ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 720

Apidge: che fare per gli insegnanti delle discipline giuridiche ed economiche?

SCUOLA2

Giorni, ore frenetiche per centinaia e centinaia di colleghi in attesa di qualche informazione chiara, attendibile, o almeno utile per “capire” quali effetti ai fini dell’insegnamento o dell’occupazione potrebbero sortire dalla nuova normativa su “la buona scuola”

 

Un’associazione professionale dovrebbe occuparsi di altro (curricoli, progettazione didattica, formazione…) e lasciare il campo ad altri soggetti istituzionalmente deputati alla gestione del personale. Invece, per quanto concerne le “cose” che caratterizzano l’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche (classe di concorso A019) nelle scuole pubbliche, noi di Apidge oggi non possiamo fare a meno di seguire con particolare attenzione ed interesse anche il vorticoso balletto di cattedre che sta caratterizzando la determinazione degli organici di diritto par l’Anno scolastico 2015/2016 da parte del Miur e dei suoi Organi periferici (DM 7 luglio 2015 n.470 e note successive) e delle inevitabili ripercussioni che il processo di immissioni in ruolo di nuovi insegnanti sta per produrre in tutto il mondo della scuola.

 

Fatti i conti, abbiamo scoperto che quest’anno in Italia i docenti-A019 individuati come “titolari” di una cattedra di insegnamento siano 7.050 (fonte Miur). Ma il Ministero da subito precisa come, a conti fatti, appena 6.748 siano le “cattedre di insegnamento disponibili”. Si prospetta dunque un nuovo anno scolastico di autentica passione per 322 insegnanti appartenenti al contingente “A019”, che già si trovano nei ranghi del pubblico impiego: per essi si profila una lunga ed estenuante trafila di sottili pratiche burocratiche destinate ad un “reimpiego”, spesso insoddisfacente sotto il profilo della professionalità docente. Un problema che – sempre per il contingente “A019” – sfiora appena i docenti di alcune Regioni, ma che diventa davvero problematico in Sardegna e in Basilicata, dove i cosiddetti docenti soprannumerari si attestano al 30% del contingente disponibile; in Sicilia, Umbria e Molise si supera abbondantemente la soglia del 10% dei docenti rimasti quest’anno senza cattedra.

 

Con queste premesse Apidge non poteva dunque rimanere a guardare dall’esterno l’esito di un dibattito parlamentare che, almeno nelle intenzioni, mirava a potenziare l’insegnamento del diritto e dell’economia politica nelle scuole e l’inserimento di tanti nuovi docenti. Di qui l’appello inascoltato a senatori e deputati tendente ad inserire la cultura giuridica ed economica in ogni tipo di percorso scolastico, di qui soprattutto la determinazione nel sostenere e valorizzare tutte quelle iniziative di parlamentari a corollario della nuova legge tendenti al potenziamento dell’autonomia delle scuole, ove fosse previsto l’insegnamento del diritto e dell’economia politica.

 

Gli insegnanti delle discipline giuridiche ed economiche hanno dunque trovato un esplicito riconoscimento alla loro professionalità in un ordine del giorno del deputato Fabio Lavagno, accolto come raccomandazione dal Governo, allegato al ddl 2994-B “Buona scuola”. Non è un risultato esaltante, ma occorre riconoscere che finalmente il Governo ha accolto un documento in cui si chiede di “garantire a tutti i docenti assunti pari dignità professionale e l’assegnazione a compiti che siano strettamente correlati con la funzione docente e con i propri titoli professionali e relative competenze”.

 

Sempre il Governo, nella persona della Ministra Giannini, prende l’impegno a che “venga assicurata ad ogni scuola la presenza di un docente di Discipline giuridiche ed economiche (classe concorso A019); nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, anche in riferimento alla sicurezza nei luoghi di lavoro, la specificità dell’insegnamento del Diritto e dell’Economia politica diviene veicolo essenziale per realizzare quel basilare percorso di orientamento dello studente verso l’attività lavorativa dalla quale dipende la qualità del suo futuro. Allo stesso docente potrebbe anche essere destinata tutta quella serie di attività istituzionali con “contenuti antidiscriminatori ed antiviolenza”.

 

 Intanto APIDGE ha continuato ad occuparsi di esiti degli Esami di stato, di rielaborazione dei documenti della Commissione Corradini relativi all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, di nuovi percorsi alternanza scuola-lavoro nei licei, degli sviluppi in tema di classi di concorso atipiche, di programmi regionali in tema di legalità e ambiente, della formazione dei docenti da parte degli Uffici di rappresentanza dell’Unione Europea.

 

Il Presidente Apidge

Ezio Sina

 

FASSINO GUARDA ALLA MECCA PER LA FINE DEL RAMADAN

 Onori di casa alla comunità islamica ma Torino è una città ferita

tunisi striscioneLa comunità musulmana si è’ riunita  al Parco Dora per celebrare la fine del Ramadan . La festa di Eid ul-Fitr è’ onorata anche dalla presenza di esponenti di tutte le religioni monoteiste del Comitato Interfedi. Per la Diocesi il delegato è’ Don Aldo Bertinetti e il messaggio di Nosiglia per la comunità islamica è’ ” Tutti uniti per la pace” e invita le famiglie affinché ” educhino i giovani alla pace” a prescindere dalla religione, dall’etnia e dalla cultura. Una giornata dunque che vede l’unione e la fratellanza predominare tra i fedeli delle diverse religioni , come dovrebbe essere sempre e ovunque. Se non fosse che proprio quest’anno , Torino è una città ferita, ferita proprio in nome di una religione che nel suo estremismo genera fenomeni di delirio, inneggia alla guerra e all’odio per il mondo occidentale e per chi islamico non è . La strage del Bardo in cui ha perso la vita una dipendente del Comune di Torino, insieme ad altri sfortunati come lei è’ ancora troppo vicina per raccontare l’episodio come isolato e considerarlo raro. Raro non è’ perché le stragi compiute dall’Isis sono all’ordine del giorno . Il sindaco Piero Fassino con al suo fianco l’assessore alle Pari Opportunità Ilda Curti , per la prima volta in occasione dei festeggiamenti di fine Ramadan ,ha scelto di fare gli onori di casa e accogliere la comunità islamica , sotto le arcate, con il tappeto steso e rivolto verso la Mecca. Gli orizzonti lontani si possono ammirare con serenità solo con uno sguardo colmo di fierezza, dignità e bene comune. E lo sguardo di Torino, quest’anno è’ ferito nel suo orgoglio, mutilato nell’animo e privo di un rappresentante che possa mettere un punto alla prepotenza e arroganza di chi fa finta di niente qualunque cosa accada. Non si può sempre stare a guardare verso la Mecca. Noi torinesi siamo per la pace, la solidarietà tra i popoli e la tolleranza religiosa. Speriamo lo siano anche gli altri nei nostri confronti.

 

Clelia Ventimiglia

Padiglione Tibet: Spiritualità e Arte come cibo per la mente e per l’anima

L’evento a Santa Marta Congressi – SpazioPorto – Venezia. Dedicato alle vittime del recente terremoto che ha devastato il Nepal, il Tibet, il Bangladesh e l’India. Partecipa il torinese Dino Aloi

 

 

aloi tibet 2Si rinnova l’appuntamento veneziano con Padiglione Tibet. La rassegna, con il patrocinio del Comune di Venezia, parallela alla 56. Biennale di Venezia e quest’anno in concomitanza anche con EXPO Milano 2015, è stata inaugurata il 9 maggio 2015 e proseguirà fino al 2 agosto 2015 presso la suggestiva Chiesa di Santa Marta.

 

  • Tibet: una nazione che evoca da sempre un sentimento religioso, mistico, di pace, una vitale “centralina” spirituale per tutti gli esseri umani.
  • Padiglione Tibet, un’idea che nella propria semplicità racchiude una forte carica emozionale, è un sogno che ha lasciato il segno ponendosi l’obiettivo di far incontrare la sensibilità della cultura contemporanea occidentale con quella tibetana.
  • Ambasciata Tibetana con rilascio del relativo Passaporto
  • Anno del Dalai Lama. Sua Santità Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama del Tibet, il 6 luglio 2015 (20° giorno, del 5° mese dell’anno tibetano 2142) compirà 80 anni. Oggi il Dalai Lama non è soltanto la massima autorità del popolo tibetano, ma anche un punto di riferimento fondamentale per decine di milioni di persone in tutto il mondo. Il Comitato Padiglione Tibet, la Fondazione  per  la Preservazione  della  Tradizione Mahayana (FPMT) e il Progetto L’Eredità del Tibet, come atto di affettuoso e sentito omaggio all’opera di questo altissimo testimone del nostro tempo, tra l’altro insignito nel 1989 del Premio Nobel per la Pace, hanno deciso di dedicare al Dalai Lama il prossimo anno tibetano (2142,  “Anno della Pecora di Legno” che è iniziato il 19 febbraio 2015 e terminerà l’8 febbraio 2016), organizzando all’interno dell’Anno del Dalai Lama eventi artistici, insegnamenti spirituali e conferenze.

aloi 1Padiglione Tibet vuole evidenziare il connubio tra Arte Sacra Tibetana ed Arte Contemporanea Occidentale e recentemente è stato invitato come progetto speciale alla Biennale del Fin del Mundo, a cura di Massimo Scaringella, in Argentina. Le numerose esperienze degli anni scorsi hanno visto coinvolti importanti artisti contemporanei, che si sono espressi attraverso le Khata, le tipiche sciarpe bianche che i monaci offrono in segno di solidarietà e amicizia o si sono misurati con l’arte della composizione dei Mandala dei monaci tibetani e le Ruote della preghiera che accompagnano nella preghiera i buddisti tibetani. Questa edizione (la terza a Venezia) è all’insegna dell’ombrello, proprio del nostro fedele protettore dalla pioggia che, suo malgrado, è stato protagonista della rivolta degli studenti di Hong Kong verso il governo centrale di Pechino. L’ombrello emblema di protezione e di protesta – due lati della stessa medaglia – è divenuto contenitore e supporto degli interventi artistici e di video arte che hanno reso possibile una grande installazione corale con opere dedicate al Tibet, alla sua spiritualità, ai suoi simboli ed alla sua marcia verso la libertà.

 

La libertà è come un’opera d’arte… va creata, plasmata, modellata.

 

Gli artisti invitati hanno creato i loro interventi su una stessa base costituita appunto dall’ombrello, dalla sua stoffa, dalla sua stessa struttura, realizzando ombrellipoemi, ombrelliopere che, come un grande ed unico ombrello cerimoniale, uno degli otto simboli di buon auspicio presenti nello stupa (simbolo della natura della mente), secondo il grande veicolo (Mahayana) della compassione e della saggezza illimitati, rappresenterà il superamento di ogni sofferenza. Purtroppo il governo cinese considera il Tibet una nazione di morti… morta deve essere la sua lingua, morta deve essere la sua cultura, morta deve essere la sua arte. I Tibetani devono essere annichiliti dalla violenza. Padiglione Tibet è sempre stato e sempre sarà un progetto puramente artistico, nato per dare dignità a questo popolo martoriato; ma non può esimersi dal dimostrare, ancora una volta in modo fermo e deciso, il proprio sdegno davanti al disinteresse di tutti verso questo grave problema.

 

Problema affrontato anche dalla mostra “Tibet… c’è poco da ridere” un’idea che ho proposto anni fa a Dino Aloi, grande frequentatore di… artistici Buduar (almanacco dell’arte leggera, mensile satirico online da lui diretto) e dalla dirompente ironia che, coinvolgendo con cura ed intelligenza artisti italiani e francesi, nella sua presentazione si chiede: Ma come è possibile scherzare sul Tibet, la nazione che non c’è ma che dovrebbe esserci in quanto esiste? E poi con tutto quello che succede? Già, perchè è proprio tutto quello che succede di cui spesso non siamo informati, o perlomeno malamente informati, che vorremmo portare alla luce con questa esposizione, partendo, per l’appunto, dal disegno umoristico, dalla satira e dalla caricatura, che sono elementi fondanti della democrazia […]

 

Padiglione Tibet come progetto artistico accomuna molteplici “anime”: artistica, spirituale, culturale e durante il periodo espositivo altre due iniziative ne accompagnano il percorso: la mostra fotografica di Giampietro Mattolin “Amdo – il paese del XIV Dalai Lama” presentata da Piero Verni che così la descrive: “Situata nella parte nord orientale del Paese delle Nevi, la regione dell’Amdo è uno dei luoghi più affascinanti, superbi e significativi dell’intero Tibet. Alcune delle principali figure religiose della civiltà tibetana sono nate lungo questi sconfinati orizzonti: Lama aloi tibet 3Tzongkhapa il grande riformatore del 14° secolo padre della scuola Gelug, il 10° Panchen Lama e l’attuale XIV Dalai Lama, originario del villaggio di Takster.” e l’esposizione costituita da un approfondimento grafico del grande disegnatore Giuseppe Coco sulla figura di Milarepa (1040 – 1123) il più famoso ed amato degli yogin tibetani ed uno dei più grandi maestri spirituali di tutti i tempi. Scrive Chiara Gatti che presenta la mostra Coco & Milarepa – I colori dello spirito: “In questa occasione […] si propone un ciclo di opere concentrate su un tema più intimo, caro al lato spirituale della sua personalità riservata. Si tratta delle tavole dedicate alla figura di Milarepa, icona della scuola Kagyu del Buddhismo tibetano. Una figura intensa e magica che Coco indagò, fra la fine degli anni Ottanta e il Duemila, sperimentando colori lisergici e forme potenti, specchio di una riflessione esistenziale segnata da grande energia e, insieme, grande sofferenza.[…] Un viaggio catartico ed escatologico che scuote la coscienza.”

 

Quest’anno il programma di Padiglione Tibet si arricchisce anche, il giorno dell’inaugurazione sabato 9 maggio, della presenza di Ghese Lobsang Tenkyong (nato nel Tibet orientale. Ha studiato nel monastero di Sera, ottenendo il grado di Geshe Lharampa, il più alto titolo di studi conseguibile all’interno della tradizione gelug-pa) e di Stefano Antichi, direttore del Foundation for the Preservation of the Mahayana Tradition (FPMT) di Genova.

 

 

 

Artisti PADIGLIONE TIBET

Piergiorgio Baroldi, BAU, Carla Bertola – Alberto Vitacchio, Giorgio Biffi, Rosaspina B. Canosburi, Silvia Capiluppi, Pino Chimenti, Marcello Diotallevi, Giovanna Donnarumma – Gennaro Ippolito, Giglio Frigerio – Fabrizio Martinelli, Ivana Geviti, Isa Gorini, Gruppo Il Gabbiano, Oronzo Liuzzi – Rossana Bucci, Silvia Mariani – Christine Davis, Gianni Marussi – Alessandra Finzi, Fernando Montà, Lorenza Morandotti – Francesco Maglia snc, Clara Paci, Lucia Paese, Claudio Pantana, Marisa Pezzoli, Benedetto Predazzi, Tiziana Priori – Simonetta Chierici, Roberto Scala – Bruno Cassaglia, Anna Seccia, Lucia Spagnuolo, Roberto Testori, Micaela Tornaghi.

 

Video arte

Francesca Lolli, Marco Rizzo.

Testi di

Giosuè Allegrini, Dino Aloi, Stefano Antichi, Elisabetta Bacci, Lara Caccia, Claudio Cardelli, Mauro Carrera, Giulia Fresca, Chiara Gatti, Alexander Larrarte, Ruggero Maggi, Cristina Romieri, Giuliana Schiavone, Claudio Tecchio, Trini Castelli, Piero Verni, Roberto Vidali.

 

Artisti della mostra Tibet… c’è poco da ridere a cura di Dino Aloi

Dino Aloi, Gianni Audisio, Pierre Ballouhey, Gianni Chiostri, Lido Chiostri, Milko Dalla Battista, Marco De Angelis, Guido Giordano, Ruggero Maggi, Claudio Mellana, Danilo Paparelli, Alessandro Prevosto, Robert Rousso, Fabio Sironi, Carlo Squillante.

 

 

entrata libera – orari: martedì – domenica 11.00/19.00 – chiusura: lunedì

"Nutrirsi di luce" all’Ecomuseo della Pietra da Cantoni

arte cellamonteUna mostra di arte contemporanea articolata in diverse  tappe, che quest’anno, in clima di EXPO, rimanda non solo all’anno della luce ma anche a quello del nutrimento per il pianeta terra

 

“Nutrirsi di luce”, trasformarla in arte, ed esporla all’Ecomuseo della Pietra da Cantoni a Cellamonte, dal 20 giugno al 30  luglio. Ecco il tema della mostra organizzata nell’ambito dei festeggiamenti dell’anniversario dell’ UNESCO, che è anche l’anteprima dell’allestimento “en plein air” che si terrà a Moleto il 5-6 settembre. Una mostra di arte contemporanea articolata in diverse  tappe, che quest’anno, in clima di EXPO, rimanda non solo all’anno della luce ma anche a quello del nutrimento per il pianeta terra.

 

E’ promossa e organizzata dall’Associazione Culturale  Artmoleto, ideata nel  2009 dall’artista  Michelle Holt e condivisa dall’ Ecomuseo della Pietra da Cantoni nell’ambito di “Arte  & natura”.E’ riuscita a creare un pool di pittori, scultori, fotografi e designer che hanno eletto loro buen  ritiro l’affascinante borgo di Moleto, immerso nelle colline del Monferrato casalese. Creano arte e contribuiscono alla valorizzazione del territorio in cui bellezza del paesaggio, storia, cibo, vino, infernot, pietra da Cantoni, grandi spazi, riposante silenzio e una luce tutta particolare fanno da potente calamita.

 

La zona – recentemente promossa dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità per i suoi antichi e caratteristici “Infernot” – ogni anno, a settembre, èarte cellamonte2 sede dell’appuntamento fisso, per gli amanti di  arte contemporanea, con Artmoleto. Due giorni in cui il borgo si trasforma in galleria a cielo aperto e gli artisti espongono le loro opere in cortili, strade e storici giardini privati. Dopo le precedenti edizioni -dedicate a “Colore, forma, natura”, “Tra cielo e terra”, “Il  sogno  dell’acqua”, “Rosso  vivo”, “L’atlante delle nuvole” e “Silenzio”- quest’anno il tema guida è “Nutrirsi  di luce”. A lui si ispirano i 14 artisti che partecipano anche all’anteprima del 20 giugno all’Ecomuseo Pietra da Cantoni.

 

Luce come fonte di nutrimento interiore, concetto che rimanda alla spiritualità più profonda dell’essere  umano, in cui perdersi e ritrovarsi, raccontata in tanti modi diversi. A partire da Michelle Hold, artista cosmopolita nata a Monaco, cresciuta in Austria, formatasi a Parigi, Londra, New York e Hong Kong come disegnatrice di tessuti per la moda. Ha scoperto Moleto, se ne  è innamorata, ha comprato e restaurato una casa- atelier in cui dipinge tele informali, con applicazioni di carta, tessuto, sabbia, terra ed altri materiali  che sceglie per esprimere la sua creatività. Intorno a lei una schiera di artisti poliedrici come  Domenico Cavalli, Teresio Polastro, Alessandro Patrone ed il pittore, scultore, restauratore Giò Bonardi.

 

arte cellamonte33Sensibilità al femminile è invece nelle opere di Petra Probst, artista e illustratrice per l’editoria d’infanzia, che vive e lavora tra Italia e Germania; Bärbel Ricklefs-Bahr, artista tedesca che ritrae la natura, l’immensità di orizzonti, onde e maree, prediligendo  l’informale e i collage in cui tutto può essere applicato alla tela, trasformandone la superficie e dandole tridimensionalità. In zona, vivono e lavorano da decenni, anche la pittrice Daniela Vignati  eBona Tolotti, artista internazionale, nata a Milano, con alle spalle esperienze antropologiche ed etnologiche in centro e sud America; oggi sperimenta tecniche diverse, impasti di collage e colori ad acqua in una rinnovata forma di gouache in chiave contemporanea. Si nutrono di luce e la immortalano i fotografi Ilenio Celoria, Andrea Massari, Flavio Tiberti e l’artista Piero Ferroglia, allievo di Scroppo e Soffiantino, che ama affidarsi anche al mezzo fotografico.

 

Mentre, Roberto Pissimiglia, editore, scrittore e giornalista torinese, appena può fugge a Moleto, nel suo atelier: chiude le  porte alla frenesia degli impegni quotidiani e apre quelle della fantasiosa creatività, dedicandosi all’arte povera. Moderno rabdomante va per cascine, stalle e fienili alla ricerca di antichi oggetti di vita contadina; poi li assembla, trasforma e dipinge. Et voilà, nuovo smalto ammanta i tanti utensili che la memoria aveva abbandonato; via ragnatele e polvere, ora si lasciano ammirare  reinventati da lui.

 

Laura Goria

 

Tre parchi cittadini come palestre a cielo aperto

VALENTINO2VALENTINO3

Negli spazi verdi è allestita una postazione fissa con uno sportello informativo itinerante

 

Il Parco Ruffini, Piazza d’Armi e il Valentino, tre tra i parchi più noti di Torino si trasformano in “palestre a cielo aperto. E’ un progetto di Comune,Istituto di medicina dello sport, Arpa, Esercito. Negli spazi verdi è allestita una postazione fissa con uno sportello informativo itinerante, dove un medico sportivo, coadiuvato da due laureati in Scienze motorie, farà valutazioni mediche e motorie, consulenze gratuite sull’ alimentazione, e darà consigli per praticare correttamente l’allenamento.

 

(Foto: il Torinese)

La comunità di Vallo Torinese celebra Maria Orsola Bussone

chieseortodosse

Un modello di “santità ordinaria”, di vita realizzata e spesa senza riserve, nato all’interno della comunità parrocchiale

 

La comunità di Vallo Torinese – il paese che nel 1977 ospitò il Cardinale Michele Pellegrino al ritiro dalla Diocesi – ricorderà la figura della sua giovane comparrocchiana Maria Orsola Bussone, Venerabile, nel 45° anniversario della morte, avvenuta a soli 16 anni a Cà Savio di Venezia il 10 luglio 1970. Domenica 12 luglio, dalle ore 15 nel salone del Centro parrocchiale a lei dedicato, si alterneranno testimonianze di chi l’ha conosciuta, del Postulatore Waldery Hilgeman e di giovani di Vallo che ancora oggi guardano alla figura di Maria Orsola come un modello di “santità ordinaria”, di vita realizzata e spesa senza riserve, nato all’interno della comunità parrocchiale, grazie in particolare all’incontro con il carisma dell’Unità. Il 18 marzo Papa Francesco ha firmato il Decreto che riconosce le “virtù eroiche” della giovane laica di Vallo, nata il 2 ottobre 1954. È stato il primo passo ufficiale del Vaticano verso la Beatificazione, dopo le fasi diocesane iniziate con l’apertura del Processo da parte dell’Arcivescovo Giovanni Saldarini, avvenuta a Vallo il 26 maggio 1996, e la sua chiusura il 17 dicembre 2000 con il Cardinale Severino Poletto.

 

Massimo Iaretti

Più sicurezza nei Comuni con l'aiuto della popolazione

carabinieri-case

Dopo l’introduzione del sindaco Massimo Ghigo interverranno il coordinatore regionale dell’Associazione Controllo del Vicinato Massimo Iaretti e Gianno Maiocco, sindaco di Scurzolengo

 

MORANSENGO – Si parlerà di controllo del vicinato in un incontro che si svolge in municipio venerdì 10 luglio a partire dalle ore 21. Dopo l’introduzione del sindaco Massimo Ghigo interverranno il coordinatore regionale dell’Associazione Controllo del Vicinato Massimo Iaretti e Gianno Maiocco, sindaco di Scurzolengo, comune dell’astigiano dove il sistema viene attuato. Moransengo, come pure altri centri vicini, Cavagnolo, Brusasco, Monteu da Po, San Sebastiano Po, Lauriano, Casalborgone, vive quotidianamente il problema della microcriminalità (furti, truffe e relativi tentativi). Per questo è stata promossa da alcuni cittadini una petizione nei comuni interessati che ha raccolto circa 750 persone e consegnata ai sindaci, ai carabinieri ed ai prefetti di Torino e di Asti.  Il Controllo di vicinato, meglio conosciuto come “Neighbourhood watch” nasce negli anni Sessanta – Settanta, nei Paesi anglo – sassoni, Gran Bretagna, Stati Uniti, ma anche Canada, Australia, Nuova Zelanda e in Italia inizia ad avere una diffusione a partire dal 2008 in Lombardia. Il Controllo di Vicinato, che nulla ha a che vedere con il fenomeno delle “Ronde Padane” o pattugliamenti di cittadini sul territorio o la videosorveglianza (che è una scelta dell’amministrazione comunale d’intesa con le forze dell’ordine), è un progetto che tende a fare crescere, da un lato, la solidarietà tra i cittadini e a crescere una forma di osservazione “passiva” del territorio e delle persone che vi transitano. Il tutto, ovviamente, deve avvenire in stretta collaborazione – elemento imprescindibile – con le forze dell’ordine. In sostanza di far diventare sistema quello che,  probabilmente, molti fanno già spontaneamente (ad esempio togliere la posta al vicino quando è assente da casa per troppo tempo, naturalmente d’intesa con lui, oppure affacciarsi alla finestra quando si sente suonare un allarme, oppure ancora se si vede una persona sospetta o un’auto girare prenderne nota ed, eventualmente, avvertire le forze dell’ordine).”.Sinora il Controllo di Vicinato si è sviluppato in Lombardia, in Veneto, in Emilia, sta avendo una buona diffusione in Provincia di Lucca. In Piemonte, dopo l’adozione di Casorzo, nel 2013, che è stata anche oggetto di interesse da parte dei media nazionali, a partire dalla Rai, è stato adottato anche a Ponzano Monferrato, dall’Unione dei comuni della Valcerrina, e da alcuni comuni in provincia di Asti, Cuneo e della Città Metropolitana di Torino

 

 

 

 

Il biologico per nutrire e tutelare il pianeta

STORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

“Il comparto bio è cresciuto molto ma deve affrontare un problema irrisolto, che è di tutto il settore agroalimentare: quello della distribuzione, un sistema costoso, che spreca molto, assorbe la maggior parte del valore di vendita dei prodotti e che, quindi, danneggia i due anelli deboli della catena, i produttori da una parte e i consumatori dall’altra”

 

garauGli telefono per fissare un appuntamento. Al telefonino mi risponde la moglie, Pina, anche lei amica di lunga data.”Aspetti? E’ nell’orto che raccoglie la verdura”. Scherziamo. Lui è biologico in tutto, gli piace conoscere l’origine del cibo. In momenti di crisi,l’ideale. L’appuntamento è fissato per il giorno dopo al centro commerciale Le Fornaci di Beinasco, pranzo a Bio Bottega. Sempre piacevole chiacchierare a pranzo, tutto strettamente biologico. Ignazio Garau, è sicuramente un pezzo della politica e della promozione del Biologico.

 

Come mai questa tua scelta?

“E’ maturata negli anni ’90, frutto di lunghe discussioni con un’amica, medico, e si è avvantaggiata delle mie precedenti esperienze lavorative. Ho, infatti, lavorato nella cooperazione agricola, poi in quella dei servizi (occupandomi in particolare della ristorazione collettiva) e in ultimo, con Coop, mi sono occupato della direzione dei Centri Commerciali. Il settore della ristorazione, in particolare, mi ha permesso di sperimentare che il biologico non solo è salutare, ma è anche più buono”.

 

Obbiettivi di ieri e di oggi?

“Il comparto bio è cresciuto molto ma deve affrontare un problema irrisolto, che è di tutto il settore agroalimentare: quello della distribuzione, un sistema costoso, che spreca molto, assorbe la maggior parte del valore di vendita dei prodotti e che, quindi, danneggia i due anelli deboli della catena, i produttori da una parte e i consumatori dall’altra. Il cibo sta crescendo nella consapevolezza, soprattutto delle città, che è un elemento strategico per costruire sostenibilità, oltre che benessere per le persone. Occorre sviluppare l’informazione e sensibilizzare i cittadini. Molto importante è la ristorazione scolastica, le mense per i ragazzi. Ad esempio, il comune di Roma, circa 15 anni fa, ha convertito al bio tutta la ristorazione scolastica, oltre 150.000 pasti al giorno. Anche a Torino, con i suoi 54.000 pasti giornalieri, sono state fatte esperienze importanti in proposito. Oggi, succede che parlando di km0 e di prodotti tipici si crei un po’ di confusione e che si faccia marcia indietro su esperienze che all’estero ci hanno invidiato per tanto tempo. Solo che all’estero i buoni esempi sono stati copiati e si sono consolidati e, quando confrontiamo le esperienze, rimangono stupiti della nostra incoerenza. L’Italia, il paese dell’agricoltura bio (siamo tra i primi produttori europei, solo che la maggior parte del prodotto viene esportato), un paese dalla grande tradizione alimentare, che, poi, non riesce a valorizzare le sue risorse. Anche sui modelli di ristorazione oggi rischiamo di dover imparare dalle città del nord Europa”.

 

Di cosa vai orgoglioso?

“Di aver partecipato alla fondazione dell’Associazione delle Città del Bio, di cui sono diventato direttore. Un progetto nato in Italia, che ha saputo cogliere l’interesse e la partecipazione di altre Città Europee. Anche in Grecia sta nascendo la rete delle Città del Bio. Ti racconto questo. Ad Atene avevano costruito un secondo aereoporto, che poi è stato abbandonato. Sai che cosa hanno fatto i greci? Orti urbani e, ovviamente, non si sono sognati di utilizzare sostanze chimiche per la coltivazione, hanno preferito il bio! A Larissa, città della Grecia centrale, il comune per venire incontro alle esigenze dei cittadini meno abbienti ha utilizzato 3 ha di terreno, lo ha suddiviso in lotti che ha assegnato sulla base di un bando pubblico, ponendo solo due condizioni: la prima fare agricoltura bio (mettendo a disposizione un agronomo per l’assistenza tecnica), la seconda destinare il 10% della produzione gratuitamente alle persone assistite dal comune. Anche in Germania è nata la rete delle Città del Bio, con 25 comuni che hanno aderito, coordinati dalla Città di Norimberga, dove si svolge la più importante Fiera mondiale del Bio, la Biofach.  La rete si sta sviluppando anche in Polonia e in Romania, dove ha aderito la Città di Bucarest e si sta sviluppando nella Regione di Brasov, dove abbiamo stabilito un rapporto di collaborazione anche con l’Università. Sono iniziati anche diversi contatti con Città dell’Albania e del Mediterraneo, che allargheranno ulteriormente i nostri orizzonti operativi”.

 

Altro?

“Sicuramente si! Sono anche Presidente di Italia Bio, un’organizzazione di produttori, che sta lavorando per sviluppare forme avanzate di collaborazione con i cittadini, i consumAttori, come amano dire in Francia. E sta nascendo un’associazione Euromediterranea di cittadini, che promuovono e scelgono il bio. Una iniziativa che vedrà collaborare Città del Bio, associazione di Enti Locali, Italia Bio, i produttori, e infine, non meno importante l’Associazione dei consumatori”.

 

Ultima domanda: Giudizio sull’ Expò di MIlano?

“Importantissima vetrina internazionale e occasione di confronto su temi cruciali per il pianeta: il cibo e l’agricoltura. Anche l’agricoltura biologica è presente, all’interno del Parco tematico sulla Biodiversità, l’unico dedicato all’agricoltura. Si cerca di rendere evidente che il biologico non è solo una categoria merceologica di prodotto, ma un sistema agricolo e alimentare innovativo che si candida, anche attraverso la biodiversità, a nutrire e nel contempo salvaguardare il Pianeta. Molto dipenderà dall’eredità che l’Expo saprà lasciare, dalla capacità di rendere in fatti concreti le varie dichiarazioni e carte che vengono proposte alla sottoscrizione. Un compito importante spetta anche alle Città.Oserei dire che questo mondo ha bisogno di noi”.

 

Ho mangiato molto bene. Ci si saluta ripromettendosi altri incontri di approfondimento.

Città e cattedrali in tre lingue sulla rete

DUOMO SINDONE

Una seconda fase del progetto mirata a raccontare a turisti e cittadini un patrimonio ancora poco noto secondo un piano di valorizzazione dei luoghi di storia e di arte sacra aperti e fruibili

 

Oltre 400 chiese di Piemonte e Valle d’Aosta in rete, 14 totem che trasmettono informazioni tramite Ipad in altrettanti cattedrali, una App Audioguida in tre lingue, una App georeferenziata con IBeacon sono le tecnologie all’avanguardia proposte dal progetto Città e Cattedrali, giunto al decimo compleanno, per promuovere il turismo nei luoghi sacri.  Nato da un’idea della Fondazione Crt, dopo anni di interventi tecnici e architettonici Città e Cattedrali è entrato in una seconda fase, mirata a raccontare a turisti e cittadini un patrimonio ancora poco noto secondo un piano di valorizzazione dei luoghi di storia e di arte sacra aperti e fruibili, organizzati in itinerari di visita geografici e tematici, praticabili anche attraverso la rete.

 

“Crediamo molto in questo progetto – dice l’assessore alla Cultura e Turismo della Regione Piemonte, Antonella Parigi – perché animato da una logica di sistema sempre più necessaria. Oggi per noi è un progetto di punta, antesignano delle politiche più attuali, basate sulle sinergie tra tutti i soggetti a fronte di un marketing territoriale fallimentare. Nella messa a sistema del grande e prezioso patrimonio artistico e architettonico costituito dagli edifici ecclesiastici del Piemonte si esprime un pregevole esempio della modalità attraverso cui è possibile coniugare la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, due ambiti che troppo spesso vengono vissuti separatamente. Una scelta obbligata nella costruzione di quel Piemonte turistico a cui stiamo lavorando e che richiede l’attivazione proprio di modelli come questo, in cui esperienze e soggetti diversi si mettono in rete per aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’azione promozionale del territorio”. Il vescovo di Pinerolo, Piergiorgio Debernardi, delegato dei vescovi di Piemonte e Valle d’Aosta per i beni ecclesiastici, sottolinea come “le diocesi si riconoscano in questo grande progetto. Le chiese raccontano la storia del nostro Paese dal basso e attraverso la bellezza di questo immenso patrimonio passano i valori del pensiero cristiano”.

 

Soddisfatta anche Annapaola Venezia, vicesegretario generale della Fondazione CRT: “A dieci anni dall’avvio possiamo dire di essere andati ben oltre a quanto inizialmente immaginato, in quanto Città e Cattedrali ha saputo qualificarsi non solo come progetto di valorizzazione culturale, bensì anche come elemento di sviluppo sociale, economico, turistico grazie all’impegno profuso dai partner e dai volontari”.In questo periodo Città e Cattedrali e Museo della Sindone propongono inoltre “Le Strade della Sindone”, quattro itinerari di visita – La strada di San Carlo, La strada per Torino, La strada delle Alpi, La Strada del Mare – ideati in occasione dell’Ostensione ma non limitati all’evento, in quanto andranno a costituire un’offerta stabile nel tempo per pellegrini e visitatori.

 

ggennaro – www.regione.piemonte.it

Si cena "in via" con Madian dei padri Camilliani

madian2 

Una bella iniziativa di solidarietà a favore della ricostruzione dell’orfanotrofio in Nepal

 

 Cena in via è la bella iniziativa di solidarietà promossa da Madian Orizzonti Onlus, in programma lunedì 13 luglio prossimo alle 20, nel pieno centro di Torino, a due passi dal Santuario di San Giuseppe, in via Camillo de Lellis ( nel tratto compreso  tra Via Pietro Micca e via Santa Teresa, per l’occasione chiuso al traffico). Il ricavato della cena,  il cui costo è di 45 euro, sarà destinato alla ricostruzione dell’orfanotrofio Caf,  Camillian Task Force, a Kathmandu,  in Nepal, distrutto dal terremoto lo scorso 25 aprile. La cena è promossa in collaborazione con il Ristorante del Circolo di Stefano Fanti e l’osteria Le Ramin-e di Steven Lazzarin. I vini sono offerti dalla cooperativa dei produttori di Erbaluce di Caluso.

 

Madian è la onlus dei religiosi Camilliani di Torino nata nel 1979, inizialmente per accogliere i barboni, quando l’unico dormitorio pubblico a Torino fu chiuso per un fatto di violenza. Ha ospitato fino al 1987 una media mensile di 30 persone senza fissa dimora. Nel 1986 la Comunità Madian, constatando le sofferenze degli extracomunitari dimessi dagli ospedali e dei senza fissa dimora, si è impegnata ad accoglierli e assisterli fino alla loro completa guarigione,  aprendo poi i suoi orizzonti, a partire dagli anni Novanta, anche ai minori, con la fondazione di diverse comunità di accoglienza destinate a loro.

 

Presente con le sue missioni ad Haiti, in Georgia,  Armenia, Filippine, India, Indonesia, Argentina, Kenya e Nepal, gestisce ospedali, centri  socio assistenziali per disabili, scuole, asili, mense per i poveri,  orfanotrofi e case famiglia per bambini malati di AIDS.

 

Mara Martellotta

Info e prenotazioni: 011539045, info@madian-orizzonti.it