“Earth’s Memory”
Fino al 18 novembre
Bard (Aosta)
C’erano una volta i ghiacciai. Triste, drammatica, realtà. Da anni, ormai, il più grande serbatoio d’acqua dolce sulla Terra (che fino a 20mila anni fa ricopriva il 32% delle terre emerse e oggi meno del 10%) sta infatti pian piano consumandosi sotto l’incessante tragico fenomeno del surriscaldamento del pianeta e della crisi climatica più in generale. A darne ulteriore testimonianza la mostra “Earth’s Memory”, promossa ed organizzata, fino al prossimo 18 novembre, dal valdostano “Forte di Bard” e che, in anteprima mondiale, presenta i risultati – 90 scatti fotografici – del progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”, il viaggio fotografico – scientifico, portato avanti per tredici anni, dal fotografo romano Fabiano Ventura.

Scatti a confronto. Repeat Photography. Immagini d’oggi poste in relazione con le identiche inquadrature immortalate dai grandi maestri del passato, la mostra (che ha ricevuto il patrocinio dell’“Unesco” e vanta una collaborazione scientifico divulgativa con l’“ESA – European Space Agengy”) comunica in modo inequivocabile gli effetti del riscaldamento globale sugli ecosistemi, proponendo al visitatore un’intensa riflessione sul rapporto che lega la specie umana e l’ambiente naturale. Una foto sull’altra. Uguale il soggetto, uguale il punto di ripresa. Terribilmente diverso il racconto delle immagini. Quelle di ieri e quelle d’oggi. Un esempio su tutti. 1893: a 2976 metri d’altezza, Vittorio Sella (alpinista biellese e grandissimo fotografo di montagna) fermava in uno scatto di eccelsa perfezione il “Prager – Hutte”, il terzo Rifugio del “Club Alpino Austriaco”, allora nel cuore dei ghiacciai del “Parco Nazionale degli Alti Tauri”; 2021, la stessa immagine, la stessa inquadratura la ritroviamo in uno scatto a colori di Fabiano Ventura. Un disastro! Non la foto del bravissimo fotografo romano, per l’amor del cielo!, ma ciò che quelle identiche immagini ci svelano. Nello scatto di Ventura l’azzurro intenso dei ghiacciai cede inesorabilmente al grigio della roccia, della pietraia e al verde minimo della rada vegetazione. Un confronto impietoso. Ma documento reale. La ritirata, il lento scioglimento dei ghiacciai. In poco più di un secolo. Stessa sorte (per citare ancora due casi ben documentati in mostra) occorsa al “Ghiacciaio del Morteratsch” (Canton Grigioni) ripreso intatto nel 1883 da Florio Tognoli e al “Ghiacciaio del Lys” (Valle di Gressoney) come appare nel 1921 nello scatto di Umberto Monterin. Un gran lavoro, quello di Fabiano Ventura che, dal 2009 al 2021, insieme ad un team di registi e ricercatori, ha condotto ben otto spedizioni sui maggiori ghiacciai del Pianetta, dal Karakorum al Caucaso, dall’Alaska alle Ande fino all’Himalaya e, ovviamente, alle nostre Alpi. Oggi i 90 confronti fotografici esposti al “Forte di Bard” con immagini di grande formato e altissima qualità, si affiancano alla restituzione dei dati scientifici raccolti durante le spedizioni e divulgati in mostra con le più moderne tecniche di interactive design e data visualization: proiezioni su grande schermo, video-installazioni e immagini immersive che consentono al visitatore di addentrarsi nel magico mondo dei ghiacciai e nel complesso tema dei cambiamenti climatici.

Completano l’esposizione i video delle spedizioni e le interviste ai vari ricercatori coinvolti, le collezioni di abbigliamento di ieri e oggi, le raccolte di documenti e mappe di valore storico-scientifico. Obiettivo “trasmettere l’idea – racconta Ventura – che l’uomo è un abitante della terra e non è estraneo alla natura. Salvaguardarla vuol dire salvaguardare noi stessi come specie e come umanità. L’abbandono di una visione totalmente antropocentrica, che sembra quasi una banalità, è diventata una delle sfide più importanti del nostro tempo”. In mostra, fra l’altro, anche una preziosa selezione di mappe e documenti storici sulle prime esplorazioni geografiche, confronti fotografici in formato panoramico ad effetto immersive, video-installazioni e una teca con documenti originali di Vittorio Sella.
Gianni Milani
“Earth’s Memory”
Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II 85, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it
Fino al 18 novembre
Orari: mart. e ven. 10/18; sab. – dom. e festivi 10/19. Lun. chiuso
Nelle foto:
– Fotografia storica: Vittorio Sella “Prager – Hutte”, 1893, Credit “Fondazione Sella”/ Fotografia moderna: Fabiano Ventura, 2021, Credit “Associazione Macromicro”
– Fotografia storica: Florio Tognoli “Canton Grigioni. Ghiacciaio del Morteratsch”, 1883, Credit “SLUB Dresden- Deutsche Fotothek/Fotografia moderna: Fabiano Ventura, 2021, Credit “Associazione Macromicro”
– Fotografia storica: Umberto Monterin “Ghiacciaio Lys”, 1921, Credit: Famiglia Monterin/ Fotografia moderna: Fabiano Ventura, 2020, Credit: “Associazione Macromicro”


Bianco. Dopo avere esplorato, negli anni precedenti, il Rosa e il Cervino, nel 2022 il viaggio continua nella sua terza tappa ed è interamente concentrato sul Gran Paradiso, nell’anno, fra l’altro, in cui si celebrano i cento anni dall’istituzione del “Parco Nazionale”. Orbene i dati scientifici raccolti, insieme a un “paradiso” fotografico per lo più inedito e tendenzialmente storico-analogico (raccolto presso archivi pubblici, associazioni e privati in ambito valdostano, nonché presso il “Comitato Glaciologico Italiano”, la GAM e il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” di Torino) li troviamo allestiti e raccolti nella mostra “Il Gran Paradiso: ricerca fotografica e scientifica”, ospitata al “Forte di Bard” fino al prossimo 13 novembre. Curata da Enrico Peyrot (fotografo e storico della Fotografia) e da Michele Freppaz (docente al “Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari” dell’Università di Torino), la rassegna propone un viaggio didattico e di forte suggestione visiva all’interno della vasta area glaciale e periglaciale compresa tra le Valli di Cogne, Valsavarenche, Valle di Rhêmes, Valgrisenche, Valle Soana e Valle Orco. E i dati di cui dà computo devono decisamente preoccupare e farci riflettere, rispetto agli effetti del surriscaldamento globale dei ghiacciai che rispondono all’ alterazione del clima arretrando e perdendo volume, fenomeni assolutamente percepibili ad occhio nudo, con i confronti fotografici e grazie alle preziose serie storiche (quasi trentennali) di misure prese sul terreno. “Sorvegliato speciale” per quanto riguarda il “Parco del Gran Paradiso” è il Ghiacciaio del “Grand Etrèt”, che dal 1999 ha perso per fusione uno spessore medio di 22 metri di ghiaccio, vedendone dimezzata la superficie. Non migliori le condizioni del Ghiacciaio “Ciardoney”, la cui “fronte” (secondo il monitoraggio compiuto dal 1986 dalla “Società Meteorologica Italiana”) si è ritirata di circa 350 metri dall’ ’86 e di 500 metri dal ’71. Altri ghiacciai oggetto di studio ad opera dell’“ARPA Valle d’Aosta” sono il “Timorion” e il “Rutor”, anch’essi interessati da uno stato di generale, progressiva e intensa riduzione della massa glaciale.