Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Joël Dicker “Il caso Alaska Sanders” -La nave di Teseo- euro 22,00
Sembra quasi impossibile che questo scrittore svizzero 37enne, con l’aria dolce e sorridente da ragazzino simpaticissimo, possa anche solo lontanamente concepire trame come quella del suo ultimo romanzo, dove precipitiamo affascinati in un labirinto di: omicidi efferati, menzogne, segreti, ricatti, invidie devastanti, false piste, colpi di scena continui e rutilanti che spalancano le porte su un orrore che ha dell’indicibile.
“Il caso Alaska Sanders” è l’ultima parte della trilogia con al centro Marcus Goldman, iniziata con “La verità sul caso Harry Quebert” (2013) –che ha ispirato la serie tv interpretata da Patrick Dempsey- e proseguita con “Il libro dei Baltimore” (2016).
Joël Dicker, al successo planetario – con oltre 12 milioni di copie vendute- è arrivato dopo una serie di rifiuti, che per fortuna non l’hanno fermato. Ha continuato a scrivere ed è così che è nato il best seller che l’ha catapultato nell’Olimpo degli scrittori più amati e letti.
Se avevate nostalgia della provincia americana e delle atmosfere che avevano avvolto la vicenda dello scrittore Harry Quebert, scagionato da un’accusa infamante dal giovane collega Marcus Goldman; ora “Il caso Alaska Sanders” lenisce quel vuoto e vi rimette sulle tracce di Marcus.
10 anni dopo aver raggiunto la fama con il libro in cui raccontava il caso Quebert, Marcus -in crisi di ispirazione, irrequieto e alla ricerca del suo mentore di cui ha perso le tracce- si rifugia ad Aurora, nel New Hampshire. Lì ritrova Perry Gahalowood, burbero e bravissimo poliziotto con cui aveva già collaborato.
Perry non si dà pace perché è convinto di aver commesso una serie di errori 10 anni prima, nel 1999, quando aveva indagato su un caso che aveva sconvolto la tranquilla cittadina di Mount Pleasant. L’omicidio della bellissima 22enne Alaska Sanders, vincitrice di “Miss New England”, trovata morta in riva a un lago.
Una serie di biglietti anonimi fa pensare che le indagini siano state troppo sbrigative, inoltre tanti altri dettagli non tornano e aprono voragini su ulteriori dubbi.
Gahalowood decide di riprendere in mano il “cold case”, e Marcus lo aiuta a ricostruire i fatti, rivedere le prove, capire se l’uomo finito in carcere dopo aver confessato il delitto sia il vero colpevole.
Della trama vi anticipo solo che vi afferrerà dall’inizio alla fine, con calibrati flash back che permettono di mettere a fuoco il passato difficile di alcuni personaggi le cui vite sono fuori norma. Perché conta non solo quello che i personaggi fanno, ma soprattutto perché lo mettono in atto, e Dicker ve li fa conoscere meglio, pagina dopo pagina.
Sullo sfondo c’è l’America della provincia descritta magnificamente e nei minimi particolari; Dicker la conosce bene perché per 20 anni ha trascorso le vacanze nel Maine, a casa di uno zio.
Poi dialoghi serrati, saliscendi narrativi, amore e morte che si amalgamano e finiscono per distruggere giovani vite, segreti torbidi e da nascondere a qualsiasi costo…e tantissimo altro ancora che scoprirete leggendo.
Insomma, Joël Dicker ha nuovamente fatto centro; ma mantiene saldamente i piedi per terra, non si è montato la testa, anzi, ha affermato di sentirsi ancora agli inizi della carriera.
Consapevole che il successo può sempre voltare le spalle, oggi Dicker, padre di un bambino di 3 anni, ha lanciato la sua casa editrice “Rosie & Wolfe” e “Il caso Alaska Sanders” è il primo titolo che pubblica. E c’è da credere che avrà un occhio molto attento nei confronti di giovani scrittori in cerca di fama e tutti da scoprire.
Eric-Emmanuel Schmitt “Paradisi perduti” -Edizioni e/o- euro 19,00
Questo prolifico scrittore francese, nato a Sainte-Foy-lès-Lyon nel 1960, membro dell’Académie Goncourt, è anche un importante autore teatrale le cui opere sono rappresentate in tutto il mondo. Da alcuni suoi romanzi sono anche stati tratti film di successo, tra cui “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” e “Piccoli crimini coniugali”.
“Paradisi perduti” è il primo dell’ambiziosa saga in 8 volumi sulla storia dell’umanità “La traversata dei tempi”, alla quale Schmitt lavora da oltre 30 anni. Un progetto titanico in cui ricostruisce in forma romanzata la vita sulla terra e ce la racconta attraverso le storie di vari personaggi a cavallo dei tempi.
Diciamo subito che ha sapientemente miscelato la sua abilità di romanziere di alto livello con una messe di conoscenze storiche, scientifiche, religiose, sociologiche, religiose, mediche, filosofiche e tecniche.
Il risultato è strabiliante per la capacità di affascinare il lettore, senza mai annoiarlo; anzi si procede pagina dopo pagina con la curiosità di sapere cosa sta per accadere. Una magia che riesce solo ai grandi scrittori.
Come si può intuire l’opera è monumentale e ogni capitolo si affaccia su un’epoca importante per la storia dell’uomo.
Il primo, “Paradisi perduti” racconta la fine del Neolitico e il diluvio che spazzerà parte dell’umanità. Il romanzo scorre per 487 pagine di immensa bellezza che ci riportano all’alba della vita terrestre, quando la Natura imperava sovrana consentendo la sopravvivenza dei più forti e più combattivi.
Protagonista è Noan, uomo del Neolitico nato 8000 anni fa in un villaggio costruito sulla riva di un grande lago. Un mondo in cui, immersi in una natura libera e rigogliosa, uomini e donne vivevano di caccia, pesca e raccolta; ospiti di passaggio, che alla Natura si inchinavano, conoscendola a fondo e rispettandola.
In riva al lago la tribù di Noan era dei Sedentari che si ritenevano superiori alla razza dei Cacciatori che razziavano ed erano disprezzati. A capo del villaggio c’era un leader che doveva agire per il bene della comunità. La morte era all’ordine del giorno, soprattutto quella infantile, e superare l’anno di vita era già un miracolo.
Gli uomini misuravano il tempo «…meno di oggi, non c’erano date di nascita né battesimi né atti di nascita né feticismo intorno ai compleanni, solo qualche ricordo condiviso…..Una mattina qualcuno nasceva e si faceva festa, una sera qualcuno moriva e si organizzava un’altra festa».
Noam era il figlio del capo Pannoam, al quale ubbidiva in tutto, anche sposando una donna che non amava; poi quando nel villaggio arriva un guaritore con l’affascinante figlia Nura, le cose si complicano. Molte cose accadranno e scopriremo che, nonostante il villaggio fosse un abbozzo di struttura sociale, anche allora al centro della convivenza e della vita c’erano i rapporti umani. Intrisi (come oggi) di amore, invidie, rivalità, bontà, generosità oppure cattiveria, vendetta, sete di potere ….
Poi nel romanzo irrompe la furia delle acque del lago e un immenso diluvio vi terrà ancorati alle pagine. Scoprirete la sorte che attende i vari personaggi, però quello che ci presenta Schmitt è la prima grande rivoluzione nella storia umana.
Quando «L’ uomo era arrivato a credersi superiore alla Natura che stava trasformando. Ormai c’erano due mondi, quello naturale e quello umano. E il secondo invadeva il primo senza vergogna». Tema oggi di stringente attualità……
Natasha Solomons “Io, Monna Lisa” -Neri Pozza- euro 18,00
E’ semplicemente geniale l’idea di dare voce al ritratto femminile più osannato della storia dell’arte mondiale; nessuno ci aveva pensato prima e ora la Solomons fa parlare la Monna Lisa di Leonardo.
E’ lei la protagonista di questo romanzo che è anche storico e frutto di una sapiente ricostruzione. Inizia nella Firenze del 1504 con Leonardo che all’epoca aveva 51anni, e da Milano era arrivato in uno studio fiorentino. Poi si avvicendano vari scenari: le corti francesi di Versailles e Fontainebleau, le rivoluzioni, le guerre del 900 per finire ai giorni nostri.
Tutto raccontato attraverso l’enigmatico sguardo di Monna Lisa, imprigionata dietro una teca di vetro, ma che ha visto e provato di tutto; e, al di là del mistero che la circonda, sente, formula giudizi, ha una sua visione del mondo.
La donna osannata e ammirata -da re, imperatori, ladri, amanti, conoscitori dell’arte e gente comune- è Lisa del Giocondo. Moglie di un mercante di stoffe (insensibile e dall’animo gretto), che commissionò il ritratto al grande artista, e non è affatto muta come sembra. Natasha Solomons le dà voce, pensieri, emozioni e sentimenti che rivela a chi la sa ascoltare.
Leonardo ne fu ossessionato, perché in quel quadro aveva infuso non solo le sue rivoluzionarie tecniche pittoriche, ma anche buona parte di se stesso, le sue idee e la sua filosofia di vita. Adorava la Gioconda, che nel romanzo di Natasha Solomons ricambiava l’affetto.
Il libro però non si limita alla vicenda privata, ha un ampio respiro storico e nelle sue pagine compaiono molti grandi personaggi con le loro dinamiche, sfide e rivalità; da Leonardo da Vinci a Macchiavelli, Michelangelo, Raffaello e il re di Francia Francesco I.
La 43enne Natasha Solomons, che ci ha fatti innamorare dei suoi precedenti romanzi (raccontando le vicende dei Goldbaum e di casa Tyneford), è da sempre abilissima nel dare voce a chi non la possiede.
Forse perché il suo vissuto di ragazzina dislessica le ha offerto una chiave di lettura in più, e ha forgiato la sua particolare sensibilità nell’immedesimarsi nei suoi personaggi.
Profonda l’empatia con cui si è avvicinata al ritratto della Gioconda, della quale ha avvertito la profonda solitudine, in cui si è in gran parte riconosciuta.
Claudio Visentin “Luci sul mare” -Ediciclo editore- euro 13,50
Soprattutto per chi avverte il misterioso fascino dei fari -sentinelle dei mari che guidano viandanti marinai- sarà irresistibile questo libro scritto da Claudio Visentin, docente di Storia del Turismo all’Università della Svizzera italiana e studioso dei nuovi stili di viaggio.
In 105 pagine -arricchite anche da disegni- racconta il suo peregrinare alla scoperta dei principali fari scozzesi e le loro storie in cui, mare, tempeste e naufragi hanno reso le acque che lambiscono le coste un immenso cimitero di uomini e relitti.
E’ un percorso affascinante dalla prima all’ultima pagina. Tanto per cominciare scopriamo che nel mezzo di una tempesta, c’è più possibilità di salvezza in mare aperto che non in prossimità delle coste, perché è proprio contro gli scogli che si sono schiantate centinaia di navi nel corso dei secoli. La costa della Scozia è particolarmente infida con rocce sommerse, secche e correnti improvvise. Per questo, armatori, mercanti e capitani di lungo corso chiesero con insistenza di costruire dei fari.
Nel 1786 fu fondato il Northern Lighthouse Board con il gravoso compito di trovare finanziamenti, tracciare strade per raggiungere punti strategici dove costruire i fari e altre mille complicazioni; eppure nonostante le difficoltà in un paio di anni ecco svettare le prime sentinelle.
In Scozia furono edificati oltre 200 fari nel corso degli anni; i principali sono 84, in origine erano sorvegliati da guardiani che potevano anche rischiare la vita quando onde gigantesche e infuriate si abbattevano su quelle torri facendo tremare tutto sotto l’urto di tonnellate di acqua sui muri. «Si racconta che al faro di Fair Isle North, tra le Orcadie e le Shetland, due guardiani furono portati via dal vento». C’era un preciso regolamento da rispettare; prescriveva che almeno uno dei custodi restasse sempre all’interno, persino quando vi erano naufraghi in pericolo.
Il viaggio di Visentin inizia vicino a Edimburgo e ci conduce (su traghetti, aerei vetusti che volano a vista e senza moderna strumentazione) alla scoperta dei mitici fari della costa scozzese. Da lì si spinge fino alle isole Orcadi per arrivare all’ultimo faro in punta alle isole Shetland, quello di Burrafirth affacciato sull’immensità di un orizzonte sconfinato.
I celebri fari scozzesi furono costruiti dagli Stevenson, si, proprio la famiglia del famoso scrittore Robert Louis Stevenson che entrò in rotta di collisione col padre quando scelse invece la strada della letteratura.
La loro fu una gloriosa dinastia di ingegneri geniali, grazie ai quali molte navi poterono seguire la rotta giusta, guidati dalle luci delle loro costruzioni, spesso appoggiate su speroni rocciosi.
Dei fari che visita, Visentin, racconta le storie e gli aneddoti; uno più affascinante dell’altro, epici e tragici con mille naufragi nel corso dei secoli, ma anche la salvezza di tante navi e curiosità poco note.
Come la storia di Fresnel che nel 1822 inventò la lente che era «..l’anima del faro, l’occhio del gigante. La luce è quella di una normale lampadina…..è merito della lente moltiplicarne all’infinito la potenza e concentrarla in un unico raggio attraverso un’iride di cristallo».
Dopo oltre due secoli, è nel 1998 che, a Fair Isle South, si estingue l’onorato mestiere di guardiano del faro con l’ultimo di loro che lascia la torre. Da allora una lunga fase di transizione verso l’automazione è stata gestita con cura; eppure la magia resta.