Albero caduto in via Coggiola, albero caduto in strada Castello di Mirafiori, tetto della scuola Gaetano Salvemini scoperchiato. Le foto sono del lettore Luigi Gagliano. Il nubifragio di ieri ha causato molti danni in diversi quartieri di Torino. Sono state decine le chiamate di richiesta di intervento dei vigili del fuoco.
“Capodimonte da Reggia a Museo”, alla Venaria sino al 15 settembre
Roberto Longhi scrisse che “una brutalità e una pietà infinita si dilaniano in essa” mentre due storici del Sei e Settecento la definirono “la più bell’opera che già mai fatto habbia questo illustre dipintore” e ricordarono come “la nuova maniera di quel terribile modo di ombreggiare, la verità di que’ nudi, il risentito lumeggiare senza molti riflessi, fece rimaner sorpresi, non solo i dilettanti ma Professori medisimi in buona parte.” Adesso che la “Flagellazione di Cristo” è giunta alla Reggia di Venaria a completare le sessanta opere delle collezione Farnese e Borbone portate, secondo un ben preciso asse verticale artistico Napoli-Torino, sino alle porte del capoluogo piemontese dalla Reggia di Capodimonte, ultima “ciliegina” di tutte quelle promesse da Eike Schmidt, ex direttore del museo napoletano e mancato sindaco di Firenze in questi ultimi giorni, è doveroso riprendere il discorso intorno a una delle mostre più suggestive viste in questi ultimi anni, veramente ammirata, un panorama di bellezza, “Capodimonte da Reggia a Museo. Cinque secoli di capolavori da Masaccio a Andy Warhol”, curata da Sylvain Bellenger e Andrea Merlotti, che sta entusiasmando visitatori e appassionati, riprenderlo al di là di quanto si scrisse tre mesi fa in occasione dell’inaugurazione alla presenza del ministro Sangiuliano. Un successone che sembra aumentare proprio con l’arrivo del Caravaggio, datato 1607 – tela commissionata (sappiamo di un acconto di duecento ducati, sappiamo di un completamento durante il secondo soggiorno napoletano, sappiamo di ripensamenti dei personaggi in special modo alla base della tela), commissionato da Tommaso de’ Franchis per la cappella di famiglia che Ferdinando Gonzaga gli donò nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli: in età moderna tre tentativi di furto e dal 1972 in consegna cautelativa portata a Capodimonte -, un Grande Vecchio che nei primi mesi di quest’anno ha avuto parecchi “scossoni” – il trasporto nella capitale francese per la mostra “Napoli a Parigi” con successivo ritorno, il prestito al Museo diocesano napoletano e ora il viaggio ulteriore per la mostra di casa nostra – e ha necessitato quindi di preoccupazioni e cure. Un lungo viaggio, ancora quest’ultimo, ad attraversare pressoché l’intera penisola, fatto di mille precauzioni, la continua osservazione dal satellite, un funzionario del ministero e i carabinieri del Nucleo Tutela patrimonio culturale in un accompagnamento senza sosta, un camion con la temperatura e l’umidità controllate e un rimorchio di grandi dimensioni per contenere una tela che misura 266 x 213; e ancora il parcheggio nella Citroniera e il posizionamento nella sala posta al primo piano della reggia, tramite una gru, che lo proteggerà sino al 15 settembre. La “Flagellazione” è sola nel vasto spazio, una stanza tutta per sé, a circondarsi di pubblico, a riempire gli occhi di chi guarda.
Nel periodo più tragico e combattuto della sua esistenza, fatto di risse e di processi, di un omicidio che lo costringe alla fuga da Roma, di una pena capitale che lo mette alla mercé di chiunque lo incontri, Caravaggio pensa ed esegue questo capolavoro, anche di forte natura simbolica, “quasi un passo di danza sul fondo di tenebra”, dove ferma i gesti dei tre figuri che circondano il Cristo alla colonna – già coronato di spine, la fronte bagnate da tre minuscole tracce di sangue, e chiuso nel proprio dolore fisico e in tutta la sua debolezza umana – e procura una grandissima drammaticità in quel contrasto della luce che scende da sinistra e delle ombre, che nelle opere di quegli anni reclamano insistentemente sempre più spazio, un corpo divino illuminato nel suo biancore a contrasto con la pelle brunita dei carnefici. Un corpo classicheggiante, plasticamente inteso e reso, a contrasto con la rozzezza e i grugni, con la bestialità degli aguzzini che gli sono a lato.
Per chi ama Caravaggio è un vedere e un tornare a vedere, un soffermarsi, uno studiare, uno scoprire tracce momenti particolari che appaiono nuovi, un entrare nella storia intima della tela. Ma chiaramente la mostra è La Grande Bellezza dell’arte italiana, è la scelta calibrata e necessaria e condotta con mano estremamente esperta da parte di chi offre a Torino quel percorso: anche se, nel rivedere le mostra e riandando ai viaggi fatti a Napoli, t’accorgi che un posto vuoto lo lasciano Brueghel il Vecchio (“La parabola dei ciechi”) o, allungandoci all’Ottocento, la “Luisa Sanfelice” di Toma, i Domenico Morelli e Boldini e De Nittis: si chiude con “Vesuvius” di Andy Warhol con immenso solluchero per i contemporanei.
Quel percorso ha tappe innumerevoli e importanti a cui fermarsi, “La crocifissione” di Masaccio e di Masolino la “Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma”, “San Gerolamo nello studio” di Colantonio (1445) per gustare i particolari di una pittura che guarda ai maestri fiamminghi e ai provenzali attivi alla corte di Renato d’Angiò, e poi Bellini con la luminosa e paesaggistica “Trasfigurazione” e Tiziano con “Danae” e “Papa Paolo III” in compagnia dei nipoti Alessandro, “Il Gran Cardinale”, e Ottavio, l’”Antea” del Parmigianino, serva o amante del pittore, forse donna sconosciuta che è l’allegoria della bellezza ideale, giustamente posta a immagine della mostra, Annibale Carracci e Guido Reni, Artemisia Gentileschi più “autobiografica” che mai nel tagliare la testa di Oloferne che con tutta probabilità ha le sembianze di Agostino Tassi, suo stupratore. Il giusto confronto da i due “Apollo e Marsia” di Jusepe de Ribera e Luca Giordano, il grandioso Solimena, l’Estasi di Santa Cecilia di Bernardo Cavallino, “La famiglia di Ferdinando IV di Borbone” firmato da Angelica Kauffmann sul finire del Settecento, al centro di un rigoglioso paesaggio, mentre i piccoli eredi accarezzano un cane, suonano l’arpa e giocano divertiti con un filo tra le mani.
Elio Rabbione
“Cara Giulia …”, ennesima vittima di femminicidio
Domenica 18 agosto, ore 21
Il viso dolce, sorridente e spensierato, ancora piacevolmente “segnato” dai tratti freschi e genuini dell’adolescenza; il berretto un po’ “a sghimbescio”, larga breccia a capelli scuri lasciati liberi d’incorniciarle il bel viso. Negli occhi la voglia, tanta voglia di vita, la generosità ben chiara di un’anima semplice e buona, affacciata a un mondo in cui riversare mille speranze e mille sogni. Tanti sogni. E’ questa l’immagine di Giulia Cecchettin, cristallizzata nel tempo dalle cronache (di quelle in cui non vorremmo mai più imbatterci) arrivata a noi, ai nostri occhi e ai nostri cuori per restarci a vita. Ed è questa anche l’immagine di copertina del libro a lei amorevolmente dedicato da papà Gino per ricordare l’unicità di quella figlia e il dolore (mai trasformato in odio e impenetrabile rancore) lasciato in eredità dalla scomparsa della piccola grande Giulia, vittima nel novembre scorso dell’amore “malato” del suo ex fidanzato, Filippo Turetta. Dal titolo “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia” (ed. Rizzoli), il libro (realizzato insieme allo scrittore padovano Marco Franzoso) sarà presentato domenica 18 agosto (ore 21) dallo stesso Gino Cecchettin, nell’ambito della rassegna “Incontri” – in collaborazione con la “Libreria Mondadori” di Ivrea – al valdostano “Forte di Bard”, nel corso di una serata guidata dal libraio Davide Gamba e dalla giornalista Cristina Mastrandrea.
“Con questo appuntamento il ‘Forte’ – sottolineano gli organizzatori – intende presentare, nell’ambito delle proprie iniziative culturali, una riflessione su una vera e propria piaga sociale nel tentativo di contribuire a costruire una società libera dalla violenza sulle donne, compiendo un passo verso quella necessaria rivoluzione culturale che può produrre un cambiamento reale”.
Giulia aveva solo 22 anni, era una studentessa di “Ingegneria Biomedica” dell’Università di Padova, prossima alla laurea, con discussione della tesi già fissata per il 16 novembre 2023. Sennonché, due giorni dopo, il 18 novembre, un sabato mattina poco prima di mezzogiorno, il suo corpo privo di vita (colpito da numerose coltellate alla testa e al collo) viene ritrovato dalla squadra cinofila della “Protezione Civile” del Friuli Venezia-Giulia in un anfratto roccioso nei pressi del lago di Barcis, nel Pordenonese. Di lei non si avevano più notizie dall’11 novembre. Da una settimana esatta, quando Giulia insieme all’ex fidanzato Filippo (oggi in carcere a Verona), si era recata in un “Centro Commerciale” di Marghera per acquistare un paio di scarpe in vista dell’ormai imminente cerimonia di laurea. L’ultima uscita con quel ragazzo che diceva di amarla e il cui amore era diventato ossessione. Ossessione senza limiti. Ossessione omicida. Orfana da soli pochi mesi della mamma Monica, Giulia lasciava in un oceano di disperazione papà Gino, la sorella Elena ed il fratello Davide e il suo caso, l’efferatezza del suo omicidio, turbò a tal punto le coscienze da diventare simbolo “in assoluto” del femminicidio, trasformando la manifestazione del 25 novembre contro la violenza sulle donne (contro i “figli sani del patriarcato e della cultura dello stupro”, come gridò ad alta voce la sorella Elena) in un’assordante “onda di rumore”.
Il libro, presentato a Bard, è parte di un progetto più ampio a sostegno delle vittime di violenza di genere (compresa la realizzazione in corso di una specifica “Fondazione” in memoria di Giulia) e contiene le parole di un padre che ha scelto di non restare in silenzio. Un appello potente alle famiglie, alle scuole e alle Istituzioni. Dal giorno dei funerali della figlia, Gino Cecchettin ha scelto di condividere il proprio dolore cercando di affrontarlo e renderlo costruttivo perché possa essere di aiuto alle giovani e ai giovani del nostro Paese. In questo libro, attraverso la storia di Giulia, si interroga sulle radici profonde della “cultura patriarcale” della nostra società.
“Giulia era una portatrice di valore aggiunto – ebbe occasione di dire papà Gino, presentando il libro nel maggio scorso al ‘Salone del Libro’ di Torino – ed io mi sono ispirato a lei per tutto quello che è venuto dopo. Lei negava la violenza sotto qualsiasi forma … Ho vissuto il suo valore per 22 anni e penso che gli italiani in una sola settimana abbiano capito chi sia stata e chi sia Giulia”.
L’ingresso all’incontro è gratuito.
Per info: tel. 0125/833811 – prenotazioni@fortedibard.it
Gianni Milani
Nelle foto di Laura Panno: Cover libro e Gino Cecchettin
Proviamo a fare chiarezza sulla bollente questione delle autonomie regionali.
E partiamo, come doveroso se vi vuole capire l’essenza del problema, da dati storici.
Realizzata l’unità d’Italia, lo Stato emanò la prima legge che regolamentava gli enti locali con L.20/3/1865 (“Legge Ricasoli”), ripartendo il territorio in provincie, circondari, mandamenti e comuni. Le provincie, in particolare, si configurarono come “sede di decentramento dell’amministrazione centrale” con a capo il prefetto, un funzionario nominato dal governo per verificare la rispondenza degli atti degli enti locali alle leggi statali.
I poteri degli enti locali furono fissati con un decentramento amministrativo con le leggi del 21 maggio 1908 n. 269 e la legge 4 febbraio 1915, n. 148 (i Testi unici delle leggi comunali e provinciali).
Nel Regno d’Italia, pertanto, le regioni non esistevano come enti territoriali.
La nascita delle regioni può essere fissata nel 1870, quando un certo Pietro Maestri raggruppò a fini statistici e didattici le provincie in “circoscrizioni territoriali”, rimpiazzando i precedenti compartimenti che ricalcavano gli stati preunitari.
Il termine “regione” apparve come sostituto del termine “compartimento” per la prima volta nell’Annuario statistico italiano del 1912. Fino a quel momento le regioni erano una pura espressione geografica, del tutto priva di contenuti in termini di compiti istituzionali e poteri amministrativi.
La nascita ufficiale delle regioni come enti territoriali risale al 1948, quando l’art.114 della Costituzione stabilì che “La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni”, precisando che “Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione.” (art. 115)
Si fissarono anche in 19 le Regioni: Piemonte; Valle d’Aosta; Lombardia; Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia-Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzo e Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna. (art. 131)
A Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige/Südtirol (costituito dalle Provincie autonome di Trento e di Bolzano) e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste furono concesse forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
Peraltro l’innovazione rimase lettera morta per decenni, in assenza delle leggi ordinarie che precisassero con chiarezza, compiti, funzioni e poteri della nuova entità.
La svolta avvenne solo negli anni ’70, con un primo parziale trasferimento di poteri dallo Stato alle Regioni e con le prime elezioni che sancirono l’avvio dell’amministrazione decentrata e la realizzazione della prima autonomia (o, volendo usare una terminologia oggi ossessivamente usata negli slogan, si approvò un decreto “spacca Italia”).
L’impianto decentrato fu ulteriormente potenziato nel 2001 con legge costituzionale n. 3/2001 che riscrisse l’intero Titolo V della Costituzione, sovvertendo i tradizionali rapporti tra Stato centrale ed enti periferici.
Infatti l’art.114 venne riscritto come segue: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Provincie, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Provincie, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.”
La modifica sembra di poco conto, con la nascita delle città metropolitane e con l’inversione dell’ordine degli enti territoriali rispetto al testo originario fissato dai padri costituenti, ma in realtà fu l’inizio di una rivoluzione che creò enormi problemi nella ”coabitazione” fra potere centrale e potere locale, anche per la mancata chiarezza delle sfere d’influenza, con l’avvio di centinaia di contenziosi e cause presso il TAR.
Un primo, importante cambiamento riguarda la struttura dello Stato, non più identificato con la Repubblica ma come parte di quest’ultima, sullo stesso piano delle altre entità territoriali che la compongono. Un palese declassamento per valorizzare e potenziare l’autonomia locale. In quell’anno finì la posizione di primazia dello Stato, che fu spezzettato fra venti Regioni, un centinaio di Provincie, una decina di migliaia di Comuni.
Un secondo sostanziale cambiamento fu l’introduzione di nuove materie in cui le Regioni potevano ottenere autonomia, prevista dall’art.116 della Costituzione; e non in maniera e con procedura uniforme, ma ognuna per conto suo, su espressa richiesta da approvare con accordo con il governo da ratificare in Parlamento.
Le materie in questione sono:
- quelle oggetto di “potestà legislativa concorrente”, (previste all’art.117 della Costituzione). Le materie in questione sono rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni, commercio con l’estero, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione professionale, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, alimentazione, protezione civile, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, previdenza complementare e integrativa, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
- alcune tra quelle indicate al secondo comma dell’art. 117, ovvero organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Fu in quel momento, e non oggi, che nacque il cosiddetto “regionalismo differenziato”.
Insomma, la Costituzione è stata stravolta, ma ben pochi hanno protestato, anche perché la Costituzione stessa prevede, saggiamente, che il testo possa essere modificato, rispettando precise procedure!
Procedure rispettate anche con il disegno di legge presentato dal Ministro Calderoli ed approvato in via definitiva dal Parlamento nel giugno 2024, scatenando un movimento di pesante opposizione con raccolta di firme per indire un referendum abrogativo.
Ogni opinione è lecita, ma i fatti sono indiscutibili: la riforma è legittima, l’autonomia differenziata è prevista dalla Costituzione, è stata approvata vent’anni fa da governi diversi da quello attuale formati dai partiti che oggi vogliono bloccare il completamento della riforma del Titolo V della Costituzione da loro modificato…
Gianluigi De Marchi
demarketing2008@libero.it
La mostra storica e artistica intitolata “Palazzo Lascaris e i suoi abitanti”, allestita nelle sale del piano terreno di via Alfieri 15, è stata prorogata al 3 gennaio 2025. Orario di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17 (festivi e 16 agosto esclusi). Ingresso gratuito.
In questi mesi (la mostra è stata inaugurata il 25 marzo) centinaia di persone hanno apprezzato le ricerche storiche e gli approfondimenti legati ai quattrocento anni di vita di uno dei più sontuosi e meno noti palazzi barocchi del centro di Torino, trasformato nel tempo da residenza aristocratica in sede di uffici. La mostra ha la curatela del direttore della Fondazione Cavour di Santena Marco Fasano ed è stata allestita grazie ai numerosi prestiti di oggetti e documenti forniti dalla Camera di Commercio di Torino. Ai visitatori viene dato in omaggio il catalogo.
Il presidente Davide Nicco e l’intero Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, che si è insediato lo scorso 22 luglio, ha deciso di prorogarne l’apertura per permettere ai nuovi consiglieri di conoscere la storia del palazzo che li ospiterà per i prossimi cinque anni ed anche per riaprire le visite alle scolaresche: al link http://www.cr.piemonte.it/prenotazionevisite/scuole/scegli-data le classi possono prenotare la visita gratuita il giovedì o il venerdì mattina tra il 26 settembre e il 20 dicembre 2024.
Il giorno di Ferragosto a Torino alcuni musei sono gratuiti. Ecco il link con tutte le informazioni per un giorno di festa all’insegna della cultura:
https://www.turismotorino.org/it/esperienze/cultura/musei-e-fondazioni/i-musei-piu-visti
A CURA DI TORINO CLICK – Da Palazzo Madama alla GAM, dal MAO al Museo del Cinema, oltre all’Egizio, ai Musei Reali e a molti altri, l’offerta culturale a disposizione di turisti e torinesi rimasti in città è ampia e variegata.
GAM, MAO e Palazzo Madama saranno aperti con orario regolare e tariffe speciali: un euro sarà infatti il costo del biglietto per poter accedere alle mostre temporanee dei tre musei e per ammirare le collezioni permanenti di MAO e Palazzo Madama. Chiusa la mostra permanente della GAM per lavori di riallestimento. Percorsi guidati nei tre musei sono disponibili su prenotazione (011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com) nei seguenti orari: GAM ore 15 mostra Expanded – I paesaggi dell’arte; ore 16:30 mostra Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte; MAO ore 10.30 Gallerie dedicate a Cina e Giappone; ore 12 Gallerie dedicate a Asia Meridionale e Sud-Est Asiatico, Regione Himalayana e Paesi Islamici dell’Asia; ore 15 mostra Tradu/izioni d’Eurasia Reloaded; ore 16.30 Gallerie dedicate a Cina e Paesi Islamici dell’Asia; Palazzo Madama: ore 11 e ore 15 – visita alle collezioni Da Porta Romana a Castello a Museo; ore 16.30 – visita alla mostra Change!
Il Museo del Risorgimento sarà aperto con il consueto orario di visita 10-18, ultimo ingresso alle ore 17. A Ferragosto, alle ore 11 e alle ore 16, sono previste visite teatralizzate, da prenotare obbligatoriamente al numero 011 5621147. Sarà inoltre visitabile la mostra Torino al futuro. La cultura d’impresa, la cultura dell’innovazione, a cura dell’Unione Industriali e la piccola mostra Passioni allo specchio: la Contessa di Castiglione e l’Album Nigra.
Il Museo del Cinema sarà aperto in orario 9-20 con ultimo ingresso alle ore 19. Ad attendere i visitatori la mostra MOVIE ICONS. Oggetti dai set di Hollywood, un’esposizione che esplora i generi cinematografici attraverso oggetti iconici, costumi, memorabilia, manifesti e materiali pubblicitari dei principali cult movie hollywoodiani degli ultimi decenni.
Aperto anche CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, in orario 11-19. Due le esposizioni in corso, una dedicata all’americana Margaret Bourke-White, grande maestra della fotografia del ‘900, e Bar Stories on Camera, la mostra realizzata in collaborazione con Galleria Campari e Magnum Photos che prpopone un racconto per immagini, dagli anni trenta all’inizio del nuovo millennio, del mondo dei bar e della cultura legata a questi luoghi di socialità.
Il Museo Egizio osserverà orario prolungato dalle 9 alle 20 per mostrare ai suoi visitatori il nuovo allestimento del corredo funebre della regina Nefertari, tornato a Torino dopo un lungo viaggio in vari musei del mondo.
Il Museo Pietro Micca sarà aperto in orario 10-18 e ingresso gratuito. Visite guidate alle 10.30, 14.30, 15.30 e 16.30 su prenotazione.
La Fondazione Accorsi-Ometto sarà aperta in orario 10-20 e ingresso alla tariffa speciale di un euro. Anche le visite guidate, previste alle ore 11.30, 17.30 e 18.30, saranno al costo agevolato di tre euro.
I Musei Reali saranno aperti in orario 9-19, chiusura della biglietteria alle ore 18.
Apertura straordinaria per le Gallerie d’Italia, con ingresso gratuito e orario 9.30-19.30, ultimo ingresso alle ore 18.
Sarà aperta, infine, anche la Basilica di Superga, visitabile dalle ore 10.30 alle 19.
Il finanziamento per l’Edilizia Universitaria e le Grandi Attrezzature 2024 andrà ad aggiungersi ai fondi già stanziati per l’ampliamento e la riqualificazione degli spazi
Il Segretariato Generale del Ministero dell’Università e della Ricerca ha annunciato la ripartizione dei 75 milioni di euro stanziati dal Fondo per l’edilizia universitaria e le grandi attrezzature per l’anno 2024, come previsto dal Decreto Ministeriale n. 774 del 10 giugno 2024.
Al Politecnico di Torino andranno 1.027.871 euro, attribuiti in proporzione al numero degli studenti in corso iscritti ai corsi di laurea e di laurea magistrale nell’area scientifico-tecnologica, come indicato dall’articolo 1 comma 2 del Decreto.
La notizia è stata accolta con soddisfazione dai vertici dell’Ateneo, che grazie al cofinanziamento ministeriale presenterà un ambizioso programma di interventi di efficientamento energetico che interesseranno l’involucro e gli impianti degli edifici, anche in un’ottica di building automation per il controllo e il monitoraggio dei consumi energetici. Saranno inoltre realizzati progetti finalizzati all’adeguamento alle norme sulla sicurezza del patrimonio edilizio.
“Il programma di interventi si inserisce nel quadro delle azioni previste per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nel 2040, ovvero 10 anni prima del traguardo fissato a livello internazionale – sottolinea il Rettore Stefano Corgnati –abbiamo già pronto un piano di interventi ambizioso, in linea con gli obiettivi di transizione ecologica e con il piano di sviluppo edilizio che guidano il mio mandato”
Il Ferragosto profano
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Scrivendo un augurio per i suoi 80 anni al vescovo Alfonso Badini Confalonieri, gli ho anche augurato buon Ferragosto, ma il presule che risiede a Bardonecchia, mi ha ricambiato parlando di Festa dell’Assunta. Ferragosto è festa pagana anche se in effetti è difficile pensare alla festa della Vergine Assunta il 15 d’agosto. Questa che viviamo non è una società laica, ma profana, involgarita da tutte le aberrazioni sessuali che hanno intaccato anche le basi minime della civiltà occidentale. Questa è la civiltà edonistica ed iper permissiva fondata sul nichilismo relativistico. Una società ludica che ha perso ogni valore morale. È il modello di Vattimo e di Murgia iperesaltato da una stampa sempre più illeggibile. Oggi parlare di Festa dell’Assunta appare persino un qualcosa di irreale. Meglio stare ai carnai nudisti delle spiagge e alle mangiate di cibi sempre più lontani dal buon gusto italiano e alle bevute smodate, accompagnate dalla droga che si vorrebbe naturalmente libera. Questo è il punto di arrivo di una scuola dell’eterna vacanza che lascia i giovani senza guida e senza buoni esempi. In questo contesto anche solo una festa famigliare diventa sempre più rara perché le coppie aperte hanno distrutto l’idea stessa del matrimonio che viene scelto da una minoranza, malgrado esista oggi un divorzio lampo che scioglie rapidamente ogni legame a prescindere dai figli. Gli esempi da beatificare sono Da Andre’ e Vasco Rossi, i miti nefasti dei nostri giovani indotti da ex giovani che non hanno avuto orizzonti culturali più alti da trasmettere alle nuove generazioni e che dedicano piazze a De Andre’ teorico e praticante della trasgressione e della illegalità. Questo è il Ferragosto 2024, dominato da una società in caduta libera, destinata a sfaldarsi. Con i miti retro’ del fascismo e dell’antifascismo di 80 anni fa si fomentano le polemiche e si rinverdiscono gli odi, non si costruisce nulla di serio e duraturo perché si guarda solo al passato e non al futuro.
Tanto sport, ma non solo. C’è tanto altro nei Camp estiviorganizzati da ValleBelbo Sport. L’attività, che aderisce al format EduCamp del CONI e mira ad offrire a bambini e ragazzi un’esperienza sportiva multidisciplinare di qualità, educativa e divertente, utile per la crescita individuale e collettiva dei giovani, va oltre gli obiettivi di conoscenza, diffusione, avviamento e pratica di varie discipline. Quest’anno, infatti, grazie alla stretta collaborazione con istituzioni e organizzazioni del territorio e al supporto della Delegata del CONI di Asti Lavinia Saracco, sono state proposte ai partecipanti delle attività civiche ed educative che hanno riscosso un tangibile interesse nei partecipanti di tutte le età. In particolare, nel corso dell’estate, i partecipanti ai Camp hanno trascorso una mattinata sportivo-ambientale conPlogging Academy e Valle Belbo Pulita (con Claudia Solaro e Simona Scarrone), hanno visitato la casermaVigili del Fuoco di Nizza Monferrato e hanno scoperto mezzi e strumenti a disposizione per il soccorso (grazie al coordinamento di Massimo Gandolfo, vice capo del Distaccamento Volontari di Nizza Monferrato), hanno compiuto una passeggiata naturalistica alla scoperta delle caratteristiche della vegetazione fluviale sotto la guida di Valle Belbo Pulita (guidati da Stefano Pregno, guida naturalistica, Simona Scarrone e Romano Terzano), hanno assistito alla presentazione dell’attività del volontario della Croce Verde di Nizza Monferrato che ha illustrato anche i fondamenti del primo soccorso, prima di trascorrere una interessante mattinata formativa al Centro Operativo di Polizia Cibernetica con gli operatori della Polizia di Stato della Questura di Asti (grazie al supporto del questore Marina Di Donato). “Promuovere uno stile di vita sano e attivo attraverso la pratica sportiva multidisciplinare, educare ai valori dello sport come fair play, rispetto, inclusione, solidarietà e responsabilità sono mission primarie delle nostre attività – sottolinea il Direttore Sportivo della ValleBelbo Sport Pino Palumbo – Inoltre, nei nostri camp, offriamo gli strumenti per sviluppare competenze trasversali come lavoro di squadra, leadership, problem-solving e comunicazione e vogliamo sensibilizzare i giovani all’importanza dell’impegno civico e del volontariato, anche rafforzando il legame con la comunità locale e le associazioni presenti sul territorio”. “I ragazzi hanno affrontato queste attività civiche con molta disponibilità e con intento propositivo – conferma Adele Corapi, responsabile dello Swim Camp in Orangym a Nizza Monferrato – devo ammettere che famiglie e scuola stanno compiendo un buon lavoro in questo senso perché tutti partivano da una buona base di conoscenza. Crediamo nelle collaborazioni con le realtà locali, siano esse istituzioni, organizzazioni di volontariato oppure associazioni sportive: questo aspetto della sinergia sul territorio, per noi è molto importante sia per l’attività di base, sia per il settore agonistico. Reputiamo che sia un grande valore aggiunto offrire queste opportunità ai giovani, proponendo loro alcune ore di attività di educazione civica – conclude Adele Corapi – e siamo orgogliosi di contribuire alla crescita di buoni cittadini che saranno gli adulti e dunque i riferimenti di domani”. |
Come aveva previsto Arpa Agenzia regionale per l’ambiente, anche oggi pomeriggio, come in buona parte del Piemonte, il maltempo ha colpito per più di un’ora a partire dalle 17 la città di Torino. Si sono registrati disagi al traffico e allagamenti.
Forte vento, grandine e pioggia hanno sferzato i quartieri della città.
Diversi gli alberi abbattuti (nella foto di copertina all’angolo tra i corsi Einaudi e Galileo Ferraris). L e temperature sono scese di 15 gradi, da 34 a circa 20 gradi.