
Le vite dei Santi colte attraverso un racconto dell’intelligenza e dello spirito, al di là degli scontati limiti agiografici
Atteso ritorno sul palcoscenico torinese, il 19 maggio al teatro Gobetti, di Laura Curino nel lavoro teatrale “Santa Impresa”, accanto, per la terza volta, a Anagoor. Insieme, infatti, hanno già affrontato le biografie e la storia del Teatro giornale di Roberto Cavosi e hanno anche cercato di tracciare un’impossibile biografia di Giorgione, il maestro di Castelfranco, sullo sfondo di una Venezia al suo acme, in “Rivelazione, sette meditazioni intorno a Giorgione”. In “Santa Impresa” vengono narrati, invece, l’intelligenza e lo spirito di quegli uomini straordinari che vanno sotto la denominazione di “Santi sociali”. Furono quei Santi che, a Torino, si presero cura delle necessità, delle ferite e dei dolori della gente del popolo e, in particolar modo, dei giovani di un’Italia appena nata. Don Bosco, Cottolengo, Cafasso, Faa’ di Bruno, Murialdo, Giulia di Barolo, e anche don Orione, Alamanni, Frassati, Domenico Savio sono alcuni dei loro nomi più celebri. “Nessuna regione come il Piemonte – affermano Laura Curino e Derai – ha avuto tra il 1811, anno di nascita di San Giuseppe Cafasso, e il 1888, anno in cui morì Don Bosco, una così elevata concentrazione di vite straordinarie che scelsero i poveri e si impegnarono al loro servizio in imprese che hanno lasciato un segno nella vita torinese. Riuscirono con il loro esempio di vita straordinario a colmare un vuoto presente nella società, animati da un ardente attivismo rivolto alle categorie sociali più bisognose. A muoversi furono ideali elevati e certezze incrollabile. I Santi sociali furono, tuttavia, tormentati allo stesso tempo da quelle inquietudini tipiche degli altri uomini, furono a tratti paradossalmente ribelli e reazionari insieme”.
“Risulta piuttosto facile, per questo motivo – prosegue Laura Curino – cadere nell’agiografia, proprio perché raccontare il “bene” è sempre un’impresa piuttosto ardua. Raccontare la vita degli uomini costituisce sempre un’impresa difficile, ancor più se tali uomini sono dei santi. Infatti sussiste sempre un’immensa sproporzione tra la fissità di un volto che si è ormai cristallizzato nell’immaginario collettivo e la mobilità inafferrabile di una vita vissuta. Vera o romanzata che sia la loro esistenza, contaminata o meno dal potere poetico conferito dalla memoria, torna anche nei sogni il ricordo di un secolo visionario, accompagnato dal senso romantico della sproporzione tra l’individuo e l’orizzonte che lo ha circondato “. Il procedere del lavoro teatrale, assolutamente non ispirato a criteri agiografici, segue, invece, uno schema di sette partizioni, anche se non perfettamente cronologico. Si tratta di sette giornate che tentano di mettere a fuoco i cardini e l’avanzare della creazione, il compiersi, dapprima solo abbozzato, e poi sistematico dell’ opera dei Santi sociali. I sette giorni echeggiano i sette giorni della Genesi biblica e propongono una visione dell’opera dei Santi in chiave divina, quale una struttura aperta e da compiersi, vale a dire una realtà in continuo divenire. Le sette stazioni suggeriscono anche allo spettatore la riflessione per porsi delle domande sul significato profondo della santità.
Mara Martellotta
Al teatro Gobetti fino al 7 giugno
Fondazione Teatro Stabile.
Mart- giov Ore 19.30
Merc- ven- sab Ore 20.45



A dipingere gli atleti, colori “eco friendly”, nel rispetto dell’ambiente
Fu a Serralunga di Crea che
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, che coordina a livello nazionale gli interventi delle Commemorazioni del centenario della Prima guerra mondiale, è presente al Salone con lo stand e spazio incontri Conoscere la Grande Guerra nel Padiglione 5. Un’iniziativa non solo per ricordare un anniversario speciale e per rendere omaggio ai tanti caduti, ma anche un’occasione per recuperare la memoria storica e ricordare le origini della nostra identità europea. Si approfondiranno temi come il cambiamento della società durante e dopo il conflitto, il cibo in trincea e nelle città, gli animali protagonisti poco riconosciuti, le migrazioni, la propaganda attraverso le immagini, il rapporto tra sport e guerra, il ruolo delle donne e
tanto altro. Il programma d’incontri prevede la presenza, tra gli altri, di Folco Quilici, Marco Mondini, Sergio Toffetti, Giorgio Calabrese, Pier Vittorio Buffa, Simonetta Soldani. È prevista la proiezione del film di Ermanno Olmi Torneranno i prati e di docu-film a cura di Raicultura.
In mostra anche alcune foto di Luca Campigotto, tratte dalla mostra Teatri di guerra: scatti dalle Dolomiti, al Carso, dall’Adamello fino al Pasubio, per ripercorrere attraverso le immagini l’impresa compiuta un secolo fa dall’Esercito italiano. A corredo delle foto, un’App che usa la realtà aumentata e il riconoscimento di immagine, con cui è possibile immergersi nel contesto del conflitto attraverso un video-racconto.Collabora al progetto del Salone Marco Accorinti, ricercatore CNR presso l’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, docente di Sapienza-Università di Roma. Si occupa da anni di politiche sociali e progettazione sociale.
“Il rilancio di Torino passa attraverso la proposta di un brand rinnovato a livello regionale e l’offerta culturale agli stranieri, anche studenti”
economica, illudendosi che tutto possa tornare come prima. Invece proprio soggetti chesoggetti, per esempio, lavoravano come quadri o dirigenti rischiano di essere tagliati fuori dalla ripresa. Per questo motivo sono convinto che sopravviverà un pericoloso malessere sociale. Torino, per esempio, è stata una delle città che ha maggiormente conosciuto la crisi della manifattura. La Fiat non esiste quasi più sul territorio metropolitano e non si può certo considerare un successo per Torino vantare oggi la presenza di soli 5 mila operai sul territorio metropolitano. Le strutture del mondo del lavoro torinese hanno, perciò, subito un contraccolpo devastante”.
“È del tutto evidente – prosegue il consigliere comunale – che Torino non possa fondare, comunque, la sua economia esclusivamente su due settori, peraltro strategici, quali la cultura e il turismo. Infatti la struttura manifatturiera continua a far parte del DNA della città, che si conferma inoltre come città di alta formazione. Non è certo una coincidenza casuale che a Torino ci siano oltre 100 mila studenti. Quindi rendere Torino frequentabile da studenti provenienti da altri Paesi rappresenta un business, tanto più che la nostra città si presta molto a svolgere questo ruolo, essendo attrattiva e meno costosa di altre, come Milano. Per ottenere tutto questo risulta, però, indispensabile un cambiamento di mentalità, che porti a offrire il brand Torino in un contesto sinergico con il patrimonio della cultura materiale dell’intero Piemonte”.
“Non bisogna comunque dimenticare – precisa La Ganga – i problemi finanziari della città, che sono di una duplice natura, da una parte rappresentati dall’indebitamento avvenuto nel primo decennio del Duemila, da parte della giunta Chiamparino, in conseguenza degli investimenti olimpici, e dall’altra dai tagli lineari operati dal governo, che non premia assolutamente le città che, come Torino, pur avendo maturato dei debiti, hanno poi operato negli anni successivi delle scelte positive. La nostra città dovrebbe condurre una politica maggiormente contrastiva nei confronti delle scelte governative. Infatti il governo centrale opera piccoli risparmi a livello di spese di funzionamento, ma non per quanto concerne quelle di tipo strutturale, che sono le più considerevoli.
Un sostegno economico per i lavoratori ‘anziani’ che hanno difficoltà a ricollocarsi, un sondaggio tra le aziende piemontesi per conoscere i profili più richiesti e l’avvio di corsi di formazione specifici. Queste le iniziative della Regione Piemonte, insieme con sindacati e imprenditori nel tavolo per la vicenda ex De Tomaso e dei lavoratori in difficoltà. Dice il presidente Sergio Chiamparino:”Sono 30.000 i lavoratori che rischiano di trovarsi senza un reddito, di questi quasi 10.000 in età avanzata. La De Tomaso è solo la punta dell’iceberg”,
Dal 15 al 17 maggio a Grugliasco presso Cascina Duc (Strada del Portone, 197) si tiene la 15° edizione della manifestazione benefica Cascine Aperte. La Cascina Duc apre le sue porte per far rivivere l’atmosfera della vita rurale e promuovere momenti di vita contadina proponendo ogni anno nuove attività: una tre giorni di degustazioni gastronomiche, visite, mercato di artigianato, musica dal vivo, spettacoli di circo contemporaneo, esposizioni d’auto d’epoca, escursioni in elicottero, esibizioni di guida sportiva, serate danzanti, dj set, intrattenimenti per bambini ed eventi sportivi. I proventi della manifestazione sono destinati alla Missione Gambi in Etiopia (impegnata nella costruzione di un ospedale, villaggi per lebbrosi e scuole elementari) e all’Associazione Oltre i Confini Onlus per iniziative in Brasile a sostegno dell’asilo Perfeita Alegria di Barreiros (Pernambuco). Nel ricco programma si segnala il concerto Mondovisione della Tribute Band Ligabue venerdì 15 alle 22.00; sabato 16 alle 22.45 il concerto Way To Hollywood; domenica 17 il 1° raduno “Vespa in Cascina” a cura del Vespa Club a partire dalle 11.00; alle 15.30 e alle 17.00 Vertigini Circensi, spettacoli di circo contemporaneo a cura di Cirko Vertigo nell’ambito di Living Circus festival diffuso di arti circensi, con esibizioni aeree. E alle 21.30 chiusura dell’evento con Live Music e Dj Set.L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra l’Associazione “Cascine Aperte Onlus”, l’Associazione Città Futura, la Cojtà Grgliascheisa e la Pro Loco di Grugliasco.
Venerdì 15 maggio alle ore 20 e sabato 16 maggio alle ore 17 al Piccolo Regio Puccini, all’interno delle attività de La Scuola all’Opera, va in scena La scarpetta perduta, spettacolo per ragazzi in un atto liberamente tratto da La Cenerentola di Gioachino Rossini, realizzato dai ragazzi che hanno partecipato ai laboratori di Sipari Sociali. Lo spettacolo è diretto da Nausicaa Bosio, con Giovanna Piga al pianoforte. La regia è di Anna Maria Bruzzese, le scene di Barbara Agostini e Ilene Alciati, i movimenti coreografici di Caterina Cugnasco, le luci di Mario Merlino, assistente alla regia Ombretta Bosio. 