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Per il concorso “A/R Andata e racconto”
“Viaggiare con leggerezza”: ispirandosi al titolo della terza edizione di “A/R Andata e racconto. Appunti di viaggio”, concorso letterario organizzato dal Salone Internazionale del Libro di Torino e Gruppo FS, il giurato Guido Catalano, definito la “rockstar della poesia”, scrittore, poeta e performer, incontra il pubblico giovedì 17 aprile alle ore 18.30 alla Galleria Subalpina di Torino (presso il dehor Caffè Baratti e in collaborazione con Libreria Luxemburg).
Fedele al suo stile ironico e poetico, Guido Catalano proporrà la lectio magistralis “Leggeri come versi, senza bagagli inutili” per raccontare la sua idea di viaggio.
“Il viaggio è un’arte, e viaggiare con leggerezza è un’esigenza dell’anima oltre che delle nostre articolazioni. In questa lectio magistralis, che di magistralis – vi avverto – avrà poco, esploreremo il concetto di viaggio attraverso la poesia, compagna di viaggio ideale, capace di trasformare ogni spostamento in un’esperienza interiore profonda. Attraverso i miei versi e quelli di altri poeti che mi stanno simpatici, rifletteremo su cosa significhi partire, perdersi, ritrovarsi e lasciar andare. Alla fine dei conti credo che un buon viaggio sia come una buona poesia: meglio pochi versi ben scritti che un romanzo pieno di bagagli inutili”. Guido Catalano.
Nato per stimolare la scrittura attorno al tema del viaggio, che sin dall’antichità e dal mito di Ulisse, affascina l’essere umano, il concorso “A/R Andata e racconto”, il cui bando per la presentazione dei racconti è scaduto il 21 marzo, ha dedicato la terza edizione al tema “Viaggiare con leggerezza: istruzioni per l’uso”. Il viaggio reale o desiderato, il viaggio nella storia o nel futuro, il viaggio della scoperta o della rinascita: sono tanti i percorsi che possono essere raccontati attraverso la lente della leggerezza, quella dell’anima o quella ambientale, quella relazionale o quella comunitaria.
I tre migliori racconti saranno premiati sabato 17 maggio (ore 10.30, Sala indaco) al Salone Internazionale del Libro di Torino e verranno pubblicati in un’antologia cartacea (o ebook), insieme ai testi originali di scrittori e scrittrici che fanno parte della Giuria finale (Guido Catalano, Antonella Lattanzi, Lorenza Pieri, Matteo Nucci, Nadeesha Uyangoda e Simona Vinci). La casa editrice sarà selezionata da Ferrovie dello Stato Italiane.
Guido Catalano. “A 17 anni ho deciso che volevo diventare una rock star. Poi ho capito che non ce la facevo e ho ripiegato su poeta professionista vivente, che c’erano più posti liberi”. Così ama descriversi Guido Catalano, nato a Torino nel 1971, autore di numerose raccolte di poesia. Presenta i suoi libri attraverso reading e momenti di cabaret in club e locali italiani, spesso a fianco di artisti musicali. Ha pubblicato per Miraggi Edizioni Ti amo ma posso spiegarti e Piuttosto che morire m’ammazzo, e successivamente per Rizzoli e Feltrinelli. Tra le pubblicazioni: il romanzo D’Amore si muore ma io no (Rizzoli, 2016), Ogni volta che mi baci muore un nazista (Rizzoli, 2017), Fiabe per adulti consenzienti (Rizzoli, 2021), Amare male (Rizzoli, 2022), Smettere di fumare baciando (Rizzoli, 2023), Cosa fanno le femmine in bagno? (Feltrinelli, 2024). Cura una rubrica su Torino7 di La Stampa.
IL CONCORSO
(bando scaduto il 21 marzo)
Il titolo della terza edizione del concorso “A/R Andata e racconto. Appunti di viaggio”, organizzato dal Salone Internazionale del Libro di Torino e Gruppo FS, è Viaggiare con leggerezza: istruzioni per l’uso.
Al concorso, il cui bando è scaduto il 21 marzo, sono stati ammessi racconti inediti con una lunghezza compresa tra le 15.000 battute e le 20.000 battute (spazi inclusi). Una prima commissione tecnica, nominata dal Salone Internazionale del Libro di Torino, selezionerà una rosa di quindici racconti finalisti, le cui autrici e autori riceveranno una carta regalo di Trenitalia del valore di 100 euro. I quindici testi finalisti saranno sottoposti al giudizio della Giuria finale, composta da otto scrittrici e scrittori – Guido Catalano, Antonella Lattanzi, Lorenza Pieri, Matteo Nucci, Nadeesha Uyangoda e Simona Vinci – e da un rappresentante del Gruppo FS, che selezionerà i tre racconti vincitori.
I tre migliori racconti saranno premiati a maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino, che si svolgerà dal 15 al 19 maggio 2025, e verranno pubblicati in una antologia cartacea (o ebook), insieme ai testi originali di scrittori e scrittrici che fanno parte della Giuria finale. La casa editrice sarà selezionata da Ferrovie dello Stato Italiane.
Siamo dotati di una vita spirituale che abita gli spazi più reconditi del nostro materiale corpo fisico, oppure siamo esseri meccanicistici solo guidati da istinti, cellule, fibre, ossa, muscoli e circuiti neuronali?
Questa è una ‘insignificante domanda che semplicemente’ tormenta’ l’umanità dai suoi primordi.
Pur volendo ammetterne una non ancora provata esistenza, cosa formerebbe l’anima/coscienza? Si potrebbe delinearne una forma, definendone addirittura il peso?
In Occidente esiste un’antica raffigurazione dell’XI secolo, ancora visibile nel santuario di Monte Sant’Angelo, in Puglia. Lo stabilire il peso delle anime dei Cristiani spetterebbe all’arcangelo Michele, raffigurato con una bilancia che pesa le anime.
Bisogna tornare però indietro nel tempo e allontanarsi dall’Europa per altre testimonianze di questa operazione.
La teoria religiosa più storicamente affascinante risale al mito egizio della Psicostasia che ne stabiliva (bilanciato dal peso di una piuma) il valore di ogni essenza spirituale.
Nel Libro dei morti, il testo funerario egizio, viene descritta la pesatura del cuore o pesatura dell’anima. L’anima del defunto, prima di essere accolta nell’aldilà, veniva sottoposta a questo processo. Nella sala del tribunale di Osiride il dio Anubi, divinità della mummificazione (oppure Horus, dio della luce, del cielo e della bontà), poneva su uno dei piatti di una bilancia il cuore della persona; sull’altro piatto si reca invece una piuma, che rappresentava Maat (dea della giustizia).
Al dio Thot, divinità della saggezza, spettava l’esito dell’operazione. Se il cuore della persona era uguale al peso della citata piuma, significava una vita passata nella giustizia. In caso contrario interveniva Ammit, creatura mostruosa divoratrice delle anime.
Le interpretazioni su cosa sia la vita dopo la vita, sono però tantissime, praticamente collegate ad ogni cultura passate e presente.
Il loro fascino è indubbio ma noi cercheremo di affrontare l’argomento senza appoggiarci all’archeologia, a teorie religiose e ai miti, ma lavoreremo su confronti similmente razionali (quindi in linea di massima scientifici e riproducibili).
Secondo il medico statunitense Duncan Mac Dougall, nato nel 1866 in Massachusetts, l’anima avrebbe un peso riscontrabile e da lui calcolata nel 1907, con un proprio sistema empirico, in 21 grammi circa.
Pur se descriviamo esperimenti condotti con logiche di inizio XX secolo, il dato non può che portare ancora oggi a riflettere. Quale il sistema utilizzato dal medico statunitense? La medicina di allora era poco paragonabile con quella del giorno d’oggi, anzi, la sua logica di intervento – oggettivamente riscontrata – fu addirittura più vicina alla misurazione della tara dei gravi, rispetto a una teoria medica.
Mac Dougall pesò i corpi di sei persone sulla soglia della morte, ripesandoli dopo il decesso (allora i malati di diabete o tubercolosi a livello terminale erano portati in ospedale, che funzionava un po’ come i nostri Hospices).
A seguito di ripetute verifiche, il medico si rese conto che il corpo perdeva impercettibilmente peso.
Lo stesso esperimento con alcuni cani non diede alcuna variante di peso “prima-dopo”.
I risultati di tale esperimento vennero pubblicati sull’American Medicine Association con una sua teoria che quantificò in 21 grammi circa il peso dell’anima, in quanto i cadaveri stabilmente diminuivano di peso e tutti con simili differenze.
Ovviamente questa teoria, benché pubblicata, fu accolta dalla comunità scientifica con grande scetticismo, anche per la mancanza di esatte prove effettive sui metodi utilizzati, né tantomeno – ora come allora – dell’esistenza stessa dell’anima.
Secondo la maggior parte dei medici del tempo, questa diminuzione di peso si spiegò con il fatto che la temperatura del sangue in vita sia più alta e quindi tale cambiamento sarebbe provocato da una forma di sudorazione. Inoltre il medico utilizzò una bilancia industriale giudicata di scarsa sensibilità. Per un esperimento del genere il medium tecnologico deve essere invece precisissimo.
Altra spiegazione empirica fu trovata con l’osservazione nell’attimo del fine vita: con la cessazione del battito cardiaco, i polmoni si svuotano esalando il cosiddetto “ultimo respiro”. Infatti l’aria, per quanto minimo un suo peso ce l’ha!
Questo lontano esperimento, seppur non attendibile scientificamente, è diventato però estremamente popolare e rimasto impresso nell’immaginario collettivo. Fatto scientificamente curioso è però che dal 1907 nessuna ricerca ha più cercato di approfondire, confutare, affermare (soprattutto grazie agli stupefacenti traguardi raggiunti dalla scienza) sperimentalmente quanto messo a disposizione dal Duncan Mac Dougall.
Potremmo azzardare l’ipotesi che sia ancora in essere da parte della Scienza Medica una ritrosia culturale ad affrontare enormi concetti come l’esistenza di Anima, Coscienza e Spirito.
Recenti commenti (non sperimentali) ai fatti del 1907 portano almeno teoricamente a spiegazioni piuttosto convincenti. La perdita di peso di alcuni grammi non sarebbe un indizio al peso dell’anima, perché unicamente attribuibile a processi fisiologici come la perdita dei fluidi corporei, il rilassamento dei muscoli (che può portare ad espellere aria residua dai polmoni), nonché un veloce inizio di decomposizione dei tessuti e la presenza di insetti necrofagi.
Prima di addentrarci ulteriormente sull’argomento con un’altra più recente fonte, consideriamo utile portare a una veloce scorsa ai tre concetti, approssimativamente simili ma invece con sensibili differenze[1]:
. Anima = essenza metafisica, eterna e individuale e risultato dell’incontro/scontro fra spirito e materia. L’anima sarebbe la forma del corpo e di un suo intangibile principio vitale.
. Spirito = Lo Spirito rappresenterebbe Dio stesso, inafferrabile entità che risiederebbe in ognuno di noi.
. Coscienza = capacità della mente di presenza in uno stato di veglia (contrapposizione di incoscienza) nella quale si acquisisce consapevolezza del Sé, raggiungendo una “unità” di ciò che viene appreso con l’intelletto. Nella vita di tutti i giorni utilizziamo infatti spesso l’espressione “peso della coscienza”. Il termine è anche declinato come senso di Morale.
Su ciò ha lavorato il famoso Fisico francese Jean Emile Charon (Parigi 1920 – Ballainvilliers 1998). Ingegnere chimico, si specializzò in ingegneria nucleare, per orientarsi definitivamente verso la Fisica Teorica Fondamentale.
Charon, dopo lunghi studi è pervenuto all’ipotesi dell’elettrone (particella subatomica con carica elettrica negativa, ritenuta particella elementare); questa sarebbe anche fondamentale come dimensione dello Spirito e sinonimo di Forza Vitale.
Per ridurre il concetto a una facile comprensione, l’elettrone sarebbe il luogo fisico in cui la dimensione dello Spirito (il divino?) trova il suo collegamento con la dimensione della materia il cui piano, in questa prospettiva, cessa di presentarsi come essenza unicamente materica.
Innovatore totale, pur se non ancora riconosciuto (fatto non certo unico fra le grandi menti), questo Fisico francese, con una produzione intellettuale in bilico fra scienza teorica e filosofia ha scritto che:
“una Scienza che studi la formazione, la struttura e l’evoluzione dell’universo “deve lasciar coesistere nel suo linguaggio Materia e Spirito, anche se comunque sia compatibile con le esigenze di ogni linguaggio scientifico: rigore logico, rispetto scrupoloso dell’osservazione … Il compito più importante del XXI secolo sarà proprio quello di sviluppare lo studio dello Spirito, quale proprietà essenziale della materia e dei suoi poteri”.
Il suo lascito resta un aperto invito ad accogliere una prima idea su ciò che Hegel chiamò Fenomenologia dello Spirito, un concetto di vicinanza immateriale da leggere come ponte verso il linguaggio scientifico. Per condensare il concetto, La concezione dell’Evoluzione in Charon sarebbe imperniata sullo Spirito, quale autentico deus ex machina della stessa evoluzione, governata dallo Spirito e non dalla materia, o almeno non dalla sola materia.
Quindi torniamo all’inizio dell’articolo: esiste un’anima in ognuno di noi, esiste un Dio come essenza primigenia a capo di tutto ciò che viviamo e vediamo?
Le prime, elementari ricerche del medico Mac Dougall sull’esistenza di un corpo immortale residente nel corpo mortale potrebbero avere un senso o questi 21 grammi sono unicamente legati ad un umanissimo polmone che si svuota d’aria dopo la morte? Sono un minimo realistici remoti concetti religiosi come il biblico Uomo Pneumatico, essere vivente solo grazie a un divino e inesprimibile soffio vitale?
Albert Einstein, che di sistemi planetari, forze fisiche e masse stellari se ne intendeva, ci ha lasciato un possibilistico pensiero, pur se non collegato alla sua invitta Teoria della Relatività:
“Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile”.
.. e se di misteri ne ha parlato lui, come possiamo vivere ancorati a troppe certezze noi?
Ferruccio Capra Quarelli
[1] I termini sono solo indicativi perché numerose fonti filosofico/religiose/psicologi
Testimonianze d’arte tessile orientale tra XVI e XIX secolo di collezioni private
Al castello di Agliè viene ospitata fino al 4 maggio prossimo una mostra curata da Luca Emilio Brancati dal titolo “Nobili tappeti. Testimonianze d’arte tessile orientale tra XVI e XIX secolo da collezioni private”, ideata e prodotta in collaborazione con il Rotary Club Cuorgnè e Canavese e con la galleria Mirco Cattai.
Curatore della mostra è il professor Luca Emilio Brancati del Dipartimento di Storia dell’arte dell’Università di Torino e coordinatore nella scelta delle opere da esporre il noto antiquario del settore Mirco Cattai, insieme al socio rotariano Gianni Sella, in collaborazione quanto la mostra rappresenta l’evento celebrativo del quarantennale della fondazione del RC Cuorgnè e Canavese.
Si tratta ei una straordinaria esposizione di tappeti orientali rari, provenienti dalla Persia, Anatolia e Caucaso e rappresenta un’occasione unica per immergersi nella bellezza e nell’arte tessile orientale, con un’accuratezza nella selezione di opere che narrano secoli di tradizione e maestria.
La mostra si apre nel grande salone di ingresso al castello con una sezione dedicata a esemplari provenienti dall’area di Tabriz, territorio montagnoso nel nord ovest persiano, all’incrocio delle rotte commerciali verso la Russia. Questi tappeti erano molto richiesti nell’Ottocento dal mercato americano ed europeo, prevalentemente in seta, materiale che giungeva dalla Cina e dall’India. Nella sala d’aspetto è esposto un gra de tappeto che appartiene al villaggio di Bacshaiesh, di grandissime dimensioni. Nella galleria Le Tribune prosegue il percorso espositivo dove si incontra un primo nu Leo di tappeti provenienti dall’Anatolia occidentale e risalenti al 500 e 600, di provenienza di Ushak. Giunsero nelle corti europee esportati in epoca ottomana da mercanti genovesi e veneziani, gli stessi che compaiono nei dipinti di Tintoretto e Lorenzo Lotto. Vi è anche un esemplare appartenente alla collezione della Fondazione Francesco Federico Cerruti, oggi inserita nel polo museale del Castello di Rivoli. Non mancano tappeti presenti sempre nella galleria come transilvani . Si tratta di un nucleo di esemplari che provengono dalle chiese della omonima Regione della Romania. Decorazioni geometriche a stella o a raggiera, sono tipiche dei tappeti provenienti dai villaggi, costituiti da lane più pesanti e da colori vivaci e contrastanti.
Durante tutto il periodo di apertura della mostra, giovedì 17 aprile alle ore 15, si terrà una visita con laboratorio didattico per famiglie, dal titolo “Trame di colore”, che consentirà di scoprire segreti dell’arte e i colori di tappeti. L’attività è prevista nell’ingresso al castello.
Info: prenotazione obbligatoria su drm-pie.aglie.sed@cultura.gov.it
Castello di Agliè- piazza Castello 1
Da lunedì a domenica dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 19. Martedì chiuso
Info:0124 330102
Mara Martellotta
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Dal 9 aprile al 30 maggio prossimo a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte, è esposta la mostra fotografica “La meraviglia Unesco di Langhe Roero e Monferrato”, realizzata in collaborazione con l’associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato e curata da Gian Mario Ricciardi.
All’inaugurazione il 9 aprile scorso a palazzo Lascaris sono intervenuti Domenico Ravetti e Fabio Carosso, vicepresidente e consigliere segretario del Consiglio regionale del Piemonte, Giovanna Quaglia e Bruna Bertero, presidente e direttore dell’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe Roero e Monferrato; Enzo Massa, Carlo Avataneo, Enzo Isaia, fotografi autori delle immagini esposte.
I magnifici scenari delle colline puntellate di vigneti e antichi borghi compongono la mostra fotografica con gli scatti di tre fotografi locali, Enzo Massa, Carlo Avataneo e Enzo Isaia, che hanno saputo immortalare la vera essenza di questi luoghi ormai conosciuti in tutto il mondo. L’esposizione è composta di sessanta immagini a colori, è aperta al pubblico nella galleria Spagnuolo di Palazzo Lascaris, in via Alfieri 15 a Torino fino al 30 maggio prossimo.
Orario dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, ingresso gratuito
Questo territorio è entrato a far parte della World Heritage List Unesco il 22 giugno 2014, riconosciuto “paesaggio culturale Patrimonio dell’umanità grazie all’autentica e antica arte della vinificazione che si è evoluta nel corso dei secoli, divenendo un fulcro della vita economica e sociale del territorio, testimonianza dell’interazione tra l’uomo e l’ambiente.
“Dobbiamo promuovere e proteggere la bellezza meravigliosa di questi luoghi – hanno affermato Ravetti e Carosso – un bene naturale curato dall’uomo che sta aumentando la consapevolezza di coloro che qui vivono e lavorano da sempre”. “ Invito tutti ad organizzare una visita in questo territori meravigliosi e a perdersi tra le colline – ha affermato Giovanna Quaglia, presidente dell’Associazione- stiamo facendo tutto il possibile per conservare il territorio e andare verso un turismo sostenibile e di qualità”.
“Compito del fotografo – ha detto Carla Avataneo anche a nome dei due colleghi- è far vedere attraverso le immagini ciò che il passante guarda soltanto. Oltre alle colline e ai borghi abbiamo inserito in ogni immagine anche gli elementi naturali tipici del panorama delle nostre zone, il Monviso e il fiume Tanaro”.
L’Associazione per il Patrimonio dei paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato è nata nel 2011 con lo scopo specifico di presentare la candidatura all’Unesco e dal 2014 di gestire il sito. All’associazione aderiscono oltre cento comuni, numerose associazioni e aziende, non solo legate alla sfera vitivinicola, ma che operano a vario titolo sul territorio e che partecipano attivamente all’ambizioso progetto legato all’unicità e eccezionalità di questo paesaggio.
I territori che fanno ufficialmente parte dei Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità comprendono 10 mila ettari nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo e sono: la Langa del Barolo, il castello di Grinzane Cavour, le colline del Barbaresco, Nizza Monferrato e il Barbera, Canelli e l’Asti Spumante, il Monferrato degli Infernot.
Mara Martellotta
Dal 12 aprile al 4 maggio “Exodos, popoli in cammino”, la mostra fotografica nata da un’idea dell’Associazione degli ex allievi del Master di Giornalismo Giorgio Bocca e promossa dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, sarà visitabile a Savigliano (Cn) nel palazzo Muratori-Cravetta in via Jerusalem n.4. L’evento è frutto di grazie una collaborazione tra l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Oasi Giovani – Progetto Oceano, e l’Assessorato alla cultura del Comune di Savigliano con l’obiettivo di dare volto, voce e immagine alle donne e agli uomini in viaggio. Nel 2024 la mostra dall’evocativo titolo ( Exodos-Exit, dal greco uscita) è stata rilevata dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte che ha deciso di riproporla aggiornandone i contenuti. Ne sono coinvolti tredici fotoreporter piemontesi ( Marco Alpozzi, Max Ferrero, Stefano Stranges, Mauro Donato, Giulio Lapone, Matteo Montaldo, Giorgio Perottino, Mirko Isaia, Simona Carnino, Mauro Ujetto, Andreja Restek, Renata Busettini, Paolo Siccardi ) che nel loro percorso professionale hanno descritto il fenomeno delle migrazioni in diversi contesti mondiali. Un racconto che parte dai paesi di origine dei migranti, in contesti spesso sconosciuti al grande pubblico, per arrivare a quanto accade nei nostri confini, da Trieste alla Val Susa fino a Ventimiglia.
Immagini per testimoniare e per indurre alla riflessione su un fenomeno talvolta analizzato e discusso dimenticando che dietro ai freddi numeri delle persone in viaggio ci sono le storie e i volti di persone in carne, cuore e ossa. Del resto, come sosteneva il grande Henri Cartier-Bresson, “la fotografia può fissare l’eternità in un attimo” e un buon fotografo deve cercare “ di mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l’occhio”. Exodos, come nella tradizione del migliore giornalismo, non ha l’obiettivo di indicare soluzione politiche, ma vuole fornire a chi la visiterà qualche strumento in più per formarsi un’opinione libera e documentata su un fenomeno complesso che non può conoscere semplificazioni. La mostra è già stata esposta in quaranta città italiane e nel 2017 al Parlamento Europeo a Bruxelles, ottenendo la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica Italiana, il patrocinio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e il patrocinio dell’Alto Commissario della Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). L’allestimento conclude il ciclo sulla memoria de “La guerra fuori, la guerra dentro” del progetto Oceano. Sarà visitabile il sabato, dalle 15 alle 18, e la domenica, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.
M.Tr.
Presentazione, al “Circolo dei Lettori” di Torino, del tema scelto per la sesta edizione del Festival
Sabato 12 aprile, ore 16
Una giovane ragazza si apre un varco fra la fitta vegetazione “simbolo della complessa rete di regole e restrizioni disseminate da sempre lungo il cammino delle donne”. Il volto é però sorridente, proprio di chi, pur se a fatica, riesce comunque a farsi strada superando le non poche e rischiose difficoltà incontrate nel percorso; la bocca è aperta “a rappresentare la parola liberata”. L’immagine – guida della sesta edizione di “Contemporanea. Parole e storie di donne”, progetto della biellese Associazione “BI-Box – APS” (a cura di Irene Finiguerra, Barbara Masoni, Stefania Biamonti, Laura Colmegna, Patrizia Bellardone e Mariangela Rossetto) rappresenta alla perfezione il tema della nuova edizione del Festival “Al cuore dei tabù”ed è opera egregia per intuizione concettuale, segno nitido e vibrante cromia dell’artista romana, residente a Parigi, Francesca Protopapa(alias “Il Pistrice”). Dunque, “tabù”. “Tabù” di genere.
E quanti, mai del tutto superati, per le donne! “Tuttavia – sottolineano da ‘BI-Box’ – in ogni tabù si nasconde un’opportunità per sfidare i limiti e riscrivere le regole. Nel 2025, il fil rouge che caratterizzerà il festival di settembre (da venerdì 26 a domenica 28) invita a superare ciò che ci trattiene, a mettere in discussione preconcetti e tradizioni e a dare spazio a ciò che non può essere detto. Si va insieme al cuore dei ‘tabù’, trasformandoli in storie di possibilità, apertura e forza creativa”.
L’appuntamento per l’anteprima del Festival è in programma sabato 12 aprile, al torinese “Circolo dei Lettori” di via Bogino 9, dalle 16 alle 19,15, con otto ospiti d’eccezione impegnate a declinare il tema di quest’anno, ognuna a proprio modo.
Si inizia con un “monologo” di Barbara Frandino scritto appositamente per l’occasione, in cui si affronta un tabù “poco esplorato”: quello dell’ “infelicità”. Obiettivo della scrittrice, quello di “rivalutare l’accettazione della sofferenza come atto rivoluzionario di consapevolezza e libertà”.
A seguire focus sul “linguaggio dell’arte”,utilizzato da “Contemporanea” come chiave di lettura del mondo fin dalla sua prima edizione. Ecco allora, su questa linea, l’incontro con Francesca Alinovi, protagonista dell’appuntamento con la giornalista e critica musicale Giulia Cavaliere , che approfondisce la sua opera a partire dal libro “Quel che piace a me” (Electa, 2024), restituendo il ritratto di una critica “carismatica, anticonformista e visionaria”. Anna Peyron (la “gallerista di Pistoletto, Merz e Boetti” nonché magica fondatrice del “Vivaio Anna Peyron” di Castagneto Po, specializzato nella coltivazione di rose antiche e botaniche, ortensie, clematidi, piante e bulbi per amatori) racconta invece un periodo di grande fermento culturale attraverso il saggio “L’arte che abbiamo attraversato” (add editore, 2024): un viaggio nella Torino del “boom economico”, tra entusiasmo e trasformazioni che hanno segnato la scena artistica della città.
A partire, invece, da “Il mito della bellezza” di Naomi Wolf, Simona Gavioli, critica d’arte e curatrice indipendente, osserva e riflette sulla trasformazione dell’ideale di bellezza imposta da “tabù da infrangere”, diventando un campo di battaglia nell’arte contemporanea.
L’evoluzione del “ruolo del femminile” è al centro dell’incontro successivo con Eloisa Morra(professoressa associata di “Letteratura italiana contemporanea” all’“Università di Toronto”, dove coordina il progetto “Sciascia Archive”) che si svilupperà intorno al testo “La mela e il serpente” (nottetempo, 2025) di Armanda Guiducci: un testo definito dalla stessa Morra “radicale nel pensiero e nelle pratiche”, che, intrecciando esperienza individuale e collettiva, mescola antropologia e memoir per costruire una nuova consapevolezza delle donne e del loro posto nel mondo.
Alle 18, il contributo dell’Associazione biellese (attiva sul tema della violenza contro le donne) “Mafalda VocidiDONNE” rende omaggio alla scrittrice milanese Brunella Gasperini (1918 – 1979) con la lettura di un racconto tratto da “Storie d’amore, storie d’allegria”, Rizzoli 1976 . Un momento di ascolto dedicato a una “voce libera e fuori dagli schemi, ancora oggi attuale nel suo messaggio”.
A chiudere la giornata, lo speech della giovane scrittrice torinese Giulia Muscatelli che prende le mosse dal suo ultimo libro “Io di amore non so scrivere”, un’indagine sul linguaggio e sulle esperienze degli adolescenti di oggi, per capire come siano vissute e raccontate dai giovani le relazioni nell’epoca digitale.
Ricordiamo ancora che, sabato 17 maggio, “Contemporanea” sarà a Milano, ospite per la prima volta della “Fondazione Mondadori”, con una nuova tappa di avvicinamento alla data d’inizio Festival. Tutti gli appuntamenti sono ad ingresso gratuito.
I possessori della Carta “Io leggo di Più” del “Circolo dei Lettori” possono prenotare (tel. 011/8904401 o info@circololettori.it ), fino a esaurimento posti.
Per ulteriori info e programma dettagliato: www.contemporanea-festival.com
g.m.
Nelle foto: Francesca Protopapa, Immagine-guida “Contemporanea 2025”; Barbara Frandino (Ph. Denitza Diakovska); Anna Peyron; Simona Gavioli
A Torino si celebra il cinquantenario dell’uccisione di Tonino Micciché con tante iniziative di ricordo del suo impegno
1975/2025 si celebra il cinquantenario della morte di Tonino Micciché, ‘il sindaco senza palazzo’. Tonino Micciché è parte della storia di Torino degli anni Sessanta e Settanta.
Emigrato dalla Sicilia, vi giunge nel 1968 ove, assunto alla Fiat Mirafiori, inizia la sua lotta sia in fabbrica sia per la casa.
Le sue grandi doti umane e il suo profondo impegno lo portano ad essere il “sindaco senza palazzo” della Falchera. Fu, infatti, il coordinatore delle occupazioni alla Falchera, iniziate nell’autunno del 1974 e parte di un periodo extra-ordinario e fortemente emergenziale che si inserisce nel contesto di una città assolutamente impreparata ad accogliere l’afflusso immigratorio richiesto dalla caotica crescita economica, un periodo anche molto violento da ambo le parti, dalla battaglia di corso Traiano alle requisizioni di case private e che ha visto le assegnazioni talora asservite ai poteri forti cittadini.
Per contro, quelle alla Falchera furono occupazioni che, grazie al gran lavoro fatto da Micciché, si svolsero senza scontri e portarono a un accordo con le Istituzioni, Comune e IACP, l’allora ATC, per garantire una casa a tutti, in base alle necessità delle famiglie.
Micciché è stato davvero il sindaco senza palazzo di Falchera perché ha operato fuori dell’interesse personale, non essendo né un occupante né un assegnatario, nonché con proposte e azioni al di sopra delle parti e volte unicamente al bene del quartiere.
Ciononostante, il 17 aprile 1975 Micciché venne ucciso a sangue freddo, con un colpo di pistola alla testa. Alla Falchera e alla città di Torino rimane il suo lascito. La macchina da lui avviata e guidata finché era in vita ha poi portato ad attuare l’accordo e a dare una casa sia agli assegnatari sia agli occupanti.
In occasione del cinquantenario dell’uccisione di Micciché, per iniziativa del Comitato per Tonino Micciché, in collaborazione con il Centro Studi Piero Gobetti, che conserva la documentazione originale sull’attività di Tonino Micciché all’interno del Fondo Marcello Vitale sui movimenti politici e sociali degli anni Settanta, vengono organizzate le commemorazioni sia con la raccolta di firme per chiedere al Comune il riconoscimento ufficiale della targa dedicata a Tonino Micciché e ubicata in via degli Ulivi 29, sia con un ricco calendario di cinque appuntamenti, alla Falchera e in giro per la città, suddiviso in una rassegna cinematografica, classi sociali attraverso l’obiettivo- visioni di conflitti urbani e di vita borghese- e a conclusione il tributo a Tonino.
10 aprile ore 19 Cinema Cascina Roccafranca, via Rubino 45.
Ore 19 Alla Fiat era così ( M. Calopresti)
Ore 20.15 Il medico della Mutua ( L. Zampa)
A seguire il dibattito con Giacomo Ferrante, modera Marco Revelli
MARA MARTELLOTTA
Foto archivio Polo ‘900
Un appuntamento per celebrare la riapertura del Giardino di Levante e offrire un’esperienza unica tra bellezza e cultura
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È un’esperienza unica tra bellezza e cultura quella che i Musei Reali di Torino offrono al pubblico venerdì 11 aprile 2025.
Dalle 17.30 alle 21.00 si celebra la Festa di Primavera, un evento ricco di appuntamenti per festeggiare la riapertura del Giardino di Levante dopo i lavori di restauro finanziati con fondi PNRR.
Si inizia alle ore 17.30 con la presentazione istituzionale della statua in marmo che raffigura l’allegoria della Primavera, copia fedele della scultura di Simone Martinez realizzata tra il 1740 e il 1753, una delle Quattro Stagioni destinate al Rondò alfieriano della Reggia di Venaria e trasferite nei Giardini Reali in epoca napoleonica.
Dalle ore 18.15, si prosegue con il Gran Ballo Ottocentesco, organizzato dai Musei Reali in collaborazione con la Società di Danza Torinese per rievocare il clima di slancio e coesione sociale che ha dato impulso all’Unità d’Italia. I ballerini, indossando splendide riproduzioni di abiti da ballo risorgimentali, eseguiranno quadriglie, valzer, mazurke e danze figurate sulle più belle composizioni di Giuseppe Verdi e degli Strauss, trasportando il pubblico nell’atmosfera delle grandi feste di Corte ottocentesche. Nell’esibizione si materializza il gioco delle relazioni sociali e delle regole di etichetta su cui si fondava la vita pubblica della società ottocentesca. Al contempo, prende vita una forma artistica in cui grazia e precisione si fondono con il gusto dell’incontro e del corteggiamento cavalleresco.
Completa l’iniziativa un brindisi al tramonto e la visita libera in esclusiva all’Appartamento della Regina Elena, situato al piano terreno di Palazzo Reale, straordinariamente aperto per l’occasione.
Il biglietto ha un costo di 10 euro per tutte e tutti, anche per chi possiede l’Abbonamento Musei e le card turistiche, e include l’accesso ai Giardini Reali, la visita libera all’Appartamento della Regina Elena e il brindisi. L’ingresso è gratuito fino agli 11 anni e per le persone con disabilità. In caso di maltempo, il Gran Ballo di Primavera si terrà nel Salone delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale e il brindisi nella Corte d’Onore.
Il restauro del Giardino di Levante I Giardini Reali costituiscono un’area unica per valore monumentale e ambientale e si estendono su una superficie di circa 8,5 ettari. Il Giardino di Levante è stato oggetto di un accurato restauro durato oltre un anno (ottobre 2023-dicembre 2024), finanziato con fondi PNRR, che ha previsto un lotto di lavori e uno di valorizzazione. La prima parte d’interventi ha interessato diverse componenti, da quella vegetale a quella architettonico-scultorea, dall’impiantistica alla sicurezza e accessibilità. Per la valorizzazione, l’azione più incisiva ha riguardato il reintegro delle statue delle Quattro Stagioni sui basamenti posti nell’esedra, a corredo della fontana delle Nereidi e dei Tritoni. Queste sculture, realizzate in marmo di Frabosa, furono scolpite tra il 1740 e il 1753 da Simone Martinez, nipote di Filippo Juvarra, giunto da Roma a Torino nel 1736. Nominato il 22 marzo “Scultore in marmi”, dal 1738 avvia presso la Corte sabauda il Regio Studio di scultura dove, dal 1752, risultano presenti le quattro allegorie. Le statue di Martinez, probabilmente concepite per la Galleria della Regina (detta anche del Beaumont) a Palazzo Reale, furono poi allestite alla Reggia di Venaria nel Rondò progettato dall’architetto Benedetto Alfieri. Nel 1798, quando l’occupazione francese sancì la dismissione di Venaria Reale quale residenza di Corte, si iniziò a lavorare al riarredo delle residenze alla luce del nuovo potere. In particolare, nei Giardini del Palazzo Reale di Torino si operò l’inserimento delle statue delle Quattro Stagioni, che risultano presenti già dal 1811, collocate sui basamenti dove in precedenza forse erano stati posti i Quattro Elementi di Francesco Ladatte e dove rimasero per i due secoli successivi. Con l’intento di restituire la presenza, storicizzata, delle sculture di Simone Martinez nel contesto del Giardino di Levante, all’interno del progetto PNRR è stata realizzata la copia dell’allegoria della Primavera, una giovane donna dall’aspetto aggraziato, con lineamenti morbidi e una postura elegante, attraverso la digitalizzazione del processo artistico, l’acquisizione di modelli tridimensionali mediante scansioni ad alta risoluzione, la programmazione di robot antropomorfi per lavorazioni complesse e la finitura manuale, elemento imprescindibile per garantire il risultato fedele all’originale.
L’appartamento della regina Elena Situato al piano terreno di Palazzo Reale verso il Giardino, l’appartamento ha sempre mantenuto la funzione di abitazione privata e fu quasi sempre occupato da componenti della Famiglia Reale: nel XVIII secolo, prima dal principe ereditario Vittorio Amedeo Filippo, poi dalle principesse Maria Adelaide e Maria Luisa Gabriella e, intorno al 1789, da Maria Felicita, sorella di Vittorio Amedeo III, principessa che non aveva contratto matrimonio e che rimase a vivere alla Corte paterna. Durante gli anni della dominazione napoleonica fu utilizzato dal Governatore francese di Torino, Camillo Borghese. Al ritorno dei Savoia, nel 1815, dapprima venne lungamente impiegato come foresteria e, nel 1857, ospitò la zarina di Russia Alessandra Fedorovna, vedova di Nicola I, e i Granduchi Costantino e Michele. Tornò poi a essere utilizzato dai Savoia, prima da Umberto e Margherita giovani sposi e poi dal duca d’Aosta Amedeo e dalla seconda moglie Maria Letizia. Infine, nei primi decenni del Novecento, l’Appartamento fu abitato per i soggiorni torinesi dalla regina Elena, moglie di Vittorio Emanuele III, che occupava invece l’attiguo Appartamento del Re, con affaccio sulla Piazzetta Reale. L’Appartamento conserva dunque importanti e stratificati apparati decorativi, risultato degli ammodernamenti e dell’aggiornamento del gusto nei secoli.
FESTA DI PRIMAVERA Musei Reali di Torino (Piazzetta Reale, 1) Venerdì 11 aprile 2025, dalle 17.30 alle 21.00 (ultimo ingresso ore 20.00)
Programma: 17.30: Apertura al pubblico Dalle 18.15: Gran Ballo Ottocentesco e animazione storica Biglietti Costo: 10 euro, anche per chi possiede l’Abbonamento Musei e le card turistiche. Gratuito fino agli 11 anni e per persone con disabilità.
Il biglietto comprende: Ingresso ai Giardini Reali Un calice di vino bianco o rosso per il brindisi nel Giardino di Levante Esibizione di danze ottocentesche Visita libera all’Appartamento della Regina Elena, al piano terreno di Palazzo Reale
Il pubblico potrà scegliere tra un calice di vino bianco o rosso. Dopo il primo calice, incluso nel biglietto di ingresso, sarà possibile acquistare ulteriori consumazioni, esclusivamente tramite pagamenti elettronici e non in contanti.
In caso di maltempo, il Gran Ballo di Primavera si terrà nel Salone delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale e il brindisi nella Corte d’Onore
Dove acquistare: Presso la biglietteria dei Musei Reali entro le ore 20.00 Online https://www.ticketone.it/artist/musei-reali-torino/musei-reali-festa-di-primavera-3851565/
Informazioni: mr-to.eventi@cultura.gov.it |