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redazione il torinese

Associazione per le 2mila pazienti colpite da tumore ovarico

Ogni anno, in Piemonte e Valle d’Aosta 420 donne ricevono una diagnosi di tumore ovarico il 75% delle quali in stadio avanzato con rischio di recidiva nel 60 per cento dei casi e tasso di sopravvivenza a 5 anni non superiore al 40%Da oggi, le oltre 2mila donne che nella Regione stanno affrontando questa grave neoplasia potranno contare sulla nuova realtà assistenziale rappresentata da Acto Piemonte, l’associazione pazienti che si propone come punto di riferimento regionale per tutte le pazienti unendosi alla rete Acto già presente a Milano, Roma e Bari per svolgere attività di informazione sulla malattia, offrire servizi complementari a pazienti e familiari, sostenere la ricerca scientifica, promuovere la diagnosi precoce, l’accesso a cure di qualità e la diffusione di programmi di screening. “Acto Piemonte è un’iniziativa che nasce dall’esperienza di un gruppo di pazienti e di medici oncologi consapevoli dello sconcerto che una diagnosi di tumore ovarico provoca nelle donne e desiderosi di aiutare tutte le donne che in Piemonte stanno affrontando o affronteranno il difficile percorso di questa malattia. – ha dichiarato Alice Tudisco, fondatrice e presidente di Acto Piemonte nel corso della presentazione pubblica tenutasi presso l’Ospedale Sant’Anna di Torino – “Acto Piemonte intende sostenere tutte le pazienti e i loro familiari con informazioni chiare e complete sulla malattia, sulla diagnosi e sulla terapia, orientandole verso i centri di cura specializzati e aiutandole a superare i momenti di grande dubbio, incertezza e paura che accompagnano la diagnosi di questa neoplasia.” “Ho scelto di partecipare alla costituzione di Acto Piemonte perché credo che solo l’alleanza fra sanitari e pazienti possa permettere di vincere il tumore ovarico e cambiare il futuro delle donne che ne sono colpite.- ha dichiarato Elisa Picardo, vicepresidente di Acto Piemonte – “Come medico oncologo non mi accontento di fornire alle mie pazienti le cure migliori. Per me essere medico significa prendersi cura della persona nella sua totalità, cioè cercare di curare i sintomi non solo fisici ma anche psichici della malattia e fornire le giuste informazioni per conoscere in modo appropriato la malattia e il suo evolversi.-  “ACTO è un’iniziativa delle donne per le donne per condividere e superare insieme la terribile esperienza di questa malattia e deve svolgere una attività di stimolo per i medici e i ricercatori. Deve essere un momento di condivisione nel delicato rapporto medico paziente per poter comprendere al meglio scelte a volte non così intuitive ma necessarie nel tentativo di guarire la malattia.” – ha affermato Paolo Zola, responsabile del Gruppo di Ginecologia Oncologica della Città della Salute di Torino e presidente del Comitato Scientifico di Acto Piemonte sottolineando come la Regione Piemonte Valle d’Aosta stia diventando una realtà di eccellenza nel trattamento di questa grave neoplasia ginecologica “ACTO sarà direttamente coinvolta nella redazione/revisione  dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali dei Centri di Riferimento attivati in Piemonte e Valle d’Aosta diventando attore e non semplice spettatore.

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Oggi alle pazienti affette da tumore ovarico la Regione offre 39 Centri di Accoglienza e 6 Centri di riferimento dislocati a Cuneo, Mondovì, Torino, Novara, Asti e Alessandria. In questi centri le pazienti seguono percorsi diagnostico terapeutici personalizzati e ricevono una assistenza multidisciplinare in linea con le più avanzate strategie di trattamento”. La Regione Piemonte Valle d’Aosta e la sua Rete Oncologica si riconfermano quindi come modello nazionale di eccellenza non solo per il miglioramento dell’accesso alle cure e il conseguente aumento della sopravvivenza (il Piemonte si colloca ai primi posti per tasso di sopravvivenza dei pazienti oncologici a cinque anni, con il 53% fra gli uomini e il 63% fra le donne) ma anche per la sempre più stretta vicinanza tra la Rete dei centri di cura e le associazioni pazienti come Acto Piemonte . A questo proposito Oscar Bertetto, direttore della Rete Oncologica Piemonte Valle d’Aosta, ha dichiarato:”La Regione Piemonte ha adottato due anni fa una coraggiosa delibera con cui ha individuato i Centri di riferimento per ciascuna patologia tumorale, compreso il carcinoma ovarico e le altre neoplasie ginecologiche, basandosi sulla esperienza dei professionisti che vi operano, il numero dei casi seguiti, la presenza delle appropriate tecnologie, un modello organizzativo che prevede la presa in carico globale della paziente sin dall’inizio del percorso di cura e i trattamenti affrontati con un approccio interdisciplinare. La garanzia della qualità dei servizi offerti è data da un monitoraggio con precisi indicatori raccolti sistematicamente e con interventi di audit per migliorare le prestazioni dei centri in cui si sia registrato uno scostamento negativo rispetto ai risultati attesi”

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Futuro quindi in rosa per le donne piemontesi affette da tumore ovarico “Acto onlus è nata nel 2010 all’insegna della parola alleanza e oggi la nascita di Acto Piemonte, che si unisce alle Acto di Milano, Roma e Bari, e’ un’ulteriore conferma della capacità di pazienti e medici di fare squadra e lavorare insieme per rispondere sempre meglio ai bisogni delle pazienti e di sostenerne i diritti con ancor maggior efficacia a livello nazionale e regionale – ha dichiarato Nicoletta Cerana, presidente di Acto onlus – Tanto più oggi che le prospettive della medicina e della genetica stanno finalmente cambiando la storia di una grave malattia che per anni è stata misconosciuta e sotto-trattata”.Proprio il futuro della malattia sarà al centro di un convegno in programma al Lingotto di Torino l’1 e il 2 febbraio. Sul tema “Looking at the present to plan the future” interverranno i maggiori esperti chiamati ad una due giorni in cui dovranno esprimersi sulle nuove prospettive in medicina, in chirurgia, diagnostica e genetica ma anche sul futuro dell’organizzazione sanitaria e della cooperazione tra ospedali e tra ospedali e associazioni pazienti.

 

(foto: il Torinese)

Appendino su povertà e senzatetto: “L’emergenza è umana. Non dimentichiamolo”

Dopo le ferme prese di posizione sulla questione povertà, da parte dell’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, interviene sullo stesso tema la sindaca Chiara Appendino. Ecco il suo post pubblicato su Facebook

Secondo i recenti dati Eurostat l’Italia è il Paese che ha più Poveri in Europa.  Nel 2016 le persone a rischio povertà o esclusione sociale erano il 30%. Circa una su tre.  Pensateci un attimo: ogni due persone che possono vivere una vita “normale” (es. affrontare spese impreviste, vivere in una casa riscaldata, pagare le bollette, mangiare fuori una volta al mese, etc…) ce n’è una che questa possibilità non ce l’ha. Parliamo di un totale di 4 milioni e 742mila individui secondo l’Istat. Più di tutti gli abitanti del Piemonte. Si tratta, peraltro, di un quadro in continuo mutamento. In questi anni sono cambiati geografia e volto della povertà. È quello che mi hanno raccontato in occasione dell’ultima giornata della Colletta Alimentare e che conoscono bene gli uffici dell’assessorato al welfare della Città di Torino, guidato da Sonia Schellino.  Sono 113mila le persone assistite dal Banco Alimentare a Torino e di queste moltissime fino a qualche anno fa non avrebbero mai immaginato di trovarsi in tale situazione. L’età media si è abbassata fino a colpire molti under 35, così come le nazionalità sono diventate più eterogenee. Tra gli effetti immediatamente visibili di questo quadro vi è proprio il fenomeno dei senzatetto, che spesso scelgono le vie più frequentate della Città per trascorrere la notte, aprendo così inevitabilmente altri dibattiti. L’emergenza povertà è fatta di uomini e donne che hanno bisogno di aiuto, e per quanto ci riguarda una persona che dorme al freddo in via Bologna non è diversa da una che dorme in via Roma. Con l’aiuto di altre Istituzioni e associazioni – tra cui la Diocesi di Torino, Compagnia di San Paolo, Asl, Città della Salute e diverse altre – stiamo mettendo in campo tutti i mezzi possibili per affrontare questa emergenza, pur consapevoli che gli interventi devono essere a tutti i livelli, a partire dal Governo. In una mia recente intervista a LaStampa ho detto che non prevederemo mai un allontanamento forzoso di chi dorme in strada. Oggi, in questa intervista allo stesso quotidiano, l’Assessora Sonia Schellino ribadisce il concetto.  La ringrazio per questo prezioso contributo e vi invito a leggerlo fino in fondo. L’emergenza è umana. Non dimentichiamolo.

Chiara Appendino

Uno sguardo su Cechov nostro contemporaneo

Simon Stone è un giovane regista trentatreenne, nato a Basilea e vissuto tra Cambridge e l’Australia, ha allestito l’ibseniano John Gabriel Borkman ricevendone onori ed è stato eletto miglior regista per il 2016 dalla rivista “Theater heute”, idolo ancora con Ibsen all’ultimo Avignone, oggi sta saggiando Strindberg, ieri ha intrapreso la strada del cinema e qualcuno sussurra di un film con Nicole Kidman ma nulla di certo. Credo che in questi giorni sul palcoscenico del Carignano ci stia regalando un capolavoro. Con Les trois soeurs, prodotto ammirevolmente dallo Stabile torinese e dal parigino Teatro Odéon (in lingua francese con soprattitoli), con l’universo cechoviano che si dilata sulle infelicità e sui sogni abbattuti di Irina, di Olga e di Macha, sui loro fallimenti e il desiderio di fuga (“La vita è altrove”, ha scritto Milan Kundera), una re-invenzione purissima, una re-scrittura nell’oggi che ti appassiona, che ti può inizialmente disturbare perché ti sei accomodato in poltrona nella piena fiducia del rispetto del testo originale ma che di lì ad una manciata di attimi ti cattura. E non può non essere così. “Tutte le sue opere si svolgono nel tempo presente: il presente non finisce mai. Se fosse vivo, sicuramente Cechov vorrebbe che i suoi drammi fossero ambientati nel presente”, ne è sicuro il regista. Quello che fino a ieri era classico, diventa umanamente nostro, attuale, ripensato nella nostra contemporaneità, lungo i nostri giorni. Dimenticate ogni precedente edizione, scordatevi l’obbligatoria atmosfera legata alla noia di vivere (o al mestiere) e ai silenzi e preparatevi a vedere altro. Eliminate quelle certezze che vi può suggerire quel “da Anton Cechov” posto in locandina, è un inganno. Il senso di Stone per l’autore sta in quell’ansia voyeuristica che condividerà con lo spettatore, con quello sguardo fissato dentro la casa vetrata delle tre ragazze, un luminoso parallelepipedo – pressoché perennemente e simbolicamente ruotante – a due piani fatto di cucina soggiorno bagno doccia camera pianoforte sedie tavoli libri letti (la scena è firmata da Lizzie Clachan, eccezionale), sta in quel desiderio di catturare temi, appunti, sprazzi esplicativi per virarli e immergerli nel nostro presente. Nel rincorrersi di arrivi e di presenze maschili e femminili, degli amici che ruotano attorno alle protagoniste, del fratello che vede morire un’unione e la certezza di paternità, degli amori sperati ma che non possono vedere un domani, dei compleanni che non sono più una festa e i fuochi d’artificio che si spengono subito, del sesso consumato in fretta o vagheggiato, dei legami etero e omo, delle troppe parole, delle chiacchiere e delle urla, delle confessioni e dei rimpianti, dei sogni concentrati sul futuro, si inseriscono Instagram e facebook, Donald Trump e i rifugiati, si parla di ex sessantottini e di progetti svaniti, di qualcuno che ha abbracciato la dieta vegana. Si mescolano grandi discorsi, tra filosofia e politica, in una stanza mentre in quella accanto si rovesciano banalità, si confondono droga e ricerca della felicità, non si sogna più di andare a Mosca, oggi la meta è New York, magari San Francisco, un tempo poteva andar bene Berlino, per un weekend, Irina quella scelta l’ha già abbandonata anni prima. Si beve birra insieme, qualcuno coca-cola, qualcuno esce in giardino a preparare il barbecue, tutti abbondano giustamente di parolacce e di situazioni esplicite. La disperazione da sempre non lascia spazio all’arrivo di un sorriso. Mentre i riti seguono ai riti, sotto una nevicata la casa è venduta, gli arredi vanno liberati, pezzo dopo pezzo, si ricrea fisicamente il vuoto di sempre, qualcuno nel disordine di abbandoni e di ultime parole si chiude in bagno e si spara un colpo in testa. Nella grande casa si spegne ogni luce. È il mondo fatto di nulla di Cechov, trasportato nel nostro mondo fatto di nulla. La vendita ti riporta al Giardino, qualcuno che rischia di esser dimenticato dentro al vecchio servo Firs, lo sparo a quello di Kostia nel Gabbiano. È sempre il mondo di Cechov. Cui undici interpreti da capogiro prestano incredibile adesione, per chi scrive solo dei nomi e me ne scuso (segnatevi per tutti Amira Casar, da oggi sugli schermi nel film di Luca Guadagnino), immedesimati come raramente capita di vedere e ascoltare su di un palcoscenico con i propri personaggi, in una recitazione che non è più tale ma diventa immediatamente vita. Lo spettacolo è ancora a Torino oggi (alle 19,30) e domani (alle 20,45): un consiglio per chi ama le imperdibili occasioni teatrali, cercatevi un biglietto e correte a vederlo. E davvero a caricarlo d’applausi, come ho sentito alla seconda replica. Interminabili.

 

Elio Rabbione

Ragazzo sale sul treno in corsa ma cade e muore a 16 anni

DALLA CAMPANIA

E’ rimasto vittima di un incidente Ciro Ascione, il ragazzo di 16 anni, di Arzano nel Napoletano, scomparso alcuni  giorni fa e trovato senza vita  ieri pomeriggio vicino ai binari della ferrovia Napoli-Caserta, vicino alla stazione di Casoria. In base alle immagini di alcuni video acquisiti dalla polizia giudiziaria si ritiene che il giovane non sia riuscito a salire sul convoglio e per non  perdere il treno e si sia appoggiato sul predellino aggrappandosi in maniera precaria all’esterno di una carrozza e sia poi caduto.

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L’Avvocato 15 anni dopo, simbolo di una Torino che non c’è più

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di Pier Franco Quaglieni

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Sono passati 15 anni dalla morte di Gianni Agnelli, l’avvocato per antonomasia, simbolo di una Torino che non c’è più . Ai suoi funerali solenni in duomo ci fu una grande folla che, tanto per non farsi mancare nulla , fischiò il presidente del Consiglio Berlusconi mentre entrava in chiesa. Assistetti ai suoi funerali in un banco vicino a Vittorio Chiusano, considerato l’avvocato dell’Avvocato. Si senti’ in quell’occasione che finiva un mondo che Agnelli aveva rappresentato. La Fiat, già in crisi , precipitò  anche per gli errori del suo presidente che aveva ceduto le redini del comando a Cesare Romiti. Il periodo aureo della Fiat fu quello di Vittorio Valletta , il ragioniere che seppe affrontare la ricistruzione e l’urto frontale con i comunisti che subito dopo la liberazione lo avevano estromesso. Agnelli fu per molti anni sotto tutela di Valletta, poi spiccò il volo.Era un personaggio sicuramente eccezionale abituato a vivere nel mondo più che nella Torino provinciale che pure amava. Era stato ufficiale del “Nizza Cavalleria “ durante la guerra in Africa. Seppe godersi avidamente la sua giovinezza senza limiti in rapporto con donne bellissime e anche la cocaina. Amò la Fiat che fu di suo nonno Giovanni, ma non riuscì ad essere un grande imprenditore , fortemente ostacolato da una contestazione operaia violenta che andò molto oltre l’autunno caldo .

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Una volta a cena con Mario Soldati ascoltai da lui una frase che mi è rimasta impressa : “In fondo io sono di sentimenti socialisti”. Mi sembro’ una frase paradossale , forse per compiacere Mario che era sfegatato per la Juve. Con Mario c’era una grande amicizia : Gianni gli metteva a disposizione la macchina targata Torino su cui era solito viaggiare lo scrittore. Un altro grande amico di Gianni fu Jas Gawronski che ,quand’era a Torino, era ospite fisso a casa Agnelli in collina e passava le vacanze con Gianni .  Jas ,quando Gianni mori, si chiuse nel silenzio e non volle scrivere nulla ne’ rilasciare dichiarazioni . Lo stile del principe polacco prevalse su quello del giornalista e in tanti anni di frequentazione non mi parlo’ mai del suo rapporto con Gianni. 

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La Juve fu la vera passione dell’Avvocato. Al liceo d’Azeglio lo ricordammo su mia iniziativa . Tutti resero omaggio avvocato,anche certa sinistra che lo aveva avversato . Dopo 15 anni di lui resta un ricordo sbiadito . Non è certo Evelina Christillin che l’avvocato fece conoscere , la sua erede perché la spocchia non è cosa legata al nome di Gianni. L’amato giornale di famiglia e’ finito nel gruppo De Benedetti che dopo qualche mese Gianni aveva cacciato dalla Fiat in cui era entrato come socio. Senatore a vita , ebbe un rapporto con la politica limpido . Non credo avrebbe speculato in borsa per la telefonata di un presidente del Consiglio. Era un uomo di stile quasi inimitabile non solo perché portava l’orologio sopra il polsino della camicia . Quando ho avuto l’occasione di parlare con lui constatai come fosse un uomo eccezionale, gentile di animo, che sapeva mettere l’interlocutore a suo agio . La tragica morte del figlio suicida e la morte crudele del nipote Giovannino,il vero erede,lo avevano rattristato profondamente . Sembrava un uomo annichilito e spento . Ho letto con disgusto i libri denigratori che un piccolo giornalista che fa dello scandalismo il suo mestiere, ha scritto su di lui e sulla sua famiglia . Forse non è stato un grande imprenditore come il nonno, ma sicuramente è stato un grande uomo e un grande piemontese . I suoi nemici, al suo confronto , erano dei nani. Anche molti suoi collaboratori erano dei nani. E questo spiega molte cose. L’unico Agnelli di alto livello fu Umberto oscurato dal fratello, imprenditore capace e solido, un uomo che va riscoperto .

Donna accusata di stalking telefonava 500 volte al giorno alla ex fidanzata

La chiamava oltre 500 volte al giorno e aveva scaricato un’applicazione per poter telefonare continuamente. Una donna di 45 anni è ora sotto processo per stalking nei confronti dell’ex fidanzata, di  20 anni più giovane di lei. Le due avevano iniziato una relazione nel 2012 , quando la ragazza ha deciso di troncarla per lei è stato un inferno: la ex minacciava di  raccontare tutto alla mamma della giovane , si presentava sotto casa e ha anche minacciato di suicidarsi. poi la denuncia da parte della ragazza.

La finestra sul cortile

Da Torino a Hollywood, Moni moni bags

Questa settimana vorrei scrivere di una cara amica di infanzia che è diventata una famosa stilista di borse e accessori d’oltreoceano, tanto che le sue creazioni di ispirazione bohemienne hanno affascinato tante star internazionali come Paris Hilton, Jessica Alba, Halle Berry, Kristen Bell, Ashlee Simpson e Selma Blair. Lei è Cinzia Moniaci creatrice del Brand Moni Moni.  Nata e cresciuta a Torino, dopo aver conseguito la laurea in scienze della comunicazione ed una specializzazione alla Sorbona di Parigi, nel 1997 si trasferisce a Los Angeles, dove tutt’ora risiede ed esercita la sua attività di imprenditrice, stilista e cantante. Cinzia, infatti è anche la frontwoman della band musicale The Perfect Nines, dove insieme a suo marito Rico, chitarrista, canta e compone canzoni. Moni Moni nasce nel 2005, le sue creazioni sono caratterizzate da un’eleganza naturale e disinvolta. Esclusivamente made in Italy le borse Moni Moni vengono sottoposte ad un procedimento all’avanguardia di lavaggio, tintura e asciugatura che conferisce ai vari tipi di pellame un aspetto morbido, destrutturato, di ispirazione vintage.  Il lavoro artigianale e  la produzione 100% italiana hanno contribuito al grande successo della linea in America, anche se è il mercato asiatico che si contende la fetta di clientela più ampia. Lo stile che ritroviamo nelle borse di Cinzia Moniaci, è di ispirazione bohémien, gipsy, ma al tempo stesso elegante e di classe, confortevole e chic per ogni occasione. Dalla moda, alla musica, dal componimento dei testi delle canzoni della sua band, al disegno delle sue ultime collezioni di accessori (che includono anche una linea di occhiali), Cinzia è senza dubbio un’eclettica artista dalle molteplici sfaccettature e capacità che ha contribuito a dare valore alla moda italiana all’estero. Le sue borse bellissime si possono ammirare sul sito Moni Moni.com 

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I Bambini di Teheran MAO 27 gennaio – 11 febbraio 2017

I Bambini di Teheran è una video installazione di circa trenta minuti, poetica, delicata e dirompente, drammaticamente veritiera nei suoi aspetti storici.  La realizzazione dell’installazione torinese è in collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale. Al visitatore rammenta uno dei periodi più bui dell’Europa del XX secolo, ma anche una storia di accoglienza, di quando fu l’Iran a farsi carico dei profughi polacchi, ebrei e cattolici, provenienti dall’Europa. Protagonisti del video sono quattro ebrei polacchi che all’inizio della Seconda guerra mondiale scapparono dalla Polonia invasa dai tedeschi verso la Polonia occupata dai sovietici. Da qui furono deportati nei campi di lavoro in Siberia, poi in Uzbekistan in orfanotrofi spesso gestiti da istituzioni cattoliche. Una tappa importante del loro lungo viaggio è Teheran, che il 25 agosto 1941 fu invasa dalle truppe britanniche e sovietiche, qui si fermarono oltre un anno e per questo sono chiamati i Bambini di Teheran. A unire le vicende personali dei quattro protagonisti, consapevoli di essere scampati all’Olocausto e della fortuna di aver ritrovato le famiglie in Israele, è la voce fuori campo di un quattordicenne, che a ogni tappa di questo lungo viaggio ricorda al pubblico le vicende storiche di quel periodo. Il cortometraggio I bambini di Teheran è stato pre-selezionato per la sezione Diritti Umani Oggi di Sguardi Altrove Film Festival che si terrà a Milano dal 12-19 marzo 2018. Ad accogliere il pubblico al piano nobile dello storico Palazzo Mazzonis sono le lettere: quelle in ebraico, in argilla, dell’artista Gabriel Levy e quelle in caratteri latini, tessuti con un filo di lana rosso, della giovane Ivana Sfredda. Se le lettere di Gabriel Levy sono collocate nella parete di sinistra e saranno illuminate da un faretto, quelle di Ivana Sfredda nella parete di destra al buio, perché i Bambini di Teheran avanzano, nel loro percorso, alla cieca, senza sapere quale sarà la loro destinazione successiva. Il visitatore è chiamato a far parte dell’opera I bambini di Teheran: un samovar per il tè accoglie il pubblico con la consueta ospitalità del popolo persiano; come avviene d’abitudine nelle case, prima di entrare nella sala il visitatore è invitato a togliersi le scarpe e ad accomodarsi sui tappeti a gambe incrociate oppure appoggiando la schiena ai cuscini. Gesti che vogliono alludere a qualcosa di profondo e di attuale: “quando si è ospiti, è opportuno rispettare le tradizioni, gli usi e i costumi locali”. Un messaggio che – osserva Farian Sabahi – “va letto anche in chiave contemporanea”.

Il video è disponibile con testi e sottotitoli in italiano, francese e inglese.

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Donazione Benappi a Palazzo Madama 

Giovedì 25 gennaio 2018 alle 17.00 Palazzo Madama presenta al pubblico una preziosa e inedita maiolica cinquecentesca, offerta generosamente in dono al museo da Anna, Mario ed Ezio Benappi in memoria del nonno Umberto e del padre Vittorio, che per primi intrapresero il mestiere di antiquari.L’identificazione e la corretta attribuzione dell’opera si devono all’architetto Massimo Meli, restauratore torinese ed esperto di ceramiche, che ha ricondotto l’opera all’ambito di Francesco Durantino, uno dei più importanti pittori di maiolica del Cinquecento in Italia, attivo tra Urbino, Perugia, Monte Bagnolo, Nazzano, Roma e infine Torino, dove si spostò nel 1575. La coppa – traforata e rivestita di smalto bianco sul quale è dipinta in stile compendiario la figura di un vendemmiatore – ha un grande valore storico, essendo il secondo esemplare conosciuto attribuibile alla produzione torinese del Durantino. Il secondo esemplare, simile ma poco più grande e con raffigurata una figura di uccellatore, fa già parte delle collezioni di Palazzo Madama grazie all’acquisto nel 1872 di Emanuele d’Azeglio ad un’asta a Londra – in cui fu battuta la concorrenza dell’attuale Victoria and Albert Museum – e la successiva donazione al museo civico torinese. La donazione Benappi aggiunge pertanto un nuovo e importante tassello alla storia della ceramica non solo torinese e apre la strada a future ricerche. Giovedì 25 gennaio 2018 ore 17 – Palazzo Madama Gran Salone dei Ricevimenti

 

Sabina Carboni

Grimaldi (SEL)/Sinistra Italiana: poco importa chi, ma come salvare GTT e i suoi lavoratori

In  Commissione Trasporti ha avuto luogo l’audizione dei vertici GTT, a cui è seguita la relazione dell’Assessore Balocco sul nuovo piano industriale. Vi è stata conferma che le risorse stanziate dalla Regione Piemonte corrispondono a 65 milioni, più circa 13 per i mezzi su ferro e circa 45 per il rinnovo degli autobus. Il Governo si impegnerebbe a stanziare 75 milioni per investimenti, più altri 13 per mezzi su ferro e altri 45 per autobus. “Le ultime notizie sul fronte GTT sembrano finalmente positive” – dichiara il capogruppo di SEL Marco Grimaldi – “perché consentono di ammodernare, come sosteniamo da anni, tutto il parco mezzi con acquisti di circa 40 tram e 470 autobus, che permetteranno così di rinnovare una flotta ormai inadeguata. L’acquisto di nuove flotte di tram, in particolare, potrebbe andare a rafforzare le linee forti della città di Torino (ad esempio il 3, il 13, il 15 e magari il ritorno su rotaia del 18) e dotare la città di un parco mezzi più moderno ed ecologico. A oggi non sappiamo però se alla nostra visione corrisponda un nuovo piano urbano della mobilità sostenibile (PUMS) da parte della città di Torino. Scongiurata per l’ennesima volta l’ipotesi di dismissione e privatizzazione di GTT, pretendiamo dalla Città di Torino e dalla Regione Piemonte, oltre alla messa in sicurezza dell’azienda e dei servizi, certezze per il futuro dei lavoratori e l’impegno ad attivare tutte le strade possibili per evitare esuberi e licenziamenti”.

In fiamme la Sacra di San Michele, simbolo del Piemonte che ispirò “Il nome della rosa”

Il tetto è andato distrutto. Nessun danno è stato arrecato ai beni storici e architettonici. Si pensa a un cortocircuito, visto che l’edificio è in fase di ristrutturazione

Sono intervenute otto squadre  dei vigili del fuoco per spegnere l’incendio che ha devastato il tetto della Sacra di San Michele, il monumento simbolo del Piemonte, che ispirò il celebre romanzo di Umberto Eco “Il nome della rosa” . Stanno bene tre padri rosminiani che vivono  nell’antico monastero e che sono stati allontanati e nessun danno è stato arrecato ai beni storici e architettonici,  anche se il tetto è distrutto. Si pensa a un cortocircuito, visto che l’edificio è in fase di ristrutturazione. L’incendio è divampato  nella tarda serata di ieri, sono intervenuti anche Croce rossa e carabinieri. La Sacra, dedicata all’Arcangelo Michele, ha più di mille anni di storia: fu costruita tra il 983 e il 987 in cima al monte Pirchiriano, da dove domina la valle, a 40 chilometri da Torino. Ogni anno è meta di migliaia di visitatori da tutto il mondo ed è candidata ad essere inserita nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco.

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LA REGIONE: “PRONTI I FONDI PER IL RESTAURO”

ll Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino ha annunciato che l’assessore al Bilancio ha verificato la disponibilità residua dei Fondi di sviluppo e coesione per il Piemonte, sufficiente per far fronte ai danni subiti dal monumento storico. Oggi l’assessora alla cultura Antonella Parigi farà un sopralluogo alla Sacra per accertare i danni .

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(la foto grande è di Valerio Minato)

Gtt, nuovi mezzi e biglietti elettronici. In vista aumenti tariffari

In Regione il  presidente di Gtt Walter Ceresa ha illustrato il piano industriale 2018-2021.Il gruppo va verso una revisione tariffaria con lo scopo principale di fidelizzare la clientela e punterà  sulla bigliettazione elettronica.  Per il presidente l’intento è  di uscire dalla problematica situazione che vede attualmente un fabbisogno finanziario di 191 milioni di euro, con l’obiettivo è arrivare a un utile di gestione nel 2021 di 11,5 milioni. Pertanto il costo del lavoro verrà ridotto a fine piano, rispetto al 2017 di 24 milioni di euro (da 216 a 192 milioni) e, per fornire un servizio più efficiente e meno inquinante senza diminuire i chilometri di linea, vi sarà un massiccio rinnovamento dei mezzi e una revisione dei processi di manutenzione. Aumenterà l’utilizzo di veicoli a trazione elettrica, diminuirà l’utilizzo dei veicoli a gasolio, resterà invariato l’utilizzo dei veicoli a metano. I mezzi diminuiranno leggermente (795 a 625 veicoli) di numero ma saranno più capienti, più efficienti e più confortevoli e tutti idonei al trasporto dei disabili. Si tratta soprattutto di 470 nuovi autobus e 40 nuovi tram, acquistati anche con il contributo della Regione. Sarà potenziato il servizio con la metropolitana (apertura Lingotto – Bengasi entro il 2019) e  previsto il completamento del servizio ferroviario metropolitano nel 2020 e l’aumento della velocità commerciale della rete. È attesa anche una revisione tariffaria con lo scopo principale di fidelizzare la clientela e basata sulla bigliettazione elettronica. La Regione ha informato che l’Agenzia per la mobilità, a seguito della transazione sui vecchi crediti, dovrà versare a Gtt 25 milioni di euro. In merito alla gestione del Piano industriale, poi, la Regione seguirà da vicino soprattutto la parte inerente al personale.

 

(foto: il Torinese)