CULTURA- Pagina 7

“Memorie d’acqua”, genti e dialetti nella prima metà del Novecento

A Palazzo Madama, sino al 18 novembre

Nel più ampio panorama di “Change! ieri, oggi, domani. Il Po”, si ritaglia un suo ben preciso e curiosissimo spazio il progetto espositivo “Memorie d’acqua. Parole e immagini”, a cura di Matteo Rivoira e della Redazione dell’Atlante Linguistico Italiano, Università degli Studi di Torino, a Palazzo Madama – Piccola Guardaroba e Gabinetto Cinese – sino al 18 novembre. Dovendosi qui in primo luogo sgombrare il campo dei dubbi di una mostra per pochi eletti, per studiosi raffinati, per portatori d’argomenti non sempre semplici e facilmente fruibili: oltre le tematiche affrontate da “Change!”, vi è “la lente interpretativa della lingua, della cultura popolare e della memoria collettiva” che le irrobustisce, “da quello della gestione dell’acqua secondo criteri di sostenibilità propri degli usi preindustriali, a quello della costruzione e cura del paesaggio come elemento vitale, sino al parallelo tra la biodiversità – rappresentata dalle svariate specie animali e vegetali – e la ricchezza terminologica dialettale documentata dall’Atlante Linguistico Italiano”.

L’Atlante è un patrimonio di cinque milioni di schede dialettali e di circa 9000 fotografie etnografiche, a cui s’uniscono una raccolta di carte geografiche che portano impresse la differenti traduzioni dialettali di un concetto o nozione o frase, sempre raccolte dalla viva voce delle persone intervistate: eccellente materiale che per quarant’anni sette raccoglitori, il primo fu Ugo Pellis (1882 – 1943), elencarono con l’aiuto degli “informatori” nei loro viaggi a volte avventurosi, ponendo domande, mostrando oggetti, sottoponendo illustrazioni e schizzando quanto ritrovato negli itinerari.

Un lavoro prezioso: “ogni richiesta è corredata da numerose informazioni che vanno dal modo in cui è stata posta la domanda (ad esempio se mostrando una figura o facendo un gesto), ai giorni esatti dell’inchiesta, alle caratteristiche socio-culturali dell’informatore”, materiale di studio trascritto e pubblicato nel 1995 in due volumi. Un materiale ricavato con passione da quelle agendine che ora riempiono le vetrine di cui è arricchita la mostra, autentici diari di viaggio del Pellis, “che quotidianamente annotava nel dettaglio notizie relative ai suoi spostamenti, ai soggiorni, alle difficoltà pratiche e organizzative che incontrava”: il tutto ad arricchire la memoria di un’Italia rigorosamente in bianco e nero della prima metà del Novecento, un’Italia fatta di borghi, soprattutto rurale, di strade poco trafficate, di nuclei familiari, di uomini e di donne che faticano, di casolari, di oggetti di uso quotidiano, di piante e di pesci, di parole e di dialetti che qualcuno ha provveduto a non disperdere.

Disseminati nelle carte geografiche, riscopriamo i “valori” e i significati del “martin pescatore” come del “pioppo” (“àlbera” e “albra”, “albrùn” e “albret” e “albaréla”, una catena che giunge tra l’altro a “tërmu” e “piopa”, e molti altri termini ancora), percorrendo idealmente le sponde e le campagne attorno al Po. Guardiamo ad altri corsi d’acqua, in un documento dell’agosto 1937, abbiamo l’immagine di un “batèl”, la imbarcazione più caratteristica del lago di Como, quella di manzoniana memoria, un “gozzetto” o “barca da pesca” che ha i tre semicerchi legnosi nella sua parte superiore, uniti da un travetto longitudinale utile a stendere un telo per riparare gli occupanti dal sole, senza i quali è chiamata semplicemente “barca”. C’è un’altra versione, la “Lucia”, dal momento che nella tradizione popolare la giovane protagonista dei “Promessi sposi” prese proprio questo tipo d’imbarcazione per raggiungere Fra’ Cristoforo a Pescarenico. Come in altra immagine si scorge, nelle acque di Porto Corsini (oggi Marina di Ravenna), in un documento del marzo 1928, una rete del tipo a bilancia, denominata “padlòn”, una rete da pesca formata da una pezza unica di forma generalmente quadrata; come dal Porto di Mantova, Porta Catena esattamente, con un documento del novembre 1928, arriva l’immagine di tre “batèi”, “batèl” al singolare, anch’essi imbarcazioni da pesca, e più in fondo un “bürcc”, un burchio, grande imbarcazione a remi, vela o alzaia (una fune per il traino controcorrente) per il trasporto di merci, con il fondo piatto per poter navigare con facilità sui bassi fondali di fiumi, canali e lagune. Come località del Piemonte ci riportano i termini degli antichi lavatoi, da “lavàur” o “lavàu” (Centallo, luglio 1941) o gli oggetti legati al bucato, il “baciàs” che è la vasca, il “segelìn” che è la seccia di rame, la “sibërtè” che è il mastello da bucato. Tutti termini che ricordano ancora oggi, al visitatore della mostra, la gente e i luoghi di Meana di Susa, in un documento del marzo 1936.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Candia Canavese (To), 9 maggio 1936, fotografia n. 4405, punto di inchiesta 40; Cavazuccherina, Jesolo dal 1930 (Ve), 16 marzo 1931, fotografia n. 1575, punto di inchiesta 265; Cozzo (Pv), 23 febbraio 1938, fotografia n. 5594.

Il castello di Montecristo: il rifugio violato di Alexandre Dumas padre

Nel 2002, non senza qualche polemica da parte dei critici che mai erano stati molto teneri con la sua prolifica produzione, Alexandre Dumas padre entrava nel Pantheon di Parigi

Il senso della scelta di seppellire l’autore dei “Tre Moschettieri” accanto ad Émile Zola e Victor Hugo si evince chiaramente dalle parole che il Presidente francese Chirac pronunciò in quell’occasione, rivolgendosi direttamente a Dumas: “Con lei entrano nel Panthéon l’infanzia, le sue ore di lettura assaporate in segreto, l’emozione, la passione, l’avventura. Con lei abbiamo sognato e sogniamo ancora”.


Le pagine di Alexandre Dumas, i suoi personaggi, le sue storie sono stati protagonisti delle letture di intere generazioni e quando accanto al libro si sono imposte altre forme di comunicazione D’Artagnan, Edmond Dantès, la Regina Margot si sono soltanto trasferiti nel mondo della celluloide, continuando a perpetrare la propria immortalità.
Alexandre Dumas, dal canto suo, aveva voluto realizzare, almeno in parte, le proprie fantasie letterarie, decidendo nel 1844 di creare un “buen ritiro” che sembrasse uscito dai suoi romanzi.
Dalle sue idee stravaganti certo, ma sicuramente geniali e originali, nacque la proprietà situata a Port Marly poco distante da Parigi.
Dumas affidò all’architetto Hyppolite Duran la creazione, all’interno di un grande parco di un castello rinascimentale, le Chateau de Montecristo, la sua dimora, e proprio di fronte fece costruire un altro castello neogotico circondato da un fossato, le Chateau d’If, per farne il proprio studio, un edificio appartato e interamente ricoperto dai nomi dei suoi personaggi.
L’abitazione del celebre scrittore, salvata oggi dalla rovina grazie all’intervento dei privati, si presenta come la trasposizione architettonica delle pagine dei suoi romanzi, rievocando molte delle descrizioni del Conte di Montecristo sia attraverso la rigogliosa vegetazione e le grotte, sia con “le salon maresque” che richiama alla mente le immagini dei misteriosi appartamenti della principessa di Giannina Haydée.
Le Chateau de Montecristo, la trasposizione nella pietra delle fantasie di Dumas, una “bomboniera” secondo Honoré de Balzac, rimase per poco tempo proprietà dello scrittore che, rovinato dai debiti, fu costretto a svendere per 31.000 franchi una proprietà che a lui era costata parecchie centinaia.
Nel 1851 Dumas abbandonerà definitivamente il suo castello per rifugiarsi in Belgio, inseguito da centinaia di creditori.
Soltanto nel 1854 lo scrittore potrà fare ritorno a Parigi, ma ormai il suo rifugio era diventato proprietà di altri, era stato violato da presenze estranee e di quel periodo restava soltanto il ricordo.
Accade, in letteratura, che il racconto diventi un modo per dare vita al proprio desiderio di avventura, di viaggio, di evasione. Basti pensare a Emily Brontë che fece vivere ai personaggi del suo romanzo i grandi amori e i tormenti che la sua anima bramava o a Salgari che viaggiò in continenti lontani solo con la scrittura.
A Dumas fu concessa, invece, una vita frenetica e avventurosa come le sue opere.
Figlio di un generale della Rivoluzione francese che combatté anche al fianco di Napoleone, nipote di un marchese francese e di una schiava africana originaria di Haiti, orfano a 3 anni e mezzo, dopo un’infanzia difficile, a soli 21 anni entrò al servizio del re Luigi Filippo d’Orleans come copista, trovando presto l’ispirazione per scrivere opere teatrali e, successivamente, per creare i capolavori che l’avrebbero incoronato come padre del “feuilleton”.
In pochi anni raggiunse fama e ricchezza, costruì un castello e un teatro e in un tempo ancora più breve perse tutto. Iniziò a viaggiare, in Belgio, in Germania, in Russia, in Italia.
Nel 1860 finanziò e prese parte alla Spedizione dei Mille, fu testimone oculare della battaglia di Calatafimi e fu a fianco di Garibaldi quando entrò a Napoli, diventando così uno dei protagonisti del Risorgimento italiano.


Nel 1870 una malattia vascolare lo costrinse a trasferirsi a Puys, vicino a Dieppe, nella casa del figlio dove si spense il 5 dicembre.
Lo scrittore venne sepolto a Neuville-les-Dieppe e, poi, successivamente, come aveva disposto in vita, venne traslato a Villers Cotterêts, la sua città natale, accanto ai genitori.
Il trasferimento al Pantheon rappresenta l’ultimo capitolo, quello inaspettato, dell’esistenza di uno scrittore che aveva fatto dei colpi di scena il leitmotiv delle sue opere, il riconoscimento della sua grandezza giunto tardivo, esattamente come tardivo arrivato a D’Artagnan il bastone da maresciallo, mentre la morte lo coglieva.
Del resto era proprio Edmond Dantès divenuto il Conte di Montecristo ad affermare che “Tutta l’umana saggezza è racchiusa in queste due parole: attendere e sperare”.

Barbara Castellaro

Tre incontri con sette autori al Castello di Miradolo

Pensieri in Piazza

27-29 settembre 2024

 

 

La vita, il cambio di rotta e la storia della GKN sono i temi del festival “Pensieri in Piazza”, curato dall’associazione Pensieri in Piazza in collaborazione con la Fondazione Cosso, che porta al Castello di Miradolo (TO), dal 27 al 29 settembre, gli autori di tre libri per alimentare riflessioni, stimolare il dialogo e il confronto.

Il primo appuntamento, venerdì 27 settembre alle ore 17, è con gli autori Federico Cramer e Claudio Villiot di “Vita. Dialogo filosofico scientifico intorno al più straordinario fenomeno dell’universo” (Edizione ETS 2024) in dialogo con Paola Molino, direttrice de L’Eco del Chisone. Che cos’è la vita? Gli autori hanno affrontato la complessità e profondità del tema attraverso un dialogo interdisciplinare che, intrecciando conoscenze scientifiche e riflessioni filosofiche, permette di cogliere, almeno in parte, la natura profonda della vita e la rappresentazione che l’uomo ne dà e su cui si fonda la percezione che ha di sé stesso e i rapporti che instaura con gli altri esseri viventi.
In un tempo in cui dilaga nel mondo la distruzione della vita, dei suoi ecosistemi e degli esseri viventi che in essi abitano e l’estinzione di migliaia di specie ogni anno passa del tutto inosservata, questo libro vuole essere un contributo allo sviluppo di un modo diverso di guardare, pensare e interagire con il più straordinario fenomeno dell’universo, di cui siamo parte.

Sabato 28 settembre alle ore 17, l’incontro è con Guido Viale, Adriano Sella ed Elisabetta Ribet, autori con Serge Latouche e Carlo Petrini del libro “Cambiare rotta. Oltre la società della crescita” (Edizione Panerose 2024) che raccoglie in un solo testo un insieme di analisi e riflessioni che da prospettive diverse ma comunicanti individuano i limiti sempre più evidenti della “società della crescita”. Gli autori mostrano come sia sempre più urgente e necessario mettere in discussione questo modello economico, sociale, culturale e vedono nella scelta di nuovi atteggiamenti, valori e stili di vita, nella costruzione dal basso di iniziative e pratiche comunitarie, nella ridefinizione del rapporto tra esseri umani e le altre forme del vivente, le premesse per un possibile “cambio di rotta”.

Protagonista dell’ultimo appuntamento di domenica 29 settembre alle ore 17, è Silvia Giagnoni, autrice di “GKN. Cronistoria personale di un innamoramento collettivo” (Edizioni Panerose, in uscita). Il 9 luglio del 2021 la Gkn, gruppo britannico acquisito nel 2018 dal fondo finanziario Melrose, chiude il sito di Campi Bisenzio: licenzia via e-mail 422 lavoratori approfittando dello sblocco dei licenziamenti dopo l’emergenza Covid. Gli operai e la comunità solidale non ci stanno, scavalcano i cancelli e danno avvio all’assemblea permanente più lunga della storia sindacale italiana. Da metalmeccanici produttori di semiassi portano il racconto della loro incredibile vertenza in giro per l’Italia e l’Europa, in nome della convergenza delle lotte, studiano recitazione, organizzano festival letterari, ma soprattutto elaborano piani di riconversione industriale per ridare una vita all’insegna della transizione ecologica alla loro fabbrica, che nel corso dei mesi è diventata anche la nostra.

Erminia Caudana e Amerigo Bruna. Pionieri del restauro per la Biblioteca Nazionale

In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2024sabato 28 settembre la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino ospita presso la Sala storica l’incontro dal titolo:

 Erminia Caudana e Amerigo Bruna. Pionieri del restauro per la Biblioteca Nazionale,  28 settembre 2024 ore 10.30 presso  Biblioteca Nazionale Universitaria, Sala storica – Piazza Carlo Alberto 3, Torino

Evento è dedicato alla restauratrice Caudana e al suo allievo Bruna, a cui si deve il recupero di centinaia di volumi gravemente danneggiati dall’incendio che colpì l’antica sede della Biblioteca, in via Po, nella notte tra il 25 e il 26 gennaio 1904.

All’indomani dell’incendio, la necessità di salvare il patrimonio librario scampato alla distruzione portò la Biblioteca Nazionale a contribuire fattivamente all’evoluzione delle tecniche di conservazione e restauro.

L’antico laboratorio, il primo istituito in una biblioteca pubblica statale, è oggi parzialmente ricostruito con arredi e attrezzi originali nello spazio espositivo della Sala storica.

In questa occasione la sala verrà intitolata alla memoria di Erminia Caudana, per il ruolo decisivo della restauratrice nella storia novecentesca dell’Istituto e per la preziosa eredità che ci ha consegnato.

PROGRAMMA

Saluti istituzionali

Guglielmo Bartoletti, Direttore Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino

Fabrizio Antonielli d’Oulx, Presidente Associazione Amici Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (ABNUT)

Intervengono

Giovanni Saccani, Presidente Società Dante Alighieri – Comitato di Torino, già funzionario bibliotecario BNU Torino

Andrea Maria Ludovici, archivista e Amministratore delegato CulturAlpe s.c.

Paola Boffula Alimeni, papirologa e tecnica del restauro

Monica Bruna, donatrice ed erede di Erminia Caudana e Amerigo Bruna

Riccardo Lorenzino, Direttore editoriale e progetti museali Hapax Editore

A seguire visite guidate alla Sala storica condotte da Chiara Clemente e Vera Favro, archiviste e bibliotecarie CulturAlpe s.c.

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

in allegato locandina.

Per informazioni:

bnuto.cultura.gov.it

bu-to.eventi@cultura.gov.it

www.abnut.it/

info@abnut.it

Torino Spiritualità compie vent’anni e celebra l’imperfezione umana

Lo spunto da un’immagine di Immanuel Kant come “legni storti”

 

Dal 25 al 29 settembre torna Torino Spiritualità, il Festival che in un decennio di attività ha conquistato il pubblico di Torino, non solo con la sua riflessione sul significato della vita, delle parole che utilizziamo ogni giorno e dei concetti che condividiamo con gli altri. L’evento si svolgerà al Circolo dei Lettori e in diversi altri luoghi delle arti e della cultura torinesi. L’inaugurazione sarà mercoledì 25 settembre alle 18.30 nella chiesa di San Filippo Neri. Il titolo dell’incontro è “Fragile, maneggiare con cura, sulla preziosità della vita umana” con Neva Papachristou, insegnante di Darma e Meditazione, e Luigi Maria Epicoco, sacerdote, teologo e filosofo. Modera Armando Buonaiuto, curatore di Torino Spiritualità, le immersioni sonore sono di Simone Campa. Imperfetti, seguiamo miraggi di perfezione, aspiriamo a illusioni di completezza. Fallibili e disorientati, siamo sempre alla ricerca di qualcosa che rimane sospesa. Fragilità e fallimenti vengonospesso vissuti come vergogne da nascondere. Nell’incontro ci si interrogherà sull’importanza di non adeguarsi all’utopia perfezionista e iniziare a maneggiare la nostra umanità fragile in modo diverso, con confidenza, cura e amore, sugli insegnamenti di Buddha e Gesù. Il primo ha insegnato a coltivare un desiderio salutare, capace di generare ciò che contribuisce all’esistenza felice, il secondo ha insegnato che dove noi vediamo disvalore vi è una grazia nascosta. Il secondo appuntamento sarà il 28 settembre, alla Cavallerizza, nell’Aula Magna, con “La prima pietra”, conferenza dello psicanalista Massimo Recalcati su Gesù, il puro e l’impuro. Lo psicanalista si interrogherà da dove provenga l’impuro dell’essere umano. Se proviene dall’esterno, allora essere puri significa aderire a ciò che prescrive la legge e sottostare a regole e rituali per emendare le impurità della vita anche a costo di armare la propria mano. Gesù viene a incrinare questo paradigma e insegna a non voltare le spalle alla vita, anche se sporca e imperfetta.

Torino Spiritualità si svilupperà per cinque giorni a Torino, con appuntamenti anche a Novara e Alba, fitti di incontri, dialoghi ed esperienze, con oltre 120 eventi e 150 voci da tutto il mondo, capace di coinvolgere gli spazi cittadini e il territorio regionale, rendendo lo spirito dei luoghi contenuto e spirito di ricerca. Torino Spiritualità si è aperto al Teatro Carignano con la preview di Luigi Lo Cascio, che ha letto “La strada” di Cormac McCarthy, a un anno dalla scomparsa di uno degli autori più significativi della letteratura di tutti i tempi. La ventesima edizione di Torino Spiritualità si intitola “Legni storti, l’imperfezione, l’errore e l’inciampo”. Il filosofo Immanuel Kant, di cui ricorre il terzo secolo dalla nascita, definiva l’essere umano un “legno storto”, e ne traeva la conclusione che da una creatura così imperfetta non potesse nascere qualcosa di realmente “dritto”. Proprio dal legno storto prende spunto l’immagine guida di questa edizione, realizzata dall’illustratore Francesco Chiacchio, che gioca con la suggestione kantiana per rovesciarla. Il legno è ora drittissimo, geometrico, svettante da una squadra da disegno, con una piccola pecca che è stata trasformata nella vela di una barca che solca un intricato oceano di linee curve. Il Festival entra nel vivo da mercoledì 25 a domenica 29 settembre, e ospiterà, tra gli altri, Giovanni Allevi, Silvio Orlando, Vera Gheno, Chandra Candiani,Vasco Brondi, Alberto Ravagnani, Vito Mancuso, Enzo Bianchi, Paolo Giordano, Mario Calabresi e Fabio Geda. Si terrà un omaggio a Fabrizio De André da parte dei Perturbazione. Sarà presenta anche Roberto Abbiati con il suo Moby Dick e “Una tazza di amore in tempesta”.

 

Mara Martellotta

A La Morra la mostra “Mia unica collina“nel ricordo di Claudia Ferraresi

Nel decennale della sua scomparsa, l’omaggio ad un’importante artista, Donna di cultura e del vino della terra di Langa

Sono ormai trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Claudia Ferraresi, giornalista e critico d’arte, pittrice, scrittrice, Donna di cultura e Donna del vino. Eclettica imprenditrice, infaticabile e creativa, dal cuore grande e generoso, realizzatrice di tanti progetti finalizzati alla valorizzazione della sua amata terra di Langa, dal 2014 patrimonio dell’Unesco.

Si è sempre impegnata a farla conoscere e a proteggerla con cura proprio come quelle rose profumate e belle che si incontrano all’inizio dei filari delle viti e che, con la loro costante presenza, sono amiche e sentinelle attente alla salute e al benessere dei preziosi vitigni. Ha saputo precorrere i tempi con il suo intuito creativo ed imprenditoriale quando il marchio Langhe e Roero era ancora di là da venire, con un’attenzione crescente al territorio nei suoi molteplici valori. In lei, testimonial e ambasciatrice per oltre quarant’anni, un grande sogno dal profumo che sa di terra, tutto da realizzare stava giorno per giorno prendendo forma e partendo dalle grandi potenzialità che aveva già intravisto in tempi di tanta speranza, di progetti, di scommesse e di realizzazioni a lungo immaginate.

 

Questa è stata Claudia Ferraresi che in questi giorni il Comune di La Morra con la sua famiglia Locatelli e le  Cantine Rocche Costamagna, l’Associazione Agorà e La Morra Eventi e Turismo oltre al Club Unesco e alla Biblioteca Civica Don Rubino hanno voluto commemorare con un convegno dedicato alla sua figura di imprenditrice e di artista e con una mostra aperta sino al 29 Settembre dal titolo “ Mia unica collina “ con alcuni suoi dipinti che raccontano le sue terre dai contorni sfumati e intimi. Ci parlano di lei, figlia d’arte, alcuni suoi acquerelli delicati ed al tempo stesso forti , accanto a tele della madre pittrice, musicista e cantante lirica Valeria Costamagna, nella piccola chiesa sconsacrata di S. Sebastiano, gioiello del barocco langarolo, molto amato dalla Ferraresi che ne fece un luogo elettivo per i tanti eventi da lei realizzati in questo suo angolo di terra, una cresta di Langa da cui mai avrebbe potuto allontanarsi, scrigno dei suoi sentimenti più privati e profondi. “ Le mie colline delle Langhe – sono sue parole – sono diventate la mia unica collina, dentro la quale cercare amore e pace.

Tentare di interpretarle per vivere è stata la mia salvezza umana “. Nata a Santena da un’antica famiglia piemontese, privata giovanissima dei genitori a causa di un grave incidente, ciò che causò in lei una ferita difficile da rimarginare, si trasferì da Torino a La Morra nel 1972 nella casa di famiglia dove scelse di vivere pienamente quelle colline con i loro vigneti, i loro sapori e tradizioni, le loro nebbie e le loro albe e quel loro tempo scandito dalla stagionalità della vita, dai rintocchi delle campane nella valle e degli antichi Morbier, le pendole di casa. La nota azienda vitivinicola lamorrese Rocche Costamagna da lei ereditata come prezioso bene di famiglia ed oggi gestita dal figlio, l’imprenditore Alessandro Locatelli, entrato in azienda negli anni Ottanta al suo fianco, cui ha passato il testimone, ha visto la nascita di molte sue attività.

Un fiore all’occhiello è stata in quei suoi primi anni la valorizzazione della coltivazione e della raccolta delle uve del Barolo, re dei re dei vini, oggi conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo e da loro prodotto a partire dal 1841. Nel 1976 creò “ La cà dj’ amis “, un’Associazione culturale con cui ha inteso offrire i suoi spazi e le sue conoscenze territoriali per parlare di cultura locale e tradizioni, di colture agricole e di enogastronomia. Erano tanti in quegli anni i personaggi che invitava nella sua casa – museo accanto alle famose cantine, da Piero Angela a Luigi Firpo, Primo Levi, Ottavio Missoni, Giovanni Arpino e tanti altri che omaggiava della simbolica chiave con cui entrare virtualmente nel cuore delle Langhe in incontri che culminavano in un evento annuale, un premio sempre molto atteso che battezzò “ la ciau d’la cà”. Era un’occasione unica che sfociava in sempre nuovi progetti per la valorizzazione e lo sviluppo di una lettura del Piemonte cosciente e lungimirante che puntasse al recupero delle eccellenze culturali ed enogastronomiche da salvaguardare e tramandare, premiando quanti tra i personaggi della cultura, dell’arte e delle scienze avevano collaborato con fattivi contributi culturali a puntare l’attenzione su queste terre langarole. Dagli anni Ottanta dette vita a “ Le tavole della cultura “ con vari eventi ed iniziative a tema che facevano da sfondo a “ Libri da gustare”, altra sua creazione con un’ importante raccolta di testi enogastronomici, una rassegna letteraria con premiazione degli autori eccellenti che culminava all’annuale Salone del Libro di Torino.

Infine nel 1990 è la volta di un’altra sua realizzazione, “ I Ristoranti della tavolozza ”, con la presenza di ristoratori d’eccellenza con un occhio attento alla cultura enogastronomica e all’educazione al cibo. E’ giusto e doveroso che tutto del mondo di Claudia Ferraresi riviva in chi l’ha conosciuta ed oltre, nei suoi luoghi ed oltre perché nulla di lei, della sua vita, del suo operato, della sua ricca eredità culturale e spirituale, nessuno dei tanti semi da lei piantati e fioriti, vada perso.

                                                                                             Patrizia Foresto

Mostra “ Mia unica collina”

Chiesa di S. Sebastiano

Via Umberto 22/30

La Morra ( Cn)

 ore 10/ 13 e 15/18

Da Gramsci a Guerri

Di Pier Franco Quaglieni 

Il dibattito sulla egemonia culturale ripreso di recente va subito ridimensionato. E’ un’idea di Gramsci portata alle estreme e soffocanti conseguenze dai marxisti a partire dal 1945 in Italia. L’egemonia comunista ha soffocato la cultura italiana, applicando un criterio che più che illiberale si rivelò sovietico. Solo pochi seppero ribellarsi da Silone a Vittorini, da Pannunzio alla cultura liberale. Io personalmente mi ritengo una vittima dell’ egemonia culturale della sinistra che ha tentato di ostacolarmi in tutti i modi con il fine di tacitarmi.

Oggi c’è chi tenta ad associare Gramsci a Gentile che ebbe degli influssi sull’ intellettuale sardo il quale invece si oppose a Croce. Direi di non creare inutili polveroni polemici su personaggi ormai tramontati. In ogni caso Gentile era di remote origini liberali conservatrici che lo portarono ad aderire al fascismo a cui diede una linea culturale che esso non aveva. Gentile a cui si deve la riforma della scuola italiana, l’unica riuscita, nelle sue attività culturali fu un intellettuale abbastanza tollerante che fece collaborare alle sue imprese anche antifascisti ed anche ebrei. L’uccisione a tradimento di Gentile da parte dei Gap rivelò l’odio dei comunisti verso un uomo che non si può associare a Gramsci per nessun motivo.

 

L’ intellettuale organico fu un’invenzione gramsciana praticata con cinismo e persino con ferocia da Togliatti e imposta dal PCI al mondo intellettuale , accademico ed editoriale italiano come una camicia di forza. Chi oggi cerca di recuperare la parola egemonia, non conosce le sue origini storiche che sono incompatibili con la cultura liberale nelle sue diverse manifestazioni. Bobbio ha scritto in materia pagine conclusive sulla cultura del dubbio, antitetica a quella fondata sulle certezze manichee e inossidabili dell’ideologia marxista. Chi pensa di recuperare Gramsci e Gentile non ha capito nulla del passato e rivela incapacità a rapportarsi con il presente che può vedere in intellettuali come Giordano Bruno Guerri esempi di una cultura davvero libera . Lui e non altri doveva essere il ministro della cultura. Anche Dagospia si è accorta dell’errore di tenere “relegato” al Vittoriale Guerri che ha rivelato doti e coraggio che andrebbero posti al servizio dell’intera comunità nazionale

“Lettere a un giovane poeta”, incontri di poesia a cura di Roberto Mussapi dedicati ai giovani

A partire da mercoledì 16 ottobre si terrà un seminario per giovani poeti under 25 a cura di Roberto Mussapi, in collaborazione con Gian Giacomo Della Porta, che ne ha curato l’organizzazione.

Da metà ottobre, presso lo Studio Maresca, a Milano, in via Luigi Calamatta 7, si terrà il seminario di poesia “Lettere a un giovane poeta”, destinato a poeti under 25. Si tratta di cinque incontri con cadenza quindicinale che accompagneranno i giovani partecipanti in un viaggio dalle origini della poesia fino ai giorni nostri. Il seminario, a cura di Roberto Mussapi, poeta, traduttore, editorialista e critico teatrale del quotidiano Avvenire.


Il seminario è pensato per tutti quei ragazzi e ragazze che sentono l’urgenza di imparare e confrontarsi, che desiderano intraprendere un percorso che conduce all’amore per la poesia e alla consapevolezza e all’importanza della parola.

“Il nostro seminario si rivolge ai giovani – spiega Roberto Mussapi – perché conservano un’ingenuità di fondo che può salvarli, e sono più disponibili ad accogliere il mistero”.

Un’iniziativa che si pone in ascolto delle nuove generazioni, come emerge anche dal titolo scelto: “Lettere a un giovane poeta”, fitto scambio epistolare avvenuto tra il 1903 e il 1908 tra i RainerMaria Rilke, poeta all’epoca già molto affermato, e Franz Kappus, aspirante poeta ventenne in cerca di consigli, un sincero e affettuoso dialogo tra due generazioni di poeti a cui il seminario intende ispirarsi.

Il seminario non si configura come un corso di poesia, ma piuttosto come un viaggio verso la consapevolezza, alla scoperta della propria vocazione. Un percorso per imparare a rendere un’emozione “universale” condivisa tanto da chi scrive quanto da chi legge.

“La poesia non è un’evasione, ma un viaggio, un’avventura – chiarisce Roberto Mussapi – e come tale richiede preparazione, disciplina e sacrificio, un gioioso sacrificio. Non troverai il tesoro se la nave non è stata attrezzata e la rotta studiata”.

I partecipanti del seminario, affiancati da un Maestro come Mussapi, affronteranno l’escursione tra alcuni dei maggiori poeti internazionali, alcuni dei quali tradotti dallo stesso Mussapi, fra cui Rilke, Yeats, Eliot, Luzi, Bonnefoy, Heaney, Walcott e Soyinka.

È possibile candidarsi fino all’11 ottobre con allegato il proprio curriculum e, possibilmente, cinque poesie autografe. In alternativa i candidati potranno indicare le proprie necessità, cosa cercano e cosa si aspettano dal seminario. Potranno accedere al massimo cinque candidati, ma gli esclusi saranno tenuti in considerazione per futuri appuntamenti. Il costo complessivo è di 450 Euro. Il materiale potrà essere inviato all’indirizzo email: r.mussapi@libero.it

Roberto Mussapi, nato nel 1952, vive a Milano. Poeta e drammaturgo, è anche autore di saggi, traduzioni di autori classici e contemporanei e di opere narrative. La sua opera poetica è raccolta nel volume “Le poesie” (Ponte alle Grazie, 2014) a cura di Francesco Napoli, per la prefazione di Wole Soyinka e il saggio introduttivo di Yves Bonnefoy. Ha scritto e pubblicato volumi di poesia per le più importanti case editrici, quali Mondadori, Feltrinelli e Guanda.

 

Mara Martellotta