LA RUBRICA DELLA DOMENICA- Pagina 4

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Villaggio olimpico occupato – Eugenio Comencini l’allegria del colore – Elitaxi per Torino in 45 minuti – Settembre Giacosiano

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Villaggio olimpico occupato 
Negli scantinati dell’ex villaggio olimpico vivono e lavorarono centinaia di persone. La situazione è esplosiva. Nessuno fa nulla di concreto per risolvere il problema dell’occupazione abusiva ,bloccati dal buonismo che pervade paralizza ogni iniziativa volta a ripristinare l’autorità dello Stato. Sono 4 anni che hanno occupato le palazzine che oggi sono in condizioni pietose,da abbattere. Chi abita nelle vicinanze non tollera più l’impotenza delle autorità e i gravi disagi a cui sono sottoposti cittadini italiani che lavorano e pagano le tasse regolarmente,ma si sentono abbandonati dallo Stato. Hanno persino fatto un film sugli occupanti che verrà presentato al festival di Venezia. Hanno avuto il tempo di fare un film,ma quel tempo non è stato usato per risolvere un problema incandescente della nostra città.

 

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Eugenio Comencini l’allegria del colore 

Si chiude l’11 settembre a Murazzano una bella mostra di Eugenio Comencini (Savona 1939/Torino 2015 ) ,artista contemporaneo  minore, docente all’Accademia  Albertina di Belle Arti,dopo aver svolto studi classici ed essersi laureato in architettura. Amava giocare con i colori e le immagini,molta parte della sua opera non si può considerare impegnata, anche se appartenne ,quasi a pieno titolo, al clima contestativo sessantottino,pur facendo parte  anagraficamente della generazione nata prima della II Guerra Mondiale. Era un po’ fazioso,io lo ricordo ironizzare bonariamente su di me, quando mi sorprese a leggere “Il Giornale” di Montanelli nel 1974 che per molti di noi fu una bandiera di libertà. Rosario Romeo arrivò a tenerlo in tasca quando era alla “Sapienza” a Roma,sfinito per le contestazioni violente a cui era sottoposto,ma certo né indebolito né sconfitto.Comenicini queste cose non poteva capirle.La Savona da cui proveniva era quella “rossa” di subito dopo la guerra. Architettura era un covo rossissimo in cui venne attizzato il fuoco della contestazione e la demagogia degli esami di gruppo.Una volta lo vidi,già pittore abbastanza affermato, distribuire volontatini del PCI davanti ad una scuola. Il giorno dopo lo incontrai per strada e gli chiesi in modo un po’ beffardo se si era divertito. Non era possibile che un uomo intelligente come lui potesse ancora sostenere Novelli. Era un piacevole commensale,mangiava e beveva gargliardamente,era allegro,aveva la battuta mordace. Un mia amica quasi lo temeva e si censurava nel parlare. Era un compagnone piacevole a tavola,molto meglio di quando faceva il compagno in piazza.Fece anche delle celebri etichette per note case  vinicole. La critica Claudia Girardello ha scritto di lui: <<Comencini era il brio in formula cromatica: questo il suo modulo pittorico. Spirito curioso, innamorato della vita, l’artista coinvolge se stesso e lo spettatore in una ballata di colori che nella visione serena di un’umanità quotidiana non mira a metafisiche disquisizioni, piuttosto ad una scanzonata proposta di equilibrata analisi del reale. È l’animo per nulla inquieto di chi trastulla se stesso per emozionare il riguardante>>.

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Elitaxi per Torino in 45 minuti

L’aeroporto Panero di Villanova d’Albenga e’ rimasto per tanti anni inattivo. Il ministro Scajola era riuscito a rivitalizzarlo con due linee giornaliere per Roma. Lo accusarono di averlo fatto pro domo sua . In effetti, non c’era l’utenza necessaria e le due linee vennero presto chiuse . L’albenganese ha una forma mentis poco dinamica,pesano su di lui le origini contadine. Non seppe cogliere l’immensa opportunità di un collegamento aereo. Adesso funziona da poco un servizio di elicottero con possibilità di viaggi a Torino in 45 minuti, Milano, Montecarlo ,Roma. Il volo Torino- Albenga costa circa 3000 euro e costa 400 euro a persona se si trovano 7 viaggiatori con cui dividere la spesa . Resta un’ opzione di élite che può solo toccare un albergo di Alassio e lo splendido resort “La Meridiana” di Garlenda ,l’albergo migliore dell’intero Ponente ligure. Per i poveri cristi valgono l’autostrada che si intasa sempre più spesso e la ferrovia che è sempre più simile ad una tradotta di cent’anni fa che-unica consolazione -, invece di portare al fronte,porta al mare. La politica regionale ligure non ha mai saputo guardare lontano. E i risultati si vedono .

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Settembre Giacosiano

Il sindaco Paola Gamba e’ un amministratore molto attento al suo territorio e alla sua storia Collereto Giacosa, già Collereto Parella. Il cittadino illustre fu il commediografo e giornalista Giuseppe Giacosa, molto apprezzato in Piemonte  e in Italia che ebbe rapporti con i maggiori letterati europei della sua epoca,in primis Tolstoj. Fu anche direttore del settimanale culturale “La lettura” fino alla sua morte nel 1905. Era nato nel 1847,una generazione risorgimentale. A chiamarlo  alla “Lettura ” fu il genero e fondatore del “Corriere della sera ” Luigi Albertini. A Collereto alcuni insigni famiglie si imparentarono tra loro : i Carandini,gli Albertini,i Giacosa ,i Cattani,i Ruffini,i Croce. Fu un’esperienza unica . L’Italia liberale,laica,civile d’estate, si trovava a Collereto. Furono protagonisti del settimanale “Il Mondo” insieme ad Arrigo Olivetti editore e Pannunzio direttore. Ci fu chi ironizzo ‘ su questi personaggi  tutti parenti che dettavano le regole della politica liberale . Le dettavano in nome della dignità e della cultura . Chi li ha conosciuti bene come chi scrive, ricorda anche i loro screzi famigliari e anche le loro differenze politiche . Fa bene Paola Gamba a far rivivere il passato glorioso di questo  straordinario angolo di Canavese.Anche Ivrea il cui teatro e ‘ intitolato a Giacosa,dovrebbe essere orgogliosa,ad esempio,del suo storico Francesco Carandini. Ma i sindaci di Ivrea sono poco attenti perfino ad Adriano Olivetti. L’ingegnere  che è stato ultimo padrone della Olivetti, non ha lasciato traccia del lavoro fatto dall’ing. Olivetti che fecero di Ivrea una piccola Atene d’Italia .Oggi la capitale del Canavese e’un deserto. Per fortuna resiste Collereto a tenere alta una certa civiltà 

 

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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Le grandi firme non ci sono più 
Ho  avuto modo di parlare con quattro persone appena al di sotto dei quarant’anni e diplomate.Ho citato alcuni nomi del giornalismo che compaiono anche in TV nei soliti talk show . Hanno dimostrato di non sapere  di chi parlassi. Ho preso coraggio e ho chiesto esplicitamente  se sapevano chi fosse Mieli, Calabresi, Riotta,de Bortoli,Travaglio, Cazzullo . Ebbene queste persone non sapevano di chi si parlasse. Non è un bel segno o il nostro giornalismo e’ fatto di arroganti signor nessuno.
                                                                                               Beatrice  Leonzio

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Anch’io noto una grande ignoranza . Un motivo e’  sicuramente legato al fatto che i giornali non si vendono e non si leggono quasi più . Le edicole mano a mano chiudono.Hanno fatto il loro tempo. Quando vanno in TV ,i giornalisti vogliono apparire  degli oracoli mentre spesso sono povere persone piene di se’  e non attraggono . Se dovessimo portare il discorso a livelli torinesi il discorso sarebbe ancora più arrischiato. Certo, in larga parte, e’ dovuto all’ignoranza ,ma anche alla pochezza di una categoria molto numerosa ,ma troppo  poco qualificata,malgrado l’aggiornamento obbligatorio  . Le grandi firme non ci sono più . Quindi le quattro persone che lei ha testato, in fondo, non hanno tutti i torti.

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Difesa artistica

Ho letto il suo articolo sulle difese contro il terrorismo approntate a Torino. Concordo  sul fatto che sia ridicolo preoccuparsi della loro estetica e non della loro efficacia. Siamo alla follia. 
                                                                                             Prof. Evandro Piccolo 

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Le difese devono essere innanzi tutto  forti: quando io voglio difendermi, scelgo un bastone robusto e nodoso,l’aspetto estetico non mi interessa. E’ ridicolo intervistare l’artistello che imbratta in rosa la città . E’ assurdo, come intende fare la sindaca grillina, consultare i graffitari che invadono già tutti i muri disponibili. Chi vuole tutelare l’estetica  e la sicurezza della città, deve colpire con pesanti sanzioni i graffittari e deve provvedere la città di barriere di robusto cemento . Questo è ciò imporrebbe l’estetica urbana e il buon senso. Il povero Bepy Dondona ,se ritornasse in vita , certa gente la prenderebbe a calci!

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Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Fioriere anti  terrorismo? – Soldati e la lapide del geometra – Sant’Anna di Valdieri – Zini Lamberti liberale risorgimentale – I treni Torino / Ponente ligure

 

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Fioriere anti  terrorismo?
Durante gli anni di piombo i punti sensibili di Torino vennero blindati con serietà .Uno dei pochi meriti delle amministrazioni Novelli, che coincisero anche con gli anni di piombo, e’ stata la capacità di reagire con una certa tempestività ‘ ai pericoli anche gli attentati-sempre a persone singole- non diminuirono sensibilmente. Il terrorismo oggi mira a stragi di massa. Mi sembra che gli attuali amministratori stiano un po’ esitando, lasciandoci considerare da osservazioni di carattere estetico. Le fioriere che si vedono passando non sono in grado di resistere ad un tir. Solo da venerdì appaiono dissuasori più convincenti. C’è chi obietta che non sono belli e che addirittura si dovrebbero dipingere per renderli più accettabili. I dissuasori devono essere molto consistenti perché va assicurata la sicurezza a chi passeggia nelle vie pedonali.Anche a tutela del commercio.

Una via  del passeggio come via Garibaldi,ad esempio, va blindata  non solo all’inizio e alla fine nell’asse piazza Castello / piazza Statuto. Le mezze misure non servono. Certamente va garantito l’accesso alle autoambulanze e ai vigili del fuoco, ma,  se e ‘ vero che siamo in guerra, bisogna procedere in modo coerente. Le mezze misure che vogliono salvare l’estetica ,si rivelano inefficaci e quindi inutili. Bisogna dare ai cittadini impauriti  luoghi sicuri.

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Soldati e la lapide del geometra

Questa piccola lapide e’ stata inaugurata a Tellaro dove lo scrittore e regista torinese visse dal 1960 al 1999 quando morì . Soldati amava la Liguria , definita “mezzaluna cristiana sul mare “‘, in particolare quell’ultimo,estremo lembo confinante con la Toscana.Soldati scrisse un libro dedicato alla Liguria definita “Regione Regina “. E’ incedibile che i due promotori del ricordo marmoreo che fa pensare più ad una targa cimiteriale che ad una lapide ,tra le migliaia di citazioni possibili di Soldati ne abbiano scelto una banalissima e non bella anche per l’italiano, che non rende giustizia al grande scrittore. E’ una frase che potrebbe dire un qualsiasi rag. Rossi o geom. Parodi. La lapide ai Murazzi di Po inaugurata nel 2011 dal Presidente del Consiglio comunale Castronovo ,ricorda in modo totalmente diverso Soldati che, quindicenne, non esito ‘ a gettarsi nelle acque del Po per salvare un amico, meritandosi la medaglia d’argento al valor civile.A Tellaro Mario fece tante cose significative,ma i promotori forse non lo sapevano.

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Sant’Anna di Valdieri

Sant’Anna di Valdieri è una storica stazione termale,una delle più importanti d’Europa ,molto legata alla dinastia sabauda che fin dal 1700 la scelse come luogo di vacanza. Anche l’austero Carlo Alberto ci andava,Vittorio Emnuale II la scelse come riserva di caccia.I sobri e borghesi Vittorio Emanuele III e la regina Elena trascorrevano le loro vacanze.Nel torrente Gesso pescava le trote la Regina , facendo inorridire la delicata principessa Mafalda che coglieva la sofferenza dei pesci catturati dell’amo. C’è lo storico,imponente Hotel Royal delle Terme ad oltre 1300 metri,un edificio imponente che consente di accedere alle cure termali.Si sta bene e la cucina e’ ottima.Peccato se si possa solo frequentare d’estate perché la strada, d’inverno, viene chiusa. E’ una strada assolutamente insufficiente che diventa impraticale con la neve e quindi viene resa inaccessibile.Un modo tutto piemontese e soprattutto cuneese di intendere il turismo.Peccato ,perché la struttura meriterebbe una valorizzazione per un tempo più lungo. I clienti,sicuramente, non mancherebbero.

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Zini Lamberti liberale risorgimentale 

Sulla guida telefonica appariva così : Zini Lamberti nob. Gaetano. Poteva sembrare un uomo legato ad un mondo passato,mentre la sua attività d’avvocato specializzato nel diritto amministrativo e di uomo politico dimostrano esattamente il contrario. Era nato nel 1907 e morì nel 1974. Ebbe una vita intensa ed appassionata. Nell’estate nel 1943 fu tra i fondatori del nuovo PLI a Torino a fianco di Marcello Soleri, Manlio Brosio, Bruno Villabruna. Tra i giovani liberali c’era anche Gian Vittorio Gabri e persino Gastone Cottino ,destinato a convertirsi al marxismo più intransigente.Nella Resistenza spiccarono le Divisioni Alpine Autonome di Martini Mauri. Con lui fu candidato all’assemblea costituente e divenne dal 1946 consigliere comunale di Torino,carica che ricoprì per diversi mandati,lasciando una traccia significativa nella storia della Sala Rossa che nessuno ha mai ricordato. Era stato deportato in Germania e fu presidente dell’ANEI,l’associazione degli ex internati che rivendicava il valore della prigionia in Germania di oltre 500 mila soldati che allora non veniva affatto considerato. Gli internati solo in tempi recenti vennero equiparati ai resistenti. Zini aveva scelto la prigionia come ufficiale che volle rimanere fedele al prestato giuramento. Era convintamente monarchico e al referendum si schierò per la Monarchia non solo per scelta sentimentale,ma per scelta risorgimentale . Ma nel 1955 fu risolutamente per la scissione radicale di Pannunzio,seguendo soprattutto l’amico Villabruna. Un monarchico- radicale fu quasi un ossimoro,anche se il giovane Pannella era stato monarchico. Ricordo che una volta nel 1966 intervenne alla presentazione di un libro di Falcone Lucifero ,ministro della Real Casa ,che raccoglieva i messaggi di Umberto II dall’esilio. In certi ambienti reazionari il suo intervento suscitò delle critiche incredibili. Zini aveva un’idea della Monarchia simile a quella di Lucifero che nella sua giovinezza era stato socialista al fianco di Matteotti. Dal 1966 si era anche occupato del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino.

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I treni Torino / Ponente ligure

I collegamenti ferroviari tra Torino e Ponente Ligure lasciano sempre più a desiderare .Sono anni che i treni sono inadeguati e insufficienti a causa di una politica sbagliata di Trenitalia con la complicità dei due assessorati regionali ai trasporti di Liguria e Piemonte. L’assessore piemontese sembra del tutto inesistente,non solo per la tratta Torino – Ventimiglia. Ormai da tempo i collegamenti in prevalenza implicano il cambio a Savona,ma spesso il cambio non è calibrato secondo un minimo di razionalità : ci sono due treni che arrivano da Ventimiglia pochissimi minuti prima della coincidenza per Torino.Oppure ci sono treni che implicano un’attesa a Savona di un’ora. In ogni caso eventuali ritardi non implicano più da tempo che i treni ritardino la partenza per consentire ai viaggiatori in arrivo di prendere la coincidenza. Nel frattempo i prezzi dei biglietti sono aumentati , come anche i prezzi dell’autostrada. Spesso d’estate i treni sono strapieni,anche di vandali.Il capo treno che ormai viaggia solo non è in grado di garantire l’ordine. C’e ‘ sempre più gente che viaggia senza biglietto .

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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com

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Infermeria Italia

Caro Quaglieni, grazie per i due articoli sull’immigrazione e la sicurezza scritti con coraggio. L ‘Italia non può essere considerata il rifugio e l’infermeria dell’Africa.

Nunzio Carolei

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Vanno distinti i profughi che hanno diritto ad essere ospitati e i migranti per ragioni eoconomiche. Le identificazioni che fa il Papa non sono accettabili .Lo Stato deve ragionare in termini di compatibilità sociale ed economica e non di carità,come noto, virtù cristiana molto importante ,ma non necessariamente virtù civile.

pfq

 

Cartoline addio

Gentile professore, ho apprezzato il suo articolo sulle vacanze che ormai volgono al termine. Un’usanza e ‘ scomparsa: l’invio delle cartoline. In passato era un’esibizione l’invio da mete lontane. Oggi nessuno più manda cartoline.

                                                                                                                    Nina Cavallotti
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Le cartoline spesso non arrivavano,specie se spedite da paesi lontani. Oggi è prevalsa la privacy e la prudenza con il fisco sempre più in agguato. Il terrorismo ha fatto riscoprire mete caserecce che non meritano cartoline.Le racconto questo aneddoto di un mio amico che,divorziando dal moglie,aveva spedito una cartolina alla figlia da una località esotica e costosa. Si ritrovò la cartolina negli atti della causa di divorzio come prova che non diceva la verità ,quando sosteneva la difficoltà ad erogare un assegno adeguato alla moglie. Quel signore,da quanto so,smise di inviare cartoline.

pfq

 

 

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi


di Pier Franco Quaglieni

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 G7, a Torino i problemi – Luciano Violante e l’immigrazione – I migranti protestano – Bentivoglio non conosce l’8 settembre – Giannone chi era costui ? 

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G7, a Torino i problemi
E allora per il summit di settembre sembra che a Torino restino solo i contestatori,le delegazioni internazionali si riuniranno a Venaria Reale e albergheranno in Canavese.Non ci sembra un bel risultato e non ci sembra tranquillizzante.Cosa farà Torino per difendersi dai violenti? E’ una domanda che è lecito porre. E perché si consentiranno le manifestazioni contrarie proprio a Torino? Si capiscono le ragioni che portano a tenere lontane da Venaria i contestatori,ma diventa difficile accettare che la zona urbana di Torino possa essere lasciata a disposizione di gente che ,dove arriva ,tende a distruggere e saccheggiare. Forse gli spazi andranno ripensati per difendere Torino ,senza paralizzarla per alcuni giorni. Il buon senso lo imporrebbe.

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Luciano Violante e l’immigrazione 
 Luciano Violante che venne dileggiato per il caso di Edgardo Sogno(ci fu chi lo definì un participio presente ) è persona molto diversa da come lo definì Cossiga e da come, una volta, lo liquidò Lucio Libertini che mi disse che, con lui ministro degli interni, si sarebbe rifugiato all’estero. L’estremismo di destra si accanì contro di lui in modo volgare,dimenticando che l’ultima intervista rilasciata da Sogno ad Aldo Cazzullo riaprì totalmente il discorso relativa alla sua innocenza in merito al cosiddetto Golpe bianco.  Come presidente della Camera  Violante dimostrò un raro equilibrio istituzionale e contribuì a svelenire il clima di odio attorno ai temi della guerra civile. Come presidente del gruppo DS a Montecitorio fu tra i padri del Giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo il 10 febbraio. Ebbi il piacere di incontrarlo proprio in occasione del primo Giorno del ricordo che si tenne a Torino nel 2005 e la sorte ci collocò vicini sul palco degli oratori a Palazzo Carignano. Non lo conoscevo, ma seppe mettermi subito a mio agio con grande cordialità. Sicuramente sapeva che ero stato amico di Sogno, una delle mie scelte sbagliate, dettate da simpatia o antipatia, che da tempo ho rivisto.   Facemmo due interventi diversi, ma che si incrociavano nell’affermazione di alcuni valori condivisi. Poi ci furono parecchie, ulteriori occasioni di incontro negli anni che mi fecero accrescere la stima nei suoi confronti. A Finale Ligure parlammo insieme del caso Tortora, un tema che per un ex magistrato poteva essere difficile, ma per lui non lo fu affatto. E’ un uomo di profonda onestà intellettuale. La sua posizione sulla Magistratura espressa anche in un libro rivela la capacità di  mettersi in discussione e  di rivedere le posizioni, una virtù di pochissimi. Chi gli impedì di essere eletto alla Corte Costituzionale sbagliò ,basandosi su pregiudizi. La profonda cultura giuridica di Violante sarebbe stata molto utile alla Consulta. Anche sul referendum costituzionale  del dicembre 2015 la sua posizione fu distante da quella di Zagrebelski e di Rodotà. Adesso in una intervista Violante  ha toccato un nervo scoperto : la posizione ideologica della sinistra sul tema dell’immigrazione, affermando che “non esiste il valore assoluto dell’accoglienza” perché bisogna sempre curarsi della praticabilità delle scelte che si fanno e delle loro conseguenze. In sostanza c’è chi ha sostituito il mito dell’operaio con quello del migrante. Sono cose che io ho scritto per anni  .Mi fa piacere trovarmi in compagnia di Violante.

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I migranti protestano 
La forma della loro protesta, il rifiuto di prendere cibo, sarebbe anche accettabile, persino esemplare, di fronte al richiamo alla violenza che seduce tanti italiani. Ma il fatto che i migranti di Alpignano ,circa 350 persone, inscenino una protesta ,dicendo che le loro condizioni di vita sono  inaccettabili  e che il direttore del loro centro di accoglienza va rimosso, suscita perplessità .Sono  stati accolti dalla comunità di  Alpignano senza proteste ,sono stati accolti in Italia e sicuramente la maggioranza di loro non ha i requisiti del profugo, ma è un emigrante economico. A meno che ci siano gravi motivi, la loro protesta appare difficile da accettare. L’Italia e’ un paese stremato da una politica folle di accoglienza indiscriminata. Forse dovrebbero darsi una calmata. E chi specula su questo dramma dell’accoglienza deve  rivedere qualcosa. In caso contrario la polveriera rischia di esplodere. La sicurezza di chi accoglie è almeno pari a quella di chi è accolto che deve comunque stare dentro le regole dei primi.

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Bentivoglio non conosce l’8 settembre
La cena in bianco non sarà quella degli altri anni, ma ci sarà . La sua inventrice Antonella Bentivoglio d ‘Afflitto non si è abbandonata alle lamentazioni di fronte al diniego poco tempestivo, ma comprensibile, della sindaca di Torino a svolgere in piazza l’evento. Ha saputo reagire in modo geniale: fare la cena in bianco a casa propria il 9 settembre, invitando amici,vicini di casa, persone vicine e lontane. Una scelta di realismo creativo, magari l’uovo di Colombo, ma sicuramente non una resa. Aggiungeremmo un suggerimento : utilizzare i cortili delle case e anche le terrazze e i giardini privati. Cenerà insieme una Torino che non si arrende e che vuole farsi vedere,che non danneggia nessuno, rifiuta la violenza e pratica anzi l’educazione civica . Non ci sarà l’8 settembre per la cena in bianco. Quest’anno  si terrà il 9 in modo diverso, è stato detto, quasi virtuale. Ma non è così perché l’importante è fare l’evento. Quello che invece appare  certo è Torino continua a perdere colpi .E,  andando avanti così, la città e’ destinata al declino,in cui la relegò il sindaco  Novelli con le sue scelte tristi e  miopi, nel decennio 1975/85 , con tanti assessori funzionari di partito che assomigliano molto a molti dell’attuale Giunta. Non a caso,Novelli venne soprannominato Crisantemo.

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Giannone chi era costui ? 

Pietro Giannone fu un illuminista napoletano morto a Torino alla Cittadella ,dopo 10 anni di carcere duro, nel 1748. Era stato anche 6 anni rinchiuso nel forte di Ceva. Perseguitato a Napoli per i suoi scritti,era fuggito a Vienna dove ottenne la protezione del principe Eugenio di Savoia. Successivamente trovò rifugio presso la  Repubblica di Venezia  e poi a Ginevra, riparo sicuro a cui guardavano i perseguitati di tutta Europa.  Venne indotto con l’inganno a trascorrere qualche giorno in  un villaggio della Savoia dove venne arrestato e imprigionato. Su richiesta della Chiesa cattolica  lo stato sabaudo tese una trappola allo studioso.La libertà del Giannone venne sacrificata sull’altare dei  buoni rapporti  con la Chiesa come contropartita di un concordato che chiudesse lo scontro con la Chiesa  avviato da Vittorio Amedeo II.   Nell’opera “ Il Triregno .Del regno terreno,del regno celeste,del regno papale”  delineò una concezione laica dello Stato,su cui Franco Venturi  ha scritto pagine di fondamentale importanza.  La sua “Istoria civile del Regno di Napoli” denuncia l’acquiescenza dello Stato nei confronti della Chiesa che nel Mezzogiorno fu ancora maggiore che nel resto d’Italia. Manzoni  dedicò ampio spazio al Giannone della sua” Storia della Colonna infame”,  citando i plagi e gli errori del Giannone che gli vennero rimproverati anche da Voltaire. Si trattava di limiti nel campo  della ricerca erudita ,ma non nell’impianto  storiografico complessivo della sua opera che ebbero eco e traduzioni in tutta Europa. Ciò che dava fastidio in Giannone era il suo spirito  laico,il senso dell’autonomia dello Stato che non era l’ empia irreligiosità di cui fu accusato.La sua opera in questo senso  si colloca nella linea alta di Machiavelli,di Guicciardini,di Sarpi,il meglio del pensiero storico italiano.Citava il Giannone un mio professore liceale che era stato prete. Le sue erano parole piene di indignazione. Da lui incominciai a capire il valore della laicità e della tolleranza. Quando poi lo studiai più da vicino ne vidi anche i limiti. Un mio nipote che ha da poco finito il liceo non sapeva della sua esistenza. Invece è una figura che anche a Torino andrebbe ricordata. Fu una vittima che pochi ricordano. In passato per ragioni politiche,oggi per ragioni soprattutto di ignoranza. Giannone ? Chi era costui ?

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Addio spaghetti “borghesi” la domenica

Carissimo, tutto  mi  sarei  aspettato , ma  non certo  la  ricetta  degli  spaghetti ( qualcuno  preferisce  i  rigatoni ) “alla  gricia”  e  il  ristorante  del  “Pantheon” . Come  spesso  è  accaduto  per  persone od  eventi  politici    i  tuoi scritti  risvegliano  in  me  ricordi  e  così  è  in  questo  caso . La  trattoria  del  “Pantheon”  esisteva  ben  prima  del  1961  ed  era  gestita  da  Nunzio  Fidanza ( amatriciano  doc )  ed  era ben  frequentata  da  buoni  borghesi  amanti  del  buon cibo  per  cui  io  ed  i miei , negli  anni  ’50 , spesso  andavamo  a  cena  o  la  domenica  a pranzo. Di  parlamentari all’epoca  nemmeno uno ! poi  una  bella  sera  ,entrando,  trovammo  Moravia , Maraini, Pasolini  ed  altri  loro  amici . Invece  di  lanciarlo , affondarono  il  locale  perché  cominciarono  a  venire  i  giovani  amici  di Pasolini   per  cui  la  vecchia  clientela  via  via  abbandonò  il  locale ed il  povero  Nunzio  si  trasferì  dal  fratello  che  gestiva  un  raffinato  ristorante  vicino  a  piazza  Augusto Imperatore  che  si  chiamava  l’ Augustea .      D.G.

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Una bella testimonianza, direi storica.  Non ho mai parlato con Dacia Maraini, l’unica con cui ho rapporti amichevoli, del “Pantheon” che rinacque a nuova vita con Armando Gargioli nel 1961 e oggi ha un successo internazionale per merito dei suoi figli. Chiederò a Dacia i suoi ricordi. Il mondo è cambiato. Come moltissimi ristoranti anche il “Pantheon” è chiuso di domenica. L’abitudine di andare a colazione la domenica a mezzogiorno non c’è più. Un ulteriore segno della fine di una certa borghesia che reggeva l’Italia e che oggi è scomparsa.

pfq

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Il Ferragosto cristiano  dimenticato

Caro Quaglieni,
Ho letto il suo elzeviro sull’estate  che ho apprezzato per l’ironia,il tono lieve ,direi estivo, che non dimentica però  anche la storia. Mi ha stupito che non abbia fatto neppure un accenno alla festività religiosa dell’Assunta che si festeggia il Ferragosto. Per molti è un riferimento importante,come lo sono le diverse feste di  San Rocco che si tengono in Piemonte e non solo. Nelle piccole borgate e’ un evento che si aspetta tutto l’anno.

Germana Zullo

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In effetti ho tralasciato l’aspetto religioso . Il ’68 segno’ un lunga eclisse religiosa. Ho analizzato solo la festa “pagana” dell’estate. In effetti, c’è anche l’aspetto religioso, ma la vacanza sembra metterlo in disparte. Forse e ‘ anche perché la Chiesa ha demonizzato per troppo tempo il sesso, vedendolo come colpa grave  e non come un aspetto bello della vita. Oggi e’ difficile identificare Ferragosto con la festa dell’Assunta,un dogma proclamato da Pio XXII nel 1950.  Solo i vecchi se ne ricordano.Sui giornali non c’è spazio per le cerimonie religiose del 15 d’agosto.Ed è sicuramente un  male perché anche d’estate  le parole dell’arcivescovo di Torino sono importanti. Nel nostro egoismo pensiamo solo a festeggiare per vivere  una giornata piacevole senza affanni.  Mario Berrino ad Alassio parlava della Gran Cagnara estiva. E ci si divertiva veramente. Oggi fingiamo o ci illudiamo di divertirci .A Ferragosto andrebbe   anche  ricordato ,ad esempio, chi soffre negli ospedali . Solo un uomo del livello morale di Giovanni Conso mi telefono’,il giorno di ferragosto di tanti anni fa,chiedendo di mio padre gravemente ammalato . Fu l’unico,il solo. Un certo nichilismo  ci fa perdere di vista anche alcuni valori solidali che dovrebbero essere irrinunciabili. Questa in cui viviamo ,non è una società più laica,ma semmai una società  totalmente secolarizzata  e impoverita che ha emerginato la dimensione religiosa del vivere per privilegiare un edonismo  senza futuro.

pfq

 

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Liceo breve, laurea breve, ignoranza lunga – Estate e la gioia di vivere – Vita e tradizione torinese – Una ricetta per il Ferragosto: spaghetti alla gricia

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Liceo breve, laurea breve, ignoranza lunga  

In  pieno periodo di vacanza scolastica il ministro dell’istruzione Fedeli che dovrebbe traghettare la “buona scuola ” di Renzi verso  lidi meno agitati, lancia a livello sperimentale la scuola media superiore breve, di appena quattro anni,tornando allo schema  degli istituti magistrali e dei licei artistici modulati sui quattro anni di corso. Questo schema si rivelò del tutto insufficiente perché non preparava in modo adeguato,riducendo i programmi scolastici a cenni  e impedendo un qualunque approfondimento. Per definire una cultura superficiale,si parlava  infatti di maestrine elementari alle quali era consentito il percorso universitario solo al Magistero,una università di serie b. Anche gli allievi dell’artistico potevano proseguire solo all’Accademia di Belle Arti che si insiste ad equiparare  immotivatamente ad Università . Altrimenti maestri ed artisti, per proseguire ,dovevano frequentare un anno in più definito  propedeutico alla frequenza universitaria . Ora sembra che di voglia tornare al vecchio,mentre la scuola del facilismo si è rivelata del tutto fallimentare. Si tratta di un esperimento che è facile prevedere fallimentare. La scuola necessita di interventi seri e non improvvisati. Il liceo breve farà coppia con l’università breve di tre anni dove  si consente ad infermieri,massaggiatrici,igienisti dentali di farsi chiamare dottore . Un’aberrazione voluta dal ministro Luigi Berlinguer  che ha provocato il degrado dell’Università ridotta a liceo . Dal 2018/19 avremo anche il liceo ridotto a scuola media . Non c’era in effetti bisogno  del ministro Fedeli per raggiungere questo obiettivo perché la scuola superiore si era già  ridimensionata e abbassata di livello dal ’68 in poi con la desertificazione degli studi  e il diritto al titolo di studio confuso con quello allo studio che è tutt’altra cosa.Berlinguer propose  di centrare almeno  l’obiettivo dei”saperi minimi “, una vera e propria follia perché a minimizzare i saperi ci pensa autonomamente il fluire del tempo e il logorio della memoria. Da molti anni sforniamo giovani ignoranti che non sanno parlare e scrivere in modo adeguato e sono profondamente incolti. Con l’idea balzana  del ministro Fedeli finiremo nell’abisso. E avremo magari il primato di dottorini  ventenni . Forse nessuno ricorda più Ivan Illich che animo’ il dibattito sulle descolarizzazione degli Anni ’70 del secolo scorso.Le sue tesi vedevano nella scuola un male,voleva una società descolarizzata,un vera utopia  velleitaria che,se realizzata,avrebbe ricacciato indietro il vivere civile. Il ”68 provoco ‘  effetti distruttivi che crearono la crisi delle istituzioni scolastiche e ne provocarono l’inefficacia. Che la Fedeli abbia letto, in qualche ritaglio di tempo libero dall’attività sindacale e politica ,la voce relativa ad Illich  su Wikipedia?

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Estate e la gioia di vivere   
C’ è chi fa sesso vicino al ponte di Rialto a Venezia, chi si butta nudo nella fontana di Trevi ,il 31 luglio si è festeggiata la giornata internazionale dell’orgasmo che ha oscurato l’obsoleta  e sessista festa degli uomini del 2 agosto. L’estate è un inno al sesso e il nudo abbronzato e riscaldato dal sole ne fa parte. Sulla spiaggia non si legge più. Pochi i libri,pochissimi i giornali,al massimo i tablet e tanti ,tanti messaggini.C’è gente che sta incollata ai cellulari per ore anche in spiaggia. Una signora che usa il cellulare solo per telefonare, poco distante, fuma in continuazione perché-dice- in spiaggia si annoia. Sua figlia si arrotola le sigarette con le cartine ,come facevano i contadini  70 anni fa.
Ambedue non usano il portacenere che da quest’anno finalmente appare vicino all’ombrellone.   Il topless ormai si incontra poco,i naturisti non rischiano sanzioni e si rifugiano nelle loro oasi protette.Spesso non è un bel vedere e fanno bene ad evitare si esibirsi in pubblico, come succedeva in una spiaggia di Varigotti.  Sul “Mondo” che era un giornale liberale ,ma non era” libertino”,nel 1966,all’annuncio del topless negli Stati Uniti(la Francia venne dopo) il filosofo Guido Calogero ne scrisse,facendo una vera e propria lezione sulla nudità e sul pudore,dando il via libera al topless e al nudo. “Paese sera”giornale scandalistico di sinistra, ne fece una battaglia di liberazione sessuale della donna ante litteram. Alfredo Todisco ,sempre sul “Mondo”, mise in luce la futilità della discussione sul topless. E’ certo che oggi il pudore  inteso in un certo modo non esista più.Nessuno si rivolgerebbe ad una signora scollacciata, come fece il futuro presidente Scalfaro negli anni ’50 , definendola spudorata. Anzi, parte della seduzione viene spesso proprio dall’essere considerata spudorata,come rivela ,ad esempio, internet. Ci sono signore -bene che ,appena è loro consentito,perdono il controllo “pro forma” che tengono in città.A volte,in verità, non ce l’anno neppure in città. Un centimetro o un decimetro in più o in meno di pelle scoperta non fa ormai più  la differenza. Il linguaggio femminile è cambiato e la parità dei sessi ha sdoganato un linguaggio unisex all’insegna di una certa volgarità che non si coglie però neppure più. In una società involgarita anche le donne si incazzano senza problemi e lo dicono ad alta voce.In effetti anche i bambini si incazzano. Tutti si incazzano e almeno in parte hanno ragione da vendere. Tutto sommato, è un bene che l’epoca dell’ipocrisia di certo perbenismo sia finita . Con essa è finita da tempo anche la buona educazione. Vizi privati e pubbliche virtù appartengono al passato,forse anche perché i vizi sono rimasti,ma le virtù, pubbliche o private che siano,sono diventate rare e in vacanza  si pensa solo ai piaceri della vita e alla gioia di vivere.Al resto penseremo ,quando torneremo in città,se e quando riterremo.

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Vita e tradizione torinese 
La lettura del libro di Gabriella Mosso ” I miei ,i tuoi,i nostri ” edito da Araba Fenice ,rappresenta la storia individuale di una donna e di una famiglia torinese.Una storia qualunque,ma nel contempo irripetibile come e’ sempre la vita di ognuno di noi. L’ambiente in cui sono vissuto e vivo io,e’  molto diverso da quello dell’autrice  e mi fa riandare indietro di decenni a realtà  che credevo scomparse. Parlare il piemontese pensavo fosse un uso  ormai relegato al passato. Le grandi migrazioni dal Sud degli anni’ 60 pensavo avessero obbligato all’uso dell’italiano,non foss’altro per necessità comunicativa. Personalmente ho sempre pensato all’importanza dell’italiano ed a casa mia mi hanno invitato sempre a studiare le lingue ,insieme all’italiano , evitando” contaminazioni” dialettali  che mio padre detestava per i  suoi figli  , pur parlando il piemontese con persone non di famiglia .Invece la famiglia Mosso parla  normalmente il dialetto,ricalcando i detti piemontesi canonici ricostruiti con rigore e amore filologico dall’autrice. Sono frasi  e modi di dire che sentivo dai contadini dei miei nonni  e che  mi sono tornati in mente all’improvviso. Espressione di una semplicità di vita arcaica e sana che oggi non c’è più. La storia narrata rivela gioie e dolori,amori e delusioni,come forse accade in ogni famiglia.Una saga famigliare che non ha nulla di eclatante,nessun personaggio importante. E forse, proprio questa quotidianità strapaesana ,pur vissuta a Torino e nella sua cintura ,rende il libro unico nel suo genere. Ho subito pensato,leggendo il titolo ,a “I me'” di Davide Lajolo. Il libro della Mosso e’ diverso,ma ricalca l’elogio della vita semplice,faticosa,sobria,parsimoniosa,serena  della famiglia astigiana di Lajolo.Una storia che profuma di vecchio Piemonte come le linde pagine di Gabriella Mosso ,una donna che ha affrontato la vita molto seriamente,ma anche con una certa  gioia.Nel lavoro,nella famiglia,con gli altri con cui e’ venuta a contatto,praticando un’umanita’  e una semplicità oggi sempre più rara .

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Una ricetta per il Ferragosto: spaghetti alla gricia

Claudio Gargioli è il patron inimitabile dello storico “Armando al Pantheon” di Roma, luogo irrinunciabile di ritrovo per i cultori della cucina romana ,ormai apprezzato a livello internazionale a tal punto che diventa difficile ,senza prenotazione preventiva, riuscire a pranzarvi.Claudio è figlio di Armando che fondò nel 1961 la trattoria. Laureato in scienze politiche,è persona colta.Inevitabile che da “Armando” si ritrovino personaggi legati alla cultura. E’ anche scrittore che ha vinto importanti premi letterari.Il suo secondo libro ,tradotto in inglese, ha per titolo “La mia cucina romana” Atmosphere libri 2017. Sta diventando un vero e proprio successo letterario,presentato in molte librerie italiane Feltrinelli. Il   suo primo libro è stato “ Menu letterario tipico romano,stesso editore,uscito 2014. Anche il primo ha registrato un vasto indice di gradimento. Nei suoi libri Gargioli alterna ricette ,aneddoti e raccanti di incontri con personaggi famosi di cui negli anni è diventato amico. Ricette della cucina ,commentate amabilmente,come sapeva fare Mario Soldati. Eccone una che potrebbe essere realizzata per il Ferragosto. E’ meglio assaggiarla da lui,ma chissà che,seguendo le sue indicazioni,non venga fuori un piatto piacevole ? Proviamo. Buon Ferragosto! Ecco cosa scrive Claudio nel suo libro :

 

Spaghetti alla gricia

 

Scusate, ma prima di parlarvi della gricia, devo alzarmi in piedi e mettermi sull’attenti per renderle omaggio. Ragazzi, questa è una delle ricette più minimaliste, più geniali e gustose della cucina non solo romana ma mondiale. Esagero? Bene, venite a mangiarla all’”Armando al Pantheon” e poi mi direte. Allora, come recita lo slogan del mio caro amico Giuseppe Palmieri, sommelier della “Francescana” di Massimo Bottura: << Basso profilo, alte prestazioni!>> è la definizione esatta della gricia. Semplicità e virtù. Ma, attenti, gli ingredienti devono essere il non plus ultra di quello che si trova al mercato, quindi olio extravergine eccellente, guanciale (tante volte ho segnalato quello di Bassiano o Montefiascone o Norcia), pecorino romano d.o.c. (Lopez può essere un nome), pepe nero cambogiano (di Kampot), spaghettoni (io uso la pasta Martelli, ma anche altre paste come la del Campo, la Cavaliere e la Verrigni sono ottime).

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Ingredienti (per 6 persone)

600 gr. di spaghetti n. 7; 200 gr. di guanciale; 80 gr. di pecorino romano; 2 cucchiai di olio extravergine di oliva; mazzo bicchiere di vino bianco; sale e pere q.b.

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Fate soffriggere l’olio in una padella capiente e aggiungeteci il guanciale tagliato a listarelle o a dadini. Quando è croccante sfumatelo con un goccio di vino bianco e toglietelo dal fuoco. A parte mettete a cuocere la pasta al dente.Scolatela e versatela nella padella facendola amalgamare con una parte del pecorino romano. State attentissimi perché non appena apparirà cremosa, ci vuole un nonnulla perché diventi troppo oleosa. Cosa fare in questo caso? Aggiungete un goccio d’acqua di cottura e tutto torna a posto. Sporzionate nei piatti e sploverate sopra il pecorino restante e un bel pizzico di pepe nero macinato. I vostri invitati vi chiederanno più volte il bis!

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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com

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E’ LA STAMPA, BELLEZZA

“La stampa “in Liguria e’ stata guidata  da un giornalista eccezionale come Sandro Chiaramonti ,oggi la fusione con il”Secolo XIX “ha eroso lettori e  ne diminuito il prestigio. Due giornali concorrenti si sono di fatto fusi con articoli identici. E la “Stampa” ha perso terreno rispetto allo scandalismo del vecchio concorrente  diventato alleato.Mette  in prima pagina la  balla  della fionda di Albenga, ma ignora che la ferrovia in Liguria non funziona e l’autostrada dei fiori e ‘ insufficiente e provoca code.Si perde dietro a storie insignificanti e non segue la cronaca . 

Gino Cegliutti 

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E’ un processo di concentrazione giornalistica inarrestabile iniziata col gruppo Monti e adesso con il gruppo De Benedetti – Agnelli. Uno dei pochi giornali non ancora troppo intruppati e’ il “Corriere della sera” che si appresta a sbarcare in Piemonte e in Liguria.Dara’ un segnale di pluralismo,portando i lettori a comprare  di nuovo i giornali ? Dipenderà molto da come verrà fatto il giornale .E’ certo che il giornale di carta e’ in crisi. Se poi i giornali non sono fatti bene,il risultato, non solo commerciale,  è prevedibile.I giornali on line sono il futuro.Lo pensava già il grande Giovanni Giovannini ,giornalista di talento e presidente della Federazione degli editori.Aveva viaggiato e vedeva cosa stava succedendo in Giappone e in America.

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ODISSEA METROPOLITANA

Caro Quaglieni, 
 I cinque stelle mettono in dubbio persino l’utilità della linea 2 della Metro . Dove andremo a finire con questi amministratori?                                  Gabriella Berrino 
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La Metro e’ stata ostica a tanti , non solo ai Cinque Stelle. Novelli e i comunisti andati al potere nel 1975 ,bloccarono la Metro che stava per decollare sotto la guida di un grande tecnico come il prof. Vittorino Zignoli ,progettista del traforo del Monte Bianco.Condannarono la città a ritardi paurosi. La linea 1 non ha posto rimedio ai ritardi nelle grandi opere.Una sola linea serve a poco. La Metro e’ utile se e’ fatta di molte linee che si intersecano e formano una griglia come  a Parigi,Londra ,Vienna ecc. Forse solo Milano, in Italia, ha una Metro relativamente efficiente.A Roma e’ un disastro. Torino e ‘ stata condannata da Novelli ad essere in ritardo su tutti,direi ultima.  Ha avuto una linea di Metro nel 2000 ,altre Metro ebbero inizio nell’800. In questo contesto c’è spazio anche per chi mette in dubbio l’utilità della metropolitana,preferendo le piste ciclabili. La non cultura del nulla che prevale. Una vera tristezza.

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Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Quale futuro per il turismo torinese?  – Da Caporetto alla Vittoria –  Mauro Corona – I baci di Alassio – Attacchi giacobini  a cui Boeti risponde, altri tacciono – Ingrati  e boriosi con la memoria corta finiti male 

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Quale futuro per il turismo torinese?    

 I dati dell’afflusso turistico a Torino, con il 2,6 per cento in più nell’ultimo anno, sono in crescita . In confronto  a Milano si tratta  però di un incremento quasi non significativo, anche se va detto che siamo in un momento non facile per il turismo in generale e per quello in particolare  di una città non adeguatamente attrezzata all’accoglienza. Basta vedere le chiusure estive dei ristoranti per rendersi conto che Torino chiude per ferie,più che aprirsi a chi viene in città in agosto. I loisirs estivi,ma anche i servizi sono scarsissimi. Veniamo salvati dalla Reggia di Venaria e dal Museo Egizio. I dati comunicati dalla Sindaca riguardano l’anno  che intercorre tra giugno 2016 e giugno 2017. Cioè i dati intercorrenti tra l’elezione a Sindaco di Chiara Appendino e la fine di giugno,compresi i 27 giorni successivi ai gravissimi  fatti di piazza San Carlo. Si potrebbe dire che sul turismo non ha influito la mancanza di grandi eventi,ma se si guardano più da vicino i dati ci si accorge che invece nel corso dei mesi la mancanza di mostre di richiamo ha pesato sul numero di presenze. In ogni caso la mancanza di grandi eventi ha inciso sull’immagine complessiva della città. E,se consideriamo che questa immagine è stata lesa in modo fortissimo dai fatti di piazza San Carlo,ci rendiamo conto che è necessario mettere in cantiere politiche volte a rendere  più attrattiva ed anche più sicura Torino. I dati dal giugno 2017 a giugno 2018 saranno la prova del 9 per la tenuta del turismo torinese. Se, come purtroppo è più che possibile,ci sarà un calo saranno chiare anche le responsabilità.Soprattutto è necessario però muoversi.Una volta c’era uno slogan, andato in disuso,  che Torino si muove sempre o qualcosa del genere. Era stampata persino sulla carta intestata del Comune. Adesso, più che muoversi ,bisognerebbe agitarsi o almeno agire con rapidità e determinazione. 

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Da Caporetto alla Vittoria 
Il 4 novembre del 2018 si dovrebbe festeggiare il centenario della conclusione della Grande Guerra e della vittoria.  La parola vittoria è stata cancellata da molti anni,anche se era la festa della Vittoria,l’unica che possa essere vantata nella storia dell’Italia unita. Il 1866 ,III Guerra di Indipendenza, si concluse  con due sconfitte militari una a Lissa e l’altra a Custoza. Alcune imprese africane non furono proprio entusiasmanti. La IV Guerra di Indipendenza che concluse il Risorgimento con Trento e Trieste ,ma anche con l’Istria e  Fiume, fu un evento straordinario che consacrò nelle trincee del Piave il senso di essere italiani. Benedetto Croce,scrivendo a Viù il 5 novembre 1918,disse che la vittoria non andava festeggiata perché troppi erano stati i morti e troppi gli sconvolgimenti  provocati,come la fine dell’impero austro-ungarico. Oggi,però,nel deserto di valori storici condivisi,la data del 4  di novembre assume un nuova luce. Bisogna farla conoscere ai giovani e ai meno giovani che non sanno nulla della nostra storia nazionale.Così ragionavo con Pier Paolo Cervone,uno dei massimi storici della Grande Guerra a cui ha dedicato molti volumi,presentando insieme a lui la sua ultima fatica dedicata a Caporetto ,edita da Mursia. Si tratta di un libro molto documentato,frutto di un’intensa e seria ricerca non ideologizzata che ripercorre le gravi responsabilità di Luigi Cadorna,ma anche del generale Badoglio a cui sono da attribuire le conseguenze degli errori che portarono alla rotta di Caporetto. Caporetto è diventata la metafora della sconfitta, della fine. Ugo La Malfa parlava già di Caporetto dell’economia ,quando essa appariva floridissima rispetto ad oggi. La Malfa era considerato una “Cassandra”. Come ha rilevato Cervone, dalla sconfitta di Caporetto rinacque un nuovo Esercito comandato da Armando Diaz che ebbe però come suo vice Badoglio, salvato dalla massoneria. La resistenza sul Piave portò, nel giro di un anno, a Vittorio Veneto. Fu anche una rigenerazione dell’Italia che trovò un’unità mai più conosciuta perché anche chi era contrario alla guerra,sentì il dovere di parteciparvi nell’opera estrema di difesa del territorio italiano minacciato. Anche Turati e gran parte dei socialisti si sentirono patrioti.  A Peschiera Vittorio Emanuele III parve” un titano”-così disse testualmente  il premier inglese Lloyd  George – nel difendere le ragioni dell’Italia e dell’Esercito italiano di fronte agli Alleati. Sono pagine da ricordare anche oggi.  Forse ripristinare nel 2018 la festa della Vittoria il 4 novembre assumerebbe un certo significato. Come nel 2011, quando il 17 marzo fu dichiarato festa nazionale e gli italiani ritrovarono per un giorno l’orgoglio di essere italiani e il valore del tricolore simbolo della Patria,una parola relegata nei solai per decine d’anni. Fu il presidente Ciampi,eletto quasi all’unanimità dal Parlamento,a preparare il terreno. Oggi avremmo più che mai bisogno di ritrovare la nostra identità nazionale.

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Mauro Corona
Mauro Corona ,scrittore ed alpinista,ha inseguito a piedi scalzi dei teppisti con l’accetta,dicendo che li avrebbe ammazzati,se li avesse presi. E ha dichiarato poi, a mente fredda , di essere contento di non esserci riuscito. In Tv ha parlato di giovinastri ubriachi e drogati,”capaci di tutto e buoni a nulla”,citando senza saperlo Leo Longanesi. Poi,quando gli hanno chiesto la sua opinione sulla droga si è dichiarato,essendo lui uomo di sinistra, a favore della liberalizzazione,anche se lui ha detto a favore della liberazione. Anche lui rude montanaro ,politicamente corretto.Colpito negli interessi ,ha reagito come farebbero tanti,si è dichiarato anche contro il disegno di legge sulla legittima difesa, ma poi il richiamo del conformismo ha finito di prevalere. Peccato,l’ho conosciuto e ho passato con lui una piacevole serata al premio letterario “Albingaunum Nino Lamboglia” che presiedevo.Abbiamo anche concordato sulla truffa dei premi letterari  e su certi intellettuali di carta pesta che sono da troppi anni sulla scena. C’è chi lo ha definito un finto ribelle nazional-popolare,finto povero,grezzo e prevedibile.Addirittura è stato detto di Corona che è il Vasco Rossi della montagna,meno simpatico e più furbo del cantante. Giudizi  certamente esagerati e ingiusti. Io preferisco il Corona che ho conosciuto e che mi ha fatto vivere qualche ora ad alta quota.Con semplicità,senza discorsi politicamente corretti. E senza la tendenza a fare il citazionista, per esibire una cultura che non ha e che nessuno pretende da lui.

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I baci di Alassio
I “baci” di Alassio,che un lettore ha richiamato domenica scorsa in una sua lettera,  sono una specialità  molto apprezzata dai turisti e non solo. Non hanno la fama del “Muretto” di Berrino,ma sicuramente sono un elemento indentitario del turismo alassino. Il torinese Roberto Baldassarre, mitico direttore della Biblioteca sul mare di Alassio ,vero demiurgo di una stagione culturale irripetibile, amava offrire ai relatori delle conferenze e dei convegni di alto livello che organizzava,  una scatola di “baci” acquistati dalla storica pasticceria Sanlorenzo. Lui diceva che era il primo e l’unico produttore di “baci” e mi fece vedere anche la pubblicità dei primi del Novecento che lo attestava. Un benvenuto della Città,un po’ come il sindaco Castellani faceva regalando i gianduiotti di Giordano,fatti a mano. Il cioccolato che lega Torino con Alassio, una laison che non è casuale perché quello alassino è il mare dei torinesi per antonomasia.  Sono infatti piccoli dolcetti al cioccolato con un eccezionale cuore morbido di ganache di cioccolato. Molti hanno cercato di imitarli, ma solo Sanlorenzo sa realizzarli nel modo giusto.Ho assaggiato altri “baci” molto reclamizzati, ma non c’è paragone. Per anni li ho regalati, ma non li ho quasi mai mangiati. Mi sembrava che non mi piacessero perché da bambino mangiavo quelli prodotti da altri pasticceri alassini. Adesso che non posso più per ragioni di dieta, ho scoperto che mi piacciono molto  e qualche volta trasgredisco gustandone uno. Stranezze della vita.

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Attacchi giacobini a cui Boeti risponde, altri tacciono
 Nella loro ultima conferenza stampa in Consiglio regionale  i 5 stelle hanno affisso le immagini dei 38 ex consiglieri regionali che hanno fatto ricorso circa la decurtazione dei loro vitalizi che hanno a fronte di regolari versamenti. Un’aggressione intimidatoria contro chi rivendica il riconoscimento dei diritti acquisiti e rifiuta la retroattività delle legge. Quest’ultimo è un principio giuridico basilare,irrinunciabile perché ci siano ancora le condizioni di uno Stato di diritto. Se salta quel principio ,cadiamo nella barbarie giuridica.Il giacobinismo taglia le teste o ,quando non può farlo,mette alla berlina le fotografie dei nemici.  Il Movimento 5 stelle ha trasformato spesso  il Parlamento nazionale e a volte anche il Consiglio regionale in un far west.Ma ,ad ad esempio, sulla legge sulla cultura non è stato capace di denunciarne le storture che possono strangolare il pluralismo o forse è proprio indifferente al pluralismo perché è quanto di più distante dal pensiero liberale. Il vice presidente del Consiglio regionale Boeti, in un imbarazzato e imbarazzante silenzio generale, ha avuto il coraggio di prendere posizione,difendendo le ragioni del diritto. “Ho detto ai giornalisti – ha dichiarato Boeti – che in consiglio regionale si sono seduti nomi come Viglione, Nesi,Oberto, Zanone, Bajardi e molti altri che hanno, con il loro impegno civile, posto le basi per una Regione democratica e moderna.” La fase costituente fu una cosa esaltante. Ed anche il decennio della presidenza Ghigo è stata del tutto dignitosa ed utile per il Piemonte come la presidenza del Consiglio regionale di Carla Spagnuolo. Il Movimento 5 stelle ha avvelenato i pozzi della politica utilizzando la diffamazione come strumento della lotta.” Li considero- ha detto Boeti – dei miserabili ignoranti,presuntuosi, arroganti e, come stanno dimostrando nelle città che amministrano, anche incapaci”.Come dargli torto ? 

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Ingrati  e boriosi con la memoria corta finiti male 

Uno era uno sconosciuto professorino precario in una scuola Cattolica che doveva persino tenere nascosta la relazione con una donna nel timore dei superiori  sessuofobi.  Era originario di Vercellli. Un noto professore di letteratura  inglese che  non fu mai  un anglista autorevole  ,ma un  bravo divulgatore  , gli fece rifare i suoi manuali e , da quel momento egli stesso, da divulgatore che era, anzi da rifacitore di manuali scolastici , si ritenne anglista . Il meschino non sapeva 
che il vecchio  prof. chiese  a me un parere su di  lui  che non aveva nessuno che garantisse per lui. Io glielo nascosi , per lasciargli gustare la conquista fatta. FIni’ , che dopo avermi considerato impropriamente  un maestro quando non lo ero, ed essersi proposto di tenere lezioni al Centro Pannunzio, assunse una boria intollerabile. Non volle neppure dirmi dove si era trasferito ,dando l’indirizzo di un hotel di Napoli  dove spedire la corrispondenza. Un fermo posta mascherato.Ovviamente non per sfiducia ,ma per privacy, disse lui, perché gli studiosi non devono essere disturbati nei loro studi. Adesso  è un vecchio e continua, a maggior ragione, a ritenersi un maestro, magari con la  m maiuscola, ma nessuna Università  l’ha visto docente e i suoi giri di lezione in Italia sono inesistenti .  A Torino lo feci parlare una volta all’Università davanti a 20 persone .  Una cosa imbarazzante .Un fallimento. Peccato, sapeva spiegare la letteratura alle signore che volevano darsi un atteggiamento intellettuale, venendo al Centro Pannunzio  , prima di trasferirsi al più snob circolo di via Bogino dove coniugare anche lo scopone ,un bicchiere di birra e quattro pettegolezzi tipicamente torinesi. Un altro ingrato e ‘ uno  più giovane di lui  che vanta su FB  interviste con persone importanti, senza dire chi gliele fece fare, chi garanti’  per lui, dove le pubblico’ e in che occasione le fece. Riguarda il Premio Pannunzio, ma non  lo scrive . Oggi ha la memoria corta. Io mi sono sempre  rifiutato  di dirgli i giudizi poco lusinghieri su di lui che mi fecero alcuni  intervistati autorevoli : non mi sembrava bello, verso un giovane, scoraggiarlo. Aggiustavo io i pezzi. Nessun giornale lo assunse, ma la  superbia impera lo stesso sovrana . Sarebbe ora che abbassasse la cresta. Igor  Man era su tutte le furie quando lesse la sua intervistina che passo’ senza ritocchi , per un errore deprecabile . Non dirò mai, neppure sotto tortura, i loro nomi. Anzi ho cambiato qualche particolare perché non siano riconoscibili. Ammesso che i loro nomi di  Carneadi boriosi interessino a qualcuno, interessano la serietà degli studi . Un volta a Genova  offrì un soggiorno  ad una ragazza che gli preferì un amico e il poveretto  non tocco ‘ palla. Lui, diceva ,sono un giornalista, il mio amico e’ un fuoricorso ,ma  dimostro’ di non saperci  fare con le donne.  Di ingrati ce se sono altri , hanno cercato notorietà e poi sono scomparsi  senza riuscire a volare  con le loro ali. Sono stramazzati al suolo. Molte donne velleitarie e sciocche che hanno ritenuto il centro Pannunzio un trampolino di lancio si sono sfracellate nella vasca senz’acqua. Peccato , alcune erano anche gradevoli. Una si è anche indebitata , ma ha dovuto abbassare le ali e chiudere la botteguccia pseudo-culturale che aveva aperto con l’aiuto del vecchio professore. I velleitari a Torino sono tanti, troppi.

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Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com

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Bettiza e Gawronski

Caro Quaglieni,

Ho letto il suo bel ricordo di Enzo Bettiza. Un ritratto non retorico,fuori dagli schemi come mi è parso solo quello di Marcello Sorgi. Io, socialista, l’ho conosciuto durante la campagna elettorale per le Europee. Era la dimostrazione che il socialismo liberale di Craxi stava attecchendo . Perché non ha citato il suo amico comune Gawronski?

                                                                                                             Bianca Bicanzi

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Lo chiamavano il “barone” per il suo aspetto aristocratico e il suo eloquio raffinato. Sorgi ha parlato persino di una vita principesca. Bettiza era anche molto amico di Alberto Ronchey che aveva fatto il corrispondente da Mosca come Bettiza. Ho evitato di citare Jas Gawronski a cui devo, se non l’amicizia con Bettiza, almeno il suo,diciamo così, rafforzamento. Non l’ho fatto perchè Jas ,quando mancò Gianni Agnelli, suo storico amico,non volle dire nulla. Si chiuse nel dolore e nella riservatezza più assoluta. Gawronski appartiene ad una famiglia di principi polacchi ed ha un grande stile.Tirarlo in ballo non mi sarebbe apparso di buon gusto. Non ho invece apprezzato il “coccodrillo” di Ferrara , anche se sicuramente rimaneggiato e rivitalizzato da nuove citazioni. Ferrara e Gawronski sono molto amici,non ho mai capito il perché. Sono tanto differenti,direi incompatibili. Io ,in ogni caso, non ridurrei ,come fa lei, Bettiza ad un satellite di Craxi. Era molto di più. Era un uomo libero da ogni costrizione,come ho cercato di dimostrare nell’articolo.

 

pfq

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La Libia, Gheddafi e Macron

Caro Professore, Nel luglio del 1970 tanti italiani che avevano profuso il loro lavoro in Libia,vennero cacciati dal col. Gheddafi. Oggi la Libia è allo sbando. Macron sta prendendosi i pozzi di petrolio,lasciando a noi i migranti che le navi ONG portano nei soli porti italiani senza controlli.L’esempio della nave tedesca è allarmante. La Marina ha aiutato inconsciamente gli scafisti ? Un paese come il nostro è allo sbando.E pensare che nel 1911 l’Italia di Giolitti rese la Libia una colonia italiana. E Italo Balbo la governò con capacità e saggezza.
                                                                                                        Vittorino Banchio 

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La situazione è molto più complessa di quella che Lei delinea. Aver eliminato il dittatore senza avere una soluzione di ricambio fu un gravissimo errore del presidente francese e di quello americano di allora. Un atto insensato.Non dobbiamo essere  nostalgici del periodo coloniale.Mussolini confessò che la colonizzazione della Libia costò più che ospitare in un grand hotel di Roma  migliaia di coloni. E la II guerra mondiale ha devastato gran parte del lavoro profuso dagli italiani. Vorrei invece  che si pensasse anche ai siti archeologici molto importanti che ci sono in Libia. Nessuno ne parla. Leptis Magna,ad esempio. Quando li  visitai nel 2006 erano già pochissimo curati,oggi temo che abbiano subito gli effetti devastanti della guerra  tribale . Un patrimonio artistico inestimabile che ai libici non interessava affatto già all’epoca del colonnello. Figurarsi durante la guerra civile quando l’Isis ha imperversato.  Non darei colpe alla Marina Militare italiana che ha fatto il suo dovere salvando vite umane. Metterei sul banco degli imputati i ministri degli interni e degli esteri per la superficialità con cui hanno trattato il tema emigranti in una maniera che è consentita solo al Papa e alla Boldrini. Un classe politica seria deve assumersi responsabilità e saper dire di no. Lo ripeterò sempre :l’etica della responsabilità è quella che governa gli stati,non il buonismo pressapochista.

pfq

 

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

Emma Bonino – Felice Ghigo ovvero la tradizione torinese –  Il deserto  estivo – Quando Ceaucescu giunse a Volpiano – Guido Appendino  di Chieri

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Emma Bonino

L’ex ministro degli Esteri di Letta Emma Bonino e’ tornata in Piemonte per lanciare la campagna a favore dell’accoglienza dei migranti contro la Legge Bossi Fini che di fatto non è stata mai applicata, giusta o sbagliata che fosse. Emma e’ stata uno splendido ministro degli Esteri. Io ricordo una sua telefonata dal ministero in un pomeriggio di un sabato estivo in cui mi ragguagliava dettagliatamente sul caso di Tomaso Bruno di Albenga, condannato all’ergastolo in India per un omicidio mai commesso. Duro ‘ anni il dramma di Tomaso e della sua compagna torinese, senza che le nostre autorita’ intervenissero in modo adeguato. Del caso si occupò anche Marco Pannella. La Bonino diede prova di sapersi muovere in una situazione resa ancora più difficile dal caso dei fucilieri di Marina arrestati, che divento’ emblematica dello scarsissimo prestigio internazionale dell’Italia. Con Emma non ho mai avuto il rapporto che invece ebbi e mantenni con Marco Pannella. Il motivo credo sia legato al fatto che Marco era liberale come me, mentre Emma, quasi mia coetanea ,viene da esperienze “sessantottine” che io ho combattuto. La Bonino ebbe anche il Premio “Pannunzio” che le conferì Alda Croce Presidente del Centro Pannunzio. Io avevo proposto Pannell, ma giocò anche una questione di genere. Non è quindi un caso che i radicali che si richiamano ad Adelaide Aglietta (che non ho mai amato e non ho mai neppure voluto conoscere di persona, una vera e propria miracolata della politica senza storia personale, eletta parlamentare nel 1976 per l’iniziale del cognome ) stiano anche in questa circostanza con Emma ,mentre io mi senta fortemente impegnato in nome dell’etica della responsabilità contro l’accoglienza indiscriminata che piace ai cattolici e ai radicali,ma che è totalmente estranea all’etica della responsabilità e al senso dello Stato dei liberali. Non so cosa avrebbe detto Pannella(e non mi è mai parso corretto fare supposizioni),ma penso che si sarebbe distinto anche in questa occasione, pur essendo diventato amico di papa Francesco.

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Felice Ghigo ovvero la tradizione torinese

Felice Ghigo e’ stato l’ultimo titolare dell’ antica latteria e gelateria di via Po,un luogo caro ai vecchi torinesi. Ricordo che da bambino, quando mi portavano in piazza Vittorio per il Carnevale ,la tappa obbligata era da Ghigo per la famosa e prelibata cioccolata con panna. La panna di Ghigo era famosissima e forse oggi non aveva eguali neppure nel vecchio Testa in corso Re Umberto. Quando mi innamorai di una ragazza di Moncalieri nel primo flirt estivo ,la portavo ,massimo della trasgressione ,a prendere un gelato da Ghigo ,dopo un film durante il quale l’interesse maggiore era quello di scambiarci dei baci più che vedere la pellicola. Così accadeva prima del mitico ’68 .Poi venne la “liberazione sessuale” e il film e il gelato divennero cose di un passato prossimo che sentimmo ridicolo. O decidemmo di andare al cinema per vedere davvero un film: uno dei primi fu “Il laureato” ,uscito proprio nel 1967 che preludeva ad una contestazione giovanile molto privata, affatto politica, come poi accadde nella realtà. Solo con gli anni si recuperano anche i timidi amori adolescenziali. Io ho capito tempo dopo perché mi sentissi così legato a Moncalieri fino a divenirne consigliere comunale di una città che di per sè non mi interessava affatto. Da Ghigo mi ritrovavo con l’assessore alla cultura e fondatore di “settembre musica” Giorgio Balmas con cui ero spesso in polemica. Un caffè casuale da Ghigo stemperava i rapporti. Balmas insegnava in un istituto privato di piazza Vittorio ed era considerato un validissimo ed amato docente. Durante l’intervallo andavada Ghigo e ci incontravamo spesso. Quando passò a “Rifondazione “ gli dissi che era stato tra i pochi coerenti come Gianni Dolino perché lui era un comunista nell’anima, già quando era indipendente di sinistra. Felice Ghigo fu un maestro pasticcere ,oltre che un gelatiere di fama. Era anche un uomo simpatico e gioviale . Una volta lo incontrai a Londra con il cappello di Sherlok Homes. Lo storico capo del personale della Fiat Cesare Annibaldi negli anni eroici del terrorismo una volta mi disse che” Felicino” apparteneva alla storia della città . In effetti la famiglia Ghigo in quell’angolo aulico di Torino e’ stata un elemento identitario. Farebbe sicuramente piacere a Felice sapere che tanti torinesi e tanti turisti frequentano ancora oggi con entusiasmo quel locale che non è ovviamente più lo stesso, ma ha mantenuto l’impronta che lui ha saputo lasciargli. E’ stato un torinese che merita di essere ricordato. Credo che la ditta fosse anche fornitrice della Real casa , ma forse quel diploma con il tempo è incredibilmente scomparso dal locale.

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Il deserto  estivo 
Il deserto culturale torinese  ha trovato una piccola oasi: una serata dedicata alla Venere del Botticelli che appartiene ai Musei Reali di Torino. Questo evento e’ stato presentato dall’ANSA come una grande attrazione dell’estate torinese . Ci e’ voluto un intervento economico improvviso per aprire la mostra dell’Autoritratto di Leonardo  nei giorni festivi. L’apertura non era stata prevista. Un fatto incredibile . Si sta profilando un’estate priva di eventi e di richiami turistici.Torino sta perdendo terreno e il Comune annaspa dopo i fatti del 3 giugno che hanno leso l’immagine della città . Ad Albenga fanno un Palio nel centro storico tra i carugi, un contesto di per sé insicuro. Tutto e’ andato per il verso giusto perché hanno saputo garantire la sicurezza. A Torino il 3 giugno tende a non essere superato . Ci volevano impegno e creatività per superare la china con un’estate fuori ordinanza . Ci si limita all’ordinaria amministrazione, al grigiore burocratico che è l’esatto opposto della cultura che esige capacità e inventiva . L’idea di togliere le alghe dal Po con le mani sembra il modello a cui guardare. Fanno rimpiangere , se non l’esagerato attivismo di Fiorenzo  Alfieri, il grande assessore alla cultura di Castellani Ugo Perone, un docente universitario di alto livello che si dedicò con entusiasmo e disinteresse alla città . Fu l’unico assessore insieme al socialista Marzano, che fu all’altezza del compito di animare culturalmente una città senza l’intento di egemonizzarla. Una tentazione a cui è difficile resistere.

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Quando Colombo e Ceaucescu giunsero a Volpiano

La chiusura della Comital a Volpiano con 150 operai in mezzo ad una strada  riporta alla mente l’industriale che la fondo’ , il futuro cavaliere del lavoro Aldo Bugnone, un uomo che si era fatto da se’ con una” boita “a Cascine Vica. Era un uomo capace e ambizioso. A Volpiano vennero in visita il presidente del Consiglio Colombo, il dittatore sanguinario Ceaucescu ,il ministro Luigi Preti. Oltre a dedicarsi alla lavorazione dell’alluminio ,creando per primo la carta in alluminio Kiki ,ideo’ le aule scolastiche prefabbricate che potevano risolvere i problemi di penuria di locali negli anni della crescita del numero degli allievi durante la scolarizzazione di massa degli anni 70.Poi l’azienda collasso’ anche a causa di un sindacato molto agguerrito. E ci furono un fallimento e la bancarotta fraudolenta . Una famiglia onorata fini’ sui giornali. Ho conosciuto Bugnone negli anni dello splendore e della ricchezza mai ostentata . Era un signore venuto dal nulla, al di là della sua fine non esaltante che stupì molti . Ci andarono di mezzo anche i suoi figli ,anche quelli non impegnati in azienda .Per loro furono tempi difficilissimi.

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Guido Appendino  di Chieri

E ‘ un semplice omonimo della sindaca di Torino, anche se la sua pittura e’ semplice, lineare, potremmo dire chiara anche a chi non si intenda di arte. E’ il pittore di Chieri per antonomasia. “Le sue cittadelle ,torri ,fortini, chiese rispecchiano un Medio evo plasmato dalla fantasia”, scrisse Vittorio Bottino ,un giornalista  colto che per un errore  in fondo veniale, ebbe la carriera stroncata a “La stampa” e dovette ripiegare su testate minori che sfruttarono avidamente la sua intelligenza, costringendolo ad un superlavoro che ne oscuro’ l’immagine. Il mondo di Appendino e’ anche accompagnato da pappagalli, tartarughe, pesci, uccelli che animano le sue opere. I suoi quadri sembrano un po’ a tappeti orientali e il grande Marziano Bernardi che non ignorava anche i giovani , parlo’ nel 1975  di un “mondo fiabesco”, mettendo in risalto  il carattere di “miniature persiane “di certe sue opere. Bernardi evidenzio’ come non si trattasse di un naïf ,ma di un narratore delle “Mille e una notte”. Aggiungerei con il cuore rivolto sempre al suo Piemonte e ai  suoi monumenti .Claudia Ghirardello che ha scritto, cogliendo nel segno: “In bilico tra realtà ed irrealtà, l’animo fanciullo di Appendino emerge con irruenza nella trasfigurazione degli oggetti. Il semplice muta nel complesso e, rivissuto, ipnotizza nella trama del fascinoso lo sguardo del riguardante. Il colore, volano della fantasia dell’artista, sublima il segno nel moto sempre coinvolgente della costruzione geometrica.”

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Lettere  scrivere a quaglieni @gmail .com 

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Vitalizi e pensioni

Egregio professore,
Ho letto il suo articolo sui vitalizi ai parlamentari ed ho apprezzato molto come lei abbia subito colto come l’introduzione retroattiva del metodo contributivo ai parlamentari apra un varco al riconteggio delle pensioni di milioni di italiani. Giustamente lei denuncia una possibile macelleria sociale. Questo pericolo va denunciato e rivela i disegni veri anche di Renzi che vuole rifarsi una verginità  dopo gli scandali che hanno coinvolto il suo partito.
                                                                                                                Gina Gerosa 

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Aggiungo solo a quanto ho scritto che l’ex presidente della Corte Costituzionale Onida ha subito dichiarato che imporre il riconteggio su pensioni in corso di erogazione  e’ perfettamente costituzionale. Sarebbe interessante il pensiero dell’ineffabile prof. Gustavo Zagrebelsky. Gli ex dovrebbero tacere e godersi le loro  pensioni che spesso sono d’oro. Finora sul tema Zagrebelski non ha parlato.                                                                                                       pfq

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Bettiza  e i baci di Alassio 

Caro Quaglieni, 
La sua rubrica  e i suoi articoli  sul Torinese sono molto seguiti da tanti amici Alassini che si spediscono a vicenda i suoi articoli. Su Bettiza  (su cui ha scritto un saggio magistrale più che un semplice articolo ),vorrei anche ricordare i suoi editoriali da Telemontecarlo, un’oasi di libertà negli anni più terribili del conformismo di sinistra. E poi ,cambiando discorso, vorrei chiederLe perché nell’articolo su Alassio non ha parlato dei Baci ,la specialità alassina quasi nota come il Muretto . Verrò il 7 per il Premio Pannunzio – Alassio al generale Mori .
                                                                                                    Gio.Battista Firpo 

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Ricordo anch’io Tele Montecarlo,fu una specie di Radio Londra per gli italiani oppressi da terrorismo e dai governi catto-comunisti: Bettiza, Montanelli ,Zappulli, una pattuglia di coraggiosi. Circa i famosi Baci di Alassio ,ha ragione ,e’ opportuno scriverne. Molti torinesi li amano e, in effetti, sono davvero buoni, soprattutto quelli del mastro pasticcere Sanlorenzo ,la cui azienda produsse  i baci nei primi del ‘900.li amavano molto gli inglesi e i russi che sceglievano Alassio per le vacanze.

pfq

 

 

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Casa Pound – Sindaca di Venezia ? – Un libro che pretese di cambiare la scuola – Arrigo Cipriani controcorrente – Alassio luglio 2017 

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Casa Pound 
A riguardo di casa Pound vorrei ricordare-nessuno lo ha fatto – che la destra rispetta in primis i valori della Patria e che richiamarsi a  Ezra Pound significa riferirsi ad un traditore della sua patria americana contro cui si espresse in trasmissioni radiofoniche da lui condotte anche negli anni della Rsi. I suoi compatrioti avrebbero dovuto condannarlo alla pena capitale prevista in tali casi,ma venne considerato matto e alla fine liberato.Identificarsi ,ad esempio, in Guido Pallotta,segretario del Guf di Torino  caduto nel deserto egiziano,avrebbe molto più senso. A Pallotta era dedicato il gruppo giovanile del MSI che era decisamente estremista e sempre pronto ad usare le mani.C’era una povertà culturale assoluta. Molti ragazzi erano figli di reduci o gerarchi repubblichini. Anche Tullio Abelli,malgrado l’età , era della stessa pasta dei giovani, per non dire di Martinat che veniva dal movimento giovanile Bisognerà attendere i più giovani per vedere un’evoluzione (o un’involuzione ?) dell’estremista di destra.

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Sindaca di Venezia ?
Il quasi novantenne Francesco Forte, successore di Einaudi nella cattedra di Scienze delle Finanze a Torino, socialista alla corte di Craxi come ministro e sottosegretario, ha scritto un interessante libro di memorie. Come sempre accade ai vegliardi ,si lascia andare ai ricordi più esagerati in cui protagonisti della storia non sono gli altri più importanti di lui, ma sé stesso.  In una intervista in cui ha presentato il nuovo libro che lui stesso definisce “un mattone”, quasi 500 pagine, dice che la Sindaco di Torino non è adatta a governare una città così complessa. Pensando di fare una battuta di spirito, pensa che potrebbe fare il sindaco di Venezia, forse senza considerare i problemi difficili che si trova davanti a sé quel sindaco. Ma soprattutto Venezia è città di cultura e la sindaca su quel terreno ha dato forse gli esiti peggiori perché dopo la cacciata di Patrizia Asproni la città in termini culturali si è addormentata nella decrescita , felice o infelice che sia.

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Un libro che pretese di cambiare la scuola
Ancora oggi la prof. Lidia De Federicis , già docente al liceo classico Gioberti ,un tempo il peggiore dei licei torinesi, poi via via cresciuto nelle classifiche non sempre in verità molto obiettive che vengono fatte,è considerata una grande donna torinese di scuola. Il suo libro “Il materiale e l’immaginario”,magari anche nato da splendide intuizioni, ha predominato nelle scuole torinesi. Anche la simpatia politica ha giocato un ruolo per le edizioni, essendoci in concorrenza solo il manuale di Asor Rosa con contenuti molto settari,ma una chiarezza espressiva esemplare. Il libro della De Federicis avrebbe contemplato un corso docente preparato e affinato alle tecniche pedagogiche dalla professoressa torinese. Invece finì nelle mani di molti allievi che non erano in grado di usarlo come libro di testo. Adesso il successo del  libro è tramontato, ma ci sono stati anni in cui quel libro ha egemonizzato la scuola torinese con esiti spesso non positivi al di là delle ottime intenzioni dell’autrice  che forse si illuse di poter cambiare la scuola.

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Arrigo Cipriani controcorrente
Sono amico di Arrigo Cirpriani , patron dell’harry’s Bar di Venezia, una sorta di nuovo Marco Polo che porta nel mondo il gusto e la cultura veneziani. Qualche anno fa ebbe il Premio Pannunzio, due anni fa ad Alassio il Premio Mario Soldati. Per il Premio Pannunzio andammo al “Cambio” di Torino e fu una grande delusione. Il maestro che è uomo elegante, non disse nulla del cibo, ma a Natale mi inviò un panettone di sua produzione,scrivendomi soltanto: assaggi la differenza. Quello che gli offrimmo era un po’ raffermo, incredibilmente raffermo. Cambiammo ristorante per il Premio dopo tanti anni .Mi spiacque, ma non fu possibile fare diversamente.  Oggi Cipriani governa un piccolo colosso con 400 cuochi e 26 ristoranti nel mondo. In una recente intervista ha dichiarato che “cucina italiana è diventata brutta copia di quella francese . Se la prende con Marchesi , Cracco, Cannavacciuolo,Bottura, Vissani,con i piatti rettangolari ,lunghi,storti e le forchette grosse e di forma strana. Esprime odio per i menu degustazione che obbliga a mangiare quello che vuole lo chef . E ovviamente denuncia l’anomalia di chef stellati che non stanno mai in cucina,ma sempre in televisione,anche a fare pubblicità di patatine e di acque minerali. Nessuno come Arrigo ha titolo per denunciare una situazione di degrado impastata a suprema arroganza. Io non vado dagli chef stellati. Li ho provati tempo addietro, ma non mi lascio fregare. C’era un modesto Combal alla frazione Malatrait di Almese ,lungo la strada del Colle del Lys. Si stava benissimo. Era lo stesso cuoco che poi si trasferì,lasciando lo stesso nome, a Rivoli. A Rivoli mi invitarono due volte.Pensavo di trovare la stessa persona,ma la mia era un’illusione. I cuochi stellati non sono più uomini normali. Posso dire che io rimpiango la vecchia trattoria iniziale? Semplice,con pochi piatti semplici e cucinati in maniera impeccabile. Cipriani una volta mi disse che era necessario riscoprire le antiche trattorie ancora rimaste incontaminate dal tempo. Forse non ci sono più anch’esse, neppure in provincia dove il precursore gastronomico per antonomasia Soldati individuava la salvezza rispetto alle città. Oggi anche in provincia, salvo poche eccezioni, si mangia male. Purtroppo. Alla fine io sto riscoprendo l’abitudine antica di mangiar a casa mia; andar fuori a cenare mi è sempre piaciuto molto,ma non accetto più di mangiar male e spesso anche di essere “derubato”.

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Alassio luglio 2017 
Alassio è la spiaggia dei torinesi. A far risorgere dopo la guerra il turismo alassino fu l’artista Mario Berrino,straordinario creatore di eventi e di cose durevoli come il Muretto. Ad Alassio siamo in piena stagione che, da alcuni anni, ha avuto un  forte rilancio con la politica del Sindaco Enzo Canepa, degno successore di Melgrati, dopo un parentesi infausta da dimenticare.  Canepa ha la fermezza necessaria  per fare di Alassio una città favorevole ai piaceri della vacanza o almeno alla spensieratezza a cui ha diritto chi ha lavorato tutto l’anno. Una delle sue prime preoccupazioni è la sicurezza,cercando di opporsi al turismo domenicale” mordi e fuggi”,anzi “crea casino e sporcizia “,insieme al sindaco di Laigueglia una cittadina in cui il centro storico è rinato a nuova vita.E’ stato tra i primi a rifiutarsi nell’accoglienza degli emigranti economici,anzi ha fatto pattugliare le spiagge per tutelare i turisti in vacanza rispetto alle processioni di “vu cumprà” che vendono oggetti  taroccati. Non ha fatto,sia chiaro,lo sceriffo,si è limitato a fare il suo dovere di Sindaco. Alassio deve restare la perla del Ponente e non può rischiare di essere appannata,pena un gravissimo danno di immagine ed economico. Una mia amica alassina ha scritto per il secondo anno,riferendosi ad Alassio, queste parole su Facebook  che danno un’idea di cosa sia la frenesia dell’estate ad Alassio, l’ubriacarsi di sole e di mare su una delle più belle spiagge italiane :”Toglietevi il trucco e i gioielli in spiaggia,tuffatevi con la testa sott’acqua,nuotate,camminate a piedi nudi sulla battigia, bevete vino vero,fumate, innamoratevi senza ragione,lasciate perdere calcoli e soldi.Dite “ti amo” comunque.Ridete.Donne,la vita è breve .Brevissima.Troppo breve per viverla impostate e guardinghe “. Forse le  non sarà possibile realizzare l’intero,ambizioso “programma”:i tempi dei flirt estivi di cui si è occupato recentemente  il “Corriere”, forse, sono finiti come quello dei mariti in città e delle mogli al mare,entrambi alla  ricerca di un’avventura.Riguardava altri tempi come il topless che furoreggiava ad Alassio come a St. Tropez.Oggi il topless è scomparso. L’estate 2017 passerà alla storia,si fa per dire, per il dibattito animato,malgrado il caldo, sui pantaloni corti o i bermuda che si potrebbero portare anche in città e addirittura in ufficio o alla riunioni. La questione l’aveva già risolta, a modo suo, l’ex prefetto di Torino Salerno che vent’anni fa passeggiava in pantaloni corti in via Roma. Personalmente non ritengo accettabile che ci si possa presentare in ufficio in calzoncini anche perché esiste l’aria condizionata. Certe regole,almeno in città ,vanno rispettate. Al mare è un’altra cosa,anche se il sindaco di Alassio è sempre con la giacca. Uno stile istituzionale che andrebbe salvaguardato anche d’estate.

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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Agosto 1917
Egregio professore,
io sono andato ad ascoltare il convegno sull’agosto 1917 al circolo de Amicis. Eravamo poche persone.I relatori erano tutti schierati,la figlia di Viglongo amico di Gramsci, mi è sembrata più distaccata.  Concordo con Lei nessuna lapide ai “cabinisti” dell’agosto 1917.Furono dei sabatori, dei rivoltosi colpevoli di alto tradimento. L’Italia era in guerra da due anni. Ha fatto bene a scriverlo con chiarezza.Non vorrei che qualche grillino fosse suggestionato dall’idea di porre rimedio all’oblio. Non sapevo ,e La ringrazio di averlo scritto, che i maggiori esponenti socialisti già allora andassero in vacanza,mentre gli operai godevano del giorno di ferragosto festivo. Grazie per la sua onestà intellettuale.

Fabrizio Musso

Io ho lasciato integra la sua lettera e quindi mi limito a ringraziarLa. Scrivere cose veritiere per uno storico non è un merito, ma un obbligo. Non così accade per molti giornalisti e tantissimi storici politicizzati.

PFQ

Dove arriveremo con l’immigrazione ? 
Caro Pier Franco,  ho letto la tua analisi sul dramma dell’immigrazione,  che  da laico liberale con vivo senso dello Stato , condivido pienamente  ; meglio non si poteva dire. Negli  anni scorsi , assistendo a cosa i governi stavano facendo mi chiedevo: ma questi capiscono dove arriveremo? Mi sembra che non lo abbiano ancora capito davvero. Purtroppo, avendo vissuto fino a diciassette anni in Africa, in Eritrea, (ho frequentato le scuole italiane all’estero e solo l’Università in Italia), e amando ancora moltissimo quella terra, il mio disagio è davvero  grande.                        

Giovanni Paolo Bonanno   Siracusa 

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Rispetto all’articolo del 21 luglio che ha suscitato ampio dibattito, aggiungerei che la situazione è esplosiva e minaccia la nostra stessa  convivenza civile, generando sentimenti xenofobi e razzistici che sono estranei alla nostra cultura. Pensi  chi ci governa ai disastri provocati e corra ai ripari!  

PFQ 

 

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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L’estate torinese – Il libro di Papa sul processo alle Brigate Rosse 76/78 – La sommossa di Torino del 1917 – Ricordi di 40 anni fa – Ghivarello delicato pittore della collina torinese

 

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L’estate torinese

Le notizie politiche torinesi questa settimana sono poche. Proseguono gli interrogatori dei magistrati per i fatti del 3 giugno con l’ascolto della Sindaca.Sembra che si tratterà di un’indagine lunga. Attendiamo con doverosa pazienza (ma non troppa) i risultati. I responsabili devono pagare e l’indignazione dei cittadini resta altissima. Sembra che , invertendo la rotta di 360 gradi,vogliano tenere il G7 di settembre a Venaria Reale,inizialmente considerata “zona rossa”.Non invidio i cittadini  di Venaria anche se la scelta appare la migliore possibile. Ne deriva però la constatazione che Torino non ha una zona sicura dove tenere un evento internazionale blindato.  Amburgo insegna che neppure la polizia tedesca è riuscita ad evitare i vandalismi  e le violenze. Pensiamoci bene perché a Genova fu un disastro. Venne messa a ferro e fuoco la  città ,con l’”eroe” Giuliani che voleva ammazzare un carabiniere servendosi di un estintore.Hanno ragioni gli industriali a volere il G7 a Torino,ma il ministero dell’interno deve garantire le condizioni perché esso avvenga. Anche a Milano l’inagurazione dell’Expo corrispose ad un disastro in cui non venne adeguatamente contrastata la violenza e meno che mai il vandalismo.Di Alfano ministro degli Interni ,oltre agli sbarchi incontrollati e la firma di certi protocolli- capestro,andranno anche ricordati i fatti di Milano. Si vocifera di ripristinare a Torino una tassa sui cani,tornando indietro di decenni. Il chip e prima il tatuaggio obbligatorio (che comunque non avvengono a titolo gratuito)garantiscono l’identità del possessore e limitano i casi di randagismo,anche se il periodo vacanziero coincide con atti brutali di abbandono. Accanirsi fiscalmente anche sui cani-oltre che sui cittadini – è errato,tantissime persone consolano la loro solitudine con un animale da compagnia che nella maggioranza dei casi è un cane. Non  parlo pro domo mea perché io non ho più un cane e il suo ricordo    straordinario  e irripetibile mi impedisce di  averne un altro. Se se è vero che i cani sporcano in strada,è altrettanto vero che i possessori sono obbligati dalle norme a girare con sacchetto e paletta.La maggioranza pulisce,una minoranza cialtrona no. E’ compito dei vigili che sempre meno sono sul territorio e sempre di più dietro una scrivania,multare chi viola le regole. Ci sono persone che stentano ad arrivare alla fine del mese e che hanno un cane che comporta già costi elevati per il cibo e le cure veterinarie. Si può dire che oggi nessuno dia da mangiare gli avanzi al proprio cane.C’è gente che si priva del cibo per sè per darlo al proprio animale. Infierire sui possessori di cani è ingiusto. Pensavo che i grillini fossero animalisti.Questa è un’occasione per essere coerenti.

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Il libro di Papa sul processo alle Brigate Rosse 76/78
L’importante libro edito da Angeli, dello storico e giurista Emilio R.Papa su quel celebre ed importante processo che costò la vita all’avv. Fulvio Croce e che vide l’avv. Papa difensore d’ufficio dei brigatisti, minacciato di morte insieme ai suoi colleghi dalle BR, rivede la luce . E’ la testimonianza di un protagonista ,ma è anche la riflessione di uno storico.Difficilmente si può essere protagonisti e storici,specie in frangenti tanto drammatici come quelli  del biennio 1976/78 in cui vennero processati  i capi storici delle BR a Torino.Emilio R. Papa riesce pienamente nell’intento. I terroristi fecero di tutto per bloccare quel processo,l’essere riusciti a concluderlo è merito storico del presidente Guido Barbaro,dei giudici popolari (che accettarono dopo 134 precedenti defezioni),degli avvocati  non subirono le minacce lanciate contro di loro.  L’opera di Papa meriterebbe una adeguata recensione,ma il fatto di essere stato io allievo e assistente dell’autore,mi impedisce di scrivere di più con il distacco necessario.Io ad Emilio voglio troppo bene per essere algido,come dovrebbe essere, la mia recensione ; la dedica affettuosa che ha accompagnato il dono del libro nella sua nuova edizione  nell’Aula magna dell’Università di Torino ancora di più mi impedisce di scriverne. Mi  limito a segnalarne l’uscita proprio a 40 anni dalla barbara uccisione di Carlo Casalegno. Mi pare invece di dover citare la postilla che chiude il libro e che va oltre la vicenda raccontata nei minimi dettagli(il lettore trova infatti 22 documenti che supportano il racconto storico di Papa) perché riguarda l’oggi e il nostro futuro:<Una democrazia come la nostra,la quale tarda a spiegare le ali,dopo la lotta antifascista,dopo aver sprecato tante energie,dopo aver disatteso l’effettuazione di principi essenziali della democrazia ,deve saper guardare entro se stessa,e cambiare strada.Rinnovarsi. Anche …per non ritrovarsi “impreparata giuridicamente”,e non soltanto giuridicamente ,a giudicare le Brigate Rosse “.  Questo è il senso della storia, come diceva Omodeo, che che respira nei libri di Papa. Incautamente Firpo sosteneva che nella facoltà di Scienze Politiche di Torino convivevano storici e giuristi,considerando i secondi quasi degli abusivi. Come sbagliava Firpo nei suoi giudizi sempre troppo trancianti e poco sereni!

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La sommossa di Torino del 1917

Il circolo torinese “Edmondo de Amicis” ha promosso un incontro sull’agosto 1917,cent’anni fa, che rappresentò un momento tragico della storia italiana e torinese durante la Grande Guerra. Nel corso dell’estate di quell’anno maledetto per la storia italiana che culminò con la disfatta di Caporetto,Torino fu protagonista di fatti di violenza e di sangue che rappresentarono un vero e proprio tentativo di eversione e di ribellione, assolutamente incompatibile con lo stato di guerra in cui l’Italia si trovava. Il 1917 è l’anno della Rivoluzione d’ottobre e del giudizio relativo alla guerra di Benedetto XV che la considerava <<un’inutile strage>>, espresso proprio nel mese di agosto. Delegati del Soviet di Pietrogrado vennero a Torino,inneggiando alla Russia rivoluzionaria e alla necessità di porre fine alla guerra. Lenin scrisse testualmente :<<A Torino si è giunti all’esplosione delle masse>>. La sommossa venne motivata all’inizio con la carenza di pane, durata in verità poche ore,anche se poi prese subito una piega decisamente sovversiva,se non rivoluzionaria. Già allora aleggiò nel movimento operaio torinese l’illusione nefasta di <<Fare come in Russia>>,un’idea che ,dopo la guerra, contribuì inconsapevolmente,anzi ciecamente, con le sommosse esagitate e sanguinarie, alla nascita e al successo del fascismo. Filippo Turati scrisse ad Anna Kuliscioff riflettendo sulla storia del movimento socialista:”Abbiamo consegnato noi l’Italia al fascismo”.Turati e Matteotti avevano capito il pericolo insito nello spaventare la borghesia.Lo stesso Lenin parlerà di estremismo come malattia infantile del comunismo. Torino operaia e socialista,per dirla con il titolo di Paolo Spriano, era stata prevalentemente riformista,anche se la componente massimalista era ben viva e presente,rappresentata dal famoso Cichin Barberis operaio e oratore focoso che fu tra i capi della protesta torinese e nel 1919 divenne deputato. A dare l’idea della inaspettata vampata di protesta è il fatto che i maggiorenti del partito socialista non fossero a Torino, ma in ferie: Romita in Liguria,l’on. Morgari a Roma e l’on. Casalini in Valle d’Aosta. Invece si incominciò quasi subito con le rotaie divelte,gli alberi abbattuti, i tram rovesciati, le botteghe degli armaioli prese d’assalto. I dimostranti ebbero 50 vittime e 200 feriti, le truppe e la polizia una decina di morti e 30 feriti. Durante la rivolta i manifestanti cantavano:<<Prendi il fucile e gettalo per terra/vogliam la pace,vogliam la pace,mai vogliam la guerra>>. Si trattava di antimilitaristi che ricorrevano alla violenza e di pacifisti che non consideravano affatto che l’Italia era impegnata in un conflitto nel quale tanti operai e contadini erano al fronte a combattere.L’idea di uscire dalla guerra era impraticabile e quella di sabotare era invece assolutamente nefasta.La Torino socialista e la Torino giolittiana erano state contro l’intervento in guerra ma,mentre Giolitti lealmente non esitò ad allinearsi con la scelta voluta dal re e ratificata dal Parlamento nel maggio 1915,i socialisti non seguirono l’esempio dei partiti socialisti europei che, altrettanto lealmente, si schierarono con i loro Paesi in guerra.I socialisti italiani e soprattutto quelli torinesi seguirono un’altra strada che portò nel vicolo cieco dell’agosto 1917. Ho letto che c’è un “bello spirito” torinese che lamenta che nessuna lapide ricordi i <<caduti del 1917>>. Se la lamentazione per l’assenza si traducesse in proposta,essa andrebbe subito denunciata con fermezza.Un revisionismo peudo-storico assurdo che porterebbe a negare la storia.Le scorribande nel passato senza avere gli strumenti per capirlo sono sempre all’ordine del giorno ed hanno sicuramente qualcuno pronto a sostenerle. Anche sotto un profilo politico si trattò di una sommossa velleitaria,per non dire del suo disvalore in termini patriottici.La Torino migliore era al fronte,non in piazza a far casino. A combattere e morire c’erano i Fratelli Garrone,zii di Galante Garrone,il cui epistolario rappresenta una pagina importante di patriottismo senza retorica. Partirono in tanti come volontari. Mio nonno con moglie e due figli era al fronte,due miei zii,a cui venne intitolata un via, caddero eroicamente.Da storico dovrei non tenerne conto,ma non riesco,come pure sarebbe necessario,a ignorarlo.Neppure Sandro Galante Garrone riusciva a farlo,anzi in cuor suo credo che fosse orgoglioso della sua famiglia.In fondo c’era il Risorgimento da completare con la IV Guerra di indipendenza che porterà a Trento,a Trieste e all’Istria i naturali confini dell’Italia.I “caduti del 1917” queste cose proprio non le consideravano.

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Ricordi di 40 anni fa
Ricorrono  quarant’anni dalla conferenza tenuta nel giugno 1977 da mons. Marcel François Lefebvre- il vescovo tradizionalista ribelle che ebbe anche seguito in Piemonte- a palazzo Pallavicini, a Roma, sul tema “La Chiesa dopo il Concilio“. La principessa Pallavicini era vedova del principe Guglielmo Pallavicini de Bernis, caduto in guerra. Paolo VI ritenne che sarebbe stato facile convincere la principessa a desistere dalla sua idea. Chiese udienza alla principessa mons. Andrea Lanza Cordero di Montezemolo, figlio del colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, capo del  Fronte clandestino romano dopo l’8 settembre 1943, fucilato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine. Ho conosciuto il Cardinale di Montezemolo che ho avuto anche modo di apprezzare per la sua sensibilità e  per i suoi studi storici. Al nunzio fu ricordato dalla principessa che proprio la resistenza di tanti militari al nazionalsocialismo,  ricordava come talvolta fosse necessario disobbedire agli ordini ingiusti dei superiori, per rispettare i dettami della propria coscienza. La Segreteria di Stato giocò a questo punto l’ultimo colpo, rivolgendosi al re  in esilio Umberto II. Il ministro Falcone Lucifero telefonò alla principessa per farle sapere che il Sovrano la pregava vivamente di rimandare la conferenza. «Mi stupisco come Sua Maestà si lasci intimidire dalla Segreteria di Stato, dopo tutto quello che il Vaticano ha fatto contro la monarchia», rispose lei con fermezza, ribadendo che la conferenza sarebbe stata puntualmente tenuta alla data fissata. Mons. Lefebvre era stato sospeso a divinis da Paolo VI e nel 1988 venne scomunicato da Giovanni Paolo II per aver consacrato quattro vescovi. Quando morì, parteciparono ai funerali e benedissero la salma vescovi e cardinali, malgrado la scomunica .Nel 2017 la frattura dei lefebvriani con la Santa sede si può considerare superata per iniziativa di Papa Francesco, il più lontano sicuramente dal pensiero del vescovo francese che aveva rifiutato il Concilio Vaticano II.

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Ghivarello delicato pittore della collina torinese 

Nato nel 1882 e morto nel 1955 . Abitò a Torino,salvo qualche breve viaggio in Francia. E’ un pittore dimenticato che meriterebbe di essere riscoperto, anche se io lo lego ad uggiosi periodi domenicali trascorsi nella sua povera casa di Val San Martino,due stanze al pian terreno,dove c’era anche il suo studio pieno zeppo di quadri,quadretti e colori. Mio padre lo amava molto e cercò anche di aiutarlo.Purtroppo, mi  portava spesso con sé durante i suoi incontri con Ghivarello che si concludevano sempre con qualche acquisto. Per me era di una noia mortale.Mio padre regalò dei suoi quadri ad amici importanti,cercando di farlo conoscere,ma credo che i suoi tentativi non abbiano  avuto successo. Su Internet “Ghiva” ,come lo chiamavano gli amici,è appena citato. Su Internet imperano i signor nessuno,i pittori della domenica , che pagano per essere presenti sui cataloghi cartacei e virtuali. Ricordo che una volta venne disperato a casa nostra con un quadro:non aveva più soldi e la moglie, che gli sopravvisse di qualche anno,era gravemente ammalata.Da quanto ricordo, parlava quasi esclusivamente il piemontese. Non ebbe una formazione accademica e,  dodicenne, aveva frequentato lo studio di Carlo Biscarra al Caffè Nazionale di via Po. Entrò poi in contatto con i migliori artisti della Torino del tempo ( tra cui Tavernier). Il Delleani lo volle nel suo studio. Del Delleani il nostro apprezzò  soprattutto i bozzetti dal vero. Seguì con attenzione  Michele Scaglia e studiò le opere di  Antonio Fontanesi. Da questo secondo, in particolare ,deriva il gusto per il monocromo. Il Ghivarello  si distinse  per un suo  personalissimo  “raschiare di spatola” di cui restano numerose testimonianze di un certo livello. Si dedicò  soprattutto alla pittura di paesaggio e la tecnica prevalente  fu quella a  olio su cartone e solo raramente su tela e su tavola. Fu un delicato pittore della collina torinese,colta nelle sue primavere e nei suoi autunni. Ci sono anche  sue opere che ritraggono alcuni angoli della valle di Lanzo e della Riviera ligure,con predilezione per Varigotti che era ancora un borgo di pescatori,prima che arrivassero gli arricchiti di Torino a costruirvi le loro ville sul mare.Ha scritto la storica dell’arte Claudia Ghiraldello:<<Paesaggi,sovente di piccole dimensioni,raccontano un contesto agreste,ove il dettaglio semplice evoca l’ancestrale battito del tempo.Una tavolozza dalle tonalità equilibrate,anche se va evidenziata la sua originale capacità di lavorare di spatola>>.Qualche critico ne ha scritto in passato,ma troppi critici sono stati molto avari con quello che poteva sembrare solo un “povero diavolo”.

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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Caro Quaglieni,

 Ti seguo con interesse: mai banale, arguto, documentato… e quasi sempre in linea con le Tue analisi. Su Gustavo Buratti Zanchi, sono d’accordo con Te. Era uno spirito più che irrequieto, libertario. Nell’accezione nobile e soprattutto mai violenta del termine. Pativa l’ostracismo della “buona” Borghesia Biellese, con la quale, per le sue posizioni politiche, non si è mai pienamente identificato. Gusti, passioni, interessi diversi. E aggiungo: cultura diversa. Uomo dai molteplici impegni, come giustamente ricordi nel Tuo scritto, di fatto non è mai stato imprenditore: non era nelle sue corde. La famiglia cerco’ di trattenerlo   in tutti modi a Biella, favorendo la sua elezione in Consiglio Comunale. Non fu sufficiente perché i fatti travolsero l’azienda di famiglia.Il matrimonio lo allontanò ancora di più dal suo ambiente conservatore. Per me è stato un Maestro e mi aiutò a superare, attraverso interminabili conversazioni, un tratto della mia esperienza politica (che non ho mai ripudiato) avvicinandomi ai Partiti laici e liberali. Negli ultimi anni della sua vita abbracciò la Religione Valdese.

 Marziano  Magliola,  Biella 

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Non credo ci sia da aggiungere altro. Era un irregolare controcorrente , quindi anche lui dimenticato.

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Ho letto il Suo ritratto a tutto tondo di Mack Smith, forse il miglior articolo che abbia letto oggi sull’inglese. Ma chi fu quel Narciso Nada che lei cita alla fine ?
                                                                                                                                         Marina Sinopi

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Narciso Nada(1925 -2004) fu ordinario prima di Storia degli Antichi Stati Italiani e poi di Storia del Risorgimento nell’Università di Torino e in precedenza nell’Università di Genova. E’ lecito che lei si domandi chi fosse perché la sua opera non è stata valorizzata a sufficienza. Sbagliò a dar credito a certe associazioni. Non proveniva dalla carriera accademica, ma era un bibliotecario/archivista che seppe scrivere pubblicazioni originali che gli consentirono di conseguire la libera docenza, poi di insegnare all’Università. Un percorso oggi impossibile. Una storia, fino ad un certo punto, parallela a quella di Alessandro Luzio,lo storico che documentò come la massoneria fosse di fatto assente nel processo risorgimentale, anche di matrice repubblicana. Nada era un ricercatore instancabile. C’è chi l’ha  considerato solo un erudito. Basterebbe il  suo giudizio su Cavour che ho citato nell’articolo, per dimostrare che era uno storico vero. Fu oscurato dalla presenza di altri che ebbero visibilità mediatica non confrontabile con la sua vita condotta quasi da monaco del sapere. Era marito di  Anna Maria Patrone che insegnava a Magistero Storia Medievale e che mancò prematuramente. Questa separazione segnò profondamente la sua vita che fu caratterizzata da periodi di tormentata solitudine e di dolore profondo. Di lui ricordo un richiamo importante negli anni in cui la storia veniva confusa con l’ideologia semplificante:” Stia al documento, ricerchi il documento! Questa è storia!”. Un mio amico ironizzò su questa frase considerandola un segno di un’erudizione incapace di cogliere il valore della storia, mentre invece quel monito aveva un alto valore, era una voce coraggiosa nel deserto del post’68. Fui suo allievo, ricordo i suoi corsi sempre accuratamente preparati, ma ricordo soprattutto gli anni di collaborazione proficua ed anche di amicizia. In fondo in quella Università assediata dalla demagogia era un marziano che si richiamava a Mazzini, ma soprattutto al rigore storico.

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Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Cossiga il presidente picconatore, ma non solo – Onorò l’Italia in pace e in guerra – Salgàri  riscoperto  a Milano  Un grill sull’autostrada Savona -Torino Pirandello 150 anni

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Cossiga il presidente picconatore, ma non solo
Sono stato in rapporti di amicizia con il presidente Francesco Cossiga, un uomo fuori ordinanza e un presidente su cui ancora oggi è impossibile dare un giudizio storico. Le sue “picconate” e le sue “esternazioni” insieme alle assurde richieste di Occhetto di metterlo sotto impeachment , guastarono un settennato non privo di dignità. Era un sardo con un carattere caparbio e un coraggio capace di fronteggiare tutte le situazioni. Intuì le degenerazioni del CSM che affrontò secondo modalità non proprio ortodosse,pur di denunciare le cose che incominciavano a delinearsi.   Capì che la I Repubblica stava morendo e lui stesso finì di dargli il colpo di grazia. Lasciò il Quirinale, lui di profondi sentimenti repubblicani,al suono dell’Inno Sardo. Venne una volta a visitare una mostra da me organizzata alla Biblioteca Nazionale Universitaria su “Cavour nella caricatura”che gli piacque e di cui volle ricevere al Quirinale qualche vignetta. Assediato dai giornalisti,si lasciò trascinare nelle solite “esternazioni” che ridussero i servizi televisivi della visita a poche immagini.Ci rimasi male,Mario Soldati,intuendo la cosa andò a cena con il Presidente la sera precedente ,ma preferì non trovarsi all’appuntamento. Fui costretto a riceverlo io,aiutato all’ultima ora  dal capo del cerimoniale del Quirinale.Mi scrisse lettere e messaggi bellissimi che ,a volte, rileggo.Solo Ciampi fu più benevolo ed amico di lui. Una volta mi invitò a cena alla prefettura di Torino insieme a Bobbio ,Galante Garrone e pochi altri. “Repubblica” intitolò l’articolo “Una cena  tra amici”. Si parlò di tutto e di tutti,senza seguire cerimoniali. Bobbio

(AP Photo/Luca Bruno/Files)

disse che Miglio,il futuro ideologo  della Lega,era uno studioso di rango,il presidente parlò di un maestro del diritto come Arturo Carlo Jemolo ed ebbe un giudizio non entusiasmante su Calamandrei. Bobbio e Galante Garrone amici di Calamandrei, non proferirono parola.
Era il 1989,era caduto il Muro di Berlino e si poteva parlare liberamente senza giungere alle fratture irrimediabili che purtroppo caratterizzeranno gli anni successivi. Claudio Gargioli, il grande chef del ristorante “Armando al Pantheon” di Roma racconta in un suo recentissimo libro di cui scriverò in altra occasione,di un incontro fortuito in una chiesa della Capitale con il presidente che dimostrò, anche in quell’occasione, il suo spirito libero che sapeva sorprendere gli interlocutori. A Torino in un suo discorso nell’Aula del Consiglio comunale aveva invece messo in difficoltà il sindaco liberale Zanone,salutando pubblicamente e con molti elogi l’ex Rettore Giorgio Cavallo e la M.O. Sogno,due liberali che Valerio non amava.

 

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Onorò l’Italia in pace e in guerra
Vent’anni fa moriva mio padre.Nel necrologio apparivano le parole :”Servì con dignità e onore l’Italia in pace in guerra”. C’erano tante autorità ed amici nella chiesa dove vennero celebrati i suoi funerali. Dissi qualche parola in suo ricordo con parole spezzate dall’emozione. Pur gravemente malato dal 1992,piansi quando mi telefonarono, mentre facevo lezione,per dirmi che stava morendo.Non arrivai in tempo,in effetti era già mancato prima della telefonata. Il prof. Luigi Resegotti scrisse anni dopo in un suo libro:”Quando dirigevo la Divisione Ospedaliera di Ematologia delle Mollinette avevo occasione di seguire una persona di grande rilievo,di cui non dimenticherò mai la squisita signorilità e il coraggio con cui affrontava la malattia e la sofferenza(…).” Rinunciò di fatto alle vacanze in luglio ed agosto per stargli vicino e curarlo.Spesso parlava con lui,cercando di rincuorarlo. Mio Padre, severissimo sulle piccole cose (guai se tardavo nel rientrare a casa e guai se non mettevo, almeno in città, sempre la giacca e la cravatta:potei disporre,di fatto,delle chiavi di casa solo quando venni eletto consigliere comunale) era un vero liberale nelle scelte importanti.

Mi consentì sempre di pensarla come volevo e non mi evitò errori che il suo intervento avrebbe potuto impedirmi. Ricevette molte onorificenze importanti,ma non amava esibirle,anzi non le considerava importanti. L’ho conosciuto, di fatto, profondamente solo nei lunghi colloqui durante la sua degenza nel reparto pensionanti delle Molinette nell’afosa estate del 1992. C’erano nelle stanze accanto il prof. Wick,grande scienziato allievo di Fermi e il prefetto di Torino Lessona con i quali scambiava qualche parola. Amava profondamente il lavoro;pur febbricitante,si alzava dal letto per finire un lavoro incominciato che voleva assolutamente finire. Una grande lezione data coll’esempio. Aveva vissuto gli anni durissimi della guerra,aveva subìto ,a causa di un  devastante bombardamento la perdita della casa e durante gli anni dal ’43 al ’45 si era dovuto adattare a  percorrere lunghi chilometri in bicicletta, d’estate e d’inverno. Visse pochi periodi davvero sereni,ricambiato dall’amore incondizionato di mia madre.Forse solo nella casa di Bordighera ( che amava ,vedendola trasfigurata nella celebre opera di Monet )e nella casa di campagna di Almese,in mezzo alle sue  piante e ai suoi  fiori ,fu felice.Io non so assecondai nel suo lavoro di giardiniere appassionato,ma poi col tempo io stessi divenni giardiniere.Ambedue capimmo che era ora di “coltivare il nostro giardino” come il Candide di Voltaire.  Riposa a Torino in una tomba per la quale Luigi Spazzapan creò una sua scultura che  per la sua bellezza finì parecchie volte sui giornali. Io detestavo frequentare i cimiteri,ma, quando lui morì,sentii per lunghi periodi la necessità  di andare settimanalmente a dialogare  silenziosamente con lui,riprendendomi i lunghi periodi in cui ci parlavamo poco, un po’ per i suoi impegni,un po’ per il mio carattere “poco affettuoso”,come a volte mi disse.Dialogare con il suo“cenere muto” come scriveva Foscolo. Ancora oggi penso che la mia vita sarebbe stata migliore e, soprattutto, non avrei commesso alcuni errori,se avessi avuto l’umiltà di attingere alla sua esperienza.Non lo feci e sbagliai.

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Salgàri  riscoperto  a Milano

Il “Corriere della Sera”ha iniziato a ripubblicare le opere di Emilio Salgàri e non Salgari come molti dicono a Torino.Salgàri come Bengàsi e non Bengasi. Lo scrittore si suicidò nella nostra città un po’ per le gravi condizioni della moglie,per il suo stato di indigenza,per l’avidità degli editori strozzini e per lo scarsissimo interesse suscitato dai suoi libri nella critica che lo relegò nel lazzaretto degli scrittori per ragazzi.Solo la regina Margherita si era accorta di lui ,conferendogli il cavalierato della Corona d’Italia:troppo poco per vivere in una Torino provinciale e chiusa che non era in grado di capire lo scrittore. In verità, Torino fu avarissima anche verso tanti altri intellettuali costretti ad emigrare per veder riconosciuto il loro talento.Salgari commise l’errore inverso ,cioè quello di trasferirsi a Torino:un errore irrimediabile. A rivalutarne l’opera ci pensò Andrea Viglongo che pubblicò per anni Salgàri. Forse senza Viglongo, non sarebbe stata pensabile neppure l’iniziativa editoriale del “Corriere”. Mi ha addolorato non leggere il suo nome nelle due pagine del “Corriere” dedicate al lancio promozionale della vendita .Anche la televisione con le puntate dedicate a “Sandokan” ha contribuito a farlo conoscere,sia pure in modo parziale. Aveva anche scritto il romanzo storico “Cartagine in fiamme” e “Le meraviglie del Duemila “,un romanzo quasi fantascientifico che andrebbe riletto oggi che nel Duemila siano entrati da 17 anni. Fa piacere che il maggior quotidiano italiano lo riscopra,riavvicinandolo al grande pubblico.Il primo volume  è dedicato ad un aristocratico piemontese, il conte Emilio di Roccabruna,Signore di Ventimiglia,il Corsaro Nero.

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Un grill sull’autostrada Savona – Torino
Gran parte dei torinesi conoscono e continuano ad apprezzare da tempo il grill di Vispa,frazione di Carcare. Scriveva nel 1994 Stefano Pezzini che, dopo tanti anni come giornalista di rango  nella gloriosa redazione de “La Stampa” di Savona capitanata da Sandro Chiaramonti, dirige il blog “Liguria e dintorni” ,una guida alle meraviglie liguri ,con un occhio attento anche alla gastronomia:” “Protagonista dell’abbinamento  viaggio-promozione-turismo è Diego gestore di una delle più caratteristiche aree di servizio autostradali”. Io non amo particolarmente i panini,ma in quel posto essi sono buoni,freschi ,originali: frittata appena fatta, uova al tegamino con tartufo, parmigiana alle melanzane e tanto altro. E si è sempre trattati con molta cortesia,anche se Diego io non l’ho mai visto. Unica  piccola pecca è che il distributore attiguo della Tamoil non abbia il GPL,una carenza in un lungo pezzo di autostrada che consente prezzi esosi ai gestori successivi,in particolare a quello dove c’è anche una specie di ristorante self-service che fa desiderare avidamente i panini di Diego. A Vispa c’è davvero un’oasi piacevole in cui il consumismo e la globalizzazione che distruggono i sapori,  non sono ancora arrivati.

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Pirandello 150 anni
Luigi Pirandello nacque  a Girgenti,l’attuale Agrigento, il 28 giugno 1867.Sicuramente è stato il più grande drammaturgo italiano. Di livello davvero internazionale,oltrepassando ,come nessuno scrittore siciliano riuscì a fare,l’originario “provincialismo” di origine verista .  Il riconoscimento del Premio Nobel conta poco perché tanti premiati non ebbero la statura di grandi scrittori,anche a prescindere dal Nobel più immeritato,quello conferito a  Dario Fo. Il riconoscimento vero lo ebbe e continua ad averlo dal pubblico che lo apprezza e lo ama.In qualche modo Pirandello,come Montale nella poesia, ha incarnato il dramma esistenziale dell’uomo moderno e anche in un periodo post -moderno la sua opera continua ad interessare. Fu acuto indagatore della crisi post -risorgimentale,così come ebbe una caduta che spesso viene sottaciuta: nel 1924 ,all’indomani del delitto Matteotti chiese a Mussolini “l’onore” di entrare nel partito fascista. In effetti fu un fascista molto atipico che omaggiò il regime molto meno di tanti altri che poi si rifecero una sorta di verginità antifascista,se non addirittura resistenziale. Spiace ricordarlo, Ungaretti,sommo poeta,su fascistissimo. Per i 150  anni anche in Piemonte si sono svolte e si svolgeranno molte manifestazioni che meriterebbero di essere citate.“Il Torinese” ne ha già scritto e ne scriverà. Nel 1901 Pirandello trascorse un periodo di vacanza a Coazze ospite della sorella e rimase entusiasta di quei luoghi.Ne scrisse in un quadernetto  dedicato a Coazze che nel 2001 ha dedicato sontuosi festeggiamenti al centenario della vacanza di Pirandello il quale  rimase colpito da una scritta a caratteri cubitali sul campanile della chiesa : “Ciascuno a suo modo”. Un’orribile scritta di fine ‘800 che però trasmette un messaggio rispettoso di tutti,direi quasi un messaggio laico-liberale. Quasi un ossimoro, se pensiamo il luogo dove venne scritto.Ma quella scritta sottintende anche una sorta relativismo ante litteram  insito nello stesso Pirandello che riteneva la verità impossibile da trovare:Uno,nessuno centomila,per dirla con un suo titolo di successo.Lo stesso drammaturgo parlerà di “tante maschere e pochi volti”.Sta di fatto che quella frase sul campanile di Coazze divenne a sua volta  il titolo di un suo dramma.Un vecchio giavenese  mi raccontava che era stato il parroco a far scrivere sul campanile il titolo del dramma pirandelliano come omaggio all’illustre ospite,ma non era la verità,anzi la sovvertiva. Il racconto spiega però il culto che  Pirandello continua ad avere in tutta la Val Sangone per appena due mesi di vacanza nel 1901.

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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com

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Gentile Professore,

ho letto “Quando la borghesia non c’è più” e vi ho trovato espresse molte riflessioni che faccio da tempo. L’osservazione sulla cose “che possono capitare solo in Piemonte a dei dilettanti improvvisati” rispecchia l’impressione che ho da 10 anni, da quando vi abito arrivando da Milano, dove sono nata, cresciuta e vissuta. Negli anni “di piombo” e di “mani pulite” per me il Piemonte rappresentava un luogo di riferimento, un orizzonte a cui guardare, perché a Torino e nella regione vedevo svilupparsi progetti che “facevano scuola” di innovazione sociale. In particolare, alcune esperienze in cui si sviluppavano insieme un confronto aperto tra classi operaie, borghesia e “aristocrazia” imprenditoriale e un dialogo inter-religioso che coinvolgeva i sacerdoti insieme a laici, agnostici e spiriti di ogni credenza e convinzione con la stessa sensibilità – un “senso della dignità” che oggi sembra svanito, evaporato e disperso, come “andato in fumo” perché, appunto, bruciato insieme a una pioggia torrenziale di soldi spesi in grandi, colossali opere e “macchine” culturali… Eppure, come nella “Milano da bere” degli anni ’90, quando invece che frequentare i circoli intellettuali del centro-città stavo in periferia e mi davo da fare con chi non si preoccupava degli affari di “mani pulite” perché soldi da “maneggiare” non ne aveva, non li aveva mai avuti e non li avrebbe mai ricevuti, anche in questi anni a Torino e in Piemonte ho incontrato persone che agiscono con competenza, che hanno fatto esperienze edificanti in una gavetta di cui i giornalisti parlano poco perché una sostanza che non fa clamore e “cassetta”! Sotto le ceneri dei trionfanti fuochi artificiali esplosi con dispendio di soldi “bruciati” dagli ingordi covano le scintille – sempre accese! – di chi ha fame perché non mangia e sa bene che con il fumo degli arrosti altrui non ci si riempie la pancia… Non disperi e continui, per favore, a dire la verità sui “re nudi” e le loro “corti dei miracoli”.

Maddalena B.

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La ringrazio per l’attenzione, la Sua lettera merita ampio spazio per cui la mia risposta sarà breve. In larga parte concordo con Lei,anche se il mondo a cui Lei forse  fa implicito riferimento ,lo sento estraneo o addirittura negativo: il Cardinale Pellegrino,anzi padre Pellegrino, umanamente e religiosamente algido,non mi ha mai entusiasmato e meno che mai il giornalista  che con lui iniziò un dialogo destinato  a spianargli l’elezione a sindaco.A me piaceva il vecchio Cardinal Fossati che per Torino fece moltissimo anche durante la guerra e che nessuno ricorda. Io rimpiango la Torino liberale ,pur con i suoi limiti,di Badini Confalonieri ,Jona, Zanone. Se posso dirlo, amo anche la Torino civile raccolta nei decenni attorno al Centro “Pannunzio”. Ma le Sue osservazioni sono giuste e  io mi impegno a continuare ad esprimere delle opinioni libere .La verità è un’altra cosa perché la verità è  per me crocianamente  un continuo divenire,un continuo farsi e quindi comprende anche l’errore. I punti di arrivo sono sempre nuovi punti di partenza. Così mi insegnavano i miei maestri all’Università ,altri fondamentali punti di riferimento di una Torino che non c’è più. Al massimo, quelli della mia generazione sono diventati professori senza mai riuscire a diventare maestri.          

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Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Il nuovo libro di Piero Angela – Quando La Ganga sconfisse Scalfari – Piccole ignoranze – Lapenna un gentiluomo vecchio Piemonte

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Il nuovo libro di Piero Angela

Piero Angela con  il suo nuovo libro “Il mio lungo viaggio-90 anni di vite vissute “ edito da Mondadori, ci offre una straordinaria rassegna della sua lunga esistenza,  davvero inimitabile. Un grande torinese cittadino del mondo che ha insegnato a milioni di italiani (e non solo)
cosa sia la scienza con il linguaggio rigoroso ,e insieme accessibile, di chi sa semplificare le cose perché ne ha colto la complessità. La sua non è mai stata semplice divulgazione,come hanno tentato,senza riuscirci, i suoi imitatori. Solo suo figlio Alberto,per strade del tutto autonome, ha saputo seguire,innovandole e ampliandole,le strade aperte dal pioniere suo padre. Piero me lo fece conoscere la compianta prof. Renata Bertini che era stata una sua “fiamma “al liceo d’Azeglio di Torino e che poi scelse per compagno di vita  una delle persone più incredibili e supponenti  tra quelle che ho avuto la sventura di conoscere,un funzionario della Fondazione “Agnelli” passato in vecchiaia ai miti forcaioli di “Micromega”.Ambedue sono mancati da tempo. Angela è un liberale autentico,liberale non nel senso di un partito,ma di un metodo di vita,di un’apertura mentale senza pregiudizi. L’atteggiamento che si addice a un uomo di scienza che non può vivere se non nella “società aperta”postulata da Karl Popper. Angela ebbe un padre psichiatra che nella sua clinica ospitò tanti ebrei,rischiando la vita.  In un capitolo Piero racconta un episodio emblematico che gli fa molto onore e che forse nelle recensioni nessuno citerà. A pag. 39/40 racconta  di un giovane fascista della “Nembo” di stanza a San Maurizio Canavese dove il padre di Angela aveva la clinica. Dopo il 25 aprile 1945 il “repubblichino” (Angela usa le virgolette ) tentò di tornare in paese a riprendersi una valigia,una vera e propria follia in quei momenti in cui il sangue chiamava sangue senza pietà per nessuno. Racconta Piero : “Venne subito riconosciuto,immobilizzato e a calci e pugni,portato direttamente al cimitero per essere fucilato. Ci andai subito anch’io.E mentre il plotone di esecuzione già si preparava ,sentii dentro di me qualcosa che si opponeva a questa fucilazione.(…)Andai dal capo della squadra partigiana (…)e cercai di far rinviare l’esecuzione in attesa di capire meglio e poi decidere.Mi scansò. Quel giovane ebbe appena il tempo di gridare >viva l’Italia!< che fu crivellato nella schiena da una raffica  di pallottole.Cadde a terra  e venne portato via  mentre ancora aveva gli ultimi spasmi dell’agonia.(…) Fu impressionante per me veder uccidere un uomo a sangue freddo,quali che siano state le sue colpe.” Grande Angela,uomo libero e generoso,maestro  di chi sa rispettare il valore della vita e della dignità dell’uomo. Sempre,in ogni occasione. Quando Enzo Tortora venne arrestato e condannato ingiustamente, fu il primo a prenderne le difese,mentre tanti giornalisti lanciarono contro di lui accuse mostruose. Lo invitai a ricordare Tortora,quando venne inaugurata la piccola galleria a lui intitolata a Torino. Fu l’unico che seppe ricordare Enzo nel modo opportuno,tra tanti piccoli politicanti  che si affannavano ad appropriarsi di Tortora per ragioni di partito. Io parlai tre minuti, infastidito dalla speculazione politica inopportuna in una cerimonia ufficiale.Una speculazione a cui non potevo prestarmi. In quell’occasione nacque l’idea di premiare Alberto dopo Piero con il Premio Pannunzio. Quando Piero ricevette il Premio era in voga “Samarcanda” di Santoro ,una delle peggiori trasmissioni televisive del servizio pubblico ,utilizzato in modo impudente a scopi di parte. Parlando di Piero e della sua Tv io dissi che Piero era l’esatto opposto di Santoro. Non credo di aver sbagliato.Il nuovo libro mi conferma la calma,fredda, e pur civilmente appassionata, carriera di un fuori classe in tutti i sensi.

 

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Quando La Ganga sconfisse Scalfari 
 Era il giugno del 1970 e il deputato socialista eletto a Torino con l’appoggio del suocero che dirigeva nel 1968 “La stampa “, Eugenio Scalfari capeggiava la lista per il Comune di Rivoli. In lista, in ordine alfabetico,c’era anche Giuseppe La Ganga. Le urne bocciarono clamorosamente Scalfari che si offese moltissimo  e segnarono il trionfo elettorale di La Ganga che divenuto assessore,inizio’ così la sua carriera politica. La Ganga,dopo la laurea,lavorava già all’Universita ‘ e creò anche a Torino il club Turati,affidato successivamente ,a persone assai meno preparate di lui che si servirono del Club per una scalata politica tragicamente finita all’epoca di Tangentopoli,quando il club si sciolse come neve al sole. Quando La Ganga si presentò  candidato alla Camera ebbe una lettera di sostegno firmata da Bobbio, Forte e Mussa Ivaldi.Fu eletto molto bene,rompendo la crosta formata dei notabili socialisti che dominavano da anni il partito. Nel frattempo Scalfari  presentatosi a Milano non venne rieletto nel 1972 ed ebbe origine da quella bocciatura il suo odio cartaginese verso i socialisti e Craxi in modo particolare. Scalfari era stato protagonista  nel 1969 di uno scontro con un vigile urbano alla stazione di Milano,durante il quale,per non pagare la multa per divieto di sosta ,urlo’ arrogantemente al vigile il solito “Lei non sa chi sono io “.  Cadde nel ridicolo e tutti i giornali diedero la notizia . parte del suo naufragio elettorale andava attribuito a quel l’episodio.Un ex presidente del consiglio regionale del Piemonte con  un tranviere disse addirittura : ” Lei non sa chi sono stato io”,ma era un ex usciere eletto presidente dopo la tragica morte di Aldo Viglione. Conobbi a Scalfari a Milano e toccai con mano la sua antipatia saccente e altezzosa e conobbi anche sua moglie Simonetta figlia del direttore de “La stampa” Debenedetti: gestiva una primaria agenzia fotografica. Mi fece pagare mezzo milione due fotografie,dopo che mi scrisse se suo padre aveva per me una particolare predilezione.Eppure queste persone sono state a capo del partito dei radical- chic con un occhio rivolto a De Mita e un altro  a Berlinguer. E ancora oggi ,ormai ultra novantenne ,un po’ meno vispo di allora,continua a pontificare. L’elettore rivolese,votando Giusi, aveva scelto sicuramente il meglio che il partito socialista potesse offrire.Giusi ,tra l’altro, è stato coerente con se’ stesso.Uno dei pochissimi socialisti che non si vergognano di esserlo stato e di continuare ad esserlo.

 

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Piccole ignoranze 
E’ stata creata a Torino una collezione di borse  su cui sono riportate “alcune date significative del XX secolo e nell’etichetta interna la storia di quella data.Molte sono dedicate a Torino”: al 1983,l’anno della nascita di Giancarlo ai Murazzi,al 1888 quando Friedrich Nietzsche trasferitosi in città scriva il suo “Ecce Homo” e al 1840 l’anno della costruzione della “Fetta di Polenta dell’Antonelli”. Il creatore meriterebbe un bel  ripassino di storia torinese,anche se è vero che le borse costano soltanto 50 euro.Forse anche solo leggere il mensile  “Torino storia” gli sarebbe molto utile. Ma forse molte clienti amano questi ricordi e compreranno quelle borse proprio perché amano ricordare la nascita di Giancarlo ai Murazzi.Non le fa sentire ignoranti…

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Lapenna un gentiluomo vecchio Piemonte
È mancato l’ex titolare del bellissimo negozio di Cartier a Torino in Via Roma, Alfredo Lapenna . Anche lui ragioniere come l’indimenticabile proprietario  di  Emerson  in via Cesare Battisti. Due protagonisti dello stile torinese con sguardo oltre le Alpi . Nel negozio di Lapenna il clima era ovattato,elegante,uno dei pochi elementi che potevano fare dell’attuale Torino una “piccola Parigi”.Non ha resistito all’abbrutimento e all’impoverimento selvaggio della Città. Io ci andavo per i regali importanti e lui mi diceva sottovoce che non sbagliavo a mandare dei doni dal suo negozio, perché Romiti, quando riceveva regali Cartier, dava subito ordine al suo autista di metterli sulla sua auto per portarli a casa. Lapenna si è anche dedicato alle sorti di via Roma, non ne  avrebbe sicuramente approvato la stupida e inutile pedonalizzazione del primo tratto da  piazza Castello a piazza San Carlo,una scelta assurda.  Era un uomo intelligente che sapeva anche opporsi a certe pensate assessorili .Era amico del grande presidente dell’Ascom De Maria ,fiorista ligure che si era fatto da se’ e che è mancato troppo presto. Lo stile di Lapenna faceva il paio con quello del grande,stupendo, davvero unico negozio di pelletteria in via Lagrange angolo via Gramsci: Laurence. Anche questo chiuso. Le jeanserie ormai prevalgono su tutto,Lapenna era sempre ineccepibile in giacca e cravatta,elegante nella parola,equilibrato nei giudizi,onesto nel consiliare. Una Torino scomparsa .

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Lettere Scrivere a quaglieni@gmail.com
Egregio professore, Ho letto il suo articolo sugli esami di maturità. Lei è stato molto severo con la scuola di oggi,ma è giusto attribuire tanta responsabilità ai professori?
                                                                                                                

                                                                              Anna Comodi

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Io ho attribuito responsabilità equamente ripartite tra vertici ministeriali,provveditori agli studi,professori e oggi aggiungerei anche i genitori che non ho chiamato in causa e che, parteggiando sempre per i figli,impediscono ai docenti di lavorare.Quei genitori si pentiranno del loro permissivismo giustificazionista quando la loro stessa autorità verrà messa in discussione dai loro figli.  La buona scuola è quella che riesce ad insegnare bene. Oggi troppi psicologismi,troppe socializzazioni e troppe inutili analisi sociologiche hanno fatto perdere di vista il valore della scuola e la sua finalità primaria che è quella di istruire, prepararando i giovani ad affrontare il futuro.L’educazione affettiva spetterebbe alla famiglia e non alla scuola,ma oggi i confini sono molto confusi. Io sono cresciuto in una scuola severa e non mi rammarico di essere cresciuto nella disciplina pre68. Parlo di scuola e non di esami perché gli esami dovrebbero essere il punto di arrivo di una buona scuola. Ma già nel ’69 il ministro Sullo cominciò dagli esami,rendendoli subito più facili. Voglio invece mettere in luce che c’è una nuova generazione di insegnanti che mi danno fiducia. La difficoltà di ottenere una cattedra li ha temprati. E il facilismo ha dovuto cedere il posto alla inevitabile selezione.Spero che gli ultimi pensionamenti, sia pure tardivi, tolgano di mezzo di ultimi figli e nipoti del’68,quelli entrati nei ruoli attraverso leggine ottenute a colpi di sciopero. In ogni caso, la buona scuola è questione di buoni docenti. Un altro elemento negativo sono gli organi collegiali delle scuole che dovrebbero essere eliminati o ridotti drasticamente nelle competenze.Aggiungo anche che i presidi,oggi chiamati dirigenti, dovrebbero riottenere poteri che sono stati loro tolti. Ovviamente in linea di principio, perché se guardiamo ai tanti dirigenti scolastici politicizzati e provenienti dal sindacato,dovremmo opporci ad un’estensione dei loro poteri. Fanno già troppi danni così. Molti presidi sono stati e sono nefasti. Vogliono galleggiare e cavalcano la demagogia, prima nemica  di una scuola seria e davvero rinnovata.

pfq