redazione il torinese

Militari francesi armati a spasso in Italia

Mentre il vicepremier Salvini polemizza con la Francia e non accetta scuse per l’episodio dei gendarmi che avrebbero riportato in Italia alcuni migranti che avevano sconfinato, si apprende che due cittadini italiani residenti a Claviere sarebbero stati avvicinati e controllati da 4 uomini armati in tuta mimetica militare – con ogni probabilità francesi – in territorio italiano. E’ quanto emerge da una  denuncia seguita dalla procura di Torino. Il fatto risale allo scorso agosto ed è stato segnalato a Palazzo di Giustizia dai carabinieri, ai quali gli  italiani hanno raccontato l’accaduto. Il controllo sarebbe avvenuto  nel territorio di Cesana Torinese, a 2 km dal confine con la Francia. Il primo italiano è stato avvicinato mentre stava passeggiando con il cane e i militari gli hanno intimato di non riferire a nessuno della loro presenza. La procura ha aperto un fascicolo senza indagati e senza ipotesi di reato.

La politica degli “altri” e gli sgarbi istituzionali

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
Claudio Cerrato da una vita si occupa del suo quartiere, San Donato – Campidoglio – Parella, quartiere carico di storia. Da quanto te ne interessi? gli chiedo. Lui inizialmente ci scherza. “Da troppo. Sono 25 anni e 7 da Presidente. Ed è la prima volta che mi succede questo sgarbo istituzionale. L’offesa non è stata fatta solo alla mia persona ed al mio ruolo, ma ai cittadini rappresentati”. Precisa amaramente.  Andiamo con ordine, partendo dall’antefatto. Alla scuola Boncompagni la situazione della manutenzione e della sicurezza è fortemente precaria. Cerrato aveva anche interessato direttamente quando era Ministro il torinese prof Profumo. Scarsi i pratici risultati con l’ annoso problema dei fondi necessari. In questa scuola è stata costruita una struttura per garantire in sicurezza l’entrata degli alunni. Sono diminuite le iscrizioni e i genitori sono molto preoccupati.  Il comitato dei genitori e la direttrice invitano il sindaco e il presidente Cerrato ad un sopralluogo per sapere se e quando inizieranno i necessari lavori. Arriviamo al Fatto. Domenica una imbarazzata direttrice scolastica comunica che la sindaca vuole incontrare da sola i bambini. Sola perché non è un incontro politico. (Sic). Una lacrimuccia mi scende. Spiegazione: ha evidente paura di essere incalzata da domande ( impertinenti) su tempi e modi dell intervento?  Non ha la scappatoia solita: “colpa degli altri che mi hanno preceduta”. Ora le responsabilità sono sue per il futuro.  Il giorno dopo una segretaria del gabinetto del sindaco chiama Cerrato dicendo che sicuramente ci sarà un’altra occasione.  Ma quale era l’obiettivo della sindachessa? Trovare i soldi? Magari.   Più prosaicamente tirare a campare. Tanto ha già fatto capire che non si ricandiderà.  Necessario dunque non prendersi dei mal di pancia. I problemi restano, ma almeno i mal di pancia sono evitati. Diciamocelo fino in fondo, Chiara Appendino – almeno in questo caso – è stata indelicata nella sostanza e nella forma. Mi chiedono perché ce l’ho con i pentastellati. Giuro, non è cosi.  Non penso che gli altri siano peggiori, ma non tocca a me giudicare. Mi limito alla constatazione del presente. Ma aggiungo: c’è chi dice che non farà delle cose come le hanno fatte gli altri. Successivamente le fa tali e quali e ha pure il torto di essere arrivato dopo . Non ha giustificazioni ed il suo comportamento è più grave proprio perché arriva dopo.

Diventiamo cittadini europei

Il Consiglio regionale del Piemonte e la Consulta regionale europea, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte e l’Ufficio del Parlamento europeo a Milano hanno bandito per l’anno scolastico 2018/2019 la 35esima edizione del concorso “Diventiamo cittadini europei

Per un’Europa più unita, più democratica e più solidale”, riservato agli studenti delle scuole superiori del Piemonte. Il concorso consiste nello svolgimento di un elaborato su tematiche europee, a scelta tra due titoli proposti da una commissione di esperti: quest’anno si potrà decidere tra le elezioni del Parlamento europeo che si svolgeranno a maggio 2019 e la parità uomo-donna e la lotta contro le discriminazioni come elementi fondamentali della politica sociale dell’Unione europea. I temi proposti saranno illustrati agli insegnanti in un corso di aggiornamento dedicato che si terrà a Torino, a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale, venerdì 9 novembre dalle ore 10, mentre per preparare gli studenti al concorso sono state organizzate venti conferenze che toccheranno tutte le province piemontesi e saranno tenute da docenti universitari ed esperti di tematiche europee. La prima si terrà venerdì 19 ottobre al liceo Avogadro di Vercelli, mentre il 25 ottobre ci sarà il primo appuntamento a Torino, nell’Aula del Consiglio regionale. Gli elaborati dovranno pervenire alla Consulta europea entro venerdì 18 gennaio 2019 e saranno valutati dalla commissione esaminatrice. Le vincitrici ed i vincitori parteciperanno nel corso del 2019 a viaggi-studio ad istituzioni europee ed internazionali, alla 33esima edizione del seminario di formazione alla cittadinanza europea che si svolge a Bardonecchia e alla Festa dell’Europa promossa dal Parlamento Europeo a Milano. La cerimonia di premiazione si svolgerà nel mese di maggio 2019.

“Chiarezza sul Barattolo: da tutti i punti di vista”

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Nuova collocazione, rispetto delle regole da parte del soggetto assegnatario e gestione generale del fenomeno i nodi ancora da sciogliere

Avevo parlato, pochi giorni fa, di “futuro del Barattolo immerso nella nebbia” e non mi sento di dire, utilizzando oggi la stessa metafora, che le brume si siano nel frattempo dissipate. Tutt’altro. È stata discussa in Consiglio Comunale la mia ennesima interpellanza sul tema. Restano diversi nodi da sciogliere. Primo: la nuova collocazione. Non si contano le date promesse e i continui rinvii da parte dell’Assessore Giusta. Al momento, quale sarà la prossima collocazione del Libero Scambio ancora ufficialmente non si sa. Alle promesse non credo più, pertanto mi limiterò a tenere il tempo e a pungolare la Giunta da qui all’effettivo trasferimento. Secondo: il rispetto delle regole. Mi riferisco anche al soggetto assegnatario del bando. Vorrei sapere chi è che sta gestendo questo Barattolo. In qualsiasi gara d’appalto si fa in modo di sapere con esattezza numeri e garanzie in capo a chi partecipa. Pretendo che gli assegnatari gestiscano il Barattolo nella più assoluta legalità. Vorrei maggiore chiarezza sulla struttura organizzativa, patrimoniale e finanziaria dell’associazione ViviBalon. Terzo: la situazione generale. C’è un clima che non mi piace per niente. Mi preoccupa per esempio che l’ASD Vanchiglia, che lo scorso mese di luglio ha subito due furti in sede, non abbia avvertito l’Amministrazione di quanto successo.  Chissà dove troveremo le magliette da calcio trafugate: magliette che portano in bella mostra lo stemma societario e dunque sono facilmente riconoscibili. Mi auguro di non ritrovarle a Canale Molassi o in via Carcano durante le prossime settimane. Sono preoccupato anche per i soggetti che autocertificano la loro presenza nell’area di libero scambio nonché per i fenomeni, difficilmente quantificabili, del subaffitto degli spazi e degli ingressi non autorizzati. Rilasciamo regolare ricevuta a ciascuno dei quasi 700 operatori che ogni settimana espongono la propria mercanzia tra Canale Molassi e in via Carcano? In altre parole: possiamo chiedere l’elenco di tutte le ricevute rilasciate per 360 stalli di media ogni volta? Valuterò i prossimi accessi agli atti da fare. Se è vero che c’è un nuovo regolamento vorrei capire quanto è rispettato. Vorrei un nuovo corso nella legalità: serve più controllo e meno autocertificazioni.

Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale Torino

In un mondo in bianco e nero, Binasco convince con il suo Arlecchino

Che ormai, andando a teatro, quelli che per definizione sono “i classici” ce li dobbiamo aspettare posti al di fuori di ogni norma più o meno antica, è un dato di fatto, una consuetudine, quasi un implacabile déjà vu che finirà prima o poi per invischiare questi nostri registi come in altra epoca altri furono presi in trappola da parrucche incipriate, da nei posticci, da mossette leziose. Non ci fu un taglio netto, le lezioni di Squarzina (i suoi Goldoni!) e di Castri intervallarono poco a poco la seconda metà del secolo scorso, un’isola a sé rimanendo la sacra rappresentazione dell’Arlecchino di Strehler, una reinvenzione e un capolavoro. Valerio Binasco, mettendo oggi in scena per la stagione dello Stabile torinese, di cui è da quest’anno direttore artistico – repliche al Carignano sino al 28 ottobre -, il testo degli esordi goldoniani, rientra nella scia dei disturbatori, progetta che non c’è più posto per la maschera e per i suoi atteggiamenti da farsa, ci lascia un Arlecchino intristito, che annaspa tra le proprie bugie e i risultati più che disastrosi che ne derivano, insicuro e a tratti devastato tra il gruppetto di lor signori e un matrimonio che sta per essere siglato. Non è tutto luci e fiammelle a illuminare la casa del ruvido Pantalone e gli altri luoghi ricreati tra siparietti e fondali da Guido Fiorato (dentro ci sono anche biciclette circolanti, tavolini di un bar, ballabili da un vecchio giradischi, scivoli e giostrine che occupano un giardino per bambini), sono penombre e deboli luci che tagliano di sghembo, che pongono in chiaroscuro la malinconia che circola, le infelicità e i sospetti, la fame sempre in agguato, il ripetersi delle giornate e delle azioni per una scolorita sopravvivenza. Il tutto dove? “In un mondo in bianco e nero”, quello respirato decenni fa, con una umanità che “si è seduta ai tavoli di vecchie osterie, ha indossato gli ultimi cappelli, ha assistito al trionfo della modernità con comico sussiego, ci ha fatto ridere e piangere a teatro e al cinema con le ‘nuove maschere’ dei grandi comici del Novecento, e poi è svanita per sempre, nel nulla del nuovo secolo televisivo”. Una umanità di provincia, arruffata, impoverita, a tratti un po’ cialtrona, sempliciotta la maggior parte, piena di sogni, attenta alle proprie sostanze, quella stessa umanità che abbiamo negli anni passati ritrovato nella Tempesta come nel Mercante come nel Don Giovanni, ogni titolo stropicciato in una provincia dimenticata e rimpianta, con certe radici forse proprio in quella mandrogna che il regista ha respirato da giovane.

Dicevamo déjà vu, ma certo coerente e affettuoso, convincente. In questo suo Arlecchino servitore di due padroni, Binasco ci porta ben al di là della Commedia dell’Arte, reinquadra il protagonista quasi in un anonimato che a volte sconcerta, ne azzera quel panorama di diavolerie fisiche legate alla maschera, magari riportandolo ai tratti conosciuti per un attimo, in un meccanismo perfetto, allorché con altri due pari suoi deve dalle cucine far arrivare nelle due diverse stanze d’albergo, a coloro di cui è contemporaneamente a servizio, le portate di un abbondante pranzo: per ripiombarlo al termine dell’esibizione nel buio più completo. Non si può rinunciare a tutto, Binasco sa benissimo lavorare sugli attori e sulla loro spremitura (anche se arrivando oltre i 160’ una certa stanchezza la si sente e la chiarezza del racconto e degli intenti si indebolisce e si arruffa) per cui le gag, anche se affievolite, non mancano, affidate anche ai personaggi minori, dove piacciono il Pantalone di Michele Di Mauro, custode di ogni regola, il Silvio di Denis Fasolo, la Beatrice di Elisabetta Mazzullo e la Smeraldina di Marta Cortellazzo Wiel, servetta pronta a rivendicare qualche diritto femminile (“sono donna, voglio la mia libertà”), rivendicazioni fuori epoca che troveranno poco seguito.  Per l’Arlecchino di Natalino Balasso, ammorbidito anche in quei suoni del dialetto veneto, la prima preoccupazione è ricavare il maggior vantaggio da quell’ignorare flemmatico in cui vive, in quello spaesamento quotidiano e l’attore coglie il segno, un clown triste fatto di una furbizia già sconfitta, lasciato nel finale in una sospensione in cui difficilmente trova spazio la sua domanda di perdono a una classe che ha ritrovato un ordine e non vuole rispondere.

 

Elio Rabbione

 

Foto di scena di Bepi Caroli

 

Nelle immagini:

Un momento dello spettacolo

Natalino Balasso, protagonista di “Arlecchino”

Marta Cortellazzo Wiel (Smeraldina) e Natalino Balasso (Arlecchino)

 

Operaio muore travolto dal braccio meccanico della gru

DALLA LOMBARDIA Un nuovo incidente sul lavoro, vittima un operaio di 44 anni, di Torre Boldone, nel Bergamasco. E’ morto  travolto da una gru mentre stava lavorando . Il pesante mezzo lo ha colpito al torace, mentre stava operando sul retro di un autocarro. Il  braccio dell gru  si è staccato e ha colpito l’uomo che è caduto a terra privo di sensi. I soccorritori lo hanno rianimato e portato in ospedale, dove però è deceduto a causa della grave ferita.

PRIMO PRELIEVO DI POLMONI A CUORE FERMO IN PIEMONTE

Una tragedia si è trasformata in una donazione senza frontiere. Un giovane uomo di soli 40 anni è morto oggi a causa di un malore che ne ha provocato la precipitazione sul luogo di lavoro. Un infarto acuto non gli ha dato alcuna possibilità di sopravvivenza,  nonostante gli strenui tentativi rianimatori posti in essere prima dal personale del 118 e poi dall’equipe di Rianimatori dell’ospedale Maria Vittoria, diretti dal dr. Emilpaolo Manno, dove è stato portato d’urgenza. Alle 12.25 constatandone il decesso, i sanitari del Maria Vittoria, ottenuto il consenso della famiglia, hanno immediatamente attivato il protocollo interno per il prelievo di polmoni a cuore fermo, senza supporto di circolazione extracorporea. Una  prima assoluta nella Regione Piemonte. Un protocollo approvato dal Centro Trapianti Regionale e Nazionale. Un organo che non necessita di supporto circolatorio extracorporeo per essere prevelato a cuore fermo e che può essere ricondizionato: il polmone. “Due anestesisti rianimatori della mia equipe, i dottori Silvia Giorgis e Marco Basso, con l’infermiera specializzata Desireee Stagno – spiega il Direttore della Rianimazione del Maria Vittoria, Dott. Emilpaolo Manno – si sono occupati del complicato iter di assistenza della salma per mettere in sicurezza l’organo da prelevare, sottoponendo innanzitutto il paziente deceduto a Tac per escludere ogni eventuale patologia e garantirne l’idoneità al trapianto. Quindi lo hanno posto in modalità di assistenza respiratoria denominata CPAP, continuous positive airway pressure, una assistenza respiratoria a pressione positiva continua, che consente di mantenere gli alveoli polmonari aperti senza sovradistenderli, in modo da evitare il collasso polmonare in assenza in battito cardiaco. Contemporaneamente è stato espletato l’iter burocratico autorizzativo, informando anche il magistrato di turno”. Alle ore 16.35 i cardiochirurghi Erika Simonato e Matteo Marro della Città della Salute nelle sale operatorie del Maria Vittoria hanno eseguito in blocco il prelievo di cuore e polmone. Dal cuore potranno essere trapiantate le valvole cardiache, mentre i polmoni potranno essere trapiantati in toto dopo ricondizionamento: le evidenze scientifiche hanno stabilito l’ottima funzionalità dei polmoni ricondizionati prelevati da cadavere, pari o addirittura superiore a quelli prelevati a cuore battente. “Un grandissimo gesto di generosità della famiglia cui siamo tutti vicini nel dolore – commenta il Direttore Generale ASL Città di Torino, Valerio Fabio Alberti – e grati per la possibilità concessa di aprire nuove frontiere di trattamento nella nostra Regione”.

Saccone nominato prefetto di Milano

Il prefetto Renato Saccone lascia Torino e diventa prefetto  di Milano . Era in carica nel capoluogo piemontese dal 29 agosto 2016 , ed ora gli subentra  Claudio Palomba. Nato nel 1956 a Santa Maria Capua Vetere è laureato in Giurisprudenza e ha prestato servizio nelle sedi di Firenze, Roma, Caserta, Massa e Carrara,Milano, Monza e Siena. E’ stato Capo di Gabinetto nelle Prefetture di Massa e Carrara, Firenze e Milano

Frassati a 150 anni dalla nascita

Giovedì 18 ottobre alle ore 17, nella Sala “Viglione” di Palazzo Lascaris (via Alfieri 15),  il Centro “Pannunzio” ed il Consiglio regionale del Piemonte organizzano un Convegno dedicato al ricordo di Alfredo Frassati in occasione del 150° anniversario della nascita. Interverranno i giornalisti Marcello Sorgi e Jas Gawronski, nipote di Frassati; Sergio Chiamparino, Presidente della Regione Piemonte; Pier Franco Quaglieni, storico contemporaneista, direttore generale  del Centro “Pannunzio”. Presiederà Nino Boeti, Presidente del Consiglio regionale del Piemonte. Nato a Pollone nel 1868, Frassati si laureò in Giurisprudenza all’Università di Torino, approfondendo in seguito i suoi studi in Germania.  Collaboratore del quotidiano “La Gazzetta Piemontese”, ne divenne in breve tempo comproprietario e direttore cambiandone il nome in “La Stampa” e diventandone nel 1902 unico proprietario. Appoggiò costantemente l’opera politica di Giolitti e fu contrario all’intervento dell’Italia nel 1915 nella I Guerra Mondiale. Abbandonata la direzione del giornale nel 1920 perché nominato Ambasciatore a Berlino, si dimise dalla carica all’avvento del fascismo e quasi contemporaneamente fu costretto a cedere il quotidiano a Giovanni Agnelli. Libero Docente di Diritto e Procedura penale all’Università di Torino. Senatore del Regno dal 1913,dopo il 1945 fu componente della Consulta Nazionale e Senatore di diritto della Repubblica nella prima legislatura.  Finì la sua carriera giornalistica ,collaborando al “Corriere della Sera” di Mario Missiroli. Morì a Torino il 21 maggio 1961. 

Usa e Iran sempre più distanti?

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

La tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha sottolineato la distanza crescente tra l’America e l’Iran. Il regime iraniano resta per Washington il simbolo del Male e l’America, per gli ayatollah, è sempre il Grande Satana. Una reciproca ostilità che continua da almeno sessant’anni, con brevi tregue. Mentre Trump accusa l’Iran di dominare la Mesopotamia con ambizioni da Impero persiano, di sostenere il terrorismo nel mondo, di opprimere il popolo iraniano e incendiare il Medio Oriente con guerre e attentati, Rouhani imputa al presidente americano di fare terrorismo economico e di sostenere le forze che tentano di rovesciare il regime. Chi sperava di vedere un faccia a faccia distensivo tra i due presidenti nel Palazzo di Vetro di New York è rimasto deluso. I due leader restano su posizioni distanti anche se Trump ha detto più volte di essere pronto a vedere Rouhani secondo cui però mancano le condizioni per trattare. L’astio tra le due nazioni è profondo e risale a molti decenni fa. Gli iraniani non hanno mai dimenticato che nel 1953 americani e inglesi rovesciarono con un colpo di Stato il primo ministro Mossadegh che nazionalizzò l’industria petrolifera e che Bush nel 2002 inserì l’Iran nell’ “Asse del male”, oggi ripescato da Trump, considerandolo uno sponsor del terrorismo e una minaccia per gli interessi geopolitici degli Stati Uniti e dei suoi alleati nello scacchiere mediorientale. Viceversa gli americani non scordano l’umiliazione per la crisi degli ostaggi dell’ambasciata statunitense a Teheran nel 1979 pochi mesi dopo l’arrivo di Khomeini a Teheran e continuano ad accusare il regime iraniano di aver organizzato l’attentato del 23 ottobre 1983 a Beirut in cui morirono 240 marines.

 

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La Repubblica islamica è in grande difficoltà e rischia di collassare quarant’anni dopo la trionfale ascesa degli ayatollah sul trono del Pavone nel febbraio 1979. L’Iran è oggi una nazione sotto attacco. Mentre da una parte le sanzioni economiche fanno sempre più male, inaspriscono lo scontro interno e aumentano il malcontento popolare, dall’altra cresce l’ostilità con l’America, Israele e l’Arabia Saudita. All’interno del Paese agiscono gruppi jihadisti e separatisti arabi, curdi e baluchi che, cavalcando il malcontento popolare per il caro vita, provano a dare la spallata definitiva al regime. Dopo aver stracciato l’accordo sul nucleare Trump vuole impedire all’Iran di ampliare la propria influenza militare e ideologica fino al Mediterraneo, attraverso la Mesopotamia e il Levante, realizzando quella “mezzaluna sciita”, da Teheran a Beirut, che è l’incubo di grandi e piccole potenze dell’area. L’obiettivo della Casa Bianca è quello di soffocare l’economia iraniana con nuove sanzioni e rovesciare il regime se gli iraniani non faranno sostanziali passi indietro. La questione nucleare sembra quasi un pretesto per attaccare l’Iran su un altro fronte. Agli iraniani si chiede di tornare nei propri confini, di ritirare truppe, milizie e armamenti da Siria, Iraq e Yemen e di smettere di infiammare gli sciiti nel Bahrein e nelle province orientali e petrolifere saudite. Per l’Iran è iniziato il conto alla rovescia e la situazione è destinata a peggiorare dopo il 4 novembre quando scatterà la fase più dura delle sanzioni che bloccheranno totalmente le esportazioni dell’oro nero iraniano, la più importante fonte di entrate per la Repubblica islamica. La scure americana colpirà d’ora in poi anche le transazioni in dollari per cui gli ayatollah non potranno più ricevere pagamenti in valuta americana Dal giorno dell’accordo sul nucleare, nel luglio 2015, l’export è passato da 1,5 milioni di barili di greggio al giorno ai 3 milioni di oggi. Proventi enormi che hanno arricchito la classe dirigente e le Guardie rivoluzionarie mentre gran parte della popolazione lotta contro la fame e la povertà. Ma non sarà più così anche se Cina, Turchia e India continueranno a sfidare le sanzioni americane.

 

(dal settimanale LA VOCE E IL TEMPO)