ilTorinese

Peste suina africana, Pd: Audizione in regione

RAVETTI – CANALIS (PD): “CON IL COMMISSARIO STRAORDINARIO PER IL CONTRASTO ALLA PSA PER FARE CHIAREZZA SULLE AZIONI PER ARGINARE IL MORBO”

“Il problema della peste suina africana e della sua diffusione nei territori piemontesi sta diventando sempre più allarmante. Qualche giorno fa è stato illustrato da alcuni esponenti della Giunta regionale il progetto per realizzare una maxi recinzione lunga circa 270 km intorno all’”area infetta”, recinzione che, secondo le intenzioni, dovrebbe contenere la diffusione della malattia e in merito alla realizzazione della quale faccio mie le preoccupazioni dei Sindaci dei territori interessati che hanno chiesto informazioni e rassicurazioni in merito ai costi di realizzazione, di manutenzione, alla scelta del tracciato e, in particolare, all’effettiva efficacia” dichiara il Consigliere regionale del Partito Democratico Domenico Ravetti.

“Per fare chiarezza sulla gestione del contrasto alla diffusione della malattia che coinvolge oltre la Regione, l’Unione Europea, i Ministeri competenti e moltissimi Enti Locali – prosegue il Consigliere Pd – è stata convocata, per giovedì prossimo, una seduta della III Commissione del Consiglio regionale per audire il direttore dell’Istituto Profilattico regionale, nominato recentemente Commissario straordinario per il contrasto alla diffusione della PSA. Vogliamo, infatti, poterci confrontare sul tema e capire che cosa è stato previsto per arginare questo morbo che sta piegando le nostre attività produttive”.

“Da anni – afferma la Vicepresidente della III Commissione del Consiglio regionale Monica Canalis – sollecitiamo un intervento più serio per contenere gli ungulati. I cinghiali in sovrannumero, infatti, possono diventare un veicolo della peste suina africana verso i suini da allevamento e un’ulteriore propagazione della malattia avrebbe gravissimi contraccolpi sulle 3.000 aziende piemontesi impegnate nel settore zootecnico suinicolo”.

GasPutin

IL PUNTASPILLI di Luca Martina

 

L’Europa è sempre stata considerata dagli Stati Uniti un po’ come il proprio cortile di casa, dove scendere solo quando il troppo rumore che ne proveniva non consentiva di riposare.

 

Ad oggi i tragici eventi europei stanno provocando modesti problemi agli inquilini della “casa” che però non possono certamente ignorare la minaccia posta loro dalla “risovietizzazione” della Russia di Putin.

 

Il signore del gas (il 17% di quello mondiale) e del petrolio (l’11% del totale) sta scuotendo con le sue azioni (e le reazioni/sanzioni generate) i mercati finanziari ma quello statunitense rimane quello meno impattato (pur dopo un inizio d’anno che si ascrive per Wall Street come il peggiore da molti anni a questa parte).

 

Uno dei fattori di maggiore destabilizzazione, dal punto di vista economico, è stato finora l’aumento del prezzo del gas (e del petrolio) ed è qui che l’Europa è stata pesantemente impattata, a differenza del continente americano.

Il mercato del gas è estremamente regionalizzato: non esiste un vero e proprio mercato mondiale, a causa gli elevatissimi costi sostenuti per trasportare (tramite nave) la materia prima da un continente all’altro.

 

Questo non aveva comunque impedito ai prezzi del gas di muoversi all’interno di una banda relativamente stabile e di allinearsi su livelli simili sino all’inizio del 2010 quando lo si poteva acquistare tra i 5 dollari negli Stati Uniti, i 7 in Asia e in Europa e i 10 in Giappone.

 

Da allora in poi il mondo del gas non sarebbe più stato lo stesso.

 

Lo sviluppo delle tecnologie per l’estrazione e la salita del prezzo del greggio al di sopra dei 100 dollari, all’inizio del decennio scorso, hanno reso conveniente lo sfruttamento degli enormi giacimenti di petrolio e di gas di scisto (estratto a 2-4.000 metri di profondità da uno strato di rocce argillose) sul territorio americano.

 

Per effetto della nuova produzione, gli Stati Uniti hanno così acquisito nel giro di pochi anni una virtuale indipendenza energetica (producendo internamente quanto loro necessario) ed il prezzo del gas sul mercato domestico è sceso al di sotto dei 3 dollari.

 

Nello stesso periodo i prezzi del gas si muovevano in direzione opposta, al rialzo, sia in Europa, fino a 12-13 dollari, a causa della liberalizzazione del mercato e dell’inizio dello smantellamento delle centrali nucleari tedesche, ed in Asia, sfiorando i 20 dollari, dove alla chiusura degli impianti nucleari giapponesi (similmente alla Germania, dopo l’incidente di Fukushima) si aggiungevano i problemi alle stesse in Corea e la rapida (e molto energivora) crescita economica cinese.

 

Quello che è successo negli ultimi anni non ha fatto altro che ampliare a dismisura la forbice tra il costo del gas naturale negli Stati Uniti (tornato ai 5 dollari, gli stessi livelli dell’inizio del 2010) ed il resto del mondo.

 

A soffrire maggiormente è, come i tragici eventi di questo periodo ci stanno insegnando, principalmente il nostro continente.

 

Il prezzo del gas è passato da noi dai circa 50 dollari dell’anno scorso ai 255 dollari (per le consegne di aprile) di oggi (7 marzo).

E’ probabile ancorché auspicabile, che la salita parabolica degli ultimi giorni si riveli una fiammata violentissima ma temporanea.

 

Il prezzo è estremamente volatile e prontissimo ad adeguarsi alle mutate condizioni economiche e geopolitiche: già a dicembre dopo essere raddoppiato (a 130 dollari) si era dimezzato (a 63 dollari) nella, sfortunatamente vana, speranza che i venti di guerra si stessero allontanano.

 

Il rischio che, ancora una volta, ad accendere la miccia di una recessione economica sia una crisi energetica non è certamente da escludere.

 

La situazione evoca, infatti, preoccupanti dejà vu con quanto avvenuto nel 1973 (la guerra dello Yom Kippur tra i Paesi Arabi ed Israele), nel 1979-80 (la rivoluzione iraniana e la guerra Iran – Iraq), nel 1989 (la prima guerra del Golfo, iniziata con l’invasione irachena del Kuwait) e nel 2001-2003 (l’attacco delle torri gemelle dell’11 settembre 2001 e poi l’esplosione della seconda guerra del Golfo).

 

Come ricordava il celebre economista statunitense Jeremy Rifkin “Il regno dei cieli potrà anche essere fondato sulla giustizia ma quelli terrestri sono fondati sul petrolio”.

 

La durissima lezione che stiamo ancora una volta subendo noi europei è che l’eccessiva dipendenza dalla “benevolenza” dei nostri fornitori di energia costituisce un enorme costo economico, un insostenibile svantaggio competitivo (rispetto alle aziende statunitensi) ed una seria minaccia geopolitica.

 

Speriamo che la lezione che stiamo subendo possa insegnarci qualcosa e consentirci così di prepararci meglio ad un futuro sempre più incerto.

 

Perché, purtroppo, la guerra è vecchia quanto l’uomo e la pace è solo un’invenzione moderna…ancora tutta da perfezionare.

Per la Festa della Donna arriva a Torino il progetto di Break the Silence

Abbattere gli stereotipi a scuola

Associazione Break the Silence e Capello point insieme per sensibilizzare le giovani generazioni al rispetto e ai diritti delle donne attraverso laboratori, giochi e questionari. Per un mese si raccoglieranno fondi a sostegno del progetto 

 

Una raccolta fondi per sostenere e promuovere il “Progetto Scuole” dell’associazione Break The Silence, nata nel 2020 per iniziativa di un gruppo di volontarie contro la violenza sessuale e di genere. Un progetto ambizioso che punta alle scuole per educare i più piccoli al rispetto, alla sessualità consapevole e all’affettività attraverso laboratori, giochi e questionari interattivi. Perché è fra i banchi delle aule che si può disegnare un futuro migliore, sensibilizzando le nuove generazioni sui diritti di genere: loro, adulti di domani.

Ma per farlo c’è bisogni di fondi. Così, al fianco dell’associazione, nella Giornata Internazionale dei Diritti della Donna, si schiera la Capello Point, prima catena italiana dedicata alla vendita di prodotti professionali per capelli ed estetica. Dall’8 marzo, per un mese, sarà attivata la campagna di raccolta fondi “La Bellezza di Donare”: per ogni prodotto della linea Beauty Clinic venduto, la società devolverà un euro a favore dell’associazione. Ma non solo perché, nel corso del mese, saranno organizzati workshop tematici che arriveranno a coinvolgere più di mille persone fra dipendenti della Capello Point e della Networking Marketing. Duplice l’obiettivo: sensibilizzare e dare maggior consapevolezza.

Marco Leonardi, responsabile Marketing di Capello Point: “Abbiamo deciso con grande piacere di supportare l’associazione Break The Silence per rompere il silenzio che circonda i temi della violenza e dei diritti di genere, per molti ancora un tabù. Riteniamo che la sensibilizzazione e la consapevolezza siano le uniche strade percorribili per costruire un mondo migliore. Per questo da una parte supporteremo il Progetto Scuole e dall’altra pianificheremo dei workshop tematici per i nostri dipendenti. La speranza è che questo piccolo gesto possa aiutare il lavoro dell’associazione impegnata quotidianamente nel rompere il muro di silenzio attraverso una preziosa opera di sensibilizzazione e informazione rivolte agli adulti di oggi e di domani”.

 

Capello Point

Capello Point è la prima catena italiana dedicata alla vendita di Prodotti Professionali per Capelli ed Estetica, con oltre 60 punti vendita diretti e in franchising situati nei più importanti centri commerciali e nelle principali città italiane. I negozi Capello Point, il sito capellopoint.it e il Network di Consulenti attive sul territorio Italiano sono il punto di riferimento per chi cerca prodotti e servizi di alta qualità, per poter ottenere a casa gli stessi risultati ottenuti in salone o nel centro estetico.

 

Break The Silence

Break The Silence ITA è un progetto contro la violenza sessuale e di genere, nato a Giugno del 2020 a Torino; ad oggi, Break The Silence ITA si è costituito come APS, dopo un anno e mezzo dalla sua nascita, e conta al suo interno circa 30 referenti in tutta Italia come collaboratori e collaboratrici. Nonostante le peculiarità che caratterizzano ognuno di noi, abbiamo un obiettivo comune: rompere il silenzio. Il progetto di Break The Silence ITA si occupa di trattare, anche sui social, tematiche legate alla violenza sessuale e di genere in ogni sua forma, con l’obiettivo di sensibilizzare riguardo all’argomento. Per questo motivo ha preso spontaneamente vita la pagina Instagram @breakthesilence_ita, per dare voce a chi l’ha persa, a chi è stata rubata, a chi non riesce a farsi sentire da solo.

 

Simona Riccio: “Vi racconto ‘Parlaconme’ e il mondo dei social”

Social Media Manager del CAAT e founder  della trasmissione PARLACONME

“Essere diventata Social Media Manager del CAAT è  capitato nella mia vita in modo abbastanza casuale –  spiega Simona RiccioNon avevo mai sentito parlare di centri agroalimentari e non sapevo che ruolo potessero ricoprire all’interno della filiera. A quel punto ho poi contattato il Direttore Generale del CAATGianluca Cornelio Meglio attraverso un messaggio privato su Linkedin e dopo qualche giorno mi sono recata presso il suo ufficio dove abbiamo avuto un lungo colloquio che mi ha colpita moltissimo. Il vero grande entusiasmo e innamoramento nei confronti del Centro è avvenuto qualche giorno dopo, quando sono stata invitata da lui e dal Presidente Marco Lazzarino a visitare il Centro una mattina alle 6.00. Come se fosse adesso ricordo benissimo quanto sia rimasta stupita e affascinata appena è stata aperta la porta della galleria. Il CAAT si presentava come una città intera composta di persone che lavoravano in piena notte, quando la maggior parte degli altri dormono, al fine di farci pervenire il miglior prodotto sugli scaffali e sulle nostre tavole ilmattino presto, appena ci alziamo! E’ stato un amore a prima vista. Per me ricoprire il ruolo di Social Media Marketing Manager del Centro Agroalimentare è anzitutto un grande onore e mi rende decisamente soddisfatta perché trovo sia meritevole di attenzione nei confronti di quello che il CAAT rappresenta e, secondo me, si tratta anche di un ruolo di grande responsabilità. La comunicazione per me è tutto, non si può non comunicare e soprattutto sono dell’idea che, se non si comunica in maniera corretta, non si può pensare che gli altri sappiano e siano consapevoli. Nel nostro caso sapere di essere colei che valorizzerà il Centro e le persone che lavorano all’interno attraverso canali digitali, che potranno essere letti da tutte le persone che navigano in rete e non solo, è motivo di grande orgoglio e ringrazio sempre il Direttore ed il Presidente che mi hanno dato la fiducia nel farlo”.

“Il mio compito è  spesso coinciso con quello di narrare il ruolo di operatori e grossisti – prosegue Simona Riccio, Social Media Manager del CAAT –  protagonisti della vita del Centroagroalimentare, felici di mostrare con entusiasmo le loro merci belle e profumate e di far capire la durezza del loro lavoro, che richiede tempi e turni piuttosto pesanti, a partire dalla notte fonda, quando le merci iniziano ad arrivare al CAAT e prendono avvio le contrattazioni al miglior offerente”.

“La consapevolezza di quello che il consumatore acquista – aggiunge Simona Riccio – avviene attraverso la ricerca di informazioni che oggi vengono sempre più ricercate e fornite attraverso il canale web, sia da parte di persone più giovani, sia da parte dei meno giovani. Quando si giunge al momento della sceltafinale del prodotto da acquistare, se non vi è consapevolezza delcomplesso lavoro che vi è dietro di esso, lo stesso prodotto che viene scelto sarà come tutti gli altri, anche se dovesse essere ilmigliore. Rendere consapevoli i consumatori che presso il centro agro-alimentare ci sono professionisti anche di terza e quarta generazione non può che costituire un’ulteriore garanzia che ciòche stanno acquistando rappresenta un prodotto scelto con attenzione e altrettanto consapevolmente distribuito. Raccontare per me significa far parlare direttamente gli operatori. C’è una netta differenza e soprattutto l’ascoltatore, attraverso le nostre live,per esempio, non può che apprezzare una comunicazione veritiera e trasparente”.

“Il mio compito di comunicatrice non è soltanto concentrato nella sede del CAAT – spiega Simona Riccio – dove opero attraverso i social, ma si estende anche all’ambito della trasmissione da me ideata dal titolo PARLACONME, trasmessa sulla radio web Radiovidanetwork,  attraverso la quale veicolo un messaggio che ritengo di grande importanza, quello della bontà  dei prodotti del made in Italy.

Da ormai più di venti anni mi occupo del settore agro-alimentare. Sono nata nel settore del biologico, per il quale ho un debole ancora oggi e penso che lo avrò per sempre, ma alla base di tutto questo è presente in me la certezza di vivere in un’Italia ricca di prodotti eccellenti invidiati da tutto il mondo, ma che spesso proprio nel nostro Paese non sono adeguatamente compresi. Questo fatto lo ritengodecisamente grave soprattutto nei confronti dei prodotti e delle persone che si impegnano quotidianamente per far sì che questi medesimi prodotti Made in Italy siano di eccellente qualità”.

“PARLACONME  – aggiunge Simona Riccio – rappresental’evoluzione della mia prima partecipazione alla Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola nel 2020 in cui, grazie al Direttore Lorenzo Sola, ho avuto la possibilità di condurre un palinsesto con oltre ventiinterventi di relatori di alto rilievo legati al settore agroalimentare. È stato riscosso un successo notevole tanto che il Direttore della Radio Vida Network Fabio Bonanno mi ha proposto di condurre una trasmissione radiofonica tutta mia. Ho accettato dopo un’attenta riflessione, non essendo una speaker, anche se avrei avuto la possibilità di condurre in autonomia una trasmissione tutta mia.

Dopo avere costruito il mio Team composto da Alessio Criscuolo (già regista della radio) – Regista, Autore, Grafico e Speaker radiofonico, e Simone Stricelli, amico da anni, Creative Director, Brand Manager, Digital Strategist, la trasmissione è cresciuta veramente molto ed è riuscita a aumentare la consapevolezza in coloro che si occupano di questo settore al fine di valorizzarlo, tutelarlo, comunicarlo e raccontarlo attraverso i nostri microfoni, i social network e i media. Anche alcuni sponsor hanno fortemente creduto nel ruolo e nell’importanza della trasmissione, sostenendo e veicolando i nostri produttori e invitando i consumatori a andare nei mercati ad acquistare prodotti provenienti dalla filiera agroalimentare del made in Italy.

I consumatori, soprattutto dopo la fase pandemica, hanno compreso sempre più l’importanza di acquistare prodotti italiani, sani, buoni, garantiti e sostenibili con particolare attenzione al biologico. In poche parole ho parlato di un mondo intero chedovrebbe essere comunicato e reso conosciuto già a partire dalle medesime aziende, per rendere ancora più consapevoli i consumatori stessi nei confronti dei prodotti che vanno ad acquistare. Essi sono “semplicemente” da indirizzare nel luogo dove si vuole vadano ad acquistare. Non sto dicendo che questo compito sia facile, ci mancherebbe, ma se si vuole sostenere il prodotto italiano, bisogna iniziare a raccontarlo per quello che è ein maniera semplice, concentrando l’attenzione su quello che interessa al consumatore. Le tendenze sono spesso spiegate sui miei canali social e sono frutto di studi approfonditi di riviste di settore e partecipazioni a webinar di livello nazionale einternazionale. I consumatori non aspettano altro che essere soddisfatti nelle loro esigenze e bisogni, soprattutto se si parla di sostenibilità”.

”Nel mondo agroalimentare – spiega Simona Riccio – ho da sempre rivolto una particolare attenzione al settore del biologico, avendo a cuore il mondo ortofrutticolo e condividendo questa passione attraverso canali, analisi, studi, webinar e convegni cui partecipo come relatrice.

Prima di arrivare ad essere relatrice ho studiato molto e non ho assolutamente finito di farlo perché,  secondo me, nella vita si studia sempre e risulta fondamentale mantenersi aggiornati e al passo con le novità.

Il settore agroalimentare rappresenta un comparto in cui gli attoricompiono enormi sacrifici, richiede un impegno costante efaticoso, ci si alza in piena notte, ogni anno si devono affrontaremille problemi che non possono mai garantire la buona riuscita del lavoro medesimo. Quindi credo che o lo si ami o lo si odi; solo nel primo caso si può  essere nella condizione di comunicarlo  con l’entusiasmo necessario. Io lo amo e mi piace lavorare per difenderlo con i denti e con le unghie pur di farlo emergere per quello che è…non so se ci riuscirò, ma ci provo tutti i giorni!”

“I social network sono un mezzo di comunicazione potentissimo – precisa la Social Media Manager Simona Riccio – che, se utilizzati in modo appropriato, non possono che fare bene al nostro settore che è molto più ampio di quello che si possa pensare. Lo abbiamo dimostrato ampiamente durante le puntate della trasmissione “Parla Con Me”, dove abbiamo coinvolto talmente tante persone che si pensavano appartenenti a mondi distanti l’un l’altro e,invece, si sono trovati a darne un valido contributo. Bisogna solo cercare di affidarsi a professionisti seri, che abbiano a cuore il Made In Italy e che non usino i social pensando che basti un post fatto tanto per fare…ma che usino i social per emozionare, coinvolgere e creare sinergie oltre che relazioni e conversazioni. Tuttavia non credo che i social possano andare a sostituire l’informazione giornalistica. Si tratta di due modi di comunicarecompletamente diversi, che presentano approcci diversi e stili differenti. Per esempio, io non sono una giornalista e mai lo sarò. Ho un approccio da social network che mi rispecchia molto come carattere. Mi trovo a mio agio in quello che rappresenta un social e cioè una città fatta di milioni di persone che creano connessioni e rispettano le regole. Quelle regole che molte volte non vengono rispettate…ahimé !”

“Una serie di temi che mi stanno particolarmente  a cuore –  aggiunge Simona Riccio –  sono  quelli dello spreco alimentare, dell’inclusione, della sostenibilità, che possono essere tutti veicolati  attraverso gli strumenti della comunicazione digitale.

Provengo da una famiglia modesta, mia madre lavorava alla Venchi Unica e mio padre era camionista. Una vita fatta di sacrifici con alti e bassi, ma non mi è mai mancato nulla, mi hanno fatto studiare e mi hanno trasmesso moltissimi valori che cerco, a mia volta, di trasmettere anzitutto a mio figlio, e poi a tutti coloro che hanno piacere di leggermi e seguirmi sui social. Uno di questi valori è che non si butta via nulla. I miei hanno vissuto la guerra dove si mangiava la buccia delle patate, si nascondevano gallette negli armadi, si mangiava la neve e il pane scarseggiava a tavola. Guai pensare di sprecare…ne parlo moltissime volte con l’Onorevole Maria Chiara Gadda, prima firmataria della Legge Antispreco e ne sono onorata, e ne parliamo spesso a Parla Con Me al fine di sensibilizzare tutti…!”.

“L’inclusione per me è fondamentale – spiega Simona Riccio – iniziando dall’importanza dell’empowerment non solo femminile, che ha molto bisogno a prescindere da tutto. Il medico chirurgo che si è preso in carico mia madre in ospedale mentre nessuno la calcolava tra i suoi lamenti è stato un giovane medico di colore che si è reso disponibile anche dopo la dimissione di mia madre; ho studiato all’Università a Perugia dove, essendo un polo internazionale, ho avuto modo di imparare tradizioni e cultura dalle persone con tutti i colori della pelle. Un carissimo Amico è Marco Bongi, Presidente di APRI Onlus (Associazione Pro-Retinopatici ed Ipovedenti) che, seppur sia ipovedente, è una persona alla quale voglio bene e che mi ha insegnato molto sulla disabilità e soprattutto in merito alla modalità sbagliata con cuiquesta venga valutata dal mondo civile e dal mondo del lavoro e,ancora, Alessandro Ossola, il mio mito in assoluto, ParalympicAthlete – Bionic People President, che si sta dando da fare come mai ho visto per fare comprendere quanto la disabilità stia negli occhi di chi la vuole vedere. C’è ancora molto da fare, molto devono fare le istituzioni, ma noi siamo qui…pronti a agire e veicolare tutto attraverso la nostra potenza sui social. Ma abbiamo bisogno di voi, abbiamo bisogno di aziende che ci supportano per dare di più! Noi siamo una potenza…ma insieme siamo più forti”.

“Ho ottenuto il riconoscimento – aggiunge Simona Riccio – risultando prima nella classifica annuale Top Voices in Italia quale unica voce che si occupi del settore agroalimentare. Questo importante traguardo è arrivato in un momento molto particolaredella mia vita, ero molto demotivata perché ero appena stata licenziata ed è stato un grande aiuto e stimolo per credere in mestessa e dare il meglio di me.

Essere Linkedin Top Voice è per me molto importante, mi rende felice, più sicura di me stessa, ma ne sento anche in questa occasione, una forte responsabilità. Essere l’unica Top Voice che effettivamente, tra tutti, si occupa del settore agroalimentare e di comunicazione digitale mi onora e mi responsabilizza ancora di più”.

“La trasmissione PARLACONME, trasmessa dal radio web Radio Vida Network – precisa Simona Riccio – ha preso avvio alla Fiera di Carmagnola del 2020, replicata poi in presenza nell’edizione della Fiera del Peperone del 2021, ottenendo un grande successo. Ora è giunta alla sua seconda edizione, con puntate scandite settimanalmente e ospiti interessanti. Comprendendo l’edizione della Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola 2021, siamo giunti alla quarta edizione. Abbiamo avuto 102 ospiti nazionali e internazionali, oltre venti testate che hanno parlato di noi ed oltre 115 articoli, anche di testate locali”

“La formula – precisa Simona Riccio – che mi auguro effettivamente sia vincente, consiste nel credere fortemente nel settore agroalimentare e nelle persone che vi lavorano, rendendolocosì di eccellenza. Sono la prima a crederci e sono fortunata ad avere come collaboratori Alessio e Simone perché operiamo con passione e entusiasmo. Non ci fermiamo mai, cerchiamo di essere sempre a disposizione dei relatori, di farli sentire a proprio agio dal primo approccio all’ultimo, di rendere la comunicazione la più agile possibile e di  farli emergere nel miglior modo possibile sui nostri social e su tutte le nostre piattaforme, per farli anche conoscere ai tanti ascoltatori, farli interagire tra loro e fare nascere delle reciproche sinergie. Appena possiamo andiamo a visitare le aziende, ci rechiamo alle fiere, ci piacerebbe fare anche di più, ma questo per noi, seppur rappresenti un lavoro enorme, non ci viene retribuito da nessuno se non da alcuni sponsor. Ma abbiamo necessità di altre realtà di supporto, perché vogliamo fare di più a favore delle aziende che, magari, non sempre sono in grado di gestire la propria comunicazione o che hanno bisogno di consulenze o visite. Il segreto sta nel considerare quello che è una nostra passione con la stessa professionalità impiegata in un qualsiasi lavoro, anzi, ancora di più nel rispetto di tutti gli ospiti che ci danno credibilità”.


Ogni palinsesto ha un fil rouge – aggiunge Simona Riccio – che lega ogni singolo intervento, dal primo all’ultimo. Si crea un percorso e ogni edizione ha il suo significato. Tutto viene studiato nei minimi particolari e nulla viene lasciato al caso. Si vanno a toccare temi molto importanti e spesso si fanno intervenire relatori pronti a dare il loro contributo in maniera molto determinata e si invitano le istituzioni ad intervenire con fatti concreti. Abbiamo sempre portato relatori che dessero valori aggiunti e fatti concreti dai quali prendere concretamente spunto per procedere al meglio. Spesso facciamo emergere i valori della nostra agricoltura che la rendono ben diversa da come spesso viene percepita, quale una“vecchia signora”, mentre è molto più all’avanguardia di quanto si possa pensare e questo ci aiuta a stimolare gli altri a migliorare. Certo tutto ciò serve per dare valore alle persone ed alla loro professionalità. Solo grazie a loro abbiamo eccellenze italiane, ma quello che sostengo è che spesso il nostro settore è  portato a sottovalutarsi, non riuscendo a creare sinergie e a fare un gioco disquadra. Siamo ancora troppo chiusi, individualisti, non aperti al confronto, non siamo capaci di comunicarci per quello che siamo, affidiamo spesso i nostri social e le nostre comunicazioni a chi non crede nell’azienda. Abbiamo ancora troppe poche aziende (fatte di persone) che non comunicano sui social in maniera corretta, abbiamo ancora un settore politico troppo ballerino. Parlo del nostro settore, dove un ministro dovrebbe coprire la carica per competenza e merito, per un mandato che possa durare per un lungo periodo, invece abbiamo troppi cambi ai vertici e di questofatto a rimetterci è l’intero settore. L’agricoltura ha bisogno di stabilità e competenze. Siamo a cavallo di un cambio generazionale e dobbiamo essere in grado di cavalcare l’innovazione e la digital transformation a tutto tondo, abbiamo bisogno di competenze, professionalità e donne che, insieme agli uomini, possano dare un grosso contributo

MARA MARTELLOTTA

Accoltella la moglie e si uccide sotto il treno

Ha accoltellato la moglie, ferendola in modo non grave, e si è suicidato sotto un treno. Un tragico fatto di cronaca, nel giorno della festa della donna, avvenuto questa mattina a Bra. Non  sono note al momento notte  le generalità dell’uomo che avrebbe litigato con la moglie e l’avrebbe colpita con un coltello ferendola in modo non grave. Poi si è diretto  alle porte di Bra, e si è lanciato sotto un treno della Sfm4 partito da Alba e diretto a Torino.

Emergenza clima: a seno nudo davanti al Consiglio regionale

Alcune attiviste di Extinction Rebellion si sono spogliate questa mattina all’ingresso della sede del Consiglio Regionale del Piemonte, rimanendo a seno nudo. “Un gesto fortemente simbolico messo in atto, nella giornata della donna, per mettere in luce come siano proprio le donne a subire in misura nettamente maggiore le conseguenze della crisi ecoclimatica”, dicono le manifestanti.

Ambrogio (Fdi): “Vandalizzato il monumento ai Caduti”

“In questi giorni il monumento di piazza Castello dedicato al Duca Emanuele Filiberto ed ai caduti della Prima Guerra Mondiale è stato vandalizzato dai collettivi antagonisti.

Con il pretesto della manifestazione dell’8 marzo, questa volta “Non Una di Meno”, non si ferma neanche di fronte al ricordo dei nostri caduti. Una strisciata di manifesti ha deturpato il monumento di chi cadde per la Patria rappresentando plasticamente il decadimento valoriale della sinistra che, non avendo più idee e valori, tenta di abbattere o deturpare quelli degli altri.
Presenterò un’interpellanza per chiedere che il Sindaco Lo Russo e la sua Giunta prendano formalmente e materialmente le distanze da “Non Una di Meno”, collettivo organizzatore dell’affissione abusiva e del corteo in programma”.

Paola Ambrogio
Consigliere comunale Fdi

In servizio 50 nuovi Civich

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A Torino, all’interno del cortile della Scuola della  Polizia Locale, i 51 agenti della Polizia Municipale di Torino, che hanno frequentato e completato l’87° corso formazione regionale, alla presenza del primo cittadino, Stefano Lo Russo, dell’assessora alla Polizia Municipale e alle politiche per la Sicurezza, Giovanna Pentenero, e del Comandante Vicario, Alessandro Parigini.

Non un giuramento in pompa magna, ma un semplice saluto e un augurio in forma privata, così come impone il periodo pandemico non ancora del tutto superato.

Il  Sindaco Lo Russo si è rivolto direttamente agli agenti, implotonati di fronte a lui per ricevere la placca identificativa: “Sono contento ed emozionato di essere qui con voi che rappresentate lo spirito giovane di una nuova Torino che riparte. Spero davvero che questo nuovo e delicato percorso vi consenta di trovare il giusto spirito, l’entusiasmo, e perché no anche la missione, essenziali per la convivenza nella nostra comunità”. Il Sindaco ha poi concluso facendo gli auguri a nome di tutta la Giunta.

Emozione a cui si è unita anche l’assessora Pentenero“A questi giovani agenti va il mio benvenuto e mi unisco all’emozione generale ricordando l’importanza del senso di appartenenza alla Città e al territorio che deve caratterizzare il loro agire quotidiano, a servizio dei cittadini” .

Ora, dopo un percorso formativo  durato 3 mesi, per un totale complessivo di 360 ore di lezioni teoriche e pratiche, i nuovi agenti inizieranno l’addestramento sul campo, affiancati da agenti esperti del Reparto Radiomobile e del Comando Territoriale V. Questa seconda fase di addestramento avrà  una durata complessiva di 6 mesi, dopodiché, i nuovi agenti saranno assegnati nei vari Comandi/Reparti del Corpo.

I tiramisù di Eataly Lingotto per la Fondazione per la Ricerca sul Cancro

Quest’anno, in occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna, il tiramisù Eataly diventa ancora più buono: dall’8 al 13 marzo, parte del ricavato dei tiramisù acquistati nei ristoranti a Eataly Lingotto sarà devoluto alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, per sostenere la lotta contro i tumori femminili.

Pochi ingredienti, di alta qualità e ricchi di gusto rendono il tiramisù preparato ogni giorno dagli chef di Eataly un fine pasto immancabile. Ecco i Savoiardi Giovanni Moro fatti a mano, il caffè il Supremo Presidio Slow Food della Cooperativa Sociale Pausa Café, la crema al mascarpone di Golosi di Salute e il cacao in polvere Due Vecchi di Venchi da pregiate miscele del centro e sud America. Un omaggio al dolce italiano più amato al mondo, così semplice ma anche così buono. E dall’8 al 13 marzo ancora più buono: sosteniamo insieme la ricerca!

Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro
La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus è stata costituita nel 1986 per offrire un contributo significativo alla sconfitta del cancro attraverso la realizzazione in Piemonte di un centro oncologico, l’Istituto di Candiolo (Torino), capace di coniugare la ricerca scientifica con la pratica clinica e di mettere a disposizione dei pazienti le migliori risorse umane e tecnologiche.
La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro si occupa di reperire le risorse economiche attraverso attività di raccolta fondi e organizza tutte le iniziative e le manifestazioni necessarie per raggiungere questo scopo.
L’Istituto di Candiolo è l’unico centro di ricerca e cura del cancro italiano realizzato esclusivamente attraverso il sostegno di oltre 300 mila donatori privati che, grazie alla loro generosità, ne hanno fatto un centro di rilievo internazionale. L’ Istituto di Candiolo è anche l’unico “Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico” del Piemonte, riconosciuto dal Ministero della Salute, a testimonianza delle importanti scoperte fatte e pubblicate sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali. È inserito nella Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta e le sue prestazioni sono fornite in convenzione col Servizio Sanitario Nazionale o in regime di libera professione. Ha iniziato la sua attività nel 1996 e da allora ha sviluppato nuovi spazi e servizi. Oggi si estende su 56.500 mq, di cui circa 10 mila dedicati alla ricerca. A Candiolo lavorano circa 800 persone tra medici, ricercatori italiani e internazionali, infermieri, personale amministrativo e tecnici.
La Fondazione ha previsto per i prossimi anni un importante piano di sviluppo che permetterà all’Istituto di crescere ulteriormente, dotandosi così di nuovi spazi da mettere a disposizione di medici, ricercatori e, soprattutto, dei pazienti e delle persone a loro vicine. L’obiettivo è di curare sempre più persone e sempre meglio.

Azotea, il nuovo concept di restaurant bar nel cuore di Torino

LA “TERRAZZA”  DA DOVE ESPLORARE CULTURE LONTANE MA VICINE.  

Torino porta con sé tante etnie e culture diverse: un meltin’ pop straordinario di cui, forse, dovremmo farne più tesoro. Popoli che si fanno conoscere soprattutto attraverso il cibo e la gastronomia del proprio territorio di origine e che stiamo imparando a conoscere attraverso i ristoranti che propongono le loro ricette tradizionali.
Da qualche mese, in città, è nato quello che potremmo definire un punto di riferimento importante per l’unione di culture gastronomiche diverse fra di loro, quella nippo – peruviana: Azotea, che in spagnolo significa ” terrazzo”, narra l’esplorazione visiva e gustativa di due mondi che tanto lontani sembrano non essere e dove la contaminazione di gusti apparentemente diversi danno vita a piatti, tapas e cocktail in perfetta armonia fra di loro.

Noi de ” Il Torinese” abbiamo intervistato insieme il bar manager e titolare del locale Matteo Fornari, e lo chef, che i più a Torino si ricorderanno per averlo conosciuto ai fornelli della cucina del Carlina Restaurant, e che vanta notevoli esperienze sia in Piemonte che addirittura in Arabia Saudita, Alexander Robles, di origini peruviane.
1. Com’è nato il progetto di Azotea? 
MF:  E’ nato nel 2017, su volontà mia e di mia moglie, a Laigueglia dove gestivamo già un cocktail bar dove la cucina era solo un contorno, un di più rispetto alla nostra reale proposta. E già il locale portava il nome di ” Azotea” , proprio per la presenza di questa grande terrazza a vista sul mare. La volontà di trasferire definitivamente il locale a Torino, è stata dettata anche dalla necessità dare continuità al rapporto coi clienti – la maggior parte torinesi – e la valorizzazione della parte “food” è stata rivolta proprio per dare completezza ai cocktail ai quali mi sono dedicato lungamente e con molto studio alle spalle. E poi, ora come ora, Torino – dal punto di vista urbano e di vivibilità – è davvero molto più ordinata: questo aspetto, dando seguito anche ai miei studi in grafica pubblicitaria, è stato maggiormente di stimolo ad insediarsi qui. E ho trovato  tanta voglia di cambiamento
AR: E’ stato amore a prima vista con Matteo e sua moglie Noemi. Mi trovavo in un periodo di cambiamenti lavorativi e trovarmi da Azotea è stata la mia fortuna. Ci siamo capiti sul mio modo di cucinare e il loro modo di completarla con la parte liquida: ciò che davvero mi ha conquistato e che mi ha fatto subito entrare in empatia con la proprietà è stato un cocktail realizzato appositamente per me a base di alloro e funghi shiitake peruviani che, fino a quel momento, conoscevo solo per l’utilizzo in cucina. I profumi e il perfetto mix tra i componenti mi ha addirittura ricordato i profumi del ragù di mia nonna in Perù : un vero cocktail sensoriale ed emozionale. Il mio ingresso in questo locale è stato da me fortemente voluto perchè poteva darmi la possibilità di concentrare il mio lavoro a partire dalle mie origini nippo- peruviane ( la mia bisnonna era giapponese) : il mio attaccamento alla città di Torino e le importanti esperienze di lavoro che ho svolto da Davide Palluda nelle Langhe e a Villa Tiboldi, sempre sotto la sua consulenza, nonchè anche in Arabia Saudita dove ho assunto il ruolo di chef, mi hanno permesso di riprendere in mano il mio ” curriculum” e di metterlo a disposizione in questa nuova avventura gastronomica e culturale.
2. Il Perù ospita la seconda comunità giapponese del sudamerica. Quali sono i caratteri della cucina peruviana che trovi si uniscano meglio alla cucina giapponese?
AR: Senza dubbio l’utilizzo del particolare tipo di peperoncino peruviano, dalle note fruttate, e le sue varie intensità, è l’ingrediente da cui parto per arrivare alla giusta contaminazione. Questo ingrediente, però, sia nei piatti che nei cocktail, non risalta la nota piccante spiccata ( come ad esempio accade nella cucina messicana)  ma, al contrario, fornisce una nota di aromaticità. Al tecnicismo, che contraddistinguono le lavorazioni della cucina giapponese, si contrappone l’equilibrio e la fantasia culinaria proveniente dai gusti tipici del Perù. Ad esempio, nel nostro ” Ceviche mexclado” , ho dovuto equilibrare con attenzione l’acidità e la piccantezza sia del peperoncino sia dello zenzero, insieme all’intensità data dal coriandolo: molta gente per la prima volta assaggia i nostri piatti nikkei- peruviani e così devo necessariamente far sì che tutto sia in equilibrio per soddisfare tutti i palati
MF: Per la cocktaileria, invece, non abbiamo un ingrediente preciso da cui partire: lo scegliamo e da lì , io e il mio staff del bar, costruiamo il cocktail da far conoscere al pubblico. Ad esempio, quando ho assaggiato il tomate de àrbol, pomodoro peruviano dove, assaggiandolo, ci sono un sacco di sentori ( tra cui, molto curioso, la liquirizia) , con una pelle molto dura e amarognola e, dopo averlo lavorato, abbiamo capito che potevamo inserirlo in un drink semplice, il pisco sour, dando vita, così, al ” Tomato de Pisco” : un gusto particolare, che nulla ha a che fare con il Bloody Mary, ma dona una freschezza aromatica ed erbacea inaspettata. Nel processo di bilanciamento di tutta la nostra proposta sia food che drink, in questo preciso cocktail la ” bilancia” pesa forse di più verso l’utilizzo delle acidità con il lime, in contrapposizione con la dolcezza del pisco. Ecco, questa continua ricerca dell’ equilibrio e di rispetto per le ricette originali, fa comprendere come l’espressione ” nikkei” e tutto ciò che di culturale appartiene, è una componente sempre presente in ogni nostra espressione.

3. Che importanza ricopre il procedimento del cocktail e del food pairing nella vostra proposta menù?
MF: Fondamentale. La prima cosa che ci siamo detti io e lo chef, quando abbiamo stretto l’accordo di lavoro, è che il piatto e il drink dovevano essere complementari uno all’altro. E non è un capriccio perchè, proprio a livello molecolare ,alcuni ingredienti sono particolarmente affini ad altri e, se l’abbinamento è fatto a regola d’arte, l’esaltazione del piatto è massima.  Il drink è divertente sul piatto e viceversa: il pubblico sta dimostrando di apprezzare questo gioco.
AR: L’intesa e il confronto con Matteo è molto forte su questo aspetto: i miei piatti, dopo averli assaggiati, sono associati subito a un drink di sua realizzazione. Il bar ormai è come la cucina: come io, ad esempio, lavoro con le estrazioni o con delle cotture particolari, il barman le riporta in forma liquida. Gli ingredienti, che spesso non sono abituati ad utilizzare in un cocktail, riesco ( per lo meno spero) a stimolarli e a farglieli conoscere.

4.Qual è il vero ingrediente che unisce Perù e Giappone ? 
AR : Inaspettatamente, la salsa di soia, ovviamente, giapponese. Ne esistono tantissimi tipi che qui in Italia non conosciamo. In Perù viene prodotta ma non è così popolare come in Giappone. Le varietà più aromatiche, insieme a determinati tagli di pesce, che ne garantiscono maggior morbidezza durante la masticazione, le utilizzo per esaltare i piatti più spiccatamente peruviani
MF: Per i cocktail utilizzo varie infusioni di tè giapponese e lo yuzu, agrume favoloso molto aromatico, che unisco al tamarindo peruviano, frutto con un’acidità importante, che dà molta forza al drink. E poi, sicuramente, l’uso del sake in unione sempre con altri ingredienti della tradizione peruviana, sono i cocktail a cui puntiamo per darci identità.
Azotea – Cocktail bar e Cucina Nikkei 
Via Maria Vittoria 49/B- Torino
Tel. 328 8015231
Chiara Vannini