ilTorinese

Stellantis, Avs: “Solo annunci e cassa integrazione”

Continua l’agonia di Mirafiori e dell’indotto Stellantis: l’azienda ha comunicato questa mattina alle rappresentanze sindacali che oltre 2.000 dipendenti proseguirà la cassa integrazione fino al 2 agosto, e per altri 200 fino al 14 febbraio, data in cui per loro finiranno gli ammortizzatori sociali.
Siamo al 18° anno consecutivo di cassa integrazione, una crisi che non ha nulla a che vedere con il passaggio all’elettrico e che dipende da investimenti mancati e sbagliati su Torino e sull’Italia, che proseguono ininterrotti dall’era del motore endotermico.
Ma, mentre lascia lavoratori e lavoratrici torinesi a salario ridotto, Stellantis continua a corrispondere utili ai suoi azionisti: 23 miliardi di Euro negli ultimi 4 anni, tutti tassati in Olanda.
Da Stellantis, che ha goduto di incentivi pubblici enorme, va preteso rispetto per i lavoratori e le lavoratrici e per l’Italia: serve con un urgenza un piano industriale concreto. Non bastano più le promesse a vuoto fatte finora al Governo.
Dobbiamo evitare di ritrovarci davanti all’ennesimo copione di un film già visto, come è accaduto con la vicenda di Marelli, che dopo la cessione nell’ottobre 2018 da Fca alla giapponese Calsonic Kansei, a sua volta integralmente controllata dal fondo di investimento americano Kkr, ha subito un percorso di licenziamenti e chiusure, a partire dallo stabilimento piemontese di Venaria, che proprio questa mattina era in sciopero: come sempre, non c’è nessuna crisi, ci sono solo decisioni aziendali volte a massimizzare i profitti per le imprese.
Marco Grimaldi, vicecapogruppo AVS alla Camera
Alice Ravinale, capogruppo AVS Regione Piemonte
Valentina Cera, consigliera AVS Regione Piemonte

Spaccio, tre ragazzi arrestati al Parco Dora

Nel corso della nottata fra il 9 e 10 dicembre, nel quartiere “Parco Dora”, i Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Rivoli (TO) e della Stazione di Grugliasco (TO) hanno arrestato tre giovani di età compresa fra i venti e i ventidue anni, torinesi, gravemente indiziati dei reati di “detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso”.
I tre giovani avevano destato un atteggiamento sospetto tale da indurre i militari dell’Arma a seguirli in maniera defilata fino ad un controllo dell’autovettura sulla quale viaggiavano, culminato appunto nella zona del centro commerciale “Parco Dora”: nel corso della perquisizione del veicolo, i Carabinieri hanno recuperato e sequestrato 4 kg. di sostanza stupefacente di tipo “Hashish” suddivisa in 40 panetti da 100 grammi ciascuno; la successiva perquisizione domiciliare ha portato al sequestro di ulteriori 350 grammi della medesima sostanza.
Al termine delle operazioni, gli interessati sono stati tradotti presso le proprie abitazioni in regime di arresti domiciliari, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Il Torino vince a Empoli

Il Torino non vinceva da fine ottobre. Finalmente i granata ottengono la vittoria contro  l’Empoli in trasferta per 1-0. Il gol è di Adams da 50 metri di distanza, a metà della ripresa. Tre punti preziosi per il Toro in crisi.

“Museo in libera uscita” alla Biblioteca civica Alberto Geisser

Inaugura, nella giornata di sabato 14 dicembre, il progetto voluto e creato da ARTECO e MAET: “Museo in libera uscita”

 


Sabato 14 dicembre, alle ore 11, presso la Biblioteca civica Alberto Geisser, inaugura il “Museo in libera uscita”, un progetto curato da ARTECO e MAET – Museo di Antropologia ed Etnografia del Sistema Museale di Ateneo (SMA) dell’Università degli Studi di Torino, con la collaborazione della rete delle Biblioteche Civiche Torinesi, realizzato grazie al contributo di Circoscrizione 8 – Città di Torino.
L’iniziativa è volta a valorizzare il patrimonio culturale custodito dal MAET attraverso l’affissione di tre grandi manifesti sulle facciate esterne delle tre biblioteche della circoscrizione 8, “Alberto Geisser”, “Natalia Ginzburg” e “Dietrich Bonhoeffer”. La mostra diffusa outdoor presenta una selezione di alcune opere provenienti dalla collezione etnografica del museo, frutto di un processo partecipato che ha visto il coinvolgimento di un gruppo composito di cittadini e cittadine della Circoscrizione 8, la fotografa Francesca Cirilli e il contributo grafico di Studio Grand Hotel.
Il progetto ha avuto l’obiettivo di invitare alcuni cittadini e alcune cittadine a farsi portavoce di un patrimonio sommerso, da riscoprire e condividere, rendendolo così in parte accessibile al pubblico, nonostante la chiusura del museo da più di quarant’anni.
Il MAET, nato nel 1926, ospita un importante archivio di oggetti, composto da reperti antropologici egizi, una collezione di Art Brut proveniente dagli ex ospedali psichiatrici torinesi, a cui si sono aggiunte, nel corso del Novecento, raccolte etnografiche provenienti da diverse parti del Mondo.

Da questo nucleo eterogeneo, i partecipanti hanno selezionato i tre oggetti “in uscita”: una Maschera a casco Egungun della cultura Yoruba (Nigeria, XIX sec.), usata nei riti Gelede per simboleggiare protezione e fertilità; uno Xilofono dell’orchestra gamelan (Giava, XX sec.), parte di un complesso musicale di origine indonesiana; e Spilloni decorativi in piume colorate di Ara (Mato Grosso, Brasile, XX sec.), utilizzati dalla comunità Bororo in cerimonie tradizionali. Entrati a far parte delle collezioni del MAET negli anni Settanta, sono il risultato di donazioni derivanti da ricerche e viaggi e di acquisti da antiquari, e oggi rappresentano per la città di Torino una testimonianza delle storie, delle pratiche e della cultura di differenti popoli.

Il “Museo in libera uscita” si inserisce all’interno di una serie di iniziative che dal 2018 intendono rilanciare il MAET in qualità di punto di riferimento culturale per la città di Torino, promuovendo inclusione e partecipazione e favorendo un dialogo attivo con la cittadinanza.

Roberto Cigolini, Bice Fubini, Claire Gardner, Daniela Lenzi, Nadia Pugliese, Silvana Renzelo, Amelia Rivetti, Sonia Sezzani e Mirjam Struppek sono tra i partecipanti che hanno dato vita al progetto.

 

Mara Martellotta

Regione, nuovi interventi contro il dissesto idrogeologico

I fondi sono stanziati in sinergia con la Presidenza Del Consiglio dei Ministri e con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica

La Regione Piemonte, in sinergia con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, ha approvato la graduatoria per il finanziamento e la progettazione di dieci interventi volti a contrastare il dissesto idrogeologico, da proporre al Dipartimento Casa Italia. Il primo stanziamento, previsto dal Dpcm di marzo 2024, ammonta a 1.140.150 euro e finanzierà otto progettazioni nei comuni di Oulx (To), Tortona (Al), Chialamberto (To), Montalenghe (To), Borgosesia (Vc), Asti, Biella e Crevoladossola (Vb).

A Oulx, la sistemazione idraulica del torrente Dora Riparia mira a prevenire esondazioni e migliorare la sicurezza del territorio. A Tortona, gli interventi sul torrente Grue sono fondamentali per proteggere le aree circostanti da possibili alluvioni. A Chialamberto, sarà sistemato il rio Vassola tra il ponte di accesso alle borgate Ronco Bianco, Balmavenera e Pianardi e il ponte in località Case Michiardi. A Montalenghe, il ripristino della funzionalità idraulica di un piccolo invaso garantirà il funzionamento del canale demaniale di Caluso. A Borgosesia, gli interventi sull’argine sinistro del fiume Sesia in località Isola miglioreranno la protezione contro le inondazioni. Ad Asti, le opere sul torrente Versa ridurranno il rischio di esondazione nel centro abitato. A Biella, il miglioramento della funzionalità idraulica del torrente Cervo salvaguarderà le attività esistenti lungo il tratto urbano. A Crevoladossola, l’adeguamento arginale sul fiume Toce proteggerà le aree limitrofe.

Inoltre, il Ministero dell’Ambiente ha stanziato – sul Fondo progettazioni dal Dpcm del luglio 2016 –  438.342,20 euro per il 2024, destinati a due interventi di mitigazione del rischio nei comuni di Acceglio (Cn) per il rio Mollasco e Alessandria per il fiume Bormida.

L’assessore alla Difesa del suolo della Regione Piemonte, Marco Gabusi, sottolinea l’importanza di pianificare azioni di prevenzione con risorse regionali e fondi ministeriali. «Dobbiamo essere attenti – ha spiegato l’assessore Gabusi – a pianificare le azioni di riduzione del rischio con interventi di prevenzione. Ormai da anni lo stiamo facendo con risorse regionali ed attingendo come in questo caso a fondi ministeriali».

La magia del Presepe nell’Abbazia di Vezzolano

Ogni anno a Natale c’è una novità, anche più di una. Lungo 20 metri, largo quattro e con oltre 300 personaggi il presepio artistico di Anna Rosa Nicola torna a fare bella mostra di sé sotto le volte dell’Abbazia medioevale di Santa Maria di Vezzolano, ad Albugnano, un paese a 549 metri di altezza sulle colline del basso Monferrato astigiano.
Anna Rosa è figlia dell’artista e restauratore Guido Nicola che cinquanta anni fa con la moglie Maria Rosa aprì ad Aramengo d’Asti un laboratorio-scuola di restauro conosciuto in tutta l’Europa in cui vengono curati preziosi dipinti di ogni epoca. Anche quest’anno il presepe presenta molte novità. Le scene sono un centinaio realizzate in gran parte con materiali di recupero. Ogni anno è più bello, più ricco di elementi e il numero dei visitatori cresce. L’anno scorso, solo a dicembre, è stato visto da oltre 10.000 persone.
Tra le novità dell’edizione 2024 c’è una grande chiesa con i fedeli in processione, la Vergine Maria che allatta Gesù bambino, l’orto con la serra invernale, le donne che preparano la bagna cauda e gli acciugai che arrivano dalla Val Maira. Ma sono i personaggi che creano emozione, talmente sono belli, uno diverso dall’altro, creati usando cera, legno, fili di ferro, ritagli di stoffa e altri materiali poveri. Tra le scene di vita quotidiana più apprezzate, solo per citarne alcune, spiccano la scuola, il mercato, la farmacia, la bottega dell’orologiaio, il medico, la sartoria, il falegname. C’è tempo per vederlo e ammirarlo, non sparisce già il 7 gennaio ma resta aperto al pubblico fino al 2 febbraio. Verrà lasciato in Abbazia un mese in più poiché l’allestimento, la scenografia e il trasporto del presepio da un paese all’altro comporta un impegno gravoso per gli organizzatori.
Il presepe è visitabile nella sala della foresteria del gioiello romanico fino al 2 febbraio 2025 tutti i venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 17. Il giorno di Natale dalle 10 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 17.00. Inoltre, dal martedì al giovedì, secondo la disponibilità dei volontari, il presepe è visitabile per gruppi oltre le 10 persone solo su prenotazione chiamando il 349 577 2932 o inviando una mail a info@lacabalesta.it. La visita è gratuita. È gradita un’offerta che verrà destinata alla restaurazione di parti danneggiate della millenaria Canonica di Santa Maria di Vezzolano risalente al 1095 che può essere visitata (ingresso gratuito) dal venerdì alla domenica dalle ore 10 alle 17.
Filippo Re

“Premio Gianmaria Testa”. Bando aperto fino al 31 gennaio 2025

Manca poco più di un mese per partecipare alla V edizione del Premio dedicato al grande cantautore cuneese, “poeta in musica” scoperto dalla Francia

Moncalieri (Torino)

Diventato in pochi anni importante punto di riferimento per cantautori nazionali ed internazionali, ritorna, promosso dalla “Città di Moncalieri” e dal “Circolo Culturale Saturnio” (in collaborazione con “Produzioni Fuorivia”), il “Premio Gianmaria Testa – Parole e Musica”, sezione speciale dello storico “Premio Letterario Internazionale Città di Moncalieri”.

Giunto alla sua V edizione, il bando di partecipazione è aperto fino al 31 gennaio 2025 ed è rivolto a cantautori under 38 di qualsiasi nazionalità. Gli artisti potranno presentare uno o due brani originali, che siano inediti o pubblicati da non più di sei mesi. I cinque finalisti, selezionati da una giuria d’eccezione (presieduta dal cantautore Eugenio Bennato, insieme a figure di spicco della musica e della cultura e alla moglie e produttrice di Testa, Paola Farinetti) avranno l’opportunità di esibirsi dal vivo il 9 marzo 2025 presso le “Fonderie Teatrali Limone” di Moncalieri. Durante la serata, non solo interpreteranno i propri brani in gara, ma renderanno omaggio a Gianmaria Testa eseguendo una sua canzone, portando sul palco un dialogo tra passato e presente, tra tradizione e innovazione. Tra i premi in palio, il vincitore assoluto riceverà un riconoscimento economico di 1.500 euro, accompagnato da una targa e un diploma, oltre alla possibilità di esibirsi in prestigiose rassegne musicali piemontesi. Un premio speciale di 800 euro sarà assegnato alla miglior esibizione “live”. Come ulteriore riconoscimento, i brani dei finalisti verranno raccolti in un album prodotto da “Incipit Records” e “Produzioni Fuorivia”, distribuito da “Egea Music”. La serata finale del “Premio” sarà arricchita – come da tradizione – dalla presenza e dalla partecipazione di un grande artista che si esibirà sullo stesso palcoscenico dei cantautori finalisti. Per questa quinta edizione Stefano Bollani, geniale pianista e compositore, accanto a Gianmaria Testa nel mitico spettacolo “Guarda che luna!” (2002), dedicato a Fred Buscaglione (con la collaborazione di Enrico Rava), sarà in scena insieme a Valentina Cenni, attrice e performer dalla creatività poliedrica. I due artisti, uniti da una straordinaria sintonia sia personale che artistica, freschi reduci dalla trasmissione televisiva di Rai 3 “Via dei Matti n.0”, sapranno creare senza dubbio una serata magica, in cui il pianoforte di Bollani dialogherà con la voce e la presenza scenica di Valentina Cenni. Non mancheranno di certo loro personali interpretazioni di brani di Gianmaria.

Nato nel Cuneese a Cavallermaggiore nel 1958 e scomparso ad Alba il 30 marzo del 2016, Gianmaria Testa, il “poeta  in musica” (come fu giustamente definito per la sua capacità di intrecciare in note musicali la piccola verità del quotidiano con l’alta magia del racconto poetico), fino al 2007 svolse (già attratto dalla musica e dallo studio della chitarra) la professione di ferroviere, per la precisione di capostazione allo scalo ferroviario principale di Cuneo. Il successo in ambito musicale arriva con la vittoria del “Premio Città di Recanati”, dedicato ai nuovi talenti della “canzone d’autore” nel 1993. La classica “botta di fortuna” arriva per lui nel ’94, quando incontra Nicole Courtois, produttrice francese, che ne comprende il talento e ne produce il suo primo disco intitolato “Montgolfières” (1995). Da allora è un continuo susseguirsi di lavori discografici e successi (del 1996 è l’esibizione, dopo una serie di concerti in Germania, all’“Olympia” di Parigi); successi che, nel 2003, registrano un nuovo balzo in tutta Europa con l’album di poesie e canzoni “Il valzer di un  giorno”. Nel 2007 riceve con “Da questa parte del mare” (prodotto dalla moglie Paola Farinetti con la direzione artistica di Greg Cohen) la “Targa Tenco” come miglior album dell’anno. Andando a larghi balzi, arriviamo al 2011 e alla più che felice esperienza teatrale con il debutto al “Teatro Carignano” di Torino di “18mila giorni–il pitone”, testo di Andrea Bajani che vede Gianmaria protagonista insieme a Giuseppe Battiston per la regia di Alfonso Santagata. Sempre nel 2011 esce il suo ultimo lavoro discografico di inediti, il cd “Vitamia”, una sorta di bilancio di vita personale e sociale, seguito, nel 2013, da un secondo disco live “Men at work”, frutto di una lunga tournée, con il suo quartetto, in Germania. E’ un mercoledì, il 30 marzo del 2016, quando il “poeta in musica” lascia questa vita, all’età di soli 58 anni. Il 19 aprile dello stesso anno esce postumo il suo libro “Da questa parte del mare” (ed. Einaudi), con la prefazione dell’amici Erri De Luca. E ancora a proposito del “Premio” a lui dedicato, afferma Antonella Parigi, “Assessora alla Cultura” della “Città di Moncalieri”: “Il prestigio della giuria e l’importanza dell’ospite d’onore certifica la nostra volontà di investire su questa manifestazione, che non solo è un tributo al grande artista piemontese, ma anche un importante tassello nel percorso che stiamo costruendo verso la candidatura di Moncalieri a ‘Capitale Italiana della cultura 2028”.

Per ulteriori informazioni e per accedere al bando, è possibile visitare il sito ufficiale del “Circolo Culturale Saturnio”: www.saturnio.it

g.m.

Nelle foto: Gianmaria Testa (ph. Pierre Terrasson); Stefano Bollani e Valentina Cenci

Quando il bodybuilding ti cambia la vita

SCOPRI – TO   ALLA SCOPERTA DI TORINO
Siamo qui oggi con il torinese Matteo Di Pasquale, atleta di bodybuilding classe 1995 che ha partecipato recentemente al noto Trofeo Tarzoni di Conegliano ottenendo un’ottima posizione.
Matteo prima di affermarsi come bodybuilder e arrivare alle competizioni ha vissuto una vita molto complessa ma ci insegna che con la forza interiore, la costanza e la volontà si possono ribaltare le statistiche, superare le difficoltà ed ottenere risultati strabilianti.
D: Ciao Matteo, benvenuto a “Il Torinese”, raccontaci un po’ la tua storia personale, da dove sei partito per arrivare ad essere oggi un ottimo atleta di bodybuilding.
R: Ciao Noemi, volentieri, da giovane ero un ragazzo obeso, dieci anni fa pesavo circa 120 Kg. sono partito quindi da una condizione molto difficile e arrivare alla condizione di oggi è un’emozione unica, ora peso 80 chili ma sono per lo più muscoli perché ho solo il 4% di massa grassa, quindi una differenza sostanziale.
D: Che cosa ti aveva portato a quel peso? Problematiche alimentari?
R: Ho avuto un’infanzia molto difficile, sono sempre stato molto solo e ho vissuto anche la malattia di persone a me care e vicine; questo stao ha fatto si che il cibo diventasse di grande conforto.
D: E come sei riuscito a superare questa situazione?
R: A scuola mi bullizzavano per il mio peso, io non mi vedevo più bene, mi sono reso conto che dovevo fare qualcosa per me stesso e ho deciso di punto in bianco che dovevo farmi forza e raggiungere i miei obiettivi e piacermi di più. Il “click” è avvenuto un pomeriggio al mare, mi vergognavo tantissimo di essere in costume e ho pensato che era ora di smettere di fare del male a me stesso.
D: Cosa ti ha aiutato maggiormente?
R: Ho scoperto la palestra e devo ringraziare alcune persone che mi sono state accanto, che hanno creduto in me e poi soprattutto mia figlia e la mia compagna che sono anche attualmente la mia forza, loro sono orgogliose di me e questo per me vale tutta la gioia del mondo. Voglio trasmettere alla mia bambina, Zaira che nella vita se veramente si vuole qualcosa bisogna mettercela tutta, studiare, impegnarsi per arrivare dove si desidera perché, l’obiettivo dipende da te, e quando dai il massimo puoi riuscire a raggiungerlo.
D: Nel momento in cui si riesce a raggiungere una buona forma fisica e si è in salute, spingersi a gareggiare non può essere un rischio per i disturbi alimentari?
R: Sicuramente per molti potrebbe esserlo perché si rischia di cadere nella vigoressia ovvero nella fissazione con i muscoli o nell’ortoressia ovvero cibarsi solo di nutrimento sano, ma nel mio caso per arrivare alla condizione di oggi sono riuscito a non cadere vittima di nessun disturbo alimentare. Sono stato seguito da un coach per raggiungere i risultati, il Dottor Chinesiologo Nutrizionista Simone Spedale, il quale mi ha affiancato passo passo e mi sono confrontato anche con una mental coach proprio per riuscire a raggiungere l’obiettivo di salire su un palco di bodybuilding e arrivarci in modo sano, senza estremismi ma solo con metodiche che io potevo sopportare.
D: A proposito di estremismi, come ci si prepara per una gara?
R: Nei mesi prima ho seguito un percorso di “massa”, ovvero mangiavo tanto, quasi seimila calorie al giorno per costruire la muscolatura, poi abbiamo fatto un periodo di “definizione” dove siamo scesi con le calorie e poco prima della gara ne ero molto basso, ma è stato un periodo breve e quindi sostenibile mentalmente. Gli allenamenti sono sempre stati costanti, nonostante io abbia una famiglia e un lavoro ogni giorno mi alzavo alle cinque del mattino per non togliere tempo né ai miei affetti né ai miei impegni ed allenarmi, anche in vacanza, in vista della gara.
D: Che cos’è per te il bodybuilding?
R: Spesso il bodybuilding viene svalorizzato solo perché chi ci osserva sul  palco non percepisce la fatica che l’atleta ha fatto per arrivare lì, è uno sport nel quale fai tutto nel tempo e alla gara mostri “solo” il risultato, mi piacerebbe far arrivare al pubblico quanta fatica si fa per avere quel risultato, quante ore bisogna passare sotto i pesi dando il massimo ogni giorno e la fatica ed il rigore che ci sono dietro questa disciplina.
D: Sei riuscito a partecipare al trofeo Tarzoni di Conegliano dove hai ottenuto ottime posizioni e hai gareggiato nella categoria Men Physique ovvero dove si giudica la muscolatura di tutto il corpo ad eccezione delle gambe.
R: Sì esattamente e visto che però ho una buona muscolatura in tutto il corpo, il mio coach vorrebbe presto farmi gareggiare anche in altre categorie.
D: Chi cucinava i tuoi pasti in questo periodo?
R: Io, adoro cucinare e come dicevo ho imparato a fare tutto da solo, anche con la mia compagna mi piace cucinarle cose buone per farle capire quanto tengo a lei e alla nostra bambina, spesso provo a stupirle con ricette innovative e loro ne sono super contente. È stato difficile preparare le torte ultimamente perché io non potevo mangiarle.
D: Qual è l’insegnamento più grande che hai imparato nella tua vita?
D: Che bisogna riuscire a volersi bene, a valorizzarsi perché se inizi a curarti ti ami di più e di conseguenza dai più amore anche a chi ti circonda, stare bene per far star bene è fondamentale!
Grazie Matteo per la tua storia e le tue parole, ci hai trasmesso una notevole carica che ti aiuterà certamente per i tuoi successi futuri.
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NOEMI GARIANO

La lezione di Olivetti nei suoi discorsi per il Natale

“In questo periodo il desiderio di rinnovamento e di salvezza raggiunge una più grande intensità, e la luce di un’epoca nuova per un ordine più giusto e più umano si accende come una fiamma che ci è stata consegnata e che bisogna alimentare e proteggere, perché le speranze dei nostri figli non vadano deluse”. Era la sera della vigilia di Natale, il 24 dicembre 1955, quando Adriano Olivetti concludeva così il suo discorso augurale ai lavoratori della ICO, della OMO, della Fonderia e dei Cantieri, cioè le intere maestranze della Olivetti. Era uno dei tre “Discorsi per il Natale” raccolti e pubblicati dalle Edizioni di Comunità, scritti da Adriano Olivetti per le feste di fine anno tra il 1949 e il 1957. Sono discorsi che fotografano tre dei momenti più importanti della storia della fabbrica di Ivrea offrendo, in una mirabile sintesi, il pensiero e il profilo morale di questo imprenditore che va annoverato — a tutti gli effetti — tra le figure più singolari e straordinarie del ‘900. Le idee innovative e comunitarie in campo sociale, ancora attualissime, ne testimoniano pienamente la capacità visionaria. Adriano Olivetti fu capace di portare l’azienda di famiglia a competere alla pari con i giganti del mercato mondiale della sua epoca, trasformando la città canavesana “dalle rosse torri” nella capitale dell’informatica. Il suo era un sogno industriale che logicamente mirava al successo e al profitto, ma proponeva anche un progetto sociale che implicava una relazione del tutto nuova e compartecipata tra l’impresa e gli operai, oltre a un rapporto qualitativamente alto e molto stretto tra quella che era stata la “fabbrica in mattoni rossi”, la città degli eporediesi e l’intera realtà canavesana. Tornando al libro, nel primo discorso datato 24 dicembre 1949, l’erede di Camillo racconta i primi anni del dopoguerra per condividere il sollievo e l’orgoglio della compiuta ripresa dell’azienda dopo la difficile esperienza del fascismo e del conflitto mondiale. Nel secondo, sei anni dopo, il 24 dicembre 1955, Adriano Olivetti rievoca proprio quel discorso per ripercorrere i nuovi traguardi della fabbrica, che ha assunto ormai una dimensione internazionale ma non ha mai perso di vista le proprie radici morali, memore degli insegnamenti del fondatore Camillo. E dice, tra le altre cose: “Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano anche — io lo spero — la fedeltà a un ammonimento severo che mio padre quando incominciai il mio lavoro ebbe a farmi: “Ricordati” — mi disse — “che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano a subire il tragico peso dell’ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro”. Una straordinaria lezione morale alla quale, nei fatti, accompagnò il suo agire concreto di imprenditore illuminato. In questi discorsi di Natale emerge la volontà di ringraziare tutti i lavoratori della fabbrica per la loro partecipazione a qualcosa di più grande, a una comune dimensione di riscatto del lavoro che, per usare le stesse parole di Olivetti, “non si esaurisce semplicemente nell’indice dei profitti”. Nell’ultimo discorso della breve raccolta, pronunciato in occasione del Capodanno del 1957 alla vigilia del cinquantesimo anniversario dello studio del primo modello di macchina per scrivere italiana ( l’Olivetti nascerà ufficialmente il 29 ottobre 1908) l’augurio dell’imprenditore di Ivrea, ormai all’apice del successo, è quello di non perdere mai di vista, nell’anno e negli anni a venire, quel senso di giustizia e di solidarietà umana che è alla base di ogni vero progresso e rappresenta il valore più profondo e ultimo di tutta l’esperienza olivettiana. Vi è l’orgoglio per quello che lui stesso definisce “lo spirito della fabbrica” e una potente visione di futuro. La città di Ivrea venne resa una realtà all’avanguardia da Adriano Olivetti che commissionò anche una serie di architetture uniche nel panorama di città industriali del Novecento, tanto da essere poi – nel 2018 – riconosciuta dall’Unesco come città industriale del XX secolo. Leggendo i discorsi resta però il rammarico per ciò che potevano diventare l’Olivetti, l’industria italiana e il modello sociale del paese se l’utopia di Adriano non si fosse spenta dopo la sua improvvisa e tragica morte, nel febbraio del 1960, quando non aveva ancora compiuto sessant’anni. Olivetti sosteneva che “un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande”. Peccato che quel sogno venne affossato dai tanti, troppi che avevano una concezione gretta del presente e una pressoché inesistente visione del futuro.

Marco Travaglini