Importante è l’analisi del rapporto con Gobetti che insieme a Rosselli viene considerato un padre nobile del giellismo

Quale antifascismo? Storia di” Giustizia e Libertà”

Di Pier Franco Quaglieni

Giovedì  4  maggio all’Istoreto di Torino viene presentato il libro di Marco Bresciani Quale antifascismo? Storia di” Giustizia e Libertà”,edito da Carocci.


Ad 80 anni dall’assassinio di Carlo e Nello Rosselli esce un libro che storicizza le vicende di “Giustizia e Libertà” che a Torino ebbe esponenti di primissimo piano:da Umberto Calosso ad Augusto Monti,da Vittorio Foa ad Aldo Garosci,da Leone Ginzburg a Franco Venturi. I “giellisti” torinesi degni di essere citati sarebbero molti di più. Bresciani è un torinese che ha studiato a Pisa. E’ nato nel 1977 ed ha prodotto libri di alto livello per il rigore storico e la  capacità di andare oltre certe impostazioni mitizzanti. E’ un esempio raro, in particolare a Torino dove la scuola storica locale si è avvitata su alcune figure che hanno per decine d’anni  impedito una vera pluralità di idee nell’ambito universitario. Già il titolo con il punto interrogativo è emblematico del contenuto del libro.
Quale antifascismo ? Non appare un interrogativo retorico,ma il segno di una ricerca storiografica non ideologica che appartiene al modo di concepire la storia e la storiografia che fu di Federico Chabod e di Franco Venturi. L’autore parte dalle origini ,parlando della “Voce”  di Prezzolini, della passione interventista nel 1915  e del rifiuto del massimalismo socialista  che fu di tanti futuri giellisti, a partire da Salvemini ed Ernesto Rossi.

.
Una parte molto interessante del libro è quella sull’antigiolittismo che accomunò Salvemini , Einaudi e Gobetti ,tanto per citare solo tre nomi importanti. L’incapacità di vedere nello statista di Dronero l’unico capace di trasformare l’Italia ,rifiutando la retorica, in uno Stato moderno ispirato ai valori che oggi definiremmo liberal-democratici, fu uno dei limiti vistosi di quegli uomini. Benedetto Croce nella sua Storia d’Italia mise invece  in un luce il valore dell’Italietta giolittiana valutata positivamente ,con molto ritardo,persino da Palmiro Togliatti .    Molto tardivamente Salvemini riconobbe l’ errore che commise  quando scrisse il libretto polemico  Il Ministro della malavita. Non aver capito Giolitti significò per molti diventare naturaliter interventisti e prendere un colossale ,iniziale  abbaglio persino di fronte a Mussolini :Salvemini confessava  ,sia pure anche lui molto tardivamente, che nel 1922 non avrebbe avuto dubbi a  preferire Mussolini rispetto a Giolitti. Ed Ernesto Rossi collaborò inizialmente al” Popolo d’Italia” del futuro duce. Dal libro emerge che anche il maestro di antifascismo al torinese Liceo “d’Azeglio”, Augusto Monti, tanto mitizzato dai suoi allievi,si espresse valutando positivamente le <<buone intenzioni>> di Mussolini. Anche Ferruccio Parri ,futuro capo carismatico della Resistenza  e primo presidente del Consiglio dell’Italia liberata,ebbe qualche esitazione.

.
Importante è l’analisi del rapporto con Gobetti che insieme a Rosselli viene considerato un padre nobile del giellismo. Ma il rapporto Gobetti -Gramsci  determina posizioni molto diverse rispetto a Rosselli,a partire dalla valutazione della Rivoluzione d’ottobre che non fu affatto liberale,come Gobetti sostenne. Bresciani pone in evidenza come i giellisti facessero fatica  a <<decifrare la novità e la radicolità del fascismo>>.La loro era una cultura << impregnata di umori antigiolittiani,di ardori interventistici e di slanci combattentistici>> che aveva loro impedito di cogliere il senso del fenomeno fascista fin da subito.Certamente poi la scelta successiva fu antifascista senza ambiguità,caratterizzandosi  in termini di assoluta intransigenza: Salvemini in esilio,Rossi in galera,Rosselli al confino e poi fuoruscito in Francia. Gobetti era morto nel 1926 e sicuramente fu l’unico a vedere con chiarezza il fascismo fin dalle sue origini,anche se la sua interpretazione del fascismo come <<autobiografia della nazione>> era decisamente  sbagliata.

.
Il movimento “Giustizia e Libertà” venne fondato a Parigi da Rosselli,la cui opera Socialismo liberale è rimasta a testimoniare il tentativo di fondere gli ideali di giustizia e di libertà attingendo dal socialismo l’idea di giustizia e dal liberalismo quella di libertà. Furono miraggi o fu un’idea politicamente praticabile ? Secondo Croce ,il Partito d’Azione nato da “Giustizia e Libertà” era un<<ircovervo>>, un mostro favoloso non esistente in natura,  in cui convivevano idee non fatte per essere amalgamate insieme,ma in conflitto.Al massimo una forzata  giustapposizione di idee configgenti. Infatti, il socialismo riformista di Turati,di Matteotti e di Saragat si definirà socialismo democratico  e non socialismo liberale. Giorgio Spini evidenziò che comunque la parola liberale era solo un aggettivo rispetto al socialismo che era invece un sostantivo. Certamente Rosselli fu critico implacabile  del comunismo sovietico e dello stalinismo e per questo motivo subì una persecuzione da parte dei comunisti. Bresciani attribuisce a Rosselli  un corsivo non firmato in cui nel 1935 apparirebbe un giudizio sostanzialmente elogiativo della Rivoluzione sovietica.

.
Con la Guerra di Spagna nel 1936 Rosselli  avrebbe adottato <<un linguaggio insolitamente brutale,disponibile a giustificare qualsiasi violenza in chiave antifascista>>.
Addirittura, secondo Bresciani, negli scritti rosselliani <<si registrava una sempre più netta identificazione di anticomunismo  e fascismo>>. Un’idea che avrebbe trovato molti continuatori.
E’ certo che  dopo aver letto  il libro, l’icona di Rosselli non appare più così come sembrava.
E’ merito di questo libro aver contribuito a gettare nuova luce su una pagina che è rimasta per troppi anni identificata con certa” vulgata”. Chi ha scritto di Rosselli e di “Giustizia e Libertà” ci aveva offerto un’idea incompleta o parzialmente sbagliata. Certamente è lecito almeno sollevare anche noi un dubbio: se Gramsci e Rosselli non fossero morti nel 1937,ma fossero stati a capo del Partito Comunista e del Partito Socialista,  che cosa sarebbe successo? Forse la storia italiana avrebbe preso una piega diversa dopo la Resistenza e l’avvento della Repubblica.