ilTorinese

Attenzione alla truffa telefonica del curriculum

Centinaia di utenti sui social stanno raccontando  di una strana telefonata ricevuta sul cellulare: non cascateci.

In questi giorni, vi è forse capitato di ricevere una telefonata su cellulare che dice: “abbiamo ricevuto il tuo curriculum, aggiungici su WhatsApp per parlare di lavoro”. A me è successo due volte solo nell’ultima settimana. Ebbene, si tratta di una truffa informatica. Molti utenti su Facebook, X, Linkedin stanno raccontando l’accaduto anche se non sono in cerca di lavoro e non hanno inviato candidature di recente.

Aggiungendo su WhatsApp il numero, potreste ricevere un link su cui cliccare. In questo modo potreste scaricare un virus che potrebbe rubarvi i dati, accedere ai vostri conti bancari o, come già abbiamo documentato negli anni, contattare i vostri familiari, amici e conoscenti per chiedere loro del denaro.

Ricordate che un’azienda seria, alla ricezione del vostro curriculum, vi contatta direttamente per proporvi un colloquio. Se ricevete questo tipo di telefonate, bloccate il numero. Probabilmente riceverete da numeri diversi la stessa chiamata, poiché esiste un sistema per generare numeri, ma in nessun modo contattate questi scammer, truffatori in inglese, tra I vostri contatti.

Se invece siete stati truffati, rivolgetevi al commissariato di zona per sporgere denuncia oppure contattate la polizia postale di Corso Tazzoli 235.

Infine, una raccomandazione per gli anziani. Dal momento che non tutti usano i social o leggono iltorinese.it, se avete un parente anziano, o un vicino di casa, spiegategli la truffa e mettetelo in guardia. Sono loro, purtroppo, le categorie più esposte alle truffe telefoniche.

Lori Barozzino

“Folk Songs” diretti da Robert Treviño con l’Orchestra Rai per il centenario della nascita di Luciano Berio

A celebrare il centenario della nascita di Luciano Berio sarà l’Orchestra Nazionale della Rai, e il suo direttore principale Robert Treviño, che nel concerto di giovedì 13 marzo, alle 20.30, proporranno Folk Songs per voce e orchestra del grande compositore italiano nato a Imperia nel 1925 e morto a Roma nel 2003. La serata, in programma all’Auditorium RAI Arturo Toscanini di Torino, è trasmessa in diretta su Radio 3 e in live streaming sul portale di Rai Cultura. Replica venerdì 14 marzo alle ore 20.

Il Folk Songs di Luciano Berio nacquero nel 1964 per voce e sette strumenti, come omaggio  all’intelligenza vocale di Cathy Berberian, all’epoca moglie del compositore e ispiratrice della musica del Novecento. Successivamente furono trascritti per varie orchestre. Si tratta di 11 canti popolari provenienti da diverse parti del mondo che Berio disse di aver trovato su vecchi dischi, su antologie o di aver raccolto dalla viva voce di amici.

“Li ho reinterpretati ritmicamente, metricamente e armonicamente – ha scritto il compositore – il discorso strumentale ha la funzione di suggerire e commentare quelle che mi sono parse le radici espressive, cioè culturali, di ogni canzone”.

A interpretarli  chiamata il mezzosoprano Justina Gringyté, premiata come giovane cantante dell’anno agli International Opera Awards nel 2015 e ospite regolare di teatri come l’Opéra de Paris, la Royal Opera House di Londra , il Teatro Real di Madrid e il teatro Bol’šoj di Mosca.

Nella seconda parte del concerto, Treviño proporrà la Sinfonia n.4 in Do minore op.43 di Dmitrij Šostakovič, una delle composizioni più emblematiche del compositore russo. L’autore, fortemente sotto pressione a causa del regime staliniano, che aveva già colpito la sua opera una “Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, la dovette ritirare per timore delle pesanti ritorsioni destinate agli artisti che si opponevano al realismo socialista. La Sinfonia potè vedere la luce soltanto alcuni anni dopo la morte di Stalin.

Robert Treviño è direttore musicale dell’Orchestra Nazionale Basca e consulente artistico dell’Orchestra Sinfonica di Malmö. Quarantunenne, di origini messicane, è cresciuto a Fort Worth, in Texas, e si è imposto all’attenzione internazionale al Bol’šoj di Mosca sostituendo Vassily Sinaisky sul podio del “Don Carlo” di Verdi. Con l’Orchestra della Rai, della quale è direttore ospite principale, nell’autunno 2021 è stato protagonista di una brillante tournée in Germania, che ha toccato Francoforte, Colonia e Amburgo

Biglietti in vendita presso la biglietteria dell’Auditorium e online sul sito OSN Rai

Info: 011 8104653

“Discreto, riservato, gentile”, questo era Silvano Gherlone, punto di riferimento alla Davico

Negli spazi della Galleria Fogliato, fino al 29 marzo

 

“Quel passage fra piazza Castello e piazza Carlo Alberto, così parigino, così infallibilmente borghese, un mondo da sempre, dalle origini, di ieri, una flânerie che ha il respiro di un’educazione antica, canforata, sobria, eppure non avara di leggerezza di ‘médisances sublimes’, di passi non irregimentati…”.

Così quelli che sono quasi i “versi” di Bruno Quaranta, con Sabatino Cersosimo e Gianfranco Schialvino a rendere omaggio a un luogo concepito nelle architetture di Pietro Carrera e nelle decorazioni di Casanova e Rubino, nell’apertura di un cielo – lassù, il rifugio torinese di Nietzsche -, la galleria dovuta alla Banca dell’Industria Subalpina ma per tutti i torinesi “del Romano”, un tempo cafè chantant dove anche il filosofo scendeva a distrarsi il pomeriggio, dove Gozzano e le “signore e signorine” sceglievano le paste da Baratti, dove trovi oggi il ristorante e la scelta perfetta dei vini o les affiches d’antan, dove da poche settimane la Luxemburg s’è spostata a offrire libri e colazioni impiegate a sfogliare pagine, dove fino a ieri in piena fortuna entravi alla Davico, divenuta adesso unico occhio spento di rinnovate vetrine, pronta a cogliere anch’essa, dal buio, il dibattito tra verzure sì e verzure no; e a un uomo, Silvano Gherlone, che la Davico la aprì nel 1971 e avrebbe deposto le armi nel 2004, “una bomboniera gioiello foderata di velluto color tortora”, annota la memoria di Schialvino critico e amico, “l’ambiente ideale, il paradigma del successo e dell’affermazione”, delineando “la filosofia della galleria”, fatta di “qualità, perfezione ed eleganza” che s’allargano in prestigio e signorilità e stile, una filosofia che accoglieva i grandi maestri contemporanei come le leve più recenti, con un gusto che oltrepassava i compiti primi di un gallerista e sconfinava nel “supporto” e nell’”amicizia”. Così Cersosimo, che di quell’amicizia godette per lunghi cinque anni, e certo ancora oltre, dal 1999 al 2004, in qualità di assistente, scolaro riflessivo e onnivoro, prima che prendesse la via della capitale tedesca “per rinnovare la mia ricerca artistica”. Ancora Schialvino: “Una luce per ogni quadro, fu opera dell’architetto Danilo Nubioli e, assolutamente innovativo per l’epoca, ancora oggi resterebbe attualissimo (il progetto dell’ambiente, ndr) per quella che è stata per anni una delle più belle gallerie d’arte della città”.

“A Silvano. 35 anni alla Galleria Davico” s’intitola la mostra – negli spazi della Galleria Fogliato di via Mazzini sino al 29 marzo, fatta di una lunga gestazione, “un’idea condivisa con gli amici Anna Lequio e Fiorenzo Sarzano” – che i tanti artisti e collezionisti e critici contaminati dalla sua signorile amicizia gli hanno voluto dedicare a circa quattro anni dalla scomparsa. Palpabile, quella amicizia, ancora durante l’inaugurazione che s’è svolta nei giorni scorsi, aneddoti e pensieri e suggestioni, i “mi ricordo quando” che fioccavano, l’importanza dell’”io ci sono stato”, di un tempo che ancora nell’occasione hanno ritrovato la propria ragion d’essere. Una ‘recherche’ nella vita di ognuno. Una lunga sequenza, un interminabile nastro artistico, settanta nomi a testimoniare un’epoca, la convinzione che da quelle stanze “ovattate” sia passato un buon tratto della cultura torinese.

Difficile, impossibile citare tutti. Non soltanto per l’abbondanza dei numeri, ma perché – io credo veramente – sarebbe necessario, ad ogni opera, ricercare il motivo di una scelta, il tassello di un percorso ben delineato, l’innamoramento e la scoperta, sarebbe necessario chiarire a chi ha incontrato Gherlone soltanto negli ultimi istanti della sua attività che cosa lo portasse a individuare questo piuttosto che quell’artista, giovane e meno giovane, quattro passi dalla vicinissima Accademia, quanto coincidessero o si distanziassero la predilezione e l’intimo studio, il più approfondito giudizio. C’è l’antica corrente dei Surfanta, c’è il mostro verde e spiaggiato di Alessandri e “Il rinoceronte assunto”, imponente animalone sulla nuvola soffice di Abacuc (Silvano Gilardi), il nodoso e antico ulivo pugliese di Renato Balsamo, il bambino sperduto al di sopra di  quella macchia nera che lo allontana dal gioco collocato nell’autobiografia di Guido Bertello (1983), ci sono “Le due sorelle” di Carlo Cattaneo (del 1983) ed “Esperimento per uomo sdraiato e natura astratta” di Cersosimo, Mauro Chessa ed Enrico Colombotto Rosso, una “Meteora” di Riccardo Cordero e il nudo femminile nell’”Interno” di Italo Cremona, c’è l’India dai grandi corsi d’acqua e dagli alberi altissimi dovuti a Stefano Faravelli, c’è la bella scoperta di Philippe Garel con una “Nature morte au citron”, ci sono i tratti raffinati e altresì inquietanti delle “Oche principesse” e di una delle tante bambine di Titti Garelli e i pastelli di Vincenzo Gatti, il mondo egizio di Ezio Gribaudo a ricordo della mostra del 1973, il felicissimo Riccardo Tommasi Ferroni con “Natura morta con testina d’abbacchio” della collezione Sarzano-Rizzollo.

C’è il carboncino entusiasmante di John Keating, il corpo nascosto tra le pieghe del lenzuolo, e il teatrino di Luzzati, i “Piantatori” di Giovanni Macciotta (1960) e lo “Studio” di Anna Lequio (2023), acquerello dedicato all’amico Silvano, il viso di ragazzo di Pino Mantovani e la “Silvia” classicheggiante di Ottavio Mazzonis e il nervoso e impennato cavallo ad accompagnare il “Bellerofonte” di Raffaele Mondazzi, i tetti invernali e imbiancati di Aime e il mare di Vinicio Perugia, il “Raccolto” poetico – l’antica assoluta poesia di sempre – di Sergio Saccomandi e il ragazzo di Lorenzo Tornabuoni, la “Ginnasta con la palla” che testimonia ancora una volta l’arte di Sergio Unia. Nomi, un nastro di nomi, un punto di riferimento prezioso e oggi non dimenticato, un punto di confronto per quanti con lui hanno amato l’arte, Silvano Gherlone è stato il gallerista prezioso e attento, giudicante e accogliente, l’uomo che consolidava un percorso già avviato o poteva dare inizio a una carriera, con intelligenza e con simpatia, poteva affermare un futuro valore, correggeva e indirizzava. Silvano Gherlone era “discreto, riservato, gentile”, scriveva ne La Stampa Bruno Gambarotta all’indomani della sua scomparsa: e l’affetto che ancora circola, oggi, tra le pareti della Fogliato ne è l’esatta testimonianza.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Silvano Gherlone e Sabatino Cersosimo nel 2018 davanti ad alcune opere dell’artista; Guido Bertello, “L’uccellino di latta”, 1983, acrilico su tela (coll. Bertello); Giovanni Maciotta, “Piantatori”, 1960, olio su tavola (coll. privata); Lorenzo Alessandri, “Ma perché mi odiate tanto”, 1976, olio su masonite (coll. privata)

Mara Favro, dai resti confermata una morte violenta

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L’analisi dei resti di Mara Favro, la donna somparsa lo scorso anno dopo una giornata di lavoro in pizzeria a Chiomonte, attesta che  sarebbe morta a causa di numerose coltellate. L’assassino l’avrebbe uccisa e poi ne avrebbe nascosto il corpo  nei boschi di Gravere,  lungo il fiume Dora. Qui nei giorni scorsi carabinieri e vigili del fuoco avevano trovato le sue ossa.  La vittima potrebbe essere stata colpita più volte alla schiena mentre tentava di fuggire.

Madre e figlia prese a calci per pagamento in ritardo dell’affitto

A Ivrea una famiglia in affitto aveva chiesto di pagare in una rata cumulativa la quota di marzo e aprile. Il proprietario dell’appartamento ha replicato tagliando luce e gas  e si è presentato con quattro persone da madre e figlia in affitto intimando loro di lasciare immediatamente la casa chiedendo di firmare un documento. Al rifiuto della donna, secondo quanto da lei dichiarato, sarebbe stata presa a calci e pugni e la figlia spinta dalle scale. Tre persone coinvolte sono state denunciate dalla polizia.

Giuseppe Luigi Lagrange, nato Lagrangia a Torino

«Chi ha ottenuto notorietà all’estero, dovrebbe averla anche in patria» giusta affermazione, ma, e gli insuccessi? «in tal caso non tutto va detto» intervento pronto di qualcuno ….


Noi però crediamo che la verità storica non debba mai essere sottaciuta (e neppure addomesticata per soddisfare agli interessi di qualcuno). Cercherò allora di dirvi perché intendo parlare di Lagrangia (nome con il quale, nel 1736, il nostro personaggio venne registrato nell’atto che, primo, testimoniala sua venuta alla luce proprio a Torino).

Negli anni scorsi, Torino ha dedicato meritate attenzioni al matematico Giuseppe Luigi Lagrange (Torino, 1736 –Parigi, 1813), che, con il medico Cigna e il conte Saluzzo, fu fondatore della Società Privata che originò poi la nostra Reale Accademia delle Scienze. Così, nell’autunno del 2013, furono allestite una mostra e una pubblicazione di 128 pagine illustrate, sotto il titolo: «Lagrange. Un europeo a Torino». La scelta di quelle parole, però, non fu moltofelice perché, enfatizzando il cognome francese, sembravavoler dar lucro alla Città recuperando alla causa un transalpino! Operazione questa del tutto inutile e almeno non necessaria, perché si sa che, proprio da Torino,partirono personaggi e iniziative che ebbero successo in tutto il mondo.

Ora però andiamo alle pagine di quel volumetto, frutto dellacollaborazione di alcuni specialisti.

Nulla da eccepire sulle disamine attente degli storici della scienza, e meno male che si è anche ricorsi a studiosi come Maria Teresa Borgato e Luigi Pepe che al matematico«Lagrange» avevano già dedicato un elegante volumetto (illustrato di 206 pagine, edito a Torino nel 1990), nel quale, senza segnalarlo, si fece emenda della genealogia famigliare di Antonio Manno, sostituendo addirittura anchei nomi di alcuni personaggi riferiti da lui. – Disdicevole comunque era la divulgazione di questi nuovi elementi di storia famigliare, senza tener conto di quanto altri, più vicini a noi nel tempo, avevano scritto sull’argomento. Ricorderò allora che i nobili Lagrange sono stati argomentodel prezioso saggio, intitolato «Familles de La Grange La Grange –d’Arquien & La Grange – Trianon», facilmente accessibile in rete, dove fu pubblicato da Etienne Pattou nel 2006, con “dernière mise à jour: 21/02/2022 sur http://racineshistoire.free.fr//LGN, che nulla dice del nostro scienziato, delle sue origini e della sua famiglia. Per le commemorazioni torinesi del 2013, quindi, sarebbe stato auspicabile che si rendesse noto il luogo in cui, in Francia, nacque l’antenato suo che per primo si trasferì in Piemonte(evidentemente, i polverosi documenti dell’Archivio di Stato scoraggiarono le ricerche e si decise di lasciare le carte tranquille, tutelate dal loro silenzio centenario)!

Però, siccome quel nome di famiglia è presente negli Stati Sabaudi al di là dei monti, viene da segnalare che, su quelle zone, pubblicò Hippolyte Tavernier (Taninge et ses environs. Mémoire descriptif et historique, 1888,) rilevandola presenza dei Lagrange in Faucigny (la terra, fin dal XIV Secolo, frequentata dai nostri antenati). La circostanza ètaciuta non solo dal Manno, ma anche dal Pattou, che neppure nomina, in Savoia, l’esistenza storica di un marchese Lagrange, Jacques Abraham Raimond, morto nel 1854, e di un suo nipote, Marie Frédéric conte de Lagrange,sposo di Marie Antoinette Burdet (1828-1899), la figlia di quell’Aimé (1790-1862), libraio e tipografo della famosa stamperia di Annecy (il cui titolare, fregiato del titolo di «Imprimeur de l’Evêché et du Clergé», iniziò a operare nel 1732, con Jean-Baptiste da Seyssel, avolo di Aimé. mentresuo figlio Charles, che pure si era impratichito nella professione a Parigi, avrebbe ceduto la proprietà della libreria ad Abry nel 1872, e quella della tipografia a Niératnel 1876).

Ciò detto mi scuserò per questa digressione(genealogicamente basata su Geneanet-Albero genealogico Pierre Blanc, e storicamente su studi di S. Coutin, nostri e di altri), ho fatto cenno di un ramo collaterale del casato del quale porto il nome, quindi, forte dei miei studi ultraventennali sul XVIII Secolo, già opportunamente pubblicati (con contributo della Regione Piemonte e titolo:Carlo Antonio Napione (1756 – 1814), Artigliere e scienziato in Europa e in Brasile, un ritratto, Torino, Celid, 2005, 2 tomi illustrati di pp. XVI+940], farò una doverosaemenda puntualizzando quanto fu scritto, undici anni or sono, su Lagrange in merito al suo rapporto con le Scuole di Artiglieria torinesi.

Studiando le origini dell’Artiglieria Piemontese infatti, ho ritrovato, letto, trascritto e pubblicato (nel tomo 1° di quella mia opera) diversi documenti conservati tra le Carte Antiche d’Artiglieria alle Sezioni Riunite dell’Archivio di Stato di Torino. In particolare l’«Informazione rassegnata a S.M. dal Direttore Generale delle Scuole d’Artiglieria D’Antonj, nella quale si descrivono i motivi dello stabilimento di dette Scuole, le addizioni fatte in seguito al primiero Regolamento, i mezzi, ed i modi adoperati dal medesimo Direttore per conseguire il fine, cui mira tale Stabilimento, ed i progressi, che ne sono derivati da tutte le disposizioni prese a tale riguardo» datata 17 ottobre 1776. Poiché in quelle pagine è chiaro che «si è dato principio li 2. del 1770 a un quarto Corso di studj teorici colla scelta di nuovi Cadetti ... Questo corso, è stato terminato in fine d’Agosto 1776 coll’esito descritto nella memoria de’ 6. Luglio del Direttore generale, e nella relazione del primo Settembre dello stesso anno per le scuole teoriche. Le materie insegnate in questo Corso sono le medesime già spiegate nel Corso precedente a norma delle addizioni del 1755, con questo divario però che siccome i trattati matematici formati da’ due diversi soggetti (§10H) quantunque esimj in se medesimi, erano fra essi slegati a segno, che hanno non pocco imbarazzato gli studenti, così il Direttore generale ha per questo corso rifatti essi trattati, di modo che nell’escludere ogni diramazione non necessaria alla professione d’Artigliere, e d’Ingegnere, ha procurato di condurre gli Allievi per la strada più breve, e facile all’acquisto di quelle notizie, che per essi sono indispensabili» e, in nota, il generale  Papacino andava chiarendo: «Il talento sublime del sostituito La Grangia, che con tutta ragione lo ha collocato fra i primi Accademici d’Europa, non le ha permesso di sminuzzare i rudimenti a noi necessarj, onde hanno giudicato rettamente coloro, che nell’altro corso ne hanno censurato i trattati per essere troppo elevati, metafisici, difusi in materie estranee, e mancanti d’applicazione alle professioni d’Artigliere, e d’Ingegnere. Ma se taluno pronunciasse lo stesso giudizio sulli insegnamenti fatti in quest’ultimo corso, si dimostrerebbe digiuno in queste materie».

Grazie a quanto scrissi sul nostro Napione, queste notizie avrebbero potuto essere prese in considerazione, perLagrange, infatti i miei due tomi, già pubblicati da otto anni, erano presenti, non solo in Italia, ma nelle principali biblioteche del mondo però, su quell’opera, ritornerò ancora , in questa sede.

Carlo Alfonso Maria Burdet

Scienza di confine. Non ancora provata, ma in attesa di…

Venerdì 14 marzo il GARAGE DI ARTE e CULTURA propone una conferenza che sarà di sicuro impatto.

Siamo da secoli immersi nella realtà scientifica, una realtà che per approvare ogni scoperta deve sottoporla a verifiche ripetibili in laboratorio. Una volta dimostrata l’autenticità della scoperta, questa sarà infine presentata a esperti internazionali che ne valideranno accettazione e utilizzo pratico, almeno quando possibile (l’astronomia ha scienze provate ma poche volte praticamente utilizzabili).

Ci sono però avvenimenti, esistono storie, testimonianze, ritrovati archeologici che, pur nell’impossibilità di poter fornire prove tangibili, ci invitano a domande su chi veramente siamo e se la realtà che ci circonda è così limpida e lineare come ci viene raccontata.

La serata del prossimo venerdì si incentra attorno all’eredità spirituale ed intellettuale di Giancarlo Barbadoro, indiscusso leader de IL LABORATORIO DEL GRAAL, scomparso qualche anno fa.

Colto studioso di Religioni, antropologia, archeologia, ha lasciato in eredità al Gruppo un approccio alla conoscenza non convenzionale, non dogmatico, non vincolato a pregiudizi e preconcetti culturali o intellettuali, come le sue pubblicazioni hanno sempre dimostrato.

Alla ricerca di intelligenze diverse” – per esempio – è un suo famoso testo del 1991 nel quale l’argomento della ricerca della vita “al di fuori” della nostra realtà planetaria assume connotati amplissimi che superano i confini entro cui questo argomento viene spesso relegato.

Tornando alle prime righe di questa breve presentazione, quali sono i confini di cui si deve occupare la cosiddetta Scienza? Chi o cosa ha doveri e diritti di stabilire cosa sia “vera “scienza e cosa non lo sia? E soprattutto su quali basi poggerebbero questi limiti?

L’intelligente termine di “Scienza di Confine” considera proprio questo aspetto, mettendo sul tavolo non angolari risposte, ma certamente domande alla nostra sete di Sapere.

Esobiologia, ufologia, reperti archeologici o paleontologici, a detta di molti sono temi desueti e anacronistici perché non spiegabili con i sopracitati metodi convenzionali.

Giancarlo Barbadoro ha, però, lavorato tutta la vita per indicarci che tanti ritrovamenti, testimonianze o vestigia misteriose (per esempio l’esistenza della mitica Città di Rama) sebbene non provate scientificamente, non sono smentibili perché irreali, ma restano mute testimonianze ancora in attesa di Risposte. Sono quindi Scienza… anche se di confine!

Esiste poi un altro inquietante aspetto da considerare. Il passato, anche prossimo, ha visto studiosi di altissimo livello non accettati o espulsi dai consessi ufficiali per non essersi piegati a centri di potere economico e politico (e a volte per il semplice fatto di essere Donne e non Uomini, oppure di colore, religioni o etnie non gradite) subendo persecuzioni e avversioni di ogni sorta.

Il caso dell’ingegnere serbo-croato Tesla, vittima di tanti insabbiamenti, ma contemporaneamente una delle menti più brillanti del suo tempo, spicca fra i tanti esempi (se ne parlerà al convegno di venerdì). Per finire, come scrisse il filosofo americano Popper, per distinguere la scienza dalle pseudoscienze, questa deve essere sottoposta a tentativi di falsificazione, prove empiriche tendenti a confutarla.

Ma non è il nostro caso perché focus sarà la testimonianza di fatti e reperti non ancora sottoposti a falsificazioni perché … solo ancora in attesa di prove concrete.

SCIENZA DI CONFINE – I casi più clamorosi ai confini della scienza.

Relatori Gianluca Roggero e Roberto Garosci. Moderatrice Rosalba Nattero.

In collaborazione con RADIO DREAMLAND www.radiodreamland.it

VENERDI’ 14 MARZO, ore 21.00 presso il GARAGE DI ARTE E CULTURA, piazza Statuto 15 Torino – ingresso libero

Per informazioni 011530.846

Ferruccio Capra Quarelli

Commemorazione incidenti di volo Carabinieri Volpiano

RAVELLO: OMAGGIO ALLO SPIRITO DI SACRIFICIO E ALLA QUOTIDIANA ABNEGAZIONE DI CHI INDOSSA LA DIVISA E SERVE CON ORGOGLIO E LEALTA’ LO STATO.

“Gli incidenti di volo di Inverso di Pinasca nel 1984 e di Volpiano nel 1998, nel doveroso e commosso ricordo degli otto Carabinieri che persero tragicamente la vita in servizio, ci ricordano lo spirito di sacrificio e la quotidiana abnegazione di chi indossa la Divisa e serve con orgoglio e lealtà lo Stato. Chi scompare in simili circostanze non sopravvive solo nei cuori dei propri cari, ma anche nella memoria collettiva dell’Arma e dell’intera Comunità”. Ad affermarlo Roberto Ravello, vice Capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Piemonte, intervenuto oggi alla cerimonia commemorativa presso il monumento dei caduti e la sede del 1° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Volpiano.

“In un momento storico in cui le Forze dell’Ordine sono bersaglio di chi vuole sovvertire lo stato di diritto e la democrazia, di chi demonizza la legalità e le regole, rendiamo onore a chi difende i valori dell’Occidente e la nostra libertà: nulla di automatico, scontato e immutabile, ma un tesoro da proteggere e che, a volte, esige il prezzo più alto”.

“Oltre il fashion gap”, la moda di domani secondo IED Torino

 

 

“La moda è da sempre il riflesso della società e delle sue mutazioni, testimone dei cambiamenti culturali e identitaria del proprio tempo- racconta Paola Zini, direttrice di IED Torino – Parte da qui il progetto di un fashion film che non documenti solo una sfilata, ma sia un viaggio emozionale nel contesto del “caos creativo” che oggi i fashion designer si trovano ad affrontare”.

“Fashion Gap” è una pellicola dietro le quinte con diverse chiavi di lettura che, attraverso le immagini di backstage e di momenti progettuali, tra i rumori della città di Torino e testimonianze dal vivo, esplora a fondo come prendano vita le proposte creative degli studenti del Corso Triennale in Fashion Design e dà voce alla loro visione di un futuro possibile.

Ne è nato un manifesto che immagina un domani dove la qualità prevale sulla quantità, che guarda al passato reinterpretando i codici classici in una nuova prospettiva contemporanea.

Dieci outfit, progetto di tesi di altrettanti giovani stilisti, sono protagonisti del video realizzato dallo studio Comodo64 e dal regista e fotografo di moda Ivan Cazzola che, con uno sguardo originale e provocatorio, porta sullo schermo il processo creativo e le idee che lo hanno ispirato.

L’era di contrasti che vive la moda oggi, in bilico tra l’effimero dell’immagine digitale che alimenta un mercato sempre più veloce e la spinta verso il ritorno all’artigianalità, diventa lo spunto di partenza per indagare i temi più diversi, dall’impatto degli oggetti sulle relazioni sociali e sulla necessità di riscoprirne l’essenza, alla ricerca di un rifugio interiore e protezione attraverso la moda, alla rappresentazione della fluidità del tempo e della sua percezione, fino all’analisi critica della nostra società. Ciascun progetto unisce elementi di arte, moda e design, indagando il rapporto tra individuo e collettività, invitando alla riflessione sull’equilibrio ecologico, l’evoluzione delle idee e l’impatto del passato sul presente , attraverso tecniche innovative e simbolismi che sfidano la visione tradizionale della realtà.

“In IED – continua Paola Zini – stimoliamo i nostri studenti a vivere il fashion design non solo come una forma estetica, ma anche come un’opportunità per riflettere e rispondere alle sfide del presente con creatività e consapevolezza, senza perdere di vista la cultura e l’arte sartoriale che hanno reso celebre la tradizione italiana”.

Attraverso il confronto costante con i docenti e la coordinatrice del corso Alessandra Montanaro, gli studenti hanno prima prototipato virtualmente e poi partecipato attivamente alla produzione dei capi della propria linea, selezionati e confezionati con l’aiuto dei docenti di modellistica, Ilaria Turchetti e Gianpiero Capitani, con le pelli e i tessuti messi a disposizione dalle aziende leader Rino Mastrotto e Berto.

Ne sono nate collezioni che, seppur diverse nel concept e nelle tecniche di realizzazione, riflettono però una visione ben precisa, quella del corso di Fashion Design di IED Torino, che si distingue per una metodologia progettuale che unisce la cura per il dettaglio all’uso di strumenti digitali, come l’innovativo software CLO3D, con una grande attenzione a ogni fase della produzione, dallo sketch a mano libera fino al confezionamento dell’abito finito.

In classe gli studenti acquisiscono, infatti, capacità tecniche e artistiche, imparando a selezionare i materiali e a valorizzare la manualità. In questo approccio si innesta anche una particolare sensibilità alla sostenibilità e all’inclusività, promuovendo una moda che assimila le istanze delle nuove generazioni e celebra la diversità, permettendo a ogni giovane designer di sviluppare un proprio stile attraverso un percorso creativo che culmina in una tesi espressiva e personale.

La forte influenza dell’estetica urban, che identifica lo stile e richiama anche il contesto territoriale e il background in cui si sviluppa il corso, Torino ex città industriale con una storica vocazione all’innovazione, ritorna anche nel video. Il palcoscenico in cui sfilano i modelli sono, infatti, le strade di San Salvario, ma soprattutto gli ambienti della nuova sede Marconi di IED Torino, il cui progetto di riqualificazione, realizzato all’insegna dell’uso consapevole delle risorse e firmato dallo studio di architettura Mercante Testa, invita a trasformare l’ordinario in straordinario. Cuore pulsante dei nuovi spazi sono i laboratori di sartoria e accessori, dove i capi prendono vita, nel video e nella realtà. Qui e nell’Archivio gli studenti possono sperimentare materiali, filati, stoffe per approfondire la conoscenza delle diverse fibre e texture e lasciarsi ispirare.

In questo nuovo hub creativo trovano casa in particolare gli oltre 250 studenti iscritti ai corsi dell’area moda, dai Trienni in Fashion Design e Design del gioiello e accessori, ai corsi di Formazione Continua in Visual Merchandising e Clo 3D al Summer Camp in Fashion Graphics. Si tratta di un ampio ventaglio di opportunità di studio per esplorare le nuove tendenze e trasformarle in ispirazioni, imparare le tecniche e i processi di lavorazione, collaborando con alcuni dei più importanti brand del settore italiani e internazionali.

 

Mara Martellotta

In visita al Salone del Vino

Il Salone del Vino di Torino è tornato alle OGR Torino per la sua terza edizione: un evento dedicato all’eccellenza vitivinicola del Piemonte e alla ricchezza del suo territorio. Da sabato 1 a lunedì 3 marzo, le OGR Torino sono state coinvolte più di 500 cantine, tra gli stand, le masterclass e i talk in programma, offrendo a wine lovers e professionisti/e un’esperienza unica all’insegna della cultura del vino.
Alle OGR Torino è stato possibile scoprire cantine provenienti da tutto il Piemonte: dalle realtà artigiane alle storiche eccellenze vitivinicole. A completare l’esposizione vitivinicola era presente una sezione dedicata a rappresentanze nazionali e internazionali. Al Salone del Vino Torino era possibile incontrare consorzi, associazioni di tutela e promozione, enoteche regionali e una vasta selezione di cantine. Un’occasione per approfondire il panorama enologico piemontese e conoscere i vini di altre regioni e paesi.
Ecco alcuni vini che mi sono particolarmente piaciuti:

Josetta Saffirio

Barbera d’Alba Superiore 2022
Vigne di 10 anni a Roddino, sulle bucce per 5 giorni , affinamento 13 mesi 50% Barrique 50% botte francese da 3000; e poi tre mesi di cemento .
Barolo Comune dí Monforte 2019
Le uve provengono dai Cru Perno per il 40% e da Castelletto per il 60% , sulle bucce per 21 giorni poi acciaio e quindi affinamento per 19 mesi in botte francese da 3000 per il 90% e Barrique per il 10%. Poi due mesi di cemento.
Barolo Ravera Novello 2019
Mt 450, terreno soprattutto roccioso, sulle bucce per 21 giorni; vinificazione in acciaio e 18 mesi di botte francese da 1500 e poi in bottiglia .
Barolo Castelletto Riserva 2017 Monforte
Vigne del 1948 ed in media oltre sessant’anni, mt 420 terreno prevalentemente sabbioso, sulle bucce per 30 giorni, fermentazione solo in Barrique, poi 25 mesi in botti da 1500 quindi ceramica da 3 a 6 mesi .

Cascina Valle Asinari

Barbera d’Asti 2022 San Marzano Oliveto
Vigne di 20 anni, mt 300 , terreno prevalentemente sabbioso limoso, sulle bucce per 10 giorni poi cemento quindi 3 mesi di botte grande di Slavonia da 5000 e poi di nuovo cemento per almeno 1 mese .
Barbera d’Asti Superiore 2022
Stesse vigne di 20 anni ,selezionate nella parte centrale intorno a 200 mt, cemento poi affinamento 10 mesi in botte di rovere di Slovenia da 5000 poi di nuovo cemento per 2 mesi .
Barbera Nizza 2020
Vigne vicino a Moasca, mt 300, vinificato in cemento poi 20 mesi di botte grande Slavonia non tostata da 5000 e poi di nuovo cemento .

Luca Leggero

Erbaluce TURCIAURA 2023
“Torchiato d’oro”
Vigne del 2015, Villareggia (To), terreno composto da sabbia ciottoli e detriti morenici,
7 mesi di anfora poi leggero passaggio in tonneaux usato per 20 giorni .
Erbaluce Rend Nen 2022 e 2021
“Non rende !”
7 mesi di anfora , acidità alta da 3 ph
Langhe Dolcetto Retro’ 2023
Vigne a Murazzano, metri 750, ceppi del 1940 in parte reimpiantati nel 2014, sulle bucce 10 giorni vinificato in acciaio
Canavese Nebbiolo La Vila 2022
Mt 250/350 , clone picotenero, terreno con scheletro glaciale composto da sabbia, vinificato in acciaio poi 10 mesi di botte Rovere austriaco da 2500 e 5000 e poi tino troncoconico di Garbellotto poi 5 mesi di anfora .
Canavese Nebbiolo Maura Nen 2021
“Non matura !”
Gran Cru selezione sulle masse di Nebbiolo , terreno roccioso ,sulle bucce per 30 giorni poi 10 mesi di botte grande austriaca e minimo 6 mesi anfora alla fine .Molto buono .

Giro di vite

Pinerolo (To)
Vertuj 2023
Vigne di 5 anni di Bian Ver, metri 450 ,versante sud /ovest, terreno prevalentemente sabbioso e con componenti di argilla , 0 giorni sulle bucce, tenuto a 0° per tre giorni poi a 16° per circa 20 giorni. Buonissimo.
Carbune’ 2020
Vigne di chatus , vinificazione a cappello sommerso per 20 giorni e poi 24 mesi di tonneaux di media tostatura e poi 3 mesi in acciaio . Buonissimo.
Arcansiel 2021
Vigne di Ramìe ad alberello, vendemmia tardiva, 15 giorni sulle bucce ,vinificato in acciaio poi 12 mesi di Barrique usate e poi di nuovo acciaio .
Elianta 2022
Vigne di Malvasia moscata, verificate in acciaio, 40% sulle bucce e 40% senza bucce .
Errante 2021
Blend di 30% di Freisa 40% di Barbera e il resto Bonarda e dolcetto . vinificato in acciaio.
Scarpentà 2022
Vigne di 15 anni, terreno composto da graffite, mt 500 , vinificato in acciaio poi 12 mesi di Barrique . Fantastico!

Dellerba

Pinerolo (To)
Remu 2024
Vigne degli anni 70, terreno minerale e composto da graffite, 15 giorni sulle bucce ,vinificato in acciaio , 30% di Barbera 70% di vitigni autoctoni pinerolesi .
La Bifa D Bòsch 2023
” non me la racconti giusta “
vigne di Barbera pinerolese, 15 giorni sulle bucce , 8 mesi di botte francese di secondo passaggio da 1000 .
Brigate Neir 2023
Vigne di Freisa zona Santa Brigida, vigne del 2016,15 giorni sulle bucce, vinificato in acciaio, 10 mesi di botte francese da 1000 e poi di nuovo acciaio .molto buono .

Stefano Rossotto

Chieri
Albugnano Jubè 2021
Mt 400 , terreno marnoso e sabbia, 40 giorni sulle bucce , vinificato in acciaio poi 12 mesi di Barrique usate e poi di nuovo acciaio.
Freisa Andvinà 2022
Sulle bucce per 35 giorni, vinificato in acciaio poi 9 mesi di Barrique usate per il 50% e poi di nuovo acciaio.

La Tribuleira

Santo Stefano Belbo ( Cn)
Albarossa Carlò 2021
Vigne di 23 anni, terreno sabbioso con marne, mt 250 , versante s/e , 15 gg sulle bucce , vinificato in acciaio e poi 24 mesi di botte rovere di Slavonia da 1500 e poi di nuovo acciaio .
Nascetta lunica 2022
Terreni sabbiosi con marne ,mt 250, vers s/e , vigne 20 anni , vinificato in acciaio , 6 mesi sulle bucce fini.

Le Marie

Barge (To)
Debarges 2022
Nebbiolo 100%, terreno di roccia, oltre mt 400 sulle bucce per sei giorni, vinificato in acciaio e poi 10 mesi di botte di rovere di Slavonia da 2500 .
Barbera 2022
Terreno di roccia, oltre metri 400, sulle bucce per 10 giorni vinificato in acciaio per 12 mesi.

Cascina Gilli

Castelnuovo Don Bosco (AT)
Arvelè 2021
100% Freisa , mt 360 , versante s/e , terreno Marna argillosa grigio azzurra con importante componente calcarea, vinificato in acciaio poi 24 mesi Barrique usate .
Albugnano Notturno 2021
100% Nebbiolo Albugnano, mt 440, versante s/e
terreno marna argillosa grigia con importanti componente calcarea, sulle bucce per 15 giorni ,minimo 12 mesi 70% in botte grande 30% Barrique usate .
Alla prossima !
LUCA GANDIN