redazione il torinese

Raccolta rifiuti. Festività Natalizie e Porta a Porta

AMIAT INFORMA

In occasione delle festività natalizie, il servizio raccolta rifiuti porta a porta subirà delle modifiche. Si invitano pertanto i cittadini ad attenersi ai giorni di esposizione indicati nel presente comunicato e consultabili sul sito Amiat www.amiat.it.

In particolare, Amiat non effettuerà il servizio di raccolta nei giorni festivi:

Lunedì 25 dicembre 2017

La raccolta di carta e cartone è stata anticipata a sabato 23 dicembre, mentre gli Imballaggi in plastica, il vetro e le lattine, i rifiuti organici e rifiuti non recuperabili verranno raccolti nella giornata di domenica 24 dicembre.

 

Lunedì 1 gennaio 2018

La raccolta di carta e cartone verrà anticipata a sabato 30 dicembre, mentre gli Imballaggi in plastica, il vetro e le lattine, i rifiuti organici e rifiuti non recuperabili verranno raccolti domenica 31 dicembre

Il servizio di raccolta si svolgerà invece regolarmente nelle festività di martedì 26 dicembre e sabato 6 gennaio 2018.

I cittadini dovranno esporre le attrezzature di raccolta esclusivamente nei giorni in cui è previsto lo svuotamento dei contenitori, avendo cura come sempre di conferire i rifiuti all’interno degli stessi, evitando l’abbandono di rifiuti accanto ai cassonetti.

 

Natale in Terra Santa

FOCUS  INTERNAZIONALE di Filippo Re

É Natale in Terra Santa, a Gerusalemme, a Betlemme, a Gaza e nei Territori palestinesi, anche se in tono minore per il clima di scontro che si è acceso sulla questione della Città Santa. Nella tradizionale lettera di fine anno i capi religiosi delle chiese locali ribadiscono il loro appello a proteggere lo status quo di Gerusalemme, “dono sacro per tutto il mondo”, fino a un giusto accordo di pace fra israeliani e palestinesi. É Natale anche nelle terre martoriate della Siria e dell’Iraq. Anche qui si attende la nascita di Gesù in un clima di festa e di speranza nonostante la grandi difficoltà del momento. Come nel monastero di Deir Mar Musa, 80 km a nord di Damasco, dove le luci del Natale accolgono i pellegrini. Nella Siria disastrata da sei anni di guerra cristiani e musulmani si ritrovano di nuovo nel convento fondato da Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano rapito nel 2103 nella zona di Raqqa e scomparso nel nulla. Lo fanno sapere i monaci e le monache della comunità monastica che promuove il dialogo tra cristianesimo e islam in una lettera natalizia in cui raccontano i preparativi per le feste imminenti. Sono numerose le famiglie cristiane e musulmane che in questi giorni salgono insieme al convento che ha vissuto periodi travagliati prima con il regime siriano e poi a causa della follia jihadista. La comunità comprende anche il monastero di Mar Elian nel governatorato di Homs, distrutto dagli islamisti nell’estate del 2015. Un messaggio di speranza giunge anche dalla piana di Ninive in Iraq dove l’Isis, nonostante la ferocia mostrata durante l’occupazione contro i musulmani e le minoranze, non è riuscito a cancellare la presenza cristiana.

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Nel villaggio di Tellskuf è rinata la chiesa di San Giorgio che era stata distrutta e profanata dai miliziani del califfo. I jihadisti sono stati cacciati e i cristiani sono tornati e ora possono pregare di nuovo nella loro chiesa ricostruita con i fondi stanziati dall’associazione Aiuto alla chiesa che soffre (Acs). Nonostante tragedie, violenze e immense sofferenze ci sono ancora le energie per preparare degnamente il Natale. Spuntano presepi nelle case e nelle strade, addobbi natalizi un po’ ovunque e le chiese sono pronte per la messa della vigilia. Ultimi preparativi anche nei villaggi cristiani della piana di Ninive già rimessi in sesto, almeno parzialmente, dai volontari e dai tecnici inviati sul posto dall’Acs grazie ai quali oltre il 30% dei cristiani, circa 6000 famiglie, sono rientrati nelle proprie abitazioni. Il paese più fortunato è Tellskuf, presso Mosul, che un anno fa era un villaggio fantasma e distrutto in gran parte, e ora il 70% delle famiglie, quasi tutti cristiani caldei, vi ha fatto ritorno. L’immediato restauro della chiesa di San Giorgio e della statua della Madonna decapitata dai fanatici dell’Isis ha segnato la ripresa delle attività della Chiesa. Tellskuf fu occupata dai miliziani dell’Isis nell’estate 2014 ma la sua sorte fu meno drammatica rispetto a quella di tanti altri paesi abitati da cristiani e yazidi attorno a Ninive. Fu ripresa dai peshmerga curdi dopo poche settimane e divenne una linea del fronte tra i combattenti iracheni di Barzani e le forze del Califfo che più volte attaccarono senza successo la roccaforte curda. Gli abitanti erano nel frattempo fuggiti ad Alqosh o a Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno. La rinascita della piana di Ninive liberata dall’Isis si avverte anche nella cittadina di Karamles dove quasi 300 famiglie sono rientrate nelle loro case e vivono con gioia l’attesa del Natale, come essere usciti da un lungo incubo durato tre anni.

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Oggi la loro vita sta tornando lentamente alla normalità e i sacerdoti caldei, sopravvissuti alla ferocia dei tagliateste di Al Baghdadi, hanno celebrato le prime funzioni religiose in attesa del Natale. I problemi non mancano e sono comuni a tutti i paesi della piana di Ninive. Centinaia di case, incendiate e bombardate, devono essere ricostruite e mancano quasi del tutto i servizi pubblici come il riscaldamento e l’elettricità che viene erogata poche ore al giorno. Servono denaro e tempo ma ciò che le chiese irachene temono di più è l’instabilità politica della regione a causa della quale molti cristiani sono scappati all’estero in questi ultimi anni e difficilmente torneranno nelle loro terre. Quasi 250.000 caldei vivono già negli Stati Uniti e 50.000 in Australia e la fuga potrebbe continuare. Anche ad Aleppo nella vicina Siria, città martoriata per anni e semi-distrutta, la vita riprende a poco a poco. L’appello del vescovo caldeo Antoine Audo, ai donatori internazionali, ai ricchi del mondo, è esplicito: ” la mia Aleppo riprende vita ma dipendiamo ancora dal vostro aiuto. Vi prego, sostenete i pochi cristiani rimasti in modo che possano continuare a restare in Siria”. I danni in città sono enormi. La fornitura di acqua e luce è stata ripristinata anche se i blocchi sono frequenti. In città la paura del nemico sembra scomparsa e vi è una lenta ripresa delle attività ma i cristiani rimasti sono pochi. Erano 150.000 e ora sono 40 mila. Anche le chiese, gli ospedali e gli ambulatori sono dimezzati dopo il conflitto, trovare medicine non è facile e l’80% dei medici ha abbandonato la Siria. Anche ad Aleppo i volontari e i tecnici dell’Acs portano avanti un lavoro ammirevole e tra i progetti della campagna di Natale vi è anche il sostegno all’ospedale Saint Louis diretto dalle suore di san Giuseppe dell’Apparizione, uno dei pochi rimasti in piedi dopo i massicci bombardamenti. Il premier irakeno Al Abadi ha annunciato con grande enfasi la fine della guerra contro l’Isis ma ciò che sopravvive è l’ideologia jihadista radicata almeno in una parte della popolazione. “La guerra santa, si legge nei siti della propaganda del Daesh, proseguirà senza interruzioni”. Senza il ritorno alla stabilità politica ed economica la minaccia del terrorismo sarà sempre dietro l’angolo e l’Isis tornerà con un altro nome e un altro volto feroce.

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La sconfitta del Califfato segnerà davvero il ritorno dei cristiani? Alcuni sono già tornati e altri torneranno ma in questi territori non si formerà di nuovo quel mosaico multietnico di cristiani, yazidi e di altre minoranze che ha contraddistinto per secoli la vita di questa regione. La storia dei cristiani d’Oriente sembra prossima alla fine e per riportarci i cristiani ci vorrebbe forse quel “piano Marshall” che il segretario di Stato vaticano Parolin invoca da tempo. Nel frattempo gli attacchi contro i cristiani non cessano neanche alla vigilia delle festività natalizie. Natale di sangue in Pakistan per un attacco kamikaze contro una chiesa cristiana metodista a Quetta con centinaia di persone che stavano seguendo la funzione religiosa. Sono morti tredici fedeli e altri 55 sono rimasti feriti. Poteva essere una strage molto più grave e solo la pronta risposta della polizia ha evitato lutti maggiori. I pakistani celebrano il Natale molto intensamente e tutte le chiese organizzano varie attività per l’intero mese di dicembre. Nella provincia pakistana del Beluchistan spadroneggiano gruppi armati di separatisti, talebani e gruppi jihadisti e gli attacchi contro le minoranze religiose sono frequenti. Il capo dell’esercito ha parlato di “attacco ai nostri fratelli cristiani” nel tentativo di “rovinare le celebrazioni natalizie”. Timori di attentati durante le festività natalizie anche in Egitto dove il governo ha mobilitato le forze di sicurezza in tutto il Paese. La comunità copta cristiana fu duramente colpita nella domenica delle Palme con gravissimi attentati contro due chiese, a Tanta, a nord del Cairo e ad Alessandria, di fronte alla cattedrale di San Marco.

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

 

L’odissea dei torinesi

Dovevo capirlo subito che era una di quelle cose  che nascendo male finiscono peggio. Esco di casa un mattino , per un appuntamento di lavoro , e guardando la buca delle lettere, abitudine che mi accompagna da sempre, scopro che mezz’ora prima era passato un incaricato, della più nota azienda torinese di consegne private ,lasciando l’avviso con sopra scritto : ore 8.15 assente. Ma come ? , eravamo in due in casa?! Passano alcuni giorni e mi reco in Via Giannone , 5 a Torino – Ufficio ritiro Atti Giudiziari , e trovo una folla strabocchevole , fin sulle scale. Rinuncio e vado via. Ci riprovo qualche giorno dopo, idem. La settimana dopo mi organizzo, mi armo di pazienza e ci ritorno. Gli uffici, recenti , trasferiti dalla storica sede di Via Bellezia (retro Municipio) , il 30 agosto 2016 , mostrano l’incuria, assenza  di pulizia , scale lerce e con una coltre di polvere e smog, cartello indicazioni sbilenco , porta d’ingresso , tagliafuoco, mai pulita dalla posa in opera, un mare di mozziconi di sigarette per strada e sul marciapiede, fumatori maleducati ma senza portacenere diventa difficile esserlo, sala gremita con persone fuori come gli uffici postali di lontana memoria il primo giorno di pagamento delle pensioni. Cinque sportelli, non tutti in funzione , con gli addetti pressati quasi fisicamente da infuriati cittadini che oltre a dovere ritirare multe, ingiunzioni, cartelle di pagamenti varie, devono aspettare  ore in orario di lavoro. In questo caso il luogo comune sui dipendenti pubblici che non lavorano  è smentito clamorosamente. Al di qua una folla multiforme al di là migliaia di buste e plichi accatastate sui tavoli e in gialli contenitori che quasi travolgono chi ci lavora.
 
Ritiro il mio numero ,dal distributore automatico, un tagliando con intestazione , data ora e numero di utenti che mi precedono e cioè 104! Dalla mancata consegna sono passati i cinque giorni che permettono il pagamento scontato del 30%, che , attenzione, non partono dal ritiro ma dalla data della mancata consegna, anche se ero a casa ma risultavo assente. Quindi multa piena, maggiorazione e dodici euro di spese di notifica,  praticamente il doppio. Oltre l’usura!  Mi chiedo se è civile e giusto , anche quando si deve pagare una sanzione, dovere andare tre volte. L’orario  poi, dalle 8.30 alle 14 con l’ufficio n piena ZTL e quindi non accessibile a tutti fino alle 10,30 , in un ufficio indegno di tale nome e aspettare delle ore? Dopo avere salutato altri malcapitati che conoscevo ed avere risposto all’appello di una dipendente sulle condizioni dell’ufficio mi sono informato su quale assessore avesse la delega agli Atti Giudiziari. Cosa ho scoperto? , che è sempre lei, Chiarabella, come la chiama Gabriele Ferraris, il nostro Sindaco. La domanda a questo punto sorge spontanea, ma se ha tanto da fare perché non lascia la delega , ne ha già lasciate diverse, a qualche volenteroso e  capace assessore della sua Giunta? Ce ne sarà almeno uno?! Anzi, già che c’è oltre alla delega lasci proprio tutto , si dimetta , vada a casa, ci faccia il regalo di Natale . E dire che mi ero ripromesso , nel numero natalizio di “Parole Rosse” , di essere buono. Dopo giovedì 21 no, proprio non potevo. Buon Natale a tutti. 

Via il questore, diventa prefetto

Il questore di Torino Angelo Sanna, dopo otto mesi,  lascia l’incarico. “La Stampa” dà notizia della decisione del Consiglio dei ministri di nominarlo prefetto in una provincia ancora da stabilire. A Torino sarà sostituito da Francesco Messina, oggi  questore di Perugia. La promozione di Sanna, fa intendere il quotidiano torinese, farebbe pensare ad un “promoveatur ut amoveatur”, dopo i drammatici fatti dei 1500 feriti e della vittima di piazza San Carlo, che vedono il responsabile della polizia indagato insieme con sindaca e prefetto per presunte carenze organizzative e di controllo.

 

(foto: il Torinese)

AUDIZIONE PUBBLICHE/SAI CHI VOTI: “FINALMENTE APPENDINO HA MANTENUTO GLI IMPEGNI”

 Siamo soddisfatti che il Consiglio comunale di Torino, modificando il regolamento per le nomine nelle aziende partecipate, abbia deciso di introdurre le audizioni pubbliche quale strumento dato ai cittadini, alle associazioni e ai giornalisti per poter rivolgere domande dirette e valutare le competenze dei futuri vertici delle partecipate. Con l’introduzione delle audizioni pubbliche la Sindaca Appendino tiene finalmente fede a un impegno assunto, prima di essere stata eletta nel 2016, con la campagna Sai Chi Voti promossa da Riparte il futuro, Movimento Consumatori e altre 10 organizzazioni della società civile”, dichiara Federico Anghelé di Riparte il futuro. “Il regolamento per le nomine del Comune di Torino – di cui aspettiamo di conoscere tutti i dettagli – permetterà ai cittadini di avere molti più elementi per comprendere chi amministrerà le aziende partecipate: tutti i cv dei candidati saranno online e il prescelto sarà audito pubblicamente. Un significativo passo avanti” – concludono Federico Anghelé e Alessandro Mostaccio del Movimento Consumatori.

A Natale non dimentichiamoci delle condizioni dei carcerati a Torino e in Piemonte

“Si tratta di questioni che riteniamo basilari per impostare un’esecuzione penale diversa e più efficace  Nella maggior parte dei casi è evidente l’assenza o l’insufficienza di spazi dedicati alla socialità, all’incontro fra i detenuti e le loro famiglie o utilizzabili per attività formative e lavorative. E non mancano criticità strutturali dovute alla mancata manutenzione degli edifici e degli impianti, con infiltrazioni d’acqua e riscaldamento insufficiente o sistemi idraulici mal funzionanti, con pesanti ricadute anche sulla salubrità e l’igiene dei locali”. Questo l’ elenco di sfide indicate dal garante regionale dei detenuti, Bruno Mellano,  che l’Amministrazione penitenziaria è chiamata ad affrontare, se non a risolvere, nel corso del 2018. Le problematiche dietro le sbarre sono state presentate a Palazzo Lascaris dal Coordinamento dei garanti piemontesi delle persone detenute. L’incontro, organizzato dall’ufficio del Garante regionale, ha inteso rilanciare un’attività condivisa dai garanti comunali per evidenziare in un’ottica costruttiva le criticità del sistema penitenziario piemontese. In particolare, per il secondo anno consecutivo, è stato illustrato il testo della lettera che il Coordinamento indirizzerà oggi stesso al capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Santi Consolo nella quale si elencano le più pressanti problematiche strutturali per ciascuno dei 13 istituti penitenziari piemontesi. All’incontro sono intervenuti i garanti comunali di Torino Maria Cristina Gallo, Alba Alessandro Prandi, Alessandria Davide Petrini, Biella Sonia Caronni e Ivrea Armando Michelizza. 

Buon Natale di guerra

Natale è da sempre accostato all’idea di pace, eppure in ogni angolo di mondo anche questa ricorrenza della Natività vedrà cruenti conflitti di vario genere. E anche in Italia si è vissuta, in molte occasioni, la situazione che può essere descritta con un ossimoro: “Natale di guerra”.

Un secolo fa il nostro paese era impegnato nel sanguinoso conflitto mondiale a fianco delle potenze dell’Intesa, Francia e Inghilterra, contro i cosiddetti Imperi centrali, ovvero Germania e Austria-Ungheria. In occasione del Natale 1914, quando l’Italia non aveva ancora deciso di partecipare al conflitto, sul fronte franco-tedesco si verificarono fenomeni spontanei di tregua tra le truppe contrapposte, che uscirono dalle rispettive trincee per fraternizzare con il nemico. Per evitare episodi analoghi, che si riteneva potessero indebolire lo spirito combattente, negli anni successivi i comandi ordinarono offensive proprio nei giorni delle festività natalizie.

Ma come si viveva questo “Natale di guerra” nelle retrovie, cioè nella società civile, nelle famiglie che erano in ansia per i loro cari al fronte? Mediante l’archivio online www.giornalidelpiemonte.it abbiamo accesso a decine di testate locali piemontesi pubblicate all’epoca. Il maggior risalto viene dato dai periodici di matrice cattolica che lanciano chiari richiami alla necessità di avviare un percorso di pacificazione, tanto da essere in diversi casi censurati. Avviene così per il Corriere di Saluzzo del 23 dicembre 1916 che nell’editoriale intitolato “Speranze di pace”, reso monco dall’intervento della censura, sottolinea le difficoltà di interrompere il conflitto perché le iniziative di pace provengono dagli Imperi centrali che, in quel momento, stanno prevalendo sui campi di battaglia e hanno conquistato ampi territori europei, per cui “il punto di vista dei due belligeranti si trova agli antipodi… Tuttavia la buona parola è stata pronunziata, ed è già qualche cosa, perché la guerra non può protrarsi indefinitamente, e la pace è precisamente la meta e il risultato finale d’ogni conflitto armato”.

La censura interviene anche sull’editoriale de Il Biellese del 29 dicembre 1916, dal titolo “Verso la pace?”, lasciando pubblicare solamente una rassegna di posizioni espresse da paesi neutrali, come Stati Uniti – non ancora entrati nel conflitto – e Svizzera, dal Papa Benedetto XV, e riportando i commenti espressi dai principali quotidiani. Si può immaginare che le considerazioni dell’articolista censurate fossero connotate da un convinto spirito pacifista, tanto più che all’editoriale segue un nutrito elenco di caduti, originari di diversi centri del Biellese. Lo stesso periodico, un anno dopo, nel dicembre 1917, forse per sfuggire alle forbici del censore, si limita a pubblicare con grande risalto l’appello del Pontefice, con il significativo titolo “L’allocuzione natalizia del Papa ‘Tornino gli uomini a Dio e avranno la Pace!’” Accenti analoghi si trovano già, alla vigilia del Natale 1916, nell’intervento pubblicato da Il Monferrato, che ricorda il triste contrasto di una festa di gioia e di speranza con la situazione in cui versa l’intera Europa, e rivolge un forte auspicio perché “ritorni presto questa desiderata pace, ridoni il ritmo della vita ai popoli, la tranquillità alle famiglie, agli animi di tutti; ma ritorni vittoriosa, salda e sicura per tutti affinché le guerre sterminatrici, terribili ed orribili fra i popoli non abbiano a sconquassare il mondo un’altra volta”.

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Tra questi toni alti e mesti suscita un sorriso retrospettivo la notizia, riportata negli stessi giorni di fine 1916 dal Giornale di Pallanza, che il sindaco della città ha inviato al concittadino generale Luigi Cadorna, all’epoca ai vertici dell’esercito italiano, un telegramma di questo tenore. “Con l’Augurio che nel Natale 1917 Sua Eccellenza possa trovarsi nell’intimità della famiglia, compiuta la Patria nei suoi gloriosi destini”. Fu buon profeta il sindaco Pirola, perché a distanza di dodici mesi Cadorna avrebbe effettivamente passato il Natale in famiglia, essendo stato destituito dal comando dopo il disastro di Caporetto! Dall’insieme dei settimanali cattolici traspare, anche oltre la peculiarità delle feste natalizie, un forte sentimento e richiamo verso la pace, e ciò non deve stupire perché gli ambienti cattolici italiani non furono mai, nel complesso, schierati per l’interventismo, seguendo il magistero di Benedetto XV, di cui resta famosa la definizione della guerra come “inutile strage”.

Tuttavia anche in ambito cattolico non si difetta certo per patriottismo. Lo ricorda ancora il Corriere di Saluzzo che già nel dicembre 1915 pubblica un articolo intitolato “I nostri Seminaristi e la guerra”, segnalando che molti sacerdoti compiono il dovere di soldati “distinguendosi per il valore e per le loro virtù militari”. Tra gli altri si cita il caso del seminarista Michele Geuna, originario di Bagnolo Piemonte, arruolato come sottotenente degli Alpini, che ha ottenuto una medaglia d’argento per aver partecipato “alla presa di Montenero, cui partecipò alla testa dei suoi eroici soldati, ferito per ben sette volte durante la cruenta scalata di quel monte ritenuto imprendibile ed ora salda posizione dei nostri valorosi alpini”. E così anche la Gazzetta di Mondovì, nel primo numero del gennaio 1918 – siamo a poche settimane dalla ritirata di Caporetto – dà ampio risalto all’ordine del giorno approvato da un comitato cittadino per la “mobilitazione civile”, nel quale gli aderenti si impegnano a intensificare “l’azione collettiva sia allo scopo di rendersi utile al nostro valoroso Esercito … sia allo scopo di assicurargli le spalle dai nemici interni”. Con un richiamo neppure troppo velato al malcontento e al disagio sociale che serpeggiava ormai largamente tra la popolazione, soprattutto dopo il negativo andamento della campagna militare nell’autunno del 1917.

 

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Un altro aspetto dell’impegno civile messo in campo dai cattolici è nelle opere di solidarietà destinate ai soldati, agli orfani, ai profughi, ai feriti ricoverati negli ospedali militari, opere che si manifestano con raccolta di fondi, di coperte di lana, di pacchi-viveri, e con l’organizzazione di numerosi eventi collaterali, ai quali i giornali danno ampio risalto, accanto all’elenco sempre più lungo dei caduti “sul campo dell’onore”. Molti soldati dal fronte inviano saluti pubblici e collettivi che i periodici pubblicano, e forse uno dei più simpatici e quello espresso su Il Biellese per il Natale del 1916 in un verace piemontese. “D’an mes la fioca can da fina ai ginui, e n’ partenza par andè deie l’ cambe ai nos alpin, a circa 4000 meter sal livel dal mar, n’ dua la fioca le auta parei d’un pal telegrafich”. Seguono i nomi del “Sargent Givun Steo e Capural Cosa Giuvan (Magnan)” e di numerosi altri alpini e “bocia” della zona.

Da ultimo La Fedeltà, settimanale cattolico di Fossano, sempre nel dicembre 1916 – mentre con un trafiletto pubblicitario ricorda che presso la tipografia Eguzzone si eseguono “le splendide immagini ricordo con ritratto dei militari caduti in guerra” – dà notizia che “la penna gentile di una nostra concittadina, l’egregia Signorina Camilla Bonardi… in mezzo alle cure dedicate come Dama infermiera ai baldi combattenti rimasti feriti o caduti ammalati sul campo di gloria” ha prodotto un “libricino di preghiere e di santi pensieri tutto adatto per i nostri bravi soldati”. Il titolo, manco a dirlo, è “Natale di guerra” e sarà inviato in molteplici copie al fronte, insieme a coperte e generi di conforto.

 

Domenico Tomatis

Stille Nacht: la storia della “notte silenziosa, notte Santa”

natale albero madamaLa prima esecuzione pubblica avvenne nella notte della vigilia di Natale del  1818 durante la Messa nella chiesa di San Nicola di Oberndorf, vicino a  Salisburgo

Era la mattina del 24 dicembre 1818 quando il reverendo Joseph Mohr , allora assistente parrocchiale presso la località di Mariapfarr nel Lungau (località del Salisburghese, in Austria), bussò alla porta di Franz Xaver Gruber, insegnante ad Arnsdorf ed organista ad Oberndorf. Il parroco , che da bambino era vissuto di elemosine,  era giunto nel Salisburghese dalla Baviera, per sfuggire alle guerre napoleoniche, alle macerie e alla miseria. La ragione della visita era dovuta ad una richiesta: musicare un brano da lui scritto per due voci soliste, coro e chitarra. Le parole del testo, intitolato Stille Nacht , ovvero notte silenziosa, erano state scritte dal reverendo già un paio d’anni prima ma occorreva musicarlo. Non sono noti, almeno ufficialmente, i motivi che spinsero Mohr  a fare tale richiesta ma un racconto tradizionale riporta che ciò sarebbe avvenuto in quanto l’organo della chiesa di San Nicola era guasto poiché il mantice era stato rosicchiato dai topi e la riparazione era impossibile in tempi brevi ( e questo spiegherebbe il ricorso alla chitarra). Comunque Gruber non si fece pregare, componendo il brano di getto. Terminato il lavoro, fece vedere la partitura a Mohr che l’approvò . La prima esecuzione pubblica avvenne nella notte dello stesso giorno, la vigilia di Natale del  1818 durante la Messa nella chiesa di San Nicola di Oberndorf, vicino a  Salisburgo, ed il brano venne eseguito dai suoi due autori con Mohr che cantava la parte del tenore ed accompagnava con la chitarra Gruber che intonava la parte del basso. Così, la più celebre melodia di Natale –  “Stille Nacht, heilige Nacht”, notte silenziosa, notte santa – ,  cantata i centinaia di lingue – “Astro del ciel” in italiano, “Silent night” in inglese – nacque quasi per caso. A Oberndorf si può visitare oggi la cappella di “Stille Nacht”, sorta sul luogo dove nel 1817 si trovava la chiesa di San Nicola (distrutta da una piena della Salzach), e un piccolo museo dedicato alla canzone e ai suoi autori. Ogni anno, nella vigilia di Capodanno, in omaggio a Josef Mohr e a Franz Xaver Gruber, la melodia di “Stille Nacht” viene riproposta nel duomo di Salisburgo, dopo il “Te Deum”, così come era stata eseguita la prima volta a Oberndorf. Le luci della cattedrale si attenuano e nella penombra si odono le note di una chitarra, che suona da un alto pulpito affacciato sul transetto. Subito dopo, dal pulpito di fronte, una voce solista canta la prima strofa. Poi le note della chitarra continuano ad alternarsi alla voce solista nelle strofe successive, finché dal fondo della navata si unisce il coro intero. Difficile descrivere la commozione di chi, in chiesa, ascolta ammutolito quella musica. Rimane una curiosità, da svelare. Non tutti sanno che la versione italiana, dal titolo “Astro del ciel“, diventata popolare anche a livello internazionale, non è una traduzione del testo tedesco bensì un testo originale scritto nel secolo scorso dal sacerdote bergamasco Angelo Meli e pubblicata nel 1937 delle Edizioni Carrara di Bergamo.

Marco Travaglini

La “Venere di Torino” del Botticelli è tornata alla Sabauda

La Venere di Botticelli dei Musei Reali di Torino torna all’interno del percorso di visita della Galleria Sabauda, pronta a farsi ammirare dai visitatori per le feste natalizie all’interno della sala del primo piano dedicata ai grandi capolavori.

La “Venere di Torino”, oggi custodita nella Galleria Sabauda dei Musei Reali, proviene dalla collezione Gualino. La prima traccia dell’opera risale al 1844 quanto fu acquistata da un reverendo inglese, che in seguito la cedette a un barone. L’opera si pensava perduta nell’incendio della casa di quest’ultimo ma fu ritrovata dagli eredi da cui la acquistò il grande collezionista biellese Riccardo Gualino. Nel 1930 la Venere, realizzata da Botticelli con la collaborazione dei suoi allievi, divenne patrimonio della Galleria Sabauda. La genesi della “Venere di Torino” è senz’altro da ricercarsi in La nascita di Venere, oggi custodita presso gli Uffizi di Firenze. Quest’ultima ottiene da subito un grandissimo successo, tanto che già all’epoca la committenza chiese che venissero realizzate altre immagini di questa straordinaria bellezza femminile. Botticelli sceglie di ritrarre esclusivamente la figura della Venere, la fa stagliare sullo sfondo nero, quasi una scultura vivente. Qual è la storia che si cela dietro al rapporto tra Sandro Botticelli e Simonetta Vespucci, amata da Giuliano de’ Medici e morta tragicamente all’età di ventitré anni, la cui bellezza è stata resa immortale in quest’opera, amata e riconosciuta in tutto il mondo? Già durante la vita dell’artista, il mercante fiorentino Antonio Billi scriveva che l’artista dipingeva bellissime donne nude e Giorgio Vasari, nelle sue Vite, confermava la testimonianza con queste parole: “Per la città, in diverse case fece tondi di sua mano, e femmine ignude assai”. Solo tre Veneri sopravvivono, attribuibili a Sandro o alla sua bottega: la Venere di Berlino, quella di Torino e una già in collezione privata a Ginevra. Le prime due sono state esposte entrambe ai Musei Reali in occasione della prima edizione di Confronti, nel 2016. Si tratta di nudi monumentali, che possono essere annoverati tra i primi dipinti profani dell’Europa postclassica e che trovano ispirazione in un modello antico che conosciamo come Venere de’ Medici, o Venere pudica, dove la Dea è sorpresa a coprirsi con le mani il seno e il pube.

Intesa Sanpaolo è tra le prime tre banche digital

Intesa Sanpaolo è tra le prime tre banche digital in Europa: a dirlo è Forrester Research, analista indipendente tra i più autorevoli e influenti a livello internazionale, nel rapporto “2017 European Online Banking Functionality Benchmark”. Nel 2016, la Banca era già stata riconosciuta da Forrester tra i sette player mondiali leader nella trasformazione digitale del business. Lo studio mette a confronto le piattaforme di internet banking delle banche europee ritenute più all’avanguardia nell’offerta di servizi online e valuta la capacità dei loro siti web di rispondere alle esigenze dei clienti. Con il nuovo sito di internet banking,Intesa Sanpaolo non solo ha ottenuto uno score di 86/100, piazzandosi al terzo posto sulle tredici banche prese in considerazione quest’anno da Forrester, ma è anche la banca che più ha migliorato la propria posizione rispetto alla precedente edizione del report, crescendo di ben 30 punti. Un progresso che avvalora la strategia messa a punto da Intesa Sanpaolo per innovare l’esperienza multicanale dei clienti e sviluppare una serie di funzioni necessarie alla gestione della “banca di tutti i giorni”, nel quadro di una profonda trasformazione digitale del business che ha coinvolto processi, piattaforme e servizi.

 

 

 

 

(foto: il Torinese)