CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 635

Grande successo per il TorinoFilmLab a Berlino

L’Orso d’oro della 68ª edizione del Festival di Berlino è andato al film Touch Me Not della regista Adina Pintilie; mentre il regista Marcello Martinessi ha ricevuto l’Orso d’argento Alfred Bauer Las Herederas, pellicola che vale anche l’Orso d’argento per la miglior attrice ad Ana Brun.
 

Ana Brun di Las Hereders vince l’Orso d’Argento come migliore attrice

Il TorinoFilmLab ha supportato lo sviluppo di entrambi i film, che sono rispettivamente l’81° e l’82° film completati dal programma torinese. 

 
Il laboratorio a supporto di filmmaker emergenti ha accompagnato questi progetti durante tutto il processo creativo: dalla fase d’ideazione alla prima stesura della sceneggiatura attraverso il programma ScriptLab, e più tardi con strumenti di formazione ad hoc per quanto riguarda lo sviluppo, il  finanziamento e la promozione attraverso il programma FeatureLab. Il sostegno del TFL è stato anche economico: TOUCH ME NOT è stato premiato con il Production Award (€ 150.000), mentre THE HEIRESSES ha ricevuto il primo Co-Production Award assegnato dal TorinoFilmLab grazie al supporto di Creative Europe – MEDIA (€ 50.000). Nel 2017 i progetti – all’epoca in post-produzione – sono poi tornati a Torino per essere presentati a una platea di sales agents, distributori e rappresentanti di festival durante l’evento work-in-progress TFL Coming Soon.
 
Il TorinoFilmLab è promosso dal Museo Nazionale del Cinema con il supporto di MIBACT – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Piemonte, Città di Torino e Creative Europe – MEDIA Sub-Programme dell’Unione Europea, in collaborazione con Film Commission Torino Piemonte.
 
TOUCH ME NOT di Adina Pintilie (RO/DE/CZ/BG/FR) racconta il viaggio emozionale di Laura, Tomas e Christian. Desiderosi di intimità ma allo stesso tempo ancora terrorizzati da essa, i tre lottano per superare i loro vecchi schemi, meccanismi di difesa e tabù ed essere finalmente liberi. Il racconto è costruito sul confine fluido tra realtà e finzione. “A 20 anni pensavo di sapere tutto – confessa la regista. ”Ma crescendo, dai 20 ai 40, questa convinzione è venuta meno: ho realizzato di non sapere nulla”. Adina ha iniziato a lavorare allo script nel 2007, durante la sua partecipazione a TFL Script&Pitch, con la collaborazione del tutor e story consultant Franz Rodenkirchen (Germania) e il supporto di 2 alumni TFL, Fabio Grassadonia & Antonio Piazza (Italia), co-registi di SALVO. 


THE HEIRESSES (Las Herederas) di Marcelo Martinessi (PY/DE/UY/NO/BR/FR) ci porta nell’attuale Paraguay. La situazione economica di due donne, insieme da più di 30 anni ed entrambe ereditiere di buona famiglia, sta peggiorando: Chiquita viene mandata in carcere per debiti, e Chela comincia a gestire un servizio di taxi locale. La collaborazione con la tutor TFL Anita Voorham (Paesi Bassi) e le discussioni durante le sessioni di gruppo con gli altri partecipanti hanno contribuito a fornire diversi punti di vista narrativi ed estetici sul progetto. “Quando stavo scrivendo la sceneggiatura – un processo spesso molto solitario – gli input di Script&Pitch mi aiutavano a non sentirmi così solo. La diversità estetica, culturale e politica dei tutor e dei colleghi ha dato vita a uno scambio che difficilmente avrei trovato altrove”.
 
Un terzo film targato TFL è stato proiettato durante il festival, nella sezione Panorama: LAND di Babak Jalali (IT/FR/NL/MX/QA) racconta la storia della famiglia indigena Denetclaw che vive nella riserva Prairie Wold, negli Stati Uniti.

Balbo di Vinadio alla presidenza della Fondazione Fico

Torinese, 63 anni a luglio e socio fondatore dello Studio Legale “Balbo Vinadio e Associati”, con sede al civico 17 di corso Matteotti a Torino, è il noto avvocato Emanuele Balbo di Vinadio il nuovo Presidente della Fondazione Ettore Fico. Balbo di Vinadio succede a Ines Sacco Fico, moglie del grande pittore di Piatto Biellese, nonché presidente della stessa Fondazione (creata per sua volontà nel 2009) e del MEF- Museo Ettore Fico aperto in memoria del marito nel 2014 in via Cigna (in quell’area di Barriera di Milano nota come “Spina 4”), fino al 14 dicembre scorso, giorno della sua scomparsa all’età di 91 anni. Alla vicepresidenza, il Consiglio di Amministrazione ha nominato Beatrice Ramasco. Consiglieri: Renato Alpegiani, Andrea Busto, Marco Ciani, Lucia Fico, Giuseppe Galimi e Massimo Mao.

Queste le prime dichiarazioni del nuovo Presidente: “Da appassionato d’arte e collezionista, è con entusiasmo che mi appresto ad affrontare questa nuova avventura. Auspico di essere in grado di raccogliere l’importante eredità della compianta signora Ines Fico, la quale per prima mi ha dato l’opportunità di partecipare attivamente alla Fondazione come consigliere, permettendomi altresì di mettere al servizio di quest’ultima e del Museo Ettore Fico le competenze e le conoscenze giuridiche acquisite in ormai oltre trent’anni di esperienza professionale forense. Ho la fortuna di poter collaborare con una squadra competente, dinamica e appassionata, grazie alla quale sono sicuro che saremo in grado di avviare una nuova fase della Fondazione. Proseguiremo il lavoro sinora condotto dalla precedente Presidente e ci impegneremo  affinchè la Fondazione Fico operi come una realtà viva e attiva nel panorama torinese. Lo scopo che vogliamo raggiungere è quello di creare, in sinergia con il nostro splendido Museo, un nuovo polo di riferimento per la città, in grado di coniugare arte e cultura, con iniziative rivolte a un pubblico di tutte le età e con l’obiettivo di dimostrare ancora una volta che l’arte può essere di tutti e alla portata di tutti”.

g. m.

 

Tre serate di teatro, un incontro con la lingua portoghese

È un’ulteriore tappa di un percorso già iniziato negli scorsi anni all’interno delle attività promosse da Torino Spettacoli, ovvero la formazione in Brasile, in special modo nella stato di Bahia, nel nordest del paese, di attori del luogo guidati dal regista Enrico Fasella come della produzione di testi classici e contemporanei del teatro italiano e mondiale. Dal 26 al 28 febbraio, sempre alle ore 21, tornerà nella sala Solferino del teatro Alfieri l’attore brasiliano Gil Soares, riproponendo in lingua portoghese Il sogno di un uomo ridicolo (“O sohno de um homem ridiculo”) con due interessanti novità, La bisbetica domata (“A megera domada”) di Shakespeare e La nave negriera (“O navio negreiro”) dell’ottocentesco poeta Castro Alves, gloria di quel paese, morto di tubercolosi nel 1871, a 24 anni soltanto, fautore delle grandi problematiche sociali nonché sostenitore della causa degli emarginati e degli schiavi. Le serate sono promosse in collaborazione con l’associazione italo-brasiliana Warà di Torino, un’occasione per incontrare una cultura con cui assai poco riusciamo a raffrontarci. Per maggiori informazioni 011 5623800 e www.torinospettacoli.it

(e. rb.)

Festa della Donna. Scambio Culturale Italia Turchia

Per pura combinazione, il viaggio un po’ misterioso di Recep Tayyip Erdogan a Roma e alla Santa Sede per avviare il disgelo con il Vaticano coincide con l’allestimento della prossima mostra del Concorso Internazionale il Bosco Stregato in terra turca

Con molto meno clamore e minori aspettative, Solstizio d’Estate (organizzatore del Concorso Internazionale Il Bosco Stregato www.boscostregato.com) ritorna a Istanbul per una mostra con opere della sua collezione, in occasione della Festa della Donna che si celebrerà in tutto il mondo e quindi anche in Turchia.A seguito degli scambi culturali continuativi con il Lyons Club di Istanbul e la Akademia di Ex Libris della capitale turca, guidata dalla presidente Latifè Bastug, c’è un nuovo gemellaggio ideale con la Turchia e l’occasione è la Festa della Donna.L’ultima volta artisti turchi erano stati presenti in Lombardia (Soncino) e in Piemonte, al castello di Roddi d’Alba.Se l’operazione di Erdogan è stata molto complessa e si è svolta con un dispiegamento ingente di forze di polizia per assicurarne la sicurezza, per contro quella di Solstizio d’Estate avviene in un clima di fraterna amicizia e molto distesa.Qualcuno ha sostenuto che il viaggio italiano, avrebbe avuto anche lo scopo di perorare la causa dell’ingresso nell’Unione Europea.Esagerazioni: del resto perché entrare in un’ Unione ingessata quando si può ottenere molto di più standone fuori e senza vincoli? L’attuale vicenda Eni-Italia/Turchia ne è un’ulteriore conferma.Ma torniamo al Concorso Internazionale Il Bosco Stregato.Perché questa destinazione? Intanto non solo questa, ma tante altre. Un concorso che si taccia di internazionalità e lo è sin dall’inizio, non può esimersi anche dal realizzare eventi culturali all’estero. In quest’ottica si inseriscono alcuni eventi, come la partecipazione al congresso mondiale degli Ex Libris a Praga ad agosto e questo di Istanbul per la Festa della Donna.

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La Turchia non è un Paese solo musulmano, ma il ponte fra Oriente e Occidente. Un Paese che, seppur attraversa una situazione particolarmente delicata e complessa per via del suo premier, è una nazione ricca di cultura e gli scambi con l’Italia sono sempre stati intensi e addirittura l’italiano veniva usato come lingua ufficiale della diplomazia in ambito turco.Per la mostra sono state scelte alcune opere della collezione del Concorso Il Bosco Stregato incentrate sulle Donne, in occasione della celebrazione della sua Festa e verrà presentata, in anteprima, la prossima edizione del Premio dal titolo “Profumo di Donna” che sarà ispirata allo scrittore piemontese Giovanni Arpino da cui è stato tratto il film “Scent of a Woman”.Durante il vernissage verrà inoltre presentato un video legato allo scrittore braidese, frutto della collaborazione tra la Biblioteca Civica di Bra Giovanni Arpino e l’Istituto Velso Mucci con la regia di Remo Schellino.Il testo del video in italiano sarà un ulteriore veicolo per consolidare la conoscenza della lingua italiana in Turchia che oltre alla presidente Latife Bastug parlano in molti anche per l’attività dell’ Istituto Italiano di Cultura e della Scuola Dante Alighieri.

 

Tommaso Lo Russo

 

Ei Fu. Napoleone dal Piemonte all’Europa

Napoleone Bonaparte e il Piemonte: un rapporto di amore e odio in un periodo di grandi cambiamenti geopolitici, sociali e culturali, un’esperienza per certi versi travagliata, in alcuni casi anche sofferta, ma che – come spesso accade nella storia – ha lasciato un grande segno ancora oggi tangibile. Ed è proprio la descrizione di tutto questo l’ambizioso obiettivo della mostra “Ei Fu – Napoleone Bonaparte dal Piemonte all’Europa (1796-1815)”, in programma da sabato 17 marzo a domenica 24 giugno 2018 a Palazzo Salmatoris di Cherasco (CN).

 

L’esposizione racconta gli aspetti culturali e sociali dell’epopea di Napoleone Bonaparte, con particolare attenzione alle vicende avvenute dal suo arrivo in Piemonte nel 1796 fino alla sua abdicazione nel 1814 e il rientro dei Savoia dall’esilio in Sardegna. La sede della mostra è lo stesso palazzo che ospitò proprio Napoleone il 28 aprile 1796 in occasione della firma dell’armistizio di Cherasco, centro presente all’interno della Federazione Europea delle Città Napoleoniche. Da qui Bonaparte iniziò la sua avanzata in Italia, parallelamente alle sue conquiste in Europa.

 

Quella di Cherasco è una mostra che racconta di eserciti e battaglie, ma soprattutto di trasformazioni sociali, culturali e urbane, di statuti e leggi, di emancipazione dei cittadini di religione ebraica e di storie di artisti, scienziati e studiosi che seguirono Napoleone nella corsa verso l’ideale di una nuova Europa e che raggiunsero posizioni di rilievo, come i piemontesi Carlo Secondo Salmatoris di Rosillon e Bernardino Drovetti.

 

Sono un centinaio gli oggetti in esposizione: documenti, libri, stampe, dipinti, sculture, miniature, porcellane, strumenti musicali, costumi teatrali, armi, argenti e medaglie. Le opere provengono da prestigiose istituzioni piemontesi, tra cui la Fondazione Accorsi-Ometto, il Museo Egizio e l’Archivio di Stato di Torino, oltre che dalla stessa Cherasco e da enti cheraschesi, in particolare la Biblioteca G.B. Adriani e l’Archivio Storico Civico, e da numerosi collezionisti privati.

 

La mostra è stata voluta dalla Città di Cherasco ed è promossa dall’Associazione Cherasco 1631, due anni dopo il grande successo di “Nel segno dei Savoia. Cherasco fortezza diplomatica. Curatrice della mostra e del catalogo è Laura Facchin, storico d’arte e ricercatore dell’Università degli Studi dell’Insubria, con la collaborazione di Luca ManaFlavio Russo e numerosi studiosi e specialisti di settore.

 

Una sezione a parte della mostra è dedicata alla “Napoleonmania” e curata da Alessia Giorda, storico, e Francesco Ganora, appassionato e collezionista napoleonico, con una collezione di memorabilia e di una vasta oggettistica checelebra il mito di Napoleone dall’Ottocento a oggi nelle sue espressioni più diverse e spesso bizzarre, dai fumetti al sapone da barba, dalle bottiglie di liquore alle figurine, e con una sala video per raccontare la figura di Napoleone nel cinema e nella pubblicità.

 

La mostra è aperta al pubblico con ingresso libero dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle 12 e dalle 14 alle 19. Gli eventi collaterali organizzati nell’ambito dell’esposizione sono aperti a tutti i visitatori. Sono in programma anche visite guidate per gruppi e scuole.

 

La mostra ha ricevuto il patrocinio della Regione Piemonte ed è stata realizzata in collaborazione con Fondazione Accorsi-Ometto e Museo Egizio, grazie al sostegno del main sponsor Banca di Cherasco e degli sponsor Reale MutuaFondazione De Benedetti – Cherasco 1547 Onlus e Castello Visconteo di Cherasco e con il supporto organizzativo diAssociazione Cherasco Cultura e Associazione Le Terre dei Savoia.

Ei Fu – Napoleone Bonaparte dal Piemonte all’Europa (1796-1815)

17 marzo – 24 giugno 2018

Palazzo Salmatoris, Cherasco (CN)

Ingresso libero dal martedì alla domenica (dalle ore 10 alle 12 e dalle 14 alle 19)

www.eifunapoleone.it

La Terra Buona. Il nuovo film di Emanuele Caruso

È stato presentato ad Alba giovedì 22 febbraio a cui seguirà lunedì 26 una proiezione in anteprima presso il cinema Cityplex della capitale delle Langhe, il film “La Terra Buona” che sarà diffuso nelle sale cinematografiche, a partire da marzo.

Con tanta neve che è scesa ed altrettanta che ne deve arrivare sembra Natale e il periodo pare quello giusto; il clima ideale per sentirsi più buoni. Appunto: una favola quella che ha come interpreti il regista e factotum Emanuele Caruso, giunto alla sua seconda esperienza cinematografica, dopo “ E FU SERA E FU MATTINA”, che rappresentò un caso nazionale tra le produzioni cinematografiche indipendenti, con 43.000 biglietti venduti e 300.000 euro di incasso e che ora coinvolge per il suo secondo film, a distanza di 4 anni, una trentina fra attori e comparse nonché un’intera comunità in Val Grande, nel Verbano Cusio Ossola, nei comuni di Vogona e Pramosello, ai confini con la Svizzera, ma ancora in Piemonte. Perché una favola? Quando si vuole realizzare una cinematografia indipendente è sempre “un’impresa”. Per dirla all’inglese, la ricerca dei fondi, il crowdfunding, è estenuante e gira rigira piove sempre sul bagnato, come si diceva una volta. Stavolta no, il film ha avuto l’appoggio di Film Commission Torino Piemonte e la consulenza tax credit di Fip Film Investimenti Piemonte che ha coinvolto il Gruppo Egea che contribuisce con 100 mila euro. Altri sponsor come Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e Parco nazionale della Val Grande, dove sono state girate le riprese, Etaly ed altri ancora.

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Il film viene prodotto e distribuito dalla casa cinematografica “Obiettivo Cinema di Alba”. Dicevamo una storia fantastica, in quanto il film è stato realizzato in una zona, la Val Grande dove non ci sono servizi e strutture ricettive e quindi c’era da pensare alla logistica del pernottamento per oltre 30 persone e farli mangiare tutti i giorni delle riprese. Tramite l’Associazione “Alpe Capraga” gli abitanti hanno messo a disposizione le loro case ed è stata allestita la cucina da campo per la troupe. La trama del film La Terra Buona: tre vicende che diventano una sola, con il territorio che ne costituisce l’anima e l’essenza; una ruota attorno al monaco benedettino Padre Sergio, recentemente scomparso in Val Maira (Canonica di Marmora) che è il luogo reale della vicenda mentre nella finzione scenica è stata girata in Val Grande, in Val Maira aveva realizzato una biblioteca con oltre 80.000 volumi che non si sa dove andranno a finire. L’altro personaggio è l’oncologo Mastro che si isola e fugge per le sue idee controtendenza, ma in verità è in cerca della sua anima e la terza è Gea, una ragazza in cerca di speranze e di una guarigione in un angolo di paradiso che è l’ambientazione della favola. Gli attori: Giulio Brogi, Cristian Di Sante, Fabrizio Ferracane, Lorenzo Pedrotti, Mattia Sbragia e Viola Sartoretto; per tutti girare il film “La Terra Buona” è stato non solo un film, ma un’esperienza di vita e ritiro spirituale. Concludiamo, “noi siamo come le piante che attecchiscono bene ovunque la Terra sia buona”.

 

Tommaso Lo Russo

Guttuso e la bella società

Di Enzo Biffi Gentili

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Alla Galleria d’Arte Moderna di Torino è programmata dal 23 febbraio al 24 giugno 2018 un’importante antologica dedicata a Renato Guttuso. Si tratta di un evento obbiettivamente rilevante, anche perché a partire dalla sua morte la sua opera è stata sempre meno considerata della critica e del mercato dell’arte. Sul tema di questa svalutazione del pittore rosso di Bagheria era intervenuta alla fine dell’anno scorso Alessandra Mammì (Perché abbiamo dimenticato Renato Guttuso, uomo simbolo dell’arte comunista, in “L’Espresso”, 22 dicembre 2017), preannunciando la mostra della GAM, e citando tra virgolette una dichiarazione d’intenti del suo curatore, Pier Giovanni Castagnoli, secondo cui l’esposizione torinese “nella ricorrenza della Rivoluzione d’Ottobre”, che ebbe come si sa il suo climax nell’ottobre 1917, “vuole riconsiderare il rapporto fra politica e cultura attraverso l’esperienza politica di Guttuso e le sue opere civili dagli anni Trenta ai Funerali di Togliatti del 1972”. Senonché il titolo della mostra ora è divenuto Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ’68. Non è evidentemente la stessa cosa: possiamo capire che siamo nel 2018, e quindi i conti di un anniversario tornano meglio, ma ci sembra che considerare la pittura di Guttuso, come del resto la politica e la cultura del PCI di cui fu un gran bonzo, strettamente connessa al 68, sia una forzatura. Certo, qualche quadro fu dal nostro dedicato al maggio francese, anche perché almeno agli inizi i comunisti vedevano nel movimento degli studenti un’opportunità di messa in crisi del capitalismo occidentale. Ma il 1968 fu anche l’anno della Primavera di Praga, della quale Guttuso non sembrò accorgersi molto.

 

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E pure nel 1972, nel celebre quadro Funerali di Togliatti, come ha notato Paolo Mieli l’anno passato in un suo racconto-lezione tenuto a Spoleto in occasione della ricorrenza della Rivoluzione comunista, sono raffigurati “Lenin, Stalin, Dolores Ibarruri” ma non “Trotzky, Krusciov, Mao, Fidel Castro, Che Guevara, Solgenitsin, Dubcek”. Guttuso fu quindi perfetto esponente della sostanziale ambiguità dei comunisti italiani nei confronti dell’URSS , e della strumentalità nei riguardi del 1968, non subito completamente avvertita da quel movimento studentesco (ma da quelli successivi per fortuna sì, e basti pensare alla “cacciata di Lama” dall’Università di Roma nel 1977). Insomma, più che al libertario 68, vien da associare Guttuso, soprattutto alla fine del suo percorso, tra prelati ed eredi e amanti e Andreotti, a certa bella società, chiamiamola così, italiana e romana. E sulla qualità della sua figura e della sua pittura occorrerebbe anche rammentare ai visitatori torinesi le fulminanti battute di due suoi colleghi davvero liberi: Marino Mazzacurati definì sarcasticamente un primo periodo della pittura del nostro come una “picassata alla siciliana”; mentre Bruno Munari -lui sì artista e designer di altissimo valore internazionale- scrisse di un suo “grandissimo quadro di protesta sociale dove si vedono miserabili contadini massacrati a pedate dai capitalisti (quadro carissimo acquistabile solo da capitalisti per il salotto della villa a Varese)”.

Wildlife Photographer of the Year 53

FINO AL 10 GIUGNO

Bard (Aosta)

Un’immagine – macigno. Di forte impatto emotivo, ma allo stesso tempo di grande profilo artistico. La foto ritrae, in tutta la sua straziante crudezza, un rinoceronte nero appena ucciso e mutilato dei suoi due corni all’interno del Parco Hluhluwe Imfolozi, la più antica riserva naturale africana, e documenta la grande piaga del bracconaggio che, in quell’area dell’Africa, fa della rivendita al mercato nero dei corni dell’animale una fonte di lucro non indifferente e totalmente sorda nella sua inaudita crudeltà ai

 

divieti imposti dall’uomo e alle leggi della natura. Realizzato dal sudafricano Brent Stirton – che ha dichiarato di aver visto almeno una trentina di scene similari durante il suo reportage all’interno della riserva – lo scatto fotografico ha per titolo “Memorial to a species” (Monumento alla specie) ed è il vincitore assoluto della 53esima edizione del “Wildlife Photographer of the Year” ( il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica promosso dal Natural History Museum di Londra ) di cui il Forte di Bard ospita, per il nono anno consecutivo, la prima tappa del tour italiano. Negli storici spazi della spettacolare roccaforte valdostana – riedificata nell’800 da Casa Savoia, ma di cui si ha notizia come presidio ostrogoto fin dal VI secolo d. C.- si potrà così visitare, fino al prossimo 10 giugno, una mostra fotografica di altissimo livello incentrata sugli scatti naturalistici più spettacolari realizzati a livello mondiale nell’arco del 2017. Cento le foto portate in rassegna e vincitrici delle sedici categorie in cui si articola il Premio: immagini che ritraggono l’incredibile biodiversità esistente sul pianeta, dai comportamenti di animali quasi sconosciuti a mondi subacquei nascosti e misteriosi, selezionate fra le oltre 50mila giunte da 92 diversi Paesi e giudicate da esperti internazionali sulla base dell’originalità e di ben precisi e assodati criteri artistici e tecnici. Fra i premiati, anche cinque italiani, fra cui la giovanissima Ekaterina Bee, vincitrice nella categoria “10 Years and under”. Insieme a lei, Stefano Unterthiner finalista nelle categorie “The Wildlife Photojournalist Award” e “Story e Urban Wildlife”, Marco Urso finalista nella categoria “Behaviour”, Hugo Wasserman e Angiolo Manetti finalisti rispettivamente nella categoria “Urban Wildlife” e “Earth’s Environments”. E’ invece olandese il fotografo dell’anno per la “Categoria Giovani”. Si chiama Daniel Nelson e si è aggiudicato il primo premio con il ritratto di un gorilla felicemente sdraiato, nella foresta del Parco Nazionale di Odzala (Repubblica del Congo), mentre mangia con gusto un frutto dell’albero del pane. A corollario della rassegna, il Forte propone anche una serie di eventi a tema. Sabato 14 aprile è in programma una conferenza-incontro con Angiolo Manetti e Marco Urso, due dei cinque fotografi italiani premiati, mentre il 5 e il 6 maggio si terrà il “Master of Wildlife Photography” condotto da Stefano Unterthiner – anche lui fra gli italiani vincitori – e da Emanuele Biggi, biologo e fotografo nonché conduttore della trasmissione “Geo” su Raitre. Eventi su prenotazione: tel. 0125/833886eventi@fortedibard.it

Gianni Milani

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“Wildlife Photographer of the Year 53”

Forte di Bard (Aosta), tel. 0125/833811 – www.fortedibard.it

Fino al 10 giugno

Orari: da mart. a ven. 10 – 18; sab. dom. e festivi 10 – 19

 

 

Folla di fan per Ermal Meta

Oltre 1500 fan hanno atteso Ermal Meta, il vincitore di Sanremo 2018, a Mondojuve Shopping Center con una copia del cd del cantante. Tra selfie e autografi, Meta ha ricevuto l’affetto del pubblico che già un’ora e mezza prima dell’incontro ha cominciato a riempire la food court dello Centro.

Il violino protagonista

Venerdì 16 marzo alle ore 17,30 nella sala di Palazzo Cisterna (Via Maria Vittoria, 12), il violinista, violista e compositore Massimo COCO, titolare della cattedra di violino presso il Conservatorio statale di musica “Niccolò Paganini” di Genova, accompagnato dal collega Valerio GIANNARELLI, anch’egli docente di violino presso lo stesso Conservatorio, terrà una conferenza musicale sul tema “IL VIOLINO SI RACCONTA” nella quale tratterà dell’evoluzione di questo strumento dalle sue origini ai nostri giorni. Nel corso della conferenza saranno proposti alcuni brani con eccezionali e storici strumenti musicali. In sala un Francesco Ruggeri del 1696, un Giovanni Battista Guadagnini del 1746, un Tommaso Balestrieri del 1750, un Giuseppe Guarneri del 1705, un Antonio Stradivari (ex Bello – Mary Low) del 1687, un Paolo De Barbieri del 1929 e una viola Joseph Hill del 1770. Parteciperà inoltre la giovane e prodigiosa violinista Masha DIATCHENKO.