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Scorporo Sant’Anna (Pd): “Tempi più lunghi per il Parco Salute”

11 novembre 2025 – Isolato, costretto a duplicare i costi e, soprattutto, a pagare per consulenze che oggi sono gratuite. Il progetto di trasformare l’OIRM (Ospedale Infantile Regina Margherita) in un IRCCS autonomo, a cui ora si aggiunge l’incomprensibile accorpamento con l’Ospedale Sant’Anna, scorporandolo gestionalmente dal futuro Parco della Salute, nasconde un paradosso economico. Se sulla carta l’obiettivo è creare un polo d’eccellenza, un’analisi critica rivela che la nuova entità si troverebbe a dover “acquistare” come prestazioni esterne tutte le consulenze specialistiche del polo per adulti. Un’operazione che, ora estesa anche al Sant’Anna e sommata alla necessità di duplicare l’intera macchina amministrativa (a causa dell’autonomia gestionale) e di costruire da zero un nuovo ospedale pediatrico – stimato in almeno 100 milioni solo per l’edificio, dato che l’attuale Regina non è antisismico – solleva seri dubbi sulla sua sostenibilità finanziaria.

Il nodo cruciale è proprio questo scorporo gestionale e la separazione fisica dell’OIRM. L’Assessore Riboldi ha infatti confermato che si creerà un’azienda unica, ma con due presidi separati: il Sant’Anna dentro il Parco della Salute, come già appaltato, e l’OIRM in un nuovo edificio adiacente. Far uscire l’OIRM dal perimetro unico della Città della Salute significa rinunciare volontariamente al più grande vantaggio di un hub integrato – ovvero un ospedale ad alta complessità capace di gestire tutte le specialità – perdendo le economie di scala e la sinergia clinica.

Il nuovo IRCCS si troverebbe clinicamente più solo. Un ospedale pediatrico non è un’isola e deve poter contare sugli specialisti dell’adulto. Nel momento in cui l’OIRM diventasse un’entità giuridica separata, ogni consulenza richiesta al Parco della Salute – dalla neurochirurgia alla diagnostica avanzata – non sarà più una collaborazione interna, ma una prestazione da fatturare. Il bilancio del nuovo istituto sarà immediatamente gravato da milioni di euro di costi per servizi che oggi, sono forniti, semplicemente, attraversando un corridoio.

A questo si aggiunge la necessità di duplicare da zero l’intera macchina gestionale-amministrativa. Servizi oggi centralizzati e condivisi – come i servizi informatici, l’Ufficio Gare, la manutenzione, l’ingegneria clinica e la farmacia – dovrebbero essere ricreati ex novo, con costi ingenti e non chiaramente quantificati nel progetto.

Ma le criticità non sono solo economiche. L’intera impalcatura logica del progetto appare invertita. Si afferma che l’OIRM diventerà eccellente grazie al titolo di IRCCS. La realtà, però, insegna che il riconoscimento è la conseguenza di un’eccellenza già dimostrata, non la causa. Nemmeno la motivazione dell’ “umanizzazione delle cure” regge: “prendersi cura” del paziente e della famiglia deve essere lo standard minimo di qualsiasi ospedale pediatrico, non un traguardo da IRCCS.

A smentire le ambizioni sono, infine, i numeri attuali, contenuti nello stesso documento progettuale. Il confronto con gli altri IRCCS pediatrici è impietoso: l’OIRM ha circa 13.000 ricoveri annui, contro i 30.000 di Gaslini e Meyer e i 75.000 del Bambin Gesù. Ancora più netto il divario sull’attrattività da fuori regione, ferma a un modesto 6% contro medie che arrivano al 43% (Gaslini). Il dato del Burlo-Garofalo di Trieste (bassi volumi e 18% di attrattività pur essendo IRCCS da anni) dimostra che il titolo da solo non basta a generare flussi, tesi che invece è centrale nel progetto di scorporo. Questa scarsa attrattività ha una traduzione economica diretta: la Regione Piemonte spende 13,6 milioni di euro per i 5.285 ricoveri di pazienti che vanno in altre Regioni (mobilità passiva), ma l’OIRM ne attira solo per 1,88 milioni (mobilità attiva). In pratica, l’attrattività nazionale dell’OIRM copre a stento la mobilità passiva proveniente dalla sola Provincia di Torino (1,6 milioni di euro). Anche la casistica trattata non è da polo nazionale: l’OIRM gestisce solo il 50% dei casi complessi (DRG > 2) della propria provincia, mentre, al contrario, assorbe il 50% dei casi a bassa complessità. Questo significa che sui quasi 13.000 ricoveri totali, solo 800 (il 6%) sono ad elevata complessità. Nonostante questi volumi bassi, il progetto chiede un aumento di risorse: attualmente l’occupazione media dei posti letto è molto bassa (66%), e crolla al 48% nell’area chirurgica, con sale operatorie usate al massimo al 67%; eppure, si propongono nuovi posti letto e nuove sale. Si chiede inoltre un aumento del personale sanitario, ma l’analisi basata sui volumi (ricoveri/medico) dimostra che l’OIRM è già oggi ampiamente sovradotato (77 ricoveri/medico) rispetto ai benchmark nazionali come Gaslini (107) o Meyer (114).

Se la logica dell’IRCCS pediatrico è già così debole e smentita dai dati, diventa incomprensibile l’aggiunta del Sant’Anna: non si capisce perché un ospedale ginecologico debba essere fuso in un progetto di ricerca pediatrica, se non per complicare ulteriormente il dossier.

A questa confusione si aggiunge l’incertezza logistica: si parla di una “torre pediatrica” esterna al Parco ma “adiacente”, approvando un piano senza nemmeno un indirizzo. L’unica conseguenza oggettiva di questa operazione è che allungherà i tempi per la creazione del Parco della Salute. Si sta frenando il vero progetto strategico atteso da anni con un’operazione “satellite” confusa, costosa e clinicamente pericolosa, ed è su questo ritardo che dovremo vigilare.

Mauro SALIZZONI – Consigliere regionale del Partito Democratico

Gianna PENTENERO – Presidente del Gruppo Partito Democratico del Consiglio regionale

Non è Vannacci a poter riscrivere la storia del fascismo

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Il generale Vannacci, in cerca di facile pubblicità,  annuncia sui social una riscrittura della storia del fascismo, tema sul quale non ha la ben minima competenza. La tendenza degli ex militari a scrivere di storia non è così rara. Ma Vannacci ha superato tutti.
Forse dimentica che è diventato anche un politico e che quindi in quanto tale non può invadere il campo degli studiosi o utilizzare i medesimi con citazioni parziali che ne stravolgono il pensiero. Una lettura difficile come l’immensa opera di Renzo de Felice non è pane per i suoi denti. Farne a sua volta una vulgata significa tradire il grande storico che rifiutò sempre le semplificazioni manichee di Tranfaglia ed associati.
Vannacci riduce l’elemento eversivo della Marcia su Roma, dimenticando che il ministro della Guerra Marcello Soleri stilò lo Stato d’assedio per impedire la marcia manu militari, documento che il re non firmò.
Vannacci dimentica che il parlamento del 1938 si era trasformato in Camera dei fasci e delle corporazioni: la parola stessa  dovrebbe evocargli di cosa si trattasse, certo non di  un libero parlamento eletto.  Errore in cui era incorso lo storico ottuagenario di Saluzzo che non merita neppure una citazione. La verità è che la dittatura aveva tradito la lettera e lo spirito dello Statuto Albertino. E’  fuor di dubbio la complicità della monarchia che non fu un “capro espiatorio” perché ebbe evidenti responsabilità. Con il 25 luglio il Re mandò  a casa Mussolini, un merito indiscusso,  ma tardivo. Si può anche vedere dopo l’8 settembre il trasferimento al Sud del Re non come una semplice fuga perché quel trasferimento consentì la continuità dello Stato ma su questo tema  il generale si astiene.
Vannacci ignora  anche un altro fatto importante: la guerra civile fu provocata da Mussolini con la creazione della RSI al servizio dei tedeschi. E’ un fatto di non poco conto. Alla fine c’è una unica conclusione: la storia non può essere riscritta dai militari e dai politici. Certe faziosità del passato vanno superate, ma non da Vannacci che fa scadere il tutto in “caciara”.

Gioco d’azzardo patologico, AVS: “I dati confermano gravità della situazione”

I dati del report di Libera diffuso su gioco d’azzardo e guadagni mafiosi su questo fenomeno dovrebbero fare impallidire la Giunta Cirio e la maggioranza piemontese.
La Giunta Cirio ha cancellato nel precedente mandato la legge regionale sul gioco d’azzardo n. 9 del 2016, l’unica che aveva saputo contrastare il fenomeno, facendo risparmiare ai e alle piemontesi oltre 200 milioni di Euro. Come abbiamo sempre detto, la nuova legge approvata nel 2021 è una liberalizzazione di fatto del gioco d’azzardo e un vero e proprio favore alle lobby del gioco.
Il risultato è che in Piemonte nel 2024 si è giocato più di 9 miliardi e 501 milioni (4 miliardi e 250 milioni di giocato fisico e 5 miliardi e 251 milioni di giocato telematico). In media in Piemonte si spende 2.232 euro all’anno per abitante, bambini compresi. E il Piemonte risulta la penultima regione in Italia per efficacia della legge regionale nella regolamentazione del gioco d’azzardo, e dunque anche nella prevenzione del gioco d’azzardo patologico.
Oltre 12.000 cittadini piemontesi avevano firmato per la proposta di legge di iniziativa popolare che riportava ai parametri del 2016, archiviata in dieci minuti dalla destra nella precedente legislatura.
Le norme attuali stanno creando enormi problemi, economici e di salute a migliaia di persone fragili in Piemonte. La ludopatia, che colpisce le persone più fragili e spesso molto giovani, porta a indebitamento, favorisce le mafie e l’usura, ed è un dramma sociale su cui non si può restare a guardare. Ci aspettiamo che la maggioranza non resti sorda a questi problemi e abbia il coraggio rimediare all’errore fatto, mettendo la salute e la fragilità economica della popolazione piemontese al primo posto rispetto agli interessi delle lobby del gioco d’azzardo. Noi faremo la nostra parte, anche a fronte dell’appello fatto da Libera, Arci, Acli e tante altre associazioni nello scorso mese giugno, per riaprire la discussione sulla modifica della legge regionale, i cui risultati sono fallimentari.


Alice Ravinale

Presidente Gruppo consiliare regionale
Alleanza Verdi Sinistra

Separazione carriere, Europa radicale e Camere penali per il Sì

Lunedì 10 novembre alle ore 11 presso la sede dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta, in via San Dalmazzo 9/bis/b – Torino, si svolgerà la conferenza stampa di Europa Radicale con la Camera Penale del Piemonte Occidentale e Valle d’Aosta a sostegno del SÌ al referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati.
Europa Radicale ha aderito al Comitato per il SÌ promosso a livello nazionale dall’Unione delle Camere Penali italiane; una scelta senza tentennamenti data la ultra-quarantennale battaglia per la giustizia giusta lanciata dai Radicali a partire dal Caso Tortora.

Interverranno:
Avv. Roberto CAPRA, Presidente della Camera Penale del Piemonte Occidentale e Valle d’Aosta
Avv. Emilia Rossi, Europa Radicale
Igor Boni, Coordinatore di Europa Radicale

Se a sinistra vince il radicalismo

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

L’esito del voto di New York da un lato ma, soprattutto, le quasi grottesche reazioni della sinistra
italiana dall’altro, hanno riproposto all’attenzione del dibattito politico il capitolo del radicalismo. O
meglio, della trasformazione della sinistra italiana da forza riformista, democratica e di governo a
cartello elettorale che esalta la vocazione infantile e primigenia della stessa sinistra. E cioè, il
massimalismo, il radicalismo, l’estremismo e, purtroppo, anche il populismo. E proprio il
commento al voto americano lo ha, e nuovamente e persino plasticamente, confermato.
Ora, però, c’è un aspetto che non può e non deve più essere sottaciuto. E cioè, ormai l’impianto e
il progetto politico, culturale e programmatico del cosiddetto “campo largo”, o larghissimo che
sia, ha una chiara, netta ed inequivoca impronta radicale. Che alcuni definiscono anche
estremista ma, comunque sia, fortemente ideologizzata. Come sia possibile, garantendo e
perseguendo questa imposizione, renderla compatibile con una altrettanto credibile cultura di
governo è francamente ed oggettivamente impossibile. E questo per una ragione persin troppo
semplice da spiegare. Ovvero, non è attraverso la deriva estremista e massimalista che si può
governare un paese come l’Italia. A cominciare dal versante più delicato, se non addirittura
decisivo, che è rappresentato dalla politica estera con precisi ed ineludibili vincoli internazionali
ed europei. E quindi, dalla politica estera alle politiche legate alla crescita e allo sviluppo per non
parlare del tema, altrettanto decisivo in questa delicata congiuntura nazionale ed internazionale,
della sicurezza a garanzia e a tutela di tutti i cittadini. Ma l’approccio estremista, massimalista e
radicale, oltre ad essere incompatibile – lo ripeto – con qualsiasi cultura di governo, è altrettanto
nefasto per la stessa conservazione della qualità della nostra democrazia. E questo perchè la
radicalizzazione del conflitto politico, la polarizzazione del confronto ideologico, la voglia di
delegittimare moralmente e di criminalizzare politicamente il nemico, sono gli ingredienti
fondamentali della deriva politica nel nostro paese. E se c’è qualche partito – la Lega nella
coalizione di centro destra o i 5 stelle nell’alleanza di sinistra – o addirittura una intera coalizione
come il ‘campo largo’ guidato da Schelin, Conte, Landini , Fratoianni/Bonelli/Salis con l’appoggio
incondizionato e per nulla secondario di realtà importanti come l’ANM e le testate giornalistiche e
televisive che assecondano quel progetto politico, è del tutto naturale che l’imbarbarimento del
conflitto politico è destinato a fare un salto di qualità. Come, del resto, sta puntualmente
capitando nel nostro paese.
Ecco perchè, e partendo proprio dal commento al recente voto amministrativo americano, l’unica
cultura politica, l’unico progetto politico e, soprattutto, l’unico metodo politico capace di mettere
in discussione quell’impianto radicale e massimalista è, oggi, la cosiddetta “politica di centro”.
Chi, oggi, nel nostro paese persegue quella strada – penso alla cultura e alla prassi del
cattolicesimo politico italiano, ma non solo, da un lato e ai partiti che perseguono concretamente
quel progetto dall’altro, a cominciare da Azione di Calenda – non può non essere sostenuto ed
incoraggiato. Per il bene e per la qualità della nostra democrazia e non solo per il futuro e la
prospettiva di quelle culture o di quei partiti.

Poggio Sartori (Fdi): degrado in via Sacchi

Dura denuncia di Grazia Poggio Sartori a Torino, nel periodo delle ATP Finals.

“Mentre Torino vive una stagione unica come capitale italiana del tennis, i turisti degli hotel devono fare lo slalom tra tende e coperte di persone che stazionano sui marciapiedi”.

Le proprietarie dell’Hotel Lancaster di Corso Filippo Turati si sono rivolte al consigliere Grazia Poggio Sartori per segnalare il disagio dei clienti, in arrivo dall’antistante stazione di Porta Nuova, che si vedono costretti con le loro valigie a evitare tende, coperte, materassi, passeggini rotti, cuscini, cestini del supermercato e la conseguente sporcizia che occupano i portici di Via Sacchi.

“È il paradosso di questa città che, se da un lato investe molto per gli eventi, dall’altro lascia il degrado crescere indisturbato nelle zone centrali. L’amministrazione di sinistra sui problemi veri ossia sicurezza, abbandono e decoro sparisce completamente”.

“Non si può pensare di attrarre turismo se poi le persone si trovano davanti a situazioni di questo tipo – conclude Grazia Poggio Sartori – è una questione di dignità, sia per chi vive in strada sia per chi viene a visitare la nostra città”.

Mara Martellotta

Ravinale (AVS): “Solidarietà ai farmacisti dipendenti”

“basta profitti in crescita senza giustizia salariale”
«La spesa farmaceutica pubblica e privata continua a crescere, così come i profitti del settore. Le farmacie stanno assumendo sempre più un ruolo sanitario grazie alla formula delle farmacie dei servizi (evoluzione per molti versi problematica), mentre il Governo punta a spostare una parte consistente della distribuzione ospedaliera dei farmaci verso le farmacie convenzionate.
In questo contesto – tutt’altro che di “vacche magre” – gli unici a non aver visto un reale miglioramento economico sono le farmaciste e i farmacisti dipendenti. Il loro contratto, scaduto nell’agosto 2024, attende ancora un rinnovo: Federfarma non mostra una vera disponibilità al dialogo e gli aumenti proposti negli ultimi anni sono del tutto inadeguati rispetto al costo della vita.
È tempo che i titolari di farmacia redistribuiscano una parte dei profitti crescenti e riconoscano il valore professionale di un personale altamente qualificato, laureato e indispensabile per il funzionamento del servizio farmaceutico territoriale, ancora fermo a vecchie norme corporative che escludono i farmacisti dipendenti da ogni possibilità di titolarità e riconoscimento.
A loro va la nostra piena e convinta solidarietà e per questo sono stata in piazza al loro fianco questa mattina, nel primo sciopero unitario di questa categoria. Porteremo questa istanza in Regione, anche nella discussione del piano socio-sanitario: è tempo che le Regioni pretendono che i soggetti con cui sono attive convenzioni, da Federfarma ad Aiop e Aris, attive nella sanità privata, rispettino il diritto di lavoratori e lavoratrici ad un salario equo.
Difendere i farmacisti dipendenti significa difendere il valore dell’alta formazione conseguita, l’alta professionalità di questa categoria e l’indubbio ruolo nei servizi sanitari».


Alice Ravinale

Presidente Gruppo consiliare regionale
Alleanza Verdi Sinistra

Vannacci a Torino: “Il buon senso è morto”

IL TORINESE WEB TV

Di Francesco Valente

L’on. Roberto Vannacci, a margine del convegno “L’impatto del disagio sociale delle periferie torinesi sul sistema sicurezza”, ci ha rilasciato una breve intervista.

Guarda il video: