redazione il torinese

Un Salone Internazionale del Libro di Torino tira l’altro?

Sembra incredibile, ma il momento del maggior successo del Salone del Libro di Torino coincide con la sua maggior crisi. Quando uno dei componenti del consiglio di amministrazione ci manifestò le sue preoccupazione a Cheese ne rimanemmo sconcertati e stupefatti. Possiamo però dire che la notizia ci sorprese? In effetti il mio amico disse: “che avrà voluto dire?”.Svelato l’arcano: l’Assemblea dei Soci della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura si è riunita in seduta ordinaria a Torino presso la sede della Giunta Regionale del Piemonte, sotto la presidenza di Sergio Chiamparino per deliberare quello che si farà prima della fine dell’anno – ma per non rovinare il Natale – subito dopo il 28 dicembre. Alla presenza della Sindaca di Torino, Chiara Appendino,Michele Coppola per Intesa San Paolo,le Assessore alla Cultura di Regione Piemonte,Antonella Parigi e della Città di Torino Francesca Leon; il Presidente della Fondazione per il Libro Massimo Bray, non presente fisicamente, ma in video conferenza per dare un tocco di modernità, il Vice-Presidente Mario Montalcini, il Consigliere d’Amministrazione Luciano Conterno, il Segretario Generale Michele Petrelli, il dottor Giuseppe Ferrari e l’avvocato Carlo Merani. Stranamente assenti i rappresentanti di Mibact e Miur tanto a suggellare una loro estraneità alle difficoltà di bilancio.


Il Consiglio d’Amministrazione della Fondazione per il Libro ha esposto, congiuntamente al Collegio dei Revisori dei conti, all’Assemblea dei Soci Fondatori, la penosa ricognizione della situazione economico-finanziaria. Le conseguenze ineludibili sono state che i Soci hanno preso atto del venir meno della ”continuità aziendale e dell’assenza dei presupposti economici e giuridici necessari per un risanamento finanziario dell’Ente“: In conclusione l’avvio della procedura di messa in liquidazione.

Va da sé che resta da stabilire come si arriverà alla prossima edizione del 31° Salone del Libro di Torino che dovrà competere non con l’omologo Salone di Milano, ma anche con una città che proporrà anche la rinnovata “Print4you“. In altre parole: due Saloni in uno.

La procedura formale di liquidazione della Fondazione nell’Assemblea dei Soci in seduta straordinaria, prevista il 28 dicembre alle ore 13.00 presso lo studio torinese del notaio Giulio Biino la nominerà il commissario incaricato di gestire la fase di liquidazione. Il suo compito non sarà dei più semplici, perché i debiti sono molto più ingenti degli incassi dei crediti già deliberati e ancora dovuti da Enti, partner e sponsor: Le entrate previste non saranno sufficienti per far fronte agli impegni pregressi con fornitori e banche che sono veramente tanti. Tanto che , a meno di non pagare i fornitori. Comunque andrà, qualcuno ci perderà, compreso forse anche i dipendenti.

Intanto la pianificazione della 31a edizione del Salone è alle porte e prevedere come andrà a finire senza rallentamenti l’attività organizzativa, sarà impresa ardua. A tal fine, la Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura ha siglato un Protocollo d’Intesa assieme alla Fondazione Circolo dei lettori e alla Fondazione Cultura Torino, che prevede il distacco funzionale del personale della Fondazione per il Libro presso le altre due fondazioni culturali.

Non c’è da invidiare la nuova ”cabina di regia” cui competeranno gli indirizzi generali, il coordinamento e il monitoraggio delle azioni che dovranno essere concertate tra le tre Fondazioni per la rinascita. Per dirla con termini, in voga adesso, “Smart“.A prescindere dal nome che si vuole utilizzare, il “rinascimento ” del nuovo Salone del Libro ce lo auguriamo tutti. Nella cabina di regia, presieduta da Massimo Bray, i vertici di Fondazione per il Libro Mario Montalcini, Michele Petrelli e Nicola Lagioia; per il Circolo dei lettori Luca Beatrice e Maurizia Rebola; per la Fondazione Cultura Torino Angela La Rotella e per l’ Associazione Editori Amici del Salone Gaspare Bona e Isabella Ferretti).

Visto che siamo in tema di Salone del Libro, ci viene in mente, il titolo di un libro d’antan dello scrittore Marcello dell’Orta: ” Io speriamo che me la cavo”. Se la caverà il Salone del Libro, noi speriamo che sia così e a Natale è un buon augurio!

Tommaso Lo Russo

(foto: il Torinese)

 

Il Peso del Natale

di Davide Berardi *

 

Nel momento adiacente alle festività natalizie, purtroppo, in molti si sentono quasi appesantiti dalla sensazione del “dover essere gioiosi”, da quel sentirsi contenti ad ogni costo che va a sfociare in uno stato d’animo non autentico, paradossalmente quasi “infelice” da sopportare. Si percepisce nel nostro spirito una sorta di agitazione interna rispetto allo stereotipo del “felicità cercasi”, dovuta in parte ad un’attenzione esasperata verso il regalo di Natale e, dall’altra, da un’ostentata enfasi raccontata dalle nostre relazioni sociali. Da un punto di vista psicologico ed emotivo praticamente siamo proprio noi a metterci sotto pressione da soli; infatti non è la festa in sé e per sé, ma tutti i molteplici posizionamenti simbolici che le attribuiamo ad invadere e destabilizzare il nostro “io”. Oramai c’è una così ferrea abitudine nel commercializzare talmente tanto un evento da renderlo quasi impossibile da soddisfare. Questo comporta l’insorgere di uno stress emotivo e cognitivo rilevante, che nasce proprio dall’ideale che ci siamo imposti di raggiungere rispetto a quello che, invece, realmente potremmo fare per goderci una ricorrenza. Tutto ciò al punto tale da far vivere l’evento come un processo emotivamente faticoso e affettivamente quasi “scomodo”. Proprio per questo motivo sarebbe molto utile rifiutare qualsiasi schematizzazione del Natale dettata da imposizioni sociali o virtuali, abbassando le aspettative e mantenendosi impegnati e protagonisti in ciò che più ci appassiona, riducendo così di molto la propria influenzabilità individuale. Se siamo attivi in un’intenzione restiamo lucidi ed emotivamente concentrati, cosicché qualsiasi tipo di influenza esterna avrà maggiore difficoltà nell’attecchire dentro di noi. E’ importante, dunque, non farsi sommergere da ritmi imposti, spesso devastanti, che pervadono queste festività. Il Natale è nostro, non dei regali. Dona un abbraccio di almeno mezz’ora.

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A Natale stupisci. Siamo ormai abituati a scambiare, a commercializzare, seguendo una logica algebrica di compensazione materiale, a quantificare quanto ci vogliamo bene. Purtroppo non basta. La nostra mente si abitua agli oggetti molto velocemente ed oggi di oggetti ne è pieno il mondo. A volte sembra quasi inutile passare ore a scervellarsi sul cosa regalare a chi. Sbalordire, vogliamo sorprendere e meravigliare. Sfortunatamente è impossibile che l’effetto immaginato e voluto col nostro gesto duri così a lungo da regalarci una reazione compensatoria e soddisfacente a ripagare il tempo speso nella ricerca del regalo perfetto. Dunque cosa fare..arrendersi? No, bensì variare, adattarsi, modificare quel senso attribuito alla festa, alla ricorrenza, perché di tradizione si tratta, e non di gara all’ultima emozione o effetto speciale. Provare a riportare tutto al “quasi niente” per ridare valore e capacità apprezzante anche al minimo gesto, purché verso l’altro a cui vogliamo bene. E come? Raccontando complimenti sinceri, regalando baci e abbracci duraturi, prese per mano, libri, oggetti fatti a mano donando la nostra creatività di cuore. Tutto ciò non è obbligatorio, ma aiuta a ridurre le tensioni di Natale, aiuta a sostenere quel lieve sentore di abbassamento umorale, che fa scivolare via via il sorriso dal nostro volto e dai nostri occhi guardando il calendario e facendo salire l’acido gastrico lungo il canale dello stomaco. Si attenua quell’angoscia che, se in alcuni casi è sana poiché il periodo delle feste natalizie malauguratamente può essere anche legato a momenti spiacevoli e terribili della nostra vita, in altri casi, è data dalla sconsiderata pressione sociale che mettiamo noi stessi in tutto quello che facciamo. Alzando l’asticella della produzione di “effetti speciali” per “affetti virtuali” ad un limite non raggiungibile produciamo nei nostri pensieri infinita frustrazione, che può sfociare in rabbia, delusione o malumore per tutta la durata della ricorrenza. La vita reale è ben lontana dal prodotto pre-confezionato che ci propinano gli spot natalizi fatti da famiglie perfette, sedute intorno ad una tavola, schematicamente sorridenti.

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La vita reale è fatta di confronti, tensioni, genitori separati, assenze ingiustificabili e mancanze squarcianti, solitudini e difficoltà economiche. Dunque il confronto tra la nostra cruda quotidianità e una cartolina natalizia prestampata, nella maggior parte dei casi, non può che far emergere dentro di noi un senso di inadeguatezza lontano anni luce da quella magica “costruita” atmosfera raccontata intorno a noi. Al punto tale da sfociare in un’insofferenza da “panettone e pandoro”. Momenti questi in cui si corre il forte rischio di cadere nel pentolone dei “se” e dei “ma’. Questo accade perché siamo abituati a tirare le conclusioni quando si chiude un periodo, c’è una celebrazione o finisce temporalmente un attimo della nostra vita. Nelle commemorazioni tradizionalmente forti come il Natale e la fine dell’anno capita molto spesso di darsi i voti. Fin da piccoli ci viene raccontato che facendo il bravo otterrai il regalo da Babbo Natale, la Befana non ti porterà il carbone e, dunque, anche da adulti continuiamo ad essere lì a chiederci se siamo stati bravi veramente e ad interrogarci su come sia stato il bilancio dell’anno passato. Iniziamo la “sagra” del voto ma rispetto a cosa? Dipende sempre dai parametri che ci diamo da rispettare. Dobbiamo provare ad essere meno severi con noi stessi e a non fare paragoni con gli altri e con quello che ci viene raccontato rispetto al “socialmente desiderabile”. Dovremmo essere più liberi. Se siamo capaci di essere più liberi e lontani dagli schemi imposti potremmo aprire una possibilità di riuscire a sentire meno il peso ineluttabile delle feste da calendario. Liberarsi dai voti, dai sensi di colpa, dai bilanci e lanciarsi negli abbracci, prima verso noi stessi, poi verso l’altro lontano dai mi piace, dai “like virtuali” e dalle condivisioni ossessive del miglior “selfie” occasionale. La vita non è un teatro di posa, non è un set fotografico dove cerchi la luce migliore per sembrare più alto o più magro. La vita è una scia di sensazioni che si trasformano in emozioni che, se coltivate, a loro volta sfociano in sentimenti. Per tutto questo serve il contatto, la presenza, non basta un messaggio vocale. Bisogna imparare a distinguere le priorità nelle “persone” e nelle “azioni” le quali, ridotte di quantità e rese uniche, alla portata affettiva di noi esseri umani acquisterebbero più valore in quanto rare, uscendo dalla logica dell’”oggetto” per essere felice. Non siamo macchine in grado di coltivare più contatti di quanti il nostro cuore possa seguire effettivamente. Se questo avvenisse, potremmo evitare la dipendenza emotiva dal bisogno di acclamazione virtuale di persone che neanche conosciamo, poiché basterebbero quei minimi abbracci intimi di quelle poche persone che frequentiamo realmente per farci sentire meglio. Ciò spegnerebbe la famosa malinconia natalizia, la relativa tristezza delle feste di Natale dove tutti siamo più buoni e la faticosa melassa dei sorrisi di circostanza che, spesso, scandiscono tutto il perdurare dell’evento natalizio. Meno contatti, ma più veri, più abbracci e più intensi, meno condivisioni e più presenza, meno selfie e più realtà.

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* Dott. Davide Berardi, Psicologo – Psicoterapeuta

Psicologo, Psicoterapeuta ad Indirizzo Relazionale Sistemico, Docente Corsi di Accompagnamento al parto, Psicologo della riabilitazione e del sostegno nella terapia individuale e familiare, Terapeuta del coraggio emotivo.

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Il messaggio di Nosiglia: “Natale di pace. Impariamo ad allargare i confini della nostra casa”

“L’accoglienza rappresenta anche oggi uno dei gesti più difficili, perché esige un atteggiamento e una scelta precisa: quella della gratuità. La cultura che persegue anzitutto il proprio interesse ostacola l’apertura del cuore senza riserve verso gli altri. Viene meno il gesto libero e spontaneo e l’apertura alle persone senza secondi fini e tornaconti, per puro dono”.   E’ quanto scrive l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nel suo messaggio natalizio rivolto alla diocesi. La conseguenza  è dunque che “si ama chi ci ama, si aiuta chi ci può a sua volta aiutare, si accoglie chi un giorno ci potrà restituire quel favore”. Quindi, “la mia casa, la mia famiglia, i miei amici, il mio paese, la mia religione, la mia proprietà, tutto ciò che è mio è un valore e come tale va rispettato”. Ma “Gesù è venuto per insegnarci una via migliore: quella di allargare i confini della nostra casa, famiglia, patria e cultura a tutti coloro che lo desiderano, rompendo steccati consolidati e superando divisioni di ogni genere”. Diventa possibile secondo  Nosiglia, “perdonare anche chi ci ha offeso o fatto del male, fare il primo passo per riallacciare un rapporto o un’amicizia compromessa e data ormai per chiusa”. Infine, un invito alla pace che diventa “possibile”, quando “nasce dentro di noi, accettando di fare spazio a Dio, e si traduce in gesti concreti di amore e di perdono, di impegno per la promozione della dignità di ogni uomo, per l’abbattimento di ogni steccato che ci divide dagli altri”. Di seguito, il testo integrale della lettera

 

LETTERA DI NATALE DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO, MONS. CESARE NOSIGLIA, ALLE FAMIGLIE E ALLE COMUNITÀ DELLA DIOCESI

(Torino, dall’Arcivescovado, 25 dicembre 2017)

 

ABBIAMO VISTO LA SUA STELLA

Cari amici, la “visita” annuale che, in occasione del S. Natale, rivolgo alla vostra famiglia si sofferma quest’anno su un episodio del Vangelo di Matteo che ha sempre colpito profondamente l’immaginazione collettiva di tanti artisti e poeti, oltre che quella dei bambini e ragazzi. Si tratta infatti del racconto suggestivo della venuta dei Magi, personaggi misteriosi che hanno seguito una grande stella cometa, apparsa nel cielo al tempo della nascita del Signore. San Matteo descrive con dovizia di particolari l’avvenimento, che ricordiamo nella festa dell’Epifania. Racconta il Vangelo che «alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta Michea… Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”. Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (cfr. Mt 2,1-5.7-12). La grande gioia del Natale, che nella notte santa ha inondato il cuore di alcuni semplici e poveri pastori di Betlemme, esplode nella Liturgia dell’Epifania e contagia di sé tutta la terra. È la gioia dei Magi, che seguendo la stella giungono alla capanna, dove adorano il Bambin divino e gli offrono oro, incenso e mirra – simboli della sua regalita, della sua divinità e della sua umanità. La stella che li ha guidati è un segno chiaro e presente nel loro cammino fino a Gerusalemme, là dove debbono chiedere al re Erode, ai sacerdoti e agli scribi del Tempio notizie sulla nascita del Messia. Con questa tappa, il Signore ha voluto far conoscere a tutti la notizia della propria nascita e ha posto i capi del suo popolo di fronte alla possibilità di andare anche loro ad adorarlo. Ma essi non si muovono e si limitano ad indicare la città di Betlemme come luogo in cui, secondo le profezie, dovrebbe nascere il Figlio di Davide, destinato a regnare su tutta la terra. Questo basta ai Magi per riprendere il cammino, seguendo quella stella straordinaria che è riapparsa. Il significato di questo racconto dell’Evangelista Matteo è dunque chiaro: anche i pagani – perché tali erano i Magi – sono stati chiamati alla fede in Cristo e addirittura sono i primi ad accorrere a lui, riconoscendolo per ciò che egli è veramente: il Figlio di Dio e Salvatore di tutti gli uomini. L’apostolo Paolo annuncia stupito questo mistero ai suoi cristiani provenienti dal paganesimo: il mistero di grazia che salva tutti gli uomini in Cristo è stato tenuto nascosto alle precedenti generazioni e ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito. I gentili sono cioè chiamati in Cristo Gesù a partecipare – come gli Ebrei discendenti di Abramo – alla stessa eredità e a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo. Oggi vediamo come questa profezia si stia avverando in ogni parte del mondo in cui ci sono discepoli del Signore: la Chiesa riunisce genti e nazioni le più diverse per cultura, lingua e tradizioni e ne fa un solo popolo che proclama le meraviglie di Dio e ne celebra la salvezza. La festa  dell’Epifania è dunque un invito a riconoscere in Gesù il Signore e Salvatore, fonte della gioia e della speranza che apre orizzonti di unità e di pace per tutte le genti. La ricerca della unità Al di là infatti delle molte religioni presenti nel mondo e degli usi e costumi propri di ogni popolo, emerge un profondo anelito che spinge l’umanità verso la sua unità. È un cammino che rispecchia quello dei Magi, i quali, senza sapere l’uno degli altri, si mettono in marcia perché è presente nel loro cuore l’attesa della salvezza. In questa ricerca dei Magi vedo rispecchiato anche l’attuale pellegrinaggio dell’umanità, protesa – malgrado tante resistenze e contrasti – a raggiungere una meta comune e condivisa che è suscitata da Dio stesso: l’unità, fonte prima di pace, di giustizia e di solidarietà. Tante sono ancora le resistenze che cercano di ostacolare tale cammino:

• il fondamentalismo religioso, che rifiuta la libertà religiosa quale diritto naturale di ogni persona e vuole contrapporre, anche con l’uso della violenza, del terrorismo e della guerra, un popolo a un altro popolo, i credenti di una religione ai credenti di un’altra;

• quell’aperta e reclamizzata forma di ateismo e materialismo, che ignora o emargina Dio dalla vita delle persone e da quella pubblica, disancorando ogni norma etica da Colui che solo può darle senso e renderla sicuro punto di riferimento nel guidare comportamenti e scelte coerenti alla dignità e libertà di ogni persona e al vero progresso della società;

• la paura e il timore di essere sopraffatti da chi è diverso per cultura, religione, etnia: dunque, il rifiuto dell’accoglienza, dell’incontro sereno e costruttivo, a partire dalla verità e dall’amore reciproco, per edificare il mondo che Dio vuole e che è il migliore possibile, anche per l’uomo e per ogni popolo;

• le sperequazioni sociali ed economiche, che tendono a mantenere in perenne stato di miseria, di fame e di ingiustizia tanti popoli, poveri magari non di beni materiali, ma culturali, finanziari e strutturali, adeguati a gestire in prima persona le loro risorse, sfruttate abilmente dai Paesi industrializzati per diventare sempre più potenti e ricchi;

• le guerre fratricide, quelle che sono ogni giorno nella cronaca dei mass-media e le tante dimenticate, ma presenti in molti Paesi e continenti, alimentate da un vergognoso e deleterio commercio delle armi, di cui anche il nostro Paese vanta il triste primato;

• infine, la diffusa cultura dell’individualismo e del relativismo, che mina alla base la solidarietà e l’amore e mette al centro di ogni scelta personale, familiare, economica, politica e sociale il massimo profitto e l’utilità individuale.

Eppure, se questi sono ostacoli seri e complessi da cui è difficile liberarsi, si fa strada sempre più nel cuore della storia del nostro tempo una tendenza forte e irreversibile all’unità di tutto il genere umano, che senza azzerare le differenze – le quali sono una grande ricchezza per tutti – conduce a ricercare le vie più idonee a sostenere un comune cammino di pace, di giustizia e di comunione tra i popoli e le religioni. Occorre dare forza a questo movimento dal basso e vincere il timore che porta a chiudersi a riccio dentro la propria realtà culturale, religiosa, politica ed economica. C’è bisogno di lavorare per una globalizzazione degli spiriti, della cultura, della solidarietà, promossa dai credenti e dagli uomini di buona volontà presenti in ogni popolo e religione. In nome di Dio e dell’uomo, è possibile e doveroso tendere a quest’obiettivo, che è alla portata del nostro tempo. La famiglia, via maestra per vivere la comunione L’incontro e le relazioni amicali tra persone trovano nella famiglia la prima comunità, dove si impara a riconoscersi fratelli e a vivere esperienze ricche di umanità e di condivisione. Purtroppo,  tante famiglie sono oggi divise; altre sono composte solo da un solo coniuge – spesso la madre, con i figli – o si riducono a una persona sola. Ciò di cui oggi si soffre di più, anche in casa, è la carenza di relazioni sincere e profonde dal punto di vista umano e spirituale. Viviamo in un mondo di diffusa e capillare informazione, che si avvale di linguaggi affascinanti ed aperti a sempre nuovi stimoli ed interessi. È un dato, questo, molto positivo, ma che rischia paradossalmente di isolare ancora di più la persona dentro un mondo virtuale e soggettivo, dal quale diventa difficile uscire per dialogare e rapportarsi all’altro e agli altri. Si impoveriscono pertanto i rapporti interpersonali e la comunicazione verbale ed esperienziale tra coloro che pure vivono l’uno accanto all’altro. Ne soffrono le famiglie, i gruppi e le comunità. La solitudine è la più diffusa malattia dello spirito che incide profondamente nella vita delle persone. Penso a tanti anziani e malati, che, pur avendo figli e nipoti, vicini di casa e parenti, trascorrono molti giorni senza vedere nessuno dei propri cari, se non la badante, e non ascoltano alcuno, se non la televisione. Molti altri sono accolti nelle numerose case di riposo, dove solo occasionalmente ricevono visite di parenti e amici. Tante volte dico loro: «Ma i vostri figli e nipoti?». E la risposta è sempre la stessa: «Hanno la loro famiglia, la loro vita carica di impegni». Li giustificano per amore, ma con gli occhi tristi e, ne sono certo, il cuore gonfio di sofferenza. Lo stesso capita a tanti ragazzi e giovani, che sembrano circondati da amici, attività sportive e divertimenti, beni materiali e grandi affetti in famiglia: nessuno però si occupa delle loro crisi interiori, del vuoto dell’anima che, a poco a poco, li consuma e li rende estranei ai genitori e a tutti. E che dire della relazione tra coniugi, soffocata dal fare e dai servizi necessari per la vita di famiglia, che assorbono la maggior parte del tempo, dalle crescenti preoccupazioni economiche, dalle fatiche derivanti da situazioni di divisioni o di sofferenze fisiche e morali! Non si trova più il tempo per parlare, perché la televisione irrompe con il suo assordante rumore persino durante i pasti e le attività domestiche di chi lavora impegnano sempre fino a tardi, anche la sera. E non dimentichiamo la Rete, che occupa il tempo dei ragazzi e giovani ed esalta il rapporto e il linguaggio virtuali, a scapito delle relazioni anche familiari. Tutti ci lamentiamo di queste situazioni, che generano stress e noia, ma pochi riescono a fare scelte controcorrente e a decidere di impostare la vita di casa con tempi e modalità diverse, dando spazio maggiore al dialogo e all’incontro, anche spirituale, unica via che porterebbe pace e serenità ad un cuore affannato e sovraccarico di preoccupazioni. La bellezza dell’amore in famiglia salverà il mondo Solo ciò che nasce dall’amore guarisce la solitudine e solo chi mette al centro della propria vita il valore delle persone, prima che le cose e i servizi, riesce a gustare la gioia dell’incontro. L’amore lenisce le ferite dell’anima, quando è continuo e mostra che la persona e le sue esigenze contano più di tutto: dei soldi, del doppio lavoro, della casa bella e ricca di cose, delle feste. Solo l’amore penetra dentro ed è il balsamo che guarisce. E l’amore esige tempo, tanto tempo per stare vicino, per parlarsi ed ascoltarsi, per condividere, per guardare negli occhi e sentire il cuore di una persona. Ma non è solo l’amore umano, pure forte e importante, che sta a fondamento di relazioni sincere e feconde di bene: occorre l’amore di Dio, che cementa la comunione di vita nelle case con la sua divina presenza. Fare posto nelle relazioni familiari al Signore ci fa comprendere quanto importante sia trovare il tempo, nella propria casa, per la preghiera, via privilegiata che permette di scoprire ed accogliere ogni giorno la volontà di Dio. Natale può essere il momento propizio per iniziare. Attorno al presepe ci si può trovare insieme, genitori, figli, anziani, per ascoltare i racconti della nascita e dell’infanzia di Gesù, gustarne la semplicità e la ricchezza di fede e di annuncio. La casa dei cristiani è sempre stata considerata come una “piccola Chiesa” dove è, non solo possibile, ma doveroso pregare e dove i genitori e gli anziani esercitano, con la loro guida e testimonianza, il compito di essere sacerdoti e profeti. I tempi e i modi sono diversi e ciascuno deve trovare i propri, ma quello che importa è aprire uno spazio di preghiera nel vortice delle mille “cose da fare”. La più bella ed arricchente preghiera è senza dubbio l’ascolto della Parola di Dio. La Bibbia ed il Vangelo, in particolare, sono gli strumenti più efficaci e alla portata di tutti. Ce lo ha ricordato con forza Papa Francesco con la “Giornata della Bibbia”, in cui le nostre comunità e famiglie sono state invitate a sostare, per trovare il tempo di aprire il Libro sacro e soffermarsi a nutrirsi del cibo della Parola di Dio, fonte di serenità e di speranza per ogni famiglia. Rispondere a quest’invito, affinché non rimanga questione di un solo giorno e diventi esperienza di vita che porta in famiglia una luce e un calore nuovi, esige qualche rinuncia, per mettere ordine nell’organizzazione del proprio tempo, e comporta soprattutto la necessità di dare spazio al silenzio, spesso soffocato dalle continue parole e dalla voce assordante e continua dei mass-media. Il beato Papa Paolo VI, in un memorabile discorso a Nazareth, parlò della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe come modello per ogni famiglia e disse tra l’altro: «La famiglia di Nazareth ci insegna anzitutto il silenzio. Oh! se rinascesse in ogni casa la stima del silenzio, atmosfera mirabile e indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita di ogni giorno. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto sia importante la riflessione, la meditazione, l’interiorità della vita, la preghiera che Dio solo vede nel segreto» (Discorso tenuto a Nazaret, 5 gennaio 1964). Alzati, rivestiti di luce «La gloria del Signore brilla sopra di te. Le tenebre sono fitte come la nebbia, ma su di te risplende il Signore» (cfr. Is 60,1-2). Questo invito della prima lettura biblica dell’Epifania deve essere preso sul serio, se vogliamo vincere quel senso di impotenza che blocca tante nostre comunità, le chiude dentro una sindrome da assedio e aggrava una visione negativa del loro presente e del loro futuro. La fede in Cristo è speranza certa di luce perché le tenebre non potranno mai soffocarla: come la stella dei Magi, essa ci precede per indicarci il cammino, è lì davanti a noi, è in noi e traccia la strada della nostra vita. Dico di no, cari fratelli e sorelle, ai profeti di sventura, alle previsioni di apocalissi imminenti che tarpano le ali della speranza cristiana. Per volare alto, invece, occorre proporre le vette della santità e le vocazioni più impegnative della vita cristiana senza timore. Più siamo mediocri nelle proposte evangeliche e più saremo assorbiti dal vortice del “fare”, che atrofizza le spinte ideali del cuore. Soprattutto dei giovani. Proprio a loro chiedo di aiutarci a ricuperare, come comunità cristiana e società, la freschezza e l’utopia degli ideali evangelici più alti e impegnativi e domando loro di non lasciarsi addormentare piacevolmente dalle proposte culturali evasive e accomodanti, perdendo la libertà interiore e la bellezza di saper sognare in grande il loro futuro. Mettiamoci tutti in cammino, non stiamo ad aspettare chissà quale segno dal cielo. Come i Magi, alziamo lo sguardo in alto e forse scopriremo che il segno già c’è ed è evidente e chiaro: basta avere la fede per vederlo e la volontà di seguirne il tracciato. Quel segno è la luce di Cristo, è egli stesso luce del mondo e di ogni uomo che cerca la verità e vuole la vita. Per questo si è fatto bambino e uno di noi, perché chiunque lo accoglie abbia la vita e l’abbia in abbondanza. Carissimi, auguri a voi, bambini, ragazzi e giovani, perché Gesù, che si è fatto uno di voi, ha provato le vostre stesse emozioni, ha vissuto le vostre stesse esperienze di famiglia e di amicizia. Su di lui potete contare come Amico vero, sincero e fedele. Auguri a voi anziani, che nelle feste di Natale attendete un segno di prossimità più intensa e 5 meno frettolosa da parte dei figli. Il Signore vi sostenga con la sua vicinanza e vi renda consapevoli del grande compito di testimonianza a cui siete chiamati verso figli, nipoti e parenti. Auguri a voi, che siete nel dolore per la perdita di una persona cara, o per qualche malattia grave, o per divisioni in famiglia, o per solitudine o abbandono: il Salvatore che nasce è fonte di speranza e di vita nuova per chi crede in lui. Auguri a chi vive la situazione di crisi economica con la preoccupazione per il mantenimento del posto di lavoro, o per trovarne uno nuovo in seguito ad un licenziamento; agli immigrati che senza lavoro rischiano di perdere il permesso di soggiorno. Il Divin Bambino ha dovuto subire fin dalla nascita situazioni difficili: egli condivide perciò la vostra sofferenza e vi offre forza e conforto. Auguri anche per chi non ha con sé una famiglia o non ne ha più una di riferimento e ha scelto di vivere da solo, sulla strada. C’è per tutti una grande famiglia di Dio che è la comunità di coloro che celebrano nel Natale la nascita del Salvatore e si sentono uniti dalla stessa fede e dalla sua costante presenza nella Chiesa. Di questa famiglia tutti possono fare parte e in essa sentirsi accolti, compresi, amati. Buon Natale e che il Figlio di Dio benedica con la sua presenza la vostra casa, mentre vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, che esprime la paternità e amicizia del vescovo verso ciascuno di voi.

Cesare Nosiglia vescovo, padre e amico

VIA TORINO VESTITA A FESTA GRAZIE AI COMMERCIANTI ED AI BAMBINI

Via Torino a Carmagnola ha un clima tutto natalizio: questo grazie al comitato Porte di Carmagnola, comitato dei commercianti e cittadini che si propone di curare le manifestazioni e portare avanti dei progetti per il commercio della zona situata alle porte di Salsasio in Carmagnola.

Il presidente dell’associazione, dott. Sergio Sandrone spiega: Anche quest’anno grazie al comitato porte di Carmagnola, abbiamo cercato di portare un’atmosfera più natalizia nel quartiere. Molti commercianti hanno aderito e hanno acquistato un abete vero da addobbare che hanno esposto davanti ai loro locali. Tappeti rossi sono comparsi davanti agli ingressi dei negozi per invitare i clienti ad approfittare delle proposte regalo e dei servizi offerti dai negozi della via. Anche il comune di Carmagnola è intervenuto installando un proiettore che ha illuminato una facciata di un palazzo con fiocchi di neve, rendendo la zona più natalizia.” Inoltre quest’anno è nata una nuova idea che ha visto gli alberi di via Torino addobbati e decorati a festa – “Abbiamo addobbato gli alberi del quartiere per far respirare un po’ più di aria natalizia agli abitanti della zona e a tutti coloro che vi passano” – spiega Monica della Casa del Regalo, una dei commercianti della zona. Le decorazioni che abbelliscono gli alberi di via Torino, sono frutto della collaborazione con la scuola dell’infanzia “J. Mirò” e della scuola primaria “Don Milani” di Salsasio.n Gli organizzatori ringraziano “le maestre e tutti i bambini, con la speranza che questo sia solo l’inizio di tante altre collaborazioni per decorare e valorizzare il nostro quartiere”.

 

Ivan Quattrocchio

 

FOLLA A CASANOVA PER IL CONCERTO DI NATALE CON VOX VIVA

 Molte persone  sabato 16 dicembre per il concerto natalizio del coro “Vox Viva”

Il concerto tenutosi all’interno della bellissima abbazia cistercense ha visto numerosi presenti cantare ed applaudire i giovani cantori del coro diretto dal maestro Dario Piumatti.

Presenti alla serata anche il parroco di Casanova e Salsasio don Iosif Patrascan ed il sindaco di Carmagnola Ivana Gaveglio, oltre ad alcuni membri dell’associazione Amici dell’Abbazia di Casanova, ente organizzatore dell’evento.

La serata è stata aperta dalla presidente dell’associazione Giorgina Fissore che ha sottolineato l’importanza dell’edificio per la città di Carmagnola e per l’intero Piemonte, oltre a ricordare che nella scorsa estate è stato in visita all’abbazia casanovese anche il famoso critico d’arte Vittorio Sgarbi, spiegando che: “Sgarbi in visita all’abbazia è rimasto sbalordito dalla quantità di opere presenti e soprattutto dal loro valore storico – artistico”.

Ha preso poi la parola il parroco don Patrascan che ha spiegato l’importanza del canto come preghiera che sale a Dio, oltre che ringraziare l’associazione per l’impegno profuso in questi anni per la valorizzazione e il restauro dell’edificio duecentesco. Ringraziamenti all’associazione anche da parte del socio onorario, nonché sindaco di Carmagnola Ivana Gaveglio che ha anche sottolineato l’importanza dell’impegno che devono prendere le istituzioni per garantire la salvaguardia della nostra storia ed in particolare degli edifici storici come appunto l’abbazia di Casanova.

Dopo i saluti delle autorità, la parola è passata al direttore e fondatore del coro Vox Viva, il maestro Dario Piumatti che ha detto: “noi quando veniamo qui a Casanova ci sentiamo come a casa, essendo ormai quattro anni che partecipiamo a questo evento natalizio, oltre agli eventi culturali che si svolgono qui a Casanova durante l’anno”.

La serata è poi continuata con il concerto della corale composta da moltissimi giovani che hanno intrattenuto i presenti con un vasto repertorio di canti di ogni genere.

L’associazione Amici dell’Abbazia ricorda anche che sono aperte le iscrizioni per poter diventare soci ed entrare così a far parte dell’associazione stessa: lo si può fare versando la quota associativa di 20 euro, con bonifico bancario presso la banca BCC di Carmagnola, C/C nr. 11/01/09573, codice cliente 000123480, codice IBAN IT92F0883330261000110109573, intestato all’associazione “Amici dell’Abbazia di Casanova”, piazza Antica Abbazia, 3 – 10022 Carmagnola (To), oppure rivolgendosi a: Giorgina Fissore, Sapino Marese, Simonetta Ciervo, Domenico Appendino o Mario Anzivino.

L’associazione oltre alla salvaguardia ed alla valorizzazione dell’edificio storico, si propone anche di organizzare alcuni eventi culturali durante l’anno, all’interno dell’abbazia stessa.

Ivan Quattrocchio

 

UN ANZIANO LUPO FERITO RECUPERATO A BORGONE DI SUSA

Sembra quasi una favola natalizia, ma è la realtà quotidiana del lavoro del Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino. Nel pomeriggio di venerdì 22 dicembre agli agenti faunistico-ambientali è giunta la segnalazione di un canide zoppicante che si aggirava nei pressi dell’abitato della località Costa, nel Comune di Borgone di Susa. Giunti sul posto gli agenti della Città Metropolitana hanno verificato che si trattava di un lupo. Le condizioni dell’animale, che è molto magro e si spostava continuamente, non permettevano l’utilizzo della telenarcosi con il fucile lancia siringhe. Si è deciso di procedere all’immobilizzazione con l’ausilio di aste munite di laccio da cattura. Una volta bloccato, l’animale è stato sedato dal professor Giuseppe Quaranta, del CANC, il Centro Animali Non Convenzionali della Facoltà di Medicina Veterinaria della Università degli Studi di Torino. Il lupo è stato trasportato al CANC, che ha sede a Grugliasco ed è convenzionato con la Città Metropolitana, dove i veterinari hanno appurato che si tratta di un esemplare anziano, del peso di 24 Kg, probabilmente errante perché scacciato dal branco. Le radiografie hanno confermato che un impatto con un’autovettura aveva provocato una sicura frattura all’anteriore destro e un’altra, probabile, alle zampe posteriori. L’animale ha reagito bene alle prime cure e in mattinata viene sottoposto alla riduzione chirurgica della frattura all’arto anteriore, con l’apposizione di una placca metallica. Inoltre verrà effettuata una radiografia del bacino. L’auspicio di Elisa Pirro Consigliera metropolitana delegata alla tutela della fauna e della flora è che, nel periodo delle festività, l’animale si possa riprendere, trattandosi di una specie selvatica che gode della massima tutela da parte dello Stato.

A CHI RIVOLGERSI QUANDO SI RINVENGONO ANIMALI FERITI O IN DIFFICOLTÀ: IL PROGETTO “SALVIAMOLI INSIEME” DELLA CITTÀ METROPOLITANA

– Città Metropolitana di Torino-Servizio Tutela della Fauna e della Flora, corso Inghilterra 7, Torino, telefono 011-8616987, cellulare 349-4163347; dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 14,30, il venerdì dalle 9 alle 13
– Centro Animali Non Convenzionali dell’Ospedale Veterinario della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino, largo Braccini 2, Grugliasco, telefono accettazione 011-6709053 e 366-6867428. In orario notturno l’accesso avviene dal numero civico 44 di via Leonardo da Vinci.

Pacco on-line: la truffa dei cellulari in vendita a prezzi stracciati

Proponevano  online cellulari  ultimo modello a prezzi stracciati, poi non consegnavano  la merce. La polizia, coordinata dalla procura di Torino ha oscurato 20 siti-truffa di vendita e-commerce, che facevano riferimento a società realmente esistenti. I truffatori inserivano link a siti di aziende e di corrieri del tutto estranei alle truffe. La Polizia consiglia di utilizzare strumenti di pagamento sicuri,  di osservare  le pagine web proposte prima di comprare e di svolgere ricerche in rete per conoscere l’opinione degli utenti sull’affidabilità del venditore.

Raccolta rifiuti. Festività Natalizie e Porta a Porta

AMIAT INFORMA

In occasione delle festività natalizie, il servizio raccolta rifiuti porta a porta subirà delle modifiche. Si invitano pertanto i cittadini ad attenersi ai giorni di esposizione indicati nel presente comunicato e consultabili sul sito Amiat www.amiat.it.

In particolare, Amiat non effettuerà il servizio di raccolta nei giorni festivi:

Lunedì 25 dicembre 2017

La raccolta di carta e cartone è stata anticipata a sabato 23 dicembre, mentre gli Imballaggi in plastica, il vetro e le lattine, i rifiuti organici e rifiuti non recuperabili verranno raccolti nella giornata di domenica 24 dicembre.

 

Lunedì 1 gennaio 2018

La raccolta di carta e cartone verrà anticipata a sabato 30 dicembre, mentre gli Imballaggi in plastica, il vetro e le lattine, i rifiuti organici e rifiuti non recuperabili verranno raccolti domenica 31 dicembre

Il servizio di raccolta si svolgerà invece regolarmente nelle festività di martedì 26 dicembre e sabato 6 gennaio 2018.

I cittadini dovranno esporre le attrezzature di raccolta esclusivamente nei giorni in cui è previsto lo svuotamento dei contenitori, avendo cura come sempre di conferire i rifiuti all’interno degli stessi, evitando l’abbandono di rifiuti accanto ai cassonetti.

 

Natale in Terra Santa

FOCUS  INTERNAZIONALE di Filippo Re

É Natale in Terra Santa, a Gerusalemme, a Betlemme, a Gaza e nei Territori palestinesi, anche se in tono minore per il clima di scontro che si è acceso sulla questione della Città Santa. Nella tradizionale lettera di fine anno i capi religiosi delle chiese locali ribadiscono il loro appello a proteggere lo status quo di Gerusalemme, “dono sacro per tutto il mondo”, fino a un giusto accordo di pace fra israeliani e palestinesi. É Natale anche nelle terre martoriate della Siria e dell’Iraq. Anche qui si attende la nascita di Gesù in un clima di festa e di speranza nonostante la grandi difficoltà del momento. Come nel monastero di Deir Mar Musa, 80 km a nord di Damasco, dove le luci del Natale accolgono i pellegrini. Nella Siria disastrata da sei anni di guerra cristiani e musulmani si ritrovano di nuovo nel convento fondato da Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano rapito nel 2103 nella zona di Raqqa e scomparso nel nulla. Lo fanno sapere i monaci e le monache della comunità monastica che promuove il dialogo tra cristianesimo e islam in una lettera natalizia in cui raccontano i preparativi per le feste imminenti. Sono numerose le famiglie cristiane e musulmane che in questi giorni salgono insieme al convento che ha vissuto periodi travagliati prima con il regime siriano e poi a causa della follia jihadista. La comunità comprende anche il monastero di Mar Elian nel governatorato di Homs, distrutto dagli islamisti nell’estate del 2015. Un messaggio di speranza giunge anche dalla piana di Ninive in Iraq dove l’Isis, nonostante la ferocia mostrata durante l’occupazione contro i musulmani e le minoranze, non è riuscito a cancellare la presenza cristiana.

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Nel villaggio di Tellskuf è rinata la chiesa di San Giorgio che era stata distrutta e profanata dai miliziani del califfo. I jihadisti sono stati cacciati e i cristiani sono tornati e ora possono pregare di nuovo nella loro chiesa ricostruita con i fondi stanziati dall’associazione Aiuto alla chiesa che soffre (Acs). Nonostante tragedie, violenze e immense sofferenze ci sono ancora le energie per preparare degnamente il Natale. Spuntano presepi nelle case e nelle strade, addobbi natalizi un po’ ovunque e le chiese sono pronte per la messa della vigilia. Ultimi preparativi anche nei villaggi cristiani della piana di Ninive già rimessi in sesto, almeno parzialmente, dai volontari e dai tecnici inviati sul posto dall’Acs grazie ai quali oltre il 30% dei cristiani, circa 6000 famiglie, sono rientrati nelle proprie abitazioni. Il paese più fortunato è Tellskuf, presso Mosul, che un anno fa era un villaggio fantasma e distrutto in gran parte, e ora il 70% delle famiglie, quasi tutti cristiani caldei, vi ha fatto ritorno. L’immediato restauro della chiesa di San Giorgio e della statua della Madonna decapitata dai fanatici dell’Isis ha segnato la ripresa delle attività della Chiesa. Tellskuf fu occupata dai miliziani dell’Isis nell’estate 2014 ma la sua sorte fu meno drammatica rispetto a quella di tanti altri paesi abitati da cristiani e yazidi attorno a Ninive. Fu ripresa dai peshmerga curdi dopo poche settimane e divenne una linea del fronte tra i combattenti iracheni di Barzani e le forze del Califfo che più volte attaccarono senza successo la roccaforte curda. Gli abitanti erano nel frattempo fuggiti ad Alqosh o a Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno. La rinascita della piana di Ninive liberata dall’Isis si avverte anche nella cittadina di Karamles dove quasi 300 famiglie sono rientrate nelle loro case e vivono con gioia l’attesa del Natale, come essere usciti da un lungo incubo durato tre anni.

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Oggi la loro vita sta tornando lentamente alla normalità e i sacerdoti caldei, sopravvissuti alla ferocia dei tagliateste di Al Baghdadi, hanno celebrato le prime funzioni religiose in attesa del Natale. I problemi non mancano e sono comuni a tutti i paesi della piana di Ninive. Centinaia di case, incendiate e bombardate, devono essere ricostruite e mancano quasi del tutto i servizi pubblici come il riscaldamento e l’elettricità che viene erogata poche ore al giorno. Servono denaro e tempo ma ciò che le chiese irachene temono di più è l’instabilità politica della regione a causa della quale molti cristiani sono scappati all’estero in questi ultimi anni e difficilmente torneranno nelle loro terre. Quasi 250.000 caldei vivono già negli Stati Uniti e 50.000 in Australia e la fuga potrebbe continuare. Anche ad Aleppo nella vicina Siria, città martoriata per anni e semi-distrutta, la vita riprende a poco a poco. L’appello del vescovo caldeo Antoine Audo, ai donatori internazionali, ai ricchi del mondo, è esplicito: ” la mia Aleppo riprende vita ma dipendiamo ancora dal vostro aiuto. Vi prego, sostenete i pochi cristiani rimasti in modo che possano continuare a restare in Siria”. I danni in città sono enormi. La fornitura di acqua e luce è stata ripristinata anche se i blocchi sono frequenti. In città la paura del nemico sembra scomparsa e vi è una lenta ripresa delle attività ma i cristiani rimasti sono pochi. Erano 150.000 e ora sono 40 mila. Anche le chiese, gli ospedali e gli ambulatori sono dimezzati dopo il conflitto, trovare medicine non è facile e l’80% dei medici ha abbandonato la Siria. Anche ad Aleppo i volontari e i tecnici dell’Acs portano avanti un lavoro ammirevole e tra i progetti della campagna di Natale vi è anche il sostegno all’ospedale Saint Louis diretto dalle suore di san Giuseppe dell’Apparizione, uno dei pochi rimasti in piedi dopo i massicci bombardamenti. Il premier irakeno Al Abadi ha annunciato con grande enfasi la fine della guerra contro l’Isis ma ciò che sopravvive è l’ideologia jihadista radicata almeno in una parte della popolazione. “La guerra santa, si legge nei siti della propaganda del Daesh, proseguirà senza interruzioni”. Senza il ritorno alla stabilità politica ed economica la minaccia del terrorismo sarà sempre dietro l’angolo e l’Isis tornerà con un altro nome e un altro volto feroce.

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La sconfitta del Califfato segnerà davvero il ritorno dei cristiani? Alcuni sono già tornati e altri torneranno ma in questi territori non si formerà di nuovo quel mosaico multietnico di cristiani, yazidi e di altre minoranze che ha contraddistinto per secoli la vita di questa regione. La storia dei cristiani d’Oriente sembra prossima alla fine e per riportarci i cristiani ci vorrebbe forse quel “piano Marshall” che il segretario di Stato vaticano Parolin invoca da tempo. Nel frattempo gli attacchi contro i cristiani non cessano neanche alla vigilia delle festività natalizie. Natale di sangue in Pakistan per un attacco kamikaze contro una chiesa cristiana metodista a Quetta con centinaia di persone che stavano seguendo la funzione religiosa. Sono morti tredici fedeli e altri 55 sono rimasti feriti. Poteva essere una strage molto più grave e solo la pronta risposta della polizia ha evitato lutti maggiori. I pakistani celebrano il Natale molto intensamente e tutte le chiese organizzano varie attività per l’intero mese di dicembre. Nella provincia pakistana del Beluchistan spadroneggiano gruppi armati di separatisti, talebani e gruppi jihadisti e gli attacchi contro le minoranze religiose sono frequenti. Il capo dell’esercito ha parlato di “attacco ai nostri fratelli cristiani” nel tentativo di “rovinare le celebrazioni natalizie”. Timori di attentati durante le festività natalizie anche in Egitto dove il governo ha mobilitato le forze di sicurezza in tutto il Paese. La comunità copta cristiana fu duramente colpita nella domenica delle Palme con gravissimi attentati contro due chiese, a Tanta, a nord del Cairo e ad Alessandria, di fronte alla cattedrale di San Marco.

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

 

L’odissea dei torinesi

Dovevo capirlo subito che era una di quelle cose  che nascendo male finiscono peggio. Esco di casa un mattino , per un appuntamento di lavoro , e guardando la buca delle lettere, abitudine che mi accompagna da sempre, scopro che mezz’ora prima era passato un incaricato, della più nota azienda torinese di consegne private ,lasciando l’avviso con sopra scritto : ore 8.15 assente. Ma come ? , eravamo in due in casa?! Passano alcuni giorni e mi reco in Via Giannone , 5 a Torino – Ufficio ritiro Atti Giudiziari , e trovo una folla strabocchevole , fin sulle scale. Rinuncio e vado via. Ci riprovo qualche giorno dopo, idem. La settimana dopo mi organizzo, mi armo di pazienza e ci ritorno. Gli uffici, recenti , trasferiti dalla storica sede di Via Bellezia (retro Municipio) , il 30 agosto 2016 , mostrano l’incuria, assenza  di pulizia , scale lerce e con una coltre di polvere e smog, cartello indicazioni sbilenco , porta d’ingresso , tagliafuoco, mai pulita dalla posa in opera, un mare di mozziconi di sigarette per strada e sul marciapiede, fumatori maleducati ma senza portacenere diventa difficile esserlo, sala gremita con persone fuori come gli uffici postali di lontana memoria il primo giorno di pagamento delle pensioni. Cinque sportelli, non tutti in funzione , con gli addetti pressati quasi fisicamente da infuriati cittadini che oltre a dovere ritirare multe, ingiunzioni, cartelle di pagamenti varie, devono aspettare  ore in orario di lavoro. In questo caso il luogo comune sui dipendenti pubblici che non lavorano  è smentito clamorosamente. Al di qua una folla multiforme al di là migliaia di buste e plichi accatastate sui tavoli e in gialli contenitori che quasi travolgono chi ci lavora.
 
Ritiro il mio numero ,dal distributore automatico, un tagliando con intestazione , data ora e numero di utenti che mi precedono e cioè 104! Dalla mancata consegna sono passati i cinque giorni che permettono il pagamento scontato del 30%, che , attenzione, non partono dal ritiro ma dalla data della mancata consegna, anche se ero a casa ma risultavo assente. Quindi multa piena, maggiorazione e dodici euro di spese di notifica,  praticamente il doppio. Oltre l’usura!  Mi chiedo se è civile e giusto , anche quando si deve pagare una sanzione, dovere andare tre volte. L’orario  poi, dalle 8.30 alle 14 con l’ufficio n piena ZTL e quindi non accessibile a tutti fino alle 10,30 , in un ufficio indegno di tale nome e aspettare delle ore? Dopo avere salutato altri malcapitati che conoscevo ed avere risposto all’appello di una dipendente sulle condizioni dell’ufficio mi sono informato su quale assessore avesse la delega agli Atti Giudiziari. Cosa ho scoperto? , che è sempre lei, Chiarabella, come la chiama Gabriele Ferraris, il nostro Sindaco. La domanda a questo punto sorge spontanea, ma se ha tanto da fare perché non lascia la delega , ne ha già lasciate diverse, a qualche volenteroso e  capace assessore della sua Giunta? Ce ne sarà almeno uno?! Anzi, già che c’è oltre alla delega lasci proprio tutto , si dimetta , vada a casa, ci faccia il regalo di Natale . E dire che mi ero ripromesso , nel numero natalizio di “Parole Rosse” , di essere buono. Dopo giovedì 21 no, proprio non potevo. Buon Natale a tutti.