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Come migliorare l’urbanistica torinese

perna foto mole mongolfiera
“Lo sviluppo urbanistico di una città deve essere collegato a una nuova metodologia di norme di attuazione del piano regolatore e del regolamento edilizio di Torino
. Ne è fermamente convinto l’architetto Enzo D’Amico, che tutti i giorni deve confrontarsi con tali strumenti urbanistici.TORINO LINGOTTO GRATTACIELO

“Sulla base del piano regolatore – spiega l’architetto D’Amico- ogni lotto presenta un indice di edificabilità per un’altezza programmata. Sarebbe uspicabile eliminare nel piano regolatore il calcolo dell’ SLP (superficie lorda di pavimento), in riferimento al riuso dell’utilizzo del suolo, per evitare così lo spreco di suolo e per lasciare maggiore spazio verde, sviluppando le costruzioni in altezza”.

“Esistono aree a Torino – prosegue l’architetto D’Amico- in cui , invece, possibile concepire edifici in altezza. Non certo nel centro storico, ma, per esempio, in quartieri come Borgo San Paolo. Il Comune di Torino dovrebbe, allora, dotarsi di norme capaci di eliminare il vincolo dell’altezza. Un altro aspetto che ritengo fondamentale nello sviluppo urbanistico cittadino è quello di rivitalizzare la zona Nord di Torino tra via Cigna e corso Grosseto”.VIALE SPINA

“Le due strade da perseguire – ribadisce l’architetto – sono quindi un’adeguata strategia di sviluppo di Torino e la revisione delle norme del piano regolatore. Torino deve potenziare la sua nuova vocazione nel terziario, con un aumento della quantità di turisti e di studenti universitari. Ma non basta l’impegno del Comune di Torino. È fondamentale lavorare in sinergia tra Comune, associazioni degli Albergatori e dei Commercianti e creare, inoltre, sinergie tra le varie compagini sociali cittadine, quali il Collegio dei Costruttori e l’ Albo degli Architetti. Polo di eccellenza torinese è il Politecnico di Torino, nel campo dell’istruzione, della tecnologia e dei servizi. È   necessario che vengano forniti servizi maggiori e che si lavori per l’unificazione delle residenze universitarie in un polo integrato con la società torinese. L’area di Mirafiori Nord, collegata con la futura linea 2 della metropolitana, potrebbe diventare una nuova filiera della città metropolitana”.

campus universita 1“Un altro aspetto – prosegue l’architetto D’Amico – che ritengo che a Torino meriti di essere potenziato riguarda i settori dell’industria aerospaziale e del design automobilistico. È   fondamentale ricercare una maggiore sinergia, per esempio, tra l’Alenia, le app di nuovi design automobilistici e le nuove strutture universitarie. Un’area di Torino che meriterebbe di essere migliorata è   quella a Nord di via Cigna, comprendente corso Vercelli, corso Giulio Cesare, da collegare con quella a Sud, verso piazza Marmolada e corso Traiano, dove dovrebbe sorgere il capolinea della linea 2 della metro. La nuova linea della metropolitana dovrebbe anche collegare l’area universitaria del Campus Einaudi a corso Marconi. Un errore che invece ritengo sia stato commesso in passato riguarda la costruzione, sotto la giunta Novelli, della metropolitana leggera, in particolare la linea 4, che ha tagliato in due corso Gabetti e corso Toscana, come corso Giulio Cesare. Personalmente penso che la soluzione   migliore sarebbe il suo interramento. Un altro sforzo che dovrebbe compiere la Città di Torino dovrebbe essere quello di accelerare la tempistica per ricevere la concessione e i permessi di costruzione. La tempistica da parte del Comune di Torino, all’avanguardia per quanto riguarda la trasmissione delle dia (denuncia di inizio attività edilizia), sono invece biblici per i permessi costruttivi”.

Mara Martellotta

(foto: il Torinese)

 

 

Architetto Enzo D’Amico. Studio Dea, Corso Vittorio Emanuele 37 , 10125 Torino

Pagina Facebook Dea Architetto Enzo D’Amico

APIDGE DENUNCIA E COMBATTE L’ESTERNALIZZAZIONE DELL’INSEGNAMENTO

DIRITTO ED ECONOMIA POLITICA NELLE SCUOLE

apidge salone

Nelle fasi di studio, di dibattito, di confronto e di approvazione della legge 13 luglio 2015, n.107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” e, in riferimento ai recenti provvedimenti varati dal Governo in materia di istruzione, è stata dedicata una nuova e significativa attenzione allo studio del Diritto e dell’Economia politica, anche al fine di assicurare un’offerta formativa più ricca e flessibile per gli studenti e per utilizzare al meglio le figure di potenziamento dell’organico delle istituzioni scolastiche previste dalla stessa legge. In questo modo infatti sono state riconsiderate la posizioni giuridiche e professionali di quel 30% di insegnanti rimasti sprovvisti di cattedra di insegnamento: da settembre 2016 si verrà a consolidare la posizione dei 5.000 docenti di Diritto e di Economia politica coinvolti nei vari percorsi didattici di potenziamento dell’organico dell’autonomia delle scuole, mentre altri 1.000 professori saranno impegnati e inquadrati definitivamente nelle attività di sostegno agli alunni con disabilità.

Eppure ancora tante sono oggi le scuole in cui non viene assicurato lo studio sistematico del Diritto e dell’Economia politica, mentre gli Uffici centrali del MIUR continuano a siglare intese, convenzioni, accordi programmatici con tanti enti e soggetti esterni all’Amministrazione che si improvvisano insegnanti e giungono anche a certificare agli studenti improbabili competenze e abilità.

Il Dipartimento Legale di APIDGE, l’Associazione professionale degli insegnanti delle Scienze Giuridiche ed Economiche, coordinato da Giovanna Musone, sta raccogliendo tutti gli elementi utili a evidenziare come da anni tante scuole italiane, applichino in modo estensivo ed illegittimo il principio di sussidiarietà e “appaltino” di fatto l’insegnamento del Diritto e dell’Economia a soggetti esterni sprovvisti di abilitazione all’insegnamento. Una più oculata e corretta distribuzione dei docenti in servizio consentirebbe inoltre importanti risparmi di spesa.

 

Che cos’è Apidge ?

L’APIDGE si propone come interlocutore critico e propositivo delle istituzioni per tutti gli aspetti che riguardano la professione docente, partendo dal presupposto che nessun sistema scolastico può raggiungere le sue finalità formative se gli insegnanti, individuati come professionisti responsabili e non come meri esecutori, non sono messi nelle migliori condizioni per svolgere la loro attività di estrema rilevanza sociale.

L’APIDGE intende evidenziare, promuovere e sviluppare, in primo luogo tra i docenti, una cultura e una coscienza professionale contro i pericoli di impiegatizzazione e di riduzione al fatto burocratico dell’attività di insegnamento. Strumento fondamentale per raggiungere pienamente tale scopo è la costituzione di un ORDINE PROFESSIONALE degli insegnanti che divenga parte essenziale dei processi di reclutamento dei docenti e della loro formazione iniziale ed in servizio, che promuova un rigoroso Codice Deontologico-Professionale e che partecipi a pieno titolo nelle varie fasi di valutazione di sistema

L’APIDGE si propone perciò come interprete e portavoce di quel disagio che abbia ragioni coerentemente professionali e come interlocutore con le Istituzioni per tutte le questioni afferenti la FUNZIONE DOCENTE attraverso attività di formazione, di informazione e di confronto attraverso pubblicazioni, eventi, convegni, momenti di dibattito sulle questioni didattico-disciplinari e professionali con tutte le componenti della società e in stretto collegamento con analoghe esperienze a livello europeo

L’APIDGE, in pieno rispetto al sistema dell’autonomia scolastica, ritiene necessario che funzioni e retribuzioni in ambito scolastico siano diversificate contro ogni forma di egualitarismo e appiattimento economico e professionale

 

Distribuzione dei farmaci, accordo Regione – farmacie

medico sanitaMedicinali per conto, vaccinazione antinfluenzale e sperimentazione della fornitura di servizi a pazienti fragili 

 La Regione Piemonte e Federfarma ed Assofarm, in rappresentanza delle 1600 farmacie pubbliche e private presenti sul territorio, hanno sottoscritto un accordo triennale (2016-2019) che prevede il rinnovo dell’accordo per l’erogazione di farmaci in regime di distribuzione per conto, il potenziamento della vaccinazione antinfluenzale e l’avvio di una sperimentazione per la fornitura di servizi a favore di particolari categorie di pazienti. L’accordo è stato sottoscritto dall’assessore alla Sanità, Antonio Saitta per la Regione, da Massimo Mana per Federfarma e da Roberto Forte per Assofarm. La distribuzione per conto (DPC) è una modalità di dispensazione di alcune categorie di farmaci (quelli contenuti nel PHT, prontuario della distribuzione diretta ospedaliera-territorio) da parte delle farmacie territoriali: in pratica le ASL acquistano direttamente i farmaci ed anzichè farli dispensare ai pazienti nelle farmacie ospedaliere, ne dispongono la dispensazione nelle farmacie territoriali. I pazienti dimessi dai vari reparti e che devono seguire specifiche cure farmacologiche, in base a quanto deciso dallo specialista, possono ritirare subito la prima confezione nella farmacia ospedaliera, mentre le altre confezioni verranno dispensate nelle sanitanormali farmacie. Per il 2016 l’attività di collaborazione fra le farmacie convenzionate e il servizio sanitario regionale sarà indirizzata principalmente sulla vaccinazione antinfluenzale.L’influenza rappresenta un serio problema di sanità pubblica ed una rilevante fonte di costi diretti ed indiretti per l’attuazione delle misure di controllo e la gestione dei casi e delle complicanze delle malattie. I casi severi e le complicanze dell’influenza sono più frequenti nei soggetti ultra65enni e con condizioni di rischio, come diabete, malattie immunitarie o cardiovascolari e respiratorie croniche. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Piano nazionale prevenzione vaccinale indicano come obiettivi di copertura per la vaccinazione antinfluenzale il 75% come obiettivo minimo perseguibile ed il 95% nei soggetti over65 e nei gruppi a rischio. L’accordo sottoscritto prevede anche l’avvio, in via sperimentale, del progetto “Farmacia dei servizi” che prevede la presa in carico dei pazienti fragili, l’erogazione di specifici servizi, l’aderenza alla terapia in particolari ambiti terapeutici e la promozione e prevenzione della salute. Per l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Antonio Saitta: “ Con l’accordo  si avvia un percorso di collaborazione coerente con gli obiettivi che la Regione si è data in particolare sull’assistenza territoriale. Partiamo dalla vaccinazione antinfluenzale, ma puntiamo a rafforzare, con il contributo delle farmacie che sono capillarmente distribuite in tutto il territorio, l’erogazione di tutti quei servizi che possono essere utili ai pazienti, soprattutto coloro che appartengono alle fasce più deboli, come anziani e malati cronici. ” La collaborazione tra servizio sanitario regionale e farmacie può contribuire a raggiungere questi obiettivi. Per la Regione la spesa prevista è di 6.500.000 di euro per il triennio: 500.000 euro per il 2016, 2.000.000 all’anno per il 2017, il 2018 ed il 2019. La spesa sarà commisurata alla puntuale erogazione dei servizi concordati, con un sistema di misurazione degli obiettivi: per le vaccinazioni antinfluenzali sarà definito entro settembre. La delibera approvata dalla Giunta il 27 luglio prevede la conferma dell’Asl di Asti come Azienda capofila per la concreta applicazione delle modalità distributive dei farmaci.

Alghe, erba alta e “cantieri” sociali: quanto lavoro per il Comune

cantieri torino strade lavoriSTORIE DI CITTA’

di Patrizio Tosetto

Alghe anno zero. Nulla è cambiato, qualcosa direi peggiorato.  Ovviamente non ne possiamo e vogliamo fare una colpa ai Cinque Stelle. 

Girando per parchi e notando le rotonde stradalitosetto dove era stata tagliata l’erba per effetto delle elezioni, oggi l ‘erba è alta. Ovviamente non ne possono nulla i pentastellati . Ma si sono attivati con esperti che vedranno come non farla mai più ricrescere. Dubitiamo un po’ come abbiamo dubitato quando vedevamo i volontari estirpare le alghe con le mani.

tosetto barboniMa ci sono anche lavori e “cantieri” sociali, che riguardano le persone. A Porta Palazzo due ubriachi si inchinano e raccolgono mozziconi. Sono le 10 del mattino. Ricordo ancora il graduato dei vigili in un bar del centro, che scuoteva il capo leggendo un artico di giornale, sorridendo: del tutto inutile “rimuovere” i barboni.  Scusa non c è una legge contro l’accattonaggio?

No. Bonifichiamo il posto dove dorme e loverde erba allontaniamo, con il risultato che dopo un paio di ore e di nuovo lì. Alcuni simpaticamente ci dicono che tutte le mattine la colazione è portata dai volontari, poi pranzo alla Caritas e ogni due  giorni soldi in contanti per comprare sigarette e vino. Dovrebbero cambiare vita?

Certamente non è  colpa dei Cinque Stelle. Ragazzi di colore chiedono l’elemosina.  Difficile non trovarli davanti al minimarket. Puntano alla monetina del carrello. Direi leggermente fastidioso. Ovviamente non è  colpa dei Cinque Stelle

alghe 3E immediatamente facciamo un’equazione tra l’erba alta e i questuanti. Fargli tagliare l erba?  Retorica domanda perché la legge lo vieta. Proprio così!  Non si può far lavorare uno straniero che aspetta il permesso di soggiorno. Passano gli anni e  i costi aumentano. Sicuramente non è colpa dei pentastellati.

Ma proprio perché non è colpa loro mi appello al Sindaco Chiara Appennino, votata perché non è come gli altri che l’hanno preceduta.  Semplicemente le alghe debbono essere sradicate e ogni mese l’erba tagliata (ogni 15 giorni in estate) e i senza tetto non debbono vivere in strada. E’ ordinaria amministrazione: solo una questione di buon senso, in fondo.

(foto: il Torinese)

Quando i migranti cantano in piemontese

MONTAGNENon c’è soltanto la squadra interrazziale di rugby della società Le Tre Rose, nel Casalese,  a promuovere l’integrazione dei migranti richiedenti asilo attraverso una disciplina sportiva. La montagna piemontese sta sviluppando altri modelli virtuosi. Per limitare i numerosi interventi alla Città Metropolitana di Torino, nelle Valli di Lanzo, i migranti accolti in diversi Comuni (tra cui Lemie e Pessinetto) hanno formato un coro che rugby migranticanta in piemontese, due (fortissime) squadre di calcio, diverse attività che creano opportunità di lavoro e volontariato per le donne e gli uomini fuggiti dalle guerre e dalle miserie. In Canavese, a Castellamonte, Borgiallo, Montalenghe i migranti lavorano in accordo con i Comuni: modelli che si stanno estendendo e diventano esempi per altri centri. A Chiesanuova, dal 2001 arrivano stranieri di tutte le etnie e di tanti Paesi: da 15 anni si fa integrazione con il Comune in prima fila. In Val Chisone e in Val Pellice, dal 2011 a oggi, l’Area migranti della Diaconia Valdese ha promosso e realizzato numerosi progetti di accoglienza e supporto a richiedenti asilo e rifugiati.

Massimo Iaretti

Agosto, azienda mia non ti conosco

decarolis spiaggia

Digitalizzazione e ricerca del relax per il manager moderno

di Antonio DE CAROLIS *

parafrasando il vecchio detto popolare: d’agosto amore mio non ti conosco, probabilmente molti di noi ha detto almeno una volta: “Adesso basta, sono in vacanza, stacco il telefonino e lo riaccendo al mio rientro in azienda“.

Quest’affermazione, generata molto probabilmente dall’accumulo di stress nel corso dell’anno, ci ha fatto (secondo noi erroneamente…) pensare che ritornare al tempo in cui gli smartphone non esistevano, fosse la vera soluzione perché, sempre rifacendoci ai detti popolari “Togli il cane ed elimini la rabbia” per dire che per risolvere un problema, basta eliminare la causa.

Fino agli anni novanta, infatti, le attività “di tutti i giorni” venivano gestite quotidianamente (d’altronde erano di tutti i giorni…) in orario lavorativo (per molti di noi, mai inferiore alle dieci ore…) attraverso riunioni, incontri di sottogruppo relazioni scritte e telefonate, spesso lunghissime, quando ci trovavamo in ufficio seduti alla scrivania.

Chi si trovava fuori sede viceversa, si organizzava mettendosi in contatto almeno due volte al giorno con la propria segretaria la quale, ove avesse avuto ancora bisogno di comunicare, utilizzava la reception dell’hotel per lasciare messaggi.

Le cose “urgenti” e le necessità improvvise, invece, ci coinvolgevano “fuori orario” con chiamate telefoniche a casa o, quando “veramente improcrastinabili”, con l’utilizzo di un telegramma. Quest’ultimo, proprio in funzione della tipologia dello strumento, condivisa da un codice non scritto sintetizzabile in: “Da utilizzare solo per casi urgenti e veramente importanti“, generava spesso una sorta d’ansia in chi lo riceveva proprio perché, pur essendo sconosciuto l’argomento sino alla lettura dello stesso, era quasi certamente un problema.

Ricordare queste cose può portare alcuni di noi a chiedersi: “Ma quanti anni ho? Sono un contemporaneo o un personaggio vissuto nel medioevo digitale? C’è stato davvero un tempo nel quale ho vissuto senza questo che, più che un strumento, è una sorta di estensione della mia mano o del mio orecchio?”.

Volendo avere una risposta oggettiva e trovandoci in una località balneare, ci siamo “tuffati nel mare di internet” per verificare quanto la nostra impressione fosse corretta.

Bene, possiamo stare tranquilli, siamo “contemporanei” non “antichi”. Si è trattato solo di un’aberrazione temporale (per fortuna le date non sbagliano …) perché la vita degli smartphone è molto più breve di quanto la nostra mente ci faccia credere.

Escludendo il modello Simon infatti, progettato da IBM nel 1992 e commercializzato da BellSouth nel 1993 (pressoché sconosciuto in Italia), i brand che per primi si sono affermati su scala internazionale con modelli a noi noti sono stati Blackberry nel 2003 ed Apple nel 2007.

Il primo modello della casa canadese, utilizzabile senza l’ausilio degli auricolari, fu il BB 6200 presentato nel 2003 mentre il primo IPHONE è stato presentato “solo” nel 2007.

Il marchio Samsung invece, che oggi potrebbe essere definito il principale competitor di Apple, ha presentato il proprio Galaxy i7500 soltanto a metà 2009.

Sembra passato un secolo ma è trascorso “solo” un decennio, un medio periodo per l’uomo ma quasi un’era geologica per lo sviluppo tecnologico.

La corsa all’utilizzo di questi strumenti, per alcuni cinquantenni di oggi (i baby boomers … come li definiscono le agenzie di marketing) è stato come avvicinarsi alla mitica figura di James Bond, il professionista seduttore noto con il codice 007 al quale il Maggiore Geofrey Boothroyd della M16, nome in codice Mister Q, forniva equipaggiamento e gadget hi-tech a coloro che erano in missione.

A noi del mondo commerciale, il concetto di agente professionista e di missione era (e lo è ancora) molto familiare proprio per i continui spostamenti e per la necessità di organizzare gruppi di agenti di vendita che, definiti Task Force operativa, si muovevano con l’obiettivo di acquisire nuovi clienti sul territorio che, successivamente, sarebbe stato affidato a un agente di zona per il presidio.

Con tutti questi significati, come possiamo pensare che uno di noi si scolleghi dal proprio smartphone che, come abbiamo visto, rappresenta il contatto con il mondo?

Per indagare ulteriormente sul livello di digitalizzazione nazionale, ci siamo serviti di: Digital in 2016: in Italia e nel mondo un’analisi pubblicata su We Are Social Italia wearesocial.com/it/ dalla quale estrapoliamo questi dati:

il 92 per cento della popolazione possiede un qualsiasi telefono mobile

il 62 per cento possiede uno smartphone

il 65 per cento possiede un computer
il 21 per cento possiede un tablet.

Immagine 1 da :Digital in 2016: in Italia e nel mondo

decaro grafi

Di questi,

il 63 per cento è utilizzatore di internet

il 47 per cento utilizza i social network

il 40 per cento si avvale del dispositivo mobile per utilizzare i social network

e , dato importantissimo, la percentuale di utenze mobili ha superato il numero di abitanti (134 per cento) visto che esiste un elevato numero di persone con più di un apparato.

Immagine 2 da :Digital in 2016: in Italia e nel mondo

decaro grafico

Con questi presupposti crediamo sia ormai impossibile immaginare una vita diversa da quella che conduciamo oggi, con reperibilità totale e costante e con uno strumento sempre più polivalente che di fatto è diventato un collega di lavoro, spesso “un po’ invadente”.

Non c’è speranza nemmeno per coloro che, per tutelare il proprio privato, pensano sia sufficiente avvalersi di applicazioni di messaggistica istantanea perché sempre più, le aziende utilizzano questi servizi per comunicare low cost con la propria rete. Un esempio è WhatsApp, adoperato per comunicazioni di testo con colleghi appartenenti allo stesso gruppo, grazie anche ai vari “plus” quali sapere subito se siamo connessi (o fino a quale ora lo siamo stati…), sapere se abbiamo letto i messaggi ricevuti e la possibilità di effettuare e ricevere chiamate audio a costo zero in quanto già connessi ad internet.

Quindi addio privacy ? Purtroppo la risposta è più si che no, anche se, qualcuno potrebbe obiettare dicendo che lo strumento è di per sé neutro, ed è l’uomo a renderlo “piacevole o sgradevole”. Ci spiace dirlo ma, da quanto ci risulta al momento, chi desidera “isolarsi” può farlo solo spegnendo il proprio apparato.

Ma esiste davvero qualcuno che riesce a immaginare una giornata priva di mail, telefonate e internet anche se si trova in vacanza?

Per scoprirlo ci siamo rivolti a “Digital Detox: Unplugging on Summer Vacation,” uno studio condotto da Intel security a marzo 2016 in nove Paesi del mondo su un campione di circa 14 000 persone, di età compresa tra 21 e 54 anni, e pubblicata a giugno 2016.

Questa ricerca offre spunti interessanti per analizzare i comportamenti d’uso in funzione della nazione di residenza, del sesso e dell’età degli intervistati.

Ad esempio, scopriamo che solo il 44 per cento delle donne, rispetto al 57 per cento degli uomini ha dichiarato di volersi scollegare durante le vacanze. Tra le nazioni europee prese in esame, ha dichiarato di scollegarsi il 59 per cento dei tedeschi, il 56 per cento dei francesi, il 54 per cento degli olandesi, il 52 per cento degli spagnoli.

L’indagine afferma anche, per nostro sommo conforto, che solo il 40 per cento degli intervistati tra i 40-50 anni di età, contro il 57 per cento dei Millennials (nati tra il 1980 e il 2004), sarebbero disposti a staccare la spina in vacanza.

Come ben sappiamo tutti, il progresso è inarrestabile quindi ci piace pensare che la strada giusta sia quella di ricercare il proprio relax ed il proprio benessere psicofisico (diremmo anche di quelli che ci stanno vicini…) secondo modalità a noi più congeniali perché le “zone di confort” e i modi per star bene sono differenti da persona a persona e non è detto che, per alcuni di noi, sia più stressante non saper cosa fare sotto un ombrellone in spiaggia anziché scrivere un articolo digitando sulla tastiera del proprio mac stando seduti su un terrazzo con “vista mozzafiato” .

Buona Vacanza a tutti.

decarolis2Antonio DE CAROLIS

*Presidente CDVM Club Dirigenti Vendite e Marketing c/o Unione Industriale di Torino

www.cdvm.it

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Nelle mense scolastiche libertà di panino

menseAttraverso due ordinanze  il giudice Marco Ciccarelli ha confermato la sentenza della Corte di Appello che aveva già accettato la richiesta del comitato “Caro Mensa” , con l’obiettivo di sostituire nelle scuole torinesi il pasto della mensa con quello portato da casa dagli alunni, il classico panino o altro. L’avvocato Vecchione, che segue le famiglie degli studenti dice che «Nelle ordinanze è presente un importante riferimento alla inesistenza di norme igienico sanitarie ostative al diritto di scelta ed una chiara indicazione alle scuole di ben considerare il fatto che la pausa mensa è “scuola a tutti gli effetti”. Tutto ebbe inizio con  un ricorso presentato dai genitori al TAR del Piemonte dopo l’ultimo aumento dei costi del servizio mensa deliberati dal Comune di Torino e che aveva messo in contrasto genitori, amministrazione civica e gli uffici regionali del Miur.

Serrande abbassate in periferia, negozi aperti in centro: agosto a due velocità sotto la Mole

vetrine negozi serrandeLa Torino dei turisti nelle piazze auliche del centro  e quella deserta delle periferie. Se è vero che il fenomeno di “serranda selvaggia”, soprattutto dopo la trasformazione post-olimpica della nostra città in luogo turistico non esiste più, la stragrande maggioranza dei negozi periferici ha chiuso i battenti per il mese di agosto. In piazza Castello, piazza San Carlo, via Garibaldi e  via Roma, dove si trovano tutte le firme della moda, caffè storici e bar sono aperti.  Ma se ci si avventura verso piazza Galimberti, o corso Vercelli, corso Grosseto e corso Corsica, via Stradella e  corso Toscana, la più parte degli esercizi commerciali è in vacanza, tranne quelli gestiti dagli stranieri, come i parrucchieri cinesi.  Ma la chiusura più massiccia avverrà nella settimana di ferragosto. Insomma, una città a due velocità con negozi chiusi e cantieri aperti.

bucheI CANTIERI IREN

Fino alla prima settimana di settembre lavori in corso Stati Uniti angolo via Vela, in via Rio de Janeiro dal 17 all’incrocio con via Dall’Ongaro, in via Isonzo dal 31 a via Orsiera, m via Barge dal 3 al 7, in via Renier dal 10 a via Tolmino, in via Cassini presso via Caboto, in corso Appio Claudio presso via Rivara, in via Salbeltrand dal 20 a via Gravere, in via Pigafetta, in corso Galileo Ferrarispresso via Vela, in corso Trapani presso piazza Rivo li,in via Verolengo da via Assisi a via Lemie, in via Noie da via Pianezza a via Viterbo e in corso Correnti. 

(foto: il Torinese)

Le Corporate University: l’alta formazione passa dalle aziende

donna managerLa prima Corporate University in Italia risale addirittura al 1957, all’intuizione di Enrico Mattei che decise di fondare una scuola all’Eni di studi superiori sugli idrocarburi che oggi rappresenta una realtà formativa importante a livello internazionale.

di Paolo Pietro Biancone*

Lo sviluppo delle competenze ritenute tipiche ed essenziali per gli affari, la formazione continua, la promozione della cultura aziendale e l’attenzione verso la preparazione dei neo-assunti. Per questo nascono e si diffondono le università aziendali. In Italia al momento sono circa 40 e appartengono a diversi settori dalla farmaceutica, alle assicurazioni, al settore alimentare, ai servizi di pubblica utilità.

Ben altri numeri rispetto agli Stati Uniti, dove se ne contano addirittura 4 mila: una tra tutti la Hamburger University di McDonald’s. Gli studenti, futuri manager di ristoranti, imparano come preparare hamburger e patatine e sono addestrati a far funzionare alla perfezione il meccanismo del ristorante. Le lezioni comprendono simulazioni, con una parte di studenti che osserva e un’altra che lavora in cucina, alla cassa o che recita la parte del cliente impaziente. E poi c’è una parte teorica in classe, dove gli insegnanti passano in rassegna gli errori riscontrati dagli studenti nella gestione del locale, propongono soluzioni e li preparano ad affrontare nuovamente la prova della simulazione. Nel piano di studi rientrano anche autostima e auto-aiuto per i manager, che ricevono le armi psicologiche per fare fronte alle difficoltà.

COMMERCIALISTA FISCO TASSELa prima Corporate University in Italia risale addirittura al 1957, all’intuizione di Enrico Mattei che decise di fondare una scuola all’Eni di studi superiori sugli idrocarburi che oggi rappresenta una realtà formativa importante a livello internazionale. L’ultima in ordine di tempo, ma non di importanza, è quella aperta da Poste italiane l’anno scorso per la formazione del gruppo con l’obiettivo tra gli altri di riconvertire migliaia di postini e addetti ai recapiti ad altre mansioni.

Secondo uno studio di Assoknoledge, il settore in cui risulta una prevalenza di aziende che hanno sviluppato Corporate University risulta essere quello delle assicurazioni e dei servizi finanziari (23%). Riguardo al fatturato delle aziende rilevate, il 3% si attesta sotto i 100 milioni di euro, il 13% dai 101 ai 300, un altro 13% dai 301 ai 500 e il 71% sopra i 501 milioni. Per quanto riguarda l’età media dei dipendenti, un significativo 55% indica la presenza di persone fra i 41 e i 50 anni, il 29% fra i 31 e i 40 e nessuna presenza sotto i 30 e sopra i 50. Emerge che gran parte delle aziende collega la formazione non solo all’acquisizione di competenze tecniche, ma al miglioramento dello sviluppo delle competenze manageriali, confermando come la valenza strategica, individuata come caratteristica distintiva della Corporate University da parte della letteratura, trovi una delle sue principali ricadute nella costruzione di un sistema di apprendimento organico dedicato ai manager dell’impresa. Infatti, le fasce di personale interno più coinvolte nella formazione sono i middle manager, seguiti da impiegati, bottom manager e top manager. Ma i corsi si rivolgono anche a personale esterno formato da clienti, fornitori, partner commerciali e collaboratori. I manager aziendali, impegnati con una media di formazione pro-capite di 160 ore, approvano le Corporate University.

Qualche nota di debolezza sull’investimento aziendale, che non rivela segnali di crescita negli anni. L’investimento delle aziende nelle Accademie varia da 1 a 5 milioni di euro, che è compreso tra l’1 e il 6% del fatturato annuale prodotto in un anno. Non mancano, però, i punti deboli: ancora non sono sfruttate appieno le potenzialità connesse con l’uso di metodologie formative finalizzate alla condivisione e allo scambio delle conoscenze. Poco sviluppati, infatti, appaiono i «metodi relazionali», considerati nel 50% dei casi poco importanti e l’utilizzo di tecniche quali il net learning, che consentono forme di apprendimento generato attraverso l’interazione tra i partecipanti alle attività formative e la formazione di community virtuali. Inoltre, non sono sfruttate appieno le potenzialità offerte dai sistemi informativi. Solo il 38% della formazione viene erogata tramite strumenti on-line, mentre il knowledge management beneficia del pieno supporto dei sistemi informativi solo nel 44% dei casi. Ciò sembra dipendere anche dal fatto che solo 1 università d’impresa su 5 ha visto il proprio budget aumentato negli ultimi due anni.Come dire, per aspirare all’eccellenza occorre investire in formazione “fatta in casa” e condivisa.

*Professore Ordinario di Economia Aziendale dell’Università di Torino

Coordinatore del Corso di Dottorato in Business & Management

 

Torna il salone dell’Auto: coinvolgerà le periferie

AUTO SALONEDi nuovo  a Torino, dal 7 all’11 giugno del 2017, il Salone dell’Auto Parco Valentino, giunto alla terza edizione. L’evento  punta a entrare nell’elite dei grandi appuntamenti automotive internazionali. Ne danno notizia  il comitato organizzatore, Andrea Levy, e la sindaca di Torino, Chiara Appendino, che annunciano tra le novità del prossimo anno il coinvolgimento delle aree periferiche del capoluogo piemontese. “Confermiamo il totale supporto alla manifestazione – commenta la prima cittadina – che vedrà protagonista il Parco del Valentino, ma anche le periferie, con il coinvolgimento della città e della zona fieristica del Lingotto. Il saper fare auto è un patrimonio torinese e italiano, per questo vogliamo che il Salone dell’Auto cresca, si evolva e diventi un appuntamento automobilistico internazionale”. Il Lingotto sarà centro di business, cultura e  approfondimento di tutto ciò che ruota attorno alla tradizione dell’automobile subalpina.