Piemontese, classe 1993. Sport praticato: il golf. Golf Club di appartenenza: i Roveri Royal Park. Attività lavorativa: Professionista di golf. Nome: Carlo Casalegno, per gli amici Charlie.
Carlo inizia a giocare a golf all’età di dieci anni, un’età che, per i non addetti ai lavori, può sembrare giovane ma che, in realtà, per questa tipologia di sport è già abbastanza avanzata. Per rendere l’idea Tiger Woods iniziò a giocare a golf praticamente da quandò iniziò a camminare.
Siamo a fine luglio e l’appuntamento è di domenica mattina, rigorosamente presso un Circolo di golf, rigorosamente per un early flight. Il Circolo è il Golf Margara, in occasione di una tappa del Circuito estivo Tonic’up, ideato da un suo caro amico, Alberto Pavone, nel mese di maggio, quando vi era la certezza della riapertura dei Circoli di golf, ma non si sapeva ancora se e quando sarebbero potute riprendere le gare. Con il loro riavvio, per gli Amateur il Circuito Tonic’up è diventato una “gara nella gara” che, vista l’ampia partecipazione, avrà sicuramente una sua edizione autunnale.
Non capita tutte le domenica di poter fare un giro di campo ed essere marcati da un Pro. L’emozione c’è, non la si può nascondere, ma Carlo sa subito come mettere a proprio agio i suoi compagni di squadra: ci promette che si impegnerà al massimo per giocare bene oggi e chissà, magari, anche riuscire a prendere finalmente l’handicap.
Lo starter ci indica l’ordine di partenza, si dichiarano le palle che si giocano, e ci si augura buon gioco reciprocamente.
Bentrovato Carlo in questa che rappresenta una delle ultime tappe della Tonic’up. Abbiamo già avuto modo di parlare di golf in generale, ma di te mi hai sempre raccontato poco: quando e perchè hai iniziato a giocare a golf?
Bentrovato a te, finalmente riusciamo a giocare insieme! Hai ragione: di golf abbiamo sempre parlato tanto, tra l’altro ti ho visto tirare driver migliori di questo, ma il motivo che mi abbia spinto ad iniziare a giocare e il momento in cui ciò sia avvenuto non te l’ho mai raccontato. Può sembrar brutto da dire, ma è la pura verità, per me il golf è stato un ripiego e adesso ti rendo partecipe del motivo.
Fino all’età di nove anni il golf non è mai stato preso in considerazione dai miei genitori, che continuano a non essere golfisti, o da me. Ho sempre preferito i classici sport di un bambino, che sta per entrare in fase adolescenziale: calcio e sci, in particolar modo. Poi un inverno ho avuto un enorme infortunio sugli sci, che ha coinvolto la testa del femore, e che mi ha portato ad una riabilitazione lunghissima con una complicazione che mi sono portato avanti per anni: non poter praticare sport che prevedevano carico sulle articolazioni, sci e calcio in primis. La scelta di abbandonarli tutti e due diventò quindi obbligata, con mio enorme dispiacere e tristezza.
Quando i sogni di vittorie sui campi da calcio e le piste da sci di un bambino sembrano tutti infranti, arrivarono, invece, i campi da golf, ovvero arrivarno i miei zii, grandi golfisti che mi proposero di iniziare a praticare questo sport, che non prevede, appunto, un eccessivo carico sulle articolazioni. Grazie a loro è stato amore a prima vista e continua ad esserlo, allo stesso modo di quando ho iniziato.
Riuscire a comprendere cosa avrebbe potuto rappresentare per me il golf non è stata cosa di immediata comprensione. Ci sono voluti diversi anni, anni in cui anche io sono cresciuto e maturato.
Nonostante tu abbia iniziato a giocare a golf “in età avanzata” mi sembra che la tua bacheca personale sia già ricca di prestigiosi titoli e trofei o sbaglio ?
Sotto questo punto di vista non mi posso per nulla lamentare, ma bisogna differenziare tra la carriera giovanile e e quella da professionista.
Per quanto riguarda la prima le vittorie che ritengo essere state maggiormente significative e propedeutiche al mio passaggio a professionista sono state:
il Trofeo Citta di Milano nel 2014;
il Campionato Nazionale Assoluto a squadre per il mio Circolo i Roveri Royal Park nel 2015;
la partecipazione, sempre nel 2015, alle XXVIII° Universiadi di Gwangju in Corea del Sud.
Poi nel 2017 c’è stato il grande salto con il passaggio da Amateur a Pro. Non avevo neanche ventiquattro anni.
Ho subito iniziato con nove presenze sull’Alps Tour e con dodici presenze nello stesso Circuito nel 2018.
Nel 2019 ho confermato la presenza sul medesimo Circuito e sono entrato a far parte della Squadra Nazionale, sempre nello stesso anno ho concluso il Campionato Nazionale Open 3° classificato.
I primi sei mesi del 2020, invece, sono stati difficili per tutti sotto tutti i punti di vista. Questa pandemia ha fermato tutto il Paese, in blocco. L’attività golfistica che mi riguarda sta iniziando ora a ripartire. Questo mese sono stato solo di passaggio a Torino. Per fortuna ho avuto un periodo intenso di appuntamenti, tra i quali, ad inizio mese, mi sono ritrovato, insieme ad altri undici “colleghi” professionisti della Nazionale, a Villa Paradiso per un allenamento, non di Federazione, mentre sono appena tornato da Roma, dove sono andato per difendere il 3° posto dello scorso anno nel Campionato Nazionale Open presso il Golf Nazionale.
Se tu non avessi avuto quell’infortunio saresti potuto diventare un campione nel calcio o nello sci. Adesso, però, sei un campione di golf e questa è una certezza.
In un precedente articolo a riguardo ho definito “l’essenza del golf” come la continua ricerca di quell’intimo equilibrio tra mente e corpo, tra il gesto atletico, diverso per ogni giocatore, e strategia di gioco, che continuamente mette alla prova il giocatore stesso. Il golf è uno sport che aiuta a conoscere se stessi nella parte più intima e profonda, il proprio carattere, la propria capacità di sopportare insuccessi e sconfitte, ma anche a migliorare il proprio autocontrollo e la gestione delle proprie emozioni ed emotività. Condividi questo mio pensiero?
Certo che lo condivido, condivido tutto dall’inizio alla fine.
Mi permetto di fare una specifica ed una aggiunta.
La specifica è la seguente: la tua è la visione di un Amateur che pratica il golf e che è riuscito a cogliere appieno la sua reale essenza, che non è quella del vincere la gara della domenica, ma di trovare un equilibrio e riuscire a divertirsi.
L’aggiunta, invece, è rappresentata dalla mia opinione personale: per me il golf è la rappresentazione in scala di quella che è la vita di ogni persona.
Il golf in diciotto buche ti dà la rappresentazione in sintesi di un individuo, e non solo.
Un giro in campo lo ritengo paragonabile alla vita media di un individuo, con le sue scelte, le decisione, giuste o sbagliate che siano, con il loro margine di variabilità, le incertezze e gli imprevisti. Ed io di imprevisti nella vita ne so qualcosa.
In diciotto buche si provano i sentimenti più estremi, proprio come nella vita. Rabbia e felicità, dolore e gioia, delusione e soddisfazione, rammarico e allegria.
La soddisfazione che ti dà fare un giro sotto par non te la dà nessun altra cosa. Un giro sopra il par ad un professionista sega le gambe. Lo piega in due.
Durante una delle tappe della Tonic’up mi è capitato di non giocare particolarmente bene, ma quando gioco con voi gioco tra amici, non ho quella pressione psicologica e la continua ansia da prestazione che ho durante le altre gare e circuiti.
Hai parlato di emozioni e sensazioni, quanto influisce la componente emotiva dopo una gara che non è andata bene e su cui, magari, si avevano delle aspettative di poter consegnare un buono score sotto par a fine gara?
Inizio a rispondere alla tua domanda facendo riferimento alla definizione da te fatta di essenza del golf. Hai ragione nel dire che il golf è uno sport che aiuta a conoscere se stessi nella parte più intima e profonda, il proprio carattere, la propria capacità di sopportare insuccessi e sconfitte, ma anche a migliorare il proprio autocontrollo e la gestione delle proprie emozioni ed emotività.
Questo è uno sport in cui sopravvive e va avanti chi riesce a elaborare e metabolizzare le brutte figure il prima possibile, vince chi riesce ad andare oltre le “brutte figure”, se così si possono definire, il prima possibile. Il successo lo si può iniziare ad ottenere trovando la chiave che ti dà la consapevolezza, in questo caso si aprono tutte le porte. Nel golf non bisogna mai smettere di fare tentativi, se continui a fare le stesse cose avrai sempre gli stessi risultati, il golf ti porta a cambiare i punti di vista. Tanto a partire dal campo pratica quanto a livello mentale.
Questo sport mette estremamente alla prova a livello emotivo perche ci sono Up and Down di continuo.
Se nel periodo immediatamente successivo alla sconfitta non ci si dà la colpa subito a caldo può servire, aiuta perchè ti scarica, ma dopo non aiuta più. Bisogna accettare le proprio mancanze e carenze. Bisogno imparare a fare autocritica. Fa crescere ed inevitabilmente ci porta a migliorare.
Si dice che l’acronimo del golf sia Gentlemen Only Ladies Forbidden lo sapevi?
Si lo so e non mi è mai piaciuto. Ritengo sia uno stereotipo da cancellare. Sicuramente i paramentri sono diversi, la potenza maschile non è paragonabile a quella femminile e, per questo motivo, le donne sono svantaggiate, i campi sono disegnati da uomini per uomini. Farle partire da davanti significa dare loro un contentino.
Oggi, in particolar modo, come stai notando, viste le condizioni con le quali stiamo giocando, tra cui il vento, e le modalità con cui si presenta il campo, con i green che spinnano e alcune posizioni delle aste, si è avvantaggiati con un gioco prevalentemente maschile, con più forza fisica.
Mi piacerebbe vedere un architetto donna che disegni un campo da donna. Chissà se mai succederà!
Ti ringrazio molto Carlo per la tua fiducia nei miei confronti ma io sto ancora cercando di tirare un driver decorosamente! Scherzi a parte la tua attività professionale non è certo paragonabile ad una attività da ufficio, come si articola la giornata di un golfista professionista?
Effetivamente la scrivania la vedo poco, ma ciò non vuol dire che non la veda più. Anche a me ogni tocca studiare.
Innanzitutto bisogna subito iniziare a fare una serie di considerazioni: dipende dal periodo dell’anno se caldo o freddo, se è periodo di gare o meno e, in ultimo, distinguere tra preparazione tecnica o preparazione atletica.
Se sono in periodo di gara passo la maggior parte della mia giornata in campo pratica tutti i giorni e mi alleno, andando a toccare tutte le tipologie di gioco: lungo, medio, corto e putter. Quando, invece, arriva la stagione calda passo molto più tempo sul putting green, mezz’ora in campo pratica e poi in campo a giocare direttamente.
Poi la preparazione atletica che si fa a settembre è diversa da quella di marzo, a settembre lavoriamo sulla forza perchè, trasformata, diventa esplosività, invece a marzo si lavora sulla esplosività e su attività cardio.
Di tutti i bastoni che hai nella sacca quale useresti sempre e quale, potendo scegliere, non useresti mai?
Il ferro che mi piace giocare di più è il ferro 8 e quello che mi piace usare meno il sand. Come nella vita è tutta una questione di aspettative.
Il ferro 8 perchè statisticamente è quello che metto più vicino e, quindi, mi dà più sicurezza.
Il sand, invece, è quello che tiro con più aspettative, ma è anche quello con il quale devo mettere la palla attaccata alla buca.
Per i bastoni lunghi, invece, ultimamente sto giocando molto bene il legno tre.
Parlando, invece, di palline preferite prima, cercando un paio delle tue in rough, ho visto che tu usi le Wilson Staff FG Tour, buona palla nulla da dire, io invece utilizzo le Pro V1. Una palla molto stabile con molto controllo e che agevola molto la mia tipologia di gioco lungo e facilita la mia tipologia di gioco corto.
Adesso che sei professionista continui ad andare a lezione di golf?
Non solo continuo ad andare a lezione, ma è proprio quando si passa da Amateur a Pro che bisogna avere a fianco una squadra di preparatori che si occupino del giocatore a 360 gradi.
Ho tutto un team che mi segue: il mio Head Coach Giorgio Grillo per il gioco lungo, allenatore Matteo Delpodio, Putter Coach Giovanni Gaudioso, preparatore atletico Giorgio de Pieri, e last but not least, come ti ho anticipato prima l’importanza della componente emotiva, Mental Coach Alessandra Averna.
Sono certo che nel tempo libero ed in vacanza tu non vada a giocare a golf, ma qual’è il campo in cui torni a giocare sempre con piacere e quello invece in cui non torni mai volentieri?
Hai detto bene, la vacanza è vacanza! Quindi lunghe passeggiate in montagna con il mio pastore tedesco. La montagna la amo fin da bambino come ben ricordi.
Golf club Geneve perchè è posizionato in un contesto fuori Ginevra con un campo tenuto a regola d’arte, in aggiunta ciò che mi lega a questo campo sono dei bellissimi ricordi passati e degli score notevoli consegnati in segreteria.
Il campo, invece, in cui ho sempre difficoltà a tornare è Carnoustie, perchè ogni volta mette a dura prova tutti i settori del gioco ed in una occasione, in particolare, in cui ho giocato, più del disegno del campo ricordo i quattro maglioni di lana che avevo addosso!
Qual è il tuo livello di scaramanzia?
Tiger Woods, da quando ha iniziato a giocare a golf, la domenica si veste sempre con pantalone nero e polo rossa. Questo rito rappresenta una delle poche certezze del golf mondiale.
Io, invece, nel mio piccolo l’ultimo giorno mi vesto tutto nero, come calimero. A me il nero piace e rappresenta il mio rituale, questo colore, che pochi osano vestire, mi infonde quella carica in più che mi fa sentire pronto.
A proposito di scaramanzia e ritualità non dimentichiamo di farci offrire la birra dal nostro amico Luca che alla buca 4 non ha superato i battitori delle donne!
Grazie Emanuele è stato un piacere giocare con te.
Chi gioca a golf da anni sa che il più bel complimento che si possa ricevere dopo diciotto buche non è come si è giocato bene, ma la frase “è stato un piacere giocare con te”.
Carlo ha chiuso il giro con diversi colpi sotto il par, io avrei preso l’ennesima virgola.
Buon gioco a tutti.
Emanuele Farina Sansone
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