ilTorinese

Elisabetta Osimani e i Pittori di Via Platis: l’arte che unisce generazioni a Chivasso

L’associazione artistica e culturale Pittori di Via Platis, nata nel 1978 grazie a Luigi Rigoletti e Salvatore Pronestì, porta avanti da oltre quarant’anni la passione per la pittura e il disegno, promuovendo ogni forma di espressione artistica.
Tra i membri attivi spicca Elisabetta Osimani, pittrice sensibile e apprezzata, che contribuisce alla vita dell’associazione sia con le sue opere che nella formazione dei nuovi talenti.
L’associazione organizza incontri settimanali presso la sede di Chivasso, aperti a bambini, ragazzi e adulti, offrendo uno spazio creativo dove tutti possono imparare, sperimentare e crescere, seguiti da artisti esperti come Rigoletti e Osimani.
Un luogo dove l’arte diventa condivisione, dialogo e continua scoperta.

Enzo Grassano

Serie A, Juventus-Inter 4-3: emozioni a raffica e vittoria bianconera nel finale

 

All’Allianz Stadium va in scena un vero e proprio spettacolo nell’anticipo della terza giornata di Serie A: Juventus-Inter termina 4-3 al termine di un match ricco di gol e colpi di scena.
L’Inter di Chivu parte forte e risponde al primo vantaggio bianconero di Kelly (14’) con una conclusione precisa di Calhanoglu, protagonista assoluto anche nella ripresa con una doppietta. Ma nel primo tempo è ancora la Juve di Tudor a chiudere avanti grazie al gol di Yildiz al 38’.
Nella seconda metà gara, il match esplode definitivamente: Calhanoglu sigla il 2-2, poi è il turno dello show dei fratelli Thuram. Marcus porta avanti i nerazzurri con un’incornata in area, ma Khephren, con un’azione simile, ristabilisce la parità.
Quando il pareggio sembra scritto, al 91’ arriva la zampata decisiva: il giovane Adzic lascia partire un destro da fuori che sorprende Sommer e fa esplodere lo Stadium. Tre punti d’oro per la Juventus, in una sfida che resterà a lungo nella memoria.

Enzo Grassano

Così giovani e già criminali: 10 arresti e 27 denunce per droga e strappo di collanine

OPERAZIONE DELLA POLIZIA A TORINO

La Polizia di Stato, nell’ambito dell’operazione ad alto impatto finalizzata al contrasto della criminalità giovanile, ha concluso una importante attività sul territorio della provincia di Torino, che ha avuto avvio lo scorso 22 agosto con l’intensificazione di azioni di prevenzione e contrasto che hanno riguardato giovani dediti principalmente, in gruppo o singolarmente, alla commissione di reati in materia di stupefacenti, contro la persona e il patrimonio.

Le attività, coordinate dal Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, hanno visto l’impiego degli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Torino, supportati dal personale dei commissariati sezionali e del locale U.P.G.S.P., e hanno interessato i principali luoghi di aggregazione dei giovani, tra i quali si menzionano il giardino “Sambuy”, prospiciente la Stazione Ferroviaria “Porta Nuova”, i giardini di via Montanaro, il Parco Dora e le zone cittadine della c.d. “movida” (via Giulia di Barolo, via Vanchiglia, via Verdi, p.zza Vittorio Veneto).

Nel corso delle operazioni, ferma restando la presunzione di innocenza degli indagati fino alla sentenza di condanna definitiva, sono stati arrestati 10 giovani appena maggiorenni per reati in materia di stupefacenti, contro la persona e il patrimonio (in particolare, furti con strappo di collane d’oro); sono stati denunciati in stato di libertà, per le medesime fattispecie di reato, 27 ragazzi di cui 2 minorenni.

Complessivamente le attività hanno consentito di identificare oltre 320 giovani di cui 73 minorenni, italiani e stranieri, di controllare 6 esercizi commerciali (bar e luoghi di abituale ritrovo di giovani) e 2 sale giochi elevando 6 sanzioni amministrative nell’ambito della somministrazione di bevande e alimenti; sono state altresì sequestrate sostanze psicotrope e somme di denaro per oltre € 4.000,00 nonché elevate 6 sanzioni amministrative.

La redenzione del colpevole: ma c’è uno spazio per la vittima?

Sugli schermi “Elisa”, un film che fa discutere

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Anche il suo precedente (2021) “Ariaferma” parlava di carceri, un chiuso carcere in via di dismissione dove si intrecciavano rapporti tra carcerati e carcerieri. Leonardo Di Costanzo (collaboratori alla sceneggiatura Bruno Oliviero e Valia Santella) con “Elisa”, presentato a Venezia in concorso, s’immerge in un’aria all’apparenza più salutare e fresca, laddove in nuove architetture, quasi grandi alberghi di montagna, trova l’ambientazione per un istituto sperimentale carcerario, in quel di Moncaldo in Svizzera, con ampi spazi per le detenute, lunghi corridoi invasi dal sole, tra fiabesche casette disseminate sulla montagna, solitari e tranquilli tragitti tra l’attività quotidiana e il riposo notturno, meditativi silenzi e piccoli dialoghi con la compagna di stanza, un’eccellenza universitaria in cui il criminologo Alaoui svolge quasi un corso per addentrarsi nella mente e nel passato delle detenute. Concentrandosi su quelli di Elisa – le basi del racconto stanno nel saggio di Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali “Io volevo ucciderla”: vicenda trasposta sullo schermo ma realissima, il nome dell’omicida essendo Stefania e il luogo dei fatti la Brianza -, appunto, amara, stracolma di inquietudini che inquietano, al decimo anno della sua detenzione, gliene rimangono secondo la sentenza altrettanti, rea di quello che lungo le sedute non si dovrà più definire “il fatto”, ma chiamarlo per quello che realmente è, “un omicidio”. Una condanna per l’uccisione e per aver dato alle fiamme il corpo della sorella maggiore, tra sequestri, sotterfugi, inganni, falsi messaggi. Forse senza un un motivo, forse perché sempre e da sempre sottovalutata, rifiutata, messa all’angolo da una famiglia che anche l’ha caricata di troppe responsabilità.

Un percorso, tra criminologo e colpevole, che parte dalla denuncia da parte di lei di non ricordare nulla di quanto commesso: ma un percorso che procede altresì lentamente tra le ammissioni e i ricordi che affiorano in una serie di flashback, disseminati da Di Costanzo qua e là, con intelligente tessitura, in un continuo prendere coscienza, confrontarsi con il passato, guardare al proprio interno, inventarsi un futuro, aprire il proprio squarcio ancora oscuro. Frasi, sguardi, parole che aprono scenari, mentre la macchina da presa di Luca Bigazzi si chiude in primissimi piani che sono allo stesso tempo un rapporto e una lotta, pronti in contrappasso a spalancarsi nell’ampiezza degli ambienti interni, ed esterni in quelle riprese dall’alto a inquadrare le giravolte della strada che dovrebbe condurre alla struttura di ricovero. Il percorso di Elisa è fatto di apprensioni e di dolore, di alti e bassi, di ricadute e di momenti di nuova speranza – ed è una nuova, eccezionale prova di Barbara Ronchi, che si carica sulle spalle gran parte della storia e del film, in un ritratto che non si potrà dimenticare nei Nastri o nei David di fine stagione, un ritratto fatto di gesti e parole sospesi, di attimi che riempiono lo schermo, di occhi che ri-costruiscono una ferocia e un misfatto, che cercano aiuto, che esprimono appieno sentimenti e cacciano via una cecità per lasciare posto a una tentennante consapevolezza.

Panorami, luoghi di sole e luce, un lavoro in prospettiva, un percorso sempre più angusto di rieducazione: per una affermazione di “umanità”, ricordava Ronchi presentando il film al pubblico torinese nella sala del Nazionale, perché “non si ritorni al medioevo, ad un’idea esclusiva di vendetta”, auspicava il regista davanti allo stesso pubblico. D’accordo. Nel convincimento tuttavia che la giustizia debba chiamarsi giustizia. Ma in una sceneggiatura che alimenta a tratti il sospetto del farraginoso e della poca chiarezza, che soprattutto non le concede più spazio per l’affermazione di un’idea che a chi scrive pare sacrosanta, c’è un cameo di Valeria Golino, madre compostamente dolorosa, che non accusa (più) perché “lasciamo stare qui, non ci sono più parole” ma che racconta al criminologo di quel branco feroce di ragazzini che le ha rubato, con una serie di coltellate, un figlio e che adesso forse sono già liberi – una manciata di minuti, esile esile, che pare dire “è vero, ci siete anche voi vittime”, un guardare dalla parte opposta, dalla parte di chi ha perso e continua a perdere giorno dopo giorno, “perché volevo rappresentare il punto di vista delle vittime, proprio perché lo spettatore non lo trascuri.” Una goccia di nessun conto nel mare magnum (necessario) della redenzione. Nel cinema come nella quotidianità. Fatto non comune, di questi ultimi giorni anche, affidato a un giudice che oggi “assolve” dalla accusa di maltrattamenti un uomo che ha sfigurato la mente e lo spirito e il viso di una donna come le immagini dimostrano ad ognuno, all’uomo della strada come all’uomo di legge: e poco deve importare che un procuratore abbia presentato ricorso in Corto d’Appello. Si continua a rimanere sospesi, all’obbligo del perdono, a non guardare a fondo a un dolore che resta il primo e il più angosciante.

Elio Rabbione

Pipe crack a Torino, Montaruli (Fdi): “No grazie”

“STOPPARE IL PROGETTO”

“Stoppare immediatamente il progetto per la distribuzione di pipette che sedicenti residenti di San Salvarlo avrebbero chiesto all’Asl” a dichiararlo è la vicecapogruppo di Fdi alla Camera Augusta Montaruli. “Non è così che risolviamo il problema droga ed anzi proprio la distribuzione di questo strumento può solo attirare e creare ulteriori tossicodipendenti – prosegue Montaruli -. Un’idea che non ci trova d’accordo a cui l’Asl non deve dare seguito esattamente così come abbiamo già chiesto per in altre occasioni. In caso contrario siamo pronti ad andare fino in fondo perché questa follia venga smantellata. Per noi è inaccettabile e da torinesi non vogliamo che sul nostro territorio ci siano iniziative che di fatto incentivano l’uso, non aiutano i tossicodipendenti, non incidono sulla prevenzione e avrebbero ripercussioni gravi sul territorio portando solo disagi. L’ideologia delle pipette non ci appartiene e faremo di tutto perché non trovi terreno nella nostra città”.

Bardonecchia, 20 settembre: cattolici impegnati in politica a convegno

 “Rilanciare l’ economia piemontese per la crescita del lavoro e per ridurre le diseguaglianze”.

Programma definitivo
Ridare un’anima alla politica e il valore aggiunto che i cattolici impegnati in politica debbono dare con più forza e riconoscibilità alla Comunità piemontese per Rilanciare la crescita economica di Torino e del Piemonte, oggi ultima tra le Regioni del Nord per tasso di crescita, per creare nuove occasioni di lavoro e ridurre le diseguaglianze che sono molto cresciute negli ultimi anni di bassa crescita in particolare a Torino .
Con molti riferimenti alla Lettera ai Corinzi , a Paolo VI , alla denuncia delle due Città di Mons. Cesare Nosiglia e all’appello del Cardinale Roberto Repole  affinché i capitali torinesi vengano investiti sul rilancio della economia locale , Mino Giachino , Giorgio Merlo e Mauro Carmagnola hanno promosso il convegno che si terrà a Bardonecchia sabato 20 settembre all’hotel La Betulla.
Il programma definitivo vede nella mattinata un grande confronto tra il Presidente degli industriali Marco Gay , Giorgio Airaudo leader della Cgil e Cristina Maccari della Cisl sulla economia piemontese e sulla crisi del settore auto .
Nel pomeriggio un dibattito politico su come i cattolici possano incidere di più nella vita politica piemontese e italiana uscendo dalla attuale irrilevanza perché come ha detto Pierluigi Castagnetti i cattolici nel PD sono silenziosi e nella maggioranza di governo hanno poca voce. Nel dibattito interverranno Vito Bonsignore, Marco Calgaro, GianPiero Leo, Fabrizio Comba, Mauro Carmagnola, Giorgio Merlo e Mino Giachino.

Bimba di 10 anni molestata dall’amico di famiglia sessantenne

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I genitori preoccupati che la loro figlia di 10 anni si comportasse in modo strano  le hanno chiesto il perchè. E la ragazzina ha confidato di avere subìto molestie da due anni dall’amico di famiglia sessantenne con cui veniva lasciata talvolta sola, tanto era considerato persona affidabile. E’ accaduto in provincia di Torino. Prima sono stati effettuati tutti gli accertamenti all’ospedale infantile, poi la segnalazione alla questura e nelle ore successive la squadra mobile di Torino ha fatto scattare il fermo. L’ex impiegato  in pensione e incensurato, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale su minore.  Gli inquirenti stanno raccogliendo elementi per l’accusa, come   da foto che sarebbero state trovate nel cellulare dell’uomo che  si è avvalso della facoltà di non rispondere.

A Torino c’è il bunker antiatomico

Passeggiando nel cuore di Torino, all’angolo tra Via Vittorio Alfieri e Via Arsenale, si incontra uno degli edifici più raffinati della città, costruito dal Banco di Napoli con permesso del 30 giugno 1921. Le linee sobrie e armoniose, le balconate eleganti e le facciate scandite da finestre incorniciate con cura riflettono lo stile dell’epoca. Eppure, dietro a quell’eleganza si cela oggi un progetto inedito, affidato al gruppo Vertico, nato a Torino dieci anni fa dall’esperienza di Andrea Delmastro ed Edoardo Follo.

Delmastro racconta: “La nostra mission è quella di promuovere la riqualificazione del patrimonio edilizio attraverso la realizzazione di dimore di pregio, in grado di innalzare il decoro architettonico e contribuire all’evoluzione estetica e culturale della città. Tra i tanti cantieri a Torino, Palazzo Alfieri è al momento la nostra punta di diamante e prevede un intervento unico: la riconversione dell’ex caveau del Banco di Napoli in un bunker antiatomico.” Il caveau, sopravvissuto al bombardamento del 1927, per anni custodì gioielli, opere d’arte e beni preziosi, a pochi passi da Via Alfieri 19, sede storicamente associata alla massoneria, riconoscibile ancora oggi dal portone ligneo inciso con simboli iconici.

Il progetto di riqualificazione manterrà intatte le pareti in calcestruzzo armato spesse un metro e mezzo, integrandole con tecnologie di protezione avanzata secondo gli standard svizzeri, i più efficaci al mondo. La Svizzera garantisce infatti la massima sicurezza, fino al livello 7 della scala INES, il grado più alto in caso di emergenze nucleari o radiologiche. Un bunker, per sua natura, serve a proteggere dalle radiazioni: per questo viene collocato sotto terra, sfruttando la capacità del terreno di schermare i raggi gamma, pericolosi per la salute umana.

Il rifugio sarà dotato di porte blindate anti-radiazione, schermature in cemento armato, impianto di ventilazione con filtri a carboni attivi NBC capaci di eliminare il 99,9% di particelle radioattive, virus e batteri, oltre a valvole di sovrappressione per impedire infiltrazioni di aria contaminata. Sono previsti spazi per beni di prima necessità, autonomia idrica ed elettrica e acqua potabile, garantendo la sopravvivenza fino a trenta giorni per dodici persone. Gli ambienti saranno completamente personalizzabili e potranno includere cucine, zone giorno, camere matrimoniali e sistemi multimediali, oltre a optional che evocano scenari fantascientifici: anticamere di decontaminazione, serre idroponiche, rilevatori di radiazioni, tute protettive complete di maschere antigas, un ascensore segreto che collega direttamente l’attico al bunker senza che gli altri condomini possano saperlo, fino a una cantina per vini capace di contenere trenta bottiglie.

La notizia ha già suscitato interesse internazionale: dal Principato di Monaco agli Emirati Arabi, investitori guardano a Torino attratti dall’esclusività dell’intervento e dalla solidità del mercato immobiliare cittadino. Palazzo Alfieri diventerà uno dei pochissimi bunker in Italia, Paese che, a differenza di altri, non ha mai sviluppato una cultura diffusa dei rifugi. In Finlandia è obbligatorio realizzarli in edifici superiori ai 1.200 metri quadri, in Svezia se ne contano oltre 64.000, in Germania si pensa a riattivarli dopo la Guerra Fredda, in Svizzera vige il principio di “un posto per ogni abitante”, mentre in Italia gli esempi si contano sulle dita di una mano: a Roma il bunker di Villa Torlonia, oggi visitabile come attrazione turistica; a Milano il Rifugio 87, con capacità di 450 persone, e il Bunker Breda usato per eventi culturali; a Brione, nel bresciano, il primo villaggio bunker in costruzione come micro-città sotterranea; a Torino la storica rete di passaggi sotterranei di Piazza Risorgimento, legata ai fasti della monarchia sabauda.

Follo sottolinea: “Il bunker di Palazzo Alfieri è un po’ la versione 3.0. della Torino sotterranea del passato. Oltre al bunker Palazzo Alfieri custodirà un’altra chicca, che fa parte del nostro percorso di trasformazione degli edifici in luoghi che favoriscono relazioni, qualità della vita e futuro condiviso. Esattamente sopra il bunker abbiamo realizzato un chiostro contemporaneo – cortile interno a pianta quadrata che funge da vero fulcro distributivo dell’intero complesso residenziale – che lega memoria storica a vocazione abitativa. In sostanza abbiamo trasformato lo spazio destinato in passato agli sportelli bancari in uno spazio architettonico di grande valore, mantenendo il disegno originario in marmi policromi della pavimentazione, che è stata smontata, restaurata e riposizionata ricreando il tappeto geometrico che intreccia cromie e direzioni in legame visivo perfetto con le facciate. Le architetture che si affacciano sulla corte dialogano attraverso simmetrie rigorose che definiscono ordine e proporzione, mentre le grandi aperture vetrate, scandite da imbotti profondi, creano un ritmo controllato alternando trasparenze e superfici piene. La bellezza più pura è data dai giochi della luce che, filtrando su queste geometrie, genera profondità e riflessi cangianti nel corso della giornata.”

Montagna: investire sull’agricoltura produttiva e multifunzionale, ma anche sui servizi sociali e scolastici

Coldiretti Torino ha espresso soddisfazione per l’approvazione definitiva in Senato del disegno di legge per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, un provvedimento che riporta la montagna al centro dell’agenda del Paese con interventi su sanità, scuola, connettività, mobilità e attività agrosilvopastorali. Proprio su questi temi Coldiretti ha organizzato due incontri di approfondimento lunedì 22 e martedì 30 settembre prossimi. Il primo è promosso da Donne Coldiretti Torino e si intitola “Fare impresa agricola al femminile nelle aree interne e nelle valli alpine”, dedicato al gap tra città e montagna nei servizi sociali, sanitari e scolastici, oltre alle imprese, un gap che pesa soprattutto sulle imprenditrici agricole. Il secondo appuntamento ha come titolo “La città incontra l’agricoltura di montagna”, un seminario per la promozione del rapporto metropolitano tra il capoluogo sabaudo e i sistemi agricoli delle vallate torinesi. Con la nuova legge sono destinati 200 milioni di euro annui nel periodo compreso tra il 2025-2027 per lo sviluppo delle montagne italiane, Fosmit, per Sanità, Scuola, Agricoltura, Mobilità, Servizi digitali e Turismo, oltre a misure contro lo spopolamento e incentivi per il personale che opera in montagna. Il via libera al provvedimento risponde alla necessità di maggiori innovazioni e infrastrutture, valorizzando il ruolo degli imprenditori agricoli nel presidio del patrimonio idrico e boschivo, nella prevenzione di incendi e dissesti, negli aiuti al turismo sostenibile. L’approvazione della legge rappresenta un’opportunità per ridurre la dipendenza energetica dall’estero con la gestione sostenibile dei boschi e la produzione di energia rinnovabile da legno e biomasse.
Per Coldiretti sarà ora decisivo che i provvedimenti di attuazione della legge sostengano concretamente l’agricoltura e il lavoro in montagna, rafforzando le indennità compensative, tutelando prati e pascoli, sostenendo filiere lattiero casearie e carni DOP/IGP, favorendo il ricambio generazionale e assicurando servizi essenziali e connettività. Fondamentale anche la semplificazione delle procedure tra Stato, Regione e Comuni montani, ma è anche centrale l’investimento nei servizi che permettono agli agricoltori di rimanere a vivere e lavorare in montagna alla pari di chi abita in città.

“Questa legge rappresenta un segnale importante per gli agricoltori che operano in territorio alpino – osserva il presidente di Coldiretti Torino Bruno Mecca Cici – si riconosce il ruolo centrale nelle attività agrosilvopastorali di montagna per rilanciare un territorio che non accetta più la commiserazione, ma vuole occasioni concrete di rilancio. L’agricoltura di montagna sta facendo passi da gigante verso la multifunzionalità e l’innovazione. Non si produce più solo cibo, ma le aziende producono servizi per le vallate e la stessa Città di Torino. Dobbiamo avviare una stagione di confronto sul piano locale per dare all’agricoltura di montagna un futuro di rilancio economico, e questa nuova legge andrà applicata nel Torinese, con progetti concreti, anche per colmare il divario di servizi tra valli e capoluogo”.

Mara Martellotta

Un orgoglio ferito e un volto spaccato

FRECCIATE

La legge si rispetta. Sempre. Ma rispettarla alla lettera, sorvolando  sull’umanità, può trasformarla in una beffa.

Lucia Regna è stata massacrata: 21 placche di titanio, un occhio compromesso per sempre. Il marito, invece, è “da comprendere”. Perché? Perché lei avrebbe “sfaldato un matrimonio”.

Tradotto, sembrerebbe che un volto spaccato valga meno di un orgoglio ferito. Un occhio cieco pesa meno di una fedeltà tradita?

Così la legge, che dovrebbe difendere i deboli, rischia di diventare un salvagente lanciato al violento. E una pietra in più addosso alla vittima. Ora però la procura impugna la sentenza e chissà che le cose non cambino.

Un matrimonio può crollare. È la vita che non dovrebbe essere fatta a pezzi.

Iago Antonelli

(Nella foto: il tribunale di Torino)