FOCUS INTERNAZIONALE di Filippo Re
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É partita dai Balcani la sfida di Erdogan all’Europa. Il “sultano” attacca il Vecchio Continente da Sarajevo, nel cuore dei Balcani e della vecchia Europa ottomana, dove si è recato per preparare la doppia campagna elettorale, legislative e presidenziali, del 24 giugno. Davanti a migliaia di turchi arrivati da mezza Europa in treno e in pullman, grazie ai fondi erogati dallo Stato turco, Erdogan, con toni da crociata, ha puntato il dito contro austriaci, tedeschi, olandesi e francesi, contro quei Paesi che non consentirono tempo fa ai suoi ministri di tenere comizi elettorali nelle locali comunità turche. Fa un po’ effetto vedere che un presidente turco sfida l’Europa proprio dai territori in cui ottomani e cristiani si sono combattuti per lunghi secoli. In particolare Erdogan se l’è presa con Vienna, la più dura ad opporsi alle manifestazioni dei turchi, ma Vienna è abituata a resistere alle minacce anatoliche, ha resistito in modo eccezionale a due memorabili assedi (1529 e 1683), poi l’Impero ottomano ha perso altri colpi e non è stato più in grado di nuocere. Di tempo ne è passato tanto: 335 anni fa, i giannizzeri del Gran Visir Kara Mustafa e del sultano Maometto IV passarono proprio dai Balcani, già sottomessi, per reclutare nuove truppe e marciare sull’Ungheria per puntare poi su Vienna. A quell’epoca il sultano vinceva e perdeva le battaglie sul campo, oggi il neo “sultano” ricatta i suoi potenziali nemici con le armi della propaganda, dei profughi e delle alleanze fragili e variabili. “Non mi consentite di incontrare i miei elettori a Vienna e a Berlino? Allora posso farlo in altre città europee come Sarajevo, un tempo ottomana”. Città musulmana al 90%, Sarajevo conserva ancora oggi stretti legami storici e culturali con la Mezzaluna. Nostalgico della grandezza dell’Impero sultaniale, Erdogan considera i Balcani una parte essenziale della sua sfera di influenza, esattamente come ritiene storicamente legati alla Turchia i territori in Medio Oriente, in particolare quelli vicini alle sue frontiere. Per realizzare il suo sogno di ricostituire almeno in parte l’Impero ottomano, l’uomo forte di Ankara penetra con la propaganda ideologica e con massicci investimenti nei Paesi balcanici, inserendosi nella società civile, sfruttando partiti politici e lobby locali finanziate da Ankara. Altre organizzazioni simili filo-turche operano in Bosnia, Albania, nel Kosovo, in Macedonia e in Bulgaria, Paesi dove la Turchia, insieme ad Arabia Saudita e Iran, sta costruendo decine di moschee, scuole religiose e centri culturali. Teste di ponte di cui Erdogan si serve per estendere la sua influenza nella regione balcanica e nel resto dell’Europa dove invita i turchi a fare almeno cinque figli ciascuno. Finanzia anche la nascita dei primi partiti islamici. In Olanda il partito dei turchi “Denk” ha ottenuto una mini vittoria eleggendo in Parlamento tre deputati mentre in Belgio il partito islamico, in corsa per le elezioni amministrative di ottobre, cerca di introdurre la sharia, la legge religiosa, che nei quartieri islamici è già attiva, e di mettere sulle strade autobus e tram separati per uomini e donne. Il fondatore del partito sostiene perfino che nel 2030 i musulmani saranno la maggioranza in Belgio. Con le elezioni anticipate a giugno il presidente turco mira a conquistare il potere assoluto nel Paese in modo da governare come un vero sultano. Ma ha bisogno anche dei voti dei turchi all’estero, di cui tre milioni vivono nella sola Germania e tanti altri in Austria e in Belgio. “Benvenuto Sultano, unico amico del nostro popolo nei Balcani” si leggeva in questi giorni sui manifesti a Sarajevo per ringraziare Erdogan per la sua visita. Ma di manifesti in città ce n’erano anche degli altri: “dittatore, vattene, noi cittadini di Sarajevo non ti vogliamo”. I panettieri viennesi possono stare tranquilli questa volta. Lavorare di notte è sempre faticoso ma quella notte di oltre tre secoli fa fu davvero speciale. Si sentirono strani rumori giungere dai sotterranei della città. I genieri turchi stavano scavando dei tunnel per far saltare in aria la cinta muraria, aprirsi dei varchi e invadere la capitale. Diedero l’allarme alle sentinelle e contribuirono alla sconfitta dei turchi. Salvarono Vienna e forse l’Europa. Il Gran Visir riuscì a mettersi in salvo ma fu poi strangolato per ordine del sultano. La sua testa fu portata a Maometto IV. Per i turchi fu l’inizio del declino. In 15 anni persero quasi la metà dei territori conquistati nei tre secoli precedenti. Per tutta risposta e allo scopo di celebrare l’evento, i pasticceri viennesi inventarono il cornetto o croissant prendendo spunto dalla mezzaluna della bandiera turca.