E’ sempre in gravi condizioni, dopo essere stata sottoposta a un delicato intervento neurochirurgico all’ospedale Regina Margherita la bimba di 8 anni rimasta ferita in un incidente stradale che ha coinvolto due moto e due auto sulla provinciale 20, tra Carignano e Carmagnola. La piccola era in sella a una delle moto guidata dal padre. L’operazione è tecnicamente riuscita, ma resta riservata la prognosi La bambina e’ intubata e sedata.
Nei pressi del centro commerciale di via Porzio a Novara una moto si è scontrata violentemente con un’auto. Il motociclista è finito a terra, sbalzato. Giunti i soccorsi del 118 lo hanno trasportato con ferite da codice rosso all’ospedale Maggiore di Novara. Le sue condizioni sono gravi.
NOTIZIE DAL PIEMONTE
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Prenotazioni sul sito www.gallerieditalia.com
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In piazza San Carlo cinque piani dedicati alla fotografia e al Barocco piemontese
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18 maggio ore 17.30 incontro con Paolo Pellegrin e Mario Calabresi
Dal 17 maggio, primo giorno di apertura delle “Gallerie d’Italia – Torino”, in Piazza San Carlo e fino al 22 maggio le visite al museo con i suoi diecimila metri quadri di percorso espositivo saranno a ingresso gratuito previa prenotazione sul sito www.gallerieditalia.com. L’orario di apertura del Museo sarà da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30 (la biglietteria chiude alle 18,00), il mercoledì apertura fino alle 22.30 (la biglietteria chiude alle 21.00), lunedì chiuso.
Appuntamento di eccezione mercoledì 18 maggio alle 18.30 quando si svolgerà un incontro tra lo scrittore e giornalista Mario Calabresi e il fotografo Paolo Pellegrin che racconterà la mostra “La fragile meraviglia, un viaggio nella natura che cambia” (prenotazione consigliata all’indirizzo serviziculturali@civita.art, ingresso fino a esaurimento posti). Sarà un dialogo sul “più grande conflitto del nostro tempo: il cambiamento climatico” attraverso gli scatti del grande fotografo in viaggio negli angoli più estremi del nostro pianeta per raccontare il mistero di una natura in trasformazione. L’appuntamento porterà nel dietro le quinte della missione fotografica, rivelando la storia di un uomo che non si rifugia nella natura come antidoto all’orrore e come unica strada per recuperare fiducia nel mondo, ma che indaga sul futuro del pianeta partendo dalle sue fragilità.
La mostra “La fragile meraviglia. Un viaggio nella natura che cambia” di Paolo Pellegrin che inaugura il museo è un reportage fotografico d’autore dedicato al tema del cambiamento climatico con la curatela di Walter Guadagnini e il contributo di Mario Calabresi. Il lavoro rappresenta una committenza originale che ha visto impegnato il fotografo in Paesi come Namibia, Islanda, Costa Rica, Italia per fornire una personale lettura per immagini del rapporto tra l’uomo e il suo ambiente naturale, tema cruciale della contemporaneità.
In mostra a Palazzo Turinetti inoltre la mostra “Dalla guerra alla luna. 1945-1969. Sguardi dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo”. La mostra documenta il miracolo economico fino alla più grande conquista dell’uomo moderno, lo sbarco sulla luna con una selezione di immagini storiche dell’Archivio curata da Giovanna Calvenzi e Aldo Grasso. L’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, che conta sette milioni di scatti realizzati dagli anni Trenta agli anni Novanta da una delle principali agenzie di fotogiornalismo italiane, avrà sede permanente in alcuni spazi del museo.
Al piano nobile del Palazzo il percorso museale curato da Fernando Mazzocca, Alessandro Morandotti e Gelsomina Spione: nove grandi tele di proprietà della Banca realizzate nella seconda metà del Seicento per decorare l’antico Oratorio della Compagnia di San Paolo, oggi distrutto, oltre a dipinti, sculture, arazzi, arredi dal XIV al XVIII secolo.
Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera
L’autore ci parla del suo ultimo romanzo con una nota di nostalgia.
Dopo i primi due romanzi, “Il vestito nuovo del procuratore” e “Il procuratore e la bella dormiente” ambientati rispettivamente a Torino e ad Ivrea, accolti dal pubblico con grande entusiasmo, è uscito il terzo libro della serie, “Il procuratore e la Casa del pavone” , edito da Morrone, che vede il procuratore Francesco Rotari impegnato in intricati casi giudiziari dal sapore dolce amaro nello splendido scenario piemontese tra Asti, Monforte e Bra.
Giorgio Vitari, già Procuratore della Repubblica, dedica questo nuovo libro a sua moglie, alias Luisa nella narrazione, e fa un’ operazione nostalgia ricordando le persone che hanno lavorato a lungo con lui, un gesto di gentile riconoscenza per la loro dedizione professionale.
Diversamente dai primi due, che raccontano storie effettivamente accadute seppur con uno stile romanzato, quest’ultimo libro è una commistione di realtà e fantasia. Sono esistenti i luoghi dove è ambientata la storia, come il Palazzo di Giustizia di Asti, ed alcuni tra i protagonisti, come l’assistente, la segretaria e la tirocinante, ma di fantasia i casi che il procuratore segue.
Francesco Rotari, ora in età matura, è comunque lo stesso uomo che abbiamo conosciuto nei romanzi precedenti, acuto, a tratti severo e caustico al punto giusto, ma soprattutto cortese e garbato, un uomo d’altri tempi dedicato al lavoro e alla famiglia con qualche veniale e licenzioso pensiero.
Cosa c’è di nuovo in questo terzo romanzo, Il procuratore e la Casa del pavone?
In questo terzo libro oltre ai protagonisti, veri ed inventati, che hanno dato corpo alle diverse storie e vicende, ho voluto raccontare la vita ed il lavoro in un ufficio giudiziario, i problemi quotidiani, forse banali ma pur sempre da risolvere, il meccanismo delle indagini e poi i rapporti interpersonali non sempre semplici. Confesso comunque di essermi sentito fortunato per aver trovato molta armonia nel gruppo di lavoro e credo che questo sia intuibile nelle pagine del libro.
La trama è molto coinvolgente e i ritmi molto dinamici.
E’ un romanzo vivace e in continuo movimento che gode dello scenario dei paesaggi bellissimi delle Langhe e racconta la storia di un pregiatissimo vino d’annata . Si apre con un semplice caso di interdizione che poi si scoprirà legato ad un omicidio, c’è la malavita che si inserisce “aiutando” con risorse finanziarie facili, ma anche storie di ordinari tradimenti coniugali ed intercettazioni che mettono in allarme un’intera categoria di professionisti. E poi c’è lei, Gretel, il personaggio a cui mi sono affezionato di più e a cui ho dato un volto prima che un ruolo nella storia.
Infine ci sono i viaggi che Rotari giornalmente fa in treno tra Torino ed Asti dove si animano incontri, conversazioni, ipotesi ed aspettative; quando arriva a casa lo aspetta sua moglie Luisa con le sue intelligenti osservazioni, le conversazioni per decidere cosa mangiare, il film da vedere in tv e a fine serata le brevi , ma attese, telefonate da con la figlia Virginia.
E’ vero che ha pensato ad un posto speciale per il lettore?
Sì è vero, ho voluto scrivere un romanzo con un “dietro le quinte”. Chi legge, in questo caso, me lo immagino anche come un osservatore, un testimone silenzioso seduto in poltrona nello studio del procuratore che assiste agli eventi e ne comprende il senso giuridico. Inoltre ho voluto spiegare, attraverso le mie conversazioni con la tirocinante Cristel, una cosa molto importante sul processo penale in sé e cioè che il suo obiettivo non è esclusivamente quello di raggiungere la verità e che dal punto di vista dello Stato non è determinante solo avere la condanna o l’assoluzione. Il processo raggiunge il suo fine anche se l’imputato viene assolto perché lo Stato, tramite esso e la sua teatralità, vuole affermare che quella specifica condotta il cittadino non la deve tenere. Il processo ha, dunque, una implicita funzione pedagogica.
Terra, Luna e buchi neri
IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Può capitare che dopo più di trent’anni di seria ed appassionata professione nell’ambito dei mercati finanziari ci si possa sentire uno stupido.
Non sorprenderà certo sapere che è una sensazione che ho provato più di una volta ma l’occasione nella quale, più delle altre, ho temuto di essere ormai incapace di cogliere tutte le sfumature di un mondo in continua e repentina trasformazione è stata quella che vi sto per raccontare.
La “finanza decentralizzata” (Decentralized Finance o, in breve, DeFi), la tecnologia applicata al mondo della finanza allo scopo di eliminare costosi ed inutili (ma non così tanto…) intermediari (quali le banche), è un tema di grandissimo interesse e sul quale si stanno investendo enormi quantità di denaro.
Tra coloro che si proponevano di “portare la DeFi alle masse” (come dichiarato nel loro sito web) ci sono i fondatori dell’ Anchor Protocol.
Si tratta di una piattaforma in grado di fornire servizi di deposito, pagamento ed investimento della liquidità, in una criptovaluta “stabile” (una “stablecoin”) creata ad hoc, senza ricorrere, come già accennato, ad un intermediario bancario.
Le “stablecoin” sono delle criptovalute il cui valore è legato ad una o più altre valute a corso legale e questo dovrebbe garantirne un andamento strettamente legato quello di queste ultime. Nel caso in oggetto si tratta della Terra (la UST), agganciata al dollaro statunitense.
Senza volere troppo complicare le cose (nella complessità si finisce per perdersi e per sentirsi sciocchi) occorre ancora dire che la tipologia specifica è in questo caso quella delle “stablecoin algoritmiche”: ciò significa che a garantire la stabilità dalle UST rispetto al dollaro (ovvero che il valore di 1 UST corrisponda sempre a 1 Dollaro) è un’altra criptovaluta, la Luna, creata appositamente.
Il cambio della Luna, secondo le rassicurazioni dei suoi creatori, avrebbe sempre consentito di trasformarsi in un UST in modo da mantenere il suo valore pari a quello del dollaro (ad esempio se il cambio Luna/Dollaro fosse stato di 10 con 10 Lune si sarebbe potuto acquistare un UST).
Sì lo so, ve lo dicevo, è complicato…
Ma il nocciolo della questione, ai miei occhi indecifrabile, era come fosse possibile che a coloro che investivano nell’ UST fosse garantito un rendimento (una cedola) del 20%.
Mi trovo quotidianamente a raccontare di un mondo afflitto da piccoli numeri (i rendimenti delle obbligazioni) e da grandi rischi (tipici dei mercati azionari ma ormai estesi anche ai titoli a reddito fisso) e leggere di rendimenti, privi di rischio, a doppia cifra (il 20%!) era per me ben oltre il confine del possibile (in realtà esistono delle spiegazioni, nelle quali non mi dilungo per non annoiare troppo).
Il gioco, per me inspiegabile, è andato avanti per un paio di anni, dopo la sua creazione, nel 2020, da parte di due coreani, Daniel Shin e Do Kwon.
Pochi giorni fa però tutto si è pressoché volatilizzato nel giro di poche ore.
Una settimana orsono esistevano 343 milioni di Luna (convertibili in UST) per un valore di 26,5 miliardi di dollari; venerdì scorso si erano moltiplicati sino a 6.500 miliardi, per un valore ridotto a soli 540 milioni di dollari (del tutto teorico in quanto nessuno sarebbe disposto oggi ad acquistare ingenti quantità di Luna).
Una valuta concepita per essere intrinsecamente sicura (stabile nei confronti del dollaro) è crollata riducendo quasi a zero il suo valore!
L’inizio della fine sembra sia stato dovuto ad un massiccio disinvestimento (pari a 350 milioni di dollari) che, non trovando sufficienti compratori sul mercato, ha fatto scendere il valore dell’UST al di sotto della parità col dollaro.
Nulla è più rischioso di uno strumento che nasce e viene acquistato come privo di rischio (è questo il caso delle stablecoin come UST) e una volta rotto il rapporto di stabilità i disinvestimenti si sono moltiplicati (come sempre avviene quando si perde la fiducia in uno strumento finanziario).
Il prezzo dell’UST è ora pari a meno di 18 centesimi di dollaro mentre quello della sua valuta satellite (Luna) è passato in pochi giorni da 80 dollari a 0,000023 centesimi!
Terra e Luna si sono alla fine universalmente rivelati per quello che realmente sono: un buco nero (non si tratta di una previsione sul futuro, qualora ne foste in possesso, ma la sola descrizione di quanto avvenuto).
La morale della storia è particolarmente semplice: quando ci viene offerta una possibilità di guadagno elevato, che nessuno prima ci aveva mai menzionato, e non riusciamo a comprendere come ciò sia possibile, beh, lasciamola a qualcuno più intelligente di noi.
Scopriremo, prima o poi, che conviene preservare i nostri investimenti accettando di sentirci stupidi, che bruciarli in modo (apparentemente) molto astuto ma incomprensibile.
Si tratta, come spesso avviene, di una favola senza lieto fine: “Molti per desiderio di avere sempre di più, perdono anche quello che hanno”. Parola di Esopo.
Immaginatevi una donna qualunque, in una città con milioni di persone entrare velocemente in un grande atrio, di quelli nobiliari.
E’ una villetta bifamiliare- all’americana- con il giardino e i giochi dei bambini perfettamente immacolati. Indossa una divisa bianca, lunga fino a sotto al ginocchio. Alla vita un grembiule corto e ben stirato. Ha appena ottenuto un incarico presso la famiglia Gensburg, a Chicago. Quella donna ha sempre con sé una Rolleiflex, una sorta di reflex studiata per i fotografi professionisti. La conserva gelosamente e quando può la usa per immortalare ciò che solo i suoi occhi riescono a vedere. Quella donna, non è una governante qualunque: è Vivian Maier, ad oggi riconosciuta in tutto il mondo come una delle più grandi esponenti della Street Photography americana nonché come una delle più grandi testimoni del suo tempo.
A questo straordinario personaggio, la cui arte è rimasta sconosciuta fino al 2007, è dedicata la mostra fotografica inedita sita presso le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino in esposizione fino al 26 giugno.
Oltre 250 scatti focalizzati sui temi ricorrenti nella produzione della fotografa americana: le strada dei quartieri popolari degli Stati Uniti, gli sguardi, i gesti, le espressioni, i bambini e il tentativo di dare una visione differente e realistica sulla vita che animava i quartieri popolari degli USA e dell’ Europa.
A scoprire la sua arte- in modo del tutto casuale- fu John Maloof, che acquistò all’ingrosso una scatola di oggetti. Tra questi vi erano centinaia di negativi e rullini non sviluppati: erano le fotografie della Maier.
Da quel momento Maloof iniziò l’opera di sviluppo e digitalizzazione delle stesse che lo portarono all’allestimento della prima mostra a Chicago intitolata “Finding Vivian Maier”.
Successivamente si dedicò alla produzione di un documentario- basato sulla ricostruzione della vita dell’artista- dal medesimo titolo. Da quel momento, le più importanti gallerie e retrospettive mondiali, iniziarono ad ospitare le opere della fotografa la quale fu in grado di suscitare, ovunque, il medesimo entusiasmo.
L’enigma dei volti, la semplicità dei gesti, gli sguardi talvolta persi e sognanti, altre volte disperati e pieni angoscia dei bambini catturano lo spettatore riportandolo direttamente nell’America di quei tempi.
L’attualità della sua fotografia sta nell’intrinseca capacità di narrare con intensità un’epoca passata, con un’attenzione particolare rivolta al quotidiano raccontato in modo mai banale. Vivian tradisce nei suoi scatti una certa affinità con i poveri e gli emarginati della società vicini a lei nella lotta alla sopravvivenza. A tal proposito dice “nella mia vita ho fotografato personaggi famosi, ma mi interessavano le persone più umili. Uomini e donne che non avrebbero mai avuto l’occasione di realizzare il sogno americano. Io sentivo che le loro vite valevano quanto quelle delle celebrità. Con i loro ritratti potevo raccontare gli aspetti meno conosciuti e brillanti della società moderna”.
Particolarmente caro alla Maier fu anche il tema dell’autoritratto, tecnica che l’avrebbe poi resa un’icona pop dei più moderni selfie. Lei stessa preferiva questa tipologia di scatti per dare sfogo alla sua necessità di autodeterminazione e al bisogno di “trovare un posto nel mondo”, dettato dalla sua profonda solitudine e dall’assenza di stabili legami familiari ed intimi.
Ci piace immaginare Vivian come una donna moderna, indipendente e dotata di uno straordinario talento che ha intimamente tenuto celato per tutta la sua vita, ma sempre attenta a guardare la realtà e le persone che la circondavano. Perchè, come riporta in una delle sue rare interviste ”suppongo che nulla duri per sempre. Dobbiamo fare spazio ad altre persone. È una ruota. Sali, vai fino in fondo. E qualcun altro ha la stessa opportunità di arrivare alla fine. E così via. E qualcun altro prende il suo posto”.
Valeria Rombolà
Foto di Andrea Barchi
E impensieriscono disoccupati e inoccupati.
Giorgio Felici (Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte): “Sul trend del mercato del lavoro è pesante la difficoltà di reperimento figure professionali specializzate”.
Lo dicono i numeri dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese, che ha analizzato i dati Istat: in Piemonte nel 2021 i lavoratori occupati sono un milione e 767 mila, nel 2020 sono un milione e 748 mila (-19mila unità rispetto al 2021). Rispetto al 2019 (un milione e 813mila) però, l’andamento risulta in calo, segnando un gap di 46mila posti.
In relazione al numero degli occupati, a livello nazionale la crescita sul 2020 è dello 0,8%, mentre dal confronto sul 2019 emerge un gap del 2,4%: crescono solo le costruzioni (+8,4%), sulla spinta dei bonus fiscali, mentre il manifatturiero esteso è in calo dell’1,7% e i servizi del 3,7%.
“Il prolungamento della guerra in Ucraina, l’amplificazione della crisi energetica e il persistere delle criticità nel reperimento e nei prezzi delle materie prime – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte – potrebbero interrompere il percorso di recupero del mercato del lavoro dopo la recessione causata dalla pandemia”.
Osservando i dati relativi al tasso occupazionale (dipendenti e indipendenti tra i 15-64 anni), in Italia il dato peggiora rispetto al livello del 2019, diminuendo dello 0,8%.
In Piemonte il confronto tra i 3 anni (2019-2020-2021) è negativo. Infatti, i dati occupazionali del 2021 (65,0% di occupati) sul 2020 (64,1% di occupati) dicono di un + 0,9%, mentre quelli del 2021 sul 2019 (66,0% di occupati) vedono ancora un gap di 1,0%.
Ancora preoccupante (anche se stabile) è la situazione della disoccupazione: nel 2019 era del 7,6%, come nel 2020, per scendere nel 2021 al 7,3%. A questi dati bisogna aggiungere quelli dell’inoccupazione, che nel 2019 era del 28,4%, cresciuta al 30,4% nel 2020 e calata al 29,7% nel 2021.
Guardando alle province, in valori assoluti, nel 2021 a Torino si contano 899mila occupati, di cui 398mila donne, 80mila disoccupati e 412mila inattivi. Ad Alessandria gli occupati sono 172mila, di cui 77mila donne, con 13mila disoccupati e 71mila inattivi. A Cuneo sono 261mila gli occupati, di cui 113mila donne, con 13mila disoccupati e 97mila inattivi. A Novara gli occupati sono 150mila, di cui 66mila donne, con 12mila disoccupati e 69mila inattivi. Ad Asti si contano 88 mila occupati, di cui 40mila donne, con 7mila disoccupati e 35mila inattivi. A Biella gli occupati sono 69mila, di cui 31mila donne, con 4mila disoccupati e 31mila inattivi. A Vercelli gli occupati sono 65mila, di cui 29mila donne, con 6mila disoccupati e 33mila inattivi. Nel Verbano gli occupati sono 63mila, di cui 29mila donne, con 4mila disoccupati e 31mila inattivi.
Si segnala, inoltre, una crescita del tasso di inattività in alcune delle province piemontesi. Nel 2021, infatti, a Biella si è registrato un aumento dell’1,3% rispetto al 2020, mentre nelle province di Novara e Vercelli la crescita si attesta, rispettivamente, a + 0,3% ed a +0,9%. Nel confronto con il dato del 2019, invece, il divario è ancora più significativo: Biella (+1,9%), Cuneo (+0,1%), Novara (+2,9%), Torino (+1,7%) e Vercelli (+3,7%).
“In questo momento sono tanti i fattori che rendono difficile prevedere quali contraccolpi e ricadute potranno esserci sul mercato del lavoro – continua Felici – ma oltre a guardare agli avvenimenti esterni, dovremmo concentrarci sul contesto lavorativo delle nostre aziende; oggi, agli occhi dei giovani, queste sono quasi esclusivamente fonti di reddito, mentre dovrebbero essere anche luoghi attrattivi, di formazione e di condivisione. Basti pensare al fenomeno dei cosiddetti neet, i giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano”.
Sul trend del mercato del lavoro influisce anche un’altra variabile, quella della difficoltà di reperimento di alcune figure: “Per la maggior parte – precisa Felici – si tratta di figure specializzate che troverebbero impiego nel settore manifatturiero, ma anche nell’edilizia, nella manutenzione degli edifici e nell’autotrasporto”.
Infatti i dati di dettaglio professionale evidenziano che sono difficili da reperire 6 lavoratori su 10 nel caso di operai nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche, con una quota che raggiunge il 60,1% e cresce di 14,7 punti percentuali rispetto ad aprile 2019, e di conduttori di mezzi di trasporto, con una quota del 58,5% che cresce di 24,6 punti; in particolare la crescita più intensa della quota di difficoltà di reperimento rispetto al pre-crisi è pari a ben 28,5 punti percentuali per gli operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici per cui la quota raddoppia passando da 26,1% a 54,6%, il terzo valore più alto ad aprile 2022.
“Il vero problema è che le occasioni di lavoro ci sarebbero, ma a mancare è la materia prima, cioè una platea sufficientemente nutrita di ragazzi adeguatamente formati nei mestieri più richiesti – conclude Felici – Il mercato occupazionale non è morto, ma bisogna essere qualificati per le mansioni oggi più richieste, serve quindi puntare sulla formazione. Ci sono fondi europei dedicati a questo, ma occorrerebbe che la Politica dialogasse di più con chi ha esperienza di mercato come le imprese”.
“Il Papa alla sbarra – Processo a Papa Francesco”
Poco si conosce sul suo autore, un avvocato torinese deceduto dalla spiccata personalità. Sorprende, però, che abbia scritto questo libro dopo essere morto, direttamente dalla città celeste di Lisianthus. Nome, Lisianthus, condiviso con la casa editrice Lisianthus Editore. Come dice un noto personaggio televisivo, “coincidenze? Io non credo”. Un libro effettivamente piovuto dal cielo, un mistero che affascina il mondo editoriale.
Nella città celeste di Lisianthus l’avvocato deceduto e autore del romanzo Giangiacomo Nichols riceve una richiesta inaspettata. È il Vescovo di Roma, Papa Francesco, che lo ha scelto come difensore nell’imminente processo che lo vedrà protagonista. Bergoglio è accusato, anche nell’Aldilà, di eresia e deve rendere conto delle affermazioni, azioni e omissioni compiute in Terra. Con l’aiuto del suo mentore e suocero Eli Rosenberg, Giangiacomo imbastirà la difesa chiamando a testimoniare Santi, Beati e ex Pontefici in quello che verrà ricordato come il processo celeste più importante dell’eternità. Non è un romanzo canonico, ma all’interno della trama e dei personaggi (pieni di umorismo e vivacità) vengono riportati discorsi e parole reali, fatti realmente accaduti. Bevendo mate al Bar dei Miracoli e mangiando carne allo spiedo al Ristorante delle Anime Dannate, Nichols imparerà a comprendere l’essenza del Papa argentino e verrà a patti con sestesso.
Si tratta di un libro divertente, profondo, ironico e sociale, capace di affrontare alcune critiche realmente mosse al Papa e contemporaneamente di aprire grandi spunti di riflessione per comprendere il lato nascosto dell’uomo divenuto Vescovo di Roma.
La casa editrice non ha voluto svelare le origini di questo sorprendente saggio. “È letteralmente piovuto dal cielo” ha ribadito, “è pervaso di emozioni e non è rivolto solo a coloro che si pensano religiosi, è un libro che affascinerà tutti i lettori, a prescindere da ciò in cui credono”.
Il protagonista, Nichols, è ateo. Suo suocero e mentore è ebreo. L’accusato è il Pontefice della Chiesa Cattolica. Possiamo sapere chi interpreta il ruolo del Pubblico Ministero? “Una donna forte, che crede fermamente in Bergoglio e che dovrà affrontare un compito temuto, scavare nel passato del Papa. Anche i personaggi di contorno sono pieni di verve, ne citiamo solo alcuni, Joseph Ratzinger, Karol Wojtyla, Bernardette Soubirous, Domenico Savio, Maria Valtorta e Piergiorgio Frassati”.
Un romanzo corale, dunque?
“Sì, ma anche no. Così come è un romanzo, ma anche un saggio, divertente ma anche profondo. Un libro che unirà il mondo, aspetto tanto più fondamentale in un’epoca di frammentazione e individualismo come quella che stiamo vivendo”.
Mara Martellotta
Il contenimento dell’aumento delle bollette del servizio di teleriscaldamento è l’oggetto dell’ordine del giorno approvato ieri pomeriggio in Consiglio comunale sottoscritto da sei consiglieri del Pd.
Il Governo intende calmierare i costi delle bollette energetiche con la riduzione dell’Iva sul gas al cinque per cento e degli oneri generali nel settore ma non sono contemplati riferimenti ai costi e alle tariffe del servizio di teleriscaldamento.
Il provvedimento della Sala Rossa invita la giunta a chiedere al Governo la riduzione dell’Iva sul gas al cinque per cento e la riduzione degli oneri generali nel settore anche alle bollette del servizio del teleriscaldamento.
L’aumento del costo del carburante è l’argomento di un secondo atto di indirizzo proposto dai consiglieri della Lega e approvato dall’Aula. Il Consiglio sollecita l’assunzione di misure governative per rendere strutturale e permanente il taglio delle accise sui carburanti (vigenti sino all’8 luglio) al fine di contenere l’eccezionale incremento dei prezzi dei prodotti energetici a tutela della tenuta del sistema economico del Paese.