POLITICA- Pagina 593

PATTO DI CONSULTAZIONE TRA MOVIMENTO PROGETTO PIEMONTE E MOVIMENTO NAZIONALE PER LA SOVRANITA’

Il coordinatore regionale del Piemonte per il Movimento Nazionale per la Sovranità – MNS, Marco Botta ed il presidente del Movimento Progetto Piemonte – MPP, Massimo Iaretti, hanno siglato a Torino un patto di consultazione tra i due movimenti. Il documento è stato sottoscritto anche dal presidente del Gruppo Consigliare MNS in Consiglio Regionale, Gian Luca Vignale

I due movimenti, che condividono la presenza a livello regionale piemontese nel Comitato per il referendum sull’autonomia del Piemonte ed hanno sviluppato una attiva collaborazione sul territorio, ad esempio, nel contrasto delle delibera di fusione tra Asl Al ed Aso di Alessandria, poi ritirata, hanno deciso di dare vita ad un patto finalizzato ad attuare politiche comuni a livello locale e regionale in modo da consentire lo svolgimento di convegni, dibattiti, seminari di studio, presentazioni librarie eseguite nelle sedi istituzionali competenti, politiche ed amministrative.

“I concetti di autonomia regionale e di sovranità nazionale non si contrappongono, né contrastano tra loro – dice Massimo Iaretti presidente MPP, realtà politica presente in alcuni consigli comunali nell’Alessandrino e nel Canavese – anzi contribuiscono ad una cultura identitaria di cui il Piemonte, oggi, ha assolutamente bisogno”. Dal canto suo il coordinatore regionale Mns, Marco Botta sottolinea che “il patto di consultazione parte dalle comuni battaglie portate avanti in particolare sulla sanità e sulle istanze di autonomia e sovranità. I prossimi appuntamenti elettorali, regionali ed amministrativi, daranno la possibilità ai due movimenti di creare momenti comuni di convergenza in particolare su sicurezza, identità territoriale, cultura e turismo”. I due Movimenti mantengono, naturalmente, ognuno la propria identità e le proprie linee guida.

Rete Bianca, Tav: si faccia, senza le eterne polemiche politiche

“Saremo di nuovo in piazza il prossimo 12 gennaio per dire Si’ alla Torino/Lione ma basta con le ormai sterili e inutili polemiche politiche. Tutto il mondo politico, e non solo, sa che sono ormai rimasti due soli partiti a dire un no secco alla Tav: il partito dei 5 stelle e Sinistra italiana. Tutti gli altri, seppur con sfumature diverse, sono decisamente favorevoli. Ora, visto che se ne parla da circa 30 anni, sarebbe anche un po’ specioso continuare questa eterna polemica politica. La Tav si faccia, cioè si completi, ma senza trasformarla – come ormai è evidente a tutti – in una continua e permanente polemica in vista della prossima campagna elettorale regionale. E senza gli ormai altrettanto noti protagonismi personali. Anche perché, sotto questo versante, le responsabilità politiche attraversano orizzontalmente le tradizionali coalizioni di centrodestra e centrosinistra. Saremo di nuovo in piazza, dunque. Non per continuare a fare campagna elettorale o per rinfacciarsi le responsabilità politiche ma solo per dire Si’ alla Torino/Lione. La campagna elettorale per le regionali piemontesi, com’è ovvio a tutti, affronta anche altri temi. Fermarsi a questo sarebbe riduttivo e anche po’ curioso“.

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Rete Bianca Piemonte

Giorgio Merlo, Mauro Carmagnola, Giampiero Leo

Ascoltando Mattarella in attesa di tempi migliori

Ho sentito il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Prima mia reazione: forte perplessità. Chiarisco per non essere frainteso. Anche grazie ai suoi modi garbati giganteggia nei confronti degli attuali politici. Nani e ballerine, tutti chiacchiere e fumo. Ma ammetto di essere stato deluso perché da lui mi aspettavo molto di più. Mi aspettavo che cercasse di riempire il totale vuoto in cui siamo tragicamente caduti.  Appunto, solo ed esclusivamente proclami a cui non segue nulla . Poi Beppe Grillo che ci fa dono del suo corpo da culturista. Memore dell’essere un uomo di spettacolo. Il ritorno di Dibba che con Giggino farà coppia fissa alla Cric e Croc. Il nostro Conte avvocato e per caso Presidente del Consiglio.  Addirittura il mite Tria che accusa l’opposizione perché lui non ha scritto in tempo utile i cambiamenti imposti e dettati dai burocrati europei. Ed infine (ma non ultimo come capacità di eloquio e presenza scenica) Matteo Salvini il milanese alla conquista dell’Italia e dell’Europa. Lui presente cento volte al giorno. Fa cinque comizi  dal Brennero a Lampedusa cambiando uniforme sei volte al giorno: ha delle crisi esistenziali. In fondo sono tutti uomini di spettacolo. Capisco di aver preteso troppo dal nostro Presidente della Repubblica. Ciò che non mi aveva convinto è presto detto: concetti assolutamente condivisibili ma detti con tale genericità che di fatto hanno portato tutte le forze politiche nel riconoscersi in queste dichiarazioni. Eppure lo scontro in Parlamento e non solo tra partiti è palese e negarlo risulterebbe dannoso perché si nega la realtà dei fatti. Ma Mattarella deve parlare a tutto il Paese. Sappiamo che il nostro è un paese strano, diciamolo pure, particolare. Così Giggino precipita nei consensi tra il popolo che cita ogni volta. È viceversa il suo sodale Matteo Salvini continua nel volare nei consensi elettorali. Ma non sono tutti e due nello stesso governo? Insieme nel bene e nel male? Appunto siamo un Paese strano. Questa é la realtà con cui fa i conti il nostro Capo dello Stato. Difficile se non impossibile prescinderne. Poi Sergio Mattarella vuole e deve essere il Presidente di tutti gli Italiani.  Piaccia o non piaccia noi siamo anche questo, con i difetti e i pregi di un popolo che da quasi 3000 anni diciamo la nostra nella Storia.  Alti e bassi. Oggi è un momento storico  opaco. Diciamocelo, abbiamo visto tempi migliori. Nella storia remota come nella storia prossima. Vale l’inverso ed anche in passato hanno vissuto momenti opachi. Bisogna o bisognerebbe costruire una base per ritornare ai tempi migliori. Se non ai fasti del passato, ad una vera ripresa in mano del nostro destino. Questo è lo sforzo in positivo che ha cercato di fare il nostro Presidente della Repubblica. Sforzo titanico. Obbiettivo condivisibile. Questo ( forse ) non ho inizialmente capito. Difficile essere razionali e logici difronte ad una realtà irrazionale ed illogica. Ci si mette anche il Ministro Toninelli che blocca gli aumenti dei pedaggi per tutta Italia tranne per il Piemonte e la Valle d Aosta. Ma che gli abbiamo fatto di male? Vero ( probabilmente) la maggioranza della popolazione è pro Tav. Vero anche che  tra un po’ sarà smentito un’ altra volta.  Lui ci è abituato. Figuraccia più figuraccia meno, poco importa. Ma che cosa gli abbiamo fatto? Fa tutto da solo. Noi piemontesi abbiamo la colpa di ” non essere del giro”, di non contare per l’asse del governo  Asburgico e Borbonico. È Loro continuano facendo danno su danno. Non si vede la luce. Indubbiamente. Ma non ci si deve arrendere.  Ed il senso del limite del Presidente della Repubblica è uno dei pochi se non l’unico punto di ancoraggio per le nostre speranze. Anche per questo ho cambiato il mio giudizio sul discorso di fine anno.
Patrizio Tosetto

Sanità, Domenico Ravetti (Pd): “Il Piemonte viene sempre classificato al primo posto”

“LN e M5S mantengono un silenzio assordante per non riconoscere i risultati ottenuti dalla Giunta Chiamparino”

 “Alcuni consigliano di non parlare del tema della sanità durante la campagna elettorale perché, spiegano, è un settore sul quale i cittadini hanno maturato, in generale, un giudizio non completamente positivo. Consigliano, inoltre, di lasciar perdere perché non viene mai percepito, pienamente, il senso della riorganizzazione e del salvataggio della sanità pubblica, ma si colgono soltanto i “tagli”. Ne prendo atto con amarezza e, tuttavia, intendo affrontare questo argomento scomodo che i miei interlocutori politici tendono ad evitare e sul quale mi sembra rifuggano il confronto” ha affermato il Presidente del Gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale Domenico Ravetti

“Dopo che la Regione Piemonte, proprio sul tema della qualità delle prestazioni sanitarie, era stata classificata al primo posto in Italia, è arrivata recentemente la notizia che il Ministero a guida pentastellata ha assegnato alla nostra Regione il primo posto come “benchmark” davanti a Umbria, Emilia Romagna, Marche e Veneto. Tre di queste Regioni saranno selezionate per fare da riferimento per “i costi standard” da utilizzare nel riparto del Fondo sanitario 2019. La Lombardia è classificata al sesto posto!” ha proseguito Ravetti

“In sanità, le tecniche di benchmarking hanno lo scopo di raggiungere uno standard di eccellenza, valutando il corretto impiego delle risorse e, considerate le performance raggiunte, di correggere opportunamente le politiche sanitarie. Nella scelta il Ministero della Salute tiene conto di una serie specifica di parametri, dal punteggio della cosiddetta “Griglia Lea” alla spesa farmaceutica, oltre all’efficienza della tenuta dei conti economici” ha proseguito Domenico Ravetti.

“Essere al primo posto nella graduatoria delle Regioni “Benchmark” è una novità assoluta per il Piemonte” ha concluso il Presidente Ravetti “e l’indicazione del Ministero della Salute rappresenta l’ennesimo riconoscimento del lavoro svolto in questi anni. Può non piacere, può dar fastidio, ma la verità è nei fatti: con il risanamento dei conti e l’uscita dal Piano di rientro, il Piemonte diventa sempre più un punto di riferimento per la sanità nazionale.  È un motivo di orgoglio e un ulteriore stimolo a continuare o stavamo meglio nei bassi fondi della classifica alle prese con i debiti accumulati nel tempo? Attendiamo una risposta da Lega Nord e M5S che, di fronte ai risultati positivi ottenuti dalla Giunta Chiamparino, mantengono un silenzio assordante”.

Sanità, Domenico Ravetti (Pd): “Il Piemonte viene sempre classificato al primo posto"

“LN e M5S mantengono un silenzio assordante per non riconoscere i risultati ottenuti dalla Giunta Chiamparino”

 “Alcuni consigliano di non parlare del tema della sanità durante la campagna elettorale perché, spiegano, è un settore sul quale i cittadini hanno maturato, in generale, un giudizio non completamente positivo. Consigliano, inoltre, di lasciar perdere perché non viene mai percepito, pienamente, il senso della riorganizzazione e del salvataggio della sanità pubblica, ma si colgono soltanto i “tagli”. Ne prendo atto con amarezza e, tuttavia, intendo affrontare questo argomento scomodo che i miei interlocutori politici tendono ad evitare e sul quale mi sembra rifuggano il confronto” ha affermato il Presidente del Gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale Domenico Ravetti

“Dopo che la Regione Piemonte, proprio sul tema della qualità delle prestazioni sanitarie, era stata classificata al primo posto in Italia, è arrivata recentemente la notizia che il Ministero a guida pentastellata ha assegnato alla nostra Regione il primo posto come “benchmark” davanti a Umbria, Emilia Romagna, Marche e Veneto. Tre di queste Regioni saranno selezionate per fare da riferimento per “i costi standard” da utilizzare nel riparto del Fondo sanitario 2019. La Lombardia è classificata al sesto posto!” ha proseguito Ravetti

“In sanità, le tecniche di benchmarking hanno lo scopo di raggiungere uno standard di eccellenza, valutando il corretto impiego delle risorse e, considerate le performance raggiunte, di correggere opportunamente le politiche sanitarie. Nella scelta il Ministero della Salute tiene conto di una serie specifica di parametri, dal punteggio della cosiddetta “Griglia Lea” alla spesa farmaceutica, oltre all’efficienza della tenuta dei conti economici” ha proseguito Domenico Ravetti.

“Essere al primo posto nella graduatoria delle Regioni “Benchmark” è una novità assoluta per il Piemonte” ha concluso il Presidente Ravetti “e l’indicazione del Ministero della Salute rappresenta l’ennesimo riconoscimento del lavoro svolto in questi anni. Può non piacere, può dar fastidio, ma la verità è nei fatti: con il risanamento dei conti e l’uscita dal Piano di rientro, il Piemonte diventa sempre più un punto di riferimento per la sanità nazionale.  È un motivo di orgoglio e un ulteriore stimolo a continuare o stavamo meglio nei bassi fondi della classifica alle prese con i debiti accumulati nel tempo? Attendiamo una risposta da Lega Nord e M5S che, di fronte ai risultati positivi ottenuti dalla Giunta Chiamparino, mantengono un silenzio assordante”.

Tronzano (FI): “Accoglienza senza limiti è il vero errore”

Il vicepresidente del gruppo di Forza Italia al Consiglio regionale del Piemonte, Andrea Tronzano, ha pubblicato un post su Facebook sulle recenti dichiarazioni del sindaco di Palermo in tema di immigrazione. Ecco il post di Tronzano
“Proprio #Orlando che predicava che le leggi si applicano e le sentenze si rispettano, un giustizialista doc! Come al solito due facce della stessa medaglia.  A lui si aggiunge il Magistrato, oggi Sindaco, #Demagistris un’altra persona che dovrebbe essere abituata a rispettare la legge. Già sulla TAV i sindaci di sinistra fecero numerosi errori clamorosi, tra i quali andare a manifestare con la fascia tricolore contro l’opera; oggi i danni di quelle azioni li vediamo riverberarsi pesantemente. #ForzaItalia si deve #dissociare da quanto dice il signor Sindaco di Palermo. L’uomo per tutte le stagioni ha trovato il modo di riemergere attaccando una norma di buon senso. La norma di Matteo Salvini, votata dal centrodestra e da Forza Italia, è una norma attesa dai Sindaci, in quanto fino ad oggi hanno solo subito le scellerate scelte del #Pd. Il vero “comportamento criminogeno” è stato questa politica dell’accoglienza senza limiti e senza regole della sinistra, non la norma di buon senso della Lega e del centrodestra”.

SUPERCOPPA IN ARABIA SAUDITA: LIMITAZIONE ALLE DONNE

+EUROPA CHIEDE A LEGA CALCIO, JUVENTUS E MILAN UN SUSSULTO DI DIGNITÀ
In seguito alla conferma dell’impossibilità per le donne di accedere liberamente allo stadio di Gedda in Arabia Saudita e delle imposizioni sugli abiti da indossare interviene il Gruppo +EUROPA Torino
“Comprare a suon di milioni di euro la realizzazione di uno dei maggiori appuntamenti calcistici italiani e il silenzio sui diritti civili violati in Arabia Saudita non è ammissibile. Il comportamento di accondiscendenza della Lega calcio e dei due club interessati è da stigmatizzare profondamente. Chiediamo che in zona cesarini ci sia un sussulto dignità e la richiesta ufficiale che non si ponga alcuna limitazione alla partecipazione delle spettatrici donne. Nessuno sconto a uno dei Paesi che si distingue per le violazioni dei diritti (quelli delle donne in particolare), per la pena di morte contro gli oppositori, responsabile dell’omicidio del giornalista Khashoggi. Anche Lo sport deve essere veicolo dei diritti!
 Igor Boni (coordinatore) e Andrea Maccagno (membro del Direttivo)

Classe dirigente, quanta differenza con il passato…

Di Giorgio Merlo

Dunque, non so se siamo ancora in una stagione dove è pressoché proibito fare confronti con la classe dirigente del passato. Nello specifico con quella della prima repubblica e dell’inizio della seconda. Faccio questa domanda perché l’informazione dominante, per anni, ci ha propinato il dogma che tutto ciò che appartiene al passato, in particolare alla classe dirigente della Dc e dei partiti di governo, e anche di opposizione dell’epoca, e’ da rispedire al mittente senza appello. In sostanza e’ da condannare politicamente e culturalmente. E forse anche nello stile e nel metodo. Curiosamente, da qualche mese, qua e là riaffiora la tentazione su alcuni organi dell’informazione dominante – pochi per la verità – di un rimpianto della vecchia e tanto bistrattata classe dirigente del passato. E, nello specifico, proprio di quella democristiana. Ora, al di là del rimpianto o della nostalgia – dipende dai punti di vista delle singole appartenenze – un dato e’ ormai certo: chi ha predicato in questi ultimi anni la rottamazione, chi ha esaltato come un lusso l’incompetenza, chi ha teorizzato l’inesperienza e la mancanza di professionalità politica, non può adesso lamentarsi dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E lo dico a prescindere dalle legittime scelte politiche di ognuno. Certo, sarebbe un’operazione persin troppo facile elencare gli opinion leader, gli intellettuali da salotto e i frequentatori dei vari talk televisivi nonché i leader politici che per anni hanno teorizzato la necessità di delegittimare tutto ciò che era riconducibile al passato. Salvo poi, adesso, rendersi conto che tutto ciò era solo e soltanto propaganda. O meglio, l’eterno vizio di assecondare le mode contingenti e di rincorrere il vincitore di turno. Non a caso i vari commenti dei “giornaloni” – peraltro il più delle volte scritti da milionari e disponibili a cambiare opinione a seconda del potente di turno – invocano a gran voce il ritorno di una classe dirigente autorevole, competente, radicata nel territorio e soprattutto politicamente qualificata. Certo, e’ un esercizio complicato sostenere oggi la necessità di avere una classe dirigente politica autorevole dopo aver demolito scientificamente quella del passato. O meglio, dopo aver liquidato lo strumento partito – o Dc o altri partiti della seconda repubblica poco importa – e i relativi dirigenti e’ quantomai rischioso, adesso, rinobilitarne il ruolo, la funzione e l’eredità. Ma il tema di una rinnovata e soprattutto preparata classe dirigente politica e’, ormai, all’ordine del giorno dell’agenda politica italiana. Quando i “giornaloni”, attraverso i loro opinionisti pongono il tema ripetutamente non è più possibile eluderlo. Si tratta di capire, d’ora in poi, quali saranno le parole d’ordine che gettano le basi per un ritorno di qualità della classe dirigente politica. Perché, com’è ovvio, senza i partiti democratici al proprio interno e con una definita identità culturale, difficilmente potrà nascere anche una classe dirigente preparata ed espressiva. Cioè, in ultimo, se i giornaloni e l’informazione dominante continuano a sostenere che la personalizzazione e i “capi” sono strumenti sempre più indispensabili nella politica contemporanea – e quindi continuando a demolire i partiti democratici e a premiare quelli che sono e restano espressione del “capo” – sarà molto difficile ricostruire una classe dirigente dal basso e, soprattutto, attraverso percorsi democratici. E tutto ciò per sventare il pericolo che, come già ci insegnava nella prima repubblica Carlo Donat-Cattin, “la cooptazione dall’alto non preceda il momento della legittimazione democratica dal basso”.

Tornati i Ds. Adesso ritorni il centro

Di Giorgio Merlo
Dunque, la sinistra e’ tornata. O meglio, sta ritornando il Pds a guida Zingaretti. Perché, per quanto riguarda l’ex Pd, e’ arrivato il momento di chiamare le cose con il proprio nome

 

Archiviata definitivamente la stagione originaria del Partito democratico, cioè di un partito plurale che faceva della sintesi fra le culture del novecento la sua ragion d’essere politica, e’ subentrata la fase del partito più identitario. Per dirla con i due candidati alla segreteria nazionale di quel partito Zingaretti e Martina, adesso si “deve rifondare, riscoprire e rilanciare il pensiero e la cultura della sinistra italiana”. Appunto, si deve rifare, in forma forse anche un po’ aggiornata, il Pds. Questo, del resto,e’ quello che si attende la base di quella formazione politica dopo l’ubriacatura renziana e il conseguente, e del tutto scontato, tradimento di tutti coloro che sono stati integerrimi ultras renziani e poi, appena conclusasi la parabola fatta di ripetute e continue sconfitte elettorali, tutti a saltare sul nuovo carretto del vincitore. E con il Pds, sono tornati anche i tic – o i vizi – storici dell’armamentario della sinistra italiana. Dagli appelli dei milionari, alto borghesi, elitari, salottieri ed aristocratici “progressisti” alla centralità dei diritti civili a scalpito dei diritti sociali; dalla difesa del “sistema” e delle sue ragioni alla perdurante indifferenza dei bisogni reali dei ceti popolari e di quelli più disagiati: dalla sicurezza al reddito di cittadinanza, dalle difficoltà delle periferie alle condizioni sempre più critiche degli “ultimi” e dei “poveri” di cui si continua a sventolare, con un pizzico di ipocrisia, la bandiera di riferimento. E, accanto a tutto ciò, la voglia di tornare al governo – avendo perso quasi del tutto la dimestichezza con l’opposizione che non sia quella di sistema e a difesa degli intramontabili “poteri forti” – a qualunque costo. Sotto questo versante, e coerentemente, il corteggiamento al movimento 5 stelle – o a ciò che resterà dopo le elezioni europee di quel movimento – con la benedizione dei “santoni” dell’ex campo del centro sinistra. Sotto questo profilo la “benedizione”, l’ennesima anche se negli ultimi anni non ne ha più azzerata una, di Romano Prodi, e’ più che significativa e riveste una importanza decisiva ai fini dell’operazione della nuova sinistra “catto comunista”. Ora, tornata la sinistra senza novita’ significative e senza alcuna discontinuità rispetto al passato, il campo che si deve riorganizzare e’ quello del “centro democratico e riformista”. Ovvero, di un centro che sappia recuperare quella cultura di governo, quel senso di moderazione e, soprattutto, quella cultura del buon senso e temperata che si è pericolosamente eclissata nella concreta dialettica politica del nostro paese in questi ultimi anni. Una esperienza politica che non solo è richiesta ma comincia ad essere invocata e fortemente gettonata da settori culturali, politici ed editoriali storicamente estranei ed esterni ad ogni formazione politica, seppur lontanamente, riconducibile al centro. Un ruolo politico dove pesera’ anche e soprattutto la cultura e il pensiero del cattolicesimo democratico e popolare che ormai è’ diventato irrilevante e del tutto marginale nelle altre formazioni politiche. A cominciare dal Pd/Pds dove, accanto al ritorno della sinistra tradizionale, la presenza della cultura cattolico democratica, di fatto, si esaurisce nella riproposizione di una piccola ed insignificante presenza “catto comunista”, funzionale ai sedicenti cattolici alla Del Rio ma del tutto priva di significati politici ed istituzionali. E, accanto al ritorno della tradizione del cattolicesimo politico, una politica e una formazione politica di centro devono sapere ricostruire anche e soprattutto una “cultura della coalizione”. Un cultura che negli anni della gestione renziana, con la complicità di quasi tutto il Partito democratico, è stata sostanzialmente distrutta a vantaggio della vocazione maggioritaria del partito. Un concezione arrogante e solitaria dei rapporti politici pagati a caro prezzo non solo dal Pd ma tutto quello che restava del centro sinistra. E, in ultimo, il ritorno di un partito di centro significa anche il decollo di un “riformismo temperato” che è sempre stato un elemento caratterizzante della politica italiana contro gli “opposti estremismi” di turno e contro la stessa radicalizzazione della scontro politico che in Italia e’ sempre stata all’origine della crisi della stessa democrazia parlamentare e rappresentativa. Ecco perché dopo la trasformazione politica del Pd e il ritorno della vecchia sinistra, un po’ identitaria e un po’ moralista, adesso quasi si impone la presenza di una cultura e di una politica di  centro nel nostro paese. Non per nostalgia o per memoria storica ma per la semplice ragione che senza una presenza del genere sarebbe lo stesso riformismo a pagarne le conseguenze peggiori. Il sistema politico si riarticola, profondamente. Pensare che dopo il voto del 4 marzo scorso tutto e’ rimasto come prima e’ una pia illusione. Come risulta una pia illusione pensare che dopo una eventuale ed ipotetica sfiducia nei confronti del governo giallo/verde tutto ritorna come prima con un Pd al 40%, come pensano alcuni simpaticoni e guasconi di quel mondo. Tutto è cambiato. E quando tutto cambia occorre semplicemente attrezzarsi. Ognuno con la propria cultura e con i propri attrezzi da lavoro.

Furia giovanile (e di sinistra) per dare una mossa al Pd imbolsito

Dai e dai e la cocciutaggine della sinistra Pd ha avuto la meglio in Piemonte. Paolo Furia segretario Regionale. Solo un mese fa nessuno ci avrebbe scommesso. Ma tant’è, che questa novità qualcosa muoverà. Poi non è torinese ed è giovane. Giovanissimo, per il ruolo che coprirà. Novita nella novità. Ma non finisce qui: presidente Franca Biondelli, arriva da Novara in quota Fassino. Non sembra ma il Lungo c’ è sempre e sempre ci sarà. E la Canalis con il suo 23%, vice segretaria, costruisce un domani non so per il Pd  ma sicuramente per la componente cattodem. Mauro Laus avrebbe voluto mettersi in proprio.  La sconfitta di Marino è soprattutto una sua sconfitta. Ed è una sconfitta per la fam. Gallo.  Determinante per le vittorie altrui ma insufficiente ora. Non sono riusciti neppure a candidate il rampollo. E primi fra tutti nell’opporsi quei renziani determinanti nell’ elezione di Paolo Furia. Il Pd si è messo in moto. Tardi, tardissimo ma è già tanto che si sia mosso. Scontato non era. Un Pd decisamente imbolsito ed alla ricerca di un suo perché. Ma eccoli già pronti gli incontentabili. “Il nuovo segretario verrà mangiato dalla nomenclatura”. “Di fatto la sinistra nel Pd è minoranza”. Ed avanti di questo passo. Non tutte le preoccupazioni sono infondate, ma l’importante e dargli tempo. Furia è partito da outsider. Se l’è giocata e per ora ce l’ha fatta. Vero che l’alleanza con i catto dem è  un’ ipoteca, ma il Ragazzo (compagno) di Biella promette bene. Per l’ennesima volta mi stupisco di ” quelli ” a sinistra del Pd. Dovrebbero esserne contenti. Viceversa giù ad essere ironicamente critici. Masochismo allo stato puro. Prima il Pd è in mano ai renziani. Poi l’ elezione di Furia è insufficiente.  Ma si sa che a sinistra la sindrome Tafazzi è sempre presente.
***
Intanto l’obbiettivo è presto definito: prossime elezioni regionali vincere nel nome di Sergio Chiamparino. Tre liste . Civica, Pd – sinistra e magari sinistra della sinistra. Ma stavolta Articolo uno non cade nella trappola della sinistra sbrindellata. Stavolta grande ed irrinunciabile preambolo. Si Tav tutta la vita fino all immancabile Vittoria. La partita è aperta. Anche perché alle Regionali non essendoci il ballottaggio tutto é possibile, ora che il Chiampa partito da ultimo se la sta giocando. In questo i pentastellati sono ottimi alleati. Vaneggiano. Ma anche Salvini mi pare decisamente appannato. Una ultima annotazione. Paolo Furia è di Biella come Andrea Scroscio responsabile regionale di Liberi ed Uguali . Articolo uno si è separata, matrimonio di interesse sciolto reciprocamente. Entrambi con formazione politica simile che affonda le origini nel vecchio e per i più rimpianto partito comunista. Entrambi laici ed entrambi alla ricerca di nuove strade politiche per una sinistra riformista. Con Paolo Furia il Pd svolta a sinistra. Magari questa loro amicizia servirà nel trovare strade comuni. Magari da  cosa nasce cosa.
Patrizio Tosetto