redazione il torinese

“Tu, tu non mi basti mai”

Correva l’anno1996, e un tale, Lucio Dalla, genio indiscusso pubblica un album di grande successo, ed all’interno una tra le piu’ belle dediche d’amore di tutti i tempi. Ambrogio Borsani, in un suo libro che lessi qualche anno fa, riportava la frase “ciò che non si ha non basta mai”. Come è vero. E quando lo si ha non lo si apprezza abbastanza, aggiungerei io. Certe cose oggi, con il mio trascorso, mi sembrano piu’ importanti di brani che hanno avuto più successo, per questo voglio parlarvi di una raccolta del grande Lucio, “Questo è amore”, una raccolta che ha il sapore di un completamento (passatemi il termine) della antecedente “12000 lune” che già si presentava zeppa di amore cantato, narrato, respirato, ma che, a parer mio, mancava di brani cosi pesantemente leggeri come “tu non mi basti mai”. Progetto, questo, realizzato con Marco Alemanno dopo due album in studio non particolarmente fortunati. All’interno parecchi remakes e brani non conosciutissimi perché da lui non presentati ai suoi concerti, che a molti di voi risulteranno sconosciuti come “malinconia d’ottobre” o “questo amore”. L’unica canzone del tutto nuova è “Anche se il tempo passa (amore)”. “Noi la vita la annusiamo in tutti i posti, ma lei passa senza neanche un ciao/ oppure vola come i ladri sopra i tetti, se ci provi non la puoi fermare”, è l’attacco su una base che assorbe senza sforzo le più attuali tendenze del pop anglosassone dai Coldplay in poi, con un leggero tocco di Sigur Ros – band che lo affascinava molto, e che Lucio ha conosciuto grazie al giovane Alemanno. Spiazza invece la nuova versione di “Meri Luis” in coppia con Marco Mengoni – non tanto per lo stile e le doti vocali di quest’ultimo, che possono essere o meno “la nostra tazza di the”, ma per il fatto che Dalla non ha ricantato il pezzo del 1980 e che la voce del giovane collega emerso da X-Factor è dunque sovrapposta all’incisione originale. Una scelta che potrebbe tradire pigrizia, o una decisione dell’ultimo momento. E qui, in “Questo è amore” di nuovo dura come la roccia “tu non mi basti mai” Ognuno di noi ha il disco che è rimasto più nel cuore, o il proprio brano preferito di Lucio Dalla cui si sente più legato, e qualcosa potrebbe anche non essere né qui né su “12000 Lune”. Io invece, la ripropongo per la terza volta, perchè a me questo brano è particolarmente caro, e non voglio scordarlo mai, almeno fino al 2047. Vi invito all’ascolto di una carezza tra le più incantevoli. “Non mi basta tutto, voglio anche il resto.” Paolo Dune, Al di qua dell’aldilà, 1998-2016

https://www.youtube.com/watch?v=ez75GMRD4bQ&pbjreload=10

Chiara De Carlo

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Chiara vi segnala i prossimi eventi … mancare sarebbe un sacrilegio!

GIOVEDI 07 SETTEMBRE 2018

Ultima audizione Torino Music Contest.  Presso GV pane & caffè Via Tiepolo 8/d – Torino

Scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

 

Alice Franco terza in Macedonia e seconda in classifica generale

Si è colorata di azzurro la terza e ultima tappa della FINA UltraMarathon Swim Series 2018, disputata nello scorso week end a Lake Ohrid (Macedonia). Cinque medaglie su sei sono andate ad atleti italiani e sul podio è salita anche Alice Franco, 29enne nuotatrice piemontese tesserata per Esercito e Asti Nuoto, terza all’arrivo. Nella 25 kilometri femminile Barbara Pozzobon si è imposta in 5h22’59″30 davanti all’ungherese Anna Olasz (5h23’03″18) e ad Alice Franco (5h23’56″46). “A metà gara avevamo già fatto molta selezione e tra le donne eravamo rimaste in tre a lottare per le medaglie” ha spiegato Alice tramite un comunicato dell’Asti Nuoto, “i molti cambi di ritmo per staccare le avversarie non mi hanno permesso di essere competitiva nei 500 metri finali, ma sono comunque contenta della mia prestazione”.Nella prova maschile ha invece vinto Francesco Ghettini (5h13’59″62), davanti a Edoardo Stochino (5h14’10″72) e Andrea Biachi (5h14’11″69). Barbara Pozzobon e Edoardo Stochino si sono piazzati al primo posto anche nella classifica generale del circuito. Seconda nella graduatoria generale si è piazzata proprio Alice Franco, grazie al bronzo della terza tappa ma anche grazie al terzo posto della prima prova – la Coronda-Santa Fè in Argentina – e alla quarta posizione della seconda tappa, in Canada sul lago St. Jean. Per la “maratoneta dell’acqua” piemontese si tratta della terza stagione consecutiva conclusa al secondo posto della FINA UltraMarathon Swim Series (ex FINA Open Water Grand Prix).

https://www.federnuoto.piemonte.it/finpiemonte/home_new/appro_new.asp?id_info=20180828122601&area=5&menu=agonismo&read=fondo

GIOVANNI RAMELLA, UNICO ED IRRIPETIBILE

di Pier Franco Quaglieni

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Si sono svolti stamattina i funerali del prof. Giovanni Ramella alla Chiesa della  Crocetta gremitissima di persone. Al termine del rito l’ho ricordato con la sobrietà dovuta alla circostanza, ma molto altro andrebbe detto sull’illustre e compianto  defunto.
Sono stato amico di Giovanni Ramella per oltre cinquant’anni ed ho anche intensamente collaborato con lui al Centro “Pannunzio” dove lo volli mio Vicepresidente Vicario a partire dal 2003.E’ stato un professore di raro fascino intellettuale, un preside capace di governare una scuola difficile come il Liceo d’Azeglio, un raffinato studioso di letteratura italiana, latina, francese e tedesca, aperto ai più vasti interessi culturali. Ha al suo attivo saggi importanti tra cui uno dedicato a Riccardo Bacchelli che il Centro “Pannunzio” pubblicò in collaborazione con il Ministero dei Beni culturali. Al lucido e penetrante articolo di Letizia Tortello-sua ex allieva – sulle pagine de “La Stampa” si sono aggiunte le più disparate testimonianze. Sulla mia pagina  Facebook sono centinaia le attestazioni di stima e di affetto nei suoi confronti che ex allievi, soci del Centro “Pannunzio” , semplici sconosciuti  hanno voluto manifestare nei modi più diversi. Spiace dover rilevare che chi ha scritto il necrologio sul “Corriere  Torino” non si sia documentato con chi avrebbe potuto dargli informazioni utili a scrivere del prof. Ramella. Il fatto di aver ricordato due episodi non significativi di un quindicennio della sua presidenza al liceo di via Parini  mi ha addolorato. Ramella va accostato al suo predecessore Aurelio Verra che pure non seppe o non volle  affrontare il ’68 nel modo adeguato.  Erano anni turbolenti ,con gruppi di genitori e allievi faziosi che volevano dettar legge, professori narcisi, polemici all’eccesso e molto arroganti che, pur essendo minoranza tra il corpo docente, offrivano l’opportunità a Maria Valabrega di scrivere molti articoli non sereni sul “d’Azeglio”. Non bisognava andare a raccattare i pezzi della Valabrega per scrivere di Ramella, ma semmai bisognava informarsi della sua attività intellettuale di primissimo piano. Tra l’altro, molti hanno scritto “D’Azeglio” con la d maiuscola, dimenticando il predicato nobiliare di Massimo d’Azeglio. Era un cattolico di profonde convinzioni, ma il suo modo di sentire lo portava ad aprirsi a tutti, tanti anni prima di Papa Francesco.

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Il Papa che ammirò di più -me lo disse una volta- fu Paolo VI, il pontefice intellettuale e mite che completò ,in tempi drammatici per la Chiesa, l’opera  appena iniziata da Giovanni XXIII.Il Concilio Vaticano II rinnovò la Chiesa ,ma ebbe anche l’effetto di lacerarla. Il dialogo era la scelta di fondo di Giovanni , sempre ben consapevole che per dialogare bisogna sapersi mettere in discussione con umiltà .Era un cattolico che non era mai stato democristiano, era un cattolico liberale alla maniera di De Gasperi che Giovanni ammirava molto. Ebbe anche dei momenti diversi, un po’ condizionato da alcune amicizie illiberali, ma nella sostanza,nel corso della sua lunga vita ,Giovanni  rimase l’ex allievo di Don Bosco e la sua scuola ideale fu quella salesiana, pur avendo fatto il preside imparziale del più laico dei licei torinesi, non foss’altro per la sua storia passata. Per lui la laicità era soprattutto tolleranza e in certi anni in quel liceo la tolleranza non fu affatto di casa. A tutelarla ci fu il cattolico Giovanni Ramella. Ebbe anche due successori che non seppero assumere sulle proprie spalle l’eredità lasciata come preside. Uno passò alla storia del liceo per aver imposto la bollatrice ai docenti, l’altro per una vicenda sulla quale, almeno  in questa occasione, è bene tacere.  Giovanni fu amareggiato per non aver visto proseguito in modo adeguato il suo lavoro fatto di cultura, di pazienza, di equilibrio, di onestà e soprattutto di intelligenza e grande umanità. Nella scuola, salvo un caso, non poté mai contare su collaboratori validi che dessero un sostegno operativo al suo lavoro di Capo d’Istituto. Era un grande appassionato di musica e quando morì Massimo Mila organizzammo insieme al liceo d’Azeglio un suo ricordo com’era doveroso. Ma una volta Giovanni mi disse che la statura di Mila musicologo andava realisticamente  ridimensionata. Fu una delle  rarissime volte in cui si lasciò andare ad un giudizio non positivo. Lui cercava sempre in tutti  gli aspetti migliori.

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Presidente dell’associazione ex allievi dell’Istituto  San Giovanni Evangelista, amava ricordare con me i suoi e miei professori, in particolare Don Dante Bettega uomo di raffinata cultura mitteleuropea simile a quella di Giovanni, anche se assai meno approfondita.  Una volta avemmo anche una piccola discussione su Michele Pellegrino che era stato il suo professore all’Università  e che poi divenne cardinale arcivescovo di Torino. Io criticai la politica  verso il Pci di Padre Pellegrino, come l’interessato voleva farsi chiamare, Giovanni lo difese, ricordandolo soprattutto  come suo docente e uomo di straordinaria cultura. Ma con Giovanni era impossibile discutere animatamente perché la sua mitezza impediva a priori di alzare il tono della discussione. Solo qualche triviale professore del “d’Azeglio” osò attaccarlo in modo inqualificabile. C’è chi ha detto che fu nominato dal presidente Ciampi Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica  per meriti scolastici. Questa affermazione non corrisponde al vero perché l’amministrazione scolastica non propose nessun riconoscimento all’atto del pensionamento di Ramella. Fu chi scrive a proporlo al Presidente  e al compianto segretario generale Gaetano Gifuni che subito colsero la statura dell’uomo che andava ben oltre ai suoi meriti scolastici. Ciampi avrebbe voluto conoscerlo di persona, poi disguidi vari impedirono l’udienza e fui io a consegnargli le insegne di commendatore a Palazzo Cisterna alla presenza della sorella e delle nipoti. Amava le vacanze a Courmayeur, ma passava ogni anno anche una settimana di raccoglimento spirituale a Camaldoli. Veniva a volte in Liguria a tenere qualche conferenza al Centro “Pannunzio” del Ponente , ma non amava il mare. La cultura italiana perde con la sua morte un protagonista importante che, vivendo quasi come un monaco del sapere, non ha purtroppo acquisito la notorietà che meritava. Mi auguro essa gli giunga almeno postuma, benché l’ambiente letterario sia invidioso anche con i morti. Torino perde uno dei suoi punti di riferimento di eccellenza. Ramella è stato unico ed irripetibile e non lascia eredi. Nessuno cerchi di ergersi ad erede né tanto meno a continuatore.  Nessuno saprebbe ,anche solo lontanamente, imitare il suo impegno e la sua persona, il suo stile e la sua dignità.

 

 

scrivere a quaglieni@gmail.com

Brucia 3mila metri quadrati di campi per l’erba alta che lo infastidiva. Arrestato

Ha appiccato un rogo ad Alpignano, lungo la strada della variante della provinciale 24, perché l’erba alta gli dava fastidio. I carabinieri di Rivoli lo hanno arrestato e messo ai domiciliari. Lui,  un italiano di 56 anni, conosciuto alle forze dell’ordine, è stato fermato mentre cercava di scappare in bici dopo aver acceso le fiamme in cinque punti. I vigili del fuoco sono intervenuti per spegnere l’incendio che ha bruciato  circa 3mila mq di area campestre.

 

(foto archivio)

Il “capitano” non faccia come Kim Jong Un e isoli chi insulta e minaccia

Non conosco questi signori che insultano su Facebook. Mi danno l’idea, dai loro profili, che,  se non loro, almeno  i loro genitori siano immigrati al nord dal sud. Migranti anche loro, quindi.  Nadia Conticelli (nella foto) sarebbe ” colpevole” di avere postato sul web di desiderare il Ministro Salvini in galera. Suppongo, conoscendo bene Nadia, che il suo “augurio”  per Salvini si riferisca a dopo un eventuale rinvio a giudizio e condanna del Ministro in questione. Come si confà agli sciacalli gli insulti e le minacce a sfondo sessuale vengono estesi alle figlie della consigliera. Malissimo, ma visto che mi pare che questi pistoleri della rete abbiano compiuto dei reati scrivendo certe cose, spero che  il magistrato di turno indaghi non aspettando la doverosa querela di parte di Nadia e della sua famiglia. Anzi auspico che sia  lo stesso Pd o tutti i semplici cittadini (come il sottoscritto) a sentirsi offesi da questi insulti. Io mi sento offeso anche perché le vittime di queste minacce sono donne. Ovviamente questi insultatori ci mettono anche la componente sessuale nelle minacce di ragazzi neri che sono emigrati nel nostro Paese. Ma passiamo ad altro livello. Altro mandante sarebbe il popolo leghista in difesa del proprio Capitano . Come loro chiamano Salvini. Sommessamente faccio notare che i segretari di partito si chiamano leader perché votati dai propri iscritti. I capitani, come i colonnelli, come i sottufficiali appartengono all’esercito che per antonomasia non é un organo elettivo. E che in uno stato di diritto come dovrebbe essere il nostro sono i generali nominati dalla politica. E questa si chiama autonomia dei poteri nei sistemi democratici. E che la Magistratura, da loro in passato osannata , oggi sempre da loro e dai pentastellati è tanto vituperata. E bene ha fatto Matteo Salvini nel dichiarare di voler  rinunciare all’ immunità sia da ministro che da parlamentare. I leghisti posso anche chiamarlo Capitano. In fondo ognuno a casa propria fa quello che vuole. Ma in una democrazia è la magistratura che indagando su casi specifici decide che cosa fare. Si chiama stato di diritto che garantisce anche agli imbecilli e stupidi di dire le loro sciocchezze. Purché  non minaccino ed insultino. Queste non sono opinioni ma reati, che come tali vanno perseguiti. Poi conosco leghisti che sono galantuomini. Forse sono leghisti della prima ora. Quando ad esempio il segretario leghista del Piemonte si autodefiniva segretario nazionale, visto che consideravano la nostra Regione una nazione. E prima degli italiani venivano quelli nati al nord da alcune generazioni. Ma anche Matteo Salvini non è appena arrivato alla Lega. Ammettiamolo, ci era più simpatico quando era capolista dei Comunisti Padani ed eletto al Parlamento Padano. Ma si sa, invecchiando ci si modera sempre. E noi confidiamo in lui che rimanendo il capitano leghista  faccia piazza pulita  dei violenti e di chi in nome della politica minaccia e insulta. Viceversa, più che un leader di partito assomiglierà al coreano Kim Jong Un.
Patrizio Tosetto

Gli assegnano posto sbagliato in aereo: aggredisce assistente e non parte

Gli era stato dato per errore un posto in una fila che non esisteva sull’aereo (la fila 1) e lui  ne ha occupato un altro . Ma  quando l’hostess gliene ha trovato uno libero, l’uomo, che viaggiava con la moglie,  ha aggredito  un dipendente dell’aeroporto che tentava di convincerlo, finché il comandante lo ha allontanato dal velivolo e lo ha lasciato  a terra. L’episodio è accaduto sul volo Blue Air da Lamezia Terme a Torino. La  polizia è salita a bordo e ha invitato il passeggero a lasciare l’aereo. Anche la moglie è scesa. Alla fine il  volo è decollato con oltre mezz’ora di ritardo.

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Marcorengo in festa

Dal 31 agosto al 2 settembre, Marcorengo, frazione di Brusasco, ospita la festa patronale che coincide con la sedicesima edizione della “Sagra del Biru”. L’evento è organizzato dalla Pro loco Pro Marcorengo con il patrocinio del Comune di Brusasco e dell’Unpli. Si parte venerdì 31, dalle ore 22, con “Muzik Night – Last XX Century decaleva”, riunione delle leve dal 1990 al 2000 e una serata animata, oltre che dalla musica, anche da hotdog, birulin, patatine e tanto altro ancora. Sabato 1 settembre lo stand gastronomico apre alle 19.30 con grigliata e menù del biru (in particolare le specialità a base di agnolotti del biru ed altri prodotti tipici) seguiti, alle 21.30, dalle note dell’Orchestra del Canavese. Domenica, alle 11, verrà celebrata la Santa Messa solenne in occasione della festa patronale, seguita da una bicchierata per festeggiare la ricorrenza dei quarant’anni del coro. Alle ore 17 ci sarà il Colormob, evento ad ingresso gratuito, con aperitivi alcolici ed analcolici. Alle ore 20 ci sarà un’abbuffata con tipicità locali e le festa continuerà con animazione serale.

Massimo Iaretti

 

Povertà, carità e decoro

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
Penso di conoscere molto bene la nostra città. Soprattutto il centro, perché sono tutto il giorno alla ricerca di notizie. Notizie o episodi che possono raccontare che cosa è diventata e forse potrà essere Torino. Il mio ricordo si alterna a ciò che vedo. Finalmente la mia curiosità è stata appagata da un incontro e le mie domande  mi hanno dato la possibilità di andare oltre ciò che vedevo. L’ essenza molto più profonda di ciò che mi appariva. Via Cernaia, due donne accovacciate a ridosso della vetrina di un minimarket. Le noto ma sono in ritardo ad una riunione.  Visivamente memorizzo ma non ci faccio caso più di tanto. Passata un’oretta le rivedo. La prima chiaramente una senzatetto.  La seconda che fa assistenza all’altra. Le parla e prima di lasciarla riassetta e pulisce intorno.  Mi fermo per osservare. La seconda ha una improvvisa accelerazione del passo. Mi chiedo: sarà di qualche associazione che si occupa di questi “poveretti”. Prendo coraggio e la fermo premettendo le mie intenzioni di voler conoscere.  Gentilissima e sorridente precisa: non lavoro per nessuna associazione. Sono anche io una di loro. Sono anche io una senza fissa dimora. D’istinto replico che non ci credo.  Non ha i segni di sofferenza tipici di una vita sulla strada. Bellissima, occhi celesti tendenti al blu.  Vestiti magari dimessi ma assolutamente non sdruciti. Lei incalza: sì, sì, sono senza fissa dimora ancorché ci tenga alla mia dignità e decoro. Semplicemente davo una mano ad una amica. Aveva bisogno di una carta d’identità e non sapeva come fare.Scelta consapevole?
Proprio cosi. Posso farle delle domande e riportare le risposte?
Si, basta che non sia strumentale.
In che senso?
Che non ci ricami sopra.
Bene. Quanti anni hai?
31 e sono laureata in filosofia. Poi ho deciso un mio percorso interiore.
In strada?
Anche, e come avrai notato aiutando gli altri.
C’è chi aiuta i senza tetto…
Sì, ma il più delle volte  c’è troppa burocrazia. Meglio le organizzazioni cattoliche o statali?
Sicuramente  le cattoliche.
Quanti sono i senza tetto a Torino?
Probabilmente 7 o 8 mila.
Cosi tanti?
Aumenta la povertà.
Tu sei di Torino?
No, ma piemontese.
Come mai nella nostra città?
E’ più accogliente di altre. Perlomeno lo era.
Io non volendola urtare sottolineo che  tossicodipendenza ed alcolismo sono alla base del fenomeno. Lei annuisce e sottolinea : non sempre. La discussione e il confronto continuano. Altri mi stanno aspettando ma lei ha voglia di parlare…. E prosegue: I senza tetto non solo dormono. Fanno tutto, dal mangiare al bere ai loro bisogni fisiologici. Situazione insostenibile. In città sono tanti e troppi i punti dove ” bivaccano”.
***
Ci si lascia, ma questa storia ha due puntate. La settimana di ferragosto ho un appuntamento di lavoro, giornate terse. Belle. Arrivo in piazza San Carlo, splendida  come isola pedonale. Tanti turisti che la rendono ancora più bella e il Caffè Torino tutto un programma, con tutti i tavolini occupati. Del resto é l’ ora dell’aperitivo. Passo veloce sono in ritardo. Ho un appuntamento con Roberto Gerace sociologo. Giusto per una ricerca sui senzatetto a Torino. Quasi inciampo sul “giaciglio ” che si sono fatti dei giovani accompagnati da cani in libertà, a due passi dallo storico caffè, sotto i portici all’angolo con via Alfieri. Manca solo la televisione e  la lavatrice e poi ci sarebbe tutto, in questa casa improvvisata visibile da tutti i passanti. I “residenti” leggono un libro o consultano il telefonino. Anche loro cercano conforto nella modernità. Una situazione che il Comune o chi di competenza dovrebbe risolvere. Siano rispettati i diritti di questi senzatetto (che così non mi pare proprio vivano con dignità, bivaccati come sono sotto i portici) ma si trovi il coraggio di rendere decoroso il salotto di Torino. A Roberto chiedo subito come è possibile un simile fenomeno.
Parte tutto dalla cassa integrazione dell’ottanta alla Fiat.
Sicuro? Sono passati quasi 40 anni. Non ti sembra di partire troppo lontano?
Forse. Sono condizionato dal fatto che mio padre cassaintergrato Fiat mi ha indirettamente stimolato nella mia tesi di Laurea sui cassintegrati Fiat.
Dunque?
É stato il momento in cui la nostra città ha cominciato a perdere identità. Ed un filo sottile attraversa questi anni. Questo filo sottile si chiama povertà.
Su questo ti sequo…
Gli racconto dell’incontro con la ragazza che ha scelto di vivere in strada.
Roberto sorride e commenta ciò che gli racconto.
Non stento nel crederci.
Precisa che i senza tetto censiti in Torino sono 2200. E sottolinea censiti. Anche qui il fenomeno non è tutto alla luce del sole. Ribatto che a 100 metri di distanza non si direbbe e gli chiedo come risolvere la questione. Ed appunto lui mi parla di inclusione e lotta alla povertà. Insomma è un mostro tentacolare e non si sa come affrontarlo. Con la mia modesta e personale convinzione che se non lo affronteremo ne saremo travolti.