CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 654

Il mondo degli “ultimi” raccontato al PalaGiustizia

“Gli invisibili”negli scatti di Mauro Raffini. Fino al 3 settembre


Vagare per le strade di grandi città (da Torino a Napoli a Nizza fino a Parigi, a Marsiglia e a Londra) per raccontare, attraverso la fotografia, la solitudine e l’ingombrante fardello di povertà di chi quelle stesse strade ha eletto a propria dimora. Per Mauro Raffini, origini cuneesi, ma torinesissimo d’adozione, quegli scatti realizzati in cinquant’anni di attività – fra mille altri dedicati al fotogiornalismo, all’editoria non meno che alle architetture urbane e al paesaggio – rappresentano un atto di fede e di irrinunciabile compassione verso il mondo. Anche e con uno slancio particolare verso chi negli anfratti più oscuri di questo nostro mondo naviga in traversata solitaria, trascinandosi addosso (dentro e fuori) miserie senza limiti e rassegnata disperazione. Sono loro, gli “invisibili” (o i “senza tetto” o gli “homeless” o i “clochards” o – bruttissimo termine, ancora da tanti gettonato – i “barboni”) i protagonisti di una toccante selezione di foto, una trentina complessivamente in bianco e nero e a colori, esposte da Raffini, fino al prossimo 3 settembre, nello Spazio Cultura Inclusiva della Caffetteria del Palazzo di Giustizia di Torino.

Promossa dall’ “Ufficio Pastorale Migranti” (diretto per anni da don Fredo Olivero, ancora oggi apostolo e memoria storica dell’immigrazione straniera a Torino) e dal “Garante dei diritti delle persone private della libertà personale”, la rassegna ha in sé la forza di guidarci con empatico interesse –trasmessoci dallo stesso artista – verso gli “ultimi” e i più “poveri”, che è come “andare –per usare le parole di Papa Francesco – verso la carne di Gesù che soffre”. Perché, in fondo, è ben vero che “i volti degli homeless sono spesso segnati da elementi di santità”, come sostiene un altro grande della fotografia incentrata sul tema, l’inglese Lee Jeffries che prosegue: “E sono i corpi, non le parole a raccontare le pene patite”. Ecco perché nelle foto in mostra non troviamo nomi né titoli. Solo volti e corpi dall’età indefinita, sguardi stupiti o sperduti o pronti alla sfida, qualche volta perfino i segni di antiche agiatezze; accanto sacchetti di plastica o carrelli della spesa arrivati chissà come e ripieni di mille povere improbabili cose. Avanzi di cibo, bottiglie, coperte, maglioni, cappotti su cappotti, cuffie su cuffie.

E’ lì tutta la loro casa, tutta la loro ricchezza, tutta la loro vita; per giaciglio una panchina o un materasso o la custodia di una chitarra, davanti la scatola di cartone per l’elemosina e c’è perfino chi non rinuncia alla lettura e alla musica. Curiosa la pila di libri accanto alla cuffia di lana che esce dalle coperte, con “L’alba di Vasco” appoggiata a “L’ultimo giurato” di John Grisham e a una guida turistica di Praga. “Ho fotografato – racconta Raffini – cercando di capire cosa significhi vivere la strada tutti i giorni, senza mai forzare la situazione per il rispetto che si deve a queste persone e per non violare troppo la loro residuale umanità”. Ma può una fotografia muovere l’osservatore alla pietas? “Nel suo libro ‘Davanti al dolore degli altri’, Susan Sontag – compagna di viaggio di molti operatori dell’immagine che non si fermano alla superficie delle cose – sostiene di no. E io la penso come lei.

Così come sono convinto che la fotografia – aggiunge Raffini – non sia un elemento determinante, tranne rarissime eccezioni, per cambiare particolari situazioni geo-politiche. Oggi ricordiamo appena la foto del piccolo Aylan, il bimbo siriano spiaggiato sulla costa turca di Bodrum; in questi giorni la stessa emozione si ripete per l’immagine del padre e della figlia salvadoregni ancora abbracciati in acqua, morti per annegamento nel Rio Grande. Un’immagine forte, destinata però a essere dimenticata dopo pochi giorni. E il tentativo di raggiungere gli Stati Uniti continuerà inarrestabile”. Tuttavia? “Tuttavia questo non pregiudica – conclude Raffini – la capacità di narrare con le immagini, che mantengono intatto il loro valore testimoniale, un valore etico, documentale e storico”.

Gianni Milani

“Gli invisibili”
Spazio Cultura Inclusiva-Caffetteria del Palazzo di Giustizia, corso Vittorio Emanuele 130, Torino; tel. 011/01123771
Fino al 3 settembre
Orari: lun. e ven. 7,30/15,30; sab. 7,30/13

Un pianoforte e quattro interpreti per l’estate azegliese

Il 3 agosto alla rassegna Musiche da ripostiglio

compositrice dalle influenze jazz e blues Anna Dari e, infine, con il suo pop melodico, il musicista ed ex produttore discografico David K Tickle, inglese di Lancaster e canavesano d’adozione. La serata avrà come special guest Angela Carlotta  mentre ogni brano sarà introdotto e descritto da Inika F Tickle.

M.Tr.

“Ceramics in love – two”, appuntamento con la grande ceramica

A Castellamonte, in anticipo e sotto il segno della più vasta internazionalità. Fino al 4 agosto

Manca un anno alla fatidica tappa dei “Sessanta”. E per la 59esima edizione della “Mostra della Ceramica” – iniziata quest’anno il 20 luglio scorso, con circa un mese di anticipo rispetto al tradizionale periodo agostano – Castellamonte, la città delle “stufe” d’arte note in tutto il mondo e dei primi caminetti “Franklin” prodotti in Italia, sta già preparandosi (si presume) alla gran festa del 2020. Primo evidente e ottimo segnale, l’incredibilmente ampia partecipazione e soprattutto l’impensabile e vasta internazionalità (mai così accentuata nelle edizioni precedenti) degli artisti che hanno inteso aderire al concorso “Ceramics in love”, momento clou della mostra voluto anche quest’anno dal curatore Giuseppe Bertero, insieme ai ceramisti castellamontesi. Concorso in versione “two”, non solo perché alla sua seconda edizione ma soprattutto poiché articolato quest’anno nelle due sezioni di “Arte” e “Design”, cui hanno dato la loro adesione da tutto il mondo ( o quasi) 220 artisti, di cui 180 quelli selezionati dalla Giuria: 120 le opere nella sezione “Arte” e 60 nella sezione “Design”, cui fanno da preambolo il progetto didattico “Design Ceramica” dello storico Liceo Artistico Statale “Felice Faccio” e la mostra del “gioiello ceramico”, organizzata da CNA – Federmoda.

Tutte le opere saranno esposte nei locali storici, di primo riferimento della Mostra, di Palazzo Botton e al Centro Congressi Martinetti. Un autentico successo, considerate anche le ben 27 nazioni di diversa provenienza rappresentate in rassegna, per un totale di 43 artisti stranieri, affiancati dagli italiani giunti da tutte le regioni d’Italia. Dalla Cina al Giappone al Messico, via via fino al Brasile alla Giordania, Israele, Slovenia, Croazia e ancora Serbia, Ucraina, Francia, Spagna, Inghilterra, Belgio, Svizzera fino alla Polonia, Turchia, Tunisia, Germania, Grecia, Cipro, Olanda, Ungheria, Finlandia, Stati Uniti e, ovviamente, Italia: accompagnata dal coloratissimo manifesto di Guglielmo Marthyn (che interpreta in chiave gradevolmente Pop il famoso “Amore e Psiche” del Canova) la mostra di quest’anno è sicuramente la più internazionale finora mai proposta a Castellamonte. “Il nostro obiettivo – spiegano gli organizzatori – era quello di accogliere e consentire ad un nutrito numero di artisti italiani e stranieri di poter mostrare la loro creatività, nell’interpretazione di un’arte tanto antica quanto moderna, in cui la tradizione si affianca all’innovazione dei materiali e delle tecniche, sperimentando le più nuove forme espressive, fino al linguaggio 3D, sia nel momento della fase progettuale sia nel passaggio a quella pratica”.

Fino al 4 agosto, tutta Castellamonte parteciperà, come sempre, all’evento “con tutte le realtà locali –ancora gli organizzatori – della produzione ceramica, nota in particolare per le ‘stufe’ di antica tradizione pur se oggi attualizzate da un moderno raffinato ed estroso design, praticato insieme alla più ampia varietà produttiva nelle numerose botteghe d’arte che portano avanti con grande passione il fascino arcano dell’argilla, quando incontra l’ardore dei forni e il fuoco della creatività”. Oltre ai già citati “punti chiave” e pubblici di Palazzo Botton e del Centro Congressi Martinetti, anche per quest’anno sono confermate le location private che da sempre ospitano la mostra, quali il “Cantiere delle Arti”, la ditta “Castellamonte”, la “Casa Museo Allaria”, la “Fornace Museo Pagliero”, le “Ceramiche Castellamonte” di Elisa Giampietro, le “Ceramiche Camerlo” e le “Ceramiche Grandinetti”. Molte e di vario genere (dall’enogastronomico al musicale) anche le iniziative collaterali offerte, per animare la rassegna, dalle varie associazioni locali (per info: tel. 0124/51871 o www.castellamonte.to.it), mentre, come per la precedente edizione, nei giorni prefestivi e festivi è prevista una navetta per un sopralluogo ai suggestivi “castelletti”, da dove si ricava la famosa argilla rossa di Castellamonte.
Libero l’ingresso. Orari: dal lun. al ven. 17/21, sab. e dom. 10/21

Gianni Milani

Nelle foto il manifesto della mostra e le opere di alcuni artisti selezionati

– Guglielmo Marthyn: Manifesto della 59esima edizione della Mostra della Ceramica di Castellamonte
– Palazzo Botton, Esposizione
– Opera di Anna Motola
– Opera  di Maurizio Bellan
– Opera di Xu – Hongbo

Una notte al Castello di Rivoli

Club Silencio è l’associazione culturale il cui obiettivo è valorizzare e promuovere il
patrimonio storico-culturale dei musei e degli edifici storici d’Italia attraverso
l’organizzazione di iniziative serali.

Mercoledì 31 luglio, prima della pausa estiva, Club Silencio propone la sua Notte
al Museo all’interno del meraviglioso Castello di Rivoli, dove l’arte contemporanea e
la storia di una residenza reale di fondono con armonia.
All’interno del cortile del Castello, nell’ambito di Palchi Reali, si assisterà alle
performance musicali di Emanuele Via, musicista e tastierista della nota band
torinese Eugenio in Via Di Gioia, che sta letteralmente spopolando in tutta Italia e
di Ivan Bert, trombettista e compositore di ricerca, che a Rivoli porta il progetto
Audio/Visivo SJØ.
L’aperitivo a buffet con cocktail bar sarà servito nel giardino della Manica Lunga del
castello, durante la serata sarà possibile visitare il museo e le meravigliose opere
della Collezione Permanente di Arte Contemporanea.

GLI ARTISTI COINVOLTI

EMANUELE VIA

Emanuele Via é un musicista calabrese. Dopo aver intrapreso gli studi di pianoforte
al conservatorio di Cosenza si appassiona al jazz e allo studio dell’armonia. nel 2010
si trasferisce a Torino dove incontra Eugenio Cesaro, Paolo Di Gioia e Lorenzo
Federici, coi quali fonda gli Eugenio in Via Di Gioia, band con la quale suonerà in
Italia ed Europa raggiungendo importanti soddisfazioni. Durante gli anni di concerti
e studi al politecnico si dedica alla composizione di brani strumentali che culminerà
con la pubblicazione di Diario di bordo, il suo primo album solista, uscito a febbraio
2016. Si tratta di un concept album che simula un viaggio in mare, attraverso un
susseguirsi di atmosfere e sonorità che scandiscono il susseguirsi degli eventi nei
quali è immerso il viaggiatore. Scrive musiche per cortometraggi e spot che molto
spesso ripropone dal vivo.

IVAN BERT SJØ – SOUND JOURNEY ORCHESTRA
Ivan Bert, direzione, concept, sound design, tromba, elettronica
FiloQ, elettronica, live overdub, sound design
Paolo Porta, sassofoni
Andrea Bozzetto, sintetizzatori analogici, elettronica
Riccardo “Akasha” Franco – Loiri, live digital video
«Musica site specific per un volo virtuale in un mondo inesistente», questa è la sfida
lanciata da Ivan Bert con il suo Ensemble SJØ. Il gruppo fonde gli strumenti acustici
con l’elettronica live trasfigurando la musica contemporanea, le atmosfere “pop” e il
jazz per un nuovo capitolo nelle ricerche di confine. Questo lavoro è ispirato agli
studi sulle relazioni tra ambiente, architettura e uomo dell’antropologo Franco La
Cecla.

INFORMAZIONI UTILI
APERITIVO 1° drink & buffet – 20€
Ingresso 19:30 alle 20:45
POST APERITIVO 1° drink – 12€
Ingresso 21:30 alle 22:45
Visita del Museo d’Arte Contemporanea libera (ultimo accesso 22:45)
Consigliamo di posteggiare al parcheggio di Via Rosta 21, Rivoli. Ci sarà un servizio
navetta gratuito attivo tutta la sera dal parcheggio al Castello di Rivoli e ritorno.

TAVOLI & LOUNGE → bit.ly/CS_RIVOLI_P
– ingresso garantito e prioritario salta-coda
– aperitivo incluso con 1 drink e 1 calice di prosecco
– accesso all’area lounge riservata
– area food e bar dedicato
– tavoli e sedute riservate (dalle 19:30 alle 21:30)

PREMIUM PASS: €5 → bit.ly/CS_RIVOLI_P
– ingresso garantito (Aperitivo €20 – Post aperitivo €12)
– ingresso prioritario salta-coda
– un flute di spumante by Winelivery (codice promo €5: BONTON facendo un ordine
su winelivery.com su un acquisto di €15 o superiore)

PARTNER
Martini, Toyota Lexus Spazio 4, Winelivery, Nastro Azzurro, Palchi Reali, Fondazione
Piemonte dal Vivo, FAI Giovani – Torino.

Bardonecchia ricorda Mario Soldati

Il nuovo libro di Pier Franco Quaglieni

Sabato 3 agosto alle ore 17,30 a Bardonecchia, nel Palazzo delle Feste, Sala “Giolitti” (piazza Valle Stretta), verrà presentato il libro Mario Soldati, la gioia di vivere, Golem edizioni. L’autore, Pier Franco Quaglieni, che ne ha curato la realizzazione e scritto un ampio saggio introduttivo, è stato amico personale dello scrittore e cofondatore con Soldati e Arrigo Olivetti del Centro “Pannunzio” di cui Soldati fu Presidente per quasi 20 anni. Soldati veniva spesso a Bardonecchia , amava profondamente  la cittadina  montana  e ne parlò spesso nei suoi romanzi.A Bardonecchia  giovanissimo conobbe Benedetto Croce e  Giolitti in vacanza .  Del libro, ricco di contributi di critici e studiosi autorevoli, di relazioni a Convegni, di ricordi e testimonianze di Soldati stesso e di molti suoi amici, parlerà la scrittrice e giornalista Bruna Bertolo, in dialogo con l’autore.

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

A cura di Laura Goria

Adam Gopnik “Io, lei, Manhattan” – Guanda-   euro 19.oo

E ‘ un inno al fascino di New York questo splendido memoir di Adam Gopnik, firma di punta del settimanale “New Yorker”. Più precisamente è una cavalcata d’amore per la fantastica Manhattan degli anni 80; quando, appena 20enni, lui e la moglie Martha Parker arrivano dritti dal Canada. Due giovani provinciali con pochi soldi e ambizioni tante. Lei è iscritta alla Columbia University e sulla strada per diventare una film maker di successo; lui dottorando di storia dell’arte, ma con il sogno di scrivere pezzi di costume sul “New Yorker”. Gli inizi del loro inossidabile amore hanno il non facile apprendistato nello spazio ultraridotto di un seminterrato di 9 metri quadrati nell’Upper East Side, “la definizione dell’impossibile”.

Pagine intense che vi portano direttamente in quello scantinato pieno di amore, ironia, intelligenza, passione e abilità nella difficile arte di riuscire a imbastire (senza azzannarsi) una convivenza nel minimo spazio vitale possibile. All’epoca Manhattan era proiettata in altezza, verso il cielo: aspirazioni, energia, ambizione e creatività erano un mix che funzionava alla grande. Poteva accadere di tutto. Gopnik iniziò con impieghi, a tratti dai risvolti comici, alla Frick Library, poi come guida al MoMA (piacevolissimo parlare di arte, ma decisamente poco remunerativo) infine decide di cercarsi “un lavoro vero, che pagasse”. E’ così che approda alla prestigiosa rivista maschile GQ dove cercavano qualcuno che rivedesse i testi….e dato che le sue qualifiche erano pari a zero, si aggiudicò il posto. Erano anni in cui era più fluido il passaggio da un lavoro all’altro, salivi le scale mobili della carriera fino al top “e neanche il tempo di voltarsi, eri alla guida di una casa editrice”.

Gli amici della coppia sono giovani romanzieri i cui libri vengono pubblicati, artisti talentuosi le cui opere vengono esposte ed hanno quotazioni di tutto rispetto. Manhattan era il luogo magico in cui potevi farcela. Capitava anche che il grande fotografo Richard Avedon (Dick) diventasse amico della coppia e mentore carismatico di Gopnik, (un’amicizia ininterrotta da quando si conobbero nel 1985 fino alla morte di Avedon nel 2004). Una sorta di padre adottivo che li introdusse nel mondo del potere e del glamour newyorkese. Uomo dall’immensa sensibilità estetica che immortalava immagini con una vecchia macchina fotografica 12 per 8 (la stessa usata da Matthew Brady per fotografare Lincoln e la Guerra di secessione). Gopnik erige quasi un monumento ad Avedon in pagine bellissime in cui racconta le loro passeggiate su e giù per Manhattan, la sua genialità nell’approcciarsi alla vita e alle persone (emblematiche e divertenti le pagine dedicate al loro incontro con “l’uomo delle spille”…godetevelo).

Poi la coppia, dal bugigattolo dell’86esima, infestato da scarafaggi, trasloca in un arioso loft di SoHo di 140 metri quadri: è terreno di scorribande di topi…ma vuoi mettere il fascino di vivere in un edificio con la facciata in ghisa (tratto architettonico tipico di quell’isola newyorkese)… Ed ecco il via a capitoli in cui Gopnik racconta l’evoluzione del quartiere: conteso da artisti e gallerie, sconfinante negli anni con TriBeCa, tra pop art, scrittori ed editor di grande prestigio. Tanti i nomi di personaggi famosi che Gopnik ha incontrato e di cui parla in modo da trascinarvi in quell’epoca e in quei luoghi, decisamente unici. Adam Gopnik ha vinto ampiamente la sua corsa al successo, ha ottenuto svariati premi come giornalista e scritto alti 8 libri prima di questo….tutti da leggere.

 

Ken Follet “Notre Dame”   -Mondadori- euro 9.00

Ken Follet, uno degli scrittori di maggior successo a livello mondiale, rende omaggio alla cattedrale di Notre Dame di Parigi che il 15 aprile scorso è stata devastata da un terribile incendio. E lo fa con

questo pampleth, il cui ricavato è destinato al fondo per la ricostruzione, come pure i suoi diritti d’autore. Proprio lui, che ha scritto il best seller “I pilastri della terra” -dedicato alla cattedrale di Kingsbridge- è stato particolarmente schioccato dal disastro. Incollato come tutti noi davanti agli schermi tv, ha assistito sgomento alle immagini della devastazione.

Ed eccolo ripercorrere il suo legame con Notre Dame.

Aveva visitato la chiesa molte volte: la prima nel 1996, quando era un 17enne più interessato alle coetanee che non alla bellezza della struttura e al suo carico di storia. Tra le tante occasioni successive anche una toccante messa di Natale, con la moglie Barbara, insieme a migliaia di persone che affollavano la chiesa e condividevano qualcosa di profondo. Allora l’emozione era stata sapere che i nostri antenati avevano celebrato il Natale allo stesso modo, in quell’edificio, per più di 800 anni. L’occasione più recente, solo 4 settimane prima dell’incendio, mentre passava in auto lungo la rive gauche, ammirando il maestoso spettacolo delle 2 torri e degli archi rampanti.

All’origine del suo romanzo “I pilastri della terra” ci sono state approfondite ricerche che Follet ha fatto anche “sul campo”, salendo sui tetti di molte cattedrali e imparando molto sulla loro struttura, ma anche sui loro punti deboli. Nel 4° capitolo c’è la scena chiave dell’incendio che distrugge la cattedrale di Kingbridge; per descriverlo al meglio si era chiesto come potesse prendere fuoco una grande chiesa di pietra. E’ così che ha subito intuito la matrice delle fiamme che hanno devastato Notre Dame. Si è ricordato dei detriti che si accumulano negli anfratti, vecchi pezzi di legno e corda, cartacce abbandonate dagli addetti alla manutenzione e tanti altri elementi potenzialmente pericolosi se anche solo sfiorati da una sigaretta accesa o dalla scintilla provocata da un guasto elettrico.

Nelle pagine seguenti, scritte di getto tra il 19 e il 30 aprile 2019, ripercorre i momenti storici che hanno reso la cattedrale uno dei simboli di Parigi. Narra che per edificarla trascorsero 100 anni, e anche dopo non cessarono continue migliorie. Sottolinea il contrasto tra le vite povere e sacrificate delle centinaia di operai che vi lavorarono: costruirono torri alte 69 metri, mentre loro vivevano in capanne di legno e non avevano gli strumenti di precisione odierni, per cui si procedeva a tentativi e si commettevano anche errori. Racconta molto altro…e rimanda anche al romanzo di Victor Hugo “Notre Dame de Paris”…

 

Victor Hugo “Notre Dame de Paris”

Questa potrebbe essere l’occasione giusta anche per rileggere e scoprire un classico della letteratura, “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo. Scrittore francese (1802-1885) autore anche de “I miserabili” che gli diede fama imperitura in patria e all’estero. E subito dopo il rogo di aprile uno degli effetti collaterali è stato proprio un boom di vendite del tomo di Hugo in tutta la Francia.

“Notre Dame de Paris” è considerato un capolavoro della letteratura romantica e il massimo approdo del genere “gotico”. Hugo non aveva ancora 30anni quando diede alle stampe questo romanzo-cronaca dell’autunno del Medio Evo, espressione più che riuscita del suo grande amore per i monumenti del passato. E’ un torrente in piena nel descrivere il miserabile quartiere parigino intorno alla cattedrale, in un Medioevo fantastico, pittoresco, babelico, brulicante di personaggi ed echeggiante di suoni. E’ su questo sfondo e all’ombra della misteriosa macchina della cattedrale – che è la vera protagonista- che leggiamo le avventure della bella zingara Esmeralda che si guadagna da vivere ballando e predicendo il futuro. E di altri personaggi, come il campanaro deforme Quasimodo, Pierre Gringoire, il capitano Febo e l’intricato parterre dei mendicanti della corte dei miracoli, preti, scudieri del re, duca di Borgogna. Una storia corale pubblicata nel 1831, che non aveva pretese di esatta ricostruzione storica, ma in cui Hugo diede libero sfogo alla sua immaginazione, trasportata da un ritmo narrativo mozzafiato. E a rileggere oggi le pagine in cui sono descritte le fiamme fra le due torri della facciata (che in realtà oggi sono quelle meno intaccate) siamo percorsi da un brivido, perché quel pezzo di bravura suona anche sinistramente profetico. I critici dell’epoca non capirono la grandezza dell’opera, invece i lettori ne furono letteralmente stregati e questo diede fama e successo allo scrittore.

 

 

 

A Palazzo Reale, d’estate, il biglietto vale il doppio

Tre calde domeniche estive28 luglio, 11 e 25 agosto, per approfittare di un’occasione imperdibile: l’apertura del Secondo Piano di Palazzo Reale, solitamente chiuso al pubblico, con tariffa d’ingresso compresa nell’abituale biglietto dei Musei Reali. Juvarra, Alfieri, Palagi, Beaumont, De Mura, Piffetti, Bonzanigo, sono soltanto alcuni degli eccezionali artisti e architetti che si avvicendarono nella realizzazione di queste stanze.

La visita inizia percorrendo la juvarriana Scala delle Forbici e si snoda attraverso le raffinate sale degli Appartamenti dei Principi di Piemonte e dei Duchi di Aosta, con affaccio dal terrazzo settecentesco per godere del panorama circostante, dalla collina di Superga alla catena alpina, dal Giardino di Levante alle cupole della città.

Un tempo utilizzato dalle dame e damigelle d’onore di Madama Reale, dall’inizio del Settecento il Secondo Piano viene destinato ad accogliere i principi ereditari e le loro consorti, assumendo la denominazione di Appartamenti Nuziali o dei Principi di Piemonte, già utilizzati dai Duchi di Savoia Vittorio Amedeo III e Maria Antonia Ferdinanda di Spagna, raffigurati nella grande tela del Duprà. Rimodernati da Pelagio Palagi all’epoca di Carlo Alberto, tra i diversi ambienti spiccano per eleganza la Sala Blu, la Sala Rossa e la Camera da letto di Maria José, che vi soggiornò nei primi decenni del Novecento. Gli Appartamenti dei Duchi d’Aosta occupano l’altra metà del piano e rappresentano un vero e proprio unicum per integrità stilistica. Progettati dagli architetti Piacenza e Randoni per le nozze di Vittorio Emanuele I con Maria Teresa d’Asburgo Este, celebrate nel 1789, ospitano preziosi arredi realizzati da Giuseppe Maria Bonzanigo, affreschi con soggetti mitologici e una curiosa Sala del Biliardo.

In collaborazione con Coopculture, è possibile fruire della visita guidata al costo di € 5 (oltre il biglietto di ingresso). Per info e prenotazioni: tel. 011 19560449.

I libri più letti e commentati a Luglio

L’estate è nel suo splendore e che siate al mare o sui monti, probabilmente sarete curiosi di sapere di quali libri si parla sul gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Il titolo più amato del mese, ma forse dell’estate, è senza dubbio I leoni di Sicilia, di Stefania Auci, che ripercorre la storia della famiglia Florio; ormai va di moda e quindi anche questo libro è solo il primo di una serie che sta appassionando i lettori; secondo posto per Il cuoco dell’Alcyon, ultimo romanzo del compianto Andrea Camilleri con protagonista il commissario Montalbano, sempre molto amato dai nostri lettori; infine, terzo posto per Simona Sparaco  vincitrice del premio DeA Planeta con Nel silenzio delle nostre parole.

Chi non è interessato a commentare le ultime uscite può continuare a passare in rassegna Time’s List of the 100 Best Novels, ovvero i cento romanzi più importanti del secolo XX, scritti in inglese e selezionati dai critici letterari per la rivista Times: questo mese noi abbiamo discusso di Jim il fortunato, amaro e ironico ritratto di un giovane arrabbiato magistralmente tratteggiato da Kingsley Amis, de Il coltivatore del Maryland, poderoso affresco storico venato di satira e forte ironia, scritto da John Barth e ottimamente tradotto da Luciano Bianciardi e, rimanendo nel campo degli autori britannici, La morte del cuore, delicato e malinconico racconto di formazione di Elizabeth Bowen.

Cosa proporre ai lettori più giovani, per rendere meno noiosa la loro estate? A questa domanda hanno risposta in molti e dai vari sondaggi abbiamo estrapolato tre titoli per lettori giovani, curiosi e interessati: L’acchiapparatti di Tilos, romanzo di Francesco Barbi che rivisita il fantasy classico con una buona dose di ironia; Little Brother, di Cory Doctorow, per chi è interessato alla tecnologia e vuole provare il fascino del suo primo cyberpunk; L’angelo di Coppi, raccolta di racconti  di Ugo Riccarelli che mostrano il lato umano e fragile dei grandi nomi dello sport.

Infine, le nostre conversazioni si sono focalizzate sulle biblioteche. Ce ne sono dove vivete? Come sono organizzate? Come le preferireste? La discussione ha coinvolto lettori, addetti ai lavori, utenti appassionati e utenti più scettici, in uno scoppiettante dialogo che probabilmente verrà ripreso in futuro.

Per questo mese è tutto: vi ricordiamo che se volete partecipare ai nostri confronti, potete venire a trovarci su FB e se volete rimanere aggiornati sulle novità in libreria e gli eventi legati al mondo dei libri e della lettura, visitate il nostro sito ufficiale all’indirizzo www.unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Buone letture!

Podio del mese:  I leoni di Sicilia, Auci (Nord) – Il cuoco dell’Alcyon, Camilleri (Sellerio) – Nel silenzio delle nostre parole(DeA Planeta)

 

Focus on: libri per appassionare giovani lettori :L’Acchipparatti di Tilos, Barbi (Campanila) – Little Brother, Doctorow (Multiplayer) – L’angelo di Coppi, Riccarelli (Mondadori)

 

Time’s List of the 100 Best Novels : Jim il fortunato, Amis (Dallai) – Il coltivatore del Maryland, Barth (Rizzoli) – La morte del cuore, Bowen (Neri Pozza)

 

Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it 

Andiamo! L’estate del Torinodanza Festival

IL SECONDO CAPITOLO DI VERTIGINE#2

 


Torinodanza prosegue anche questa estate con l’esplorazione delle relazioni fra danza e montagna nell’interpretazione trasversale di tre artisti italiani che, attraverso residenze e laboratori in alta quota, presentano e costruiscono performance originali.

Un vero e proprio happening di tre giorni, il 26, 27 e 28 luglio, fra Avigliana, Sestriere e Prali, per mettere in connessione la città di Torino e le sue montagne, ma non solo. Il programma, che quest’anno si presenta con il titolo “ANDIAMO!”, il secondo capitolo di #VERTIGINE all’interno del progetto Corpo Links Cluster finanziato dal programma europeo ALCOTRA (Alpi Latine Cooperazione TRAnsfrontaliera), coinvolge oltre al Teatro Stabile di Torino ‐ Teatro Nazionale/Torinodanza festival anche Malraux scène nationale Chambéry Savoie, Associazione Dislivelli di Torino e Université Savoie Mont Blanc in un vero e proprio festival italo-francese.

 

ANDIAMO! è il secondo capitolo del progetto #VERTIGINE, un sentiero che abbiamo iniziato a percorrere la scorsa stagione e che passo dopo passo ci ha entusiasmato per l’originalità della proposta – dichiara il direttore di Torinodanza Anna Cremonini – Gli spettacoli che sono nati in montagna sono approdati in teatro e oggi sono nel programma dei migliori teatri e festival in Italia e non solo. In questa edizione diventa ancora più forte e concreta la collaborazione con la sponda francese del progetto: Torino, Chambéry e le montagne diventano davvero un unico grande territorio di spettacolo.

Sport, ambiente e cultura di montagna sono un’ispirazione unica di questi territori, capaci di stimolare danza, performance e partecipazione. Come partire insieme e conquistare una cima.

 

E’ un punto di vista diverso sulla montagna, che non vive così esclusivamente nella dicotomia fra inverno e estate, fra neve, sci, velocità e i cieli tersi di una gita estiva in alta quota, lungo sentieri e pendii verdissimi. Lo sguardo dei coreografi di Torinodanza esplora la storia e la memoria, incontra le persone e si immerge negli ambienti naturali. Gli artisti percorrono il territorio, abitano le valli e si confrontano con chi in montagna ci vive o chi ci passa solo qualche giorno e trasformano queste esperienze in danza.

Arrampicata, sci di discesa e trekking sono gli sport da cui si originano i gesti coreografici. Grandi personaggi di montagna, come la guida alpina Anna Torretta, il campione di sci Piero Gros e l’antropologa e scrittrice Irene Borgna, saranno i protagonisti degli incontri (coordinati dal giornalista e scrittore Enrico Camanni) che seguiranno ogni spettacolo.

 

Il programma:

 

DANZA E ARRAMPICATA AD AVIGLIANA

Venerdì 26 luglio 2019 – ore 21.00 Palestra di Roccia (Via IV Novembre)

Performance site-specific AU BOUT DES DOIGTS di Piergiorgio Milano

a seguire PIERGIORGIO MILANO incontra l’alpinista ANNA TORRETTA – modera ENRICO CAMANNI

in collaborazione con Comune di Avigliana e CAI – Sottosezione Avigliana

INGRESSO LIBERO

 

DANZA E SCI A SESTRIERE

Sabato 27 luglio 2019 – ore 17.00

Piazza Fraiteve

Performance a chiusura del laboratorio IL CORPO IN BILICO di Marco Chenevier con i giovani dello Sci Club Sestriere

a seguire MARCO CHENEVIER incontra il campione di sci alpino PIERO GROS – modera ENRICO CAMANNI

in collaborazione con Comune di Sestriere e Sci Club Sestriere

INGRESSO LIBERO

 

DANZA, TREKKING E FESTA A PRALI  

Domenica 28 luglio 2019

ore 11.00 – Conca dei 13 Laghi (Seggiovie 13 Laghi)*

TREKKING COREOGRAFICO di Silvia Gribaudi

ore 16.00 – Piazza Giovanni Perro

Performance a chiusura del laboratorio MON JOUR! LAB di Silvia Gribaudi

a seguire SILVIA GRIBAUDI incontra l’antropologa e scrittrice IRENE BORGNA – modera ENRICO CAMANNI

conclude la giornata il concerto folk occitano con TRIGOMIGO

in collaborazione con Comune di Prali, Prali Ski Area, Pralibro e AGAPE

INGRESSO LIBERO

*SEGGIOVIA 7€ A/R

Ritrovo alle ore 11.00 alla seggiovia dei 13 Laghi. Durata del trekking dalle ore 11.30 alle ore 13.00

 

NAVETTA GRATUITA TORINO-PRALI A/R

Info e prenotazione (obbligatoria)

agenzia@buscompany.it – 011/2261941 int. 1

 

Gli stessi artisti arriveranno poi in autunno a Torino per presentare il loro lavoro all’interno del programma di Torinodanza, elaborando ulteriormente gli spunti creativi nati in montagna. Piergiorgio Milano con White Out, nuovo spettacolo al suo debutto assoluto, Silvia Gribaudi e Marco Chenevier con performance che saranno presentate in forma compiuta a Torinodanza festival 2020.

 

Maria La Barbera

 

 

INFO

info@torinodanzafestival.it

www.torinodanzafestival.it

www.corpolinkscluster.eu

 

 

 

 

La Passione di Cristo nell’arte di Missaglia

Renato Missaglia, l’artista che ha donato sue importanti opere sul tema della Passione di Cristo al Museo Diocesano di Torino

 

il M° Renato Missaglia è un artista di origine bresciana, da anni molto attivo anche all’estero, che, dapprima imprenditore, ha intrapreso la professione artistica dal lontano 1979. Ha maturato con la città di Torino, ormai da molti anni, un legame importante.

Ha interpretato, infatti, per gli organizzatori, momenti ed emozioni delle Olimpiadi Invernali Torino 2006, che sono sfociati nel volume intitolato Con gli occhi dell’arte. XX Olimpiadi Invernali Torino 2006.

La multinazionale “Coca-Cola mondo” lo ha inoltre scelto quale testimonial artistico.

Banca Aletti, presso il Museo del Cinema alla Mole Antonelliana, ha poi organizzato una importante presentazione del suo lavoro artistico.

Per l’Arma dei Carabinieri ha inoltre realizzato il libro d’arte dal titolo I Carabinieri e Torino. Due secoli di storia, dalla fondazione ai Giochi Olimpici Invernali, un excursus a partire dalla nascita dell’Arma a Torino, in Via Pastrengo.

La Stampa di Torino ha poi rieditato il libro in diecimila copie, allegandolo al quotidiano cittadino.

 

– Lei ha di recente esposto nel Duomo di Torino e poi donato all’attiguo Museo Diocesano alcune opere pittoriche dedicate al tema della Passione di Cristo, presentate al pubblico proprio nel luogo dove si conserva la reliquia più importante della Cristianità, la Sacra Sindone. Quale significato ha avuto per Lei questa esposizione?

 

Premetto che sono un cattolico praticante da sempre affascinato dal mistero della Sacra Sindone, ragione per la quale, quando Don Carlo Franco, Giacomo Bottino ed il Maestro Antonmario Semolini mi hanno proposto un’esposizione all’interno del Duomo di San Giovanni a Torino, nell’ambito del progetto “Lo spirituale nell’arte”, parte integrante dell’Accademia di San Giovanni, ho realizzato tre opere pittoriche ispirate alla Passione di Cristo. Sono la drammatica Salita con la croce al Golgota, la Crocefissione e la Deposizione, opere poi posizionate per alcuni mesi sull’altare principale del Duomo, a fianco della Sacra Sindone, ultimo atto della Passione di Cristo.

 

– Il tema del Sacro lo ha già affrontato in precedenza nelle sue opere ispirate alla Via Crucis. Che cosa rappresenta per Lei questo soggetto?

Sempre colpito dalla drammaticità della Via Crucis, negli anni ho realizzato varie opere a tema con tecniche e interpretazioni diverse.

 

– Da dove nasce il suo interesse per la ritrattistica, che lo ha portato a dipingere i volti di Capi di Stato e Pontefici, tra cui Benedetto XVI e Papa Francesco, oltre che di alcuni tra i più importanti chef stellati?

 

Fino ad alcuni anni fa dipingevo per la mia collezione privata ritratti di personaggi che colpivano la mia fantasia (mai più di due all’anno).

La mia cara amica Milena Milani, alla quale li mostravo, li riteneva interessanti, ragione per la quale, un poco alla volta, mi sono dedicato a questo filone artistico.

Da anni i ritratti che realizzo non sono più finalizzati alla mia collezione privata, ma rivolti ai committenti, sempre più numerosi ed appartenenti ai settori più diversi.

I ritratti dei Papi mi sono stati commissionati direttamente dal Vaticano, i Capi di Stato da amici che volevano farne loro dono, i grandi Chef in occasione di Expo Milano 2015. (www.libroexpo2015.it).

 

 

– Proveniente da una città come Brescia, Lei ha fatto del mondo il palcoscenico della sua arte, esponendo anche al Grand Palais a Parigi, a Vienna, a Monaco, a Ginevra, New York, Shangai, Montecarlo e Palm Beach. Quali sono le differenze principali che ha colto nella percezione da parte del pubblico nei confronti dell’arte tra l’Europa e gli altri continenti?

L’elemento che mi ha sempre stimolato è stato il confronto con nuove culture e nazioni diverse; questi incontri mi hanno aiutato a crescere in maniera esponenziale.

 

– Nella sua arte Lei utilizza una tecnica che dimostra eclettismo ed originalità, capace di unire la pittura alla fotografia. Qual è il suo rapporto con quest’ultima disciplina?

Ho sempre amato la fotografia; fin da ragazzo fotografavo e stampavo. Ora sono riuscito a trasformare in tecnica mista il dipingere e il fotografare, un mondo senza limiti.

 

– Le sue opere sono dense di significati e suggestioni oniriche. Quale è il suo rapporto con l’universo onirico?

Le mie opere scaturiscono sempre da emozioni che l’universo mi regala quotidianamente, suggerite dal cambio delle stagioni, dai drammi e le catastrofi, o il semplice sbocciare di un fiore.

 

– Che ne pensa del rapporto tra l’arte figurativa e le altre arti, quali musica, teatro e letteratura, che contraddistingue l’operato dell’Accademia della Cattedrale di San Giovanni, che ha altresi’ generato un’orchestra come i Virtuosi, ormai nota ben oltre i confini regionali?

Ho sempre coniugato le mie opere e le esposizioni con eventi musicali e letterari, interpretando, di volta in volta, e ispirandomi alle musiche e alle opere dei grandi compositori.

 

Mara Martellotta