E ci risiamo. Quel vizio della cosiddetta, e conosciutissima, “superiorità morale” della sinistra stenta ad attenuarsi o a scomparire.
Una superiorità morale, ovviamente presunta e del tutto
virtuale, che ha accompagnato l’intera esperienza della prima repubblica e che, come naturale,
non si è affatto attenuata dopo il tramonto della Democrazia Cristiana nei primi anni ‘90. Una
superiorità che è stata scandita in vai momenti della vita repubblicana per arrivare al suo culmine
quando la “diversità morale” è diventata addirittura un progetto politico. È di tutta evidenza che
questa cultura, o meglio sub cultura, difficilmente declina perchè resta un elemento costitutivo e
decisivo della stessa identità della sinistra. Soprattutto in una stagione dominata dal “pensiero
debole” e da una politica priva di riferimenti culturali ed ideali solidi e percepibili. Appunto, resta il
giudizio morale sulle persone.
Ora, il nodo di fondo non è – come ovvio a tutti – il giudizio su Berlusconi e su quello che ha
rappresentato e che, per certi versi, continua a rappresentare il capo di Forza Italia nel nostro
paese. Quello è un giudizio già consegnato alla storia recente e meno recente. No, il tema di
fondo riguarda altri versanti. Come, ad esempio, sostenere chi è in grado e chi non è in grado, a
prescindere da qualsiasi valutazione politica e culturale, di governare nel nostro paese. Un
giudizio che si rinnova, al di là delle di diverse fasi storiche, e che trova sempre terreno fertile in
ogni formazione politica riconducibile seppur vagamente alla sinistra. Certo, la vecchia
concezione ideologica della “egemonia” gramsciana ha lasciato le sue scorie in questo campo e
più che un tabù da rimuovere resta un dogma da smaltire. Ma il moralismo, che è altra cosa, resta
il fratello povero di quell’impianto ideologico e che si ritrova, seppur con accenti diversi a seconda
delle stagioni politiche, nelle varie formazioni della sinistra. E oggi, nello specifico, nella concreta
esperienza del Partito democratico.
È appena sufficiente, al riguardo, osservare con attenzione il giudizio politico alquanto sprezzante
che viene formulato, o meglio sentenziato, sulla opportunità, o meno, di ricostruire il “centro”
nella cittadella politica italiana. Il giudizio politico del guru del Pd romano, Bettini, sotto questo
versante è persin troppo eloquente al riguardo. Un misto di disprezzo politico e di altezzosità
morale che ripropongono, appunto, il peggio di quella tradizione culturale e politica. Giudizi che
trovano cittadinanza anche in altri settori di quel partito anche se in misura minore. E per
motivazioni più legate alla contingenza e agli interessi politici ed elettorali dei singoli.
Ecco perchè è necessario dire, ancora una volta, che la presunta e virtuale superiorità morale non
è una politica, non è un progetto politico, non è una scelta culturale o programmatica ma resta
solo e soltanto la conseguenza di un lascito post ideologico flebile e meschino, privo di qualsiasi
valenza progettuale. Se non quello di attaccare frontalmente le persone e delegittimarle sotto il
profilo politico. Appunto, il peggior moralismo.
È tempo, quindi, che anche la sinistra su questo versante si spogli definitivamente del suo
passato senza pensare che la categoria dell’egemonia da un lato e della superiorità morale
dall’altro possano continuare ad essere semplicemente riproposti ad ogni tornante della storia.
Giorgio Merlo
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE