L’opera – ardita per l’epoca – costò cinquanta milioni all’Italia e venne portata a termine in sette anni, in quanto i lavori incominciarono nel 1898 e furono portati a termine il 14 febbraio 1905, con la direzione dell’ingegnere tedesco Carlo Brandau. Nelle dure condizioni che portarono allo scavo del tunnel in primo piano fu l’assistenza sanitaria alle maestranze
Il 19 maggio 1906 venne inaugurato il Traforo del Sempione, per l’epoca il più lungo tratto ferroviario sotterraneo del mondo. E per la cerimonia a Domodossola c’erano Vittorio Emanuele III, re d’Italia da pochi anni e il presidente del Consiglio, Sidney Sonnino. L’opera – ardita per l’epoca – costò cinquanta milioni all’Italia e venne portata a termine in sette anni, in quanto i lavori incominciarono nel 1898 e furono portati a termine il 14 febbraio 1905, con la direzione dell’ingegnere tedesco Carlo Brandau. Nelle dure condizioni che portarono allo scavo del tunnel in primo piano fu l’assistenza sanitaria alle maestranze. E in questo campo si distinse un piemontese, anzi un torinese, a tutto tondo, il dottor Giuseppe Volante. Era, infatti, nato nel 1870 (l’anno della breccia di Porta Pia e della proclamazione di Roma Capitale d’Italia) da una famiglia di origine alessandrina. Il padre Alessandro era veterinario e un fratello Guido, molto attivo nella nascente industria cinematografica torinese – del resto “Cabiria”, la prima pellicola italiana venne girata all’ombra della Mole – morì nella Grande Guerra sul Monte Pasubio nel 1916 e gli venne attribuita una Medaglia d’Argento alla memoria.
GiuseppeVolante conseguì la laurea in medicina all’ateneo subalpino e successivamente frequentò i reparti dell’Ospedale Mauriziano, corsi di ingegneria sanitaria e chimica applicata al’igiene. Poi, giovane medico, venne scelto dall’impresa affidataria dei lavori quale responsabile sanitario dei lavori per il Traforo del Sempione sul versante italiano. E con i mezzi che la medicina dell’epoca si prodigò per curare e trovare soluzione alle diverse patologie dei lavoratori delle gallerie (differenti, tra l’altro, da quelli delle miniere) a partire dall’anemia dei minatori. Le osservazioni raccolte in prima linea diventarono anche un volumetto “L’igiene del minatore” che venne diffuso tra le maestranze, come pure il profondo studio sulla situazione sociale degli operai delle gallerie, veri e propri “cavalieri di ventura” del sottosuolo che vagavano dove c’erano gli ingaggi. Le sue considerazioni vennero raccolte in un articolo “La famiglia del minatore al Sempione” pubblicato sulla rivista dell’Esposizione Universale di Milano nel 1906.
Giuseppe Volante terminò il suo cammino terreno il 22 aprile 1936 e cogli anni le sue tracce, seppure importanti e significative, nella storia si sono andate via via perdendo. All’inizio degli anni Trenta il valoroso medico aveva acquistato il Castello di Moransengo un piccolo borgo della collina della Provincia di Asti, ma in Diocesi di Casale Monferrato e a poca distanza dall’Abbazia di Santa Fede a Cavagnolo. E proprio questo borgo collinare è stato protagonista di una operazione di recupero della memoria. Nel volume edito dal Comune, “Moransengo – Tra storia e memorie del tempo” del dicembre 2007, i nipoti Giugi e Guido Violante hanno tributato un corposo ricordo al dottore (dal quale li scrivente ha ampiamente tratto in questo articolo) che in un’epoca difficile onorò l’arte di Eusclapio.
Massimo Iaretti