POLITICA- Pagina 520

Alieni torinesi nella Capitale

Roberto Tricarico è per me un amico. Mesi dopo il suo rientro da Roma ci siamo incontrati. Appuntamento nel suo bar, “Caffè Roberto”, di via Garibaldi angolo via Consolata. Mi parlava lentamente  senza acrimonia puntando sul tempo galantuomo. Questo tempo è arrivato con l’ assoluzione in Cassazione dell ex sindaco di Roma Marino, di cui “Tric” è stato capo gabinetto in Campidoglio. Rimangono solo Toninelli e qualche pentastellato infastiditi per questa conclusione. Il tempo è galantuomo con i galantuomini. E galantuomini sono anche gli uomini che ora ammettono l’ errore di avere sfiduciato Ignazio Marino e  allora averlo giudicato colpevole.  Pochi, in verità. Tra i pochi il neo eletto segretario del PD Zingaretti. Lui, pur non avendo dirette responsabilità politiche si è assunto l’ onere dell’ autocritica. Chi l’ ha mandato a casa, marino,  è stato il Pd . Ora Stefano Esposito sostiene che il PD di Roma non ha avuto le palle di reggere l’ assalto mediatico contro Marino, attualmente ai margini della politica. Ieri potente e sempre presente. Il lavoro non l’ ha mai spaventato. Pasionario del sì Tav, vice presidente in commissione Trasporti  del Senato trasporti, commissario PD ad Ostia ed infine assessore ai Trasporti del Comune di Roma.  Il suo mentore Matteo Orfini a sua volta commissario del PD romano dopo che Fabrizio Barca aveva dato forfait. Orfini ed Esposito qualcosa c’entrano con le dimissioni di Marino. Vero, la Storia non si fa con i se o con i ma. Alternative ce n’ erano.  La (ora) senatrice lo sta a testimoniare. Orfini la nomina commissaria Pd del municipio 4 di  Roma. Tiburtina e Rebibbia, zona calda della città. Oggi alla ribalta ancora per il rifiuto dei residenti di convivere con i Rom. Forti le infiltrazioni mafiose nei partiti e nel PD. Rossomando risana senza clamori sconsigliando pubblicamente la defenestrazione di Marino. Anche per questo comincia la diaspora dei Giovani Turchi. Esposito ed Orfini sempre più Renziani e Rossomando sempre più di sinistra nel PD. Poi nel film Roma golpe molti fatti diventano noti. Come l’annoso caso del nuovo stadio della Roma. Dopo le perplessità di Ignazio Marino esternate all’incontro con i proponenti, Matteo Renzi Presidente del Consiglio rilascia un’ intervista di pieno appoggio all progetto del nuovo stadio.  E tre anni dopo sono stati arrestati esponenti dei pentastellati sulla stessa vicenda.  Passando dalle dimissioni dell’assessore all’ urbanistica della prima versione della giunta Raggi. I cosiddetti palazzinari che non mollano.  Renziani e pentastellati speculari e dunque convergenti negli interessi politici? Sì, proprio così. E sullo sfondo le organizzazioni criminali che rimestano nel torbido. Ignazio Marino e Roberto Tricarico sono degli alieni per la realtà romana.  Ma ben presto intuiscono o sentono addosso questo nefasto clima di cappa asfissiante.  Marino chiede conforto al procuratore torinese Caselli. Roberto Tricarico è storicamente legato a Libera di Don Ciotti, che da più di 40 anni vive sotto scorta.  Alfonso Sibilla divenne assessore. Magistrato, si mise in aspettativa . Nel pool antimafia era specializzato nella cattura dei latitanti. Una missione quasi impossibile. Dopo scrisse Capitale infetta . Innumerevoli i fatti raccontati e tutti noti ai più. Noti anche a chi ( presumo ) decise e suggerì alla maggioranza dei consiglieri comunali dem di andare dal notaio per la sfiducia. Nulla di casuale e tutto deciso a tavolino. La vicenda degli scontrini e delle multe tolte fu costruita ad hoc perché gli alieni Marino e Tricarico davano fastidio a romani molto importanti. Ora l’ assoluzione della Cassazione ci fa fare un viaggio a ritroso nel tempo producendo l’ occasione per rivisitare i fatti storici e politici della vicenda. Ma ripropone un altro modo politico: il rapporto tra Torino e Roma. Il rapporto politico tra le due città, accomunate fa un destino comune.  Da tre anni le condizioni di vita dei residenti sono notevolmente peggiorate.  Non che i pentastellati siano la causa della malattia, ma essendo una medicina sbagliata l’hanno notevolmente aggravata. Sia Torino che Roma non tengono più. E fa un certo orrore sentire la torinesissima Laura Castelli dire in modo anche infastidito che non saranno i romani a pagare i debiti di Roma, ma bensì lo Stato. Come si rimane basiti nel leggere le dichiarazioni del Sindaco di Firenze.  Marino doveva dimettersi per una scelta politica ben precisa. Questo l’ abbiamo ampiamente capito.  Se però si continua nel rivendicare la giustezza della scelta siamo noi che ci accorgiamo che i renziani non hanno capito. A meno che non sia il gioco delle parti, dove gli stessi vogliono scientemente giocarsi il ruolo che si sono giocati anni fa. E a questo punto continuano nel non capire la ratio, visto che ad entrambi non porta bene comportarsi così.
Patrizio Tosetto
(foto: il Torinese)

FORZA ITALIA: CHIUSA LA GIORNATA DI CONGRESSI IN PIEMONTE

ELETTI 5 COORDINATORI PROVINCIALI E IL COORDINATORE DI TORINO
“Si chiude una giornata molto intensa per il nostro partito che ha vissuto un momento congressuale di unità rivolto alla selezione della propria classe dirigente. Oggi i nostri iscritti hanno eletto infatti cinque coordinatori provinciali e il coordinatore di Torino. In provincia di Alessandria a guidare il partito sarà Ugo Cavallera, in quella di Asti Marco Gabusi, in quella di Biella Alberto Fenoglio, nella Granda Fabrizio Paoletti, nel VCO Massimo Manzini e a Torino Davide Balena”. Ad annunciarlo in una nota il coordinatore regionale di Forza Italia in Piemonte Paolo Zangrillo.
(foto archivio)

Fratelli d'Italia con Tremonti e Toti al Lingotto

Alla Conferenza programmatica di FdI, che si tiene al Lingotto di Torino il 13 e 14 aprile, con Giorgia Meloni, interverranno – scrive il Secolo d’Italia, storico quotidiano della destra -, “esponenti del mondo produttivo e associativo”: dal generale Marco Bertolini, all’esponente della comunità di San Patrignano Franz Vismara, dal presidente del Family Day Massimo Gandolfini, al presidente del Consiglio dell’ordine nazionale dei consulenti Marina Calderone, dal sociologo Francesco Alberoni, al professor Alessandro Meluzzi, dal direttore Mediaset Mario Giordano al Cda Rai Giampaolo Rossi” . Parteciperanno  al dibattito  nella mattinata di domenica, dopo la votazione degli ordini del giorno e delle risoluzioni e prima delle conclusioni di Giorgia Meloni (alle 12.30). Attesi due nomi in particolare: l’ex ministro  Giulio Tremonti e   il presidente della Liguria Giovanni Toti.

Sul 25 aprile

Di Pier Franco Quaglieni
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Il ministro dell’interno Matteo Salvini ha dichiarato che non ha mai partecipato ad una manifestazione del 25 aprile e che neppure quest’anno, malgrado sia ministro, vi parteciperà. Ha affermato che il 25 aprile riguarda solo i fascisti e i comunisti, dimostrando una scarsissima conoscenza della storia : paradossalmente il ministro ripete, senza conoscerla, la vulgata resistenziale sostenuta dal PCI che pretendeva di avere il monopolio della Resistenza e dell’antifascismo. Sostenere che la Resistenza e’ stata solo rossa – oltre a fare,  per decine di anni, il gioco dei comunisti – rivela una abissale mancanza di conoscenza storica in quanto la guerra di liberazione fu condotta anche da cattolici,liberali, monarchici, repubblicani, anarchici, socialisti, oltre che da soldati che combatterono sotto il tricolore.Il risorto esercito del Regno del Sud si batté eroicamente a fianco degli Alleati, anche se la Resistenza dei militari e’ stata poco ricordata. Ma il 25 aprile vanno anche ricordati gli internati militari in Germania che resistettero nei lager alla fame, al freddo e alle percosse.Anche questa storia e’ poco conosciuta e Salvini dimostra di ignorarla del tutto. Sarebbe perciò indispensabile che il ministro Salvini andasse a studiare ,ad esempio, chi siano stati il generale Perotti e il maggiore Martini Mauri, per non dire del colonnello Cordero di Montezemolo caduto alle Fosse Ardeatine. Ci furono anche partigiani decisamente anticomunisti che si batterono contro la dittatura fascista e contro l’eventuale, possibile dittatura comunista. Il 25 aprile appartiene a tutti gli Italiani,persino ai fascisti perché anche ad essi venne restituita la libertà: nel 1946 ebbero infatti modo di ricostituirsi in partito, il MSI. Poi va aggiunto,come diceva Ennio Flaiano, che ci furono anche degli antifascisti – fascisti in quanto settari,intolleranti,incapaci di comprendere il valore della libertà che è un diritto di tutti.
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Gli antifascisti-fascisti che appaiono come un evidente ossimoro, in effetti ci sono anche oggi e sono i vedovi della vulgata resistenziale che identifica la guerra partigiana con i comunisti. Sono quelli che ritengono che la battaglia delle idee vada combattuta, a colpi di divieti, nelle aule dei tribunali e non sui giornali o in televisione, garantendo a tutti pari opportunità. Il ministro Salvini forse non ha colto neppure questo aspetto, riducendo tutto ad uno scontro tra fascisti e comunisti, tra rossi e neri. Nella Resistenza, ad esempio, c’erano coloro che teorizzavano le autonomie locali e il federalismo, come dimostra la Carta di Chivasso che Salvini con ogni probabilità non ha mai sentito nominare e che forse non gli interessa neppure perché ormai attratto dalle sirene del sovranismo più o meno stoltamente nazionalista. Nella Resistenza erano in tanti, ad esempio, a credere in un’Europa pacifica e unita come antidoto alle guerre, un’Europa di valori ideali,quella delineata nel Risorgimento da Cavour, da Mazzini e da Cattaneo e rivissuta da uomini come Einaudi, Rossi, Spinelli, Chabod. Si trattava di un’idea d’Europa assolutamente incompatibile con le dittature di destra e di sinistra che prevalsero nel secolo scorso, un’idea d’Europa che Salvini ignora, malgrado sia stato anche deputato europeo. Ciò che sgomenta di questa odierna classe politica e’ l’ignoranza storica e politica davvero senza precedenti. Ed appare grottesco che a fare l’antifascista sia di Maio… Con queste sceneggiate non si può costruire nulla di buono e il Paese sembra precipitare nel vuoto di una incoscienza e di una inconsistenza che ci fa davvero accapponare la pelle .Bossi aveva capito cose che Salvini ignora o finge di ignorare.

Il "centro" di Bersani

Di Giorgio Merlo
Adesso, forse, e’ arrivato il momento di intendersi. Ben sapendo che i veri giochi sul futuro assetto politico italiano decolleranno solo dopo il grande sondaggio popolare del 26 maggio prossimo. Perché un dato comincia a delinearsi con sufficiente chiarezza

E cioè, con questa coalizione il centro sinistra, o come si vuol definire, difficilmente sarà competitivo contro il “blocco sociale” del centro destra. O meglio, dell’attuale centro destra che però, e’ bene dirlo subito, difficilmente si scioglierà come neve al sole nell’arco di pochi mesi o di pochi anni. Il futuro centro sinistra, visto che oggi non è affatto competitivo in qualsiasi zona italiana, potrà decollare solo se, accanto ad una sinistra, l’attuale Pd/Pds a guida Zingaretti, saprà riaggregarsi attorno ad una coalizione plurale che vede in un partito di centro, seppur composito e di governo, la sua forza propulsiva e decisiva per ridare vigore, speranza ed efficacia ad una alleanza democratica, riformista e di governo. Certo, e’ persin ridicola la tesi di tutti coloro che nell’attuale Pd pensano di poter costruire una coalizione pianificando, a tavolino, chi è di destra, chi di sinistra, chi verde ambientalista, chi di centro, chi cattolico, chi arancione e via discorrendo. Una strategia grottesca destinata al sicuro fallimento e frutto di un retaggio vecchio e stantio che riporta indietro le lancette della politica italiana ad una stagione dove il partito egemone – cioè il Pci – dettava le carte e distribuiva i ruoli ai singoli commensali. Cioè le briciole che si avanzavano dal tavolo principale. Una interpretazione e una prassi grottesca che non merita neanche perdere tempo per un commento specifico. Come stona, al contempo, la singolare tesi di Bersani, un uomo peraltro riflessivo nonché simpatico, che recentemente ha sentenziato che “semplicemente adesso il centro non serve più perché ormai lo scontro è tra la destra e la sinistra”. Una tesi singolare che, tradotta nella concreta situazione politica italiana e con l’avvento di una destra con un profilo netto e dichiarato, può innescare un meccanismo che ci riporta ad una stagione vecchia e datata: cioè, il ritorno dei cosiddetti “opposti estremismi”. Perché se si sostiene che la “politica di centro” e la “cultura di centro” non hanno più senso di esistere nel nostro paese, e’ persin ovvio, nonché scontato, arrivare alla conclusione che la politica italiana dovrà fare i conti con una radicalizzazione senza esclusione di colpi. Ma che senso avrebbe introdurre un conflitto permanente e all’ultimo colpo tra la destra e la sinistra per la conquista del potere? Saranno due gli obiettivi di fondo dei due plotoni: da un lato la destra punterà all’annientamento politico dell’avversario e, dall’altro, la sinistra mirera’ alla delegittimazione morale e politica del nemico – secondo la tradizione che si rinnova ormai da molti decenni – per raggiungere il tanto decantato potere. È questo l’esito finale prediletto dai Bersani di turno? Al contrario, adesso l’impegno concreto dei sinceri democratici e di tutti coloro che conoscono anche i corsi e ricorsi della storia politica italiana, e’ quello di rispettare certamente la presenza di una “nuova destra”. – ormai in piena ascesa politica ed elettorale – e di una potenziale “nuova sinistra” ma senza rinunciare a riaffermare le ragioni di un “nuovo centro” che può e deve diventare il luogo politico e culturale che batte gli estremismi, introduce una vera cultura di governo, alimenta il confronto democratico, garantisce il pluralismo e lavora per comporre gli interessi attraverso una
permanente e sempre attuale “cultura della mediazione” che resta l’unico vero antidoto per
sconfiggere quella radicalizzazione del confronto politico all’origine dei guai e dei rischi per la
stessa tenuta della nostra democrazia. Un “nuovo centro” ormai sentito e sostenuto da vari settori della società italiana anche a fronte della recente esperienza di governo e non solo per dare qualità alla nostra democrazia e autorevolezza alle nostre istituzioni. Saranno poi le singole ricette di governo a giustificare le alleanze e gli accordi politici e programmatici. Ma senza la presenza di questo partito, o movimento, o luogo politico – del resto storicamente decisivo in tutti i tornanti piu’ difficili e complicati della storia politica italiana – sarà la stessa democrazia italiana a pagarne le conseguenze. Per questo non servono ne’ i richiami alla radicalizzazione tra la destra e la sinistra e ne’ la tesi, altrettanto ridicola, che è sufficiente un partito per distribuire le carte di chi sta da una parte o dall’altra. È arrivato il momento di voltare definitivamente pagina. Senza commettere gli errori di un recente passato che forse è opportuno archiviare al più presto.

Con Cirio corrono Udc e (forse) liste civiche

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A  Roma i  responsabili piemontesi di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia – Paolo Zangrillo, Riccardo Molinari e Fabrizio Comba – si sono incontrati con il  candidato alla presidenza della Regione Piemonte per il Centrodestra, Alberto Cirio, in vista delle prossime elezioni. 
“In un clima cordiale di condivisione ed entusiasmo sono stati affrontati principalmente  i  temi relativi al programma elettorale da sottoporre alla fiducia dei cittadini piemontesi. 
I  focus individuati su cui si concentrerà l’impegno e la proposta:  lavoro, autonomia, sicurezza, salute, infrastrutture e fondi europei” commentano i segretari piemontesi del centrodestra 
In attuazione dell’accordo nazionale tra le forze del Centrodestra,  anche in Piemonte accanto alle liste di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, correrà la lista dell’UDC. Si è inoltre valutata positivamente l’ opportunità di coinvolgere altre forze civiche all’interno della compagine, a condizioni che le stesse siano autosufficienti negli adempimenti relativi alla propria presentazione e garantiscano un reale allargamento del tradizionale perimetro dei partiti alla società civile piemontese.
Celia Ventimiglia

Ruffino (FI): “Notte bianca al Valentino, anche il Comune faccia la sua parte“


“L’idea della Circoscrizione 8 e de La Stampa di portare i cittadini nel Parco del Valentino per riappropriarsi di quegli spazi che di notte diventano pericolosi è senza dubbio più che positiva. Solo con la presenza fisica di famiglie e giovani è possibile togliere terreno da sotto i piedi al degrado e alla criminalità – afferma l’onorevole Daniela Ruffino di Forza Italia -. Insieme a questo tipo di evento meritorio, però, è necessario che anche il Comune di Torino si attivi per combattere la desertificazione di locali che colpisce il Valentino. Meno locali ci sono, più la zona diventa pericolosa. L’azione di cittadini che scendono in strada è un momento civico essenziale ma deve essere accompagnata dall’azione dell’amministrazione”.

Il Capitano, Chiampa e la sfida a bocce (come ai tempi di Granaglia)

Salvini non si smentisce proprio mai. Dopo aver dato il via libera all’azzurro Cirio come candidato in Piemonte, ha presentato il conto salatissimo agli alleati.  Nel listino sette leghisti e gli assessorati più importanti come Sanità e Bilancio sono roba sua. Comandava, comanda e comanderà
Piaccia o non piaccia il Matteo nazionale passerà alla storia.  Solo sei anni fa ha ereditato un partito che si chiamava Lega Nord. Ora detta condizioni da Bormio a Trapani.  Non è mai stato un filo piemontese.  E tanta simpatia per i Savoia non l’ha mai manifestata. Eppure in alcune zone del Piemonte lo danno oltre il 40%. Chiampa dovrebbe fare il 68% in provincia di Torino. Duretta direi. Chi non si smentisce mai sono i Pentastellati.  Arrivano trionfanti tra Cuneese ed Astigiano e, sempre trionfanti annunciano: visto? siamo arrivati noi e il problema dei 9 km mancanti per finire l’autostrada l’abbiamo risolto. Praticamente l’ennesima presa in giro. Non si farà nulla.  Ovvio, no? Meno ovvio che vicepresidente del Consiglio sia un certo Matteo Salvini e Giorgetti sottosegretario alla Presidenza. Oramai si è inventata una nuova legge della politica.  Le incoerenze sono pentastellate. Gli unici che lavorano  per l’ Italia sono i Leghisti ex del Nord. È proprio cambiato tutto. Chi non cambia è la sinistra sbrindellata.  Una parte partorisce Libera Uguale  e Verde. Incuranti del fatto che il titolo 12 mesi fa non ha portato molto bene ai proponenti. Sbagliare è umano ma perseverare è diabolico. Rifondazione? Spiazzata . Ora non li vuole né Potere al Popolo né Sel e tutti e tre accusano gli altri  di essere responsabili della rottura.  Tutti la buttano in caciara.  Poi arrivano i No Tav incalliti che accusano gli altri d essere responsabili del loro isolamento. Ampi e diffusi regali politici a quel Matteo Salvini che se la ride di grosso. E una sinistra che non se ne preoccupa e continua nel guardarsi il proprio ombelico. Tanto non cambia nulla. Ed è persino inutile eventualmente lamentarsi. Appunto, tanto non cambia nulla, anzi peggiora.  Una  parte è arrabbiata per l’accordo con Chiamparino. Una parte addirittura era alla manifestazione pro Tav, c’ era persino la Boschi. Mica dettagli.  Con il Chiampa che se la ride. Povero Cirio sotto schiaffo.  Prima gli equilibri di governo  e poi la campagna elettorale. Se la ride ma sa benissimo che non sono sprovveduti. Fratelli d’ Italia presente in piazza e parlamentari europei non presenti, c’è  “madamin Giachino” con la sua bandiera italiana. Ci sono anche io e voglio presentarmi senza se e senza ma. Contrario il Capitano Matteo Salvini.  Sempre più condottiero che leader. 
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La vedo dura per il nostro pasionario Giachino. Magari un posto per lui da Commissario Tav lo si troverà. Dipende se –  ma soprattutto come – il Centro destra vincerà.  Forza Italia punta a 4  o 5 consiglieri. Per loro più sono e meglio sarà.  Giocata la partita tra Torino e Milano a bocce ferme si giocherà tutto a Torino e il Chiampa ricorre ad una metafora tutta piemontese, lui nato a Moncalieri e grande estimatore delle Langhe, conoscitore delle montagne  che ha percorso in lungo e in largo con la bici  e delle colline tra Cossato e la Val Sesia.  I giocatori di bocce dicono che i punti si contano a bocce ferme. Vero come é vero che quando giocava Umberto Granaglia c’erano poche speranze di vincere.  Umberto per vent’anni e più campione del mondo con i francesi che almeno per una volta lasciavano perdere il loro proverbiale nazionalismo ed ammettevano la sua superiorità. Granaglia era nato a Venaria e in Piemonte ed in Italia non aveva eguali.  Al netto delle differenze, ancorché non veda in politica soggetti simili al campione di Venaria, bisogna ammettere che Salvini ha il vento in poppa.  Addirittura supererà il 40 % dei consensi. La magra figura fatta dal leghista Roberto Cota è solo un lontano ricordo. Manco due mesi dal voto.  La ricerca del consenso elettorale è come il maiale: non si butta mai via niente. Per la terza volta la piazza pro Tav   è piena.  Un po’ meno delle altre volte, ma con la novità della presenza dei sindacati degli imprenditori e dei lavoratori. La Tav non è ferma e sarà terminata, e sia che vinca Chiampa, sia che vinca Cirio ci sarà una solida maggioranza per parare eventuali contraccolpi sulla infrastruttura. In entrambi i casi conteranno anche gli equilibri interni alle singole coalizioni. Con un altro possibile problema.  Problema storico per Torino: il rapporto con Milano.  Non è una novità che il Matteo Nazionale prima di tutto é un lombardo . Direi quasi un lombardo – veneto.  Toccherà alla classe dirigente farsi rispettare sia da Roma come da Milano. Non è una cosa da poco.  E soprattutto in questi ultimi anni il Piemonte ha di fatto portato a casa ben poco. Per farci vivere dovremo o dovranno invertire radicalmente questa infausta tendenza.  Bene , come si dice con lo spirito sportivo: vinca il migliore.  Dopo, il migliore dimostri di esserlo veramente, appunto invertendo questa tendenza.
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(foto grande, Umberto Granaglia: Bocce in volo)

Zingaretti per Chiamparino

Il segretario dem Nicola Zingaretti ha aperto ieri  la campagna elettorale del Partito Democratico, in Piemonte  vista dell’elezioni regionali. Il segretario ha incontrato i militanti  al Cortile del Maglio, con il segretario del Pd del Piemonte Paolo Furia e il presidente della Regione e candidato per il centrosinistra Sergio Chiamparino. Nella sede dei Moderati ha incontrato il senatore Giacomo Portas.

 
 

MPP e Comitato Autonoma Piemonte: "no alle fusioni di comuni senza il consenso delle popolazioni"

Fusioni tra Comuni oppure Unioni, quale può essere la scelta migliore per gli enti locali di piccole o piccolissime dimensioni per il futuro. MPP-Movimento Progetto Piemonte e Comitato Autonomia Piemont non hanno dubbi su quale strada non sia da prendere: quella delle fusioni, soprattutto se queste vanno contro la volontà della popolazione e si basano unicamente sulle proposte di delibere dei consigli comunali inoltrate alla Regione Piemonte. Per affrontare questo tema, che ha interessato recentemente alcune realtà comunali sul territorio subalpino, suscitando un acceso dibattito, organizzano

          VENERDI’ 12 APRILE ALLE ORE 21

           a QUAGLIUZZO (TO), Museo Fossilifero (ex chiesa), via del Campanile

             l’incontro pubblico sul tema “FUSIONE DI COMUNI – I MOTIVI DEL NO”

 
Dopo un saluto del sindaco di Quagliuzzo, Ernesto Barlese, il presidente del Movimento Progetto Piemonte e consigliere comunale di Villamiroglio (Alessandria) Massimo Iaretti interverrà sugli aspetti politici e legali che portano ad un giudizio negativo per i processi di fusione di enti locali. “Non siamo contrari per principio – dice Iaretti, che dal 2010 al 2014 era stato consigliere comunale a Parella e capogruppo di ‘Pedanea’ nell’Unione Terre del Chiusella – ma la legge regionale deve essere profondamente rivista soprattutto nei casi nei quali la popolazione di almeno uno dei comuni interessati dal processo esprima un parere referendario contrario. Poi ci sono anche considerazioni di carattere storico, identitario e sociale che pesano”. Secondo l’attuale normativa, infatti, è sufficiente per arrivare ad attivare un processo di fusione tra comuni la delibera degli stessi, mentre la consultazione è solo consultiva. C’è, tra gli altri il caso limite, di Gattico e Veruno, dove si è arrivati alla fusione nonostante il parere contrario espresso nel referendum dai cittadini di entrambi i paesi. Di particolare spessore sarà il contributo di Andrea Riva, già consigliere comunale dell’ex Comune di Cuccaro Monferrato, ‘fuso’ con Lu (entrambi in Provincia di Alessandria) nonostante il parere contrario dei cittadini che al referendum anno votato no. Riva si soffermerà, in particolare, sui vari aspetti che evidenziano e motivano la contrarietà alle fusioni. “I piccoli comuni sono una realtà viva della nostra terra – dichiarano Carlo Comoli e Augusto Racca, del coordinamento del Comitato Autonomia Piemont – e volerli rendere protagonisti di fusioni, soprattutto quando non c’è la volontà della popolazione, vuol dire perpetrare un’azione forte che ne nega la loro identità. Ecco perché siamo contrari a tutte le decisioni che vengono fatte calare dall’altro sulla testa dei cittadini”.