una sorpresa ma il più letto, discusso e anche criticato romanzo del 2020 è I leoni di Sicilia, di Stefania Auci (Nord), che alcuni ritengono un capolavoro e altrettanti lo hanno definito una vera delusione; stesso discorso e sorte analoga per Cambiare l’acqua ai fiori, romanzo di Valerie Perrin (Mondadori) sul quale abbiamo letto di tutto e il contrario di tutto; terzo posto per un titolo che, invece ha messo tutti d’accordo I bambini di Svevia di Romina Casagrande (Garzanti) è stato apprezzato molto dai lettori, perché affronta un argomento meno noto.

I nostri sondaggi mensili hanno incoronato Fiore di roccia, di Ilaria Tuti (Longanesi) come miglior romanzo uscito nel 2020, hanno rivelato che la Lombardia è la regione che meglio coniuga passione per la lettura e utilizzo delle reti sociali e hanno stabilito che Dracula è ancora il cattivo che più fa discutere.

I consigli di di lettura questo mese sono a cura della libreria  DISANTI di Vieste (FG), che ci suggerisce:

La strada di Cormac McCarthy : “il fuoco che portano padre e figlio è ciò che vince la distruzione che li circonda e che permette di costruire”; un titolo meno noto di J.D Salinger, Franny e Zoe: “alterità che emerge dalla realtà come esigenza strutturale della vita”; infine, Il palazzo degli specchi, di Amitav Ghosh: “tante domande che emergono nell’evolversi degli eventi come la posizione naturale dell’uomo che si chiede il nesso che ha con quello che accade.”

Per questo mese e per quest’anno è tutto; il gruppo che sta dalla parte del lettori augura a tutti voi Buone Feste e vi dà appuntamento a gennaio!

redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it 

Letture benefiche per Natale e non solo

LIBRI PER CONOSCERE E SOGNARE

Durante i miei frequenti giri per librerie, fonte di benessere e rilassamento, mi sono imbattuta in alcuni titoli che hanno destato la mia curiosità e hanno assecondato il mio desiderio di distrarmi da tutto ciò, importantissimo forse ma oramai un po’ asfissiante, che è virus, cronaca e attualità.

I miei occhi sono caduti, probabilmente in una ricerca inconscia e istintiva di bellezza e gradevolezza, su alcuni scritti interessanti e piacevoli, leggeri e allo stesso tempo affascinanti.

Il primo che ha attirato la mia attenzione è I Grandi Diari, pubblicato da Gribaudo, una bella e avvincente raccolta di diari, lettere, disegni e taccuini di personaggi, artisti, scienziati di varie epoche storiche che ci consente di conoscere, attraverso la scrittura, le memorabili vite di personalità indimenticabili e ci permette di scoprire esistenze d’eccezione che hanno fatto la storia dell’umanità. Il libro è corredato da immagini e illustrazioni eleganti e accurate.

Di sicuro interesse e meritevole di riguardo è Il Gusto della Conversazione. Questo libro di Pierre Sansot, edito da Il Saggiatore ci parla di un’arte tra le più nobili e di utilizzo comune ovvero il dialogo. “Una conversazione di qualità comporta battute, rinunce, aperture impreviste e allo stesso tempo non è disordinata, segue un filo invisibile: non si muove sul ciglio di un burrone” afferma l’autore che ci illustra le caratteristiche e le proprietà di quella formale, quella meno restrittiva, gli importanti preliminari e i suoi ritmi. Ci suggerisce le metodiche per capire gli interessi comuni con i nostri interlocutori, di cosa parlare durante un aperitivo e confessa lo scetticismo rispetto alla mera chiacchera senza progetto. Possiamo considerarlo una “passeggiata filosofica,” una guida in cui si apprende come conversare in maniera proficua e valorizzare una pratica sociale che agevola la relazione tra gli esseri umani.

52 Week End da Sogno di National Geographic invece mi ha proiettato in un futuro vivace, spero prossimo, carico di nuovi posti da esplorare, percorsi e scoperte. La copertina ellenica colorata mi ha conquistata unitamente alla lista di possibili e meravigliosi week end da fare: Lisbona, i Castelli della Scozia, Mosca e l’Anello d’Oro, la Romantische Strasse, Cracovia, Praga e le Abbazie lungo il Danubio, Petra e il Mar Morto, Marrakech, Djerba ma anche le italiane Dolomiti, il Tigullio, Firenze e il Chianti, la Puglia e per chi non l’avesse ancora visitata la nostra meravigliosa Torino e le sue Regge. Ogni capitolo ha una parte introduttiva, indicazioni su come muoversi, box con suggerimenti circa i luoghi da visitare, lo shopping, le feste e le manifestazioni, i tour più curiosi e insoliti, utili paragrafi su dove dormire, mangiare e la nightlife. In attesa di poter viaggiare di nuovo in libertà, questo libro ci aiuta nel frattempo a scegliere le mete da raggiungere e ci fa sognare con bellissime immagini di luoghi incantevoli.

Da appassionata di vino non potevo non notare una pubblicazione molto interessante ad esso dedicata Le Carte del vino – Atlante dei vigneti del mondo di Grant Smith Bianchi, Jules Gaubert-Turpin – Slow Food. Con una grafica elegante e informazioni dettagliate sulla produzione del vino a livello globale, questa raccolta di 56 mappe enografiche e 100 carte geografiche, divisa per paesi come un qualsiasi atlante geografico, segue l’ordine della comparsa degli stessi “sul palcoscenico del vino”. E’ uno strumento utile e interessante per gli appassionati del mosto e della sua lavorazione che racconta 8000 anni di tradizione con i dettagli storici più rilevanti.

Maria La Barbera

“Io non ti voglio più”, Antonaccio tra narrativo e autobiografico

A prima vista potrebbe sembrare il titolo di una canzone, invece “Io non ti voglio più “ è quello di un romanzo scritto da Mara Antonaccio e edito da Gian Giacomo Della Porta Editore, che si può ascrivere a generi diversi, capace in sé di racchiuderli e approfondirli tutti.

Si potrebbe definire, infatti, un romanzo di formazione, seguendo la tradizione e la fortuna che questo genere ha sempre avuto a partire dai tempi di Goethe e del suo Wilhelm Meister; nel contempo non è sbagliato considerarlo anche di carattere autobiografico per i numerosi riferimenti che presenta rispetto alle vicende biografiche dell’autrice, Mara Antonaccio, biologa di origine pugliese, ma torinese di adozione, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche, alla sua prima esperienza narrativa. Non è da escludere neanche nel libro il carattere diaristico, che lo rende in certi passi molto intimistico.

Protagonista del romanzo è una giovane donna di nome Eugenia, intelligente, volitiva, ma anche irrequieta, alle prese con un amore precoce di origine marocchina. Quindi il matrimonio con Omar e la nascita di due figli. La narrazione procede seguendo il punto di vista della protagonista, che avverte già dal momento stesso delle nozze l’insinuarsi di una duplice insidia, sotto la veste di rassicurazione, ma anche di “trappola”. Eugenia, però, dimostra di essere capace di non arrendersi alla monotonia, si apre a nuove esperienze di vita e a nuovi amori, per metà vissuti e per metà sublimati, lotta contro i problemi di sovrappeso, fino a giungere a accettare la sua fisicità.

Il messaggio che la protagonista trasmette attraverso il libro è, così, assolutamente positivo, quello di una donna che cerca di trovare un equilibrio non facile tra il proprio ruolo di madre e quello di persona emancipata alla ricerca dell’amore e di un compagno, e di una donna che non ha paura di procedere nel cammino della vita, consapevole che gli unici rimpianti dell’esistenza sono gli amori non vissuti e le scelte non compiute. In Eugenia si riflette molto il carattere volitivo, ma al tempo stesso solare e coraggioso, dell’autrice che l’ha creata.

Mara Martellotta