ilTorinese

L’isola del libro: Speciale DAPHNE DU MAURIER

RUBRICA SETTIMANAEL A CURA DI LAURA GORIA

Daphne Du Maurier è stata una famosa scrittrice inglese molto seguita nel Novecento, oggi ingiustamente dimenticata. Vediamo allora di tracciare le linee essenziali della sua vita e della sua imponente mole di opere.

Fondamentale per conoscerla più a fondo è la biografia pubblicata nel 2016 da Tatiana De Rosnay, scrittrice di origine francese, inglese, russa.

 

Tatiana De Rosnay “Daphne” -Neri Pozza- euro 18,00

In queste oltre 400 incantevoli pagine ci si ritrova piacevolmente catapultati dentro la vita della Du Maurier; immersi in una biografia dove è tutto vero, da leggere con la stessa scorrevolezza di un accattivante romanzo.

Il racconto è minuzioso, riporta le circostanze in cui è nata l’idea di ogni opera della scrittrice, le reazioni suscitate nei lettori e tra i critici. Soprattutto si coglie l’essenza della Du Maurier quando scandisce i capitoli secondo le abitazioni e i luoghi in cui è vissuta, perché per lei sono stati importantissimi. De Rosnay li cerca e li visita di persona, li descrive e così facendo ci porta nel meraviglioso mondo dell’autrice di “Rebecca”.

Inoltre il libro è arricchito da un interessante apparato iconografico che ritrae la scrittrice colta nelle diverse età, nonostante detestasse farsi fotografare.

 

 

 

 

Daphne Du Maurier nasce a Londra il 13 maggio 1907 a Westminster Mayfair, il prestigioso quartiere della regina, e cresce con le sorelle Angela e Jeanne.

I genitori, Gerald e Muriel, sono attori teatrali; ma dopo il matrimonio solo il padre prosegue nella carriera, diventando sempre più famoso. Muriel, invece, si dedica alla famiglia; lo fa organizzando ogni cosa alla perfezione.

Nel 1916 la famiglia trasloca a Cannon Hall, nella lussuosa villa di stile georgiano ad Hampstead; quartiere londinese abitato da intellettuali, musicisti, scrittori e artisti vari. Le sorelle Du Maurier, dopo l’iniziale educazione domestica, tra nanny e governanti, frequentano la scuola per ragazze St. Margaret’s School.

Gli inizi sembrano dunque sotto una buona stella: famiglia benestante, genitori artisti, un ambiente brillante in cui crescere. Ma qualche ombra aleggia; la complessa personalità paterna, il cui smisurato amore per le figlie può declinare verso l’opprimente “rigidità vittoriana”, ha enorme influenza sulle ragazze, in particolare sulla pupilla di Gerald, Daphne.

La scrittura sarà la sua via di fuga dall’opprimente atmosfera familiare.

Nel 1925, a 17 anni, lascia Londra e frequenta la scuola di perfezionamento per ragazze in Francia, a Meudom. Lì si innamora dell’insegnante/preside Fernande Yvon, di 12 anni più grande, che la incoraggia a continuare a scrivere. Le due col tempo restano buone amiche; e Daphne, dopo il matrimonio avrà altre relazioni con donne.

Importante è quella con la moglie del suo editore americano, Ellen Doubleday, donna affascinante, sposata con Nelson Doubleday, che ospita Daphne quando deve affrontare in America il processo per l’accusa di plagio per il romanzo “Rebecca”. Ellen rifiuta un rapporto che travalichi l’amicizia, ma nel corso del soggiorno negli States la Du Maurier vive un’ altra attrazione, poi declinata in amicizia, per l’attrice Gertrude Lawrence, che tra l’altro, aveva anche recitato con il padre.

Da precisare che Daphne Du Maurier ha sempre respinto sia la parola lesbica che bisessuale. La sua ambiguità (percepibile anche in alcuni suoi personaggi) la spiega così: il cuore di un ragazzo che alberga nel corpo di una donna. In sintesi: “the boy in the box”.

I genitori comprano una casa in Cornovaglia, l’affascinante Ferryside, nella baia di Fowey.

Proprio a Fowey, durante una passeggiata, Daphne, scopre una casa elisabettiana avvolta e nascosta dalla vegetazione. E’ l’imponente Menabilly, di proprietà dei nobili Rasleigh. La dimora l’attrae come una calamita e scatena la sua fantasia; diventa l’ispirazione (insieme a Milton Hall, nel Cambridgeshire) di Manderley, la casa dei coniugi de Winter nel romanzo “Rebecca” del 1938.

Sempre a Fowey, nel 1931, conosce il maggiore Friederick Browning, detto Tommy, militare di Eton, campione olimpionico e croce di guerra francese a 19 anni. L’anno dopo si sposano e avranno tre figli: Tessa, Flavia, Cristian (detto Kits, prediletto della madre).

Matrimonio non facilissimo, perché come moglie di un ufficiale di alto livello, Daphne dovrebbe vivere a Londra e partecipare agli eventi pubblici richiesti dal ruolo. Invece lei è concentrata nella scrittura e pretende solitudine.

A fatica la coppia trova il suo equilibrio; la scrittrice ottiene di vivere per lo più nell’amata Cornovaglia, fonte di ispirazione e scenario dei suoi romanzi.

Nel 1943, mentre Tommy è in guerra, Daphne convince i Rasleigh ad affittarle per 20 anni Menabilly, il maniero del XVI sec. disabitato e di cui è perdutamente innamorata. Con i guadagni di “Rebecca” ristruttura la proprietà che diventa la sua oasi di pace e creatività fino al 1969.

Nel 1965 muore il marito fulminato da un attacco cardiaco. Nel 1969 Daphne è nominata Dame Commander dell’Impero Britannico e lo stesso anno si trasferisce nella grande dependance di Menabilly, a Kilmarth, di fronte al mare.

Lì vive gli anni della vecchiaia continuando a scrivere, in voluta reclusione, pubblicando fino alla fine, che la coglie il 19 aprile 1989. Tre giorni prima di arrendersi alla broncopolmonite che la stronca, a 81 anni, sferzata da vento e pioggia della sua amata Cornovaglia, visita per l’ultima volta Menabilly…e poi si lascia andare.

I figli esaudiscono le sue volontà e ne spargono le ceneri nei campi intorno all’ ultima dimora. “Cornovaglia magica” -che aveva finito di scrivere poco prima di morire- sarà pubblicato postumo.

La Cornovaglia e le vicende di famiglia furono le principali fonti di ispirazioni a cui attinse per la voluminosa produzione letteraria che le diede successo e indipendenza economica. Dietro le opere di ambientazione storica c’è sempre stata un’accurata ricerca.

Nel corso della lunga e prolifica carriera di scrittrice ha pubblicato 16 romanzi, una biografia del padre, una selezione delle sue lettere, la biografia di famiglia, 3 pièce teatrali, numerosi racconti in svariate edizioni, un libro sull’amata Cornovaglia illustrato dal figlio Kit, una biografia di Branwell Bronte.

 

 

Hilary Macaskill “Daphne Du Maurier at home” -Frances Lincoln Limited Publishers- US $ 40

Questo splendido libro pubblicato nel 2013 in lingua inglese e corredato da un ricco apparato fotografico è pieno di informazioni sulla vita e il lavoro di Daphne Du Maurier .

Inizia raccontando -con testi e immagini- gli anni dell’infanzia londinesi e segue poi i passaggi più significativi della lunga esistenza della scrittrice, soprattutto in relazione alle dimore e ai luoghi che più hanno significato per lei.

Dalla spensierata giovnezza a Ferryside al matrimonio, poi la vita e la scrittura a Menabilly, per arrivare agli anni del tramonto a Kilmarth. Un libro che tocca il cuore ed emoziona profondamente chi ha amato i libri della Du Maurier e porta dritti nelle sue stanze.

 

 

 

Daphne Du Maurier “I Du Maurier” – Mondadori-

Questa è la ricostruzione accurata della storia di un secolo delle vicende della famiglia Du Maurier che Daphne ripercorre al limite tra cronaca e romanzo, storie e avventure realmente vissute dai suoi antenati trasposte dalla fantasia della scrittrice.

Inizia con le peripezie della frivola e bellissima trisavola Mary Anne Clarke, amica intima del Duca di York, a Londra, nei primi anni dell’800.

La narrazione ricostruisce le alterne fortune dei vari antenati nell’avvicendarsi delle generazioni. E le tipologie, le traiettorie di vita e i destini, alla fine delineano una mappa decisamente variopinta e interessante. Una genealogia quella dei Du Maurier che presenta una campionatura parecchio variegata.

 

 

 

 

Rebecca la prima moglie” -Il Saggiatore- euro 15,00

E’ un romanzo che ti afferra alla prima riga e non ti lascia andare neanche dopo l’ultima, perché racchiude magia, misteri, fascino a dismisura e ti resta nei pensieri anche dopo avere finito di leggerlo.

E’ il libro forse più famoso della scrittrice, uno dei più venduti negli Stati Uniti tra il 1938/39; ed ha ispirato l’omonimo film di Alfred Hitchcock con Laurence Olivier e Joan Fontaine.

Raffinato thriller psicologico ambientato in un luogo misterioso e inquietante. Romanzo che scandaglia l’animo umano, in particolare le delicate pieghe della gelosia, dei segreti irrivelabili e di molto altro.

Nelle sontuose stanze e nei saloni di Manderley, sulla costa della Cornovaglia, aleggia ancora l’ombra della prima signora de Winter, l’inarrivabile Rebecca. Simbolo di perfezione e bellezza: «figura alta e snella, dal viso bellissimo». A custodirne gelosamente, in modo inquietante ed ossessivo, le stanze è la governante, signora Danvers, morbosamente avvinghiata alla sua memoria.

Il romanzo entra nei tormenti della nuova signora de Winter costantemente messa a dura prova dal confronto impari con una bellezza morta e diventa mito, il costante senso di inadeguatezza, il senso di solitudine e i tormenti dell’anima dell’uomo che ha sposato e che cela un terribile segreto.

 

 

Mia cugina Rachele” -Beat- euro 13,50

Il dubbio e l’ambiguità serpeggiano lungo le pagine del romanzo e fanno da sfondo a questo sottile noir che la Du Maurier ambientò in Cornovaglia a metà Ottocento.

Il piccolo Philip Ashley orfano di entrambi i genitori a soli 18 mesi viene cresciuto dal cugino Ambrose, scapolo irriducibile.

Notevole dunque è lo stupore di Philip quando, anni dopo, il cugino, che si trova a Firenze per motivi di salute, gli comunica di avere sposato la cugina Rachele, una lontana parente. Vedova di un nobile italiano che l’ha lasciata in un mare di guai.

Dopo di che la trama si infittisce e il mistero avvolge l’indecifrabile Rachele.

 

 

 

 

Cornovaglia magica” -Mursia- euro 17,00

In queste splendide pagine c’è il cuore del legame tra la Du Maurier e la Cornovaglia, terra che lei amò incondizionatamente e comprese a fondo, riuscendo a raccontarla in modo coinvolgente.

Ma il libro è anche l’autobiografia e il testamento spirituale di una vita incredibile e talentuosa. La scrittrice rilegge e racconta i suoi viaggi, gli incontri, le ispirazioni dei romanzi, l’amore profondissimo e indissolubile per la sua Cornovaglia.

Le “Trame del tempo” degli ultimi vedovi del ’68

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

La deputata Augusta Montaruli che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare quando era studentessa  all’Università, ha denunciato come “condensato di false notizie, offensivo e lesivo per chi voglia studiare la storia contemporanea” il volume “ Trame del tempo” edito da Laterza per gli istituti superiori. Gli autori dell’opera sono Valentina Ciccopiedi, Valentina Colombi, Carlo Greppi e Marco Meotto. L’unico autore che gode di una certa notorietà, in verità tutta politica, è il Greppi. La questione che ha portato l’on. Montaruli  a denunciare la faziosità del libro è legata a giudizi politici e non storici sul governo Meloni e sul partito Fratelli d’Italia.  I toni usati dagli autori sono con tutta evidenza settari e persino incattiviti dalla astiosità politica più evidente propria dell’estremismo di sinistra. Credo che sia un testo molto adottato da un certo tipo di docenti, oggi ancora prevalente nella scuola italiana , che fa della lotta al governo in classe uno dei fini principali della funzione docente. Sono gli ultimi vedovi del ‘68, dell’ideologia  intollerante al potere, a volte anche della violenza verbale e non soltanto. Poter imporre agli studenti un testo così schierato è per questi professorini motivo di soddisfazione, se non addirittura di piacere. La politica intesa come odio parrebbe essere il loro ideale anche di vita. Tutte le occasioni sono buone per protestare, andare in piazza, tentare di portare con loro gli studenti di per sé sempre desiderosi di scampagnate.
.
Ma il problema è più a monte e risale al ministro Luigi Berlinguer che volle stravolgere i programmi scolastici di storia per poter far dedicare un intero anno al Novecento secondo una visione che portava naturaliter a confondere storia contemporanea con politica. Questo era il fine non tanto sottile di Berlinguer. Il testo in questione è l’espressione massima della visione scolastica di Berlinguer , uno dei peggiori ministri della P.I., assimilabile ai Sullo  ai Misasi e ai Malfatti della I Repubblica che devastarono la scuola di Stato, cedendo al permissivismo sessantottino.
Infatti la difesa del Greppi si fonda proprio sull’obbligo di giungere nel testo fino all’oggi, come voleva Berlinguer. Ma il Greppi forse ignora che la storia contemporanea ha dei limiti definiti che storici come Croce e Chabod hanno saputo identificare. Ciò che diventa oggetto di opinabile valutazione politica non è storia. Lo disse più volte lo storico Raimondo Luraghi.   Più ci si avvicina all’oggi, più è necessario essere sobrii e distaccati per non cadere nella contesa politica che non ha nulla in comune con la storiografia seria, in primis quella dei manuali.
.
Chi scrive ha studiato al liceo  sul testo di Armando Saitta che riusciva ad essere fazioso anche per i secoli più lontani dal ‘900.  Il libro di Saitta era il più adottato testo in una scuola in cui i docenti non erano in larga maggioranza dei militanti come accade  oggi. Saitta (che in passato era stato fascista e si convertì al comunismo come tanti)  al termine della sua carriera  scoprì una visione storica più meditata e liberale. Riscrisse il manuale, ma esso non piacque, non venne più adottato e scomparve dalla scuola nel giro di poco. E‘ un ricordo che va meditato. Magari il Greppi non sa neppure chi sia stato Saitta, ma certo non rischierà mai la sua fine. Circa la storia del fascismo – perché poi il discorso alla fine è questo – va detto che non può essere identificata con il “Fascismo perenne” di Eco o con le sparate televisive di Canfora e Augias o i romanzetti di Scurati. Neppure con la storia-spettacolo di Barbero. La storia del fascismo passa inevitabilmente dall’opera ciclopica di Renzo De Felice che inutilmente Nicola Tranfaglia cercò  di demolire, aggredendo anche il suo autore sul piano personale. Ma per gli autori del manuale l’opera di De Felice è opera demoniaca che tentò  colpevolmente di sdoganare il fascismo. Il buon Greppi è libero di scrivere tutto ciò che ritiene, sostenendo anche che il fascismo è tornato al potere in Italia ad 80 anni dalla  sua morte, ma quando scrive per un manuale deve sottoporsi a delle regole deontologiche senza mai scadere nel comizio. L’editore Laterza discendente  (nel senso letterale del termine) dell’editore che Benedetto Croce fece conoscere, liberandolo dal lavoro di artigiano   tipografo, ha poco da fare  della  pacchiana ironia su Montaruli. La sua casa editrice è perfino peggiore dell’Einaudi di re Giulio che almeno evitò sempre di sconfinare, forse per snobismo, nei testi scolastici. E’ la quintessenza della faziosità  come dimostrano certi librini stampati in questi ultimi anni. Ad essi si aggiunge la produzione scolastica.

Benessere nel Parco storico del Castello di Miradolo

Forest Bathing, Workout, Yoga e meditazione con cuffie Silent System

 

Nel mese di luglio al Castello di Miradolo sono in programma tre appuntamenti speciali dedicati al benessere psicofisico e all’armonia con la natura, creando un percorso unico tra movimento, ascolto interiore ed immersione nei suoni e nei colori del bosco.

Il primo appuntamento, venerdì 4 alle ore 19, è con il Workout al Castello, un’esperienza energizzante per il corpo e la mente: allenamento a cielo aperto, a cura di Valentina Biglia, immersi nel verde del parco storico accompagnati dalla musica in cuffia Silent System.

L’appuntamento successivo, domenica 20 dalle ore 10 alle 16, è un’intera giornata di Forest Bathing con Fabio Castello, counselor e istruttore CSEN, per rallentare e riconnettersi alla natura con il “bagno nella foresta”: una camminata consapevole, ascolto profondo, abbraccio degli alberi e respirazione guidata, un invito ad aprirsi ai suoni, profumi, colori e sensazioni.

L’ultimo incontro, venerdì 25 alle ore 19, prevede yoga e meditazione nel grande prato: un momento di raccoglimento e ascolto interiore, tra respiro e suoni della natura. Una sessione guidata, a cura di Lilayoga, con cuffie Silent System per ritrovare il proprio centro in armonia con il paesaggio.

Gli appuntamenti di workout e yoga saranno seguiti, dalle ore 18 alle 21, dall’aperitivo Cogli e Gusta per mangiare verdura fresca di stagione e raccogliere profumate erbe aromatiche direttamente dall’Orto del Castello utilizzandole per arricchire il proprio aperitivo.

 

CALENDARIO

 

Venerdì 4 luglio, ore 19

Workout al Castello

Costo: 15 euro, comprensivo di ingresso al parco

Posti limitati

 

Domenica 20 luglio, ore 10-16

Forest Bathing nel parco storico

Costo: 65 euro, comprensivo di light lunch; 40 euro ridotto Early Bird fino al 13 luglio; 55 euro intero dal 14 luglio

Menu: Insalata di cereali integrali o cous cous con zucchine saltate, feta, olive taggiasche, pomodorini confit e mandorle tostate; Dolce dell’Antica Pasticceria Castino; acqua e caffè

 

Venerdì 25 luglio, ore 19

Yoga e meditazione nel grande prato

Costo: 15 euro, comprensivo di ingresso al parco

Posti limitati

Cinema sulla Pista 500 del Lingotto

Tornano le proiezioni da martedì 1° a domenica 20 luglio

 

Torna, dopo la prima edizione dell’anno scorso che registrò tutti gli appuntamenti sold out, la rassegna di cinema all’aperto sulla Pista 500 del Lingotto di Torino, firmata da Distretto Cinema e Pinacoteca Agnelli. Da martedì 1° a domenica 20 luglio, 15 serate, sempre alle 21,30: i lungometraggi vengono proiettati sul maxischermo montato sulla Pista 500 che ospita un’arena da 170 posti. Si tratta di una proposta nel segno del cinema d’autore, con anteprime e grandi classici restaurati che hanno fatto la storia della settima arte.  Un viaggio attraverso generi, epoche e sguardi.

L’apertura

L’aperturamartedì 1° luglio è con un capolavoro senza tempo: “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders. Un’occasione unica per riscoprire in un restauro 4Krealizzato dalla Wim Wenders Foundation, a partire dal negativo originale e con la supervisione dello stesso Wim Wenders e di Donata Wenders, le poetiche atmosfere di questo cult, con le indimenticabili interpretazioni di Bruno Ganz e Peter Falk.

Seguirà, mercoledì 2 lugliol’anteprima nazionale de “La famiglia Leroy” di François Bernard, una commedia francese fresca e contemporanea con un cast d’eccezione, tra cui Charlotte Gainsbourg.

“Umano (dis)umano”

Il ciclo “Umano (dis)umano”, curato dal critico cinematografico Giampiero Frasca, è invece un percorso filosofico e visivo.

Si parte giovedì 3 luglio con l’iconico “BladeRunner” di Ridley Scott, un’immersione nelle profondità dell’intelligenza artificiale e dell’identità umana. Il viaggio prosegue sabato 5 luglio con l’esperienza trascendentale di “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick, un’opera che continua a interrogare il nostro rapporto con la tecnologia e l’ignoto. Conclude la sezione, domenica 6 luglio, “Her” di Spike Jonze, un film che esplora con delicatezza e profondità le relazioni nell’era digitale, dove l’amore può nascere anche tra un uomo e un sistema operativo.

Film made in Piemonte e restauri

Una cornice dedicata anche al cinema realizzato in Piemonte è la sezione Spazio Film Commission Torino Piemonte che proporrà titoli realizzati con il sostegno di Film Commission.

Martedì 8 luglio, “Canone effimero” dei fratelli De Serio, che dialogheranno con Paolo Manera. Seguirà, mercoledì 9 luglio, “The Lost Legacy of Tony Gaudio” di Alessandro Nucci, un documentario presentato da Steve Della Casa epreceduto dal cortometraggio vincitore del David di Donatello 2025, “Domenica sera” di Matteo Tortone, alla presenza dell’autore. E ancora, giovedì 10 luglio Davide Ferrario presenterà al pubblico il suo documentario”Italo Calvino nelle città”, un omaggio al grande scrittore italiano. Le tre serate sono organizzate con la collaborazione di Film Commission Torino Piemonte e Piemonte Movie.

Tre invece i restauri presentati dal Museo Nazionale del Cinema.

Santa Maradona” di Marco Ponti (sabato 12 luglio): il regista aviglianeseintrodurrà il film e proporrà un omaggio al mai dimenticato Libero De Rienzo.Quindi, “Mimì metallurgico ferito nell’onore” di Lina Wertmüller (domenica 13 luglio), introdotto da Stefano Boni, responsabile del Patrimonio del Museo del Cinema. Martedì 15 luglio, infine,”L’uomo dei cinque palloni” di Marco Ferreri, considerato da Morando Morandini come un sarcastico «apologo sulla solitudine e l’alienazione nella società moderna».

Storie di resilienza e metamorfosi: tra guerra e incanto

La rassegna si arricchisce con la sezione “Storie di resilienza: donne e bambini in tempi di guerra”, che vede mercoledì 16 luglio il capolavoro neorealista “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, presentato nella versione restaurata da CSC-Cineteca Nazionale, Istituto Luce Cinecittà, Cineteca di Bologna e Coproduction Office, introdotto da Ludovica Poli, docente di diritto internazionale al Dipartimento diGiurisprudenza dell’Università di Torino e dalla lettura di un testo di Anna Magnani con l’attrice Beatrice Modica. Un momento di profonda riflessione sulla storia e sull’umanità.

Poi l’omaggio a Maura Delpero con giovedì 17 luglio “Vermiglio“, introdotto da film Marcella Filippa, direttrice della Fondazione Vera Nocentini.

Infine, il ciclo “Metamorfosi”condurrà in mondi fantastici e interiori. Sabato 19 luglio, lasciatevi trasportare dalla magia de “La città incantata” di HayaoMiyazaki, preceduto dal cortometraggio animato vincitore del David di Donatello 2024, “The Meatseller”di Margherita Giusti, presente alla serata. E per chiudere in bellezza, domenica 20 luglio, l’emozionante e commovente “The Elephant Man” di David Lynch, presentato in un restauro di StudioCanal a partire dal negativo originale con la supervisione di David Lynch.

Il biglietto per l’accesso è di 7 euro, con riduzione a 5 per gli under 12 e per i caregiver; sarà possibile usufruire anche dei servizi del FIATCafé500 sino alle 21,30. L’accesso alle proiezioni avviene dalla biglietteria della Pinacoteca Agnelli all’interno del Centro Commerciale Lingotto.

PROGRAMMA

Apertura

martedì 1 luglio

Il cielo sopra Berlino di W. Wenders (RFT-Francia 1987, 128’) v.o. sott. it

Con Bruno Ganz, SolveigDommartin, Peter Falk, Otto Sander

Restauro 4K realizzato dalla Wim Wenders Foundation a partire dal negativo originale, con la supervisione di Wim Wenders e Donata Wenders

 

Anteprima Nazionale

mercoledì 2 luglio

La famiglia Leroy di F. Bernard (Fr. 2024, 102’) v.o. sott. it

Con Charlotte Gainsbourg, José Garcia, Lily Aubry

 

Umano (dis)umano

A cura di Giampiero Frasca

giovedì 3 luglio

BladeRunner di R. Scott (Usa 1982, 118’)

Con Harrison Ford, RutgerHauer, Sean Young

Introduce il film Giampiero Frasca

sabato 5 luglio

2001 Odissea nello spazio di S. Kubrick (Usa, 1968 148’) v.o. sott. it

Con KeirDullea, Gary Lockwood, William Sylvester

Introduce il film Giampiero Frasca

domenica 6 luglio

Herdi S. Jonze (Usa 2013, 126’)

Con Joaquin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara

Introduce il film Giampiero Frasca

 

Spazio Film Commission Torino Piemonte

martedì 8 luglio

Canone effimero di G. e M. De Serio (It. 2025, 105’)

Introducono il film Gianluca e Massimiliano De Serio in dialogo con Paolo Manera, direttore di Film Commission Torino Piemonte e Alessandro Gaido, presidente di Piemonte Movie

Mercoledì 9 luglio

The Lost Legacy of Tony Gaudio di A. Nucci (It. 2024, 73’)

Introducono il film Steve Della Casa in dialogo con il regista Alessandro NucciPaolo Manera, direttore di Film Commission Torino Piemonte e Alessandro Gaido, presidente di Piemonte Movie

Il  documentario è preceduto dalla proiezione del cortometraggio vincitore del David di Donatello 2025  Domenica sera di Matteo  Tortone (It. Fr. 2024, 16’) presentato dall’autore.

Giovedì 10 luglio

Italo Calvino nelle città di D. Ferrario (It. 2024, 80’)

Con Valerio Mastandrea, Violante Placido, Alessio Vassallo, Filippo Scotti
introduce il film Davide Ferrario in dialogo con Paolo Manera, direttore di Film Commission Torino Piemonte e Alessandro Gaido, presidente di Piemonte Movie

 

I restauri del Museo Nazionale del Cinema

Sabato 12 luglio

Santa Maradona di M. Ponti (It. 2001, 95’)

Con Stefano Accorsi, Libero De Rienzo, Anita Caprioli, Fabio Troiano

Introduce il film il regista Marco Ponti

Domenica 13 luglio

Mimì metallurgico ferito nell’onore di L. Wertmuller (It. 1972, 121’)

Con Giancarlo Giannini, Mariangela Melato, Agostina Belli

Introduce il film Stefano Boni, Responsabile del Patrimonio del Museo del Cinema

Martedì 15 luglio

L’uomo dei cinque palloni di M. Ferreri  (It. 1965, 85’)

Con Marcello Mastroianni, Catherine Spaak, Ugo Tognazzi

Storie di resilienza: donne e bambini in tempi di guerra

Mercoledì 16 luglio

Roma città aperta di R. Rossellini (It. 1945, 100’)

Con Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Marcello Pagliero

Versione restaurata da CSC-Cineteca Nazionale, Istituto Luce Cinecittà, Cineteca di Bologna e Coproduction Office

Precede il film l’intervento di  Ludovica Poli, docente didirittointernazionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino e la lettura di un testo di A. Magnani con l’attrice Beatrice Modica

Giovedì 17 luglio

Vermiglio di M. Delpero (It. 2024, 119’)

Con Martina Scrinzi, Giuseppe De Domenico, Tommaso Ragno, Roberta Rovelli

Introduce il film Marcella Filippa, direttrice della Fondazione Vera Nocentini

Metamorfosi

Sabato 19 luglio

La città incantata di H. Miyazaki (Giappone 2001, 125’)

Il film è preceduto dalla proiezione del cortometraggio di animazione vincitore del David di Donatello 2024

The Meatseller di Margherita  Giusti (It. 2023, 17’) presentato dall’autrice.

Domenica 20 luglio

The Elephant man di D. Lynch (GB/Usa 1980, 124’) v.o. sott. it

Restaurato  da StudioCanal a partire dal negativo originale con la supervisione di David Lynch

 

 

 

 

UTILITA’

Biglietto 7 euro. Ridotto under 12 e caregiver: 5 euro.

Biglietti in vendita alla cassa e online su webtic.it

L’accesso alle proiezioni avviene dalla biglietteria della Pinacoteca Agnelli all’interno del Centro Commerciale Lingotto.

CONTATTI PER LA STAMPA

Distretto Cinema

Chiara Priante | stampa@distrettocinema.com | T. +39 3281767403

Pinacoteca Agnelli

PCM Studio di Paola C. Manfredi

Via Farini, 71 | 20159 Milano | www.paolamanfredi.com

Francesca Ceriani | francesca@paolamanfredi.com | T. +39 340 9182004

 

Investiti da auto dopo tamponamento: sei feriti

Incidente stradale nell’Alessandrino a Serravalle Scrivia, sabato scorso. Sono rimaste ferite 7 persone:  4 codici gialli e 2 verdi. Dopo un tamponamento tra 2 auto lungo la SS 35 bis dei Giovi, nelle vicinanze dello stabilimento Elah Dufour Novi una  terza macchina avrebbe investito le persone coinvolte nel primo sinistro. Sul posto  i vigili del fuoco di Novi e Alessandria e i Carabinieri.

Notizie dal Piemonte

Le sere torinesi di Gozzano: la malinconica poesia del quotidiano

Solo Gozzano è riuscito a descrivere Torino come in effetti è. Il poeta parla della sua città natale con una splendida ironia malinconica, prendendola un po’ in giro, ma con garbo e con affetto, esaltandone i caratteri sommessi, le cose quotidiane; del nostro capoluogo sottolinea l’anima altezzosa ed elegante, intellettuale e civettuola, riuscendo a far emergere i tratti che ne contraddistinguono la bellezza e l’unicità, nel presente e nei suoi aspetti “d’altri tempi” con un gusto da stampa antica.

Nel componimento “ Le golose”, Gozzano considera un semplice momento di vita quotidiana, elevandolo a situazione poetica: in questo caso Guido, grazie alla sua vena brillante e ironica, gioca a descrivere il comportamento delle “giovani signore” torinesi all’interno di Baratti, uno dei bar storici della città. Le “signore e signorine”, che subito riusciamo ad immaginarci tutte imbellettate, con tanto di cappellino e veletta, non resistono alla tentazione di assaporare un pasticcino, e, davanti alla invitante vetrina dei dolciumi, indicano con il dito affusolato al cameriere quello che hanno scelto, e poi lo “divorano” in un sol boccone.

È un momento qualsiasi, è l’esaltazione del quotidiano che cela l’essenza delle cose. Nella poesia citata l’eleganza torinese è presa alla sprovvista, colta in flagrante mentre si tramuta in semplice golosità. Ma Gozzano sfalsa i piani e costringe il lettore a seguirlo nel suo ironizzare continuo, quasi non prendendo mai niente sul serio, ma facendo riflettere sempre sulla verità di ciò che asserisce. Se con “Le golose” Guido si concentra su una specifica situazione, con la poesia “Torino”, dimostra apertamente tutto il suo amore per il luogo in cui è venuto alla luce.
Guido Gozzano nasce il 19 dicembre 1883 a Torino, in Via Bertolotti 3, vicino a Piazza Solferino. È poeta e scrittore ed il suo nome è associato al Crepuscolarismo – di cui è il massimo esponente – all’interno della corrente letteraria del Decadentismo. Inizialmente si dedica all’emulazione della poesia dannunziana, in seguito, anche per l’influenza della pascoliana predilezione per le piccole cose e l’umile realtà campestre, e soprattutto attratto da poeti stranieri come Maeterlinck e Rodenback, si avvicina alla cerchia dei poeti intimisti, poi denominati “crepuscolari”, amanti di una dizione quasi a mezza voce. Gozzano muore assai giovane, a soli trentadue anni, a causa di quello che una volta era definito “mal sottile”, ossia la tubercolosi polmonare. Per questo motivo Guido alterna alla elegante vita torinese soggiorni al mare, alla ricerca di aria più mite, (“tentare cieli più tersi”), soprattutto in Liguria, Nervi, Rapallo, San Remo, e anche in montagna. Un estremo tentativo di cura di tale malattia porta Guido a intraprendere nel 1912, tra febbraio e aprile, un viaggio in India, nella speranza che il clima di quel Paese possa migliorare la sua situazione, pur nella triste consapevolezza dell’inevitabile fine (“Viaggio per fuggire altro viaggio”): il soggiorno non migliora la sua salute, ma lo porta a scrivere molto.

Al ritorno redige su vari giornali, tra cui La Stampa di Torino, alcuni testi in prosa dedicati al viaggio recente, che verranno poi pubblicati postumi nel volume “Verso la cuna del mondo” (1917). A parte l’ampio poema in endecasillabi sciolti, le “Farfalle”, essenziali per comprendere la nuova poesia di Gozzano sono le raccolte di versi “La via del rifugio” (1907) e “I colloqui” (1911), il suo libro più importante. Questo è composto da ventiquattro componimenti in metri diversi, legati tra loro da una comune tematica e da un ritmo narrativo colloquiale, con, sullo sfondo, un giovanile desiderio di felicità e di amore e una struggente velatura romantica. Intanto il poeta scopre la presenza quotidiana della malattia (“mio cuore monello giocondo che ride pur anco nel pianto”), della incomunicabilità amorosa, della malinconia. Egli ama ormai le vite appartate, le stampe d’altri tempi, gli interni casalinghi, ma, dopo aver esaltato le patetiche suppellettili del “salotto buono” piccolo borghese di nonna Speranza con “i fiori in cornice e le scatole senza confetti, / i frutti di marmo protetti dalla campana di vetro”, non esita a definirle “buone cose di pessimo gusto”. Di contro al poeta vate dannunziano, all’attivismo, alla mitologia dei superuomini e delle donne fatali, egli oppone la banale ovvietà quotidiana, alla donna-dea oppone “cuoche”, “crestaie” (“sognò pel suo martirio attrici e principesse, / ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne”), alla donna intellettuale contrappone una donna di campagna (“sei quasi brutta, priva di lusinga/ …e gli occhi fermi e l’iridi sincere/, azzurre d’un azzurro di stoviglia”). Si tratta di Felicita che, con la sua dimessa “faccia buona e casalinga” , gli è parsa, almeno per un momento, l’unico mezzo per riscattarsi dalla complicazione estetizzante.

Eppure non vi è adesione a questo mondo, mondo creato e nel contempo dissolto, visto in controluce con la consapevolezza che a quel rifugio di ingenuità provinciale il poeta non sa ne può aderire e, tra sorriso, affetto e vigile disposizione ironica, si atteggia a “buon sentimentale giovane romantico”, per aggiungere subito dopo: “quello che fingo d’essere e non sono”.
Oltre che per questa nuova e demistificante concezione della poesia, l’importanza di Gozzano è notevole anche sul piano formale: “egli è il primo che abbia dato scintille facendo cozzare l’aulico col prosaico” (osserva Montale), e che, con sorridente ironia, riesca a far rimare “Nietzscke” con “camicie”. Gozzano piega il linguaggio alto a toni solo apparentemente prosastici. In realtà i moduli stilistici sono estremamente raffinati. E la sua implacabile ironia non è altro che una difesa dal rischio del sentimentalismo. La consapevolezza ironica abbraccia tutto il suo mondo poetico, le sue parole, i suoi atteggiamenti, i suoi gesti.

Avviciniamoci ancor di più al letteratissimo poeta torinese disincantato e amabile, e cerchiamo di approfondire il suo contesto familiare. Guido nasce da una buona famiglia borghese.
Il Dottor Carlo Gozzano, nonno di Guido, amico di Massimo D’Azeglio, appassionato di letteratura romantica del suo tempo, presta servizio come medico nella guerra di Crimea. Carlo Gozzano, borghese benestante, possiede ampie terre nel Canavese. Il figlio di Carlo, Fausto, ingegnere, porta avanti la costruzione della ferrovia canavesana che congiunge Torino con le Valli del Canavese. Fausto si sposa due volte, dalla prima moglie ha cinque figli; dopo la morte della prima consorte, Fausto incontra nel 1877 la bella diciannovenne alladiese Diodata Mautino, che sposa e dalla quale ha altri figli, tra cui Guido. La donna ha un temperamento d’artista, ama il teatro e si diletta nella recitazione, ed è altresì la figlia del senatore Massimo, un ricco possidente terriero, proprietario della villa del Meleto, ad Agliè (la villa prediletta dal poeta).

Guido frequenta dapprima la scuola elementare dei Barnabiti, poi la «Cesare Balbo», avvalendosi anche dell’aiuto di un’insegnante privata, poiché il piccolo scolaro è tutt’altro che ligio al dovere.
Da ragazzo viene iscritto nel 1895 al Ginnasio-Liceo Classico Cavour di Torino, ma la sua svogliatezza non lo abbandona, egli viene bocciato e mandato a recuperare in un collegio di Chivasso; ritorna a studiare nella sua Torino nel 1898, poco tempo prima della morte del padre, avvenuta nel 1900 a causa di una polmonite. Le difficoltà scolastiche del futuro poeta lo costringono a cambiare scuola ancora due volte, finché nel 1903 consegue finalmente la maturità al Collegio Nazionale di Savigliano. Le vicissitudini tribolanti degli anni liceali sono ben raccontate da Guido all’amico e compagno di scuola Ettore Colla, scritti in cui si evince che il giovane è decisamente più interessato alle “monellerie” che allo studio.

Nel 1903 vengono anche pubblicati sulla rivista torinese “Il venerdì della Contessa” alcuni versi di Gozzano, di stampo decisamente dannunziano (qualche anno dopo, in un componimento del 1907 “L’altro” il poeta ringrazia Dio che – dichiara – avrebbe potuto “invece che farmi Gozzano /un po’ scimunito ma greggio / farmi gabrieldannunziano /sarebbe stato ben peggio!”). Guido si iscrive poi alla Facoltà di Legge, ma nella realtà dei fatti frequenta quasi esclusivamente i corsi di letteratura di Arturo Graf. Il Professore fa parte del circolo “Società della cultura”, la cui sede si trovava nella Galleria Nazionale di via Roma, (poi spostatosi in via Cesare Battisti); anche il giovane Gozzano entra nel gruppo. Tra i frequentatori di tale Società, nata con lo scopo di far conoscere le pubblicazioni letterarie più recenti, di presentarle in sale di lettura o durante le conferenze, vi sono il critico letterario e direttore della Galleria d’Arte Moderna Enrico Thovez, gli scrittori Massimo Bontempelli, Giovanni Cena, Francesco Pastonchi, Ernesto Ragazzoni, Carola Prosperi, il filologo Gustavo Balsamo Crivelli e i professori Zino Zini e Achille Loria; anche Pirandello vi farà qualche comparsa. Nell’immediato dopoguerra vi parteciperanno Piero Gobetti, Lionello Venturi e Felice Casorati.

Gozzano diviene il capo di una “matta brigada” di giovani, secondo quanto riportato dall’amico e giornalista Mario Bassi, formata tra gli altri dai letterati Carlo Calcaterra, Salvator Gotta, Attilio Momigliano, Carlo Vallini, Mario Dogliotti divenuto poi Padre Silvestro, benedettino a Subiaco e dal giornalista Mario Vugliano.
Va tuttavia ricordato che per Guido quel circolo è soprattutto occasione di conoscenze che gli torneranno utili per la promozione dei suoi versi, egli stesso così dice “La Cultura! quando me ne parli, sento l’odore di certe fogne squartate per i restauri”. Con il passare del tempo, matura lentamente in lui una più attenta considerazione dei valori poetici della scrittura, anche grazie (ma non solo) allo studio dei moderni poeti francesi e belgi, come Francis Jammes, Maurice Maeterlinck, Jules Laforgue, Georges Rodenbach e Sully Prudhomme.
Da ricordare è anche la tormentata vicenda amorosa (1907-1909) tra Gozzano e la nota poetessa Amalia Guglielminetti, una storia destinata alla consunzione, caratterizzata da momenti di estrema tenerezza e molti altri di pena e dolore.

Ma torniamo a Torino, la sua città natale, la amata Torino, che è sempre nei suoi pensieri: “la metà di me stesso in te rimane/ e mi ritrovo ad ogni mio ritorno”. Torino raccoglie tutti i suoi ricordi più mesti, ma è anche l’ambiente concreto ed umano al quale egli sente di appartenere. Accanto alla Torino a lui contemporanea, (“le dritte vie corrusche di rotaie”), appare nei suoi scritti una Torino dei tempi antichi, un po’ polverosa che suscita nel poeta accenti lirici carichi di nostalgia. “Non soffre. Ama quel mondo senza raggio/ di bellezza, ove cosa di trastullo/ è l’Arte. Ama quei modi e quel linguaggio/ e quell’ambiente sconsolato e brullo.” Con tali parole malinconiche Gozzano parla di Torino, e richiama alla memoria “certi salotti/ beoti assai, pettegoli, bigotti” che tuttavia sono cari al per sempre giovane scrittore. “Un po’ vecchiotta, provinciale, fresca/ tuttavia d’un tal garbo parigino”, questa è la Torino di Gozzano, e mentre lui scrive è facile immaginare il Po che scorre, i bei palazzi del Lungo Po che si specchiano nell’acqua in movimento, la Mole che svetta su un cielo che difficilmente è di un azzurro limpido.
Il poeta fa riferimento alle “sere torinesi” e descrive così il momento che lui preferisce, il tramonto, quando la città diventa una “stampa antica bavarese”, il cielo si colora e le montagne si tingono di rosso, (“Da Palazzo Madama al Valentino /ardono l’Alpi tra le nubi accese”), e pare di vederlo il “nostro” poeta, mentre si aggira per le vie affollate di dame con pellicce e cappelli eleganti, e intanto il giorno volge al termine e tutti fanno ritorno a casa.

Gozzano, da buon torinese, conosce bene la “sua” e la “nostra” Torino, di modeste dimensioni per essere una grande metropoli, e troppo caotica per chi è abituato ai paesi della cintura, un po’ barocca, un po’ liberty e un po’ moderna, stupisce sempre gli “stranieri” per i “controviali” e i modi di dire. Torino è un po’ grigia ed elegante, per le vie del centro c’è un costante vociare, ma è più un chiacchiericcio da sala da the che un brusio da centro commerciale, è piccola ma a grandezza d’uomo, Torino è una cartolina antica che prova a modernizzarsi, è un continuo “memorandum” alla grandezza che l’ha contraddistinta un tempo e che, forse, non c’è più. Di Torino è impossibile non innamorarsi ma è altrettanto difficile viverci, e, se uno proprio non se ne vuole andare, c’è solo una cosa che può fare, prestare attenzione alla sua Maschera: “Evviva i bôgianen… Sì, dici bene,/o mio savio Gianduia ridarello!/ Buona è la vita senza foga, bello/ godere di cose piccole e serene…/A l’è questiôn d’ nen piessla… Dici bene/ o mio savio Gianduia ridarello!…”

Alessia Cagnotto

Uncem: “Premio Ostana, la cultura esce dai salotti”

Uncem fa i complimenti a Ostana per il Premio Ostana sulle Lingue Madri che da venerdì anima la Valle Po, all’ombra del Monviso. Il Premio Ostana è la cultura che esce dai salotti e toglie di mezzo salottari e illusorie certezze museali urbane, da ztl e da radical chic, che sono tanti e che i territori tengono lontani. È la condivisione in un paese delle Alpi, con altri cento paesi. Non è una manifestazione miracolosa o miracolata nel paese fortunato. È con altri tanti eventi di altissima qualità lungo Alpi e Appennini una occasione bellissima per essere insieme nel domani e nel cambiamento. Partendo dalle lingue, da noi, dalla storia del dialogo e dei legami. È dunque scambio e passaggio, salvezza di cosa è stato da portare a tutti. Grazie a Ines Cavalcanti, alla Chambra d’Oc, a Giacomo Lombardo, a tutti i docenti universitari, ai giovani, ai volontari e alle volontarie, ai cittadini che lavorano al Premio e tutto l’anno per l’attuazione della legge 482 del 1999 sulle lingue minoritarie. C’è molto di quella legge da attuare ancora, con il Ministero competente, e dobbiamo farlo come Uncem. Per svegliare i Verttici Rai, in primis, a dare concretezza al ruolo del servizio pubblico per le lingue madri. Rai deve fare molto di più per le lingue madri. Non è retorica e non è roba meno importante di altra. Una azione di valorizzazione nazionale, passa dalle geografie dei territori, mostrati con la loro vivacità nel nuovo Rapporto Montagne Italia 2025, realizzato da Uncem con Rubbettino Editore”.
Lo affermano Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem, e Roberto Colombero, Presidente Uncem Piemonte.

Emergenza caldo, il piano operativo della Città di Torino per gli anziani

/

Ogni anno, con l’arrivo del caldo,  la macchina della Città di Torino si mette in moto  per realizzare il Piano Operativo di Emergenza Caldo, un piano di aiuto e supporto per gli anziani nel periodo in cui il caldo li rende più vulnerabili, sia per gli effetti che alte temperature ed afa hanno sulla salute, sia per l’indebolirsi delle reti familiari e di vicinato nel periodo in cui molte persone vanno in vacanza e l’anziano resta in città.

E’ stato avviato anche nel 2025 il “Piano operativo per l’emergenza caldo ”, predisposto e curato dall’assessorato al Welfare, Diritti e Pari Opportunità della Città di Torino con un investimento stimato di circa € 100.000,00 in collaborazione con l’Asl Città di Torino e il Terzo Settore, attivo per tutto il periodo estivo.

Il Piano ha l’obiettivo di creare una rete di protezione per aiutare gli anziani a fronteggiare i disagi provocati dal caldo e sostenerli nel quotidiano, non lasciandoli soli.

Le azioni previste sono:

  • L’attivazione di alcuni interventi domiciliari in favore di anziani ultrasessantacinquenni residenti nel territorio torinese, di norma autosufficienti identificati in sinergia con i distretti sanitari ed individuati dai medici di medicina generale, nonché anziani con fragilità sociale, in particolare persone sole, segnalate dai servizi sociali
  • Risposta telefonica da parte del Servizio Aiuto Anziani, che risponde al numero 011.011.33.333 ed è operativo tutti i giorni feriali dalle ore 08.30 alle 16.00 (dopo le 16.00 e nei fine settimana risponde la Centrale Operativa della Polizia Municipale).

Questo servizio che assolve la funzione di sentinella telefonica tutto l’anno, durante il periodo estivo potenzia ulteriormente le proprie azioni: ascolta, orienta, fornisce informazioni, accoglie richieste di aiuto. In collaborazione con la Polizia Municipale, i Servizi Sociali Distrettuali e  gli uffici Anziani di Corso Casale fungerà da punto di ascolto telefonico di primo livello per accogliere le segnalazioni  e le telefonate anche di persone non conosciute ed orientare la domanda verso il servizio più appropriato.

  • Prestazioni di tipo sanitario o di aiuto domiciliare attivate direttamente dall’ASL in favore degli anziani non autosufficienti e con gravi problemi di salute si affiancano alle iniziative proposte dalla Città

 

Di seguito si ricordano alcuni pratici accorgimenti e consigli per limitare il disagio causato dal calore:

  • Evitare di bere alcolici, caffè, bevande gassate o zuccherate. L’assunzione di bevande alcoliche deprime i centri nervosi e stimola la diuresi, condizioni entrambe sfavorevoli alla dispersione di calore.
  • Evitare di uscire tra le 11 e le 17. Queste non solo sono le ore più calde della giornata ma sono anche quelle caratterizzate dai livelli più elevati di ozono.
  • Usare tende o chiudere le imposte nelle ore più calde; limitare l’uso del forno e dei fornelli, che possono contribuire ad aumentare la temperatura in casa.
  • Non lasciare mai nessuno, neanche per brevi periodi, in macchine parcheggiate al sole.
  • Consultare il proprio medico prima di assumere integratori di sali minerali, se si assumono farmaci in maniera regolare.
  • Se si assiste una persona vittima di un colpo di calore, colpo di sole o collasso, come previsto dal Manuale per la Formazione del Volontario della Croce Rossa Italiana, la prima cosa da fare è chiamare i soccorsi. Nell’attesa, far sdraiare la persona colpita in posizione supina con le gambe sollevate in luogo fresco e ventilato ed eseguire delle spugnature con acqua fredda oppure posizionare confezioni di ghiaccio sintetico a livello delle ascelle, dei polsi, dell’inguine, delle ginocchia, del collo. Solo se la persona è cosciente, somministrare piccole quantità di liquidi non ghiacciati (non alcool o caffè). Fra le conseguenze del colpo di calore ci possono essere anche contrazioni e spasmi incontrollabili: in questo caso bisogna fare in modo che la vittima non si ferisca, e non deve ricevere nulla da bere o da mangiare. In caso di vomito, controllare che la via respiratoria rimanga aperta .