CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 586

Penultimo “Realedisera” ai Musei Reali

Al Museo di Antichità una visita speciale in occasione della Notte dei Ricercatori

 

Ancora due venerdì per approfittare di #realedisera l’eccezionale appuntamento dei Musei Reali che anche venerdì 29 settembre offre al pubblico l’occasione di ammirare in orario serale le collezioni permanenti e le diverse mostre in corso, con visite guidate speciali. Inoltre, in concomitanza con laNotte dei ricercatori, al Museo di Antichità è prevista la visita guidata Alla ricerca del coccio perduto.L’accesso a #realedisera è valido al prezzo speciale di 3 Euro dalle 19,30 alle 22,30 (apertura biglietteria alle 18,30).

Ecco le visite guidate in programma questo venerdì 29 settembre:

 

Palazzo e Armeria Reale

–      dalle 19.30 alle 21.30, visite guidate a rotazione (massimo 25 persone per  gruppo)

Museo di Antichità     

–      alle ore 19.45, visita alla mostra Prima del bottone. Accessori e ornamenti del vestiario nell’antichità con l’archeologa Valentina Faudino.

–      alle 19,45 e alle 20,45: Alla ricerca del coccio perduto. Restauratore e archeologo collaborano nel raccontare al pubblico la storia della rivalorizzazione di un lotto di vasi etruschi: è così che un “mucchio di cocci” ritorna a essere un vaso, a cui si rendono le antiche forma e funzione (max 10 persone a turno)

 

Inoltre, il biglietto di #realedisera permette di visitare liberamente le mostre Le invenzioni di Grechetto e Pittura come scultura. Cerano e un capolavoro del Seicento lombardo.

 

L’ultimo appuntamento con #realedisera si terrà venerdì 6 ottobre. Il costo del biglietto è di 3 Euro (fatte salve le gratuità di legge e possessori dell’Abbonamento Musei, della Torino+Piemonte Card e della Royal Card); la tariffa speciale si applica dalle 19,30 (apertura biglietteria alle 18,30).

 

 

Continui aggiornamenti sul sito www.museireali.beniculturali.it

Mario Chianese, la natura in sessant’anni di ricerca

IL TEMPO, LA LUCE, LA TERRA, LA MEMORIA. FINO AL 21 OTTOBRE

Fedele al figurativo,”senza mai venir meno –è stato scritto – alla coerenza del suo stile e delle sue scelte”. Una vita interamente dedicata all’arte. All’osservazione e alla riproposta delle “verità naturali”, così come l’occhio le percepisce in un gioco minuto di segni, luci e ombre, capace di renderne l’intima essenza poetica ed emozionale. Solo una breve trasgressione, fra gli Anni Sessanta- Settanta, lo spinge a confrontarsi con le ricerche dell’allora imperante avanguardia, avvicinata “da una posizione appartata e aristocratica”, con intelligente curiosità e con esiti artistici decisamente apprezzabili, per poi inevitabilmente ritornare sui passi di sempre: allo studio del paesaggio dal vero e della natura in tutte le sue forme e rappresentazioni, attraverso quell’amata pittura en plein air, ancora oggi praticata alla soglia ormai raggiunta, con piglio decisamente pimpante, degli 89 anni. Mario Chianese, nato a Sampierdarena (Genova) nel 1928, è sicuramente fra i maggiori artisti figurativi del secondo Novecento, come ben palesa la sua personale davvero imperdibile, organizzata con grande acutezza selettiva ed ospitata fino al prossimo 21 ottobre nelle sale del torinese “Spazio Don Chisciotte” della Fondazione Bottari Lattes. Trentacinque, fra dipinti a olio (in prevalenza di grande formato) e incisioni, sono le opere esposte sotto il titolo de “Il tempo, la luce, la terra, la memoria”: opere che documentano oltre sessant’anni di pittura, datate fra il 1947 e il 2015 e dominate in toto o quasi dal tema della “natura”, documentata con attenta passione “nei suoi momenti stagionali, nella realtà come nella memoria”. E in cui gran parte gioca anche il territorio piemontese, se si considera – come scrive lo stesso Chianese nel volume autobiografico “Tra parola e immagine” edito nel 2016 da De Ferrari- che molte di esse sono state eseguite proprio “oltre il nostro Appennino, a Gavi e dintorni”. Stupendo, in proposito, quel “Fine settembre nello Scrivia”, olio su tela   del 2015, con il letto del fiume in primo piano, cristallizzato in un ampio desolante e malinconico scenario pietroso, appena ravvivato in prospettiva da lievi strisce d’acqua incorniciate da fitte chiome di alberi verdi e dal lieve declinare di lontane, solo intraviste, colline. E’ una natura dai toni bassi e un po’ crepuscolari, quella raccontata da Chianese. Pur nel saggio equilibrio di chiaroscuri, in cui la luce – comunque emergente – pare ancor di più accentuare l’immagine rocciosa e immutabile di un paesaggio colto in archi temporali che preferibilmente alludono al tramonto o al “Prima del levar del sole”(olio su tela del 2016), con presenze di tronchi caduti (esemplare “Dopo la piena d’inverno” del 2011) su ruvidi terreni raccontati con certosino rigore di segno e l’uso sapiente di una cromia nitida e pastosa che nulla lascia di indefinito e incompiuto all’interno della narrazione. Fra gli Anni Sessanta e Settanta (dal ’72 all’‘81 Chianese vive a Monterosso – Cinque Terre), si colloca il momentaneo “sbandamento” dell’artista, curiosamente ma moderatamente attratto dal canto ammaliante delle “avanguardie” del tempo. Quello che egli stesso definisce “Riflessioni di natura” e che si traducono in dipinti di ancor maggiore dimensione rispetto ai precedenti e realizzati in studio spesso su tele volutamente rese più lisce attraverso vari strati di talco in cui affondare geometriche ed essenziali teorie di colore. Con risultati di pura astrazione (incantevole il “Disgelo” del ’63), dove la luce rende spesso evanescente e magico il ritmo silente delle cose. Ma “le pulsioni del vero erano troppo forti”, scrive ancora l’artista. “Da qui il ritorno negli Anni Ottanta a quella attenta, problematica dedizione che ha caratterizzato tutto il mio percorso”. Un lungo fil rouge che va ad abbracciare anche le incisioni presentate in rassegna. Opere magistrali, che ben spiegano il premio alla carriera conferitogli nel 2003 alla Biennale dell’Incisione Polanski e in cui l’artista accentua sempre più il suo interesse verso una natura “immutabile nei suoi cicli e nelle sue cadenze astrali” ma spesso “mortificata dall’uomo”, su cui il pittore sembra volgere lo sguardo perplesso in quel singolare trittico – autoritratto “Luci d’inverno, nello studio dell’artista” (olio su tela del 2010) che è un vero   capolavoro introspettivo della “natura umana”.

Gianni Milani

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“Il tempo, la luce, la terra, la memoria”

Spazio Don Chisciotte della Fondazione Bottari Lattes, via della Rocca 37b, Torino, tel. 011/19771755-1; www.fondazionebottarilattes.it

Fino al 21 ottobre. Orari: martedì – sabato, ore 10,30 – 12,30 e 15 – 19

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Nelle immagini:

– Mario Chianese: ” Fine settembre nello Scrivia”, olio su tela, 2015
– Mario Chianese: “Prima del levar del sole”, olio su tela, 2016
– Mario Chianese: ” Dopo la piena d’inverno”, olio su tela, 2011
– Mario Chianese: “Disgelo”, olio su tela, 1963
– Mario Chianese: ” Luci d’inverno, nello studio dell’artista”, olio su tela, 2010

Arte e musica a Racconigi

Sabato 30 settembre il castello di Racconigi, nel cui parco nidificano cicogne e numerosi anatidi, apre al pubblico la mostra GOCCE DI COLORE E NATURA dedicata agli acquerelli naturalistici dell’artista Dario Cornero, visitabile fino a domenica 22 ottobre. Questa mostra vuole essere una passeggiata nella natura che va a cercare ed osservare delle forme di vita che non sono così evidenti. Rappresentarle avvalendosi di una tecnica pittorica, l’acquarello, che usa velature di colore sovrapposte arricchisce ogni immagine di personalità ed interpretazione che soltanto questa forma d’arte è in grado di infondere in ogni quadro.L’esposizione sarà visitabile dal 30 settembre al 22 ottobre, dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 18,30. Accesso gratuito previo pagamento del biglietto parco o castello. Per info:dario.cornero@alice.it

 

Domenica 1 ottobre il parco accoglie la manifestazione ludico sportiva NON SI DISTRUGGE UN NIDO, corsa e camminata di 7 chilometri promossa dal Comune di Racconigi.

Partenza alle ore 10 presso l’Asilo comunale di Racconigi, via F. Ton 3. Iscrizioni dalle ore 9 alle ore 9,40. Offerta minima adulti € 5 bambini € 2, compresa t-shirt omaggio.

Alle ore 18,30 il castello risuonerà di note barocche. DUELLO A CORTE è un concerto di musica antica pensato come un’immaginaria contesa tra Arie d’opera di Antonio Vivaldi, Georg Friedrich Händel e Domenico Scarlatti.

 

Infine, fino al 5 novembre, nelle sale a chinoiseries è possibile ammirare due eleganti kimono da uomo del periodo Taishō (1912-1926) nell’ambito di un racconto dedicato al Sol Levante ed ai semai, setaioli italiani in Giappone, sviluppato in collaborazione con il MAO Museo di Arte Orientale di Torino ed il Filatoio di Caraglio che fino al 5 novembre ospita la mostra Y KIMONO NOW. I kimono provengono dalla collezione di Nancy Stetson Martin, artista e textile-designer americana che in oltre 40 anni ha raccolto quasi 800 kimono – di uso quotidiano o destinati alle cerimonie – del periodo Meiji (1868-1912), del breve periodo Taishō (1912-1926) e del primo ventennio del periodo Shōwa (1926-1945).

Oggi al Cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

alibi.ComCommedia. Regia di Philippe Lacheau, con Elodie Fontan, Didier Bourdon e Philippe Lacheau. Grande successo francese, un vademecum della vita bugiardosa moderna, un’agenzia gestita spavaldamente da tale Greg e rinforzata sommessamente da tal altro Augustin. Scappatelle, weekend per cui cercasi copertura, mariti e mogli fedifraghi da salvare da quei partner che ormai subodorano con quasi completa certezza incessanti tradimenti. Successo, s’è detto: e presto avremo la versione italiana. Farsaccia o elegante satira di costume, questo lo vedremo poi. Durata 90 minuti. (Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Appuntamento al parco – Commedia. Regia di Joel Hopkins, con Diane Keaton e Brendan Gleason. Una storia a due, un uomo e una donna di non più freschissima età, una di quelle storie che il cinema di oggi ha preso a inseguire. Lei, una vedova che arriva da oltreoceano, lui, un vecchio scorbutico e solitario, rintanato in spregio al mondo, nel folto di un parco londinese. Niente di più facile che quell’incontro, insperato e in un certo senso quasi surreale, porti ad un nuovo credere nella vita. Durata 102 minuti. (Romano sala 3)

 

Barry Seals – Una storia americana – Azione. Regia di Doug Liman, con Tom Cruise e Domhnall Gleeson. Da una vicenda vera, quella di un uomo che molto disinvoltamente scelse di passare da attività ad attività, prima pilota di linea poi contrabbandiere della droga al servizio del cartello di Medellin come della Dea, più all’occasione dare una mano alla Cia in questioni poco chiare a Panama ai tempi di Noriega. Passaggi spregiudicati che lo fecero vittima nel 1986 di due sicari inviati dalla Colombia. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Cars 3 – Animazione. Regia di Brian Fee. Ancora un’avventura per Saetta McQueen, in piena depressione per la vittoria del giovane rivale Jackson Storm: ma l’idea di abbandonare le corse verrà immediatamente scacciata se all’orizzonte si mostrerà un’angelica Cruz, che ha cancellato l’idea di correre in pista per abbracciare quella di diventare una perfetta istruttrice. Durata109 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

 

Cattivissimo me 3 – Animazione. Regia di Kyle Balda e Pierre Coffin. Quando è ormai divenuto un importante membro della Lega Anti Cattivi, Gru viene avvertito di avere un fratello gemello, Dru: con lui andrà alla ricerca di Balthazar, il cattivo ossessionato dalla fama e fanatico degli anni Ottanta. Durata 96 minuti. (Massaua, Ideal)

 

Chi m’ha visto? – Commedia. Regia di Alessandro Pondi, con Beppe Fiorello, Pierfrancesco Favino e Dino Abbrescia. E’ il mondo di oggi. Tutto si basa sul culto della propria immagine, figuriamoci il mondo dello spettacolo. È quindi la mancanza di “immagine” a rattristare il chitarrista Martino/Fiorello, banda Jovanotti, che non si vede per nulla realizzato. C’è l’amico Favino a tentare di risollevare le risorse umane, pronto ad accogliere il disadattato nella tranquillità delle Murge, lasciando credere al mondo in un rapimento che potrebbe trovare spazio, ricerca e pubblicità soprattutto in una seguitissima trasmissione televisiva, c’è magari la prostituta dal cuore d’oro a rimettere a posto le cose. Durata 105. (Eliseo Blu, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Il colore nascosto delle cose – Drammatico. Regia di Silvio Soldini, con Valeria Golino e Adriano Giannini. Ancora due esistenze, diversissime, tratteggiate dall’autore di “Pane e tulipani”. Un giovane sciupafemmine, decisamente in carriera, una agenzia du pubblicità che riempie le sue giornate, dall’altro lato Emma, una ragazza cieca a rimettere in sesto corpi nella sua professione di osteopata: avranno l’occasione per incrociare le loro storie. Durata 112 minuti. (Romano sala 1)

 

Il contagio – Drammatico. Regia di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, con Vinicio Marchioni, Vincenzo Salemme e Anna Foglietta. Una palazzina di borgata, tante vite che s’incrociano, il boss del quartiere, una coppia che si sta slegando, lui che intrattiene da qualche tempo una relazione di stampo pasoliniano (Salemme in edizione drammatica), lei che intristisce, lo spacciatore che sfrutta la realtà di oggi prendendo a lucrare sui fondi destinati ad un centro di accoglienza per i migranti, piccoli criminali, affaristi, corrotti. Dal romanzo omonimo di Walter Siti. Durata 105 minuti. (Massaua, Ideal, Uci)

 

Dunkirk – Bellico. Regia di Christopher Dolan, con Harry Styles, Cilian Murphy, Mark Rylance, Tom Hardy e Kenneth Branagh. “Un colossale disastro militare” definì Churchill la disfatta delle truppe alleate – francesi e inglesi uniti nella disfatta – sotto il fuoco tedesco che avanzava sul fronte Nord della Francia nel maggio 1940. Una trappola sulle spiagge di Dunkerque, una ritirata che coinvolse circa 350 mila uomini, qui raccontata da Nolan nello spazio di sette giorni, con un triplice sguardo pronto a posarsi sulle cronache e sugli eroismi accaduti tra mare e terra e cielo: i giovani soldati che su quella costa tentano di tutto per non essere travolti dalla guerra e morire, i civili che mettono a disposizione le loro imbarcazioni, un eroe del volo che combatte contro la furia della Luftwaffe. Durata 106 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Eliseo Blu, F.lli Marx sala Harpo, Lux sala 2, Uci)

 

Easy – Un viaggio facile facile – Drammatico. Regia di Andrea Magnani, con Nicola Nocella, Libero De Renzo e Barbara Bouchet. Isidoro, detto Easy, è un ragazzone sovrappeso, solo e depresso. Il fratello Filo, che della furbizia e dell’arte di arrangiarsi ha fatto la sua ragione di vita, lo incarica di portare in Ucraina la bara con dentro il corpo di un suo operaio, vittima di un incidente sul lavoro. Un lavoro che dovrebbe andare liscio come l’olio: se Easy non incrociasse un cartello sbagliato e la strada sconosciuta non lo portasse al centro di un paese sconosciuto. Durata 91 minuti. (Massimo sala 2)

 

Emoji, accendi le emozioni – Animazioni. Regia di Tony Leondis. Protagonisti gli emoticon, ovvero quelle belle faccine gialle che vi compaiono sugli smartphone. I quali non riescono ad entrare nelle connessioni del giovane Alex con la propria ragazza; inoltre uno di questi emoji, Gene, non riesce a mantenere l’unica espressione che gli è consentita. Servono aggiustamenti. Durata 86 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

L’equilibrio – Drammatico. Regia di Vincenzo Marra, con Mimmo Borrelli e Roberto Del Gaudio. Don Giuseppe chiede al suo vescovo di essere trasferito in un piccolo paese della sua regione d’origine, la Campania. La sua missione è quella di aiutare senza se e senza ma tutte le persone che vivono nella sua realtà parrocchiale: ma dovrà scontrarsi contro quelli che da sempre reggono le sorti (amare) del paesi, contro quelle leggi con cui i poteri si sono creati il dominio totale. Durata 90 minuti. (Massimo 2)

 

Gatta Cenerentola – Animazione. Regia di Ivan Cappiello e Marino Guarnieri. Cenerentola è cresciuta all’interno della Megaride, un’enorme nave ferma nel porto di Napoli da più di 15 anni. Suo padre, ricco armatore e scienziato, è morto portando con sé i segreti tecnologici della nave e il sogno di una rinascita del porto. La piccola vive da allora all’ombra della temibile matrigna e delle sue sei perfide figlie. Dentro il degrado la figura emergente di Salvatore, un ambizioso trafficante di droga che, d’accordo con la matrigna, sfrutta l’eredità dell’ignara Cenerentola per fare del porto di Napoli una capitale del riciclaggio. Durata 86 minuti. (Nazionale sala 2)

 

L’incredibile vita di Norman –Commedia. Regia di Joseph Cedar, con Richard Gere, Charlotte Gainsbourg, Steve Buscemi, Lior Ashkenazi e Michael Sheen. La professione di Norman Oppenheimer è quella di creare appetitosi contatti tra i mondi finanziario e politico newyorkesi, di mettersi in bella e lucrosa luce con quella comunità ebraica americana che tesse parecchi fili. Più o meno preso sul serio, più o meno veramente in relazione con tutti quelli con cui afferma di essere in contatto. E la vita andrebbe avanti così, se un giorno non s’imbattesse in un deputato israeliano in odore di divenire premier. Che cosa accadrà quando questi, raggiunta la carica, offrirà a Norman un caldo abbraccio proprio davanti a chi conta? Ancora il culto dell’”immagine” (e dei quattrini): ma siamo sicuri che il potere paga (e appaga) sino in fondo? Durata 112 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

L’inganno – Drammatico. Regia di Sofia Coppola, con Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst e Elle Fanning. L’autrice del “Giardino delle vergine suicide”, di “Lost in translation” e di “Marie Antoinette” traduce ancora per lo schermo The Beguiled, il romanzo scritto da Thomas Cullinan e trasposto da un vigoroso Don Siegel nel 1971, qui da noi “La notte brava del soldato Jonathan”, interprete Clint Eastwood. La storia di John McBurney, caporale dell’esercito dell’Unione, ferito e scovato in piena guerra di Secessione in Virginia, nella piantagione che è accanto ad un collegio di ragazze, dove Kidman è la direttrice, Dunst una delle insegnanti, Fanning una allieva, tutte colpite dal fascino del bel militare. Il nemico non verrà consegnato, ma curato e inserito nella piccola comunità: ma quando sarà l’uomo a voler guidare il gioco della seduzione che inevitabilmente s’inserisce tra lui e le donne della casa, ecco che ne uscirà vittima. Riproposta dell’autrice davvero inutile, a tratti persino ridicola e imbarazzante (salveremmo soltanto l’interpretazione della Dunst) cui una distratta giuria ha consegnato a Cannes un Premio per la regia. Durata 94 minuti. (Ambrosio sala 1, Centrale V.O., Eliseo Grande, F.lli Marx sala Chico e Groucho, Greenwich sala 2, Reposi, Uci)

 

L’intrusa – Drammatico. Regia di Leonardi di Costanzo, con Raffaella Giordano e Marcello Fonte. Uno dei tanti panorami cinematografici che tra malavita, camorra, musicarelli, drammi e commedie stando invadendo gli schermi, a metà tra tra pubblicità e voglia di riscatto. Venezia ultima docet. Qui solita periferia problematica, disadattati, una donna, Giovanna, venuta dal Nord a guidare un doposcuola per un gruppo di bambini che lì dovrebbero trovare un ambiente felice: la presenza della moglie di un camorrista e della sua bambina spinge le altre madri a ribellarsi mentre per Giovanna significa andare avanti con la propria lotta verso un generale inserimento. Durata 95 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Kingsman: il cerchio d’oro – Azione. Regia di Matthew Vaughn, con Colin Firth, Taron Egerton, Julienne Moore e Channing Tatum. Seconda puntata degli ironici agenti segreti sulla scia di James Bond 007, camuffati dietro una sartoria londinese che nasconde il gruppo capitanato da un molto british Harry Hart, decisamente redivivo se nella puntata precedente il cattivo di turno era riuscito a mandarlo a miglior vita. Questa volta, guerrescamente rimesso in sesto, se la deve vedere con la narcotrafficante Moore, feroce e sorridente, che ha delle soluzioni finali di tutto rispetto per i propri nemici. Una gran bella dose d’ironia, inseguimenti e lotte come raramente se ne vedono, un ritmo invidiabile, una ferocissima Moore troppo amante del tritacarne e di hamburger sui generis. Divertimento assicurato. Un po’ troppo lungo ma ti siedi poltrona e non pensi a nient’altro. Durata 141 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche in V.O.)

 

madre! – Thriller. Regia di Darren Aronofsky, con Javier Bardem, Jennifer Lawrence, Ed Harris e Michelle Pfeiffer. Prova innegabile che il cinema dell’autore del “Cigno nero” e di “Noah” o lo si ama o lo si respinge. Gran guazzabuglio a Venezia, salvata la sola Jennifer ma i buuu non sono certo mancati. Nella casa solitaria in cui vivono uno scrittore in cerca d’ispirazione e la moglie entra un’intrigante e sconosciuta e misteriosissima coppia. La loro vita non sarà più quella di prima. Certo Aronofsky esce da ogni schema, rivoluziona, azzarda ma crea un film che spinge ancora alla discussione, e questo non è affatto male in questa nostra epoca quantomai piatta. Durata 117 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo RossoIdeal, Lux sala 3, The Space, Uci anche in V.O.)

 

 

Noi siamo tutto – Commedia drammatica. Regia di Stella Meghie, con Nick Robinson e Amanda Stenberg. Al romanzo si è già appassionato un numero enorme di persone, ora sullo schermo l’incontro tra la diciottenne Maddy, che una malattia tiene rinchiusa tra le pareti della sua casa, impossibilitata ad avere alcun rapporto esterno, e il suo nuovo vicino Olly. Durata 96 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

The Teacher – Commedia. Regia di Jan Hrebejk, con Zuzana Maurery. Tratto da una storia vera. Maria, vedova di un ufficiale, è un’insegnante nella Bratislava del 1983 con metodi e idee tutti propri circa l’insegnamento. Non appena i nuovi alunni arrivano in aula, ecco che le prime fare un’unica domanda: “Che mestiere fa tuo padre” ed ecco che ai più “sostanziosi” inizia a chiedere aiuti e interessamenti di vario tipo. Per quelli che non hanno nulla da offrire, è una lunga sequela di votazioni non proprio eccellenti e discriminazioni. Ma a qualche genitore quel metodo non va assolutamente bene. Durata 102 minuti. (Due Giardini sala Nirvana)

 

Un profilo per due – Commedia. Regia di Stéphane Robelin, con Pierre Richard e Yaniss Lespert. Pierre è un vedovo ottantenne, chiuso nella solitudine della sua casa, il ricordo perennemente rivolto alla moglie scomparsa. All’improvviso, a farlo risorgere alla vita ci pensa Alex, il fidanzato della figlia, che lo inizia simpaticamente alla navigazione in rete. E qui il vegliardo incontra Flora che lo vorrebbe incontrare: ma se Pierre ha creato un profilo giovane, vorrà Alex ancora aiutarlo nella nuova avventura? Durata 100 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Una famiglia – Regia di Sebastiano Riso, con Micaela Ramazzotti e Patrick Bruel. Altro arrivo dalla selezione ufficiale veneziana, successo pallido. Ambiente ancora romano, ancora una coppia, momenti drammatici, una qualche realtà di oggi, una giovane donna che il più che ambiguo compagno spinge a sfornare figli che poi verranno venduti a quelle ricche coppie che i figli non li possono avere. Durata 97 minuti. (Massaua sala 1)

 

Valerian e la città dei mille pianeti – Fantascienza. Regia di Lui Besson, con Dane DeHaan e Cara Delevingne. Una storia che vediamo soltanto oggi sugli schermi ma alla quale l’autore di “Nikita” pensava da almeno due decenni. In un lontanissimo futuro, Valerian e Loreline sono incaricati di una missione presso Alpha, metropoli immersa negli spazi galattici. Creature dai lunghi arti, con contorno di cattivi di vario genere e mostri famelici. Tecniche di ultimissima generazione, musiche assordanti, scenografie pronte a infiammare ogni immaginazione. Durata 140 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

I Longobardi riconquistano Pavia

I Longobardi riconquistano la loro capitale quindici secoli dopo. Una grande mostra fa rivivere il mito e le gesta di questo popolo al Castello Visconteo di Pavia, capitale del regno longobardo. Dopo la caduta di Roma i tentativi di riunire il vecchio Impero vengono spezzati dall’arrivo dei Longobardi che provenienti dalla Pannonia, l’antica Ungheria, varcano le Alpi Giulie e conquistano, a partire dal 568, gran parte della penisola italica. Popolazione di origine scandinava, gli uomini dalle lunghe barbe, guidati da re Alboino, riuscirono a impadronirsi col ferro delle loro lunghe spade dei territori dell’Italia settentrionale, centrale e un’ampia fetta di quelli meridionali. Autari e Agilulfo, secondo marito della regina Teodolinda, posero le basi per il consolidamento politico del regno passando dalla raccolta di leggi scritte voluta da Rotari fino alla politica di integrazione tra barbari e romani portata avanti da Liutprando tra il 712 e il 740. Nelle scuderie del Castello pavese sono esposte oltre 300 opere provenienti da 80 musei italiani e stranieri. In vetrina si possono ammirare ricche collezioni museali con armi di vario tipo, spade, lance e coltelli, fibule a staffa, corredi funerari, gioielli, manoscritti antichissimi con le leggi dei Longobardi come l’Editto di re Rotari del 643, epigrafi commemorative dei sovrani, bracciali, anelli, lastre funerarie e sculture. C’è la leggendaria spada in ferro damaschinato di re Alboino di cui parla Paolo Diacono nella sua “Historia Langobardorum”, si vedono lapidi, bronzetti con figure di militari, speroni, vasi, metalli e ceramiche da cucina. Dalla necropoli longobarda di Collegno sono giunti alcuni crani mentre dal sepolcreto di Bardonecchia e Cesana sono arrivati altri oggetti funerari di epoca franca risalenti al VI secolo. Le sepolture sono state determinanti per conoscere il mondo funerario longobardo, in pratica l’unica fonte disponibile, a parte qualche cenno contenuto nei sei volumi di Diacono. In realtà l’uso di mettere nella tomba il corredo funerario del defunto è un rito antichissimo ma con i longobardi in Italia aumenta il numero delle tombe abbellite con oggetti e monili. Non mancano il cofanetto reliquiario in osso della Novalesa e quello della cattedrale di Susa del VI-VII secolo conservati nel locale museo diocesano di arte sacra. Molti oggetti di oreficeria longobarda e ostrogota sono stati trovati nel Ticino e durante i lavori di scavo per costruire la ferrovia e l’Università di Pavia. Ma tutta la città pavese profuma di storia longobarda. Prima di vedere la mostra è consigliabile una visita alla cripta di Sant’Eusebio nel centro cittadino, la testimonianza longobarda pavese più attraente, e alla chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro eretta nel VI secolo da re Liutprando le cui spoglie riposano sotto il pavimento, vicino alle quali si trovano le reliquie di Sant’Agostino che il sovrano longobardo aveva fatto traslare dalla Sardegna perchè minacciate dalle incursioni saracene sull’isola. Il regno dei Longobardi, la cui storia è stata scritta da Paolo Diacono, un monaco benedettino longobardo, durò fino al 774 quando re Desiderio, sconfitto l’anno prima dal re dei Franchi Carlo Magno alle Chiuse di Susa, fu inseguito fino a Pavia dove fu fatto prigioniero al termine di un lungo assedio. Fu rinchiuso in un monastero francese dove morì. Con lui finì la dominazione longobarda durata due secoli, eccetto che nella “Langobardia minor”, dove il Ducato di Benevento rimarrà in vita fino alla conquista dei Normanni nella seconda metà dell’XI secolo. La mostra “I longobardi, un popolo che cambia la storia” curata da Gian Pietro Brogiolo e Federico Marazzi, è aperta al Castello Visconteo di Pavia fino al 3 dicembre, da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 18.00, lunedì dalle 10.00 alle 13.00 ma solo per visite guidate autorizzate dal Museo civico. Il bookshop della mostra è fornitissimo di libri sulla storia dei longobardi. Prossime tappe della mostra, dal 15 dicembre al 25 marzo 2018 al Museo archeologico di Napoli e da aprile a giugno all’Ermitage di San Pietroburgo.

Filippo Re

Dino Pogolotti, un piemontese all’Avana

“Pogolotti oltre il Novecento”: è questo l’argomento della mostra che verrà inaugurata a Torino, nella Biblioteca della Regione Piemonte “Umberto Eco” (via Confienza 14), mercoledì 4 ottobre 2017,alle ore 17.

L’evento, curato dall’ associazione “Radici erranti” e da Irene Pittatore, con il sostegno del Consiglio regionale del Piemonte, intende dar conto della ricca vicenda familiare e della vitalità culturale del barrio Pogolotti all’Avana, il primo quartiere operaio dell’America Latina, sorto nel 1911, attraverso fotografie e documenti d’archivio, opere e scritti di Marcelo e Graziella Pogolotti, progetti e studi dedicati a questa avvincente esperienza migratoria, oggetti di famiglia e manufatti dell’artigianato tipico locale.

Si deve a Dino Pogolotti da Giaveno, investitore nel settore immobiliare giunto nell’isola caraibica come segretario del console degli Stati Uniti d’America Frank Steinhart, la progettazione del quartiere operaio nella capitale cubana, nell’ottica di dare vita ad una comunità autonoma che puntasse all’efficienza degli spazi (infatti tutte le case condividono un muro) e alla crescita dell’essere umano.

“Un piemontese brillante, innovatore, attento alle esigenze dei più deboli. Dalle sue esperienze, comprese quelle umili di cameriere e facchino negli Stati Uniti, seppe trarre ispirazione e insegnamento dimostrando la tenacia (ma al tempo stesso la sensibilità) che è caratteristica della gente di Piemonte. Qualità che seppe trasferire anche al figlio Marcelo. Questi, in viaggio verso Cuba iniziò a maturare la consapevolezza, che si sarebbe tradotta in arte nell’età matura, dellepovere condizioni degli emigranti” sottolinea il presidente del Consiglio regionale Mauro Laus nel suo intervento pubblicato nel catalogo della mostra.

Già allora, il barrio era dotato di un centro sportivo – presente ancora oggi – di una piscina (divenuta nel tempo un centro di incontro), di un sistema idrico di prim’ordine (rappresentato dal simbolo del quartiere, una cisterna), di un panificio e anche di un teatro.

In pratica, fu un chiaro esempio di edilizia sociale, ma nel contempo una vera e propria denuncia della situazione operaia.

 

La mostra sarà visitabile fino al 29 novembre 2017. Orari: dal lunedì al giovedì ore 9.00 – 12.30; 14.00 – 16.00. Il venerdì ore 9.00 – 12.30.

MB  – www.cr.piemonte.it

La lettura indipendente a Torino

“Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma e ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi”, diceva Cesare Pavese.

E’ vero la lettura ha il potere di corroborare e rinsaldare i nostri pensieri, le nostre idee e le nostre considerazioni, una legittimazione a volte necessaria per dare più valore a quello che abbiamo dentro, a quello in cui crediamo. Leggere ci fa crescere, ci arricchisce, ci permette di entrare magicamente nelle storie altrui e ci regala avventure indimenticabili, inoltre è un potente antistress che ci aiuta a non essere assorbiti e inghiottiti da un mondo decisamente hi tech.

 

A Torino questa passione per la lettura si è trasformata in un progetto ambizioso che punta alla qualità e all’approfondimento e che le conferisce una connotazione poetica, romantica, d’altri tempi: è infatti nato “COLTI” , l’unione delle librerie indipendenti. Sono circa 25 le librerie dell’area torinese che associandosi nel consorzio, con la condizione fondamentale di non appartenere a nessuna catena editoriale, si sostengono reciprocamente promuovendo le loro attività: la partecipazione a fiere, la creazione di eventi e di incontri con gli autori, la vendita online dei libri, tocco di modernità al passo coi tempi che non tradisce né sostituisce il magico mondo degli scaffali, il profumo della carta e il libraio appassionato pronto ad aiutarci e guidarci all’acquisto.

 

Entrando in queste librerie si accede ad un mondo fantastico, ricco di contenuti, di storie, di poesia, di vita vissuta, di desideri possibili. Gli ambienti sono accoglienti, lontani dai format delle grandi librerie che ci imprigionano in ambienti freddi e percorsi razionali; l’accoglienza è d’obbligo, la visita è più lenta, rilassante e coinvolge spesso altri sensi oltre la vista: il tatto, attraverso il contatto più stretto con la carta, l’odore del passato rinchiuso nelle versioni dei piccoli editori e inoltre il gusto, in alcune librerie infatti è possibile sedersi e assaporare un caffè immersi nella cultura e nel sapere.

 

Oltre ad una visione lirica della lettura, la decisione di formare un consorzio possiede un vero e proprio modello di business che mira allo studio più approfondito dei cataloghi, alla scelta dei libri senza il filtro della intermediazione degli agenti, che mediamente incide del 20 per cento sul prezzo finale, quindi al contatto diretto con piccoli e medi editori. Risparmiare sui costi di acquisto permette di praticare maggiori sconti sui libri in vendita e di rendere la lettura un piacere più accessibile.

 

Luna’s Torta, Bardotto, Il Ponte sulla Dora, Il Giramondo, La Montagna, Donostia sono solo alcune delle librerie del Consorzio Librerie Torinesi Indipendenti, la Colti, un acronimo che contiene in sé il significato di sapienza e che sicuramente contribuirà sensibilmente all’avvicinamento tra le persone e la lettura grazie anche ad alcuni valori ritrovati: il contatto umano, l’accessibilità, la semplicità.

Maria La Barbera

 

Il silenzio delle cose

“Il silenzio delle cose” è il titolo della mostra antologica di Paca Ronco che s’inaugura domenica 1 ottobre – ore 16,30 – nella sede dell’associazione LaborArt a Piedimulera (Vb). La presentazione dell’evento sarà a cura di Federica Mingozzi, Carlo Tacchini e Danila Tassinari. Paca Ronco, torinese di nascita, vive e lavora a Pieve Vergonte, in Val d’Ossola,  e ha partecipato con i suoi quadri a numerose esposizioni collettive e personali in Italia e all’estero. Le tecniche usate spaziano dal carboncino alla china, dalle tempere, acquarelli e matite per finire con l’olio, la tecnica preferita. Per gli strumenti , oltre ai classici pennelli, Paca Ronco si avvale anche di spatole e spugne. La figura umana è al centro delle prime opere, poi si sono susseguiti altri argomenti, con vere e proprie mostre a tema come “Le maschere”, “L’amore”, “Tempo sospeso”, “40 varianti sull’opera di Vermeer”,”Ritratti” e le varie nature morte ( “Le tazze”, “Oggetti inchiodati”, “A metà”, “Le mele”) fino alle ultime opere, “Pavimenti e parole”. Come ha scritto Danila Tassinari, “ i quadri di Paca Ronco sono  storie che ci guardano e aspettano di essere messe in movimento”. La mostra sarà visitabile fino al 30 ottobre, dal giovedì alla domenica, dalle 16.00 alle 19.00, nello spazio espositivo di via Leponzi 27-29 a Piedimulera.

 

Marco Travaglini

Solchi nella pelle

LE POESIE DI ALESSIA SAVOINI
Allento il pugno
Respirano adesso le tracce scavate nella carne
Righe di esistenza che solcano la pelle
Suda dalla mano l’emozione che non riesco a trattenere
Impermeabile lo strato che la sfoga non la può più riassorbire.
Sotto i calli su cui ho fatto resistenza
Scorre il sangue che scalda un corpo
E impercettibili cambiano direzione
A ogni istante in cui l’eternità si scinde.

Gian Carlo Ferraris. L’aeroplano giallo

Finalborgo – Finale Ligure (Savona)

IN MOSTRA A FINALBORGO, I “PAESAGGI SENSIBILI” E GLI UNIVERSI GIOCOSI DELL’ARTISTA CANELLESE FOLGORATO DALLA PITTURA DI BURRI

Mostra intrigante e suggestiva. A partire dal titolo. Anche curioso. E perfettamente esplicativo del far pittura di Gian Carlo Ferraris, classe ’50, nato a San Marzano Oliveto, nella provincia astigiana, ma da anni residente a Canelli. A lui è dedicata l’ampia personale, curata da Anna Virando (conservatrice del Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Mombercelli) con il patrocinio dell’Unione dei Comuni del Finalese e ospitata negli spazi del Complesso Monumentale di Santa Caterina– Oratorio de’ Disciplinati della stupenda Finalborgo, l’antica Burgum Finarii, fra i “Borghi più belli d’Italia”, per secoli capitale del Marchesato dei Del Carretto nonché centro amministrativo della “balneare” Finale Ligure, nel Savonese. Il titolo, si diceva: “L’aeroplano giallo”. Oggetto ludico di più o meno remota memoria, fantasioso giocattolino dell’infanzia, “spesso ricorrente nei miei quadri”, ci ricorda l’artista, che ha indubbiamente visto bene titolandogli – proprio per questo- una personale che è, dalla prima all’ultima opera esposta, autentica “Poesia”. “Poesia pura”. “Gioco” libero e accattivante “Divertissement”. Come vuole essere, forte di un “mestiere” ormai quasi cinquantennale, la sua singolarissima pittura. L’attività artistica di Ferraris inizia infatti nel ’72 (allorquando l’allora giovin pittore sfugge – volutamente e presumibilmente senza grossi patemi – al predestinato posto fisso e sicuro, già pronto per lui nell’azienda paterna produttrice a Canelli di macchine enologiche); dal ’74 all’’84 insegna Figura Disegnata al “Primo Liceo Artistico” di Torino e fino al 2010 Discipline Pittoriche all’ “Istituto d’Arte” di Acqui Terme. In mezzo ci stanno le mostre, personali e collettive. Ma anche la continua ricerca, il lavoro quotidiano rigoroso e sofferto sul segno e sul colore. Esercizi di stile. Prove di pittura felix, che lo portano dai “Paesaggi della memoria” (quadri dal 1997 al 2007), fatti di “materia evocata, costruita come in sogno, un ricordo dai contorni indistinti” agli attuali “Paesaggi sensibili” (2007 – 2017), superando non senza sforzi il richiamo alla “memoria”, termine “equivoco che rimanda al passato, mentre le ricerche vanno rivolte sempre al futuro”. La folgorazione, racconta lo stesso artista, avviene a Città di Castello visitando il “Museo Alberto Burri”. Del grande umbro, il nostro canellese s’innamora a prima vista. Ad ammaliarlo é soprattutto “al di là delle ricerche sui sacchi e sui cellotex, l’uso dei colori principali, delle grandi campiture e dell’intensità dell’acrilico”. E da allora tutto cambia. Si inizia un nuovo cammino “che è – precisa ancora Ferraris – cammino divertente”. Ed ecco allora, proiettate su grandi tavole, le dolci colline di casa dalle ampie campiture di colore (che passa nitido e definitivo dal blu al rosso al personalissimo grigio-Ferraris) e dalle forme sinuose, “infantili o primitive”, su cui faticano a radicarsi e stanno su per miracolo, spuntando dai lati dall’alto o da sottinsù, improbabili minimaliste case e cascinali, sotto cieli altrettanto improbabili abitati da stelle e stelline, grandi soli e lune piene che sembrano fatti ad arte solo per lì, per quei luoghi e solo per quelli. “Le colline – ci ricorda Gian Carlo – sono diventate piatte quinte teatrali che si perdono una avanti all’atra facendosi ombra, mentre sul proscenio si muovono gli attori”. Finti o reali. A volte e preferibilmente sono bambini che giocano ai giochi della nonna, col cerchio, con la palla o dondolandosi contenti sull’altalena; altre volte – coprotagonisti – sono cani, uccelli e ancora aquiloni, aerei di carta, mongolfiere e gli amati aeroplani, meglio se gialli. Giocattoli e voci discrete che raccontano in sordina un piccolo grande mondo senza sconvolgerne l’intima essenza. In un quadro esposto in mostra, Ferraris si cimenta perfino in una sorta di omaggio-pop al celeberrimo “Le dèjeuner sur l’herbe” di Manet. Pezzo delizioso. “Ciò che mi interessa– conclude l’artista – è proporre dei lunghi attimi sospesi, dove quanto succede è isolato e apparentemente distante, come in uno stato di solitudine silenziosa e straniante, non triste ma giocosa”. E questo è per gli oltre ottanta quadri (tutti di grandi dimensioni, tutti acrilici su tavola) esposti in mostra accanto a sei “Totem” che sono bizzarri paesaggi-scultura fatti di lamiera colorata e pali di vigna o pezzi di vecchie porte. A chiudere la rassegna sono infine una decina di incisioni (acqueforti, acquetinte e cere molli), tecnica approfondita frequentando, negli Anni Settanta, lo studio di Mario Calandri e la stamperia di Piero Nebiolo a Torino, che ci ricordano anche l’importante attività svolta a tutt’oggi da Gian Carlo Ferraris nel campo della grafica pubblicitaria e dell’illustrazione.

Gianni Milani

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“Gian Carlo Ferraris. L’aeroplano giallo”

Complesso Monumentale di Santa Caterina – Oratorio de’ Disciplinati, via Lancellotto, Finalborgo – Finale Ligure (Sv), tel. 019/690020; www.museoarcheofinale.it

Fino al 15 ottobre Orari: da mart. a dom. 15 – 20

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Le immagini:

– Gian Carlo Ferraris: “La vendemmia”, acrilico su tavola, 2017

– Gian Carlo Ferraris: “Luna di città”, acrilico su tavola, 2017

– Gian Carlo Ferraris: “Allegre rincorse”, acrilico su tavola, 2017

– Gian Carlo Ferraris: “Due palloncini”, acrilico su tavola, 2017

– Gian Carlo Ferraris: “Una sera di mezza estate”, acrilico su tavola, 2016

– Gian Carlo Ferraris: “Totem 1”, tecnica mista, 2013

– Gian Carlo Ferraris: “Colazione sull’erba”, acrilico su tavola, 2015