

Il questore di Torino Angelo Sanna, dopo otto mesi, lascia l’incarico. “La Stampa” dà notizia della decisione del Consiglio dei ministri di nominarlo prefetto in una provincia ancora da stabilire. A Torino sarà sostituito da Francesco Messina, oggi questore di Perugia. La promozione di Sanna, fa intendere il quotidiano torinese, farebbe pensare ad un “promoveatur ut amoveatur”, dopo i drammatici fatti dei 1500 feriti e della vittima di piazza San Carlo, che vedono il responsabile della polizia indagato insieme con sindaca e prefetto per presunte carenze organizzative e di controllo.
(foto: il Torinese)
“Siamo soddisfatti che il Consiglio comunale di Torino, modificando il regolamento per le nomine nelle aziende partecipate, abbia deciso di introdurre le audizioni pubbliche quale strumento dato ai cittadini, alle associazioni e ai giornalisti per poter rivolgere domande dirette e valutare le competenze dei futuri vertici delle partecipate. Con l’introduzione delle audizioni pubbliche la Sindaca Appendino tiene finalmente fede a un impegno assunto, prima di essere stata eletta nel 2016, con la campagna Sai Chi Voti promossa da Riparte il futuro, Movimento Consumatori e altre 10 organizzazioni della società civile”, dichiara Federico Anghelé di Riparte il futuro. “Il regolamento per le nomine del Comune di Torino – di cui aspettiamo di conoscere tutti i dettagli – permetterà ai cittadini di avere molti più elementi per comprendere chi amministrerà le aziende partecipate: tutti i cv dei candidati saranno online e il prescelto sarà audito pubblicamente. Un significativo passo avanti” – concludono Federico Anghelé e Alessandro Mostaccio del Movimento Consumatori.
“Si tratta di questioni che riteniamo basilari per impostare un’esecuzione penale diversa e più efficace Nella maggior parte dei casi è evidente l’assenza o l’insufficienza di spazi dedicati alla socialità, all’incontro fra i detenuti e le loro famiglie o utilizzabili per attività formative e lavorative. E non mancano criticità strutturali dovute alla mancata manutenzione degli edifici e degli impianti, con infiltrazioni d’acqua e riscaldamento insufficiente o sistemi idraulici mal funzionanti, con pesanti ricadute anche sulla salubrità e l’igiene dei locali”. Questo l’ elenco di sfide indicate dal garante regionale dei detenuti, Bruno Mellano, che l’Amministrazione penitenziaria è chiamata ad affrontare, se non a risolvere, nel corso del 2018. Le problematiche dietro le sbarre sono state presentate a Palazzo Lascaris dal Coordinamento dei garanti piemontesi delle persone detenute. L’incontro, organizzato dall’ufficio del Garante regionale, ha inteso rilanciare un’attività condivisa dai garanti comunali per
evidenziare in un’ottica costruttiva le criticità del sistema penitenziario piemontese. In particolare, per il secondo anno consecutivo, è stato illustrato il testo della lettera che il Coordinamento indirizzerà oggi stesso al capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Santi Consolo nella quale si elencano le più pressanti problematiche strutturali per ciascuno dei 13 istituti penitenziari piemontesi. All’incontro sono intervenuti i garanti comunali di Torino Maria Cristina Gallo, Alba Alessandro Prandi, Alessandria Davide Petrini, Biella Sonia Caronni e Ivrea Armando Michelizza.
Natale è da sempre accostato all’idea di pace, eppure in ogni angolo di mondo anche questa ricorrenza della Natività vedrà cruenti conflitti di vario genere. E anche in Italia si è vissuta, in molte occasioni, la situazione che può essere descritta con un ossimoro: “Natale di guerra”.
Un secolo fa il nostro paese era impegnato nel sanguinoso conflitto mondiale a fianco delle potenze dell’Intesa, Francia e Inghilterra, contro i cosiddetti Imperi centrali, ovvero Germania e Austria-Ungheria. In occasione del Natale 1914, quando l’Italia non aveva ancora deciso di partecipare al conflitto, sul fronte franco-tedesco si verificarono fenomeni spontanei di tregua tra le truppe contrapposte, che uscirono dalle rispettive trincee per fraternizzare con il nemico. Per evitare episodi analoghi, che si riteneva potessero indebolire lo spirito combattente, negli anni successivi i comandi ordinarono offensive proprio nei giorni delle festività natalizie.
Ma come si viveva questo “Natale di guerra” nelle retrovie, cioè nella società civile, nelle famiglie che erano in ansia per i loro cari al fronte? Mediante l’archivio online www.giornalidelpiemonte.it abbiamo accesso a decine di testate locali piemontesi pubblicate all’epoca. Il maggior risalto viene dato dai periodici di matrice cattolica che lanciano chiari richiami alla necessità di avviare un percorso di pacificazione, tanto da essere in diversi casi censurati. Avviene così per il Corriere di Saluzzo del 23 dicembre 1916 che nell’editoriale intitolato “Speranze di pace”, reso monco dall’intervento della censura, sottolinea le difficoltà di interrompere il conflitto perché le iniziative di pace provengono dagli Imperi centrali che, in quel momento, stanno prevalendo sui campi di battaglia e hanno conquistato ampi territori europei, per cui “il punto di vista dei due belligeranti si trova agli antipodi… Tuttavia la buona parola è stata pronunziata, ed è già qualche cosa, perché la guerra non può protrarsi indefinitamente, e la pace è precisamente la meta e il risultato finale d’ogni conflitto armato”.
La censura interviene anche sull’editoriale de Il Biellese del 29 dicembre 1916, dal titolo “Verso la pace?”, lasciando pubblicare solamente una rassegna di posizioni espresse da paesi neutrali, come Stati Uniti – non ancora entrati nel conflitto – e Svizzera, dal Papa Benedetto XV, e riportando i commenti espressi dai principali quotidiani. Si può immaginare che le considerazioni dell’articolista censurate fossero connotate da un convinto spirito pacifista, tanto più che all’editoriale segue un nutrito elenco di caduti, originari di diversi centri del Biellese. Lo stesso periodico, un anno dopo, nel dicembre 1917, forse per sfuggire alle forbici del censore, si limita a pubblicare con grande risalto l’appello del Pontefice, con il significativo titolo “L’allocuzione natalizia del Papa ‘Tornino gli uomini a Dio e avranno la Pace!’” Accenti analoghi si trovano già, alla vigilia del Natale 1916, nell’intervento pubblicato da Il Monferrato, che ricorda il triste contrasto di una festa di gioia e di speranza con la situazione in cui versa l’intera Europa, e rivolge un forte auspicio perché “ritorni presto questa desiderata pace, ridoni il ritmo della vita ai popoli, la tranquillità alle famiglie, agli animi di tutti; ma ritorni vittoriosa, salda e sicura per tutti affinché le guerre sterminatrici, terribili ed orribili fra i popoli non abbiano a sconquassare il mondo un’altra volta”.
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Tra questi toni alti e mesti suscita un sorriso retrospettivo la notizia, riportata negli stessi giorni di fine 1916 dal Giornale di Pallanza, che il sindaco della città ha inviato al concittadino generale Luigi Cadorna, all’epoca ai vertici dell’esercito italiano, un telegramma di questo tenore. “Con l’Augurio che nel Natale 1917 Sua Eccellenza possa trovarsi nell’intimità della famiglia, compiuta la Patria nei suoi gloriosi destini”. Fu buon profeta il sindaco Pirola, perché a distanza di dodici mesi Cadorna avrebbe effettivamente passato il Natale in famiglia, essendo stato destituito dal comando dopo il disastro di Caporetto! Dall’insieme dei settimanali cattolici traspare, anche oltre la peculiarità delle feste natalizie, un forte sentimento e richiamo verso la pace, e ciò non deve stupire perché gli ambienti cattolici italiani non furono mai, nel complesso, schierati per l’interventismo, seguendo il magistero di Benedetto XV, di cui resta famosa la definizione della guerra come “inutile strage”.
Tuttavia anche in ambito cattolico non si difetta certo per patriottismo. Lo ricorda ancora il Corriere di Saluzzo che già nel dicembre 1915 pubblica un articolo intitolato “I nostri Seminaristi e la guerra”, segnalando che molti sacerdoti compiono il dovere di soldati “distinguendosi per il valore e per le loro virtù militari”. Tra gli altri si cita il caso del seminarista Michele Geuna, originario di Bagnolo Piemonte, arruolato come sottotenente degli Alpini, che ha ottenuto una medaglia d’argento per aver partecipato “alla presa di Montenero, cui partecipò alla testa dei suoi eroici soldati, ferito per ben sette volte durante la cruenta scalata di quel monte ritenuto imprendibile ed ora salda posizione dei nostri valorosi alpini”. E così anche la Gazzetta di Mondovì, nel primo numero del gennaio 1918 – siamo a poche settimane dalla ritirata di Caporetto – dà ampio risalto all’ordine del giorno approvato da un comitato cittadino per la “mobilitazione civile”, nel quale gli aderenti si impegnano a intensificare “l’azione collettiva sia allo scopo di rendersi utile al nostro valoroso Esercito … sia allo scopo di assicurargli le spalle dai nemici interni”. Con un richiamo neppure troppo velato al malcontento e al disagio sociale che serpeggiava ormai largamente tra la popolazione, soprattutto dopo il negativo andamento della campagna militare nell’autunno del 1917.
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Un altro aspetto dell’impegno civile messo in campo dai cattolici è nelle opere di solidarietà destinate ai soldati, agli orfani, ai profughi, ai feriti ricoverati negli ospedali militari, opere che si manifestano con raccolta di fondi, di coperte di lana, di pacchi-viveri, e con l’organizzazione di numerosi eventi collaterali, ai quali i giornali danno ampio risalto, accanto all’elenco sempre più lungo dei caduti “sul campo dell’onore”. Molti soldati dal fronte inviano saluti pubblici e collettivi che i periodici pubblicano, e forse uno dei più simpatici e quello espresso su Il Biellese per il Natale del 1916 in un verace piemontese. “D’an mes la fioca can da fina ai ginui, e n’ partenza par andè deie l’ cambe ai nos alpin, a circa 4000 meter sal livel dal mar, n’ dua la fioca le auta parei d’un pal telegrafich”. Seguono i nomi del “Sargent Givun Steo e Capural Cosa Giuvan (Magnan)” e di numerosi altri alpini e “bocia” della zona.
Da ultimo La Fedeltà, settimanale cattolico di Fossano, sempre nel dicembre 1916 – mentre con un trafiletto pubblicitario ricorda che presso la tipografia Eguzzone si eseguono “le splendide immagini ricordo con ritratto dei militari caduti in guerra” – dà notizia che “la penna gentile di una nostra concittadina, l’egregia Signorina Camilla Bonardi… in mezzo alle cure dedicate come Dama infermiera ai baldi combattenti rimasti feriti o caduti ammalati sul campo di gloria” ha prodotto un “libricino di preghiere e di santi pensieri tutto adatto per i nostri bravi soldati”. Il titolo, manco a dirlo, è “Natale di guerra” e sarà inviato in molteplici copie al fronte, insieme a coperte e generi di conforto.
Domenico Tomatis
La prima esecuzione pubblica avvenne nella notte della vigilia di Natale del 1818 durante la Messa nella chiesa di San Nicola di Oberndorf, vicino a Salisburgo
Era la mattina del 24 dicembre 1818 quando il reverendo Joseph Mohr , allora assistente parrocchiale presso la località di Mariapfarr nel Lungau (località del Salisburghese, in Austria), bussò alla porta di Franz Xaver Gruber, insegnante ad Arnsdorf ed organista ad Oberndorf. Il parroco , che da bambino era vissuto di elemosine, era giunto nel Salisburghese dalla Baviera, per sfuggire alle guerre napoleoniche, alle macerie e alla miseria. La ragione della visita era dovuta ad una richiesta: musicare un brano da lui scritto per due voci soliste, coro e chitarra. Le parole del testo, intitolato Stille Nacht , ovvero notte silenziosa, erano state scritte dal reverendo già un paio d’anni prima ma occorreva musicarlo. Non sono noti, almeno ufficialmente, i motivi che spinsero Mohr a fare tale richiesta ma un racconto tradizionale riporta che ciò sarebbe avvenuto in quanto l’organo della chiesa di San Nicola era guasto poiché il mantice era stato rosicchiato dai topi e la riparazione era impossibile in tempi brevi ( e questo spiegherebbe il ricorso alla chitarra). Comunque Gruber non si fece pregare, componendo il brano di getto. Terminato il lavoro, fece vedere la partitura a Mohr che l’approvò . La prima esecuzione pubblica avvenne nella notte dello stesso giorno, la vigilia di Natale del 1818 durante la Messa nella chiesa di San Nicola di Oberndorf, vicino a Salisburgo, ed il brano venne eseguito dai suoi due autori con Mohr che cantava la parte del tenore ed accompagnava con la chitarra Gruber che intonava la parte del basso. Così, la più celebre melodia di Natale – “Stille Nacht, heilige Nacht”, notte silenziosa, notte santa – , cantata i centinaia di lingue – “Astro del ciel” in italiano, “Silent night” in inglese – nacque quasi per caso. A Oberndorf si può visitare oggi la cappella di “Stille Nacht”, sorta sul luogo dove nel 1817 si trovava la chiesa di San Nicola (distrutta da una piena della Salzach), e un piccolo museo dedicato alla canzone e ai suoi autori. Ogni anno, nella vigilia di Capodanno, in omaggio a Josef Mohr e a Franz Xaver Gruber, la melodia di “Stille Nacht” viene riproposta nel duomo di Salisburgo, dopo il “Te Deum”, così come era stata eseguita la prima volta a Oberndorf. Le luci della cattedrale si attenuano e nella penombra si odono le note di una chitarra, che suona da un alto pulpito affacciato sul transetto. Subito dopo, dal pulpito di fronte, una voce solista canta la prima strofa. Poi le note della chitarra continuano ad alternarsi alla voce solista nelle strofe successive, finché dal fondo della navata si unisce il coro intero. Difficile descrivere la commozione di chi, in chiesa, ascolta ammutolito quella musica. Rimane una curiosità, da svelare. Non tutti sanno che la versione italiana, dal titolo “Astro del ciel“, diventata popolare anche a livello internazionale, non è una traduzione del testo tedesco bensì un testo originale scritto nel secolo scorso dal sacerdote bergamasco Angelo Meli e pubblicata nel 1937 delle Edizioni Carrara di Bergamo.
Marco Travaglini
La Venere di Botticelli dei Musei Reali di Torino torna all’interno del percorso di visita della Galleria Sabauda, pronta a farsi ammirare dai visitatori per le feste natalizie all’interno della sala del primo piano dedicata ai grandi capolavori.
La “Venere di Torino”, oggi custodita nella Galleria Sabauda dei Musei Reali, proviene dalla collezione Gualino. La prima traccia dell’opera risale al 1844 quanto fu acquistata da un reverendo inglese, che in seguito la cedette a un barone. L’opera si pensava perduta nell’incendio della casa di quest’ultimo ma fu ritrovata dagli eredi da cui la acquistò il grande collezionista biellese Riccardo Gualino. Nel 1930 la Venere, realizzata da Botticelli con la collaborazione dei suoi allievi, divenne patrimonio della Galleria Sabauda. La genesi della “Venere di Torino” è senz’altro da ricercarsi in La nascita di Venere, oggi custodita presso gli Uffizi di Firenze. Quest’ultima ottiene da subito un grandissimo successo, tanto che già all’epoca la committenza chiese che venissero realizzate altre immagini di questa straordinaria bellezza femminile. Botticelli sceglie di ritrarre esclusivamente la figura della Venere, la fa stagliare sullo sfondo nero, quasi una scultura vivente. Qual è la storia che si cela dietro al rapporto tra Sandro Botticelli e Simonetta Vespucci, amata da Giuliano de’ Medici e morta tragicamente all’età di ventitré anni, la cui bellezza è stata resa immortale in quest’opera, amata e riconosciuta in tutto il mondo? Già durante la vita dell’artista, il mercante fiorentino Antonio Billi scriveva che l’artista dipingeva bellissime donne nude e Giorgio Vasari, nelle sue Vite, confermava la testimonianza con queste parole: “Per la città, in diverse case fece tondi di sua mano, e femmine ignude assai”. Solo tre Veneri sopravvivono, attribuibili a Sandro o alla sua bottega: la Venere di Berlino, quella di Torino e una già in collezione privata a Ginevra. Le prime due sono state esposte entrambe ai Musei Reali in occasione della prima edizione di Confronti, nel 2016. Si tratta di nudi monumentali, che possono essere annoverati tra i primi dipinti profani dell’Europa postclassica e che trovano ispirazione in un modello antico che conosciamo come Venere de’ Medici, o Venere pudica, dove la Dea è sorpresa a coprirsi con le mani il seno e il pube.
Intesa Sanpaolo è tra le prime tre banche digital in Europa: a dirlo è Forrester Research, analista indipendente tra i più autorevoli e influenti a livello internazionale, nel rapporto “2017 European Online Banking Functionality Benchmark”. Nel 2016, la Banca era già stata riconosciuta da Forrester tra i sette player mondiali leader nella trasformazione digitale del business. Lo studio mette a confronto le piattaforme di internet banking delle banche europee ritenute più all’avanguardia nell’offerta di servizi online e
valuta la capacità dei loro siti web di rispondere alle esigenze dei clienti. Con il nuovo sito di internet banking,Intesa Sanpaolo non solo ha ottenuto uno score di 86/100, piazzandosi al terzo posto sulle tredici banche prese in considerazione quest’anno da Forrester, ma è anche la banca che più ha migliorato la propria
posizione rispetto alla precedente edizione del report, crescendo di ben 30 punti. Un progresso che avvalora la strategia messa a punto da Intesa Sanpaolo per innovare l’esperienza multicanale dei clienti e sviluppare una serie di funzioni necessarie alla gestione della “banca di tutti i giorni”, nel quadro di una profonda trasformazione digitale del business che ha coinvolto processi, piattaforme e servizi.
(foto: il Torinese)
Contrordine del Comune: dopo averlo annunciato, Palazzo Civico revoca per domani lo stop alle auto diesel Euro 5 anche se in presenza del “perdurare della criticità dell’inquinamento atmosferico”. La decisione è stata però presa per agevolare la mobilità dei grandi flussi di cittadini previsti in questi giorni di vigilia. Quindi per sabato e domenica, vigilia di Natale, l’emergenza rimane a livello arancione, che prevede lo stop ai veicoli diesel fino all’Euro 4. Limitazioni al traffico sospese a Natale e Santo Stefano, a causa della riduzione del servizio festivo di trasporto pubblico, il blocco ai diesel fino all’Euro 5 scatta mercoledì 27 dicembre se l’aria non migliorerà.
Facebook e Google hanno ricevuto l’ordine dal giudice della California di produrre le conversazioni e-mail e sui social avvenute tra Gabriele Defilippi, condannato a trent’anni per l’omicidio della professoressa Gloria Rosboch di cui è stato allievo, e la madre Caterina Abbattista. Il materiale sarà consegnato alla procura di Ivrea però solo dopo le valutazioni da parte degli
esperti dell’Fbi per escludere che “possa rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale”. La notizia, come riporta l’agenzia Ansa, giunge dal procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando, a margine del processo nei alla Abbattista, ripreso questa mattina. La rogatoria internazionale per la consegna dei messaggi era stata chiesta dalla stessa procura eporediese.