CULTURA- Pagina 4

Ecomuseo Villaggio Leumann “Cruto, l’uomo che voleva illuminare il mondo”

Venerdì 12 settembre, alle ore 21, presso l’Ecomuseo Villaggio Leumann in corso Francia 349 a Collegno, si terrà lo spettacolo teatrale dal titolo “Cruto, la storia dell’uomo che voleva illuminare il mondo”, a cura della Borgatta’s Factory, a ingresso gratuito.

Dopo il successo dell’inaugurazione della LeumAPP a cura dell’Associazione Culturale Kòres presieduta da Alba Zanini, con il coordinamento di Carla Gütermann e Fabrizia Rossi, proseguono gli appuntamenti presso l’Ecomuseo del Villaggio Leumann a Collegno.

Lo spettacolo intitolato “Cruto, la storia dell’uomo che voleva illuminare il mondo” è  dedicato alla storia del pioniere dell’illuminazione elettrica nel nostro Paese, uno dei più  grandi inventori e fisici italiani, Alessandro Cruto (1847-1908), noto per aver realizzato una delle prime lampadine ad incandescenza funzionanti in Europa. Fondò un laboratorio ad Alpignano.
Proprio a Collegno nel 1884 l’industriale Napoleone Leumann scelse le lampadine Cruto per illuminare il suo cotonificio perché considerate durevoli, economiche e di ottima luce.
Questo evento si svolge nell’ambito del progetto V.O.C.A.L.E, Villaggi Operai Arte e Cultura al Leumann, progetto vincitore del bando “Ecosistemi culturali” di Fondazione CDP, ente no profit del Gruppo Cassa Prestiti e Depositi.
La storia di Alessandro Cruto, originario di Piossasco, che inventò il filamento di carbone della lampadina e illuminò la prima via d’Italia del suo paese, è  oggi quasi del tutto sconosciuta. Nonostante la diffusione del suo brevetto in tutto il mondo, le luci della ribalta furono per Edison che di fatto scrisse la storia che conosciamo.
La Borgatta’s Factory rappresenta un collettivo costituito da Alberto Borgatta, attore teatrale, storico, divulgatore, Luca Borgatta, regista e videomaker, e Silvano Borgatta, pianista e arrangiatore.

Mara Martellotta

Riccardo Venturi alla Gam. L’erbario dalla botanica alle arti visive

Galleria Civica d’Arte Moderna
e Contemporanea di Torino

RISONANZE
Primo ciclo di conferenze tra arte e filosofia

a cura di Chiara Bertola e Federico Vercellone

 

da giugno a ottobre 2025

GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino

Sala incontri

IL QUARTO APPUNTAMENTO

 

GIOVEDI 11 SETTEMBRE ORE 18

Riccardo Venturi

L’erbario dalla botanica alle arti visive

Curioso è il destino dell’erbario: nato come strumento scientifico nelle mani della botanica per raccogliere, classificare e illustrare specimen vegetali, come farmacopea o elenco di farmaci, non ha cessato di affascinare filosofi, scrittori e artisti. Senza ricusare la sua origine scientifica, l’erbario è così diventato un giardino di carta, un dispositivo verbo-visivo o un iconotesto poetico da cui si sprigiona la potenza delle immagini, la capacità di cogliere il dettaglio, di salvare l’effimero dall’oblio. Malgrado il carattere mortifero delle piante seccate e spillate sulla pagina, l’erbario è stato percepito come un eden in miniatura se non come un vero e proprio oggetto magico, una rêverie capace di riconnetterci e non alienarci al mondo vivente. Radicato nella tradizione naturalista, non mancano infine tentativi di realizzare erbari della vita quotidiana e urbana, a partire dal flâneur – quel “botanico del marciapiede” impegnato a erborare sull’asfalto, secondo la visione di Baudelaire e Walter Benjamin – e fino all’ecologia ferroviaria. Con questo intervento mi propongo di rivenire sulla parabola e sul destino degli erbari, dalla botanica alle arti visive.

Riccardo Venturi insegna Teoria e storia dell’arte contemporanea all’università Panthéon-Sorbonne di Parigi e si occupa del rapporto tra arti visive e scienze umane dell’ambiente. Scrive regolarmente su “Alias – Il Manifesto”, “Lucy dei mondi” e sul sito di scritture e immagini “Antinomie”, www.antinomie.it, che ha co-fondato.

Costo: 6€ Acquista il biglietto

 

Tra giugno 2025 e marzo 2026 la GAM di Torino organizza un ciclo di incontri, in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Torino, curato da Chiara Bertola e Federico Vercellone.

Gli incontri, articolati in singole conferenze, ripercorrono i temi delle Risonanze che attraversano la programmazione espositiva della GAM dall’ottobre il 2023 alla primavera del 2026: luce, colore e tempo; ritmo, struttura e segno; incanto, sogno e inquietudine, e vedono la partecipazione di studiosi e studiose di rilievo internazionale nel campo della filosofia, della storia dell’arte e delle scienze umane, offrendo un’occasione unica di riflessione interdisciplinare, in cui pensiero e visione si intrecciano per generare nuovi livelli di lettura delle opere e dell’esperienza estetica.

Il primo ciclo di incontri da giugno a ottobre 2025 vede alternarsi grandi esperti di arte, estetica e filosofia contemporanea: Horst Bredekamp, Elio Franzini, Victor Stoichita e Anna Maria Coderch, Riccardo Venturi, Claudia Cieri Via e Salvatore Tedesco.

Il secondo ciclo di incontri prenderà avvio a partire da novembre 2025 e si concluderà a febbraio 2026, con la partecipazione di studiosi di prestigio internazionale come Massimo Cacciari, Fabio Belloni, Tonino Griffero, Francois Jullien e Chiara Simonigh.

Costo per ogni conferenza: 6€
comprensivo del diritto di prevendita

Acquisto unicamente online su gamtorino.it

Il Premio Giovanni Graglia a Ugo Nespolo, Barbara Ronchi della Rocca e in memoria a Gian Mesturino

Il Premio Giovanni Graglia è giunto alla sua ventesima edizione, che si svolgerà venerdi 12 settembre, alle ore 18, presso il Circolo della Stampa Sporting di corso Agnelli 45. Il comitato scientifico, composto da Franca Giusti, Giulio Graglia e Bruno Quaranta, insieme alla Presidente Sabrina Gonzatto, ha scelto i seguenti candidati: per la sezione maschile Ugo Nespolo, per la sezione femminile Barbara Ronchi della Rocca e in memoria Gian Mesturino.

Ugo Nespolo, artista poliedrico piemontese originario di Mosso, vede il suo esordio nel panorama artistico italiano degli anni Sessanta, epoca in cui stava esplodendo la pop art ma anche le correnti concettuali e dell’arte povera. Ha frequentato figure della cultura italiana e torinese quali Gianni Vattimo e Edoardo Sanguineti. Importanti per la ricerca filmica di Nespolo sono stati gli incontri con il New American Cinema (Jonas, Mekas, Yoko Ono e Andy Warhol), dal momento che al suo rientro in Italia lavorerà nel cinema. Molti film di Nespolo verranno proiettati al Centre Pompidou, alla Tate Modern, alla Biennale di Venezia, al Museo Nazionale del Cinema. Negli anni Ottanta significativo anche il suo contributo al mondo teatrale, infatti disegna scene e costumi per la Turandot e per il Don Quijote. Dagli anni Novanta a oggi, Nespolo è presente con le sue opere in Italia e all’estero.

Barbara Ronchi della Rocca è un personaggio televisivo molto conosciuto e amato. Esperta di bon ton, è anche giornalista, autrice e docente. Il galateo è la sua passione e ne conosce ogni sfumatura, dalle buone maniere a tavola all’eleganza nell’abbigliamento, passando ai consigli da sapere per essere un perfetto turista. Il suo amore per l’educazione nasce da bambina e tra i suoi libri ricordiamo “Il galateo dell’amore”, “Bollicine che passione” e “Il galateo dei fiori”.

Gian Giovanni Mesturino, architetto monferrino, conosciuto come architetto dei teatri, è scomparso a 82 anni il 10 gennaio 2025. Il sodalizio con Germana Erba, diventata sua moglie e conosciuta all’Università, è legato al mondo teatrale torinese. Alfieri, Erba e Gioiello sono stati gestiti per oltre sessant’anni, senza dimenticare che il Teatro Nuovo è lo spazio teatrale in cui la coppia ha istituito il primo liceo coreutico e teatrale italiano, che da trent’anni attrae giovani talenti dall’Italia e dall’estero.

Il Premio Giovanni Graglia fa parte della rassegna del Festival Pirandello e del 900, e chiude come di consueto gli eventi.

Mara Martellotta

Torna al Circolo della Stampa Sporting la quinta edizione di “Set in scena”

 

Con Neri Marcorè, Umberto Galimberti e Pablo Trincia

Ancora una volta torna sotto la Mole la quinta edizione di “Set in scena”, una rassegna con diversi ospiti importanti, realizzata con il sostegno di CRT e Intesa Sanpaolo, il Patrocinio della Regione Piemonte, Città di Torino e con la collaborazione dell’associazione culturale Hiroshima Mon Amour.
Venerdì 12 settembre prossimo, presso il Circolo della Stampa, sarà Neri Marcorè a interpretare canzoni famose insieme al polistrumentista Domenico Mario Renzi, alla violoncellista Chiara Di Benedetto e alla violinista Anaïs DAïais. Questa kermesse, diretta sempre da Marcorè, nasceva nel 2021, in occasione dell’inaugurazione del campo stadio riqualificato dello Sporting, che veniva restituito ai cittadini anche in una nuova veste come sede per spettacoli ed eventi culturali. L’edizione di quest’anno si terrà da venerdì 12 a domenica 14 settembre prossimi, proprio presso il campo stadio dello Sporting, trasformato in un anfiteatro sotto la direzione artistica di Neri Marcorè. Sono tre gli spettacoli in programma con inizio alle ore 21. Avranno anche una finalità benefica in quanto sull’acquisto del biglietto verrà devoluto un euro a favore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro.
Dopo il concerto di venerdì 12 dal titolo “Neri Marcorè in doppia coppia”, il 13 settembre, alle ore 21, sarà la volta di Umberto Galimberti come ospite. Il filosofo e psicanalista lombardo tratterà il tema “il bene e il male-educare le nuove generazioni”, per discutere sul ruolo svolto da un’educazione emotiva basata sull’empatia e il sentimento, e non solo sulla ragione.
L’ultimo appuntamento sarà domenica 14 settembre con Pablo Trincia, giornalista podcaster di Lipsia, che inviterà il pubblico a interrogarsi sul senso del sacrificio. Come strumento di dialogo con il pubblico sarà scelta la lettura di “Open”, autobiografia cult di Andrea Agassi, campione di tennis che ebbe con il suo sport un rapporto controverso.
Il Presidente del Circolo della Stampa Sporting, Pietro Garibaldi, si è dichiarato soddisfatto di questa quinta edizione di “Set in scena”, in quanto uno degli impianti sportivi italiani più antichi si trasformerà nuovamente in un palcoscenico per una kermesse capace di unire spettacolo, cultura, musica e solidarietà.

Mara Martellotta

A Palazzo Vittone in mostra le dimore del pinerolese tra realtà, cinema e televisione

L’ultima mostra prima della chiusura per il restauro di Palazzo Vittone, tra i più importanti edifici settecenteschi di Pinerolo, inaugurerà il 12 settembre, e sarà un viaggio tra realtà, finzione, storia e cinema. Protagoniste dell’esposizione le dimore storiche del pinerolese iscritte all’ADSI Associazione Dimore Storiche Italiane, molte delle quali, oltre a testimoniare momenti pubblici e privati di storia ed economia del Piemonte, sono state negli ultimi decenni set di produzioni nazionali e internazionali per il piccolo e grande schermo, grazie anche alla Film Commission Torino e Piemonte. Location autentiche conservate con passione dai proprietari e valorizzate dai maestri artigiani che ne hanno restaurato arredi, tessuti e dettagli, capaci di restituire atmosfere di epoche diverse ambientate non solo in Piemonte. L’esposizione dal titolo “Castelli e cinema nelle dimore storiche del pinerolese” è organizzata da ADSI insieme a Consorzio Vittone e Italia Nostra, con il Patrocinio di Regione Piemonte, Città Metropolitana, Città di Pinerolo e Film Commission Torino e Piemonte, con la partnership di Turismo Torino e Provincia, Artigianato Pinerolo, Made in Pinerolo e Consorzio Turistico Pinerolese e Valli. Sarà l’occasione per ricordare le riprese di “Elisa di Rivombrosa”, realizzate nel 2005 presso la tenuta Colombretto di Pinerolo, considerata una delle meglio preservate testimonianze di insediamento rurale settecentesco del pinerolese; le riprese de “La legge di Lidia Poet”, recente serie di Netflix di grande successo internazionale, girata a casa Lajolo di Piossasco, al castello dei Conti Asinari di Virle e a villa La Paisana di Piobesi, e pe riprese di “Leopardi – poeta dell’infinito”, miniserie Rai di Sergio Rubini, che ha avuto come sfondo anche Palazzo di Bricherasio, nell’omonima cittadina. La mostra ricorda anche che il castello di Virle è stato set di “Sadie”, thriller del 2016 presentato al Torino Film Fest, e che a Palazzotto Juva, a Volvera, è stato girato il cortometraggio “Il mistero del diadema reale”, nel 2002, di Enrico Mondin, ispirato a un racconto di Arthur Conan Doyle. Uno spazio sarà riservato a Palazzo d’Acaja, gioiello di Pinerolo, fulcro della rievocazione biennale dedicata alla “Maschera di Ferro”, a cui il cinema ha dedicato numerose pellicole. Il taglio del nastro della mostra, con un evocativo “Ciak, si gira”, si terrà venerdì 12 settembre alle ore 17, e la mostra resterà visitabile sino a domenica 14 settembre.

Guido Calleri di Sala, consigliere ADSI e referente del circuito, sottolinea:” Sintratta di un’iniziativa che per la prima volta offre un’occasione per un affascinate confronto tra la storia reale e quella reinventata sullo schermo, ma al tempo stesso per scoprire il fascino delle dimore antiche storiche del nostro territorio e il ruolo che hanno avuto nella crescita della nostra Regione”.

Info: mostra “Castelli e cinema nelle dimore storiche del pinerolese”  – 12 – 14 settembre 2025 – Palazzo Vittone, piazza Vittorio Veneto 8, Pinerolo

Ingresso libero – orari: venerdì dalle 17 alle 23, con inaugurazione alle ore 17 – sabato 10.30-24 con tavola rotonda alle 17 – domenica dalle 17 alle 20.

Mara Martellotta

“In mezzo alle montagne c’e’ il lago d’Orta…”

Tra le più felici invenzioni del grande scrittore per l’infanzia, questa storia è ambientata nei luoghi cari alla memoria della sua infanzia

In mezzo alle montagne c’e’ il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio a meta’, c’e’ l’isola di San Giulio”. Così comincia uno dei più bei racconti di Gianni Rodari, “C’era due volte il barone Lamberto”. Tra le più felici invenzioni del grande scrittore per l’infanzia, questa storia è ambientata nei luoghi cari alla memoria della sua infanzia: il lago d’Orta e l’isola di San Giulio.

Infatti, Gianni Rodari, nacque ad Omegna, all’estremità nord del lago, il 23 ottobre del 1920. Lì, suo padre – originario della Val Cuvia, che domina la sponda “magra” del lago Maggiore – aveva un negozio di commestibili e gestiva un forno da pane, svolgendo il mestiere del prestiné, del fornaio. La casa e la bottega erano vicine al lago che, come ricordava Rodari, «giungeva a pochi metri dal cortile in cui crescevo». Leggendone le pagine prende forma l’immagine del più occidentale fra i laghi prealpini, originato dal fronte meridionale del ghiacciaio del Sempione. Che s’accompagna alla sua singolarità. Infatti, contrariamente a quanto accade con molti laghi alpini, che hanno un emissario a sud, le acque del lago d’Orta escono dal lago a nord. Attraversano la città di Omegna, dando vita al torrente Nigoglia che confluisce nello Strona il quale, a sua volta, sfocia nel Toce e quindi nel lago Maggiore.

E al centro del lago dove, dalle opposte sponde si guardano, una in faccia all’altra, Orta e Pella, si trova l’isola di San Giulio. Nel medioevo il lago era noto come “lago di San Giulio” e solo dal XVII secolo in poi cominciò ad essere conosciuto con l’attuale nome di “lago d’Orta”, acquisito dalla località di maggior prestigio e risonanza. La storia, se non vogliamo risalire al neolitico o all’età del ferro, quando il lago era abitato dai celti, ci dice che – alla fine del IV secolo – i due fratelli greci Giulio e Giuliano, originari dell’isola d’Egina fecero la loro comparsa sul lago e si dedicano con un certo accanimento(con il beneplacito dell’imperatore Teodosio)alla distruzione dei luoghi di culto pagani e alla costruzione di chiese. E qui la leggenda vorrebbe che San Giulio, una volta incaricato il fratello di edificare a Gozzano, all’estremità sud del lago, la novantanovesima chiesa, si mise alla ricerca del luogo più adatto per erigere la centesima. La scelta cadde sulla piccola isola ma, non trovando nessuno disposto a traghettarlo, Giulio avrebbe steso il suo mantello sulle acque navigando su di esso. Sull’isola dovette misurarsi con focosi draghi e orribili serpenti. Sconfitte e cacciate per sempre le diaboliche creature (ma erano poi così diaboliche? Mah…) , gettò le fondamenta della chiesa nello stesso punto in cui oggi si trova la Basilica di San Giulio. La storia s’incaricò poi di far passare molta acqua sotto i moli dei porticcioli del lago d’Orta. Dai longobardi fino all’assedio dell’ isola di San Giulio – in cui si era asserragliato Berengario d’Ivrea – furono secoli di guerre. Nel 1219 dopo una contesa ventennale tra il Vescovo e il Comune di Novara, nacque il feudo vescovile della “Riviera di San Giulio”. E ,più di 500 anni dopo, nel 1786, il territorio cusiano passò sotto la casa Savoia ( che videro riconosciuto il loro potere solo 31 anni dopo, nel 1817), trasmigrando così dalla Lombardia al Piemonte. Ma, vicende storiche a parte, il lago d’Orta – “ il più romantico dei laghi italiani” – è davvero un gioiello che ha sempre fatto parlar bene di se. Gli abitati rivieraschi d’Orta, Pettenasco, Omegna, Nonio, Pella, San Maurizio d’Opaglio, Gozzano.

O l’immediato entroterra di Miasino, Ameno, Armeno, Bolzano Novarese, Madonna del Sasso, sono state località meta di viaggi ed oggetto di cronache e racconti. Non è un caso che nell’Ottocento fosse quasi d’obbligo considerarlo come una delle più suggestive tappe del “Grand Tour” di molti aristocratici d’Oltralpe. Honoré de Balzac, che c’era stato, lo descriveva così nella “Comédie humaine”: “Un delizioso piccolo lago ai piedi del Rosa, un’isola ben situata sull’acque calmissime, civettuola e semplice, (…). Il mondo che il viaggiatore ha conosciuto si ritrova in piccolo modesto e puro: il suo animo ristorato l’invita a rimanere là, perché un poetico e melodioso fascino l’attornia, con tutte le sue armonie e risveglia inconsuete idee….è quello, il lago, ad un tempo un chiostro e la vita….”. E’ il lago che, soprattutto in autunno, riflette i colori della stagione e diventa un po’ malinconico, suggerendo a poeti come Eugenio Montale di dedicargli delle composizioni o ad Ernesto Ragazzoni di scrivere questi versi: «Ad Orta, in una camera quieta / che s’apre sopra un verde pergolato, / e dove, a tratti, il vento come un fiato / porta un fruscio sottil, come di seta, / c’e’ un pianoforte, cara, che ti aspetta, / un pianoforte dove mi suonerai / la musica che ami, e che vorrai: / qualche pagina nostra benedetta». Territorio ricco di fascino e di riferimenti letterari, meta ideale di artisti e scrittori, le località attorno al lago appaiono sovente nelle opere di altri importanti autori. Per Mario Soldati, grande regista e scrittore, Orta è uno dei luoghi di riferimento, visto che sul lago – nella frazione di Corconio –  iniziò a scrivere i suoi primi libri importanti come “America primo amore” e “L’amico gesuita”, oltre ad ambientarvi alcune pagine de “I racconti del maresciallo”.

Per non parlare poi d’Achille Giovanni Cagna ( con il romanzo “scapigliato” dedicato agli “Alpinisti Ciabattoni”), Mario Bonfantini( La tentazione ), Carlo Emilio Gadda (Viaggi di Gulliver), Laura Mancinelli con il suo dolcissimo “La musica dell’isola”, Carlo Porta, Friederich Nietzsche. Un altro “scrittore di lago”, ma di un lago “diverso” come il Maggiore – il luinese Piero Chiara – scrisse: “Orta, acquarello di Dio, sembra dipinta sopra un fondale di seta, col suo Sacro Monte alle spalle, la sua nobile rambla fiancheggiata da chiusi palazzi, la piazza silenziosa con le facciate compunte dietro le chiome degli ippocastani, e davanti l’isola di San Giulio, simile all’aero purgatorio dantesco, esitante fra acqua e cielo“.  Il lago d’Orta è un piccolo gioiello azzurro in mezzo ai monti, chiuso ad est dal Mottarone e riparato ad ovest dalle cime che dividono il Cusio dalla Valsesia. Certe mattine, appena s’accenna l’alba, la nebbiolina sospesa sull’acqua lo rende misterioso, affascinante. Tanto quanto se non addirittura più di quelle giornate d’autunno, nitide e terse, quando riflette i mille colori dei boschi nello specchio delle sue acque tranquille.

Marco Travaglini

Gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

AGENDA APPUNTAMENTI FONDAZIONE TORINO MUSEI
5-11 settembre 2025

 

VENERDI 5 SETTEMBRE

 

Venerdì 5 settembre dalle ore 18

MOSTRE D’ARTE TRA ITALIA E GIAPPONE NEGLI ANNI VENTI. IL CASO DI ETTORE VIOLA

MAO – Conferenza a cura di Motoaki Ishii, Università delle Arti di Osaka

Introduce Stefano Turina, Università degli Studi di Torino

In collaborazione con CeSAO  – Centro Studi sull’Asia Orientale

Nel 1923 l’ambasciatore del Regno d’Italia a Tokyo, Giacomo De Martino, ebbe l’idea di organizzare una mostra d’arte italiana nella capitale del Giappone che però venne sopressa due volte: la prima a causa del Grande Terremoto del Kanto avvenuto lo stesso anno e la seconda per l’opposizione dell’importante critico d’arte Ugo Ojetti. Bisognerà aspettare il 1928 per vedere sbarcare la prima mostra d’arte italiana contemporanea a Tokyo grazie al deputato e militare Ettore Viola. Lo stesso Viola collaborò in seguito alla realizzazione della celebre mostra d’arte giapponese a Roma nel 1930. La conferenza indagherà le travagliate vicende dell’organizzazione della prima mostra d’arte italiana in Giappone grazie a Ettore Viola, e dell’importante mostra d’arte giapponese giunta poi in Italia.

Partecipazione gratuita fino a esaurimento posti disponibili.

Nato a Maebashi, Gumma, Giappone, il Prof. ISHII Motoaki si è laureato in Legge presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università statale di Tokyo, poi in Lingua e Letteratura Italiana presso la Facoltà di Lettere della medesima università. Cambiando l’indirizzo a Storia dell’Arte, ha conseguito il titolo di Master e il Ph. D. nel 1997 alla Graduate School dell’Università di Tokyo. Nel frattempo si è recato in Italia grazie a una borsa di studio del Governo Italiano ottenendo nel 2001 il Ph. D. alla Scuola Normale Superiore di Pisa con la tesi dal titolo “Venezia e il Giappone – studi sugli scambi culturali nella seconda metà dell’Ottocento”. Attualmente il professore ordinario all’Università delle Arti di Osaka, il prof. Ishii ha tenuto un corso sulla storia degli scambi culturali tra l’Italia e il Giappone al Corso di Storia dell’Arte dell’Asia Orientale e Arti visive, spettacolo e design dell’Asia Orientale dell’Università degli Studi di Milano nel 2019.

 

Venerdì 5 settembre dalle ore 18.30

S.O.N.O.G.E.O.M.E.T.R.I.A. Un’azione condivisa tra scultura e suono, sguardo e corpo.

FINISSAGE MOSTRA ALICE CATTANEO. DOVE LO SPAZIO CHIAMA IL SEGNO

GAM – Performance musicale

Intervento sonoro di Alice Cattaneo, Chiara Lee e freddie Murphy

Performer: Camilla Soave

All’interno della mostra dedicata al lavoro di Alice Cattaneo, Dove lo spazio chiama il segno, S.O.N.O.G.E.O.M.E.T.R.I.A. è un intervento site-specific a sei mani (e molti speaker) che mette in dialogo le sculture dell’artista con una tessitura sonora, composta da gesti, materiali e frammenti d’ambiente.

Nessuna messa in scena, nessuna interpretazione: piuttosto un attraversamento diretto e spaziale, materico e organico.

Una performer, corpo consapevole, interagisce con le opere tramite una serie di azioni minime: attivazioni sonore che si espandono nello spazio attraverso dieci casse Bluetooth, ognuna depositaria di un suono-ombra. Sono i suoni delle opere stesse, raccolti e registrati — lo spostamento, la caduta, il trascinamento, la frizione con il suolo — e poi lavorati per essere reimmessi nello spazio come eco materiche. Una forma di campionamento ambientale che si fa geografia, archivio, presenza.

Durante l’intervento, il suono si dispone nello spazio, si sedimenta, si sovrascrive negli interstizi dell’ambiente. L’interfono — come gesto finale e intrusivo — interrompe e ridefinisce il paesaggio acustico, mentre la performer raccoglie e riposiziona le casse in un nuovo assetto.

Il giardino che ne emerge, o foresta sonora, diventa un’ulteriore opera, effimera ma concreta, in cui tutto si stratifica e si tiene: corpo, gesto, materia, voce degli oggetti.

L’installazione rimarrà visitabile fino al 7 settembre.

Info: gamtorino.it

(comunicato stampa in allegato)

 

 

SABATO 6 SETTEMBRE

 

Sabato 6 settembre ore 12-16

FINISSAGE MOSTRA HAORI

MAO – presentazione catalogo, rinfresco e proiezione

La giornata di sabato si apre con la presentazione del catalogo della mostra, edito da Silvana Editoriale. Il catalogo si sviluppa seguendo passo dopo passo il percorso espositivo e le sue sezioni tematiche, proponendo approfondimenti critici che offrono chiavi di lettura storiche, artistiche e culturali, con particolare attenzione alla complessità iconografica degli abiti esposti e al contesto in cui furono creati e indossati. Ampio spazio è dedicato alle opere degli artisti contemporanei invitati: Kimsooja Royce Ng, Yasujirō Ozu, Tobias Rehberger e Wang Tuo.

Il volume include inoltre saggi inediti a cura di Lydia Manavello, Silvia Vesco e Anna Musini, che approfondiscono temi quali l’estetica maschile nell’abbigliamento giapponese, le dinamiche storiche del periodo Taishō e Shōwa, e il ruolo della moda come veicolo di propaganda, identità e trasformazione culturale.

Il catalogo intende essere anche un dispositivo di lettura trasversale, che consente di cogliere le interconnessioni tra passato e presente, tra patrimonio materiale e riflessione artistica contemporanea. Un invito a proseguire idealmente il viaggio iniziato in mostra, alla scoperta di un Giappone più complesso e stratificato di quanto spesso le narrazioni canoniche lascino immaginare.

Al termine della presentazione, sarà offerto un light lunch a tutti i partecipanti, un momento di convivialità per favorire il dialogo tra esperti, appassionati e visitatori.

Nel pomeriggio, alle ore 14, il programma prosegue con la proiezione del film Inizio d’estate (1951), capolavoro di Yasujirō Ozu che, attraverso la sua poetica delicata e profonda, offre uno sguardo intimo sulla società giapponese dell’epoca.

L’ingresso è gratuito previa prenotazione al link.

DOMENICA 7 SETTEMBRE

 

Domenica 7 settembre

CHIUDONO LE MOSTRE ALLA GAM

FAUSTO MELOTTI. LASCIATEMI DIVERTIRE!

ALICE CATTANEO. DOVE LO SPAZIO CHIAMA IL SEGNO

GIOSETTA FIORONI

Info: gamtorino.it

 

Domenica 7 settembre

AL MAO CHIUDONO LA MOSTRE

HAORI. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone

ADAPTED SCENERIES

PAESAGGI DA SOGNO. Le 53 stazioni della Tokaido

Info: maotorino.it

 

Domenica 7 settembre ore 15

PROIEZIONE VIAGGIO A TOKYO (1953) DI YASUJIRŌ OZU

MAO – proiezione film in occasione del finissage della mostra Haori

Domenica 7 settembre alle ore 15 il MAO propone la proiezione del maggiore capolavoro di Ozu,Viaggio a Tokyo (1953). Il film, unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi film della storia del cinema di tutti i tempi, esplora con straordinaria sensibilità i mutamenti della società giapponese nel secondo dopoguerra, dialogando idealmente con i temi di trasformazione culturale e sociale evocati dalla collezione di abiti in mostra ma, al contempo, evocando emozioni universali.

L’ingresso è gratuito previa prenotazione al link.

 

 

LUNEDI 8 SETTEMBRE

 

Da lunedì 8 a giovedì 11 settembre

FUTURES LITERACY / CAPTURING THE INTANGIBLE

GAM – Workshop

Negli spazi della GAM si svolge il workshop condotto da Caterina Tiazzoldi, architetta e artista di fama internazionale. L’iniziativa è rivolta in particolare agli studenti dell’Accademia Albertina di Belle Arti, al Politecnico di Torino ed altri cittadini. Rappresenta un’opportunità formativa di alto livello per riflettere, creare e dialogare intorno al tema dei futuri urbani. Il laboratorio esplorerà, attraverso il quadro concettuale dell’UNESCO Futures Architecture Literacy e il Progetto Europeo Dialog City (https://dialogcity.eu/), come lo spazio pubblico possa diventare luogo di socializzazione e visione condivisa, utilizzando strumenti digitali, materiali riciclati e pratiche collaborative.

Info e prenotazioni:infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it e sul sito

 

 

MERCOLEDI 10 SETTEMBRE

 

Mercoledì 10 settembre

PROIEZIONE A THOUSAND DREAMING PLATEAUS DI DABAL KIM

MAO – dal 10 al 20 settembre – proiezione in loop

Il MAO, in collaborazione con il Consolato Generale della Repubblica di Corea, propone la proiezione del film A Thousand Dreaming Plateaus, cinepoema di 14 minuti senza dialoghi che attraversa tre luoghi simbolici della Corea del Sud: dall’antico altare imperiale di Hwangudan a un’isola immaginaria dove acqua e terra si fondono. Privo di una narrazione lineare, il film si configura come uno scavo poetico del tempo, sulle tracce di riti dimenticati e paesaggi in continua trasformazione.

Attraverso performance scultoree e gesti rituali, l’opera esplora le intersezioni fluide tra memoria, corpo e territorio, trasportando lo spettatore in un regno ipnotico e sensoriale. Il titolo evoca una molteplicità di significati stratificati: “mille” indica infinite variazioni, “sognare” è un viaggio tra memoria e realtà, mentre “altopiani” allude a paesaggi contemplativi in cui storia e natura si riscrivono costantemente.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

 

GIOVEDI 11 SETTEMBRE

 

Giovedì 11 settembre ore 18:00

RICCARDO VENTURI

Giardini di carta. L’erbario dalla botanica alle arti visive

GAM – conferenza del ciclo RISONANZE – Primo ciclo di Conferenze tra Arte e Filosofia

Tra giugno 2025 e marzo 2026 la GAM di Torino organizza un ciclo di incontri, in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Torino, curato da Chiara Bertola e Federico Vercellone. Gli incontri, articolati in singole conferenze, ripercorrono i temi delleRisonanze che attraversano la programmazione espositiva della GAM dall’ottobre il 2023 alla primavera del 2026: luce, colore e tempo; ritmo, struttura e segno; incanto, sogno e inquietudine, e vedono la partecipazione di studiosi e studiose di rilievo internazionale nel campo della filosofia, della storia dell’arte e delle scienze umane, offrendo un’occasione unica di riflessione interdisciplinare, in cui pensiero e visione si intrecciano per generare nuovi livelli di lettura delle opere e dell’esperienza estetica.

Quarto appuntamento:

RICCARDO VENTURI

Giardini di carta. L’erbario dalla botanica alle arti visive

Curioso è il destino dell’erbario: nato come strumento scientifico nelle mani della botanica per raccogliere, classificare e illustrare specimen vegetali, come farmacopea o elenco di farmaci, non ha cessato di affascinare filosofi, scrittori e artisti. Senza ricusare la sua origine scientifica, l’erbario è così diventato un giardino di carta, un dispositivo verbo-visivo o un iconotesto poetico da cui si sprigiona la potenza delle immagini, la capacità di cogliere il dettaglio, di salvare l’effimero dall’oblio. Malgrado il carattere mortifero delle piante seccate e spillate sulla pagina, l’erbario è stato percepito come un eden in miniatura se non come un vero e proprio oggetto magico, una rêverie capace di riconnetterci e non alienarci al mondo vivente. Radicato nella tradizione naturalista, non mancano infine tentativi di realizzare erbari della vita quotidiana e urbana, a partire dal flâneur – quel “botanico del marciapiede” impegnato a erborare sull’asfalto, secondo la visione di Baudelaire e Walter Benjamin – e fino all’ecologia ferroviaria. Con questo intervento mi propongo di rivenire sulla parabola e sul destino degli erbari, dalla botanica alle arti visive.

Costo per ogni conferenza: 6€

Abbonamento per le 6 conferenze: 27,96 € comprensivo del diritto di prevendita

Acquisto solo online a questo link:https://www.gamtorino.it/it/evento/riccardo-venturi-giardini-di-carta-lerbario-dalla-botanica-alle-arti-visive/

Ottiglio, la Grotta dei Saraceni e la “Maga Alcina”

 

I Romani ritempravano anima e corpo nelle acque sulfuree e curative che abbondavano in questo angolo della provincia di Alessandria per cercare un po’ di benessere dopo cruente battaglie mentre i saraceni vi nascondevano i bottini delle razzie compiute nelle vallate del Piemonte terrorizzando la popolazione. Tutto ciò accadeva nella zona di Ottiglio, piccolo comune del Monferrato casalese, tra vigne di barbera e grignolino, dove vi è una caverna nota come la “Grotta dei Saraceni”. Situata nei pressi di Moleto, la cavità era già conosciuta dai Romani che avrebbero eretto al suo interno un tempio dedicato a una divinità. La grotta ha una storia che risalirebbe al III secolo a.C. quando una guarnigione romana si insediò in questa zona e costruì un luogo di culto sotterraneo dedicato al dio Mitra.

Se davvero è esistito, il tempio potrebbe giacere sepolto sotto alcuni metri di terra. Nei secoli successivi la caverna avrebbe ospitato bande di saraceni, fuggiaschi murati vivi insieme ai propri cavalli e un favoloso tesoro nascosto costituito da gioielli d’oro e gemme preziose ancora oggi oggetto di ricerca da parte di curiosi ed appassionati. Secoli di leggende dunque a cui si aggiunge anche qualche fantasma. Nella boscaglia della Valle dei Guaraldi spunta un intreccio di cunicoli scavati nella roccia calcarea parzialmente inesplorati e si scorgono due varchi. Tali cavità sono prodotte dalle falde di acqua potabile e per le frequenti infiltrazioni sono soggette a smottamenti e crolli. È quindi molto pericoloso inoltrarsi in questi sotterranei e chi lo fa mette in pericolo la propria vita. È questa una delle tante grotte che punteggiano la terra piemontese, molte sono esplorabili in sicurezza e tante altre sono ancora da scoprire. La “Grotta dei Saraceni” di Ottiglio è una di queste. Il nome della grotta deriverebbe dalle incursioni di pirati arabi del X secolo narrate nelle “Cronache della Novalesa”. La caverna divenne il luogo ideale in cui nascondere il bottino sottratto agli abitanti. Molti predoni rimasero però bloccati per sempre all’interno delle grotte con il loro malloppo a causa del crollo di alcune gallerie. Molti altri si servirono di queste cavità, per lo stesso motivo dei “saraceni”. All’inizio del Seicento, durante le Guerre del Monferrato, le grotte divennero rifugio di disertori e briganti e quindi una minaccia per l’ordine pubblico. Le autorità ducali del Monferrato fecero sbarrare gli ingressi, e se diamo credito alla tradizione locale, al suo interno, oltre al tesoro nascosto, rimasero imprigionati molti uomini, murati vivi con i loro cavalli. E le sorprese non finiscono qui. Circolano anche storie di presenze diaboliche che si aggirerebbero in questi sotterranei, e in particolare un fantasma, una donna, la “Maga Alcina” che comparirebbe ogni anno la notte del solstizio d’inverno, il 21 dicembre, all’ingresso della grotta. Finora nulla è stato trovato nella caverna. Negli ultimi decenni diversi gruppi di speleologi hanno esplorato le gallerie ma senza risultati di rilievo.

Filippo Re

 

MAO, Finissage della mostra Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone

 

Il MAO chiude con un weekend di eventi la mostra dedicata all’esplorazione della cultura materiale giapponese attraverso un’ampia selezione di 50 haori e juban – le giacche sovrakimono e le vesti sotto kimono maschili – provenienti dalla collezione Manavello.

MAO Museo d’Arte Orientale

Via san Domenico 11, Torino

Sabato 6 e domenica 7 settembre 2025

Nell’ultimo weekend di apertura della mostra Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone, il MAO Museo d’Arte Orientale lancia un programma di eventi aperti gratuitamente al pubblico.

Sabato 6 e domenica 7 settembre 2025, il museo presenta il catalogo della mostra e propone la proiezione di due capolavori del cinema nipponico degli anni ’50 del regista Yasujirō Ozu.

SABATO 6 SETTEMBRE dalle 12 alle 16 – Presentazione del catalogo e cinema d’autore

La giornata di sabato si apre con la presentazione del catalogo della mostra, edito da Silvana Editoriale.

Il catalogo si sviluppa seguendo passo dopo passo il percorso espositivo e le sue sezioni tematiche, proponendo approfondimenti critici che offrono chiavi di lettura storiche, artistiche e culturali, con particolare attenzione alla complessità iconografica degli abiti esposti e al contesto in cui furono creati e indossati. Ampio spazio è dedicato alle opere degli artisti contemporanei invitati: Kimsooja Royce Ng, Yasujirō Ozu, Tobias Rehberger e Wang Tuo.

Il volume include inoltre saggi a cura di Lydia Manavello, Silvia Vesco e Anna Musini, che approfondiscono temi quali l’estetica maschile nell’abbigliamento giapponese, le dinamiche storiche del periodo Taishō e Shōwa, e il ruolo della moda come veicolo di propaganda, identità e trasformazione culturale.

Il catalogo intende essere anche un strumento di lettura trasversale, che consente di cogliere le interconnessioni tra passato e presente, tra patrimonio materiale e riflessione artistica contemporanea. Un invito a proseguire idealmente il viaggio iniziato in mostra, alla scoperta di un Giappone più complesso e stratificato di quanto spesso le narrazioni canoniche suggeriscano.

Al termine della presentazione, sarà offerto un light lunch a tutti i partecipanti, un momento di convivialità per favorire il dialogo tra esperti, appassionati e visitatori.

Nel pomeriggio, alle ore 14, il programma prosegue con la proiezione del film Inizio d’estate (1951), capolavoro di Yasujirō Ozu che, attraverso la sua poetica delicata e profonda, offre uno sguardo intimo sulla società giapponese degli anni ’50 del Novecento.

L’ingresso è gratuito previa prenotazione al link.

 

DOMENICA 7 SETTEMBRE ore 15 – Viaggio a Tokyo

Domenica 7 settembre alle ore 15 il MAO propone la proiezione del maggiore capolavoro di Ozu, Viaggio a Tokyo (1953). Il film, unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi film della storia del cinema di tutti i tempi, esplora con straordinaria sensibilità i mutamenti della società giapponese nel secondo dopoguerra, dialogando idealmente con i temi di trasformazione culturale e sociale evocati dalla collezione di abiti in mostra ma, al contempo, evocando emozioni universali.

L’ingresso è gratuito previa prenotazione al link.

Si ringrazia Tucker Film per i film Inizio d’estate e Viaggio a Tokyo

Ritorna il festival itinerante a casa Savoia, Teatro nelle Corti

Il teatro europeo fa ritorno nelle dimore sabauda, nel cuore del patrimonio culturale e storico di Torino e del Piemonte, a Racconigi con la rassegna “Il Teatro nelle Corti”,  che ha debuttato lo scorso anno nel cuore della Torino barocca, ai Musei Reali.
Venerdì 5 e sabato 6 settembre prossimobla seconda edizione del Festival proporrà otto spettacoli, di cui sei prime nazionali in alcune delle più affascinanti residenze sabaude piemontesi. A metterli in scena saranno artisti provenienti da compagnie di Italia, Francia, Germania e Portogallo, in sei prime nazionali e una piece in situ. Si tratta di un festival ideato da Beppe Navello, che è stato figlio del teatro Europeo, diventato poi teatro a Corte, nato nel 2001 per volontà del regista e direttore artistico di Acqui Terme.

La prima giornata, il 5 settembre, si aprirà con la prima italiana di “La figure de baiser” della Cie Pernette, in piazza della Consolata, che è  stata scelta su impulso di Silvia Capra del Bistrot di Felicin della Consolata. Proprio lei ha coinvolto tutti gli operatori commerciali della piazza per animare con questo progetto culturale l’intera area. Nella serata torinese, dopo l’esordio in piazza della Consolata,  il festival si sposterà in piazza San Giovanni, quindi nei Giardini di Levante dei Musei Reali e nel giardino Ducale, per concludersi in piazzetta Reale alle 22.e45.
Al castello di Racconigi rivivranno i giardini e le cucine, con una creazione ad hoc di Ambra Senatore, che sarà dedicata al cibo,  dal titolo “Vivande”. Vi parteciperà Nino Rocca, lo chef di Felicin a Monforte d’Alba.

“Si tratta di un’edizione di grande fascino – sottolinea la presidente del Teatro Europeo Mercedes Bresso. Il direttore artistico Beppe Navello ha spiegato che si tratta di un “festival che si mette in movimento partendo dal cuore pulsante del patrimonio artistico, storico e paesaggistico di Torino e chiede agli artisti di lavorare per il luogo in cui fanno vivere le loro creazione”. Gli spettacoli variano nella loro durata, da 10 fino a 70 minuti, esplorando le più diverse forme d’arte, dalla danza all’acrobazia,  passando attraverso un omaggio a Fellini da parte della compagina Artemis.

Mara Martellotta

 

 

 

 

Teatro nelle corti

Torino, piazza della Consolata, piazza san Giovanni, Giardini Reali e Piazzetta Reale

Sabato 5 settembre 2025

Visita ai Musei Reali: dalle 19.45 alle 23.30 (ultimo ingresso ore 22.45).

 

Spettacoli nei Giardini Reali: ingresso con biglietto da € 10,00, comprensivo dell’accesso al Museo di Antichità.

 

Biglietti online:

https://www.ticketone.it/event/musei-reali-estate-reale-musei-reali-di-torino-20186470/

 

Contattimr-to.eventi@cultura.gov.it

 

Giardini Reali, Giardino Ducale foto Dario Fusaro per i Musei Reali di Torino