
Carlo Cecchi ha con Pirandello un rapporto e un giudizio conflittuali, lo considera il più grande autore italiano ma pure il più insopportabile. Prevale – diciamolo subito – in modo sfacciato questa antipatia di fondo condita con una buona dose di gelido sarcasmo, per cui, dopo aver invaso in anni addietro il campo dell’autore siciliano con le rivisitazioni dell’ “Uomo la bestia e la virtù” e dei “Sei personaggi” ecco che oggi si diverte a banalizzare, come un bambino che dispettosamente faccia le linguacce, quel mostro dell’”Enrico IV” scritto nel ’21 per Ruggero Ruggeri. Le forche caudine inevitabili sono una riscrittura a volte violenta nei confronti del testo e lì sotto Cecchi è costretto a passare. Ma ci passa con gioia. Che in cent’anni circa qualcosa di fumoso e di annebbiato, di troppo acquoso e di macchinoso ci sia è innegabile, che la macchina teatrale scricchioli e possa aver bisogno di un piccolo colpo di manutenzione da anni Duemila potremmo comprenderlo. Ma. Come ognuno sa, un uomo senza nome s’è richiuso da tempo nella pazzia “ideale” e creduta da tutti all’indomani di una caduta da cavallo durante un carnevale in cui aveva assunto la maschera di Enrico IV, non quello di Francia cinquecentesco (e su questo s’era preparato il malcapitato ultimo arrivato tra i servi che con lui si sono esiliati) ma quello che secoli prima attraverso Matilde di Toscana ottenne a Canossa dopo tre giorni d’attesa in mezzo alla neve di gennaio il perdono papale. I cavalieri e le dame di quel tempo sono ora riuniti, nell’eremo dell’imperatore pazzo, a rappresentare un’altra
volta quel gioco, quella cavalcata e quel travestimento, Matilde la donna amata un tempo e quel barone Belcredi che ha preso il posto del vecchio amore, il medico che dovrebbe trovare la via della guarigione con l’improvvisa apparizione della giovane Frida, uguale alla madre giovanissima come una goccia d’acqua. A quel sotterfugio l’uomo non ci sta, afferra una spada, sbudella il buon Belcredi e si affossa vita natural durante nella propria pazzia. Anche Cecchi a quei sotterfugi teatrali, alla commozione cerebrale, alle disquisizioni senza fine non ci sta. Comincia, tra il Bignami e il fast food, a ridimensionare come un forsennato, a ridurre i tre canonici atti ad un unico blocco di 90’, via via via gli intervalli! per carità, a prosciugare di parecchio le lunghe battute del primo attore, guardando di sbieco la Grandattorialità, e a giocare a far apparire in miglior luce gli altri personaggi, a modernizzare il linguaggio di Pirandello seppur con una gran bella risata lasciando e ripetendo certe parole, quelle che già stridono e farle stridere ancora di più, gioca al teatro con i quattro suoi consiglieri, rovistando nella tragedia alta che diventa una insignificante fiction e potendo contare anche su chi s’è preso il compito di riportarlo, copione alla mano, sulla retta via quando lui s’allontana troppo dall’impianto originale. Perché s’allontana. Non gli interessa tanto il percorso da e verso la pazzia del protagonista né la fatidica capocciata – è stato lui a scegliere liberamente di fingersi pazzo, conscio ormai del
mondo che gli si è aperto davanti -, scova e gli interessa il pirandellismo del teatro nel teatro e chiede a Sergio Tramonti una scena che abbia le quinte mobili di uno spazio teatrale e una superficie specchiante sul fondo in cui Enrico si possa guardare sempre più spesso mentre recita con le spalle rivolte al pubblico, in una non-dizione tutta di oggi. Tra uno sfrondare e l’altro, tra una linguaccia e uno sberleffo, il Cecchi nuovo autore trova le occasioni per farci riascoltare un breve brano di una lettera di Pirandello a Ruggeri, improvvisare il grido “Hanno ammazzato compare Turiddu” dalla “Cavalleria” di Mascagni con l’allegria di “Noi siam come le lucciole” e – prima degli applausi finali di un pubblico del Carignano estremamente divertito – un indifferente e frettoloso “dai, alzati, che domani sera abbiamo un’altra replica” rivolto al Tancredi che fino a un secondo prima cercava di esprimere tutta la sua sofferenza come neppure il Gallo morente. Ridicolo andare a cercare il “qua insieme, qua insieme… e per sempre” della tragedia finale, manco da parlarne. Nel pastiche gli stanno accanto Angelica Ippolito, Roberto Trifirò, Gigio Morra, Dario Iubatti, Chiara Mancuso e altri, estremamente obbedienti. I costumi, preziosi, sono di Nanà Cecchi.
Elio Rabbione
foto Matteo-Delbò
Un genitore ha querelato il docente di educazione fisica del figlio. Secondo quanto raccontato dal padre del ragazzino che frequenta una scuola media di Torino, durante la lezione di ginnastica l’insegnante avrebbe colpito lo studente con una bottiglia ghiacciata. Portato al pronto soccorso gli e’ stata riscontrata la frattura del quinto metacarpo. I carabinieri stanno indagando sulla vicenda.
DALLA SICILIA
Anche le istituzioni si mobilitano a Sciacca, in provincia di Agrigento, dopo che circa 40 cani randagi sono morti per aver mangiato cibo avvelenato distribuito da qualcuno per strada. Il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, intende costituire una commissione parlamentare per lo studio del fenomeno del randagismo. Intanto la sindaca di Sciacca, Francesca Valenti, è stata denunciata dall’Aidaa, per violazione della legge 281/91 poiché il sindaco è “primo responsabile per il benessere dei randagi presenti sul territorio comunale e della loro salute ed incolumità”.
di Pier Franco Quaglieni
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Il 4 marzo – Assurdità torinesi – Le Regie Patenti del 1848 – ZTL prolungata, un abuso e un danno – Se un genitore picchia il vicepreside – Tra sciocchezze e stile
Il 4 marzo Le schede elettorali per il 4 marzo appaiono pasticciate e c’è il rischio di annullamenti di schede. I partiti ,invece di polemizzare aspramente tra loro, dovrebbero contribuire a spiegare il meccanismo di voto e l’uso delle schede. Che il sistema elettorale sia pasticciato è fuori di dubbio. Dimentichiamoci di votare ,pensando ai candidati imposti questa volta come non mai. Troppi candidati blindati che, tra il resto, non danno nessun prestigio alla liste, ma sono messi lì per succhiare voti ed avere da qualche parte la certezza di essere eletti. Dimentichiamo i loro nomi, anche se pochissimi sono candidati di pregio, confusi con omuncoli e donnette non degne di rappresentarci in Parlamento. Bisognerà votare il simbolo dei partiti e delle coalizioni per evitare annullamenti. Torniamo indietro di decine d’anni quando gli elettori comunisti votavano solo il partito. E’ una democrazia dimezzata, ma è sempre meglio che non votare. Diffidiamo solo degli improvvisatori grillini che hanno dato pessimi risultati dove hanno governato. Essi sono una minaccia alla democrazia. A Torino c’è capolista al Senato un tal senatore Castelli che in cinque anni è rimasto silente e non ha versato tutte le quote di stipendio stabilite dal suo stesso partito. Non dimentichiamo questo nome.
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Le Regie Patenti del 1848
Il 17 febbraio ricorda le Regie Patenti del 1848 – anno dello Statuto- con le quali il re Carlo Alberto riconosceva i diritti civili e politici ai Valdesi. Con la proclamazione del Regno d ‘Italia tali diritti vennero estesi a tutti i cittadini valdesi del Regno. I Valdesi ricordano quella data con feste solenni.La libertà religiosa veniva sancita e il regime liberale riconosceva uno dei principi basilari su cui si fonda. La libertà religiosa-diceva Francesco Ruffini- è alla base di tutte le libertà. I tempi delle discriminazioni religiose erano finiti insieme alle intolleranze che avevano caratterizzato anche la storia sabauda. Sempre nel 1848 vennero emancipati di gli ebrei pochi mesi dopo i valdesi. Anche a Torino esisteva un ghetto. In epoca in cui gli ebrei in Europa sono minacciati dalla presenza sempre più arrogante delle comunità islamiche antisemite, è utile anche il ricordare questo episodio storico . Le Legge razziali del 1938 cancellarono i diritti degli ebrei che pure si erano distinti nel Risorgimento e nella Grande Guerra. Il regime fascista dimenticò anche che molti ebrei avevano aderito al fascismo.
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ZTL prolungata, un abuso e un danno
Una petizione che sta raccogliendo molte adesioni ,sottoscritta ai sensi dell’art.12 dello Statuto della Città di Torino,esprime la protesta dei cittadini per la modifica e prolungamento dell’orario della ZTL. Si prevedono infatti molti disagi che provocherebbe ai residenti , ai cittadini, alle attività economiche presenti sul territorio interessato con la conseguente ridotta fruibilità del centro della Città, cuore pulsante della medesima. L’orario prolungato fino alle 19,30 della ZTL provocherebbe congestione nelle strade limitrofe con aumento dei gas di scarico delle auto,c reando grave danno alle attività non necessariamente solo commerciali del centro della città. Il balzello previsto per entrare in auto nel centro pari a 5 euro appare un vero e proprio abuso. In mancanza di una adeguata rete di trasporto pubblico urbano l’operazione significherebbe uno smaccato favoreggiamento dei centri commerciali con grave danno per i commercianti della zona a traffico più che limitato , bloccato. Ciò provocherebbe un’ulteriore crisi di molti esercizi che sarebbero condannati alla chiusura. Io firmerò la petizione ed invito a firmarla. Sabato 24 ci sarà una grande manifestazione di protesta contro le politiche velleitarie ed arroganti della gestione grillina della Città .
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Assurdità torinesi
Due ristoranti in piazza Solferino hanno dovuto eliminare i loro dehors che non davano fastidio a nessuno perché erano in una rientranza dei marciapiedi ed erano anche belli esteticamente. Quello del ristorante “Solferino” in particolare, un grande ristorante erede di una bella tradizione toscana. Era piacevole cenarci, con vista sul giardino della piazza e la splendida fontana Angelica . Mi sembra inspiegabile la loro chiusura, mentre imperversano dehors in tutte le vie del centro e delle diverse movide che tolgono spazio al parcheggio delle auto . Stranezze che accadono forse solo a Torino dove interi pezzi di via sono riservate al parcheggio delle auto private di appartenenti a categorie privilegiate. Chi va in ufficio con la propria auto non dovrebbe fruire del privilegio del parcheggio gratis e sicuro.
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Se un genitore picchia il vicepreside
Un genitore ha picchiato il vice preside della scuola del figlio per un rimprovero: 30giorni di prognosi. Un diciassettenne sfigura con un coltello una professoressa che lo perdona, viene di ricevuta da Gentiloni e il ministro Fedeli la propone per il cavalierato. Episodi che esprimono un gravissimo disagio che è esattamente agli antipodi della “buona scuola”. Il permissivismo combinato al bullismo ha distrutto la scuola che era già stata massacrata dall’eterno ‘68 italiano durato trent’anni . Per far funzionare le scuole ci vorranno i carabinieri ?Non e ‘ una domanda provocatoria .La scuola e’ per “i capaci e meritevoli anche se privi di mezzi “,come dice la Costituzione . I fancazzisti e i violenti devono cercarsi un lavoro o almeno un lavoretto o limitarsi a farsi mantenere dai genitori. Vada per i bamboccioni, ma chi fa anche danni, va fermato. Se guardassimo agli arredi scolastici, ci accorgeremmo che essi sono oggetto costante di vandalismo. I presidi che cercano di fare ordine, finiscono come il capo istituto del ”Regina Margherita”, un invito esplicito a starsene tranquilli, senza cercarsi grane: le scuole devono governarle i sindacalisti…
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Tra sciocchezze e stile
Giletti nella sua trasmissione “Non e’ l’arena“ fatica per tenere ascolti accettabili e scade spesso nello scandalismo plebeo come gli e’ capitato domenica scorsa, parlando di fascismo, dove Alessandra Mussolini e’ apparsa una signora ( l che è tutto dire) di fronte alle banali volgarità sull’antifascismo ascoltate di fronte ai drammi di Macerata che non possono essere affrontati con slogan stupidi come quello relativo al Tricolore che sarebbe nato nella Resistenza, una vera idiozia. Poi c’era Catherine Deneuve, sicuramente un’attrazione , ma Giletti si è dimostrato un pessimo intervistatore e ha buttato sul personale il discorso, sollecitando la Deneuve a parlare dei suoi amori. L’attrice si è rifiutata, dicendo che certe cose appartengono al privato e non si portano in tv. Grande lezione di stile e di vita per una televisione all’italiana fatta di pettegolezzi e di banalità .
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Viva l’operetta!
Ho letto che al teatro “Alfieri” anche quest’anno c’è il festival dell’Operetta,un genere ormai in via di estinzione che la televisione ha cancellato da tempo. Forse sono solo un nostalgico dei tempi andati perché io amo l’Operetta.
Filippo Usai
L’Operetta è una forma di spettacolo che ci fa sognare tempi migliori. Io l’apprezzo. Ricordo le grandi compagnia di operetta con Nuto Navarrini e Carlo Rizzo e cantanti famosi. Ci faceva rivivere i fasti della Belle Epoque. E anche le ingenuità di un’epoca andata. La musica era bella. Quando posso, vado ad assistere all’Operetta. Tra il festival di Sanremo che non ho seguito in televisione e una serata a teatro con l’operetta, scelgo quest’ultima. Le americanate che ci affliggono in televisione, i dibattiti urlati con le tante sciocchezze che ci obbligano a sentire, l’enormità di una pubblicità invasiva e fastidiosa turbano le nostre serate televisive. Meglio ,una volta tanto, l’operetta o, decisamente , l’opera, se ci garantiscono che le quinte del “Regio” sono sicure…
.La città che non cambia
Sono quasi due anni che Appendino governa la città, ma non vedo cambiamenti in meglio, ma solo in peggio. Quando ci sarà uno spiraglio di luce ?Io ho votato Cinque Stelle, ma sono delusissima. Delia Camisa
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non vedo spiragli di luce con Appendino sindaco. Mi sembra incapace di governare e mi stupisco che i grandi giornali torinesi la sostengano in modo piuttosto sfacciato. Evidentemente ci sono interessi che travalicano quelli della città. Le donne e gli uomini del Sindaco appaiono scialbi, per non dire di certi uomini di fiducia inquisiti e che davvero davano l’idea di essere un po’ penosi. Manca una squadra di governo e manca un sindaco capace di fare il sindaco. Raggi lentamente si sta un po’ riprendendo dopo un inizio burrascoso. Appendino sta procedendo in senso contrario. Voglio ricordare che troppi imbecilli che con i grillini non avevano nulla da spartire consigliarono di votarla e troppi torinesi altrettanto superficiali e creduloni al ballottaggio la votarono stanchi del sistema Torino. Detto sistema è invece stato rinvigorito dal Sindaco grillino che, mentre dimentica le periferie, non esita a coltivare i salotti e i tinelli buoni.
Il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e il Presidente dell’Associazione delle 12 Fondazioni di origine bancaria (FOB) del Piemonte Giovanni Quaglia hanno presentato oggi in Fondazione CRT il protocollo d’intesa per collaborare sulla strategia di innovazione sociale “Wecare – Welfare Cantiere Regionale”
Nell’ambito del programma WECARE verranno sviluppate attività condivise: in particolare, le Fondazioni piemontesi sosterranno progetti che, in linea con i principi della strategia regionale, siano capaci di costruire reti pubblico-private di welfare comunitario e di rispondere in modo innovativo alle problematiche sociali.
Va sottolineato che, nell’ambito della propria mission, le 12 FOB del Piemonte hanno aumentato da tempo la propria attenzione al welfare, ambito cui hanno destinato complessivamente oltre 100 milioni di euro lo scorso anno. “Il protocollo d’intesa siglato oggi è il punto di approdo di una collaborazione da sempre attiva e viva con la Regione Piemonte e, nello stesso tempo, è il punto di partenza di un ‘percorso’ condiviso tra pubblico e privato per un grande obiettivo: l’innovazione sociale al servizio del bene comune – dichiara il Presidente dell’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria Giovanni Quaglia –. Le Fondazioni stanno dimostrando sempre più di essere incubatori di idee, veri e propri agenti di cambiamento, capaci di mettere a disposizione del territorio non solo risorse finanziarie, ma anche conoscenze e competenze. Questo lavorare insieme per il Piemonte, che valorizza le prerogative e le specificità di ciascun soggetto, è un modello che può fare scuola nel resto del Paese”. “Ringrazio tutto il sistema delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte – afferma il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino –, perché è evidente che senza l’apporto, a vari livelli, che il sistema delle Fondazioni fornisce ad attività strategiche del campo sociale, sanitario e culturale, la vita dei piemontesi sarebbe decisamente più difficile”. La strategia regionale per l’innovazione sociale “WECARE” – che coniuga misure diverse attraverso il Fondo Sociale Europeo e il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, per un investimento di risorse complessive pari a 20 milioni di euro (15 FSE e 5 FESR) – è il primo e unico caso a livello nazionale in questo settore. Nasce dal lavoro di un tavolo inter-assessorile composto da 4 assessorati della Regione Piemonte: Politiche Sociali, della Famiglia e della Casa; Diritti Civili e Pari Opportunità; Attività produttive; Istruzione, Lavoro e Formazione Professionale (seguito da Gianna Pentenero).
L’Assessore alle Politiche Sociali, della Famiglia e della Casa Augusto Ferrari afferma: “Innovare il modo di concepire e praticare le politiche sociali è una necessità fondamentale, per poter ridare sostanza alla missione su cui i nostri sistemi di welfare sono nati e a cui oggi non riescono più a dare una risposta soddisfacente: ridurre le disuguaglianze sociali. Il percorso di WECARE è nato su queste premesse, coinvolgendo tutti gli attori pubblici e privati nella sfida di coniugare politiche sociali, politiche del lavoro e sviluppo economico, pensando alla coesione sociale come grande occasione di sviluppo territoriale ed alla crescita come una sfida da realizzare attraverso la riduzione delle diseguaglianze sociali. La collaborazione con le Fondazioni bancarie piemontesi, attore fondamentale di sviluppo dei territori, è un grande passo in avanti per attuare questa strategia”.
“L’economia sociale è un elemento importante del nostro sistema produttivo e rappresenta un fattore di sviluppo e crescita del territorio– spiega l’Assessora alle Attività Produttive Giuseppina De Santis –. Nell’ambito della strategia comune regionale, riteniamo che un tema su cui lavorare sia quello del rafforzamento delle imprese che operano cercando strade innovative per dare risposte a bisogni sociali, soprattutto nel comparto sanitario e socio-assistenziale. In quest’ottica la collaborazione con il sistema delle Fondazioni bancarie piemontesi può essere di grande interesse, anche dal punto di vista delle competenze in campo finanziario, di cui le Fondazioni stesse sono depositarie per sostenere investimenti a impatto sociale”.
L’assessora alle Pari Opportunità della Regione Piemonte Monica Cerutti sottolinea l’importanza delle misure dedicate alle tematiche di genere, affrontate in maniera trasversale, presenti in questo atto dedicato all’innovazione sociale: “L’atto prevede una misura specifica di ben 4 milioni di euro investiti per la promozione del welfare aziendale, alcune azioni che potranno essere avviate, per esempio, riguarderanno le politiche di condivisione dei tempi di vita e lavoro, quelle per le pari opportunità, ma anche il sostegno al diritto allo studio. È fondamentale e importante che le istituzioni su temi così rilevanti facciano sistema e non soltanto nella condivisione delle risorse, ma anche nella progettazione”.
Nel mese di dicembre 2017 è stato lanciato il primo bando per la creazione dei cosiddetti distretti di coesione sociale. Obiettivo: stimolare processi collaborativi sui territori, sperimentando azioni innovative di welfare territoriale e promuovendo una migliore governance locale. In primavera è prevista l’uscita di un secondo bando dedicato ai progetti di innovazione sociale per il terzo settore. Successivamente, saranno varate le linee per la promozione del welfare aziendale e il rafforzamento di attività imprenditoriali che producono effetti socialmente auspicabili.
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(Foto: a sinistra: Anna Chiara Invernizzi, Augusto Ferrari, Anna Ferrino, Sergio Chiamparino, Giovanni Quaglia, Giuseppina De Santis, Mario Sacco, Gianfranco Mondino, Mario Ciabattini)
Dedicata al Piemonte questa crostata e’ un inno alla gioia per il nostro palato
Protagonisti di tanta bonta’, la nocciolaTonda Gentile I.G.P, il cioccolato di cui Torino vanta una lunga ed importante tradizione e le pere. Eccovi la ricetta, provare per credere.
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Ingredienti per la frolla:
200gr.di farina 00
50gr. di nocciole del Piemonte ridotte a farina
100gr. di zucchero
120gr.di burro freddo
3 tuorli
½ cucchiaino di lievito per dolci
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Ingredienti per la farcia:
100gr. di cioccolato fondente
50gr.di nocciole del Piemonte ridotte a farina
2 belle pere
zucchero a velo q.b.
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Preparare la frolla impastando velocemente tutti gli ingredienti, stendere ¾ dell’impasto in una teglia foderata con carta forno, bucherellare il fondo e lasciare riposare tutta la pasta in frigo almeno 1 ora (il rimanente impasto verra’ utilizzato per la copertura). Tagliare a fette molto sottili le due pere, sminuzzare il cioccolato. Estrarre l’impasto dal frigo, distribuire sul fondo della teglia le nocciole ridotte a farina, le pere affettate e ben distribuite e sopra, il cioccolato sminuzzato. Con la pasta rimasta formare delle piccole palline, schiacciarle con il palmo delle mani e disporle sull’impasto come copertura. Infornare a 180 gradi per 40 minuti circa. Lasciar raffreddare e spolverizzare con zucchero a velo.
Paperita Patty
Hikikomori: a Torino un incontro gratuito per sensibilizzare sul fenomeno
“Hikikomori” è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte” e viene utilizzato per fare riferimento a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria camera da letto e senza aver nessun tipo di contatto con il mondo esterno, se non tramite internet.
Osservato inizialmente in Giappone, il fenomeno è ancora poco sconosciuto, nonostante si stia rapidamente diffondendo in tutte le società economicamente sviluppate del mondo, Italia compresa, dove stime non ufficiali sostengono esserci almeno 100 mila casi.
La disinformazione sul tema fa si che non ci siano aiuti concreti per i ragazzi che si ritrovano in questa condizione e per le loro famiglie. Gli stessi addetti ai lavori tendono a confondere l’hikikomori con altre psicopatologie, in particolare con la depressione e la dipendenza da internet.
Il seminario è stato promosso e organizzato da Hikikomori Italia (prima associazione nazionale sul fenomeno), in collaborazione con Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte, Forte Chance, Centro Medico Psicologico Torinese, ASAPI, IIS Avogadro, e con il patrocinio della Regione Piemonte e della Città Metropolitana di Torino.
L’obiettivo è proprio quello di sensibilizzare sul fenomeno del ritiro sociale volontario, indagando l’incidenza, le manifestazioni e le possibili cause, con il proposito di analizzare le risorse scolastiche, formative e socio sanitarie disponibili e instaurare un dialogo costruttivo tra le istituzioni con il coinvolgimento attivo delle famiglie per predisporre strumenti di intervento adatti a far fronte a una emergente crisi sociale
Una PROPOSTA ALTERNATIVA è stata inviata dalle associazioni di protezione ambientale e animaliste alla Città Metropolitana di Torino. L’Amministrazione della Città Metropolitana di Torino guidata dalla Sindaca Appendino ha approvato con lo stampino nello scorso mese di dicembre 2017 un programma di controllo del cinghiale per il 2018 imperniato su battute di caccia, spari diurni e notturni e inutili “militarizzazioni” del territorio che causano la dispersione degli animali senza risolvere il problema della riduzione del numero degli animali ed i danni da questi prodotti alle coltivazioni agricole. Il provvedimento della Città Metropolitana per i suoi numerosi vizi di legittimità (utilizzo dei cacciatori, assenza di dati censuari, assenza del parere dell’ISPRA, nessun intervento di tipo ecologico o preventivo, cessione gratuita ai cacciatori degli animali abbattuti) sarà oggetto di ricorso al TAR il cui deposito è previsto a giorni. La Città Metropolitana era stata invitata a ritirare il Decreto del 22 dicembre 2017 della Consigliera delegata Elisa Pirro, in autotutela. Così non è stato. Grave è giudicato l’utilizzo dei cacciatori e dei cani che disperdono gli animali, causano incidenti stradali, determinano una destrutturazione delle popolazioni, creano nuovi branchi e la colonizzazione di nuove aree con aumento dei danni in luogo della loro diminuzione. Trattasi dell’ennesimo programma volto a consentire strumentalmente l’esercizio venatorio fuori stagione e nelle zone vietate alla caccia più che a risolvere le problematiche legate alla presenza del cinghiale. Decenni di interventi imperniati solo sugli abbattimenti non hanno risolto nulla e hanno mostrato tutto il loro fallimento. Una PROPOSTA ALTERNATIVA imperniata su strategie già collaudate e delle quali esistono ormai documentate dimostrazioni di efficacia, è stata inviata alla Città Metropolitana di Torino. Nell’affrontare il programma per il contenimento del cinghiale non si può prescindere dalla considerazione etico-morale del rispetto per tutte le forme di vita. Gli animali sono esseri senzienti, così come stabilito anche dal Trattato di Lisbona dell’Unione Europea del 2007, e non degli oggetti meccanici a disposizione dell’uomo come purtroppo l’attuale mentalità antropocentrica ce li vuole mostrare. La giunta 5 Stelle della Città di Torino a guida Chiara Appendino, Sindaca anche della Città Metropolitana, nel suo programma di governo recita: “Noi ci impegniamo a promuovere una cultura del rispetto che riconosca tutti gli animali come soggetti di diritti.” Chiediamo che a queste parole seguano fatti concreti. Riteniamo doveroso cercare di conseguire un equilibrio e una pacifica convivenza tra le legittime esigenze delle attività antropiche e quelle altrettanto legittime degli animali di essere rispettati e non perseguitati.
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Le prioritarie modalità di intervento dovrebbero essere:
a) Controllo della fertilità L’avvio subito, su scala la più vasta possibile, del controllo della fertilità degli animali attraverso pratiche contraccettive ormai collaudate. Negli ultimi vent’anni i vaccini contraccettivi sono stati sempre più perfezionati e oggi una monodose causa infertilità nell’animale per almeno 3-5 anni dopo la somministrazione. Studi condotti sul comportamento e sulla fisiologia di cinghiali in cattività hanno dimostrato, con l’uso del vaccino GonaCon, l’assenza di qualsiasi effetto collaterale in questa specie. Mentre i ricercatori stanno sviluppando la formulazione per la somministrazione orale è già stato progettato il BOS (BoarOperated-System) concepito come sistema di distribuzione di esche ai cinghiali. Il BOS consente ai soli cinghiali, e non ad altre specie, di cibarsi delle esche. b) Difesa delle colture Le moderne tecniche di difesa delle colture attraverso le recinzioni elettriche sono in grado di impedire l’accesso degli ungulati al campo coltivato. L’incentivazione dell’uso da parte degli agricoltori può avvenire anche attraverso la cessione in comodato delle strutture da parte della Città Metropolitana. Il risparmio sul rimborso dei danni vale l’investimento. Alcune azioni dovrebbero essere messe in atto da subito: a) l’esclusione degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), dei Comprensori Alpini (CA) e dei cacciatori dalle attività di controllo. Il cacciatore è l’unico soggetto che non ha interesse a vedere ridotto il numero degli animali sul territorio e si comporta di conseguenza; b) il divieto dell’utilizzo dei cani; c) il divieto di abbattimento delle femmine adulte per evitare le uccisioni delle femmine dominanti che causerebbero la destrutturazione dei branchi; d) il divieto degli spari notturni per ragioni di sicurezza; e) l’alienazione dei capi abbattuti che costituiscono patrimonio esclusivo dello stato attraverso procedure legittime che escludano la gratuita cessione agli abbattitori; f) controlli sulla sicurezza alimentare a partire dalla presenza di radioattività nelle carni degli animali. Le associazioni scriventi si augurano che possa aprirsi un dialogo costruttivo con tutti i soggetti interessati, a partire dall’ente pubblico, con esclusione della componente venatoria.
Per: ENPA, LAC, LAV, LEAL, LEGAMBIENTE Circolo L’Aquilone, OIPA, PRO NATURA, SOS GAIA Roberto Piana
Ci sono città che hanno mille luci e altre che hanno solo una lanterna, ma le cui musiche si muovono sui medesimi binari, quelli della canzone d’autore. Parigi e Genova sono “una stella nella sera” e “un’idea come un’altra”, solo più bella e con tutte le note del mondo
Avec le temps / Col tempo, sai rilegge, tra musiche e parole, le pagine più belle della chanson e della scuola genovese, attraverso le interpretazioni di Piero Sidoti e i racconti di Massimo Cotto, ma dietro ci sono anche il pensiero, la musica e la sensibilità di Gianmaria Testa. Questo non è un reading come un altro, bisogna dirlo subito, la storia che c’è dietro è complicata, ma bella, ed è una storia di dolore, ma anche d’amore. Ve la raccontiamo. Più o meno tre anni e mezzo fa, prima che Gianmaria si ammalasse, avevamo un progetto che si chiamava appunto COL TEMPO, SAI /AVEC LE TEMPS. Doveva essere un vero e proprio spettacolo teatrale e coinvolgeva Massimo Cotto (giornalista e scrittore); Gianmaria Testa che con la Francia aveva, si sa, un rapporto privilegiato e il pianista jazz Roberto Cipelli che su Ferré aveva molto studiato e lavorato. Il nucleo fondante era dato dal rapporto tra gli chansonnier francesi (Brel, Brassens, Ferré, ecc.) e i cantautori italiani (De Andrè, Bindi, Lauzi, Conte, Tenco, ecc.), tra Parigi e Genova. Il progetto era già in fase molto avanzata c’era il copione, uno studio grafico di locandina, letture a tavolino fatte, squadra di lavoro e prove fissate e molte date già vendute e programmate. Poi Gianmaria si è ammalato improvvisamente e ovviamente si è bloccato tutto e le date le abbiamo annullate senza pensarci un attimo. Mai, neanche per un secondo, si è pensato che il progetto contasse più di chi lo faceva, immaginando una sostituzione.
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Massimo Cotto e Paola Farinetti hanno ripensato tanto, in questi anni, a questo progetto mai nato, e pure con nostalgia e rimpianto. E’ stato chiaro da subito che non avrebbe mai più potuto essere come lo si era immaginato all’inizio, ma al tempo stesso era un peccato lasciare quel copione e quelle storie che continuano a essere così vive in un cassetto. Così è venuta fuori l’idea di un reading, semplice semplice, da presentare una sola volta a Torino, alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, anche e soprattutto in omaggio e in ricordo di Gianmaria, e poi mai più. Accanto a Massimo, che come si sa è un giornalista musicale coltissimo e brillante, capace di raccontare come nessun altro e ora star di Virgin Radio, si è aggiunto Piero Sidoti, chitarra e voce, che di Gianmaria è stato amico discreto, e a lui toccherà dar voce sia agli chansonniers sia ai cantautori. Questo terzetto si è quindi incontrato per leggere e adattare il copione a questa nuova, provvisoria vita. Sidoti ha fatto sentire agli altri come venivano le canzoni di Brel o Montand o De André o Conte, fatte a modo suo, Massimo ha cominciato a leggere, Paola guardava da fuori e ogni tanto interrompeva per piccoli appunti. Ed è successo allora che i tre, a un certo punto, si sono guardati e si sono detti che “quella cosa lì” non era davvero niente male perché le storie che si raccontano sono belle e intriganti e Massimo Cotto le sa raccontare benissimo e perché Piero Sidoti è riuscito a far sue, senza snaturarle, canzoni che fanno parte della storia della musica e fanno tremare le vene ai polsi. Insomma è venuta fuori una “cosa” che non è né vuole essere uno spettacolo teatrale finito, questo no, anzi che è decisamente indefinibile, ma che emoziona e incuriosisce e un po’ anche riscalda perché racconta di un’epoca speciale della musica.
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E allora può anche essere che, al di là di quell’unicum a Torino, se capita, CON IL TEMPO, SAI/AVEC LE TEMPS lo riproporremo anche altre volte. In poco meno di due ore scorrono le immagini in bianco e nero della rive gauche esistenzialista di Saint Germain-des-Pres e del leggendario Tabou, di Juliette Greco che si abbronzava alla luna e di Edit Piaf che cantava come “centodiecimila uccelli dall’ugola insanguinata”, come disse una volta un altro grande di Francia, Leo Ferrè, il maledetto che abitava altre latitudini; del grande Brassens e dell’immenso Brel, belga innamorato di Parigi che andò a morire alle isole Marchesi, dove “per assenza di vento, il tempo s’immobilizza, e si parla della morte come tu parli di un frutto”; di quel Gainsbourg “morto per aver bevuto troppe sigarette”, come scrisse Libération, e di quel Boris Vian che fondeva jazz e letteratura e immortalava la figura del disertore nella canzone di Francia. E poi, le canzoni che indossavano dolcevita neri e occhiali dalla montatura spessa, quelle scritte da Umberto, Luigi e Ginaccio, attorniati da quattro amici al bar e immersi in un mondo da cambiare. E poi, Faber e tutti gli altri, che hanno cantato Genova per noi che stiamo in fondo alla campagna, e la Parigi che non smette di brillare anche quando si addormenta. Uno spettacolo per (ri)scoprire chi erano e ricordarci chi siamo