dario argento- Pagina 6

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Ai confini della realtà

Ai confini della realtà. Il telefilm iniziò negli anni 60, con l’approvazione di Alfred Hitchcock, Maestro del brivido. Dario Argento spiega la differenza tra poliziesco e thriller. Lo scopo del secondo era produrre paura ed inquietudine negli spettatori. Oramai assistiamo quotidianamente a  film di paura e brividi.

Ringraziamo Colao che ci ha comunicato che bisogna riformare la pubblica amministrazione, pena il non decollo dell’economia. Sono 35 anni che se ne parla, anzi che ne parlano. Appunto, ne parlano e basta. Si gradirebbe sapere come si dovrebbe fare. Non è dato sapere. Ho finalmente capito il perché dei 10 giorni degli Stati generali. Tanti parlano e poco si capisce, in caso d’ insuccesso la colpa è dell’ altro, nelle migliori tradizioni italiche. Un piccolo dettaglio: lo Stato Italiano deve “solo” 70 miliardi alle imprese italiane di rimborsi fiscali. Alla faccia del mercato nero. In Piemonte l’Arpa poteva diventare sede di ricerca per un vaccino anti covid.

Bella idea, rinviata a settembre. Praticamente nulla faranno. Chiara Appendino (forse) farà la Ministra. Dopo aver fatto danni a Torino farà danni a Roma. Persino Anna Rossomando non ne può più di questi pentastellati, sarebbe una buona candidata del centrosinistra, ma sono troppi i pretendenti 7, 8 o forse di più, se il pd farà le primarie ci sarà da ridere. Il rettore Saracco ci ha messo il capello e decideranno altri con buona pace di Mimmo Caretta e Paolo Furia. Bravi compagni di un un PD che  oramai poco conta. Anche Zingaretti si è accorto che o fa il segretario o fa il governatore. Non si tira indietro il prof Andrea Giorgis che  probabilmente ha la strada sbarrata per diventare Sindaco di Torino. Ed allora perché non diventare segretario nazionale PD? E già ci sono le solite critiche: bravo è bravo, mediatore è mediatore , ma il suo stile è troppo britannico. Non alza mai la voce. Come torinesi, come piemontesi  avremmo bisogno di qualche politico che pensa anche a noi. Altri 20 mila posti di lavoro sono saltati con il coronavirus nella nostra regione. I no Tav, viceversa, esultano. La corte europea ha sentenziato che la Tav costa troppo ed è notevolmente in ritardo .Chiara Appendino ricambia idea ridiventando no Tav. Non si pone minimamente il problema di essere parte di questo ennesimo fallimento italico. Anche i tedeschi hanno i loro problemi. Bancarotta di grandi gruppi che hanno avuto i bilanci certificati da compiacenti società di revisione. Sulla Tyssen Krupp coprono i dirigenti che in Italia sono stati condannati. Anche la loro giustizia fa cilecca. Siamo indignati ma tragicamente impotenti.

Intanto i nostri Stati generali non hanno esordito l’ effetto desiderato. In Europa nessun accordo sui soldi. Angela Merkel conferma che l’accordo si farà. Molte cose a quelle latitudini non tornano. Ad esempio: la Bulgaria riceve contributi per il 12% del suo prodotto interno. Italia per il 5 % Spagna per il 7 % e Francia per il 2%. Siamo i figli della serva ? Altre cose non quadrano, come la voce grossa dell’ Austria, decisamente piccola per, appunto, fare la voce grossa. Mi sa proprio che c’è un gioco delle parti. Per mediare bisogna mandare avanti qualcuno che dice di voler rompere. Noi italiani, sempre nelle nostre migliori tradizioni, non siamo capaci nel fare le debite alleanze. Persino la Grecia gongola, ora tocca a voi essere nella graticola. Intanto a Torino, in Piemonte, e in tutto il centro nord le imprese chiudono. Molte attività riemergeranno rilanciando lavoro nero ed totale evasione. Non si vuole disturbare i manovratori della finanza e d ecco i risultati. Non sono un economista ma l’unico risultato pratico che vedo è stampare moneta, dunque rilanciare l’inflazione. Aumenteranno i prezzi con il popolo che non avrà soldi per fare la spesa. Questa oltre che inflazione si chiama recessione. Troppi gli interessi incrociati da salvaguardare. La povertà aumenterà.
Felicissimo di sbagliarmi. Su una cosa , comunque, credo proprio di non sbagliarmi : siamo ai confini della realtà. Cadere oltre è un attimo, cadere oltre vuol dire essere in un incubo.

Patrizio Tosetto

TFF, quindici film in concorso provano a raccontare la precarietà delle vite di oggi

Al via la 37ma edizione del Torino Film Festival

“Prendete posto. Inizia il film”. Ovvero Torino apre le porte al Cinema. Il concerto di inaugurazione questa sera alle 21 al teatro Regio di “Torino Città del Cinema 2020” dispiegato in “Un film lungo un anno”, venti brani sotto la direzione del maestro Alessandro Molinari e ricavati da colonne sonore che hanno contribuito a costruire la storia della nostra settima arte, unite alle immagini dei film prescelti, da “Profondo rosso” di Dario Argento al felliniano “Amarcord”, dai “Compagni” di Monicelli a “Caro diario” di Moretti, dal “Postino” con cui Massimo Troisi si congedò dal suo pubblico a “Profumo di donna” di Dino Risi alla “Finestra di fronte” di Ferzan Ozpetek.

 

Ma pure l’occasione per dare il via, con una serata d’anticipo (aspettiamo domani per inaugurare i red carpet che come ormai si sa da anni lasciano volentieri il passo alle discussioni e alle normali code ai botteghini, con la seriosa cancellazione delle facce arcinote con relative spese e gli arrivi in pompa magna) alla fitta settimana che sarà occupata dalla 37ma edizione del Torino Film Festival, ancora una volta diretto da Emanuela Martini (l’ultima? o qualcuno avrà qualche ripensamento?), ancora per l’occasione (troppo?) legata alle “notti horror” e ai brividi di contorno, disseminati sotto diversa e più o meno intensa veste in ogni sezione, Cristina Comencini a capitanare la giuria del concorso, una fitta rete di titoli – 44 opere prime e seconde, 45 anteprime mondiali, 28 anteprime internazionali, 64 anteprime italiane -, un budget che può contare su un milione e 900 mila euro.

L’apertura è affidata a Jojo Rabbit firmato da Taika Waititi, interpreti Scarlett Johanson e Sam Rockwell, una satira sferzante e spiazzante del nazismo e dei suoi miti, la storia di un ragazzino di dieci anni nella Vienna del nazismo, capace di inventarsi un amico immaginario, che è Hitler stesso, mentre la mamma nasconde in casa una ragazza ebrea; mentre il film di chiusura è Knives out di Rian Johnson, con Daniel Craig, Jamie Lee Curtis e Christopher Plummer (in uscita sugli schermi il prossimo 5 dicembre con il titolo Cena con delitto), dove un detective indaga sull’apparente suicidio di un ricco scrittore di romanzi gialli, morto quando tutti i suoi congiunti, in odore di plausibile movente, sono riuniti a festeggiare il suo ottantacinquesimo compleanno. Quindici i film del concorso, 18 i paesi partecipanti, produttori e coproduttori: Argentina, Canada, Cile, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Islanda, Italia, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Taiwan e Tunisia. Se la musica con le aspirazioni di una giovane musicista è al centro del francese Le choc du futur (la musica si specchia anche nel tedesco Prélude di Sabrina Sarabi, la dedizione assoluta di un giovane pianista, il sogno di vincere una borsa di studio, l’apparizione di una ragazza che scuote la fragilità di David), se l’argentino Fin de siglo offre ad una coppia l’occasione per duplicare il “breve incontro” di vent’anni prima, se le schermaglie prima e la complicità poi legano tra gli argini del Polesine Giuseppe Battiston e Stefano Fresi in Il grande passo di Antonio Padovan, nei dintorni degli incubi ci si ritrova con El hoyo dello spagnolo Galder Gaztelu-Urrutia, dove un uomo un bel mattino si risveglia in una prigione verticale, e con un vecchio vicino di letto, fatta di piani con due prigionieri ciascuno attraverso cui una volta al giorno scende una piattaforma zeppa di cibo: più si è sopra e più ci si abbuffa, mentre più si scende più restano le briciole.

Da tener d’occhio Now is everything, opera prima di Riccardo Spinotti (papà Dante produce e fotografa) e Valentina De Amicis, un giovane fotografo di moda diviso tra la morte del fratello minore e la scomparsa della fidanzata: nel cast Ray Nicholson, figlio di Jack, e Anthony Hopkins; mentre dagli Usa arriva Ms. White light di Paul Shoulberg in cui la giovane Lex sa entrare in empatia con le persone che muoiono, cosa che non le riesce con il resto del mondo che la circonda, dalla Gran Bretagna Tom Cullen (il maggiordomo di Downton Abbey, al suo debutto nella regia) porta Pink Wall, sei anni nella vita di Jenna e Leon, raccontati in sei momenti della loro relazione, e dalla Tunisia ecco la storia drammaticamente forte di una donna che ha il marito in carcere e un amante di cui è follemente innamorata (Le rêve de Noura di Hinde Boujemaa). E ancora altre storie, tra famiglie che si dilaniano, donne in cerca di uno stabile futuro, giovani in cerca di un successo che continua a sfuggire, contrasti, false amicizie, ambizioni e povertà, il vivere e il lasciarsi vivere, tutto a raccontare le nostre esistenze.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, Giuseppe Battiston e Stefano Fresi in “Il grande passo” di Antonio Padovan (in concorso), “Jojo Rabbit” film inaugurale del festival e “Pink Wall”, opera prima di Tom Cullen (in concorso)

Che successo il viaggio notturno di Torino Spiritualità

La XV edizione dedicata alla notte è stata un successo di pubblico con oltre 22.000 presenze, tra sold out, code e tanti applausi

 Ieri, domenica 29, ha chiuso i battenti Torino Spiritualità, festival dedicato alle grandi domande dell’umanità esplorate attraverso l’intreccio di fedi, culture e religioni. La XV edizione ha proposto al pubblico un affascinante viaggio notturno, tra lezioni, letture, dialoghi, esperienze, grandi testimonianze e incontri, per esplorare la maestosa e ambivalente bellezza della notte, capace di racchiudere in sé mistero e ispirazione, terrore o letizia. Ad infinita notte, quindi, perché la notte è dietro e davanti a noi: appena passata, già ci attende di nuovo. È una presenza sognata, uno scrigno dalla capienza infinita.

Torino Spiritualità è stato quest’anno stringersi insieme intorno a un fuoco, come quei viaggiatori antichi e misteriosi che compaiono nell’opera di copertina realizzata per il festival dall’illustratore Alessandro Sanna. Un’esperienza da fare insieme, dialogando e scambiandosi pareri e opinioni: oltre 22.000 presenze per i più di 110 appuntamenti in programma nelle 35 location della rassegna diffusa. Un successo per l’edizione quest’anno concentrata in quattro intensi giorni, invece dei tradizionali cinque. La comunità del festival si è infatti raccolta a ogni ora, da mattina a sera – anche fino alle 2 di notte per il laboratorio con Stefano Faravelli – donne e uomini di età diverse che hanno deciso di prender parte, ascoltando attenti, interrogandosi, insieme alle più di 100 voci dal mondo, sui volti della notte, le sfumature dell’ombra, l’ora della veglia dal punto di vista religioso, filosofico, letterario ma anche scientifico, perché Torino Spiritualità è un festival che incrocia discipline e sguardi, che fa incontrare umanesimo e scienza.

Curiosità: il libro più venduto durante i giorni della rassegna è stato Nessun amico oltre le montagne (add editore) di Behrouz Boochani, ospite in collegamento telefonico dall’isola in cui è detenuto dal governo australiano. Esaurito ancor prima dell’incontro quello di Pablo d’Ors, sacerdote spagnolo, Biografia del silenzio (Vita e Pensiero). Successo per Una verità che disturba (EMI Editrice Missionaria Italiana) di Timothy Radcliffe e L’universo e la carità (AnimaMundi) di Chandra Livia Candiani.

Già nelle due settimane precedenti l’inizio, il festival ha registrato i primi sold out, esaurendo di fatto i biglietti per gli appuntamenti a pagamento ben prima dell’inaugurazione del 26 settembre. Davanti ai teatri e alle diverse sedi di Torino Spiritualità, in molti si sono messi in coda per garantirsi l’ingresso agli incontri gratuiti. Una comunità che si ritrova ogni anno, che non manca l’appuntamento con la manifestazione, attesa come evento imperdibile del settembre torinese.

La grande partecipazione di pubblico, pienoni e applausi, l’entusiasmo con cui il tema della XV edizione è stato accolto, attestano Torino Spiritualità tra le manifestazioni più apprezzate. Non contenitore di eventi, ma proposta vera di riflessione che si snoda da un’idea precisa, il festival non rinuncia mai alla complessità, e proprio questa è la sua forza e vitalità.

Buio, ombra e veglia: queste le parole che hanno attraversato l’edizione, parole che durante il festival sono state ispirazione ma soprattutto esperienza, come durante l’incontro con l’eremita non vedente Wolfgang Fasser, in un Teatro Carignano straordinariamente a luci spente. Con la dolcezza, semplicità e concretezza che lo contraddistinguono, Fasser ha accompagnato il pubblico in un percorso a occhi chiusi, a condurli la sua voce e le musiche del quartetto Shalom Klezmer di cui lui stesso fa parte.

Tra i tanti momenti memorabili dell’edizione notturna di Torino Spiritualità si ricorda innanzitutto l’inaugurazione, come sempre nella Chiesa di San Filippo Neri, che quest’anno ha visto protagonisti di un inedito dialogo il maestro dell’horror Dario Argento e il priore di Bose Luciano Manicardi. Incalzati dalle domande di Armando Buonaiuto, curatore del festival, i due ospiti hanno generosamente raccontato di sé, delle loro paure e delle loro notti, talvolta ricche di sogni, altre volte di incubi. Un confronto intimo sui mostri che si annidano nel buio, arricchito dalla proiezione di spezzoni di film amati o realizzati dal regista, come Suspiria. Ma anche l’anteprima del festival, in collaborazione con Gruppo Iren, è stata speciale: sul palco del Circolo dei lettori Matteo Caccia ha intervistato Luca, Andrea, Mario, Dario, Edoardo, lavoratori notturni, tra storie e aneddoti per conoscere esperienze di vita insolite, quelle di chi invece di dormire prepara il nostro risveglio.

Torino Spiritualità è proseguito con la lettura sold out di Neri Marcorè da L’avversario di Emmanuel Carrère con i bravissimi Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo, e con il dialogo tra Ascanio Celestini e Simone Regazzoni sul buio delle periferie e sulle vite di chi sta ai margini, in collaborazione con Festival delle Migrazioni alla Scuola Holden. L’attivista per i diritti umani Meir Margalit e il giornalista Domenico Quirico hanno invece parlato di guerre, degli impossibili addii alle armi che affliggono il nostro mondo in un gremito Teatro Gobetti, mentre il biblista e fondatore di Bose Enzo Bianchi, nell’incontro sold out al Teatro Carignano, ha invitato all’insurrezione delle coscienze contro i tempi bui che viviamo, per difenderci da chi vuole farci credere che noi veniamo prima degli altri, per sfatare quella che gli ebrei chiamano la notte delle notti.

In tantissimi anche al Tempio Valdese per meditare insieme alla pastora Sophie Langeneck e allo Spazio ZeroSei per sperimentare, da adulti, i percorsi esperienziali dedicati ai bambini. Pienone per Svamini Hamsananda Ghiri, Guidalberto Bormolini e Marco Vannini e la loro lezione in musica Quando è notte per gli uomini, i saggi vegliano. Una Chiesa di Gesù Nazareno stracolma ha ascoltato Timothy Radcliffe che, dopo l’intervento sulla maestosa intimità della notte, ha girato tra le panche per rispondere da vicino alle domande del pubblico. Intanto, altri hanno preso parte all’atelier creativo e liberatorio con il pongo, a lume di candela, guidati da Stefano Faravelli, dalle 21 alle 2 di notte.

Innanzitutto voglio invitarvi a essere filologi: amici della parole. A mettere ordine nel linguaggio, questa è stata l’esortazione con cui Vito Mancuso ha aperto la sua lezione sold out Madre notte, mentre il vescovo di Pinerolo Derio Olivero ha condotto un appassionato intervento su Guernica, un invito a inoltrarsi nella notte che ferisce. Il direttore del Salone Internazionale del Libro, Nicola Lagioia, ha invece invitato il pubblico a seguirlo in una coinvolgente ricognizione sugli scrittori capaci di avventurarsi nel mondo delle tenebre. Giuseppe Plazzi, direttore del Centro per i disturbi del sonno di Bologna, ha tenuto una lezione interessantissima sull’insonnia partendo da casi clinici, mentre Christian Greco, direttore del Museo Egizio, un intervento sull’iconografia del Libro del Giorno e del Libro della Notte. Sale gremite per entrambi gli incontri.

Mario Calabresi e Omid Tofighian hanno raccontato all’Aula Magna della Cavallerizza Reale la tragica storia di Behrouz Boochani, in collegamento telefonico, giornalista curdo da anni detenuto in un’isola in mezzo al Pacifico dal governo australiano. Di silenzio e luce, di Dio e ombre, ha dissertato invece Pablo d’Ors, scrittore e sacerdote spagnolo, consultore del Pontificio Consiglio della Cultura, mentre con Maciej Bielawski una lezione di canto gregoriano per canticchiare insieme odi notturne. Giulio Biino, presidente della Fondazione Circolo dei lettori, accompagnato dalla tromba di Giorgio Li Calzi, ha incantato il pubblico ripercorrendo la straordinaria vicenda che ha portato l’uomo per la prima volta sulla Luna, nello splendido contesto della terrazza dell’hotel NH. Dal cielo alle profondità marine con Angelo Mojetta, biologo, che ha dialogato con l’astrofisico Amedeo Balbi sull’oscurità dell’oceano inesplorato e su quella dell’universo.

Parola a Gabriella Caramore e Elena Loewenthal in un Teatro Gobetti stracolmo, per un dialogo sulla necessità di custodire la parola Dio per non estinguerne l’inesauribile scintilla. Sold out anticipato anche per l’incontro tra la poetessa Chandra Livia Candiani e il sacerdote Paolo Scquizzato al Teatro Gobetti e per Massimo Recalcati e la sua lezione Ascoltate questo sogno che ho fatto al Teatro Carignano. Successo per la lezione di Roberto Casati sulle forme dell’ombra. Tutto esaurito per lo spettacolo di Daria Bignardi, ricognizione sulle facce dell’ansia, e per la meditazione sonora Spiritual Sound. Attesi ancora l’appuntamento con la storica della cultura Tiffany Watt Smith che esplorerà le emozioni oscure al Teatro Gobetti, per Mi sono nascosto, confronto tra Brunetto Salvarani, Alessandro Zaccuri, Francesco Antonioli e per Ombra e radura dell’umanità. Il significato “ecologico” della notte con Carlo Grande.

Gli oltre 100 volontari, tra i quali si annoverano quest’anno anche i giovani studenti del progetto alternanza scuola-lavoro, hanno dato all’organizzazione del festival un contributo fondamentale.

Questo e molto altro ancora è stato Torino Spiritualità, progetto di Fondazione Circolo dei lettori, con il sostegno di Regione Piemonte, Città di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale. Con il patrocinio di Università degli Studi di Torino. Media partner La Stampa e Radio3. Main Partner UBI Banca, Gruppo Iren. Partner Damilano, Sparea, Yogi Tea. Partner tecnici Lavazza, EXKi, IBS.it.

 

(foto archivio: A. Cherchi)

“Torino Spiritualità” riflette su buio, ombra e veglia

Torino Spiritualità  torna come ogni settembre in città dal 26 al 29 settembre. A cura del Circolo dei Lettori è la quindicesima edizione intitolata Ad infinita notte, che rifletterà su buio, ombra e veglia. Novara ospiterà, per iniziare, dal 20 al 22 settembre, Scarabocchi,  sottotitolo  “il mio primo festival”, iniziativa dedicata al disegno e non solo, e un festival a misura di famiglie con riflessioni di grandi intellettuali per sperimentare dal vivo in laboratori. Poi la seconda edizione a Torino per il Festival del Classico, in scena dal 17 al 20 ottobre un tuffo nella cultura antica per riflettere sulla libertà.

«È un titolo bellissimo che riunisce i festival in un unico percorso – ha osservato l’assessore alla cultura di Torino Francesca Leon – una moltitudine di pensieri, voci e parole. Grazie alle riflessioni portate avanti da questi festival potremo imparare qualcosa in più con persone che hanno pensato e portato avanti innovazione e pensiero. Insieme al Circolo dei lettori la Città di Torino partecipa alla progettazione per il Salone del libro in seguito al protocollo di intesa, speriamo che ora si prosegua con il percorso che porta la Città tra i soci fondatori del Salone: insieme possiamo avere più forza e sinergia, come abbiamo alle spalle le Biblioteche civiche, per esempio».

La Regione conferma il sostegno all’iniziativa per accrescere la cultura del territorio e sviluppare i valori di crescita per la società.

Armando Bonaiuto  propone il suo calendario diffuso di incontri che nel 2019 rifletteranno sul tema della notte, sulla sua ambivalenza e ambiguità, sul suo «margine vibrante di inquietudine, fascino e mistero». Matteo Caccia, Neri Marcorè, Dario Argento, Ascanio Celestini, sono solo alcuni dei protagonisti di un  programma intenso, in cui si intrecciano due cicli di approfondimenti, quelli biblici e quelli dedicati alle supernove, stelle esplose, simbolo di alcune personalità del 900. Molti anche gli  ospiti stranieri come  teologo inglese Timothy Radcliffe, lo scrittore e presbitero spagnolo Pablo d’Ors, il teologo e poeta portoghese José Tolentino Mendonça

Ottobre sarà infine il mese del Festival del classico, con l’obiettivo di spolverare i classici, affinché tornino vivaci compagni di viaggio per valorizzare la cittadinanza consapevole.

Tra gli ospiti della seconda edizione: il filologo classico e storico Luciano Canfora, il filologo Maurizio Bettini, i filosofi Massimo CacciariUmberto GalimbertiSalvatore Natoli e Mauro Bonazzi, la filosofa Franca D’Agostini, il latinista Ivano Dionigi, l’attore Moni Ovadia, l’attrice Lella Costa, i linguisti Massimo Arcangeli e Gian Luigi Beccaria, i matematici Piergiorgio Odifreddi e Lucio Russo, lo storico della filosofia antica Giuseppe Cambiano, il giurista Armando Spataro, il direttore di La Stampa Maurizio Molinari e il direttore di L’Espresso Marco Damilano e molti altri.

Torino e il cinema, un amore di lunga data

Torino con le sue strade signorili, l’architettura barocca di Guarini, la raffinata visione architettonica di Juvarra, la grandiosità di Antonelli e l’influenza dello stile Liberty è diventata lo sfondo ideale di importanti produzioni cine-televisive, una cornice perfetta fatta di eleganza ed energia, di rigore e creatività.

Molti sono i film girati nella prima capitale d’Italia in passato e ai giorni nostri: “Profondo Rosso” di Dario Argento a Villa Scott, “An Italian Job” con una spettacolare fuga di tre Mini Cooper dalla Gran Madre al Lingotto, “La Donna della Domenica” con Marcello Mastroianni al mercato dell’antiquariato del Gran Balon, “Il Divo” di Sorrentino, il recentissimo “Fai bei Sogni” di Marco Bellocchio con Valerio Mastrandea.

 

Anche molte fortunate serie televisive sono state ambientate a Torino: “Provaci ancora Prof” con Veronica Pivetti, “Fuori Classe” con Luciana Litizzetto girato nello storico liceo Cavour e ai Giardini Cavour, “Non Uccidere” con Myriam Leone di cui si aspetta la seconda stagione.

Questo corposa attività dietro la macchina da presa ha dato vita ad un vero e proprio fenomeno di cine-turismo che vede persino una serie di percorsi segnalati su mappa associati a film e personaggi famosi, differenti tra loro per tipologia e contenuti.

Insomma ci capiterà sempre di più di imbatterci a Torino in set cinematografici, troupe, attori famosi e meravigliose locations protagoniste sullo sfondo di storie che ci appassioneranno, d’altronde Torino ha contribuito molto allo sviluppo dell’industria cinematografica, la Film Commission attiva sul territorio dal 2000 ha stimolato molto le produzioni creando le condizioni ideali per girare film italiani ed stranieri e offrendo nuove ed interessanti opportunità di lavoro.

Infine ricordiamo che Torino ospita presso la Mole Antonelliana Il Museo del Cinema, un posto incredibile e unico dove la visita diventa un vero e proprio viaggio all’interno del mondo del cinema e la molteplicità degli allestimenti espositivi rappresenta una irripetibile esperienza.

Maria La Barbera

 

Le gallerie di Torino, passaggi eleganti e preziosi

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Sono raffinate, di pregio e funzionali le gallerie coperte di Torino. Storiche e ricche di fascino raccontano, insieme ai portici, lo splendore della prima capitale d’Italia, la sua unicità e la sua personalità regale
Non sono solo belle da vedere, ma anche utili e confortevoli nel caso in cui non si voglia rinunciare ad un caffè o allo shopping in un giorno di pioggia o di caldo afoso. Le tre più importanti sono frequentatissime dagli abitanti di Torino ma anche da turisti e visitatori appassionati di questa città, cultori di un patrimonio architettonico indiscusso. La Galleria San Federico , la più grande e imponente, è stata inaugurata nel 1933. Originariamente collegava solo Via Roma a Via Santa Teresa, successivamente il suo ampliamento a forma di T, grazie ad un progetto di Federico Cavova e Vittorio Bonadé, ha visto l’apertura anche su Via Bertola. All’interno troviamo negozi eleganti e di stile, ristoranti, bar e uno dei cinema più antichi di Torino: il Lux. Una particolarità di questa galleria, che attira ancor di più curiosi e ammiratori, è il suo trasformarsi in palcoscenico, spessissimo infatti vengono improvvisati concerti di musica classica molto seguiti e apprezzati. Un altro spazio importante, riconosciuto come simbolo di Torino per la sua vocazione reale e il suo stile sfarzoso, è la Galleria Industriale Subalpina che fa da collegamento tra Piazza Castello a Via
Cesare Battisti. inaugurata nel 1874 su progetto di Pietro Carrera, possiede un deciso stile ottocentesco alternato ad elementi più moderni come la volta, ornata in ferro battuto. Anch’essa ospita locali storici e negozi ricercati ed è stata diverse volte anche un set cinematografico, sono infatti state girate alcune scene di importanti film come La donna della domenica di Luigi Comencini e Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento. Il nome è quello del suo sponsor, ovvero la banca che pagò per la sua costruzione. Infine la Galleria Umberto I , collegamento tra Piazza della Repubblica, sede del mercato più grande d’Europa, e Via della Basilica. Aperta al pubblico nel 1890, ha in realtà una storia ben più lunga risalente alla fine del 1400, come facente parte di Palazzo Cavalieri, ed a fine 1500, come sede dell’ospedale Mauriziano poi spostato in un’altra parte della città, l’omonima farmacia, invece, è ancor oggi all’interno della galleria. Il suo restauro, nel 1888, fu affidato all’ing. Rivetti e il suo nome è un omaggio al monarca di quel periodo: Re Umberto I. Semplice ed essenziale nella sua struttura é decorata in ferro e metallo, materiali tipici del XIX secolo. Luminosa e dai soffitti altissimi, ospita ristoranti e locali commerciali interessanti ed è un’ oasi di pace in contrasto col vivacissimo mercato adiacente.

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

7 uomini a mollo – Commedia. Regia di Gilles Lellouche, con Mathieu Amalric, Guillaume Canet, Benoît Poelvoorde e Jean-Hugues Anglade. Sotto i cieli di Grenoble, un gruppo di quarantenni nel pieno di una crisi di mezza età (uno è diviso dalla moglie, un imprenditore cui gli affari non vanno certo bene, un musicista emblema di ogni fallimento), fisici non certo in piena forma, decide di formare la prima squadra di nuoto sincronizzato maschile della piscina che frequentano. Affrontando lo scetticismo e la vergogna di amici e familiari, allenata da una campionessa ormai tramontata e alla ricerca di conferme, il gruppo si imbarca in un’avventura fuori dal comune per riscoprire un po’ della propria autostima e imparare molto su se stessi e sugli altri. Durata 122 minuti. (GreenwichVillage sala 2)

 

L’agenzia dei bugiardi – Commedia. Regia di Volfango Di Biasi, con Giampiero Morelli, Alessandra Mastronardi, Massimo Ghini e Carla Signoris. Fred dirige con un paio di colleghi un’agenzia che fornisce alibi ai mariti e li mette al riparo dalle loro scappatelle. L’organizzazione comincia a traballare quando l’apprendente bugiardo si innamora della bella Clio, prende a riempirla di bugie circa la propria attività, scoprendo altresì che il padre dell’amata è uno dei suoi più assidui clienti, che fa di tutto per nascondere la relazione con una giovane rapper. La storia li vedrà in vacanza tutti insieme, con un bell’insieme di sotterfugi e altre bugie da raccontare. Durata 90 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Aquaman – Fantasy. Regia di James Wan, con Jason Momoa. Arthur Curry, noto anche come “Aquaman, il protettore degli Oceani”, dovrà garantire una pacifica convivenza tra gli uomini della Terra e quelli che vivono nelle profondità marine di Atlantide: i primi continuano ad inquinare il pianeta, gli altri in tutta segretezza progettano di invadere il pianeta. Durata 143 minuti. Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Attenti al gorilla – Commedia. Regia di Luca Miniero, con Frank Matano, Cristina Capotondi e Lillo. Lorenzo, avvocato fallito, vuole recuperare la stima della propria famiglia e di sua moglie soprattutto. Decide di far causa alo zoo della città: ne uscirà vincitore ma dovrà portarsi a casa un enorme gorilla e di lì in poi la coabitazione non sarà sempre facile. Durata 95 minuti. (The Space, Uci)

 

La Befana vien di notte – Commedia. Regia di Michele Soavi, con Paola Cortellesi e Stefano Fresi. Di giorno Paola è una maestrina che svolge il proprio ruolo tra le verdi montagne dell’Alpe di Siusi, in un preciso periodo dell’anno, naso più che aquilino, unghioni poco tranquillizzanti e acciacchi immancabili dovuti all’annuale logorio, si trasforma nella vecchietta che a cavallo di una scopa distribuisce doni ai bimbi buoni. Chi gli sta davvero antipatico è quel Babbo Natale che sponsorizza la bevanda più famosa del mondo mentre lei non è mai stata incaricata di sponsorizzare neppure un lassativo. E se un bel giorno venisse rapita da un brutto tipaccio, diciamo un ex ragazzino cui lei un tempo non ha consegnato un regalo, traumatizzandolo, che oggi non vede l’ora di rubarle le letterine che i bambini le hanno inviato? E se sei dei suoi allievi le corressero in aiuto? Tra una spolverata di divertimento e un pizzico di horror. Che non è quello che possa terrorizzare le nuove generazioni, hanno già visto di peggio. Quel che manca quasi totalmente è un itinerario narrativo capace di tradurre una semplice trovatina in qualcosa di più convincente. Durata 98 minuti. (Uci)

 

Bohemian Rhapsody – Commedia musicale. Regia di Bryan Singer, con Rami Malek. La vita e l’arte di uno dei più leggendari idoli musicali di tutti i tempi, Freddie Mercury, leader dei britannici Queen, il rapporto con i genitori di etnia parsi, l’amore (sincero) per la giovane Mary, la trasgressione e l’omosessualità, i vizi privati e il grande successo pubblico, la sregolatezza accompagnata al genio musicale: il ritratto completo di un uomo e della sua musica, sino al concerto tenuto nello stadio di Wembley nel luglio del 1985. Durata133 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Harpo anche V.O., GreenwichVillage sala 2 e 3, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Capri-Revolution – Drammatico. Regia di Mario Martone, con Marianna Fontana, Antonio Folletto e Reinhout Scholten van Aschat. Nel 1914 l’Italia sta per entrare in guerra. Una comune di giovani nordeuropei ha trovato sull’isola di Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella vita e nell’arte. Ma l’isola ha una sua propria e forte identità, che si incarna in una ragazza, una capraia di nome Lucia. Il film narra l’incontro tra Lucia, la comune guidata da Seybu, un giovane pittore, e il giovane medico socialista del paese. E narra di un’isola unica al mondo, la montagna precipitata nelle acque del Mediterraneo che all’inizio del Novecento ha attratto come un magnete chiunque sentisse la spinta dell’utopia e coltivasse ideali di libertà, come i russi che, esuli a Capri, si preparavano alla rivoluzione. Durata 122 minuti. (Massimo sala 2)

 

City of Lies – L’ora della verità – Thriller. Regia di Brad Furman, con Johnny Depp e Forest Whitaker. Basato sul libro di Randall Sullivan, il film è l’incontro tra un ex detective, Russell Poole, che per anni ha cercato di dare un volto agli assassini di due rapper americani, uccisi alla fine degli anni Novanta, ed il giornalista Jack Jackson, anch’egli desideroso di far luce sull’accaduto. Insieme scopriranno che dietro quegli omicidi si nasconde un gruppo di poliziotti corrotti. La cornice è Los Angeles, il poliziesco che punta dritto alla scoperta della verità, può essere una nuova prova positiva per Depp, che negli ultimi anni non ha certo brillato per scelte o per risultati. Durata 112 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, The Space, Uci anche V.O.)

 

Cold War – Drammatico. Regia di Pawel Pawlikowski, con Tomasz Kot, Joanna Kulig e Agata Kulusza. Premio per la miglior regia a Cannes ed ora presentato agli Oscar come miglior film straniero. Girato in bianco e nero, è un omaggio del regista ai suoi genitori. Nella Polonia degli anni Cinquanta, dove la Storia è occupata dal grigiore quotidiano dell’occupazione sovietica, la giovanissima Zula viene scelta per far parte di una compagnia di danze e canti popolari. Tra lei e Viktor, un pianista che segue i provini, nasce un grande amore, ma nel corso di un’esibizione a Berlino est, lui sconfina e lei non ha il coraggio di seguirlo. Si incontreranno di nuovo, nella Parigi della scena artistica, con nuovi amori ma essi stessi ancora innamorati l’uno dell’altra. Ma stare insieme è impossibile, perché la loro felicità è perennemente ostacolata da una barriera di qualche tipo, politica o psicologica. Un film capolavoro, una storia d’amore che andava raccontata esattamente così, il bianco e nero a riempire le giornate e i sentimenti, gli attimi bui a suddividere letterariamente l’intera storia, un’interprete femminile guidata in tutta la sua bravura, capace di essere splendida e allo stesso tempo di divenire insignificante, un regista che concentra in una scena sola pagine e pagine di quel racconto che potresti leggere su di una pagina scritta, annotando ogni particolare, ogni sguardo, ogni sorriso e ogni incertezza, ogni decisione, sotto le luci e le ombre della Polonia e di Parigi. Assolutamente da vedere. Durata 85 minuti. (Nazionale sala 2)

 

La douleur – Drammatico. Regia di Emmanuel Finkiel, con Melanie Thierry e Benoît Magimel. Nella Parigi del 1944, Marguerite Duras prese ad attendere il ritorno del marito Robert, personaggio importante della Resistenza, che la Gestapo aveva arrestato. La scrittrice pubblicò a metà degli anni Ottanta i diari di quell’epoca, con le ansie, il terrore, il dolore che derivavano, i sospetti in quanti vedeva attorno a sé. Durata 127 minuti. (Centrale anche V.O.)

 

Il gioco delle coppie – Commedia. Regia di Olivier Assayas, con Juliette Binoche, Guillaume Canet e Vincent Macaigne. L’editoria di oggi, gli acquisti on line e l’e-book che stanno tentando di cancellare o di affievolire il cartaceo (ah! il piacere della carta, di sfogliare pagina dopo pagina), un editore parigino di successo e uno di quegli scrittori che quel successo l’hanno scritto, la discussione intorno ad un nuovo manoscritto, gli intrecci amorosi, di Selena che è moglie dell’editore e amoreggia con lo scrittore, a sua volta fidanzato con un’assistente di un politico di sinistra. Infine, in questo “girotondo” dei nostri tempi, Laura, la nuova amica dell’editore, assunta con l’incarico di addetta alla transizione al digitale. Le relazioni, quindi, al tempo di internet, con i nuovi mezzi di comunicazione, la scrittura e il suo futuro, la cultura e le differenti maniera di conoscenza: attualissimo. Durata 108 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Glass – Drammatico. Regia di M. Night Shyamalan, con James McAvoy, Bruce Willis, Samuel L. Jackson e Sarah Paulson. Il regista del “Sesto senso” conclude una trilogia (ma ci potrebbe essere in futuro un qualche ripensamento?) che aveva iniziato nel 2000 con “Unbreakable – Il predestinato” ed era proseguita con “Split”. Oggi riunisce i suoi attori feticcio e dà il via ad una nuova quanto visionaria storia. In un concerto per supereroi, Dunn (Willis) è sulle tracce di Crumb (McAvoy), come la polizia del resto. Entrambi si ritroveranno nello stesso ospedale psichiatrico, in compagnia di Price, detto Mr Glass, l’acerrimo nemico di Dunne. Durata 128 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space. Uci anche V.O.)

 

Maria regina di Scozia – Drammatico. Regia di Josie Rourke, con Saoirse Ronan e Margot Robbie. Maria, sposa al re di Francia e vedova soltanto due anni dopo, in giovanissima età, rivendica il trono d’Inghilterra. La cugina Elisabetta la considera una minaccia allorché essa torna nella sua Scozia. Tuttavia alla rivalità, in una lettura fatta all’insegna del femminismo e delle pagine della biografia scritta da John Guy, si può sostituire a tratti un forte legame che cerca solidità in mezzo alle guerre di religione e agli intrighi di palazzo, in una lotta continua all’interno di un mondo ferocemente ed esclusivamente maschilista. Durata 124. (Eliseo Grande, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Il mio capolavoro – Commedia. Regia di Gastòn Duprat, con Guillermo Francella e Luis Brandoni. L’amico del cuore di Arturo, gallerista d’arte, è Renzo Nervi, un pittore che negli Ottanta aveva raggiunto un grande successo ma ora è caduto in disgrazia a causa del suo carattere impossibile. Renzo è un ubriacone e un donnaiolo, vive nel degrado e nella sporcizia, non si interessa al denaro e campa di espedienti, togliendosi il gusto di insultare chiunque non gli vada a genio – cioè praticamente tutti. Tuttavia sono proprio questi difetti a renderlo simpatico agli occhi di Arturo. Quando però un incidente confina Renzo in ospedale privandolo temporaneamente della memoria, il pittore chiede all’amico di toglierlo per sempre dalla sua miseria esistenziale. Quale decisione prenderà il gallerista? Durata 104 minuti. (GreenwichVillage sala 1 e 3)

 

Moschettieri del re – Commedia. Regia di Giovanni Veronesi, con Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo, Sergio Rubini, Margherita Buy e Alessandro Haber. Sono tutti un po’ invecchiati, non tirano più di spada da parecchio tempo, si sono ritirati a vita tranquilla: D’Artagnan s’è ridotto a fare il guardiano ai maiali, Athos vive in un castello tra eccessi erotici e sbornie, Porthos non ci sta più con la testa e Aramis s’è chiuso in convento. Ma è chiaro che se la regina Anna li richiamerà al proprio servizio per sconfiggere una volta per tutte le trame di Mazarino, accorreranno. Veronesi ce li ridà in salsa più che moderna (anche con Celentano in sottofondo), ci impiega un bel po’ di tempo a ripresentarceli prima di inventare per loro uno straccio di avventura, con Ugonotti e trame di palazzo compresi, quando poi ha il fiato un po’ corto decidere di dare il via ad un’altra vicenda di comodo (il rapimento di un giovane Re Sole che sta un po’ sulle scatole a tutti) e tira via abbastanza stancamente (e anche con un po’ di noia) verso il finale. Attenzione, esiste anche un sottotitolo che suona “La penultima avventura”. Aspettiamo il seguito in santa pace. Durata 109 minuti. (Reposi)

 

Non ci resta che il crimine – Commedia. Regia di Massimiliano Bruno, con Alessandro Gassmann, Marco Giallini, Edoardo Leo, Ilenia Pastorelli e Gianmarco Tognazzi. Tre amici a Roma, oggi, a corto di quattrini, cercano di inventarsi una qualche idea che li aiuti a vivere un po’ meglio. Perché non un “tour criminale” che ti porti a spasso per le strade che hanno visto le azioni criminali della Banda della Magliana: si sa, al turista un po’ di noir può sempre interessare. Ma che succede se i tre per uno strano tiro del destino ricapitano davvero negli anni Ottanta, a tu per tu con Renatino? Durata 102 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Reposi, The Space, Uci)

 

Old man & the gun – Azione. Regia di David Lowery, con Robert Redford, Sissy Spacek, Danny Glover e Casey Affleck. Il film (che Redford ha giurato essere l’ultimo nelle vesti d’attore, volendosi dedicare esclusivamente a dirigere e produrre) è ispirato alla storia vera di Forrest Tucker, un uomo che ha trascorso la sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Da una temeraria fuga dalla prigione di San Quentin quando aveva già 70 anni fino a una scatenata serie di rapine senza precedenti, Tucker disorientò le autorità e conquistò l’opinione pubblica americana. Coinvolti in maniera diversa nella sua fuga, ci sono l’acuto e inflessibile investigatore John Hunt, che gli dà implacabilmente la caccia ma è allo stesso tempo affascinato dalla passione non violenta profusa dal fuorilegge nel suo mestiere e da una donna, Jewel, che lo ama nonostante la sua professione. Durata 90 minuti. (Romano sala 3)

 

Il ritorno di Mary Poppins – Commedia. Regia di Rob Marshall, con Emily Blunt, Colin Firth, Angela Lansbury, Dick van Dyke e Meryl Streep. Forse il film più atteso dell’anno, “la ragazza del treno” come protagonista. Al posto di Julie Andrews, tata non più dimenticata da oltre cinquantanni. Nella Londra del 1930 colpita dalla Grande Depressione, ancora la famiglia Banks con il cresciuto Michael, vedovo, a dover badare ai suoi tre marmocchi, con l’aiuto della sorella Jane. In una simile situazione ecco che Mary Poppins deve tornare, anche questa volta a prendersi cura dei ragazzi. Scenografie e costumi come se ne vedono raramente al cinema, coreografie che sono dei piccoli capolavori (sul finale, il balletto dei lampionai, varrebbe il biglietto) e numeri divertenti (i ragazzini risucchiati con la tata appena ritornata nella vasca da bagno), le musiche niente male (bastano due note per farti andare indietro di mezzo secolo) e due o tre canzoni gradevoli: ma questo “ritorno” appare come la copia un po’ sbiadita dell’originale. Marshall, con Chicago e Nine alle spalle avrebbe dovuto essere assai più sfavillante, ma forse il colpevole vero è lo sceneggiatore David Magee che ha preparato uno script che tenta a fatica di correre dietro alla vecchia avventura, con l’espediente della morte della mamma dei ragazzini che vira tutto quanto in area di commozione e molto meno in quella del divertimento; che scopiazza l’arrivo e l’insediamento nella casa della tata, che inventa un salto prodigioso all’interno di una coppa rotta con un lunghissimo intervallo a cartoni animati, che ripete situazioni. Ma che in primo luogo sembra che inventi di tutto (la storiella delle quote bancarie dei Banks che si capisce fin da subito dove se ne stiano nascoste) per tenere il personaggio di Mary Poppins nelle retrovie, per cui la Blunt, pur moderatamente brava, non può prendersi la scena come faceva la Andrews. Si aggiunga il fatto che il lampionaio Lin-Manuel Miranda è per il pubblico di casa nostra è pur sempre un illustre sconosciuto e non ha certo lo humour di un Dick Van Dike (qui in un cameo che ce lo ridà in maniera tutta felice) e vedrete che il “ritorno” zoppica non poco. Durata 130 minuti. (Uci)

 

Santiago, Italia – Documentario. Regia di Nanni Moretti. Film di chiusura del TFF, l’autore di Habemus Papam” e di “Mia madre”, attraverso materiali documentaristici e le parole dei protagonisti, descrive i giorni che seguirono alla presa di potere di Pinochet nel Cile del 1973 e soprattutto il peso che la nostra ambasciata a Santiago ebbe nel dare rifugio alle centinaia di perseguitati politici alla ricerca di un rifugio sicuro. Durata 80 minuti. (Massimo sala 1)

 

Suspiria – Horror. Regia di Luca Guadagnino, con Tilda Swinton, Dakota Johnson e Chloë Grace Moretz. Il regista di “Chiamami col tuo nome” rivisita Dario Argento. Nella Berlino del 1977, una ragazza americana si unisce ad una compagnia di danza e incontra Madame Blanc, la coreografa. Di alcune allieve non si sa più nulla, mentre la presenza di forze malefiche s’avverte nella scuola e nei sotterranei è nascosto il segreto legato alle Tre madri, le streghe più potenti. Durata 152 minuti. (Massimo sala 1 e sala 3 in V.O., Uci)

 

Il testimone invisibile – Thriller. Regia di Stefano Mordini, con Riccardo Scamarcio, Miriam Leone, Fabrizio Bentivoglio e Maria Paiato. Adriano Doria, un giovane imprenditore di successo, viene colpito alla testa in una camera d’albergo chiusa dall’interno e si ritrova accanto il corpo senza vita della sua amante, l’affascinante fotografa Laura. Viene accusato di omicidio ma si proclama innocente. Per difendersi, incarica la penalista Virginia Ferrara, famosa per non aver mai perso una causa. L’emergere di un testimone chiave e l’imminente interrogatorio che potrebbe condannarlo definitivamente, costringono cliente e avvocato a preparare in sole tre ore la strategia di difesa e a cercare la prova dell’innocenza. Spalle al muro, Adriano sarà costretto a raccontare tutta la verità. Bell’esempio di giallo d’ambiente italiano, girato tra la Milano da bere e i boschi del Trentino, serrato, inatteso, con una sceneggiatura attenta ad ogni giravolta della vicenda, con il protagonista Scamarcio che non sfigura e un Bentivoglio che è tutto da applaudire nel suo personaggio di padre dolente che nel corso delle ricerche ha capito tutto. Durata 102 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Chico)

 

Una notte di 12 anni – Drammatico. Regia di Alvaro Brechner, con Antonio de la Torre e Chino Darìn. Settembre 1973. L’Uruguay è sotto il controllo di una dittatura militare. Il movimento di guerriglia dei Tupamaros è stato sconfitto e sciolto da un anno, i suoi membri sono stati imprigionati e torturati. In una notte d’autunno nove di essi vengono prelevati dalle celle nell’ambito di un’operazione militare segreta che durerà 12 anni. Da quel momento in poi verranno spostati, a rotazione, in diverse caserme sparse nel Paese e assogettati ad un macabro esperimento; una nuova forma di tortura volta ad abbattere la loro capacità di resistenza psicologica. Durata 123 minuti. (Classico anche V.O., Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità – Drammatico. Regia di Julian Schnabel, con Willem Dafoe, Oscar Isaac e Rupert Friend. Il pittore verso la fine della sua vita, i soggiorni ad Arles e a Auvers-sur-Oise, passando per l’ospedale di Saint Remy, la felicità e la libertà assaporate soltanto nel dipingere, le incomprensioni della gente non solo verso la sua pittura ma anche verso il suo carattere solitario e scontroso, i pochi mesi passati con Gauguin in un bisogno di amicizia che non toccò mai il cuore del pittore delle ragazze di Tahiti, l’orecchio mozzato, l’aiuto da parte del fratello Theo e la solidarietà affettiva che questi gli dimostrò per tutta la vita: c’è molto, con tanti dei quadri che conosciamo, dell’artista dei girasoli nel film di Schnabel, pittore anch’egli. C’è una macchina da presa che pare felicemente impazzita, ci sono i colori, le campagne del sud della Francia, tutta la poesia delle tele, al centro c’è una grande interpretazione di Dafoe, che s’immedesima appieno, che in certi momenti riesce ad “essere” il pittore. (Ambrosio sala 2 anche V.O., Eliseo Blu, Romano sala 1, Uci)

 

Vice – L’uomo nell’ombra – Drammatico. Regia di Adam McKay, con Christian Bale, Amy Adams, Steve Carrell e Sam Rockwell. Dall’autore della “Grande scommessa” la storia di Dick Cheney, dagli anni universitari (più alcolici che studio) alla scalata alla Casa Bianca, lavorando con Ford, Nixon e papà Bush fino a divenire vicepresidente di Bush jr, fino a stabilire in più di un’occasione la politica del presidente, capace di dargli piena decisione in politica estera, per otto lunghi anni: sempre con l’appoggio e con la presenza della moglie Lynne, divenendo il meno amato (andò in pensione con il 13% di gradimento) e il più potente. Una biografia a binario unico, salti temporali e vuote ricerche registiche, colpi d’accetta senza badare a spese piuttosto che il momento per offrire una logica e intelligente visione del passato, un teatrino dei pupi piuttosto che il ripensamento freddo ad un’epoca che ha segnato drammaticamente il volto dell’America. Durata 132 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Groucho, GreenwichVillage sala 1 anche V.O., Uci)

 

Il dare e avere della storia

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
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Un giornale nazionale con redazioni a Milano e Roma afferma: strani questi torinesi che prima votano la Chiara Appendino e poi lamentandosi si dichiarano pro Tav. Ergo, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Accidenti, ma si sa che nessuno è perfetto. Siamo consapevoli di aver fatto un errore, ma non vogliamo essere diabolici e non perseveriamo. Non ripetiamo l’errore e su questo vorremmo essere aiutati dalle altre Regioni.  A parziale discolpa riportiamo l’ultimo episodio che riguarda il rapporto tra Torino e Roma. Il ” povero ” Paolo Foietta manda 8 mail certificate a Conte presidente e al Ministro Toninelli, quello che si inventa i tunnel mai esistiti. Risultato ? Niente.  È Foietta chiede l’ incontro non per sapere che cosa deve fare, ma per relazionare che cosa ha fatto, come ha svolto e come intende svolgere il suo lavoro fino a fine mandato. Niente, proprio niente. Difficile lavorare in questo modo. Verissimo noi torinesi abbiamo sbagliato, ma siamo in buona compagnia. Mal comune mezzo gaudio? Non proprio così. Però se abbiamo sbagliato vi chiediamo di aiutarci nel rimediare, visto che è chiaro un solo punto: si può e si deve rimediare. Unica possibilità è cambiare radicalmente pagina amministrativa.  Come torinesi l’abbiamo sempre “sfangata”. I Savoia erano indecisi se fare del loro regno capitale Pinerolo o Torino. Faticosamente ha vinto la nostra città. Abbiamo cacciato saraceni e spagnoli e quando è stata l’ora pure ai francesi siamo stati capaci di dire  no.I Savoia hanno costruito tra i più i importanti e fondamentali archivi di Stato Europei. Che dire poi del nostro Barocco. Vero, gli architetti arrivavano dalla Sicilia. Una sana competizione con i francesi. È poi il nostro capolavoro, il  Risorgimento.
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Praticamente tutti sono nati qui.Giuseppe Garibaldi da Nizza italiana,Giuseppe Mazzini repubblicano e genovese. Con il Conte per antonomasia, Camillo Benso di Cavour. Il nostro Talleyrand.  Allora le cose si giocavano in grande. Delusi da Vittorio Emanuele II ci sentivamo scippati ma ci siamo reinventati.  Abbiamo dato ed abbiamo ricevuto. La Fiat ne è l’esempio. Giovanni Agnelli che geniale attraversa l’Atlantico per imparare da Ford come realizzare le linee di montaggio. E migliaia e migliaia di contadini da tutte le parti d’Italia diventavano operai di quelle linee.  È non è finita. Le prime occupazioni di fabbrica un po’ per la rivoluzione e soprattutto per salario e diritti. Nascita del Partito Comunista d’Italia, con migliaia di antifascisti costretti ad espatriare. Per po tornate ed organizzare la Resistenza. Qualche Presidente della Repubblica, giusto per gradire, poi la Cultura. La mitica casa Giulio Einaudi, editore da Pavese a Calvino al poliedrico Sergio Vittorini che insieme al suo Politecnico milanese era direttore editoriale. Con Beppe Fenoglio, all’ inizio non capito ma successivamente osannato.  Che dire poi dei capolavori di Dario Argento che con il suo Profondo Rosso aleggia tra piazza CLN e la collina di Villa Scott. Proprio così, abbiamo dato ed abbiamo ricevuto e 3 anni fa ci siamo sbagliati votando Chiara Appendino.  Potrei invocare le attenuanti generiche. Responsabilità diretta non ne ho, ma sono torinese fino al midollo. È chiedo aiuto per i Torinesi. Chiedo aiuto agli uomini di buona volontà, preoccupati e desiderosi di salvare la città. Chiedo aiuto a Marco Travaglio, insigne torinese. per capire e far capire che stiamo morendo e che la decrescita infelice è tra le più grandi stupidaggini mai dette. Non è questione di destra o sinistra, è questione di competenze e di capacità di una intera classe dirigente.Sabato ci tentano imprenditori ed operai, in particolare le loro organizzazioni sindacali, promettendo di non sbagliare più. La Chiara Appendino quando era in ambienti imprenditoriali rassicurava: non ci opporremo alla Tav e nel mentre cincischiava  con i centri sociali. Sì, qualcuno è stato preso in giro.

L’Italia che verrà

DAL 18 GENNAIO AL 30 MARZO

Il Risorgimento raccontato attraverso undici film. “L’Italia che verrà” è il titolo della rassegna cinematografica curata, insieme al regista Davide Ferrario, da Ferruccio Martinotti, direttore del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino (che ospiterà l’evento) e realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema. Gli anni che portarono all’Unificazione del Paese saranno raccontati sul grande schermo attraverso i più importanti classici – a partire dal kolossal “Il Gattopardo” di Luchino Visconti o da “I vicerè” di Roberto Faenza o ancora da “Uomini contro” di Francesco Rosi così come da “Viva l’Italia” o da “Vanina Vanini” di Roberto Rossellini – ma non solo. Il pubblico potrà anche partecipare, fino a venerdì 30 marzo, alla visione di titoli più recenti e, se vogliamo, più “insoliti: dall’originale “La pattuglia sperduta” di Pietro Nelli, fino a “Il brigante di Tacca del Lupo” (una sorta di via italiana al western) di Pietro Germi, all’antiretorico e antiborghese “Le Cinque Giornate” di Dario Argento e a “Piazza Garibaldi” dello stesso Davide Ferrario. “Un luogo crocevia della Storia, una sala cinema, uno straordinario secolo di storia nel quale gettare le reti, un grande uomo di cinema amico del Museo: impossibile – dichiara il direttore Ferruccio Martinotti non saldare l’equazione e generare qualcosa di intrigante”. Come certamente sarà. A partire dall’evento inaugurale, speciale e gratuito, in programma giovedì 18 gennaio dalle ore 18, allorché in Sala Plebisciti sarà proiettata un’autentica e rara chicca: “I mille”, film muto del 1912 firmato da Alberto Degli Abbati e Mario Caserini, su sceneggiatura di Vittorio Emanuele Bravetta, dal diario di Giuseppe Cesare Abba. Per l’occasione, il film – considerato uno dei primi lungometraggi dedicati alla figura di Garibaldi – verrà sonorizzato dal vivo con musica elettronica dal compositore Andrea Costa, autore di molte colonne sonore mentre sulle pareti scorreranno immagini del Museo e di altri film montate da Davide Ferrario. A seguire, tutte le altre proiezioni avranno luogo nella Sala Cinema del Museo e ogni film sarà proposto ai visitatori per un’intera settimana, dal sabato al venerdì successivo, alle ore 11 e alle 14,30 di ogni giorno. Si inizierà sabato 20 gennaio con “San Michele aveva un gallo” dei Fratelli Taviani.

g.m.

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“L’Italia che verrà”

Museo Nazionale del Risorgimento – Palazzo Carignano, via Accademia delle Scienze 5, Torino; tel. 011/5621147 – 5623719 – Dal 18 gennaio al 30 marzo – Ingresso gratuito per i visitatori muniti di regolare biglietto

Per info: www.museorisorgimentotorino.it

Foto
– Dal film “Piazza Garibaldi” di Davide Ferrario
– Ferruccio Martinotti

 

 

Marchetti ha aperto il nuovo locale

A pochi mesi dalla conquista dei tre coni di Gambero Rosso, Alberto Marchetti, nell’olimpo dei migliori gelatieri d’Italia, ha inaugurato ufficialmente  il suo nuovo locale nel centro di Torino, in Piazza CLN 248-254. Una location super, nella piazza dove Dario Argento aveva voluto il Blu Bar di Profondo Rosso. E lo stile architettonico di Casa Marchetti (resina blu, ottone, ciliegio scuro) vuole proprio essere un omaggio a quel Blu Bar, “E poi – dichiara Alberto – Profondo Rosso è del 1975, e anch’io sono del 1975. Credo nel destino!”.

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Ma non chiamatela solo gelateria, Casa Marchetti è molto di più. Alberto l’ha pensata e voluta come una casa che potesse contenere tutta la passione, la voglia di raccontare il suo modo di fare il gelato e la sua storia e il desiderio di farlo nella maniera più semplice ed informale possibile…A due piani, il locale è nuovo, bellissimo, dove basta entrare per respirare aria di casa. C’è il grande bancone dei gelati con le carapine e, alle sue spalle, il laboratorio a vista: dalla produzione alla mantecatura, tutto avviene davanti agli occhi dei clienti. “Solo quello che serve, niente di più”, Alberto lo ha sempre raccontato e ora può anche farlo vedere.Basta scendere le scale per immergersi in un mondo fatto di eccellenza e gusto, dove i protagonisti sono le materie prime, i produttori e i partner che collaborano quotidianamente con Alberto. Proprio come in una casa, al piano inferiore di Casa Marchetti c’è il salotto con l’angolo del caffè realizzato in collaborazione con la TORREFAZIONE SAN DOMENICO di Roberto Messineo con le sue miscele presidio di Slow Food. C’è lo SPAZIO GUIDO GOBINO con un corner in cui il cacao Chontalpa e Sao Tomè sono protagonisti. C’è lo studio, dedicato alla ricerca delle materie prime d’eccellenza, all’importanza degli ingredienti per realizzare un gelato di qualità e in questo contesto si inserisce lo shop torinese dell’azienda agricola ALTALANGA. C’è unospazio espositivo dedicato alla storia del gelato ed infine la cucina che ospiterà eventi, collaborazioni con chef, presentazioni, workshop e tanto altro.

 

Una gelateria ma anche un laboratorio, uno spazio incontri, un magazzino, Casa Marchetti è il luogo dove poter vivere il gelato a 360° e scoprire i segreti che rendono il gelato di Alberto “Buono, Pulito e Giusto”.