ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 595

La Croce Verde compie 110 anni

La Croce Verde, fondata da Cesare Lombroso nel 1907, ha 5 sedi operative (Alpignano, Borgaro-Caselle, Ciriè, San Mauro, Venaria),  53 ambulanze, 3 mezzi attrezzati al trasporto disabili e 28 veicoli per servizi socio sanitari e di protezione civile. I volontari sono 1356 e fanno fronte ogni anno a oltre 78mila servizi sanitari e d’assistenza. La Croce Verde si occupa  di trasporti in emergenza e urgenza a fianco del 118, ma anche di  prestazioni convenzionate con le aziende sanitarie locali e  assistenza a  manifestazioni sportive. Per i  110 anni dell’ente, tra gli appuntamenti il convegno sulla riforma del Terzo Settore il 20 maggio presso La Fabbrica delle ‘e’ dove si incontreranno i delegati delle 873 Pubbliche Assistenze Anpas provenienti da tutta Italia.

 

(foto: il Torinese)

Meditazioni (recluse) sul Cantico dei Cantici

Il valore degli affetti e il senso di incompiutezza che accompagna i sentimenti di chi vive la reclusione, la loro rappresentazione attraverso i sogni, le fantasie di donne e uomini detenuti e le parole d’amore del Cantico dei Cantici.

E’ l’idea di METÀ – Meditazioni sul Cantico dei Cantici, l’evento teatrale realizzato da Teatro e Società, con la regia di Claudio Montagna, e il sostegno della Compagnia di San Paolo, che sarà proposto al teatro della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino il 9, 10, 11, 12, 15 e 16 maggio, ore 21.00, a un pubblico di centocinquanta spettatori a sera.

Con METÀ – Meditazioni sul Cantico dei Cantici, per la prima volta in venticinque anni di regia, Claudio Montagna realizza una rappresentazione esclusivamente ispirata ai temi dell’affettività in carcere, in particolare, degli affetti famigliari e coniugali. «Perdere l’altra metà, chiunque essa sia, genitori, figli, amici, amori, “dimezza” nell’anima e forse nel corpo – spiega Claudio Montagna –  E poi chissà se a fine pena, pur ritrovando l’altro, riusciranno a ritrovare la parte di sé che avevano perduto? Se no, che faranno di sé? E che farà la società?».

METÀ – Meditazioni sul Cantico dei Cantici è l’opportunità per donne e uomini detenuti di condividere i sogni che celebrano affetti “allontanati”, di solito vissuti in solitudine ma, per una sera, meno sterili perché qualcun altro vi assiste. L’ascolto, sul terreno comune degli affetti, offre al pubblico nuovi punti di osservazione sui reclusi e, più in generale, sulla funzione riabilitativa della pena: «perché – spiega ancora Montagna – solo pensando i detenuti come uomini e donne sarà possibile dopo il carcere accoglierli come cittadini».

E la voce della società civile, con i suoi giudizi, le ragioni e le paure rispetto alla realtà carceraria, sarà rappresentata dagli interventi di un gruppo di studentesse del corso di Filosofia del Diritto, del prof. Claudio Sarzotti – Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, nell’ambito del laboratorio teatrale condotto da Franco Carapelle di Teatro e Società.

Il tema dell’affettività è di attualità e argomento di analisi e proposte degli “Stati Generali dell’Esecuzione Penale”: «Secondo la nostra Costituzione – spiega il prof. Claudio Sarzotti –  il carcere dovrebbe privare il condannato esclusivamente della libertà personale. In realtà lo priva di ben altri diritti e beni sociali. Tra queste privazioni illegittime quello dell’affettività. Diritto che, tra l’altro, coinvolge persone che non hanno commesso alcun reato: i familiari delle persone recluse. Una questione importante, affrontata in altri Paesi europei con lo strumento delle visite coniugali, e che ancora aspetta una risposta dal nostro legislatore».

METÀ – Meditazioni sul Cantico dei Cantici è allestito da un gruppo di quattordici detenuti del Padiglione A della Casa Circondariale Lorusso Cutugno di Torino, che partecipano al laboratorio teatrale avviato a settembre da Franco Carapelle di Teatro e Società. Al loro fianco sul palco, per la prima volta, otto donne della sezione femminile del laboratorio di canto e recitazione corale, condotto dai musicisti Nicoletta Fiorina e Giovanni Ruffino, con la collaborazione di Adriana Bianco e Maria Paola Melis dell’Associazione Gruppo Abele Onlus. La realizzazione di costumi, arredi e oggetti di scena è stata affidata a una trentina di studenti del Primo Liceo Artistico Torino – Sezione Carceraria mentre si esibirà un gruppo di acrobatica ed espressione corporea, costituito da Diego Bertin, Luca Buccheri, Gloria Giraudo, Francesco Marra, Deborah Palmas coordinato, per la rappresentazione, da Marcello Piras.

Le nuove sinergie sono state possibili grazie all’importante impegno della Direzione, degli educatori e del Personale di Polizia Penitenziaria. «Il tema dell’affettività in carcere – spiega il direttore Domenico Minervini – è di fondamentale importanza, non solo per la popolazione detenuta ma per noi operatori penitenziari, che possiamo valorizzarlo come formidabile leva per stimolare processi di rivisitazione critica degli atti criminali. Non potendo attendere le auspicate modifiche legislative in materia, ho voluto dare massima attenzione all’affettività in carcere, superando stereotipate limitazioni e realizzando modifiche organizzative e strutturali che potessero agevolare i rapporti affettivi».

Nelle sei serate sarà aperto al pubblico il RISTORANTE LIBERA MENSA interno alla Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”.

METÀ – Meditazioni sul Cantico dei Cantici è realizzato da Teatro e Società nell’ambito del progetto “IL TEATRO PER UN DIALOGO TRA I DETENUTI E I CITTADINI  SUL VALORE DEGLI AFFETTI”, è promosso con il contributo della Compagnia di San Paolo e condiviso operativamente dalla Direzione, dagli educatori e dagli agenti della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno e dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino nell’ambito della Cattedra di Filosofia del Diritto del prof. Claudio Sarzotti.

Tutte le informazioni sul sito:www.teatrosocieta.it

Fondazione Crt: 1,4 milioni di euro per musica e teatro

La Fondazione CRT ha assegnato 1,4 milioni di euro a oltre cento eventi di musica, teatro e danza in programma tra maggio e ottobre in Piemonte e Valle d’Aosta. Questi i risultati della prima tranche di contributi di Not&Sipari 2017, il progetto della Fondazione CRT dedicato alla diffusione delle rassegne culturali e degli spettacoli dal vivo sul territorio, favorendo la crescita qualitativa delle produzioni, il coinvolgimento dei giovani artisti nel circuito professionistico, l’avvicinamento di nuove fasce di pubblico alle manifestazioni e il senso di aggregazione nelle comunità di cittadini. Una seconda tranche di contributi sarà assegnata alle iniziative in programma da novembre 2017 ad aprile del prossimo anno.

Not&Sipari ha sostenuto fino ad oggi 3.200 iniziative per un totale di 33,5 milioni di euro.

 

Con il progetto Not&Sipari  sottolinea il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia – promuoviamo la realizzazione di eventi di musica, teatro, danza, in tutte le loro manifestazioni e generi, per contribuire a stimolare la vivacità culturale delle comunità locali, favorire l’aggregazione giovanile e rafforzare l’integrazione sociale. È uno dei progetti storici della Fondazione CRT che, nel tempo, ha saputo innovarsi e creare valore per il nostro territorio”.

 

“Con Not&Sipari, il nostro obiettivo è  quello di promuovere un’offerta culturale varia e ad alta innovatività, che sappia coniugare qualità delle produzioni e capacità di coinvolgimento di nuove fasce di pubblico, in particolare i giovani – afferma il Segretario Generale Massimo Lapucci -. Tra i criteri che hanno guidato la selezione dei progetti, una particolare attenzione è stata riposta nella capacità di sviluppare reti con enti locali e non profit e nella sostenibilità economica delle iniziative”.

 

A beneficiare del sostegno fino a 40.000 euro di Not&Sipari 2017 sono associazioni non profit, enti locali e istituti didattici di alta formazione che promuovono sia grandi rassegne sia eventi di rilevanza locale, toccando capillarmente tutto il territorio del Piemonte e la Valle d’Aosta.

 

Nel Torinese, ad esempio, hanno vinto il bando della Fondazione CRT il Ritmika Free Music Festival, il Torino Fringe Festival 2017 – Invasioni Teatrali, il Festival delle Colline Torinesi, il Moncalieri Jazz Festival, il Festival Internazionale delle Arti Differenti Sensazioni e alla rassegna di concerti Flowers Festival, nella suggestiva cornice del Parco urbano della Certosa a Collegno.

Nel Cuneese vengono sostenuti il Festival agri-rock Collisioni, capace di richiamare 100.000 visitatori, la magia del Mirabilia International Circus & Performing Arts, che coinvolge 140 artisti delle più importanti compagnie europee, l’Alba Music Festival-Suoni dalle colline di Langhe e Roero.

 

Nell’Astigiano tra i vincitori dell’edizione 2017 figurano il Terre d’Asti Festival, l’Asti Teatro 39, il Moncalvo in Danza Festival, il progetto Paesaggi e oltre-Teatro e Musica d’estate nelle terre dell’Unesco.

 

Nel territorio di Novara Not&Sipari sostiene il NovaraJazz, con un consolidato mix di concerti, mostre, installazioni, presentazioni letterarie; il Novara Gospel Festival che, oltre ai concerti, propone workshop e masterclass tenute da alcune tra le più note voci gospel al mondo e, infine, il progetto di cittadinanza culturale Teatro sull’Acqua, che porta gli spettatori sulle rive del Lago Maggiore per cinque giorni di rappresentazioni dal 5 all’10 settembre 2017.

 

In provincia di Verbania hanno ottenuto un contributo le settimane musicali dello Stresa Festival, nella suggestiva cornice del Lago Maggiore; nell’Alessandrino il Festival Internazionale Echos 2017 – I Luoghi e la Musica; nel Vercellese i Concorsi internazionali Valsesia Musica e Valsesia Musica Juniores, così come le iniziative musicali all’interno della 41° edizione di Alpàa, manifestazione di grande rilievo che porta ogni anno a Varallo circa 200.000 persone; a Biella il festival musicale #tuttamialacittà. 

 

In Valle d’Aosta sono stati selezionati il Festival CHAMOISic e i Concerti Aperitivo del Cantiere della Musica.

 

Not&Sipari è destinato sia alle grandi istituzioni, sia alle piccole realtà – spesso radicate lontano dai grandi centri – che, con le loro produzioni, sono determinanti per creare aggregazione, tenere vivo il tessuto culturale e garantire l’attività di giovani professionisti nel mondo dello spettacolo. Le proposte sono state valutate anche in base alle ricadute sul territorio in termini di sviluppo economico e all’accessibilità degli eventi da parte delle persone con disabilità motoria, sensoriale, psichica.

Viabilità, edilizia, scuola: la Regione “premia” i comuni che accolgono

A fronte dei continui arrivi di immigrati nel territorio regionale  “crediamo sia fondamentale proseguire nell’accompagnamento alla costruzione di un sistema strutturale di accoglienza – dice l’assessora regionale all’immigrazione, Monica Cerutti – che coinvolga un numero sempre più significativo di Comuni, possibilmente in modo diretto nel sistema SPRAR (Sistema Protezione di Richiedenti Asilo e Rifugiati). 

“Finora abbiamo lavorato in modo molto positivo con Anci e prefetture, – prosegue Cerutti – e intendiamo continuare questa collaborazione, auspicando che tutte le Regioni facciano come noi la loro parte, nelle percentuali previste dall’accordo Stato-Regioni del luglio 2014.

A tale proposito sono stati introdotti  criteri premiali per le amministrazioni locali. In questa direzione, la Giunta regionale ha proceduto al loro inserimento all’interno dell’attuazione dell’intesa tra il Governo e le Regioni per la predisposizione di un programma di finanziamenti agli enti locali per spese di investimento, per un totale di poco più di 25 milioni.

La Regione infatti finanzierà in via straordinaria un programma di contributi a favore dei comuni piemontesi destinati ad attività di viabilità comunale, edilizia municipale, cimiteriale, illuminazione pubblica, edilizia scolastica, socio assosistenziale di proprietà di enti locali o di loro consorzi, di bonifica ambientale, in ambito culturale e turistico, per la prevenzione del dissesto idrogeologico. 

L’Assessora all’Immigrazione della Regione Piemonte segnala ” l’importanza di aver inserito tra i criteri di assegnazione dei contributi il vincolo di dare precedenza ai Comuni che siano impegnati in progetti di ospitalità nei confronti delle popolazioni migranti in attuazione di programmi statali o regionali”.  L’avviso di finanziamento, che scadrà il 14 maggio, è stato inviato a tutte le amministrazioni comunali della Regione Piemonte.

Un aiuto dalla Regione per chi è vittima di usura e debiti

Migliorare e aggiornare le norme regionali di lotta all’usura, introducendo anche la tutela contro il sovraindebitamento, adeguandosi in questo modo alle ultime leggi statali. Questo l’obiettivo della proposta di legge numero 9, “Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto ai fenomeni di usura, estorsione e sovraindebitamento”, che è stata incardinata l’8 maggio in prima Commissione e di cui si è svolta la discussione generale.

Il primo firmatario, consigliere del Pd, ha chiarito che bisogna andare oltre l’attuale normativa regionale, scritta in un periodo durante il quale non si aveva ancora chiara la vastità del fenomeno in Piemonte e soprattutto la presenza di estorsione e racket anche nella nostra regione. Soprattutto, è necessario occuparsi anche del sovraindebitamento, come fenomeno sociale che può portare anche a estreme conseguenze per i soggetti interessati.

Ecco perché la proposta di legge prevede all’articolo 2 la costituzione di un Fondo regionale per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni dell’usura, dell’estorsione e del sovraindebitamento e per la solidarietà alle vittime, finanziato annualmente con la legge di bilancio regionale e ripartito in due quote. La prima quota è destinata a finanziare interventi quali l’assistenza in materia di accesso al credito; l’aiuto psicologico a favore delle vittime; l’erogazione di indennizzi e contributi per il loro sostegno; i contributi per la costituzione di parte civile; attività di comunicazione e sensibilizzazione sugli strumenti di tutela garantiti dall’ordinamento; nonché l’organizzazione di eventi informativi e culturali rivolti agli istituti scolastici e alla cittadinanza.

L’articolo prevede la realizzazione di tali interventi anche in collaborazione o su iniziativa di enti locali, istituzioni scolastiche e formative, associazioni, fondazioni, cooperative e organizzazioni di volontariato operanti in campo sociale. La seconda quota del Fondo è destinata, invece, ad integrare le anticipazioni sull’importo erogabile a titolo di mutuo a favore delle vittime di usura, concesse dal Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, ai sensi e per le finalità previste dalla legge 108 del 1996 (Disposizioni in materia di usura) fino alla concorrenza del cento per cento dell’importo erogabile; le anticipazioni sull’importo erogabile a titolo di elargizione ai soggetti danneggiati da attività estorsive concesse ai sensi della legge 44 del 1999 (Disposizioni concernenti il fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura) e i contributi a favore dei fondi speciali antiusura costituiti dai consorzi di garanzia collettiva dei fidi (Confidi) delle associazioni di categoria imprenditoriali e degli ordini professionali, entro un massimo del venti per cento delle erogazioni effettuate dallo Stato mediante il Fondo statale per la prevenzione del fenomeno dell’usura di cui alla legge 108 del 1996.

L’articolo 5 prevede il sostegno, attraverso il Fondo di cui all’articolo 2, alla costituzione di parte civile delle vittime nei processi per i reati di estorsione e di usura, mentre il 9 istituisce, presso il Consiglio regionale del Piemonte, l’Osservatorio sui fenomeni di usura, estorsione e sovraindebitamento. La norma finanziaria stanzia un fondo totale di 300mila euro.Secondo il Movimento 5 stelle siamo di fronte a un iceberg al contrario, perché il racket e l’usura ormai sono la parte meno grossa del problema, mentre il sovraindebitamento è sotto gli occhi di tutti ma sempre più esteso. Il Movimento per la sovranità nazionale ha obiettato che forse le finalità che si perseguono sono troppo vaste rispetto alla dotazione di 300mila euro e che comunque la norma deve essere complementare a quella nazionale, non andare a sovrapporsi; il Movimento democratico progressista ha sottolineato come sia necessario aumentare la prevenzione per contrastare questi fenomeni, mentre Sinistra ecologia e libertà ha ricordato l’importanza dei redditi minimi di autonomia e ha posto l’accento sulla vampirizzazione delle aziende che il racket ormai pone in essere.La discussione dell’articolato e degli emendamenti proseguirà nelle prossime sedute di Commissione.

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 GM – www.cr.piemonte.it

Foto. il Torinese

Facciamo il punto sulle unioni di fatto

Finalmente in Italia la nuova disciplina in materia di unioni civili è ormai legge; è stata, infatti, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 21 maggio 2015 la legge del 20 maggio 2016 n. 76, recante la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze di fatto, sulla Gazzetta ufficiale del 27 gennaio scorso sono stati pubblicati i decreti legislativi attuativi entrati in vigore l’11 febbraio di quest’anno.

La legge – spiega l’avvocato Marco Porcari del Foro di Torino – ha inteso regolare in modo più specifico proprio le unioni civili tra persone dello stesso sesso, estendendo soltanto a questa categoria tutte le garanzie, i diritti e le tutele previste dalla legge per i rapporti di “coniugio”, mentre ha scelto di regolare in modo più blando la posizione dei conviventi di fatto eterosessuali, con chiaro intento di favorire il matrimonio.La legge è organizzata in un unico articolo, di cui alcuni commi (1-35) si riferiscono alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, unioni che si formalizzano davanti all’Ufficiale di Stato Civile e alla presenza di due testimoni, attestate mediante certificazione da parte dell’Anagrafe, in cui sono riportati i dati anagrafici delle parti e quelli dei loro testimoni, il regime patrimoniale scelto e la residenza.

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I commi 36-65 riguardano le convivenze di fatto tra due persone maggiorenni di sesso diverso unite stabilmente da vincoli affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione; i commi finali sono dedicati alle disposizioni finanziarie e riguardano gli oneri in materia previdenziale corrente e futura, nonché in quella di gestione del rapporto di lavoro in materia di unioni civili. Si applicano alle unioni civili tra persone dello stesso sesso – afferma l’avvocato Porcari – tutte quelle disposizioni che si riferiscono al matrimonio ed, in generale, tutte quelle disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrano sia nelle leggi, sia negli atti aventi forza di legge, sia nei regolamenti.Ciò vuol dire, tra l’altro, che lo scioglimento del vincolo tra gli uniti civilmente omosessuali, come avviene in caso di divorzio, genererà l’attribuzione del diritto all’assegno di mantenimento, in assenza di matrimonio o di una nuova unione civile, il diritto al pagamento di una quota parte del trattamento di fine rapporto dell’ex unito civilmente; in sostanza all’interno dell’unione civile che riguarda persone dello stesso sesso le regole sono analoghe a quelle che si riferiscono a coppie sposate; lo stabilisce l’articolo 13 delle legge, che riguarda il regime patrimoniale applicabile.

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Le cause di non punibilità di reati commessi a danno del coniuge, perlopiù riguardanti reati contro il patrimonio, opereranno anche nell’ambito delle unioni civili tra omosessuali.Nelle unioni civili le persone dello stesso sesso – aggiunge Marco Porcari – potranno anche beneficiare del congedo matrimoniale nel lavoro subordinato e, nel lavoro autonomo, all’unito civilmente omosessuale, così come al convivente di fatto eterosessuale, che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente, spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare e ai beni acquistati connessi, nonché agli stessi incrementi dell’azienda.

 

Avvocato Marco Porcari

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Nuovo Polo di Cardiologia al Regina Margherita

E’ stato inaugurato il nuovo Polo di Cardiologia e Cardiochirurgia pediatrica dell’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino

Il progetto di ristrutturazione, realizzato grazie al finanziamento della Fondazione La Stampa – Specchio dei Tempi, rientra in una generale riqualificazione del 6° piano del Regina Margherita, che accoglierà anche la Terapia Intensiva Cardiochirurgica e dei Trapianti d’Organo pediatrici, che verrà realizzata nei prossimi mesi. L’impegno complessivo di circa 2.350.000 euro da parte della Fondazione al termine dei lavori consentirà di implementare notevolmente il percorso dei piccoli pazienti cardiopatici, fornendo una Terapia Intensiva di 5 posti letto, di cui uno dedicato ai pazienti sottoposti a trapianto di cuore, una Terapia Semintensiva di 5 posti letto ed un reparto di degenza di 10 posti letto. La riorganizzazione degli spazi per “intensità di cure”, una visione più moderna volta all’ottimizzazione delle risorse, vedrà nascere un ipotetico percorso che il piccolo paziente, sottoposto a procedura chirurgica o interventistica, si troverà ad affrontare, con una progressiva riduzione delle risorse necessarie al suo trattamento man mano che le sue condizioni migliorano, fino alla dimissione.L’umanizzazione degli spazi ha rappresentato un aspetto fondamentale, per cui tutto il reparto nasce a misura di bambino. In particolare le decorazioni delle pareti sono state realizzate, con il contributo dell’Associazione Amici dei Bambini Cardiopatici Onlus, da Alessandro Sanna, un artista di riferimento nazionale nell’ambito delle illustrazioni dedicate ai bimbi.

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L’attenzione alle esigenze dei piccoli pazienti passa anche da un sistema di monitoraggio telemetrico, acquistato con il contributo della Fondazione FORMA Onlus, che consentirà di sorvegliare le funzioni vitali anche lontano dal letto, durante il gioco o gli spostamenti in reparto. La Cardiochirurgia pediatrica, diretta dal dottor Carlo Pace Napoleone, rappresenta l’unico Centro accreditato della Regione, un punto di riferimento nazionale non solo per il numero di pazienti trattati, circa 200 l’anno, ma per la completezza della proposta assistenziale, che va dal trattamento dei prematuri di basso peso, fino a 400 grammi, all’impianto dei cuori artificiali, ai trapianti di cuore ed al trattamento dei pazienti cardiopatici congeniti in età adulta. La Cardiologia pediatrica, diretta dalla dottoressa Gabriella Agnoletti, è l’unico Centro in Piemonte che tratta le cardiopatie congenite da 0 giorni a 18 anni. E’ tra le più importanti realtà italiane per numero di pazienti (500 ricoveri all’anno e 350 interventi di emodinamica). Il Centro è noto anche all’estero per l’attività di emodinamica avanzata e l’attività scientifica. La Cardiologia pediatrica tratta inoltre l’adulto con cardiopatia congenita (paziente GUCH) ed è dotata di una Struttura chiamata “Centro GUCH” e segue circa 800 pazienti adulti con cardiopatia congenita. Il Centro è inoltre il fondatore del “Registro Piemontese delle Cardiopatie congenite dell’adulto”, nel quale sono stati inclusi ad oggi circa 1000 pazienti. La ristrutturazione del percorso assistenziale dei piccoli cardiopatici, realizzata grazie alla Fondazione Specchio dei Tempi, migliorerà in maniera importante la qualità della degenza, rendendola decisamente più consona alla tipologia di patologie e di pazienti trattati. Il progetto si inserisce in una più generale riqualificazione degli spazi dell’ospedale Regina Margherita, portata avanti dalla Direzione Aziendale (avvocato Gian Paolo Zanetta) e dal Dipartimento di Pediatria e Specialità Pediatriche, diretto dalla dottoressa Franca Fagioli, e realizzato grazie a numerosi contributi della Fondazione Specchio dei Tempi, grazie ai quali sono stati realizzati i nuovi Poliambulatori ed il reparto di Neuropsichiatria Infantile.

 

 

Gli studenti piemontesi a Trieste

Quarantatre ragazze e ragazzi tra i 16 e i 18 anni, accompagnati da dieci docenti e dalla prof.ssa Elena Mastretta dell’Istituto storico della Resistenza di Novara, hanno partecipato, da venerdì 5 a domenica 7 maggio, al viaggio studio di tre giorni a Trieste, vistando i luoghi della memoria del confine orientale italiano. Il viaggio – il primo dei tre riservati agli studenti distintisi nella 36° edizione del progetto di Storia Contemporanea, promosso dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico regionale –  ha avuto come mete a Trieste la Risiera di San Sabba, la foiba di Basovizza e , nel Goriziano, il memoriale di Redipuglia, dedicato ai caduti della Prima guerra mondiale.

 Trieste, dalla “scontrosa grazia”

Trieste, città dalla “scontrosa grazia” – come la definì Umberto Saba -, è capoluogo della provincia più piccola d’Italia, con la sua striscia di terra stretta tra il Carso e il mare e fu – con Trento – una delle “culle”  dell’irredentismo, movimento che aspirava ad un’annessione della città all’Italia. Due dei suoi simboli, visitati dalla delegazione degli studenti piemontesi, sono la Piazza Unità d’Italia, pavimentata con pietre d’Istria, circondata per tre quarti dai palazzi dell’Ottocento mitteleuropeo e aperta sul mare del golfo triestino, e il molo Audace. Esattamente lì (al tempo in cui era ancora chiamato molo San Carlo), nell’estate del 1914 gettò l’ancora la corazzata austriaca Viribus Unitis, sbarcando le salme dell’Arciduca  Francesco Ferdinando e della moglie Sofia, morti in quell’attentato di Sarajevo ( il 28 giugno del ’14) che cambiò la storia del Novecento. Su quello stesso molo, il  3 novembre del 1918, alla fine della Prima guerra mondiale, attraccò la prima nave della Marina Italiana ad entrare nel porto di Trieste: era il cacciatorpediniere Audace, la cui ancora è ora esposta alla base del faro della Vittoria. La Cattedrale di San Giusto, i caffè storici,  il castello di Miramare, il Faro della Vittoria, il porto vecchio e il Canal Grande : terra di confine e di scrittori ( Umberto Saba, Italo Svevo, Claudio Magris, Boris Pahor, James Joyce  che a Trieste – tra il 1905 e il 1917 –  completò la raccolta di racconti Gente di Dublino e scrisse alcuni capitoli della sua opera più famosa, l’Ulisse), Trieste riassume in sé l’intero confine orientale, dove da sempre soffiano i venti della grande storia, con il suo mosaico di mare, rilievi e altopiani , teatro di incontri e di scontri.

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San Sabba, la Risiera che diventò campo di sterminio

La visita alla Risiera di San Sabba suscita emozioni forti. Il grande complesso di edifici dello stabilimento per la pilatura del riso – costruito nel 1898 nel periferico rione di San Sabba – venne dapprima utilizzato dall’occupatore nazista come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’8 settembre 1943 ( lo Stalag 339). Successivamente, verso la fine di ottobre di quell’anno, venne strutturato come Polizeihaftlager (campo di detenzione di polizia), destinato sia allo smistamento dei deportati in Germania e in Polonia e al deposito dei beni razziati, sia alla detenzione ed eliminazione di ostaggi, partigiani, detenuti politici ed ebrei. Di fatto la Risiera è stato l’unico campo di sterminio nazista sul suolo italiano. Le porte e le pareti delle celle erano ricoperte di graffiti e scritte: l’occupazione dello stabilimento da parte delle truppe alleate, la successiva trasformazione in campo di raccolta di profughi, l’umidità e l’incuria le hanno quasi del tutto cancellate. Ne restano a testimonianza i diari dello studioso Diego de Henriquez (conservati nel “Civico Museo di guerra per la pace” a lui intitolato) con la loro accurata trascrizione. Nel cortile interno, proprio di fronte alle celle, sull’area oggi contrassegnata dalla piastra metallica, c’era l’edificio destinato alle eliminazioni – la cui sagoma è ancora visibile sul fabbricato centrale – con il forno crematorio. L’edificio e la connessa ciminiera vennero distrutti dai nazisti in fuga, nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945, per eliminare le prove dei loro crimini. Quante furono le vittime? Si immagina tra le tre e le cinquemila anche se in numero ben maggiore sono stati i prigionieri e i ”rastrellati” passati dalla Risiera e da lì smistati nei lager di Dachau, Auschwitz, Mauthausen.

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Basovizza, l’orrore delle foibe

La Foiba di Basovizza, dichiarata monumento nazionale nel 1992, è il simbolo delle atrocità commesse sul finire della seconda guerra mondiale e negli anni successivi dalle milizie di Tito. Pozzo minerario in disuso, nel maggio 1945 fu teatro di esecuzioni di civili e militari italiani, arrestati dalle truppe jugoslave d’occupazione.

Migliaia di persone vennero torturate e uccise a Trieste e nell’Istria controllata dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito. In gran parte vennero gettate dentro le foibe: voragini naturali disseminate sull’altipiano del Carso triestino e in Istria. Quella di Basovizza le rappresenta tutte, diventando nel tempo il principale memoriale – simbolo per i familiari degli infoibati e dei deportati deceduti nei campi di concentramento in Jugoslavia e delle associazioni degli italiani esuli dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, che qui ricordano le vittime delle violenze del 1943-1945. Dal 2008 il Sacrario è dotato anche di un Centro di Documentazione gestito dalla Lega Nazionale in collaborazione con il Comune di Trieste.

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Il Sacrario di Redipuglia

Ultima meta, sulla strada del ritorno a Torino, il Sacrario di Redipuglia , il più grande e maestoso “parco della Rimembranza” dedicato ai caduti della Grande Guerra. Redipuglia , il cui toponimo deriva dallo sloveno “sredij polije” (“terra di mezzo”), si trova nella provincia di Gorizia,  sul versante occidentale del monte Sei Busi e sorge nei luoghi dove , durante la Prima Guerra Mondiale, si svolsero le violentissime battaglie dell’Isonzo. Inaugurato il 18 settembre 1938, dopo dieci anni di lavori, l’opera –  conosciuta anche come  Sacrario “dei Centomila” – custodisce i resti di 100.187 soldati caduti nelle zone circostanti, in parte già sepolti inizialmente sull’antistante Colle di Sant’Elia. Fortemente voluto dal regime fascista, il sacrario celebra il sacrificio dei caduti e offre degna sepoltura a coloro che non avevano trovato spazio nel cimitero degli Invitti. Una  struttura imponente,  composta da tre livelli di gradoni , sormontata da tre croci  che richiamano l’immagine del Golgota e la crocifissione di Cristo. Circondato dai cipressi e dai prati  attraversati dai sentieri che passano accanto alle opere militari (camminamenti, caverne, trincee, postazioni per mitragliatrici e mortai) offre una testimonianza della linea difensiva realizzata prima dagli austriaci e poi conquistata dagli italiani.

Marco Travaglini

Lions club, cento anni all’insegna della solidarietà

L’attività umanitaria e la diffusione dei principi ispiratori del movimento mondiale del lionismo

Sono ovunque. Sono uomini e donne che, guidati dal motto “noi serviamo”, lavorano in tutto il mondo per dare una risposta concreta ai bisogni delle comunità locali e promuovere la pace. Hanno fatto del volontariato e della solidarietà la loro vocazione, il loro cuore batte per il bene dell’umanità. L’obiettivo che anima il loro impegno è dare speranza, salute, benessere e opportunità alle persone di ogni angolo della terra. Sono “Lions”, fieri ed orgogliosi di appartenere alla più grande associazione di volontariato nel mondo, il “Lions Club International”, che quest’anno taglia il traguardo del suo primo secolo di vita con un biglietto da visita di tutto rispetto: sono un milione e 400 mila, attivi in 210 Paesi con 46 mila Club. Tutti insieme, in un anno mettono in moto una macchina che vale 175 milioni di euro in servizi alla comunità e in 100 anni ha assistito oltre 148 milioni di persone. Visti da molti come realtà esclusive e associati soprattutto a grandi galà e banchetti sfarzosi, i Lions con i loro i momenti conviviali e cerimoniali di antica tradizione – come l’ascolto degli inni della nazione del presidente internazionale, di quello europeo e di quello italiano seguiti dalla lettura del Codice dell’Etica – mantengono vivo il senso di appartenenza che consente loro di condividere non solo il pane, ma soprattutto idee e azioni al servizio delle comunità.

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E’ la primavera del 1917 quando Melvin Jones, uomo d’affari di Chicago, incoraggia i soci del club che frequenta, il Business Circle di Chicago, a guardare oltre gli interessi personali e dedicarsi al miglioramento della comunità e del mondo: “Non si può andare tanto lontano finché non si inizia a fare qualcosa per il prossimo”.Quelle parole rappresentano il primo tassello di un percorso che il 7 giugno dello stesso anno conduce alla fondazione dell’”Association of Lions Clubs”, termine che diventa acronimo di “Liberty, Intelligence, Our Nation’s Safety”. E’ ancora Melvin Jones a descrivere il logo dell’associazione: “Un leone rivolto con orgoglio al passato, con fiducia in sé stesso verso il futuro e che guarda in tutte le direzioni per rendere un servizio”. Nell’ottobre dello stesso anno, alla convention nazionale di Dallas, vengono approvati lo statuto, il regolamento, gli scopi e il codice etico di un’Associazione che in tre anni diventa internazionale ed entra a pieno titolo nella storia dell’umanità. A distanza di cento anni, i principi e i valori del Lions Club International rimangono immutati. Obiettivo dell’Associazione è, oggi come allora, “Servire la propria comunità, soddisfare i bisogni umanitari”. Medesima la missione: “Promuovere la pace”. Preciso lo scopo: “Partecipare  attivamente al bene civico, culturale, sociale e morale della comunità”. Identico il codice etico: “Essere solidali con il prossimo offrendo aiuto ai deboli e sostegno ai bisognosi. Essere cauti nella critica, generosi nella lode, sempre mirando a costruire e non a distruggere”.

 

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Un’associazione orgogliosa del proprio glorioso passato, concentrata nel presente sull’obiettivo di migliorare le condizioni di vita del più alto numero possibile di persone, attenta a cogliere le sfide del futuro con ambiziosi traguardi da raggiungere per “lasciare il segno” e “fare la differenza”. Passato, presente e futuro all’insegna della continuità. I Lions sono stati, sono e continueranno ad essere “i cavalieri dei non vedenti nella crociata contro le tenebre”, sfida raccolta nel 1925 da Helen Keller, scrittrice e insegnante statunitense sordo-cieca alla quale fu dedicato il romanzo “Anna dei miracoli”. Su sua esortazione i Lions si sono impegnati in iniziative che li hanno portati ad ottenere il pieno riconoscimento a livello mondiale per il miglioramento della vita di non vedenti e ipovedenti. A loro si devono l’invenzione del bastone bianco; l’istituzione di scuole di addestramento che ogni anno donano cani guida a chi ne ha bisogno; la realizzazione di centri oculistici; la creazione di un prezioso centro per la raccolta di occhiali usati, che una volta rimessi a nuovo vengono regalati a chi non se li può permettere; l’ideazione del “libro parlato”, per consentire a chi non vede di “ascoltare” un testo; la promozione di campagne di prevenzione, screening e visite oculistiche per bambini (“Sight for kids” il nome dell’iniziativa dedicata ai più piccoli) e adulti di tutte le età. L’Associazione, che collabora con l’Organizzazione Mondiale della Sanità nella lotta contro la cecità evitabile e le minacce alla vista causate da diabete e altre patologie, ha aiutato milioni di persone fornendo occhiali e cure, sempre a titolo completamente gratuito. E dove lenti e medicina non risolvono il problema, intervengono altri generi di conforto: nel Natale del 1956 un bambino di sei anni non vedente riceve dal Lions Club di Detroit la sua prima batteria; quel bambino si chiama Steve Wonder e diventerà la leggenda del soul americano.

La tutela della salute rappresenta uno dei campi di particolare attivismo dei Lions: sono impegnati nella lotta al morbillo con importanti partnership che consentono di portare i vaccini a chi rischia di contrarre la malattia; sostengono programmi per l’educazione, la prevenzione e la cura del diabete; con il “Progetto Martina” informano e sensibilizzano i giovani sulla lotta ai tumori; affrontano il problema delle patologie rare attraverso un portale dedicato e il tema della medicina di genere con “Il cuore delle donne”.

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Grande l’attenzione dedicata ai giovani, con iniziative che vanno dalla prevenzione delle dipendenze all’informazione sulla sicurezza stradale. Non manca un fitto calendario di “scambi giovanili” e “campi della gioventù”, che offre anche ai disabili l’opportunità di conoscere nuovi luoghi e altre culture. Attraverso “Programma Alert”, i Lions sono in grado di intervenire tempestivamente in occasione di calamità naturali e catastrofi. Hanno portato soccorso alla popolazione e collaborato a imponenti ricostruzioni in Giappone, Stati Uniti, Indonesia, Pakistan e Haiti. Si sono mobilitati all’indomani del violento terremoto che nei mesi scorsi ha colpito il centro Italia e grazie alla “Lions Club International Foundation”, fondata nel 1968 per sostenere i progetti umanitari dei Lions, hanno raccolto in tutto il mondo più di 2 milioni di dollari per aiutare le comunità messe a dura prova dal tragico evento. Non ci sono barriere per i Lions, sempre pronti a tendere la mano al prossimo. Non ci sono confini e non contano la nazionalità e il colore della pelle. “Là dove c’è bisogno, lì c’è un Lions”, amano ripetere, pronti a darsi da fare. Eccoli realizzare pozzi dove la carenza di acqua potabile è un problema vitale; creare orti dove la fame mette a rischio la sopravvivenza; costruire scuole e infrastrutture in Burkina Faso o in altre terre dimenticate; progettare e realizzare un nuovo “service” per prevenire un problema o risolverne un altro nella comunità di appartenenza o in Paesi lontani. In occasione della convention internazionale di Toronto del 2012 i Lions hanno assunto l’impegno, in vista delle celebrazioni del Centenario, di arrivare a servire almeno 100 milioni di persone entro il 30 giugno 2018 in quattro diverse aree: “Coinvolgere i Giovani”, “Aiutare a prevenire i problemi della vista”, “Combattere la Fame”, “Proteggere l’Ambiente”. La progettualità messa in campo in questi settori, senza tralasciare le iniziative già avviate, ha consentito loro di raggiungere l’obiettivo già a metà settembre 2016. Il 2017 rappresenta un anno importante per i Lions. Una presenza antica, ma aperta al futuro, che quest’anno oltre a celebrare cento anni di vita e di attività festeggia anche i cinquant’anni dei Leo, i Lions del futuro, e i trent’anni dall’ingresso delle donne nell’Associazione, che hanno apportato un contributo determinante per trasformare la maggioranza silenziosa in cittadinanza attiva. Tre anniversari, tre punti di arrivo che rappresentano la linea di partenza per affrontare nuove sfide e continuare a contribuire al benessere di milioni di persone in tutto il mondo.

Paola Zanolli

Buone notizie dal Marocco

FOCUS / di Filippo Re

Una buona notizia arriva dal Marocco. I marocchini che vogliono lasciare la religione islamica e convertirsi a un’altra fede non rischieranno più la pena di morte. Il Consiglio superiore degli Ulema, massima autorità religiosa presieduta da re Mohammed VI, sancisce la possibilità di convertirsi ad altre religioni. Nei Paesi islamici l’apostata viene condannato a morte ed è vietato il proselitismo. Il Marocco riconosce da sempre il pluralismo religioso e condanna l’estremismo religioso. Rispetto a una fatwa (sentenza religiosa) del 2012 che aveva suscitato molte critiche, in cui si approvava la condanna a morte per il reato di apostasia, il Consiglio religioso ha annunciato una nuova interpretazione della norma riconoscendo libertà di coscienza al musulmano e la possibilità di cambiare religione. Per il momento la pena capitale resta in vigore per tale reato anche se negli ultimi anni non ci sono state condanne a morte per gli apostati. Il Codice penale dovrà essere modificato e ciò richiederà tempo.

Siamo di fronte a un vero cambiamento del discorso religioso più volte annunciato dal monarca marocchino? Si può parlare di svolta storica sull’apostasia ? Per il professor Paolo Branca, docente di islamistica e di storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano, si può parlare di “svolta” “perchè per la prima volta questa cosa viene riconosciuta come principio e in pratica la pena di morte per apostasia non veniva applicata nella maggior parte dei casi. Il Marocco sta facendo tanti passi avanti nel senso che il Codice civile già anni fa aveva introdotto importanti diritti per le donne e poi c’è l’importante documento di Marrakesh di circa un anno fa, dove le minoranze religiose venivano dichiarate da rispettare, in base al principio di cittadinanza, quindi riconoscendo un principio universale”. La decisione degli Ulema marocchini è una notizia positiva anche per Roberto Tottoli, docente di islamistica all’Università di Napoli L’Orientale, “anche se è difficile spiegare perchè certi musulmani non possano essere liberi di scegliere la propria religione. Forse, la prima decisione del Consiglio superiore degli Ulema era dovuta ai timori per la nascita delle prime associazioni di ex musulmani in Marocco. Questa, forse, nasce invece da una condivisibile logica opposta, ovvero che ogni tradizione ha radici storiche che è sempre più difficile imporre ad oltranza in un realtà completamente diversa”. Si calcola che negli ultimi dieci anni circa 25.000 marocchini abbiano lasciato l’Islam per passare al Cristianesimo. L’annuncio degli Ulema ha un carattere quasi rivoluzionario ma ha trovato molta risonanza più sulla stampa estera in lingua inglese e francese che su quella araba. A gennaio era uscita un’altra notizia che aveva destato stupore e malcontento negli ambienti più reazionari e conservatrici: il Ministero dell’Interno aveva proibito la produzione e la vendita del burqa per presunti motivi di sicurezza e i salafiti non avevano perso tempo a condannare tale divieto come una pericolosa “deriva modernizzatrice”. Il passo compiuto dagli ulema marocchini è molto importante, secondo padre Samir, islamologo e professore emerito all’Università St.Joseph di Beirut, “perchè hanno deciso di non applicare in modo letterale ma di “reinterpretare” la sharia, la legge islamica, adattandola al contesto attuale. Il Consiglio degli ulema, la più importante autorità religiosa del Paese, ha proposto una nuova interpretazione che smentisce una fatwa del passato, secondo cui l’apostasia deve essere punita con la pena di morte. Gli esperti islamici propongono una nuova versione emendata della “ridda” (in arabo apostasia dall’Islam, ndr) in base alla quale l’apostasia viene punita con la morte solo se inserita nel contesto di un tradimento “politico”. Ma per padre Samir il caso degli ulema marocchini non è così isolato perchè “ci sono centinaia di migliaia di persone che vogliono cambiare. Il problema è che il potere religioso è in mano ai leader, agli imam. E poi vi sono i responsi delle Università come al-Azhar che sono manipolate e mantenute dall’Arabia Saudita e dall’insegnamento tradizionale e ne influenzano le decisioni. Vi sono milioni di musulmani che non vogliono questo e tanti intellettuali che scrivono e argomentano ma non hanno il deposito della religione per potersi affermare”. Molto rumore per nulla? Quanto sta accadendo è forse il segnale di un dibattito in corso nella società marocchina ma non l’inizio di una vera revisione della questione. Le stesse fonti ufficiali marocchine hanno subito ridimensionato il valore di una decisione che sembrava come storica.

Filippo Re