LIFESTYLE- Pagina 459

Tu Cancro Io donna, ammalarsi di femminilità

consiglio lascaris

Noemi Meneguzzo è una giovane donna vicentina di 42 anni, che da sette sta affrontando un cancro al seno. Ha scelto di fotografare il suo corpo per parlare di come il cancro al seno cambi tante cose, tra cui la femminilità, che si ridefinisce in un modo nuovo

 

Affrontare la malattia senza perdere la propria femminilità. È questo il messaggio della mostra fotografica “Tu cancro Io donna. Ammalarsi di femminilità”, ospitata a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte, dal 29 gennaio al 9 marzo. “Questa mostra, che il Consiglio regionale ospita con orgoglio, è il racconto di una donna che non si arrende – spiega Mauro Laus, presidente dell’Assemblea – e che accetta il cambiamento determinato dalla malattia per provare a governarlo, invece di subirlo. Più della sofferenza, emerge la volontà di non sopravvivere agli eventi, ma di superarli, affrontando a viso aperto la trasformazione”.

 

All’inaugurazione, giovedì 29 gennaio alle 17 a Palazzo Lascaris (via Alfieri 15, Torino), intervengono la curatrice e protagonista, Noemi Meneguzzo, e Fulvia Pedani, coordinatore nazionale e presidente del Comitato di Torino di Andos (Associazione Nazionale Donne Operate al seno). Rebecca Zacco, attrice, proporrà alcune letture. Noemi Meneguzzo è una giovane donna vicentina di 42 anni, che da sette sta affrontando un cancro al seno. Ha scelto di fotografare il suo corpo per parlare di come il cancro al seno cambi tante cose, tra cui la femminilità, che si ridefinisce in un modo nuovo. Immagini vere, schiette, dure, talvolta anche ironiche, che offrono una testimonianza importante di come la malattia possa trasformarsi anche in un’esperienza di libertà e liberazione. Le fotografie si alternano alle parole, testi scritti dalla giovane protagonista, e agli oggetti, per accompagnare il visitatore in un percorso in cui sarà chiamato a interrogarsi.

 

La mostra, promossa dal Consiglio regionale in collaborazione con l’associazione Andos Onlus, (Associazione Nazionale Donne Operate al seno) è curata da Marco Legumi, con le foto di Raffaella Bolla e Daniela Dall’Ora. La mostra è visitabile dal 30 gennaio al 9 marzo a Palazzo Lascaris con orario: 10 – 18 dal lunedì al venerdì.

Ingresso gratuito.

(www.cr.piemonte.it)

Odysséas: i Syndone in concerto a Torino il 20 febbraio

syndone

Dopo il successo in Italia e all’estero, la prog-rock band torinese gioca in casa con un’attesissima performance  insieme al trio veneto il Magnetofono

 

 

Venerdì 20 febbraio al Teatro Baretti di Torino nuovo concerto dei Syndone! La gloriosa formazione torinese di new progressive rock, dopo anni di assenza dai palchi, continua nella promozione live del nuovo album Odysséas, pubblicato dalla Fading Records e apprezzato dalla stampa specializzata di tutto il mondo. Dopo il successo degli ultimi concerti, la band gioca in casa con una performance torinese insieme al trio veneto Il Magnetofono, formazione autrice di una suggestiva fusione tra canzone d’autore anni ’60, jazz e sperimentazione.

 

Il lungo cammino dei Syndone, partito alla fine degli anni ’80 durante la rinascita progressive e giunto al quinto disco Odysséas, trova un significativo riferimento esistenziale e letterario: il viaggio, il percorso di scoperta e conoscenza, il guardare avanti e altrove come metafora di una musica alla ricerca di qualcosa di nuovo. Il tastierista Nik Comoglio, il vocalist Riccardo Ruggeri e il vibrafonista Francesco Pinetti, dopo Melapesante (2010 e ristampato di recente) e La bella è la bestia (2012), tornano con Odysséas, il loro disco più ambizioso e completo. Ancora una volta un concept-album, con A Oriente in copertina, splendida tela del 1979 di Lorenzo Alessandri, uno dei padri del surrealismo italiano. Al trio si sono affiancati numerosi collaboratori e due special guest altisonanti, Marco Minnemann e John Hackett. Il popolare drummer tedesco (ha suonato, tra gli altri, con Steven Wilson, Adrian Belew, The Aristocrats, Levin e Rudess etc.) ha registrato tutte le parti diventando qualcosa in più di un semplice ospite. Insieme a lui un altro straordinario musicista: John Hackett, flautista colto ed eclettico, noto soprattutto per la sua collaborazione con il fratello Steve Hackett. 

Syndone in concerto opening band:  Il Magnetofono

 

Venerdì 20 febbraio 2015 h. 21.00 Teatro Baretti Via Baretti 4 Torino

 

Info:
Syndone:

Dall'Europa le risorse per l'occupazione in Piemonte

europa torino castello

Si tenterà di rendere fruibile il mondo del lavoro ai più vulnerabili, promuovere azioni per la riduzione della povertà

 

La Commissione europea ha dato l’ok al Programma operativo regionale (Por) del Fondo sociale europeo 2014-2020 per il Piemonte. Il budget complessivo ammonta a 872 milioni di euro, finalizzati a una crescita sostenibile ed intelligente e per rafforzare politiche sociali, educazione e capacità amministrativa. Con queste risorse si tenterà di rendere fruibile il mondo del lavoro ai più vulnerabili, promuovere azioni per la riduzione della povertà,  accrescere i servizi socio-educativi e sostenere gli anziani.

 

(Foto: il Torinese)

Foibe, esodo e confine orientale

ricordo

ricordo2Circa 350.000 italiani costretti, dopo il Trattato di pace, che a causa della sconfitta assegnò l’Istria alla Iugoslavia, ad abbandonare le terre delle origini ed a disperdersi nel mondo come emigranti

 

La giornata del 10 febbraio è dedicata al ricordo del dramma degli italiani delle venezie e della Dalmazia. Le foibe e l’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia sono una ferita sulla quale nel nostro Paese era stata stesa una cortina di silenzio. Da tempo ormai la parola foiba non descrive più semplicemente il territorio carsico triestino e giuliano, ma è diventata termine atroce, simbolo di una tragedia che si è consumata al confine orientale e che ha come sfondo la seconda Guerra mondiale, il fascismo, il totalitarismo. Migliaia di italiani uccisi dall’esercito di liberazione iugoslavo e gettati nelle foibe, veri e propri inghiottitoi; circa 350.000 italiani costretti, dopo il Trattato di pace, che a causa della sconfitta assegnò l’Istria alla Iugoslavia, ad abbandonare le terre delle origini ed a disperdersi nel mondo come emigranti. Il Giorno del ricordo va considerato come un segnale di ulteriore pacificazione e di riconciliazione dell’Italia repubblicana. Si è trattato, è vero, di una tragedia a lungo rimossa ma ricordarla ci rende tutti più forti e credibili nella difesa e nell’affermazione dei valori fondamentali sui quali è nata e si è costruita la nostra Repubblica; i valori della libertà, della tolleranza, della convivenza pacifica, del rispetto della dignità umana e della persona.Nessuna  violenza che mortifichi quei valori può essere giustificata, neanche come risposta a violenze subite. Non può essere negato infatti che il fascismo italiano, con l’occupazione militare, abbia esercitato contro le popolazioni istriane, soprusi, misfatti e violenze che produssero ritorsioni. Ritorsioni, a loro volta, terribili e disumane.

 

Gli studiosi sono ancora alla ricerca di documenti, di dati e non vi sono conclusioni condivise sulle ragioni della ferocia dei combattenti di Tito, ma non vi è dubbio che quella fu una tragedia con tante facce. Le foibe furono il prodotto di odi diversi, irriducibili ad un unicum: c’era l’odio etnico, nazionale, ideologico. Secondo alcuni storici si trattò di un fenomeno dovuto sia alla politica di italianizzazione forzata da parte del fascismo, che mirava all’annullamento dell’identità nazionale delle comunità slovene e croate, sia alla politica espansionistica di Tito per annettersi Trieste e il goriziano. Lo storico Gianni Oliva sostiene  che “affinché al tavolo delle trattative di pace venisse riconosciuta la sovranità di Belgrado sul territorio giuliano, occorreva che nessuna forma di opposizione contrastasse l’annessione. E dunque bisognava contrastare i movimenti antiannessionistici anche con l’eliminazione fisica di tutti coloro, fascisti o antifascisti, in grado di organizzare e dirigere quei movimenti“. La lunga notte della guerra fredda ha impedito per troppo tempo una lettura meno ideologica di quelle vicende. Ora quella contrapposizione frontale è, almeno per quanto ci riguarda, alle spalle. È possibile una elaborazione condivisa che consenta analisi più serene e obiettive. Come dichiarò Carlo Azeglio Ciampi, e sottolineò il presidente Napolitano “la tragedia delle foibe fa parte della memoria di tutti gli italiani“.

 

Fa parte della storia del Paese. Ristabilire il dovuto riconoscimento di quelle vicende tragiche e dolorose  è necessario per la costruzione di un’Europa poggiata su basi di condivisione che rendano più estesi e radicati i valori fondamentali della convivenza tra diversi, del multiculturalismo, del pluralismo etnico e religioso. Claudio Magris, con efficacia , scrisse “ ..Sulle frontiere si sono da sempre scatenate e si scatenano le passioni scioviniste più furibonde, con il loro bagaglio di violenze, provocatrici a loro volta di cieche vendette foriere anch’esse di feroci rappresaglie“. Agli storici il compito di continuare a ricercare documenti e testimonianze per portare alla luce fatti ed eventi, che aggiungano ulteriori pezzi alla verità storica. A tutti gli altri il compito di creare una memoria critica e solidale, di creare le condizioni per una verità come valore civile condiviso, secondo un ordine di valori che condannino ogni forma di totalitarismo, razzismo, nazionalismo sciovinista.

 

Marco Travaglini

 

 

"Storia di un impiegato" in scena a Buriasco

thyssen teatro

In scena Paolo Montaldo, autore del testo, che, dopo aver riportato alla memoria la tragedia del 6 dicembre 2007 con “C’era una volta la Thyssen”, ha voluto rendere omaggio a Fabrizio De Andrè con questo spettacolo

 

Uno degli album più emozionanti di Fabrizio De André, portato in scena con uno spettacolo di affabulazione musicale. La musica dal vivo del gruppo Malecorde e la voce narrante di Paolo Montaldo per un viaggio tra gli “anni di piombo” e i nostri anni della crisi. Chi è l’impiegato? Da cosa si sente escluso? Quali sono i suoi rimpianti e i suoi desideri?

 

Le risposte sono nella musica e nelle parole di Fabrizio De André, raccontate nello spettacolo di affabulazione musicale che ha il titolo dell’album pubblicato nel 1973.Ai brani, eseguiti dal vivo, si alternano i momenti di parola che ripercorrono il risveglio tardivo dell’impiegato e la sua illusoria rivoluzione terminata con la sconfitta personale e affettiva: un viaggio tra passato e presente, tra gli “anni di piombo” e gli anni della crisi che stiamo vivendo.

 

In scena Paolo Montaldo, autore del testo, che, dopo aver riportato alla memoria la tragedia del 6 dicembre 2007 con “C’era una volta la Thyssen”, ha voluto rendere omaggio al cantautore-poeta genovese con questo spettacolo. Al suo fianco, le Malecorde: un gruppo che, accanto ai brani originali, da sempre ha nel suo repertorio canzoni di Fabrizio De André, composto da Giovanni Battaglino, Matteo Bagnasco, Lucia Battaglino, Simone Rossetti Bazzaro, Paolo Mottura, Eugenio Martina. Un appuntamento per chi ricorda a memoria le parole cupe e poetiche di questo album e per chi vuole sentirlo raccontare per la prima volta.

 

 STORIA DI UN IMPIEGATO
venerdì 13 febbraio 2015, ore 21.15
Teatro Blu – Piazza Roma – Buriasco – To

 

Il pescatore e la sirena

sirenaIl pescatore si chiese avvicinandosi se avesse finalmente acciuffato la Sirena o se l’avesse persa per sempre

 

C’era una volta un pescatore, con gli occhi azzurri come l’acqua salata del 
mare di Capri, distesa che assaporava col caffè in bocca appena alzato, dalla 
minuscola finestra a oblò del suo appartamento a strampiombo sul golfo.

 

La mattina era notte per il pescatore, che si alzava alle cinque in punto, 
faceva colazione con burro aringhe e pane e nero, caffè forte e denso come oro 
nero, aromatico, liquido.

 

La forza delle braccia, abbronzate e asciutte, il viso indurito dal sole e 
dal vento, i capelli arruffati e schiariti dal sale marino, i pensieri ancora 
ingarbugliati e gli occhi semiaperti;  mentre l’oscurità si striava di rosa e 
arancio, un pensiero puntuale lo coglieva.

 

Era un pensiero blu scuro, rivolto a una figura di donna inconsistente e vaga, 
come la nebbia dell’aurora che si tuffa nelle onde più nere, un pensiero 
ondulatorio, che viene e che va, una spuma marina.

 

Nel mezzo del mare l’aveva sentita parlare tra sè sommessamente, pareva una 
donna girata e appoggiata a uno scoglio,  con la schiena nuda un pò curva e e i 
capelli blu intrecciati e ammassati come alghe marine.

 

Il primo giorno sembrava una visione, uno scherzo causato dalla stanchezza, il 
secondo un sogno continuato dalla notte, il terzo giorno invece aveva iniziato 
a credere che fosse reale; il pescatore desiderava toccarle i capelli e la 
schiena di perla, o sentirne meglio la voce sottile, appoggiare la propria 
testa stanca sulla spalla chiara di lei, rotonda e affusolata, come di 
conchiglia.

 

Ascoltare le sue storie, intrecciare i propri pesanti pensieri alla leggerezza 
profonda e acquatica della creatura impalpabile. Ma più la chiamava più lei restava girata e sorda al suo richiamo.

 

Un giorno la rete scintillava bagnata e vuota di pesci, splendeva come una 
trama fine di cristalli;  il pescatore  guardava assorto la rete, ed era tutto 
pieno del canto della donna girata. Quel giorno pareva gonfio di melanconia, 
pieno di pioggia come il cielo pesante e grigio, clima raro per quei luoghi 
assolati.

 

Fu un attimo. La rete venne lanciata con la maestria del pescatore oltre lo 
scoglio e la creatura sonora fu catturata al suo interno.

 

No, in tanti anni il pescatore non potrà dimenticare quel suono spezzato all’
istante o quegli occhi impauriti, nè il colpo di coda di una Sirena  -come 
aveva potuto non capirlo prima?-  rapita.

 

Il suo canto si levò alto come un soffio di tromba acuto e argentino, per l’
ultima volta. I capelli scintillarono blu in onde infinite, per l’ultima volta. 
La coda di pesce cangiante perse il movimento, si sciolse, liquefatta come cera 
calda verde pino.

 

I capelli divennero semplici capelli, caduta la coda apparvero le gambe, e la 
voce, quella caverna di sensazioni forme e colori, divenne una voce sottile di 
donna normale.

 

Il pescatore si chiese avvicinandosi se avesse finalmente acciuffato la Sirena 
o se l’avesse persa per sempre.

 

Federica Billone

 

www.tuttigliuominidilola.it

Quando Nicolazzi e Romita fecero la storia della politica vera

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Nicolazzi era  ministro dei lavori pubblici e Romita titolare del dicastero del bilancio e della programmazione economica: che ruolo avrebbero potuto avere oggi in Piemonte, in Italia ed in Europa?

 

Chissà se adesso che, il 22 gennaio scorso, Franco Nicolazzi, ha terminato il suo cammino terreno all’età di 90 anni, troverà in qualche parte dell’universo Pier Luigi Romita che invece era scomparso nel 2003. In un mondo che “brucia” persone e situazioni, forse questi nomi oggi dicono poco, ma per tutti gli anni Settanta ed Ottanta, in Piemonte e non solo Nicolazzi e Romita, furono protagonisti della vita pubblica. Entrambi piemontesi, entrambi appartenenti allo stesso partito, il Psdi, di cui furono in tempi diversi segretario nazionale, entrambi più volte ministri, diedero vita a due distinte correnti in perenne contrasto tra loro. Romita era molto forte a Cuneo, Asti ed Alessandria, Nicolazzi nella “sua” Novara, a Vercelli, Biella, mentre la federazione socialdemocratica di Torino era equamente divisa come preferenze per ambedue ed avevano come “proconsoli” Baldassarre Furnari a Torino e l’eporediese Stefano Strobbia, Nicolazzi, Ricciotti Lerro, Nando Vera ed un giovanissimo Federico Fornaro (oggi senatore del Pd) Romita.

 

 

Certo c’è da chiedersi, se i due uomini politici e di Governo avessero agito di comune accordo, soprattutto quando Nicolazzi era (e lo fu per molti anni, consecutivamente, ed in diversi governi) ministro dei lavori pubblici e Romita titolare del dicastero del bilancio e della programmazione economica, che ruolo avrebbero potuto avere in Piemonte in Italia ed in Europa? La domanda non potrà, probabilmente, avere mai una risposta, certo è che di cose ne sono state fatte, dai miliardi arrivati con i Fondi Fio (Fondi investimento occupazione) che consentirono la ristrutturazione delle Residenze Sabaude o l’ammodernamento della fatiscente rete dell’Acquedotto del Monferrato (che copriva le province di Torino, Asti e, soprattutto, Alessandria) alla realizzazione dell’autostrada A26, che consente tuttoggi il collegamento tra i porti liguri ed il Sempione. E questi sono soltanto alcune delle realizzazioni di cose volute e realizzate da esponenti di quella che tutti chiamano Prima Repubblica. Che aveva tanti difetti, che si sono protratti anche nella Seconda e non sembrano essere spariti neanche nella Terra, ma che almeno portava a termine, in Piemonte sicuramente, quello che annunciava.

 

 

Massimo Iaretti

I governi di Piero e Sergio si confrontano, parola d'ordine: sostenere lo sviluppo

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Incontro fra le giunte della Regione Piemonte e del Comune di Torino 

 

Apertura di un tavolo Piemonte-Governo per il sostegno ai grandi investimenti infrastrutturali; confronto con fondazioni bancarie, università, imprese e attori economici della città; partnership pubblico-private per allargare il perimetro delle risorse disponibili;utilizzo dei fondi europei per politiche di sviluppo, ricerca e innovazione ; costituzione di gruppi di lavoro interassessorili per tema e deleghe per condividere priorità e misure di riorganizzazione della spesa.Sono queste le prime azioni discusse e decise nella riunione delle giunte di Regione Piemonte e Città di Torino.

 

Il confronto si è concentrato sulle politiche di bilancio, alla luce dei tagli adottati dalla Legge di Stabilità e dalle difficoltà finanziarie della Regione.Questo primo incontro fra le Giunte ha fatto registrare due decisioni: in primo luogo l’impegno a mantenere invariata la spesa per sanità, trasporti e prestazioni socio assistenziali; in secondo luogo la riorganizzazione della spesa negli altri settori, tenendo conto che la capacità di spesa della Regione conoscerà nel 2015 una contrazione del 35% circa. Obiettivo, condiviso e ribadito, è in ogni caso mantenere  invariata l’offerta dei servizi e delle opportunità di cui godono oggi i cittadini.

 

 “Abbiamo voluto organizzare questo incontro in funzione dei rapporti istituzionali ma anche interpersonali che uniscono Comune e Regione, perché in una situazione di necessità la prima cosa cui si pensa è di cercare di trovare soluzioni condivise. Nel 2015 – ha spiegato il Presidente della Giunta Regionale Sergio Chiamparino – saremo in condizione di garantire pari risorse a quelle dello scorso anno per la spesa sanitaria, i servizi domiciliari per le persone in condizioni di fragilità e i trasporti pubblici. Per gli altri capitoli di bilancio dormo fare i conti  con una taglio della disponibilità che oscilla tra i 150 e i 200 milioni, e che sulla città di  Torino avrà un’incidenza del 35- 40%. Non vogliamo ricorrere a tagli lineari, ma, attraverso incontri bilaterali tra gli assessori di Comune e Regione, si individueranno  priorità e risparmi. Per quanto riguarda i fondi europei, intraprenderemo azioni utili a creare un meccanismo di leva finanziaria capace di sostenere in maniera efficace gli investimenti nell’innovazione e nell’efficienza energetica. Altre azioni progressive vedranno la Regione ritornare al suo ruolo istituzionale di ente legislativo e programmatore, riconoscendo alla città il suo ruolo gestionale, in campo culturale come in quello delle società partecipate ”. 

 

Oggi abbiamo avviato un metodo di lavoro comune  che si estenderà nelle prossime settimane alla Città metropolitana per definire obiettivi e ottimizzare l’utilizzo delle  risorse– ha sottolineato il Sindaco Piero Fassino – . L’obiettivo comune  è assicurare il mantenimento degli attuali servizi, allargando il perimetro delle risorse disponibili. E’, infatti,  per noi obiettivo irrinunciabile mantenere alte le ambizioni della città, mettendo  in campo tutto ciò che serve per sostenere sviluppo, crescita e lavoro. Non siamo stati eletti per chiudere dei servizi, ma per mantenerli e garantire ai cittadini una qualità della vita degna.”

Cioccolato e Torino, un lungo fidanzamento

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Nel 1678 G.A. Ari presenta a Maria Giovanna Battista di Savoia, seconda Madama Reale, reggente per il figlio Vittorio Amedeo II, la richiesta di una patente per “vendere pubblicamente la cioccolata in bevanda per anni sei prossimi dalla data della presente”

 

In Italia la storia del cioccolato inizia proprio a Torino nel 1559 quando Emanuele Filiberto di Savoia (generale dell’esercito di Carlo V di Spagna), torna in patria dopo la pace di Chateau Cambrésis. Di ritorno dal viaggio porta con se alcuni semi di cacao che saranno serviti sottoforma di bevanda calda l’anno successivo. L’occasione? Celebrare i festeggiamenti di Torino nuova capitale del Regno di Savoia dopo Chambery. Ma è verso la fine del XVI secolo che,  probabilmente portato da Caterina, figlia di Filippo II di Spagna e data in sposa a Carlo Emanuele I duca di Savoia,  la cioccolata inizia ad affermarsi nel capoluogo piemontese.

 

Sempre a Torino l’apparizione del primo locale atto a degustare la cioccolata, la “cioccolateria” prima mescita pubblica (il nostro attuale Bar). Nel 1678 G.A. Ari presenta a Maria Giovanna Battista di Savoia, seconda Madama Reale, reggente per il figlio Vittorio Amedeo II, la richiesta di una patente per “vendere pubblicamente la cioccolata in bevanda per anni sei prossimi dalla data della presente” la risposta della Madama Reale “abbiamo accondisceso volentieri alla sua demanda per essere lui il primo introduttore”. Torino incomincia così il suo fidanzamento con il cacao e diventa punto nevralgico nella storia europea per l’espansione del cioccolato. Alla fine del 1600 se ne producevano circa 750 libbre al giorno (corrispondenti a 350 kg di oggi) che veniva esportato anche in Svizzera, Germania e Francia.

 

(Continua su www.seetorino.com/cioccolato-torino-fidanzamento/)

 

Dall'antico Egitto ai grandi delitti sul palco di Alfateatro

musei

Parte il ciclo di conferenze-spettacolo che porteranno in teatro scrittori, studiosi e docenti universitari, pronti a dare vita a un calendario di incontri divulgativi adatti a un pubblico di tutte le età

 

 

La cultura va in scena. La novità del 2015 sul palcoscenico di Alfateatro è un ciclo di appuntamenti culturali che porteranno in teatro scrittori, studiosi e docenti universitari, pronti a dare vita a un calendario di incontri divulgativi adatti a un pubblico di tutte le età. Tanti i temi che saranno affrontati nell’ambito di questi particolari convegni serali a cadenza mensile sul palcoscenico di via Casalborgone 16/i. Si comincia con quattro incontri dedicati ad argomenti di stretta attualità come le migrazioni e l’Ostensione della Sindone, ma anche al fascino della storia e della criminologia.

 

Il primo appuntamento si è tenuto 16 gennaio, dedicato alle “Storie di menti lontane”. La conferenza-spettacolo prende il via dal libro a cura di Silvia Ruspa (edito da Cittadella, 2014) che raccoglie le storie di stranieri problematici, con multiformi disagi e laceranti sofferenze psicologiche e sociali, raccontate da specialisti di varie discipline: psichiatri, neuropsichiatri infantili, pediatri, psicologi, antropologi, filosofi, criminologi e giornalisti. Il libro prosegue e completa il lavoro di ricerca avviato dall’autrice a Novara nel 2013, prima con il convegno nazionale “La mente lontana. Dall’antropologia all’etnopsichiatria”, poi con il percorso formativo “La mente lontana. Dal meticciato alla Repubblica dei fanciulli”, quindi nel 2014 con la lectio magistralis “La mente lontana. Identità aperte”. “I migranti arrivano con tutto il loro portato esistenziale, tragico e muto – spiega Silvia Ruspa -. Gli abissi oscuri della sofferenza, le luci più o meno tenui della speranza aprono una questione cogente della modernità: siamo noi capaci di costruire integrazione e interazione con gli “stranieri”, sui sentieri sterrati dell’incontro,  della comprensione, dell’amicizia per una vita migliore loro e nostra?”. Argomenti quanto mai attuali di cui l’autrice, presidente della Società Cooperativa Sociale Gea, ha parlato con il pubblico torinese nel corso di un incontro a ingresso gratuito.

 

Il calendario delle conferenze-spettacolo di Alfateatro proseguirà poi venerdì 13 febbraio, sempre alle 21, con un appuntamento affascinante dedicato al “Mondo magico dell’Antico Egitto”, che vedrà salire sul palco l’egittologa Elvira D’Amicone, già funzionario della Soprintendenza peri Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Egizio di Torino).

 

Seguirà l’incontro sui “”Grandi delitti: il computer va in scena”, in programma per venerdì 13 marzo alle 21, con il professor Nello Balossino, docente di Informatica investigativa dell’Università degli Studi di Torino, che ha collaborato a diverse inchieste ben note al grande pubblico, come quella sull’omicidio di Chiara Poggi, che lo ha visto effettuare in qualità di perito l’esperimento semi virtuale sul percorso di Alberto Stasi all’interno della villetta di Garlasco.

 

A chiudere il primo ciclo di conferenze a teatro sarà ancora il professor Balossino, che tornerà nel salotto di via Casalborgone nella serata di venerdì 17 aprile (alle 21) per un incontro speciale organizzato in occasione dell’Ostensione della Sindone, sul tema “Le immagini svelano la Sindone”. Balossino è infatti autore del discusso volume “Sindone, immagini per la conoscenza” (Effatà Editrice, 2010) in cui vengono esposti i contributi forniti dalle varie riprese che si sono susseguite dal 1898, anno della prima immagine realizzata da Secondo Pia, fino al 2008 quando sono state ottenute fotografie e acquisizioni video ad alta definizione. Nel volume sono evidenziati gli stati d’animo dei protagonisti di una singolare esperienza di rapporto diretto con il Sacro Lino: la scoperta dei segreti codificati nell’immagine.

 

Tutte le conferenze-spettacolo di Alfateatro sono a ingresso libero fino ad esaurimento dei posti.