redazione il torinese

Torino al voto: Chiara, Matteo e la massima del divo Giulio

andreottiSTORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

tosettoIn molti paesi democratici con radici culturali e storiche anglosassoni non si perdona al politico d’aver raccontato una bugia. Paesi dove la riforma luterana ha “imposto” questa elementare regola: chi mente non può e non deve governarci perché deve meritare la nostra fiducia.  In Italia siamo più approssimativi. Oscilliamo tra Savonarola e una sorta di tollerante giustificazionismo. Tra forcaioli e garantisti. Chiara Appendino ha ricevuto dei rimborsi dal Comune di Torino perché dipendente della ditta Lavatelli di proprietà del marito. Fin qui nulla di grave o preoccupante, lo prevede la legge. La determinazione che stabilisce il rimborso recita testualmente : ” gli oneri per i permessi retribuiti per i lavoratori dipendenti da privati  per l’espletamento del mandato amministrativo, sono a carico dell’ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche e che detto ente, su richiesta del datore di lavoro, è tenuto a rimborsare il datore di lavoro”.  Fin qui nulla di grave… ma comincia forse ad esserci qualcosa di preoccupante.La candidata bocconiana è stata “costretta” ad essere assunta dal marito. Del resto qualcosa di analogo è avvenuto con Il Presidente del Consiglio  Matteo Renzi, assunto da una società del padre per poi fare il Presidente della Provincia e poi il Sindaco . Ed il tutto, da solo preoccupante diventa anche grave. Ma come, una “grillina” si comporta come il “detestato” segretario del Pd? Sembrerebbe! Ma siamo italiani che danno sempre il beneficio del dubbio. Sarebbe sufficiente che venissero date delle spiegazioni. Mi sembra che questa si chiami trasparenza.In assenza rimane nella nostra memoria la frase del “mitico”  divo Giulio Andreotti : “Pensare male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre.

Alla scoperta della lince

Un bel volume scritto da Claudio Oddone e promosso dalla Legambiente 

 lince

“Alla scoperta del “lupo cerviero” La lince (Lynk Lynk)”. Questo il titolo del nuovo libro scritto da Claudio Oddone, che sarà presentato questa sera alle 21 a Biella a palazzo Gromo Losa, in Corso del Piazzo 24. È previsto un approfondimento sulla specie inerente il Piemonte e il territorio biellese. Con l’autore interverranno il biologo Matteo Negro, il naturalista e biologo Andrea Battisti e l’esponente di Legambiente Silvano Beduglio. Claudio Oddone è già autore di due volumi intitolati ” Le Rive Rosse biellesi”, scritto nel 1986 3 di quello dal titolo “Baragge”, risalente al 2009; con quest’ultima opera di divulgazione ha voluto sottolineare l’importanza della lince in ambito biellese, accompagnando il lettore a partire dalle fonti storiche nazionali sino agli ultimi avvistamenti fatti nel Biellese. Questa pubblicazione è sostenuta da Legambiente biellese, proprio come “Le Rive Rosse Biellesi”, realizzata con la scrittura di alcuni importanti capitoli di Claudio Oddone, era stata l’iniziativa di esordio della stessa Legambiente a Biella. Proprio nel territorio biellese si stanno sussuguendo casi di avvistamento di lupi, come quelli altrettanto e sempre più frequenti di linci, che dalla vicina Svizzera penetrano nel territorio montano di Biella. L’autore si interroga anche su quale possa essere il futuro di queste popolazioni di carnivori, e sul legame che si può instaurare tra l’uomo e questa specie sul territorio, escludendo però come suo modello di conservazione l’essere relegata in riserve. L’uomo invece deve diventare, con le propria attività, parte integrante del territorio alpino.

Mara Martellotta

Per informazioni:

Tel 0150991868

Spazio.cultura@ fondazionecrbiella.it

Gli sfratti sono in calo sotto la Mole

case popolariQuelli per morosità sono scesi del 74,46 per cento

Dagli ultimi dati del Ministero dell’Interno risulta che nel 2015 sono diminuiti, nella provincia di Torino, sia i provvedimenti di sfratto emessi (– 74,46% rispetto al 2014, essendosi ridotti di 3.457 unità) sia gli sfratti eseguiti (– 16,43%, 82 in meno rispetto all’anno precedente). Lo rileva Ape Confedilizia di Torino, precisando che ad essere in calo sono anche gli sfratti per morosità, che sono scesi di 3.373 unità (– 74,46%). A livello nazionale, i dati del Ministero indicano che nel 2015 sono diminuiti sia i provvedimenti di sfratto emessi (– 16,58% rispetto al 2014, essendosi ridotti di quasi 13.000 unità), sia gli sfratti eseguiti (– 10,44%, quasi 4.000 in meno rispetto all’anno precedente). Nelle grandi città, addirittura, i provvedimenti di sfratto emessi sono diminuiti del 23,78% rispetto al 2014. Ad essere, in calo, in Italia sono soprattutto gli sfratti per morosità, che sono scesi di oltre 12.000 unità (– 18%), raggiungendo una quota che non si toccava da quattro anni.

Barcellona, bella e  irriverente

Barcellona è la città dei contrasti.  Una città che mescola insieme, nella sua identità, passione e dramma, mitezza ed equilibrio.La capitale catalana,dalle Ramblas al barrio gotico, dalla straordinaria e immaginifica arte di Gaudì sino al Paseo Colòn, con in faccia il mare e dietro alla schiena un intreccio di strade scure, quasi un trait d’union con il porto e le Ramblas

barca ramblas

Barcellona è così. E’ un mix di culture,tradizioni,paesaggi. Uno “shakerato” agrodolce che riempie il palato, gli occhi e la mente. Dall’antico al moderno, dalla tradizione catalana all’innovazione tecnologica più spinta, Barcellona si colloca dentro al milieu della Spagna che – seppure con alti e bassi –  ha ormai archiviato il peso delle sue arretratezze, mettendosi alle spalle l’immagine di paese statico, fermo su se stesso. Viaggia, Barcellona, come una locomotiva gettata a sasso nel futuro. I cambiamenti sono stati davvero tumultuosi ma tutto ciò, nella capitale catalana, è stato pensato e fatto senza recidere le radici. La prova concreta di come una città possa cambiar pelle senza buttar via ciò che è sempre stata: crocevia di viaggi e viaggiatori, di nobili  tradizioni  e di una cultura “povera” che è ben interpretata degli artisti di strada che vivono d’arte ed elemosina.

barca sagradaUna città bella e  irriverente

Barcellona è bella e  irriverente. Del resto, mezza e mezza lo è sempre stata. Sonnacchiosa e popolare in alcune ore del giorno, frenetica e un po’vampira nel far scorrere il sangue giovane durante la lunga e vigile notte. Forse intera e non dimezzabile, poco indulgente e piuttosto orgogliosa della sua “identità”,  lo è stata solo nei confronti del potere. In quel caso si è trovata più o meno concorde nel sapersi difendere o nel mostrare la lingua. Barcellona è  una città capace di essere immaginata e di generare un immaginario tutto barcellonese che Manuel Vázquez Montalbán definiva “trifronte”: la città-capitale vedova e romantica di un impero perduto che avrebbe prodotto una gamma di odi nazionalisti; la città capitana di una rivoluzione industriale, di lotte , prodigi e contraddizioni sociali. Infine, la città peccatrice, portuale, oscuramente minacciosa, in attesa che gli scrittori francesi vi arrivassero per codificarla: Carcò, Pieyre de Mandiargues, Genet. Con un di più tutto suo. Quando Barcellona , capitale della retroguardia repubblicana, si mise in posa per Orwell, Andrè Malraux e Claude Simon, impressionandone a tal punto i ricordi nella loro memoria di vinti che, nel tempo, dai loro esili, recuperarono questo immaginario nei loro lavori. Un idea più precisa? Leggete “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell ed avrete una risposta.

barca libroRamblas

C’è un bel libro, scritto da una giovane torinese – Barbara Castellaro – che s’intitola “Ramblas” e racconta una Barcellona  che conferma in pieno il ritratto che ne tracciò il  mai troppo letto Vázquez Montalbán, noto per i romanzi polizieschi che vedono protagonista una sorta di Marlowe mediterraneo come il detective Pepe Carvalho. Quel detective scettico – ex agente, ex comunista, gastronomo e cliente fisso del ristorante Leopoldo di Barcellona – ha fatto di Montalban lo scrittore iberico più conosciuto al mondo dopo Federico Garcìa Lorca e Miguel de Cervantes. Una immagine, la sua, in grado di  rendere l’idea della capitale catalana più di tante  “cartoline” che finiscono per sbiadirsi al sole delle ramblas. Proviano a leggere alcuni “morsi” di questo ritratto carnale :  “ L’eccitante letterario di Barcellona proviene da una particolare relazione spazio-tempo, relazione diacronica e sincronica. Questa città ha storicizzato il meglio del suo passato e ha creato uno spazio barcellonese convenzionale però vivo, pieno di barricate, puttane bevitrici di assenzio, Gaudí vari, sofferenze etiche, ricchi light, poveri solidi, occupanti, occupati, umiliati, offesi;e tutto ciò in una scenografia piena di meraviglie piccine e prossime. Questa relazione spazio-tempo si colloca in centocinquant’anni di storia e in pochi chilometri quadrati di territorio in cui ci fu di tutto e tutto accadde durante i giorni lavorativi e le domeniche in cui tutti quanti andavano alla Rambla a posare per George Sand o per le televisioni europee avide di olimpicità”. Sì, perché i Giochi Olimpici del 1992 hanno sostanzialmente modificato l’immaginario barcellonese. Un po’ come è accaduto anni dopo a Torino dove si sprecavano, nei giorni del “decoubertiano” evento del 2006, gli “oooh!” di stupore per il cambiamento, la bellezza. E’ la prova del rapido cambio di passo, dello scarto del “grimpeur” che decide il momento di alzarsi sui pedali ed andarsene in cerca di fatica (certa)  e, forse, (a volte) di gloria .

barca bouqUn dirigibile verso la Spagna

Barcellona, con i suoi chilometri di porti e spiagge, si presenta come un’offerta del mare libero per l’uomo libero ed è quasi un invito a mettere il naso nelle vie storiche a ricercare quella geografia urbana d’obbligo per il viaggiatore giunto per ammirare Gaudí ed il  gotico, perdersi tra il mercato dei Fiori e quello degli Uccelli, farsi inebriare da profumi, odori e colori della Boqueria, il più grande mercato dell’intera Catalogna . Una città che ha cambiato pelle, come un iguana. La collina del Montjuich ha smesso di essere terra in chiaroscuro per diventare area sportiva; edifici a sé stanti come il Teatro Nacional di Ricardo Bofill, il MACBA (Museo d’Arte Contemporanea) di Meier o l’Auditorio di Rafael Moneo si affannano a mostrare barca bouqueriaprestigio culturale in un contesto urbano di sconcerto visivo o di depressione economica.Del resto le contraddizioni sono generatrici del loro uguale. Barcellona, democratica e post olimpica, da tempo è diventata scenario per una rappresentazione in parte ancora da decidere, predisposta com’è ad accogliere ogni evento universale, poiché non c’è angoscia più insostenibile di quella suscitata dai teatri vuoti. Un po’ come accade in altre città simili e diverse, compresa Torino. Questa Torino che, come cantava Antonello Venditti nell’omonima canzone, datata 1982 ( dall’album “Sotto la pioggia”) “…non è soltanto un nome…è un grande coro di persone” aggiungendo, tra le altre immagini quella di Torino come “un dirigibile verso la Spagna”.

barca gaudiRealtà in divenire,come la Sagrada Familia

Non a caso, si dice, che  i barcellonesi di oggi, come quelli di ieri e di domani, continuano ad avere la sensazione di vivere in una città mai riuscita a combinare un matrimonio veramente riuscito. Descrivere la sensazione al cospetto della nuova e della vecchia scenografia di tutte le Barcellone possibili non è semplice. Un po’ riesce a farlo, mescolando sensazioni personali a riferimenti colti, il già citato “Ramblas” della Castellaro. Una realtà in divenire, come il Tempio Espiatorio della Sacra Famiglia, conosciuto ovunque come la “Sagrada Familia”, con le sue tre facciate dedicate alla Natività, alla Passione e alla Gloria, dove s’intravvede il  geniale sogno verticale del grande architetto catalano. Barcellona porta il segno visionario, sospeso tra sogno e realtà di Gaudì che, tra le tante opere (il Parc Güell, la Casa Milà, più conosciuta con il nome di “La Pedrera” e tante altre) dotò  la Casa Batlló di una facciata originale, fantastica e ricolma di immaginazione. Solo a lui poteva venire l’idea di sostituire l’antica facciata con un nuovo insieme costituito da pietra e cristallo, scolpendo in forma ondulata le pareti esterne, intonacandole con la calcina e rivestendole con il tipico mosaico catalano, il trencadís, costituito da tessere in vetro colorato e dischi di ceramica. Difficile non rimanere a bocca aperta davanti a questa casa , al civico 43 del Passeig de Gràcia. Difficile non rimanere affascinati dal tetto che ricorda la sagoma del dorso di un animale, provvisto di grandi scaglie iridescenti, e dalle grandi vetrate che coprono l’intera larghezza del salone centrale.

barca gatsDalla cuoca di Durruti a“Els Quatre Gats”

Queste Barcellone che si riempiono di turisti e ristoranti, con i primi intenti a consumare tutte le morfologie di una città che li sorprende e li attrae per le sue dimensioni tuttora umane, quasi lubrificate dal mare, consapevoli inoltre dell’offerta gastronomica di una città tanto meticcia in tutte le sue cucine. Compresa quella anarchica di Nadine, giovane cuoca della colonna di Buonaventura Durruti, formatasi tra pentole e mitraglie “en la lìnea del frente” della guerra civile degli anni trenta. Ci sono luoghi dove si gustano tapas a tutte le ore o “prosciutterie” dove
festeggiare davanti a un eccellente piatto dijamòn, serrano, jabugo o di país ( rammentandosi che il jamón in catalano si dice pernil ).Pata negra, Bellota da farsi tagliare a fette dalle mani sapienti di chi sa trattare il prosciutto come nei locali di Enrique Tomás. Ci sono anche alcuni locali storici, a partire  dal “7 Portes”,nato come caffé nel 1836 e ristorante a tutti gli effetti dal 1929: 180 anni di storia, apprezzato per la sua paella, gustata a quei tavoli anche da Picasso, Mirò, Ernesto Guevara (il “Che”) e Juan domingo Peròn.  In riva al mare, in Calle Almirall Cervera, a Barceloneta, c’è il Salamanca, pronto a servire pietanze di mare mentre un discorso a parte merita “Els Quatre Gats” ( i quattro gatti), bar/ristorante inaugurato il 12 giugno 1897 nel Carrer Montisió. Un luogo squisitamente bohémienne, dove si cena benissimo e si pranza altrettanto bene ad un prezzo del tutto popolare. “Els Quatre Gats” era frequentato anche dal giovane Picasso che proprio tra quei tavoli ottenne il suo primo incarico di lavoro disegnando la copertina dei menù.

barca footIl Barça è  “più di un club”

Persino il calcio – qui – non è mai stato solo calcio. Nei  colori delle maglie “blaugrana” del Barcellona c’è sempre stato quell’orgoglio repubblicano e  catalano che il franchismo cercò di soffocare in tutti i modi, dalle bombe alle discriminazioni. Il 6 agosto 1936, il presidente del Barcellona, Josep Sunyol, un industriale dello zucchero di fede repubblicana, catturato dai franchisti nella Sierra di Guadarrama, venne fucilato sul posto  senza processo; poco meno di due anni dopo, della storica sede sociale in Calle Consell de Cent , colpita da un bombardamento aereo notturno, non restarono che le macerie. E se oggi il business della palla tonda avvolge tutto e prevale su tutto, mostrando i volti di Lionel Messi e Neymar,  non si può dimenticare che, alla fine degli anni trenta e per molto tempo ancora, sventolare i colori blu e granata poteva significare  guai molto seri con la Guardia Civil. Durante il governo falangista era stata persino vietata la produzione di bandiere catalane (gli indipendentisti, da sempre su posizioni anarchiche o comuniste, e comunque gran parte dei catalani, avevano infatti lottato duramente contro i franchisti nella Guerra civile spagnola del 1936). Le bandiere perciò del Barcellona e in particolar modo la maglia rigorosamente (e a quei tempi provocatoriamente) “blau i grana” divenne una sorta di tentativo di riscatto del popolo catalano contro il regime del Generalissimo. Da qui discende la rivalità con i “blancos” madrileni, le meringhe del Real, emblema calcistico della capitale spagnola che contava, all’epoca, la dichiarata simpatia di Francisco Franco e del regime, fino al punto d’essere investita dal “Caudillo” del titolo di “squadra ideale“. Non c’è da stupirsi se ancora oggi “el Clásico”,  tra Real e Barça, rimane il match più seguito e atteso in tutto il paese. Dunque, il Barça è  “più di un club”, secondo l’espressione coniata da un suo presidente, Narcís De Carreras, già negli anni Venti. Una squadra che è stata “l’esercito disarmato della Catalogna”. L’autore di questa definizione fu lo scrittore e giornalista Mánuel Vázquez Montalban, che scriveva anche: “braccio epico di un paese senza stato e senza esercito, le vittorie del Barça somigliavano a vittorie di Atene contro Sparta”. E non è il caso d’aggiungere altro.

barca olimpiaL’altra olimpiade

Barcellona doveva ospitare anche un’altra Olimpiade, quella “popolare” , programmata dal nuovo governo del Fronte Popolare dal 22 al 26 luglio  del 1936 nella città catalana. Indetta come contromanifestazione rispetto agli XI Giochi Olimpici di Berlino, ospitati dall’ 1 al 16 agosto di quell’anno dalla Germania nazista. Conosciuti anche come “giochi antifascisti“, non furono mai disputati a causa della sollevazione militare franchista, iniziata il 17 luglio, che diede avvio alla guerra civile spagnola. L’invito per l’Olimpiade Popolare fu rivolto a parecchie nazioni in tutto il mondo e la manifestazione si sarebbe dovuta concludere sei giorni prima dell’inizio delle olimpiadi di Berlino. Barcellona visse con passione e frenesia la preparazione di quell’evento: il villaggio olimpico fu allestito in vari alberghi mentre il programma dei giochi comprendeva, oltre alle classiche discipline sportive, anche competizioni di scacchi, danze popolari, musica e teatro. Circa  sei mila atleti da ventidue diverse nazioni si iscrissero all’Olimpiade Popolare, ma la maggior parte era proveniente da Stati Uniti, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio, Cecoslovacchia, Danimarca, Norvegia, Svezia e Algeria (allora sotto controllo francese); un caso particolare era poi quello delle squadre tedesca e italiana, formate da atleti in esilio. Di tutti i partecipanti, molti furono mandati da sindacati, unioni di lavoratori e partiti della sinistra. Sul manifesto che annunciava la cinque giorni, allo scopo di  sottolinearne il carattere antirazzista , erano stati raffigurati tre atleti distinti per il colore della pelle.


Da Santa Maria del Mar al Montjuïc

La storia, dunque, scorre come un filo elettrico sotto la pelle di Barcellona, scuotendola. Ma, al barca ramblasnetto di tutto questo, sono davvero tante le cose da vedere, dal museo con la collezione di opere di Ricasso al  Poble Espanyol , sulla collina del Montjuïc, costruito in occasione dell’Esposizione Universale del 1929, proponendo gli edifici rappresentativi di 15 delle Comunità autonome spagnole. All’interno del Barrio Gotico , nella Ciutat Vella, si fa notare la bellissima Cattedrale di Sant’Eulalia, dedicata alla patrona della città. La neogotica chiesa di  Santa Maria del Pi e la gotica Santa Maria del Mar, sono altrettanti gioielli. Da Plaça Catalunya, il centro della città moderna, scendendo verso il Porto Antico, c’è la Rambla, sempre colma di gente, in un viavai che non conosce sosta.

Le bombe italiane del 1938

Gli italiani ora sono, per lo più, turisti. E tanti. Ottant’anni fa, nel 1936, e nei tre anni a seguire della guerra civile spagnola che fu la prova generale della Seconda guerra mondiale, teatro del primo scontro armato tra fascismo e antifascismo, vide gli italiani – le camice nere di Mussolini da un lato, e gli oppositori del regime dall’altro – impegnati su entrambi i fronti. Anche a Barcellona. Una città dove, come scrisse Orwell “ bastava guardarsi attorno per essere sorpresi e soggiogati. Era la prima volta che mi trovavo in una città dove la classe operaia era saldamente in sella. Praticamente tutti gli edifici, piccoli o grandi che fossero, erano stati occupati dagli operai ed erano pavesati di bandiere rosse o di quelle rosso-nere degli anarchici. Lungo le Ramblas, l’ampia arteria centrale della città percorsa avanti e indietro da un costante flusso di folla, gli altoparlanti lanciavano a tutto volume canti rivoluzionari nel corso dell’intera giornata e fino a notte fonda”. Mio nonno era tra coloro che – da volontari – accorsero, con le brigate internazionali antifasciste, a difesa della Repubblica. Che città conobbe? Cosa trovò a Barcellona, dopo aver combattuto sul fonte del Jarama e a Guadalajara? Non credo fosse in città quando,  tra il 16 e il 18 marzo del 1938, gli aerei italiani del corpo di spedizione che appoggiava il generale Franco sganciarono le loro bombe su Barcellona. La “nostra” aviazione fece in tutto 17 missioni sulla città , sganciando circa 50 tonnellate di bombe: nessuna era mirata a obbiettivi militari. A causa della sorpresa e dell’impreparazione a difendersi da una guerra aerea, gli attacchi italiani causarono quasi mille morti e diverse migliaia di feriti. Una pagina scura, disonorevole.

 

Da Dolores Ibárruri ad Ada Colau

 barca ibarruri

Invece mio nonno, di questo sono certo, a Barcellona c’era quando – nell’autunno del ’38 –  su pressione delle democrazie occidentali impegnate nella politica di “non intervento”, il governo repubblicano decise il ritiro dal fronte delle Brigate Internazionali. I viali di Barcellona videro sfilare, sabato 29 ottobre 1938, i volontari nella “despedida”, la parata di addio, salutati da un veemente e indimenticabile intervento di Dolores Ibárruri, lapasionaria” :Di tutti i popoli, di tutte le razze, veniste a noi come fratelli, figli della Spagna immortale,e nei giorni più duri della nostra guerra…foste voi, valorosi compagni delle Brigate Internazionali,che contribuiste a salvarla con il vostro entusiasmo combattivo,il vostro eroismo e il vostro spirito di sacrificio. Immagino abbia risposto anche lui, con un grido strozzato dall’emozione e dal pianto, come tutti: “No pasarán”, non passeranno. Era stata una libera e volontaria scelta andare là, e me ne parlò prima di morire, trent’anni dopo. Un ricordo forte, orgoglioso, che veniva “da dentro”. Le cose, ovviamente, non andarono come s’auguravano lui e gli altri, a partire dai barcellonesi. Ma mi piace pensare che ora, ascoltando Ada Colau, sindaca di Barcellona dal 13 giugno 2015, annuirebbe compiaciuto, convinto che sì, comunque ne fosse valsa la pena.

Marco Travaglini

Ciclista muore travolto da auto

ambulanza SOCCORSOIl ciclista stava attraversando in bicicletta l’incrocio per andare a Volpiano, dove abitava con i genitori.  Luca Gaido, questo il nome della vittima,  non è stato visto dall ’auto che non è riuscita ad evitarlo. La Peugeot 107 lo ha travolto, aveva 42 anni. Il guidatore della vettura è un uomo di origine romena di 57 anni, di Leini, risultato poi negativo all’alcoltest. Ha chiamato i soccorsi ma non c’era più nulla da fare.

(foto: archivio)

MOSTRA PERSONALE DI ATHOS FACCINCANI AL FOYER DEL TEATRO NUOVO

vassallo3Al Teatro Nuovo di Torino in Corso Massimo D’Azeglio 17, organizzata da Paolo Vassallo con l’associazione Culturale  “Suol D’Aleramo”  dal 4 al 19 giugno è allestita la mostra personale del popolare pittore ATHOS FACCINCANI.  L’evento si svolge  con il patrocinio della Regione Piemonte, della Città di Torino,  Torino Metropoli, Fondazione Teatro Nuovo e dal Gruppo televisivo RETE 7 che realizzerà e trasmetterà uno special di 40 minuti in “Artisti contemporanei” dedicato al pittore. L’inaugurazione è avvenuta sabato 4 giugno  con la presenza dell’artista. Nelle foto scattate a RETE 7, ATHOSvassallo2 FACCINCANI con i conduttori MICHELE FRANCO e LOREDANA SILEO, durante la registrazione dello special televisivo,  e la modella ROMINA DIMITRIU accanto ad alcune opere dedicate a Torino e a Portofino che saranno esposte al Teatro Nuovo. Il Teatro Nuovo di Torino da ventisei anni è anche sede del primo Liceo paritario coreutico e teatrale, “Liceo Germana Erba” d’Italia per danzatori e attori,  riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione  e delle attività culturali. E’ frequentato da centinaia di allievi. Proprio nel periodo della mostra di pittura ogni giorno nel teatro sono in programma spettacoli teatrali e saggi di danza con la presenza di circa 1.000 spettatori.

vassalloBreve biografia dell’artista Athos Faccincani

Pittore popolarissimo,  nato a Peschiera del Garda ove vive e lavora. Ha studiato all’Accademia d’Arte di Venezia e frequentato lo studio di Pio Semeghini. Sarebbe enciclopedico elencare tutte le mostre che dal 1971 ha tenuto in prestigiose gallerie e Palazzi italiani, europei ed americani; dalla galleria “Halper” di New York, alla “Durney” di Toronto, “Sarasota” in Florida, “Koki Hoffman” di Chicago, “Ghelfi” di Verona, ecc. Di rilievo nel 1980, la grande mostra con 180 dipinti sul tema della Resistenza alla Gran Guardia di Verona, inaugurata dal presidente Pertini e in seguito trasferita a Bologna e Firenze. Dopo questa impegnativa mostra qualcosa muta profondamente la sua vena artistica e passa da una figurazione impegnata a un personalissimo lirismo naturalistico. Le sue opere ora sono un’esplosione di luce e colore, con una  piacevolezza cromatica che porta sempre all’interiorità e all’intimismo, testimonianza di gioia e serenità. Questa nuova espressione artistica in poco tempo lo porta ad un successo strepitoso. Nel 2005  una grande mostra al Parlamento europeo di Strasburgo e al Complesso del Vittoriano di Roma. Le sue opere sono presenti in tutte le gallerie italiane e contese da un raffinato collezionismo. Recentemente ha esposto in Cina, a Mosca e Dubai. Innumerevoli anche i premi di cui è stato insignito durante la sua quarantennale carriera, fra gli ultimi il premio Personalità Europea consegnatogli a Roma in Campidoglio. Sue opere si vedono ripetutamente da mesi proiettate anche nella scenografia della trasmissione quotidiana del pomeriggio  GEO  su Rai 3.

www.athosfaccincani.it

Muore a 13 anni investito da un'auto. I genitori: "donerà gli organi"

soccorso cto ambulanza ospedaleAveva 13 anni  il ragazzino romeno investito  ieri in tarda sera da un’auto in piazza Sofia, nei pressi dell’ l’incrocio tra corso Regio Parco e via Bologna. L’ambulanza lo ha portato quando era già molto grave al San Giovanni Bosco: è morto nella notte per le gravi lesioni riportate. la vettura che lo ha investito è Ford C-Max guidata da un italiano di 47 anni,  negativo al pretest sull’alcol,  L’uomo si è subito a prestare i  soccorsi, mentre arrivavano l’ambulanza e i vigili urbani per gli accertamenti. I parenti del ragazzo  hanno deciso di donare gli organi.

(Foto: archivio il Torinese)

Ventura saluta il popolo granata: "Cinque anni di emozioni inimmaginabili"

VENTURAGiampiero Ventura descrive la sua esperienza granata come “cinque anni di emozioni forti, sconosciute e inimmaginabili; tutti siamo andati al massimo, sul campo abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati: il ritorno in serie A, nel calcio europeo, la vittoria nel derby”. Il nuovo ct della Nazionale scrive così  nella lettera di commiato pubblicata  sul sito del Torino. “Abbiamo trasformato in forza la diffidenza iniziale e lo abbiamo fatto con l’unica cosa che sappiamo fare: lavorare, con passione e dignità, forza e rispetto, con il massimo della dedizione e di ogni capacità e talento di cui siamo dotati. Il legame di Torino e dei suoi abitanti con la loro squadra è difficile da spiegare, io credo di averlo capito  ed è per questo che considero la mia più grande vittoria non quella singola ottenuta su un qualsiasi campo di gioco, ma quella di avere contribuito a riportare l’orgoglio del vecchio cuore granata a battere nel corpo dei più giovani”.

“Maratona fotografica in notturna” per ammirare Torino

mole granata 4Phlibero organizza una “Maratona fotografica in notturna” a Torino in collaborazione con MuseoTorino. L’iniziativa non rappresenta una competizione fine a sé stessa ma un momento di promozione della fotografia e di stimolo all’osservazione delle architetture e monumenti della città L’idea è di unire il piacere della scoperta, come fosse una caccia al tesoro alla magia di uno scatto artistico: il risultato è una maratona fotografica in notturna.

Alla maratona fotografica possono partecipare professionisti e amatori. Il ritrovo è dalle 17 alle 18.30 da phlibero per convalidare le iscrizioni, ricevere le istruzioni e i temi. La quota d’iscrizione è di 20 euro per i soci 2016 di phlibero aps e 25 per tutti gli altri.

Il tema generale della Maratona, concordato insieme al MuseoTorino, è segreto e sarà comunicato insieme ai 4 sottotemi alla partenza della maratona. I partecipanti avranno tempo fino alle ore 7.00 del mattino successivo per realizzare i loro lavori che dovranno essere consegnati in formato digitale tra le ore 7.00 e le ore 10 in sede da Phlibero oppure inviando i file via wetransfer a info@phlibero.it .

Prima della maratona, durante la consegna dei temi, ai partecipanti sarà offerto da phlibero l’aperitivo e si avrà la possibilità di conoscere i docenti, la sede e le prossime iniziative.
Maratona fotografica in notturna aperta a tutti gli appassionati di fotografia tra il 18 e 19 giugno 2016. L’evento è realizzato col Patrocinio della città di Torino.
Tutte le info aggiornate http://www.phlibero.it/bando-maratona-fotografica.html
https://www.facebook.com/events/176445372757308/
 

In carcere per omicidio protesta sul tetto

carcere2Protesta di un detenuto che è salito sul tetto del carcere Lorusso e Cutugno di Torino – dove sta scontando  una condanna per omicidio-  per le condizioni della detenzione. Pochi giorni fa lo stesso carcerato, un cittadino romeno di 27 anni, aveva aggredito un agente penitenziario perché si rifiutava di cambiare cella. Oggi è stato convinto a scendere dal tetto  dai vigili del fuoco, dopo due ore di trattative. Dice  il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Leo Beneduci” servono interventi urgenti sul sistema delle carceri ormai connotato da  disorganizzazione a cui solo la professionalità degli agenti riesce a mettere un argine”. Aggiunge Donato Capece, segretario generale del Sappe. ” bisogna assumere e assegnare a Torino nuovi agenti di polizia penitenziaria, vista la carenza d’organico”.