POLITICA- Pagina 524

Sanità, Domenico Ravetti (Pd): “Il Piemonte viene sempre classificato al primo posto"

“LN e M5S mantengono un silenzio assordante per non riconoscere i risultati ottenuti dalla Giunta Chiamparino”

 “Alcuni consigliano di non parlare del tema della sanità durante la campagna elettorale perché, spiegano, è un settore sul quale i cittadini hanno maturato, in generale, un giudizio non completamente positivo. Consigliano, inoltre, di lasciar perdere perché non viene mai percepito, pienamente, il senso della riorganizzazione e del salvataggio della sanità pubblica, ma si colgono soltanto i “tagli”. Ne prendo atto con amarezza e, tuttavia, intendo affrontare questo argomento scomodo che i miei interlocutori politici tendono ad evitare e sul quale mi sembra rifuggano il confronto” ha affermato il Presidente del Gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale Domenico Ravetti

“Dopo che la Regione Piemonte, proprio sul tema della qualità delle prestazioni sanitarie, era stata classificata al primo posto in Italia, è arrivata recentemente la notizia che il Ministero a guida pentastellata ha assegnato alla nostra Regione il primo posto come “benchmark” davanti a Umbria, Emilia Romagna, Marche e Veneto. Tre di queste Regioni saranno selezionate per fare da riferimento per “i costi standard” da utilizzare nel riparto del Fondo sanitario 2019. La Lombardia è classificata al sesto posto!” ha proseguito Ravetti

“In sanità, le tecniche di benchmarking hanno lo scopo di raggiungere uno standard di eccellenza, valutando il corretto impiego delle risorse e, considerate le performance raggiunte, di correggere opportunamente le politiche sanitarie. Nella scelta il Ministero della Salute tiene conto di una serie specifica di parametri, dal punteggio della cosiddetta “Griglia Lea” alla spesa farmaceutica, oltre all’efficienza della tenuta dei conti economici” ha proseguito Domenico Ravetti.

“Essere al primo posto nella graduatoria delle Regioni “Benchmark” è una novità assoluta per il Piemonte” ha concluso il Presidente Ravetti “e l’indicazione del Ministero della Salute rappresenta l’ennesimo riconoscimento del lavoro svolto in questi anni. Può non piacere, può dar fastidio, ma la verità è nei fatti: con il risanamento dei conti e l’uscita dal Piano di rientro, il Piemonte diventa sempre più un punto di riferimento per la sanità nazionale.  È un motivo di orgoglio e un ulteriore stimolo a continuare o stavamo meglio nei bassi fondi della classifica alle prese con i debiti accumulati nel tempo? Attendiamo una risposta da Lega Nord e M5S che, di fronte ai risultati positivi ottenuti dalla Giunta Chiamparino, mantengono un silenzio assordante”.

Sanità, Domenico Ravetti (Pd): “Il Piemonte viene sempre classificato al primo posto”

“LN e M5S mantengono un silenzio assordante per non riconoscere i risultati ottenuti dalla Giunta Chiamparino”

 “Alcuni consigliano di non parlare del tema della sanità durante la campagna elettorale perché, spiegano, è un settore sul quale i cittadini hanno maturato, in generale, un giudizio non completamente positivo. Consigliano, inoltre, di lasciar perdere perché non viene mai percepito, pienamente, il senso della riorganizzazione e del salvataggio della sanità pubblica, ma si colgono soltanto i “tagli”. Ne prendo atto con amarezza e, tuttavia, intendo affrontare questo argomento scomodo che i miei interlocutori politici tendono ad evitare e sul quale mi sembra rifuggano il confronto” ha affermato il Presidente del Gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale Domenico Ravetti

“Dopo che la Regione Piemonte, proprio sul tema della qualità delle prestazioni sanitarie, era stata classificata al primo posto in Italia, è arrivata recentemente la notizia che il Ministero a guida pentastellata ha assegnato alla nostra Regione il primo posto come “benchmark” davanti a Umbria, Emilia Romagna, Marche e Veneto. Tre di queste Regioni saranno selezionate per fare da riferimento per “i costi standard” da utilizzare nel riparto del Fondo sanitario 2019. La Lombardia è classificata al sesto posto!” ha proseguito Ravetti

“In sanità, le tecniche di benchmarking hanno lo scopo di raggiungere uno standard di eccellenza, valutando il corretto impiego delle risorse e, considerate le performance raggiunte, di correggere opportunamente le politiche sanitarie. Nella scelta il Ministero della Salute tiene conto di una serie specifica di parametri, dal punteggio della cosiddetta “Griglia Lea” alla spesa farmaceutica, oltre all’efficienza della tenuta dei conti economici” ha proseguito Domenico Ravetti.

“Essere al primo posto nella graduatoria delle Regioni “Benchmark” è una novità assoluta per il Piemonte” ha concluso il Presidente Ravetti “e l’indicazione del Ministero della Salute rappresenta l’ennesimo riconoscimento del lavoro svolto in questi anni. Può non piacere, può dar fastidio, ma la verità è nei fatti: con il risanamento dei conti e l’uscita dal Piano di rientro, il Piemonte diventa sempre più un punto di riferimento per la sanità nazionale.  È un motivo di orgoglio e un ulteriore stimolo a continuare o stavamo meglio nei bassi fondi della classifica alle prese con i debiti accumulati nel tempo? Attendiamo una risposta da Lega Nord e M5S che, di fronte ai risultati positivi ottenuti dalla Giunta Chiamparino, mantengono un silenzio assordante”.

Tronzano (FI): “Accoglienza senza limiti è il vero errore”

Il vicepresidente del gruppo di Forza Italia al Consiglio regionale del Piemonte, Andrea Tronzano, ha pubblicato un post su Facebook sulle recenti dichiarazioni del sindaco di Palermo in tema di immigrazione. Ecco il post di Tronzano
“Proprio #Orlando che predicava che le leggi si applicano e le sentenze si rispettano, un giustizialista doc! Come al solito due facce della stessa medaglia.  A lui si aggiunge il Magistrato, oggi Sindaco, #Demagistris un’altra persona che dovrebbe essere abituata a rispettare la legge. Già sulla TAV i sindaci di sinistra fecero numerosi errori clamorosi, tra i quali andare a manifestare con la fascia tricolore contro l’opera; oggi i danni di quelle azioni li vediamo riverberarsi pesantemente. #ForzaItalia si deve #dissociare da quanto dice il signor Sindaco di Palermo. L’uomo per tutte le stagioni ha trovato il modo di riemergere attaccando una norma di buon senso. La norma di Matteo Salvini, votata dal centrodestra e da Forza Italia, è una norma attesa dai Sindaci, in quanto fino ad oggi hanno solo subito le scellerate scelte del #Pd. Il vero “comportamento criminogeno” è stato questa politica dell’accoglienza senza limiti e senza regole della sinistra, non la norma di buon senso della Lega e del centrodestra”.

SUPERCOPPA IN ARABIA SAUDITA: LIMITAZIONE ALLE DONNE

+EUROPA CHIEDE A LEGA CALCIO, JUVENTUS E MILAN UN SUSSULTO DI DIGNITÀ
In seguito alla conferma dell’impossibilità per le donne di accedere liberamente allo stadio di Gedda in Arabia Saudita e delle imposizioni sugli abiti da indossare interviene il Gruppo +EUROPA Torino
“Comprare a suon di milioni di euro la realizzazione di uno dei maggiori appuntamenti calcistici italiani e il silenzio sui diritti civili violati in Arabia Saudita non è ammissibile. Il comportamento di accondiscendenza della Lega calcio e dei due club interessati è da stigmatizzare profondamente. Chiediamo che in zona cesarini ci sia un sussulto dignità e la richiesta ufficiale che non si ponga alcuna limitazione alla partecipazione delle spettatrici donne. Nessuno sconto a uno dei Paesi che si distingue per le violazioni dei diritti (quelli delle donne in particolare), per la pena di morte contro gli oppositori, responsabile dell’omicidio del giornalista Khashoggi. Anche Lo sport deve essere veicolo dei diritti!
 Igor Boni (coordinatore) e Andrea Maccagno (membro del Direttivo)

Classe dirigente, quanta differenza con il passato…

Di Giorgio Merlo

Dunque, non so se siamo ancora in una stagione dove è pressoché proibito fare confronti con la classe dirigente del passato. Nello specifico con quella della prima repubblica e dell’inizio della seconda. Faccio questa domanda perché l’informazione dominante, per anni, ci ha propinato il dogma che tutto ciò che appartiene al passato, in particolare alla classe dirigente della Dc e dei partiti di governo, e anche di opposizione dell’epoca, e’ da rispedire al mittente senza appello. In sostanza e’ da condannare politicamente e culturalmente. E forse anche nello stile e nel metodo. Curiosamente, da qualche mese, qua e là riaffiora la tentazione su alcuni organi dell’informazione dominante – pochi per la verità – di un rimpianto della vecchia e tanto bistrattata classe dirigente del passato. E, nello specifico, proprio di quella democristiana. Ora, al di là del rimpianto o della nostalgia – dipende dai punti di vista delle singole appartenenze – un dato e’ ormai certo: chi ha predicato in questi ultimi anni la rottamazione, chi ha esaltato come un lusso l’incompetenza, chi ha teorizzato l’inesperienza e la mancanza di professionalità politica, non può adesso lamentarsi dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E lo dico a prescindere dalle legittime scelte politiche di ognuno. Certo, sarebbe un’operazione persin troppo facile elencare gli opinion leader, gli intellettuali da salotto e i frequentatori dei vari talk televisivi nonché i leader politici che per anni hanno teorizzato la necessità di delegittimare tutto ciò che era riconducibile al passato. Salvo poi, adesso, rendersi conto che tutto ciò era solo e soltanto propaganda. O meglio, l’eterno vizio di assecondare le mode contingenti e di rincorrere il vincitore di turno. Non a caso i vari commenti dei “giornaloni” – peraltro il più delle volte scritti da milionari e disponibili a cambiare opinione a seconda del potente di turno – invocano a gran voce il ritorno di una classe dirigente autorevole, competente, radicata nel territorio e soprattutto politicamente qualificata. Certo, e’ un esercizio complicato sostenere oggi la necessità di avere una classe dirigente politica autorevole dopo aver demolito scientificamente quella del passato. O meglio, dopo aver liquidato lo strumento partito – o Dc o altri partiti della seconda repubblica poco importa – e i relativi dirigenti e’ quantomai rischioso, adesso, rinobilitarne il ruolo, la funzione e l’eredità. Ma il tema di una rinnovata e soprattutto preparata classe dirigente politica e’, ormai, all’ordine del giorno dell’agenda politica italiana. Quando i “giornaloni”, attraverso i loro opinionisti pongono il tema ripetutamente non è più possibile eluderlo. Si tratta di capire, d’ora in poi, quali saranno le parole d’ordine che gettano le basi per un ritorno di qualità della classe dirigente politica. Perché, com’è ovvio, senza i partiti democratici al proprio interno e con una definita identità culturale, difficilmente potrà nascere anche una classe dirigente preparata ed espressiva. Cioè, in ultimo, se i giornaloni e l’informazione dominante continuano a sostenere che la personalizzazione e i “capi” sono strumenti sempre più indispensabili nella politica contemporanea – e quindi continuando a demolire i partiti democratici e a premiare quelli che sono e restano espressione del “capo” – sarà molto difficile ricostruire una classe dirigente dal basso e, soprattutto, attraverso percorsi democratici. E tutto ciò per sventare il pericolo che, come già ci insegnava nella prima repubblica Carlo Donat-Cattin, “la cooptazione dall’alto non preceda il momento della legittimazione democratica dal basso”.

Tornati i Ds. Adesso ritorni il centro

Di Giorgio Merlo
Dunque, la sinistra e’ tornata. O meglio, sta ritornando il Pds a guida Zingaretti. Perché, per quanto riguarda l’ex Pd, e’ arrivato il momento di chiamare le cose con il proprio nome

 

Archiviata definitivamente la stagione originaria del Partito democratico, cioè di un partito plurale che faceva della sintesi fra le culture del novecento la sua ragion d’essere politica, e’ subentrata la fase del partito più identitario. Per dirla con i due candidati alla segreteria nazionale di quel partito Zingaretti e Martina, adesso si “deve rifondare, riscoprire e rilanciare il pensiero e la cultura della sinistra italiana”. Appunto, si deve rifare, in forma forse anche un po’ aggiornata, il Pds. Questo, del resto,e’ quello che si attende la base di quella formazione politica dopo l’ubriacatura renziana e il conseguente, e del tutto scontato, tradimento di tutti coloro che sono stati integerrimi ultras renziani e poi, appena conclusasi la parabola fatta di ripetute e continue sconfitte elettorali, tutti a saltare sul nuovo carretto del vincitore. E con il Pds, sono tornati anche i tic – o i vizi – storici dell’armamentario della sinistra italiana. Dagli appelli dei milionari, alto borghesi, elitari, salottieri ed aristocratici “progressisti” alla centralità dei diritti civili a scalpito dei diritti sociali; dalla difesa del “sistema” e delle sue ragioni alla perdurante indifferenza dei bisogni reali dei ceti popolari e di quelli più disagiati: dalla sicurezza al reddito di cittadinanza, dalle difficoltà delle periferie alle condizioni sempre più critiche degli “ultimi” e dei “poveri” di cui si continua a sventolare, con un pizzico di ipocrisia, la bandiera di riferimento. E, accanto a tutto ciò, la voglia di tornare al governo – avendo perso quasi del tutto la dimestichezza con l’opposizione che non sia quella di sistema e a difesa degli intramontabili “poteri forti” – a qualunque costo. Sotto questo versante, e coerentemente, il corteggiamento al movimento 5 stelle – o a ciò che resterà dopo le elezioni europee di quel movimento – con la benedizione dei “santoni” dell’ex campo del centro sinistra. Sotto questo profilo la “benedizione”, l’ennesima anche se negli ultimi anni non ne ha più azzerata una, di Romano Prodi, e’ più che significativa e riveste una importanza decisiva ai fini dell’operazione della nuova sinistra “catto comunista”. Ora, tornata la sinistra senza novita’ significative e senza alcuna discontinuità rispetto al passato, il campo che si deve riorganizzare e’ quello del “centro democratico e riformista”. Ovvero, di un centro che sappia recuperare quella cultura di governo, quel senso di moderazione e, soprattutto, quella cultura del buon senso e temperata che si è pericolosamente eclissata nella concreta dialettica politica del nostro paese in questi ultimi anni. Una esperienza politica che non solo è richiesta ma comincia ad essere invocata e fortemente gettonata da settori culturali, politici ed editoriali storicamente estranei ed esterni ad ogni formazione politica, seppur lontanamente, riconducibile al centro. Un ruolo politico dove pesera’ anche e soprattutto la cultura e il pensiero del cattolicesimo democratico e popolare che ormai è’ diventato irrilevante e del tutto marginale nelle altre formazioni politiche. A cominciare dal Pd/Pds dove, accanto al ritorno della sinistra tradizionale, la presenza della cultura cattolico democratica, di fatto, si esaurisce nella riproposizione di una piccola ed insignificante presenza “catto comunista”, funzionale ai sedicenti cattolici alla Del Rio ma del tutto priva di significati politici ed istituzionali. E, accanto al ritorno della tradizione del cattolicesimo politico, una politica e una formazione politica di centro devono sapere ricostruire anche e soprattutto una “cultura della coalizione”. Un cultura che negli anni della gestione renziana, con la complicità di quasi tutto il Partito democratico, è stata sostanzialmente distrutta a vantaggio della vocazione maggioritaria del partito. Un concezione arrogante e solitaria dei rapporti politici pagati a caro prezzo non solo dal Pd ma tutto quello che restava del centro sinistra. E, in ultimo, il ritorno di un partito di centro significa anche il decollo di un “riformismo temperato” che è sempre stato un elemento caratterizzante della politica italiana contro gli “opposti estremismi” di turno e contro la stessa radicalizzazione della scontro politico che in Italia e’ sempre stata all’origine della crisi della stessa democrazia parlamentare e rappresentativa. Ecco perché dopo la trasformazione politica del Pd e il ritorno della vecchia sinistra, un po’ identitaria e un po’ moralista, adesso quasi si impone la presenza di una cultura e di una politica di  centro nel nostro paese. Non per nostalgia o per memoria storica ma per la semplice ragione che senza una presenza del genere sarebbe lo stesso riformismo a pagarne le conseguenze peggiori. Il sistema politico si riarticola, profondamente. Pensare che dopo il voto del 4 marzo scorso tutto e’ rimasto come prima e’ una pia illusione. Come risulta una pia illusione pensare che dopo una eventuale ed ipotetica sfiducia nei confronti del governo giallo/verde tutto ritorna come prima con un Pd al 40%, come pensano alcuni simpaticoni e guasconi di quel mondo. Tutto è cambiato. E quando tutto cambia occorre semplicemente attrezzarsi. Ognuno con la propria cultura e con i propri attrezzi da lavoro.

Furia giovanile (e di sinistra) per dare una mossa al Pd imbolsito

Dai e dai e la cocciutaggine della sinistra Pd ha avuto la meglio in Piemonte. Paolo Furia segretario Regionale. Solo un mese fa nessuno ci avrebbe scommesso. Ma tant’è, che questa novità qualcosa muoverà. Poi non è torinese ed è giovane. Giovanissimo, per il ruolo che coprirà. Novita nella novità. Ma non finisce qui: presidente Franca Biondelli, arriva da Novara in quota Fassino. Non sembra ma il Lungo c’ è sempre e sempre ci sarà. E la Canalis con il suo 23%, vice segretaria, costruisce un domani non so per il Pd  ma sicuramente per la componente cattodem. Mauro Laus avrebbe voluto mettersi in proprio.  La sconfitta di Marino è soprattutto una sua sconfitta. Ed è una sconfitta per la fam. Gallo.  Determinante per le vittorie altrui ma insufficiente ora. Non sono riusciti neppure a candidate il rampollo. E primi fra tutti nell’opporsi quei renziani determinanti nell’ elezione di Paolo Furia. Il Pd si è messo in moto. Tardi, tardissimo ma è già tanto che si sia mosso. Scontato non era. Un Pd decisamente imbolsito ed alla ricerca di un suo perché. Ma eccoli già pronti gli incontentabili. “Il nuovo segretario verrà mangiato dalla nomenclatura”. “Di fatto la sinistra nel Pd è minoranza”. Ed avanti di questo passo. Non tutte le preoccupazioni sono infondate, ma l’importante e dargli tempo. Furia è partito da outsider. Se l’è giocata e per ora ce l’ha fatta. Vero che l’alleanza con i catto dem è  un’ ipoteca, ma il Ragazzo (compagno) di Biella promette bene. Per l’ennesima volta mi stupisco di ” quelli ” a sinistra del Pd. Dovrebbero esserne contenti. Viceversa giù ad essere ironicamente critici. Masochismo allo stato puro. Prima il Pd è in mano ai renziani. Poi l’ elezione di Furia è insufficiente.  Ma si sa che a sinistra la sindrome Tafazzi è sempre presente.
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Intanto l’obbiettivo è presto definito: prossime elezioni regionali vincere nel nome di Sergio Chiamparino. Tre liste . Civica, Pd – sinistra e magari sinistra della sinistra. Ma stavolta Articolo uno non cade nella trappola della sinistra sbrindellata. Stavolta grande ed irrinunciabile preambolo. Si Tav tutta la vita fino all immancabile Vittoria. La partita è aperta. Anche perché alle Regionali non essendoci il ballottaggio tutto é possibile, ora che il Chiampa partito da ultimo se la sta giocando. In questo i pentastellati sono ottimi alleati. Vaneggiano. Ma anche Salvini mi pare decisamente appannato. Una ultima annotazione. Paolo Furia è di Biella come Andrea Scroscio responsabile regionale di Liberi ed Uguali . Articolo uno si è separata, matrimonio di interesse sciolto reciprocamente. Entrambi con formazione politica simile che affonda le origini nel vecchio e per i più rimpianto partito comunista. Entrambi laici ed entrambi alla ricerca di nuove strade politiche per una sinistra riformista. Con Paolo Furia il Pd svolta a sinistra. Magari questa loro amicizia servirà nel trovare strade comuni. Magari da  cosa nasce cosa.
Patrizio Tosetto

Pinerolo, il Comune vota il bilancio di previsione

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Per il secondo anno consecutivo – e per la terza volta negli ultimi vent’anni – lil consiglio comunale ha votato il bilancio di previsione per il prossimo triennio nel mese di dicembre. L’amministrazione pentastellata guidata da Luca Salvai ha così centrato l’obiettivo. In un documento del Movimento 5 Stelle si evidenzia che quello del 2018 è bilancio dove pienamente va a frutto il lavoro svolto in precedenza, che ha consentito di progettare e programmare la serie di priorità già individuate nel programma elettorale ed affinate negli anni di amministrazione. Un’attenzione particolare viene riservata alla scuola con un milione ed ottocentomila euro previsti per gli edifici scolastici con efficientamenti sismici, energetici, antincendio e rimozione dell’amianto. Ci sono poi 634mila euro che consentiranno la realizzazione di infrastrutture necessarie per gli spostamenti in bicicletta in piena sicurezza. Le politiche sociali hanno invece una previsione di 742mila euro per l’adeguamento del palazzo ex Sumi a muova sede del Ciss, spostamento che consentirà di fare vivere in una sede adeguata i servizi sociali e la loro utenza. Nel 2019 si investirà anche in cultura con 400mila euro per il rifacimento del tetto di palazzo Acaja. Infine ci sono 50mila euro destinati al progetto vincitore del bilancio partecipativo. Per quanto riguarda le tariffe e il carico fiscale in capo al Comune viene sottolineato che, TARI esclusa, solo l’addizionale IRPEF aumenta leggermente. Le aliquote per i redditi superiori ai 55mila ed ai 75mila euro vengono ritoccate verso l’alto (rispettivamente del 0,12% e del 0,15% in più) con un maggior introito presunto di 120mila euro che andranno a finanziare il nuovo appalto delle mense e la navetta del mercato. Per quanto riguarda la TARI invece il consiglio comunale la delibera di approvazione del piano finanziario e relative tariffe la cui previsione è di un aumento del 3%. Le cause di questo aumento sono in parte da individuare nell’adeguamento ISTAT dell’1,9%, dall’altra parte sono dovute alla gestione e smaltimento degli ingombranti che hanno visto un conferimento decisamente maggiore nel corso del 2018.  L’amministrazione ha, però, annunciato l’intenzione di trovare una soluzione che, entro l’emissione delle bollette a febbraio 2019, consenta di azzerare tale aumento e di lasciare, pertanto, invariata, la tariffa.

Massimo Iaretti

 

 

PIEMONTE, FI A CHIAMPARINO: “CONFRONTO SU PROGRAMMI MA OGNUNO PER SÉ”

Il presidente Sergio Chiamparino è un politico di lungo corso per non sapere che mai potrà accadere quello che incautamente gli è stato suggerito dalla domanda di un cronista, e cioè che Forza Italia possa sostenere la sua ricandidatura alla guida del Piemonte. Forza Italia è saldamente insediata nel centrodestra e coltiva l’ambizione legittima di essere la guida moderata e liberale di una coalizione che punta a vincere le prossime elezioni regionali. Su questo terreno non ci sono mai stati né mai potranno esserci equivoci di sorta. Per quanto riguarda i programmi, è naturale che si sviluppi una competizione e un confronto fra tutte le forze politiche. Il centrodestra piemontese, quindi Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, sostiene con convinzione e senza ambiguità la TAV e la modernizzazione delle infrastrutture e il completamento di quelle di esse, penso alla Asti-Cuneo, ritenute indispensabili per restituire al Piemonte solide prospettive di crescita e di sviluppo. Sono temi sui quali le forze politiche hanno sviluppato nel tempo una strategia che avvicina le posizioni di schieramenti politici per il resto destinati a rimanere concorrenti. La battaglia per le regionali non deve trasformarsi in un duello da combattere sulla pelle dei piemontesi e a danno dei loro interessi. Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia faranno la loro parte per affermare gli interessi della nostra terra contro coloro il M5s che vorrebbe, in modo pretestuoso, penalizzare il Piemonte.

Osvaldo Napoli, capogruppo di Forza Italia al Comune di Torino

 

ERIKA PIOLETTI, MARRONE-MONTARULI (FDI): “DOV’ E’ LA DELIBERA SULLA TARGA IN PIAZZA SAN CARLO?”

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
“Comprensibile che un ricordo perenne inciso nel marmo e affisso per sempre in piazza San Carlo nel centro di Torino possa creare imbarazzo nel Sindaco Appendino, attualmente sotto processo per la gestione della folla nella finale di Champions league 2017 finita in tragedia, ma la memoria di Erika Pioletti nel cuore dei torinesi deve prevalere su qualsiasi altro ragionamento” dicono Maurizio Marrone, dirigente nazionale di Fratelli d’Italia, e Augusta Montaruli, parlamentare FDI, che si uniscono all’appello dei tifosi bianconeri per intitolare al più presto una targa alla giovane vittima. “Gia’ in occasione della cerimonia nel primo anniversario la Giunta Comunale si era trincerata dietro la procedura di deroga per le persone decedute da meno di dieci anni, ma proprio quello procedura prevede che la richiesta debba partire dall’Amministrazione comunale, rivolta alla Prefettura insieme all’apposita delibera di Giunta. Ma di questa delibera ad oggi non si trova traccia nel riepilogo on line dei lavori della Giunta Appendino. Possibile che davvero ancora non sia stata approvata, con il rischio molto probabile di celebrare il secondo anniversario ancora senza targa?”
(foto: il Torinese)