"A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera"

Torino e quella “scatola magica” chiamata radio

Si narra che le prime trasmissioni radio furono intraprese da “L’Araldo Fonico” in parte via cavo e in parte in onda media, grazie ad un’antenna piazzata su un tetto della capitale sabauda, in via Po angolo via Rossini. La ricezione avveniva, con tutti i limiti del caso, quasi esclusivamente con radio a galena, e la portata era di poche centinaia di metri

Torino e quella scatola magica chiamata radio rappresentano, nella storia, un binomio inscindibile. Si narra che le prime trasmissioni radio furono intraprese da “L’Araldo Fonico” in parte via cavo e in parte in onda media, grazie ad un’antenna piazzata su un tetto della capitale sabauda, in via Po angolo via Rossini. La ricezione avveniva, con tutti i limiti del caso, quasi esclusivamente con radio a galena, e la portata era di poche centinaia di metri. Successivamente, nel 1923, nacque l’Uri, l’Unione radiofonica italiana, che trovò sede al primo piano di un palazzo in piazza Vittorio Veneto, all’angolo di via Bonafous. Da lì venne trasmesso il primo concerto da camera diretto da Mario Gallino , cuneese di Savigliano, padre del più noto Cesare Gallino, inimitabile interprete delle operette di Lear e grande direttore d’orchestra. L’alloggio pare fosse di Pasquale Martellini , padre di Nando (il noto radiocronista) e del generale Alberto Martellini. L’iniziativa venen sostenuta ( oggi si direbbe “sponsorizzata”) da diverse aziende e personalità di spicco dell’imprenditoria subalpina: la General Electric, la Piemonte Centrale di Elettricità, l’industriale Riccardo Gualino, il pellicciaio Francesco Rivella (proprietario dei famosi atelier nelle “Torri Rivella” e del Casinò di Saint-Vincent) e Matteo Cerano, costruttore automobilistico e “patron” della Itala ( l’auto torinese che, nel 1907, guidata da Scipione Borghese ed Ettore Guizzardi, fu una delle cinque partecipanti al raid di 16.000 chilometri da Pechino a Parigi). L’Uri, a Torino, ebbe però vita breve.

Nel 1924, in seguito al decreto governativo che stabiliva le regole per la radiodiffusione, la sede legale dell’Uri venne trasferita a Roma, e l’assetto azionario subì un rimpasto, grazie all’intesa tra le maggiori compagnie del settore: Radiofono, controllata dalla compagnia Marconi, e SIRAC (Società Italiana Radio Audizioni Circolari). Presidente della Società venne nominato Enrico Marchesi , ex direttore amministrativo della FIAT. Il tutto si realizzò grazie alla mediazione di Costanzo Ciano, all’epoca Ministro delle Poste e delle comunicazioni. Il 6 ottobre del 1924 andò in onda la prima trasmissione radiofonica italiana. Maria Luisa Boncompagni e Ines Viviani Donarelli, dai microfoni dell’Unione Radiofonica Italiana, annunciarono l’inizio delle trasmissioni dalla stazione di Roma S. Filippo (in quello che oggi è il quartiere Parioli di Roma ma all’epoca aperta campagna). Il primo programma fu un concerto presentato da Ines Viviani Donarelli, moglie del direttore artistico della società e uno dei quattro musicisti che eseguirono musiche di Haydn. L’annuncio è passato alla storia: “Uri, Unione Radiofonica Italiana. 1-RO: stazione di Roma. Lunghezza d’onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radio audizioni circolari, il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto opera 7 primo e secondo tempo”. L’Agenzia giornalistica “Stefani” fu designata dal governo come l’unica fonte delle notizie che l’URI poteva trasmettere. Si trattava della prima agenzia di stampa italiana, nata a Torino il 26 gennaio 1853, voluta da Camillo Benso, Conte di Cavour , come portavoce della sua politica. Nel 1924, diventata proprietà di un fedelissimo di Mussolini, Manlio Morgagni, assunse il ruolo di cassa di risonanza della politica del regime. Pochi mesi dopo, il 18 gennaio 1925, vide la luce l’organo ufficiale dell’URI, il “Radio Orario”: ventiquattro pagine, 1,50 lire, abbonamento annuale a 45 lire. Una copertina semplice, grafica essenziale, quasi minimalista; l’immagine è sobria e anche l’obiettivo è circoscritto: pubblicare i palinsesti della radio italiana e delle principali radio estere. Un anno più tardi la redazione si sposterà da Roma a Milano e cambierà anche la testata, diventando “Radiorario”.

L’avventura della “scatola magica”, all’ombra della Mole, non è però finita. Sempre per volontà del governo ,il 15 dicembre 1927, l’Uri fu assorbita interamente dall’ Eiar (Ente italiano audizioni radiofoniche),società con capitale pubblico, controllata direttamente dallo Stato, con sede legale a Torino in via Arsenale 21. Da quel momento la radio diventa la “voce del fascismo”, il più solido dei punti d’appoggio per consolidare e aumentare il consenso attorno al regime, sfruttando la possibilità di comunicare a quella parte della popolazione ( la maggioranza) che non leggeva e non aveva un gran livello d’istruzione . Arnaldo Mussolini, fratello del duce, diventa vice presidente dell’EIAR e scrive infuocati editoriali sui compiti pedagogici della radio. Il 5 gennaio del 1930 la rivista ufficiale della radio cambiò ancora testata, diventando “Radiocorriere”, trasferendosi a Torino nella ormai mitica sede di Via Arsenale,21: direttore venne designato il piemontese Gigi Michelotti, originario di Ciriè, che ricoprì l’incarico fino al 1943. Nel 1931 il “Teatro di Torino” fu acquistato dall’Eiar , facendone il primo Auditorium d’Italia, prima sede della propria Orchestra Sinfonica Nazionale. Oggi, in via Verdi 26, nel centro della città, a pochi metri di distanza dalla Mole Antonelliana, all’interno del nuovo palazzo della RAI, è alloggiato il Museo della radio e della televisione. Lì sono esposti circa cinquemila pezzi d’epoca. Si possono ammirare i prototipi degli apparecchi televisivi risalenti al 1928, i primi apparecchi telegrafici a due aghi usati nel Regno di Sardegna nella seconda metà dell’Ottocento, il primo microfono usato in Italia nel 1924, un fonografo Edison del 1902 e la riproduzione della trasmittente-ricevente costruita da Guglielmo Marconi. L’insieme di questi materiali permette ai visitatori di rivivere le varie fasi e trasformazioni avvenute, dall’invenzione della valvola alla costruzione del ricevitore, nella tecnologia radiofonica. Una conferma, se mai ve ne fosse stato ancora bisogno, del ruolo centrale di Torino nella storia della radio.

Marco Travaglini