ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 532

In Piemonte i 7 ITS fanno squadra con i 7 Poli di Innovazione

Formazione tecnica per supportare la crescita e l’innovazione delle imprese

Colmare il gap di innovazione delle PMI e al tempo stesso individuare soluzioni di qualità e di lungo periodo alla disoccupazione giovanile è una delle priorità del nostro Paese. Gli Istituti Tecnici Superiori sono, dunque, una risorsa sempre più strategica, sia per soddisfare il fabbisogno professionale e formativo delle imprese, sia per creare opportunità di lavoro per i nostri giovani. Il 30 gennaio alle 15:30 al Centro Congressi Torino Incontra, le Fondazioni ITS e i Poli di innovazione piemontesi incontrano le imprese che puntano su ricerca e innovazione; un pomeriggio dedicato alla presentazione delle opportunità legate all’alta formazione tecnica e all’Istituto dell’Apprendistato, anche attraverso il racconto di esperienze di imprese e neo-assunti. «Abbiamo attivato la nostra collaborazione su questo evento, condividendo con tutti i partner la sfida di accrescere le eccellenze tecnologiche locali, soprattutto in ambito formativo – dichiara Guido Bolatto, Segretario Generale della Camera di commercio di Torino – Dal nostro sistema Excelsior sappiamo che a gennaio le imprese torinesi hanno cercato di assumere 21mila persone, ma il 28,5% è risultato di difficile reperimento e il 31% riguardava professioni ad elevata specializzazione. L’istruzione tecnologica è ormai fondamentale, in particolare nel post-diploma con gli ITS, e sicuramente stiamo andando verso professioni che non esistono ancora. Per questo come Camera di commercio sosteniamo gli ITS soprattutto nel loro sforzo di essere sempre più vicini alle imprese del territorio». L’evento nasce dalla collaborazione tra i 7 Istituti Tecnici Superiori e i 7 Poli di Innovazione regionali, in collaborazione con Regione Piemonte e Camera di commercio di Torino ed è una tappa importante per far incrociare domanda e offerta di competenze, per l’occupazione dei nostri giovani e la crescita della competitività del tessuto produttivo regionale. In Piemonte gli ITS sono sette e vanno da sempre a braccetto con i Poli di Innovazione; coprono gli stessi settori produttivi (ICT, Energia, Mobilità Aerospazio Meccatronica, Biotecnologie, Agroalimentare, Tessile Abbigliamento Moda, Turismo e Attività Culturali) ed entrambi sono sostenuti dalla Regione Piemonte grazie ai fondi europei e alla sinergia tra gli assessorati competenti. «Tale modello è già stato seguito da oltre 150 imprese piemontesi attraverso le varie misure regionali per ricerca e sviluppo, grazie alle quali sono state attivate oltre 500 assunzioni in alto apprendistato. –  spiega Giuseppina De Santis, assessora alla Ricerca e Attività Produttive – Questa policy è stata riconosciuta dall’OECD e dalla Commissione Europea come best practice a livello comunitario, un riconoscimento che spinge quindi a continuare a lavorare in questa direzione» Per Gianna Pentenero, assessora al Lavoro e formazione professionale, «la Regione Piemonte ha deciso di scommettere sulla formazione terziaria come strumento per contrastare la disoccupazione giovanile e ridurre la dispersione scolastica, integrando politiche formative e occupazionali e politiche di sviluppo. In un contesto in cui le imprese faticano a trovare le figure professionali di cui hanno bisogno e i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro, gli ITS rappresentano un’opportunità importante, come testimoniano le percentuali occupazionali superiori all’80%. L’integrazione tra fondi europei, inoltre, permette, grazie all’alto apprendistato, di formare giovani altamente qualificati che possono di essere assunti dalle imprese del territorio». Il 30 gennaio è, dunque, l’occasione giusta per le imprese che vogliono attivare il percorso di collaborazione con gli Istituti Tecnici Superiori; inoltre c’è una ragione in più: il recente bando regionale PRISM-E per progetti di ricerca industriale che mette a disposizione 58 milioni di Euro e che prevede una quota da investire per l’assunzione di apprendisti in alta formazione che potranno essere reperiti facilmente, oltre che nella formazione terziaria accademica, nel vivaio degli ITS, fruendo anche della possibilità di ospitare i giovani talenti negli stage curricolari di prossimo avvio.

“Cara madamina, la politica non è mai una scelta superficiale”

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di Pier Franco Quaglieni

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Gentile signora Ghiazza,
Lei non è certo l’unica che forse approfitterà di un’effimera ed improvvisa notorietà per entrare in politica.
Io ricordo, giusto 50 anni fa, dei giovani che si opponevano alla contestazione studentesca che tentarono di sfruttare la situazione per mettersi in politica. Fu un esito deludente, anche se approfittarono persino del cadavere di Jan Palach, il giovane di Praga datosi fuoco come martire della libertà. Il loro esordio fu proprio un corteo al quale partecipai anch’io, in ricordo dello studente cecoslovacco. Poi, in anni successivi, fu il turno di chi cavalcò la protesta  contro l’eccessiva pressione fiscale, ma non riuscì ad approdare al successo elettorale a cui mirava. L’unico che divenne deputato fu Luigi  Arisio, promotore della marcia dei quarantamila alla Fiat, che ebbe dal partito repubblicano il seggio per intercessione dell’avvocato Agnelli. Fu un deputato piuttosto insignificante perché privo di qualsiasi esperienza e cultura politica. Fu eletto per una legislatura, poi Arisio scomparve nel nulla , così come era venuto. Tra il resto a far riuscire la famosa marcia non fu Arisio, ma la stessa Fiat, mobilitatasi nei suoi vertici più importanti, e i quadri che scesero in piazza  contro le intolleranze e le prepotenze  sindacali di quegli anni che stavano uccidendo l’azienda . Non credo che Lei, signora Ghiazza, conosca queste cose perché Lei appare una persona venuta dal nulla, vissuta nel tinello, come Lei stessa dichiara e non più disponibile a tornarvi, dopo un po’ di interviste e di fotografie sui giornali che hanno sollecitato le sue ambizioni. Ho letto le Sue  dichiarazioni, invero un po’superficiali, ai giornali in cui parla di Suo marito e del fine settimana sentimentale appena passato con lui. Lei dev’essere un’ottima “madamina”, forse è  anche piacevolmente  simpatica per le battute che caratterizzano il suo eloquio leggero come una piuma, ma è certo che non  Lei ha esperienza politica di sorta come, ad esempio, gran parte dei detestati grillini no Tav. Lei e’ potenzialmente, mi scusi la battuta paradossale, quasi  una grillina Si’ Tav. La politica richiede impegno e preparazione e non si improvvisa. Questo dovrebbe essere ancora più chiaro oggi che siamo governati da incompetenti. Giuseppe Saragat addirittura imputava a Giovanni Spadolini nato nel 1925,una certa superficialità perché non aveva “sofferto” durante il regime fascista. Eppure Spadolini di politica era esperto, essendo professore di storia contemporanea. Senza andare a quegli estremi, almeno un’aurea via di mezzo sarebbe necessaria .Anche qualche buon libro sarebbe molto utile insieme a qualche studio giuridico di cui molti consiglieri regionali sono del tutto digiuni.  Una scelta antigrillina  consapevole e credibile implica una adeguata preparazione che non si limiti alla  semplice ripetizione di slogan durante una manifestazione di piazza. Lei, registrando il logo senza l’adesione delle altre sei sue amiche, magari forse inconsapevolmente, ha mancato di correttezza verso le sue amiche, ma soprattutto verso i 30 mila torinesi che hanno riempito piazza Castello. Senza di loro, Cara Signora, Lei sarebbe rimasta una signora del tutto sconosciuta. E i torinesi hanno motivo di chiederle il perché del suo gesto che offende la buona fede riposta in Lei e nelle sue amiche.  Non si illuda  semplicisticamente del suo futuro politico. Chi le scrive ha passato la vita a studiare la storia e la politica. Magari creerà una listarella a sostegno di Chiamparino o di qualche altro, magari verrà anche eletta al Consiglio regionale, ma il modo che Lei ha seguito e seguirà,  resterà profondamente scorretto e non porterà nulla di utile alla causa del Tav. Noi ,semplici cittadini, abbiamo avuto fiducia in Lei senza conoscerla, oggi, conoscendola  dobbiamo purtroppo ricrederci. E ci auguriamo di non doverci ricredere anche delle altre sei promotrici. Il successo improvviso, a volte, dà alla testa quasi come l’insuccesso, come una volta mi disse Ennio Flaiano. Lei seguirà la sua strada e riterrà queste parole come lo sfogo di un moralista incapace di realismo. Invece la mia obiezione parte proprio da una cultura machiavelliana carica di realismo che vede nella politica un impegno non improvvisato. Se Lei avesse letto il “Principe”, capirebbe cosa e’  la politica che, a volte, gronda lacrime e sangue e non è mai una scelta superficiale, come oggi sembrerebbe che sia diventata. Essere pro o contro il Tav non giustifica comunque una opzione politica che necessita di scelte di più ampio respiro per riuscire a catalizzare un consenso. Solo Marco Pannella riusciva a raccogliere un consenso su temi specifici, ma Lei, cara Signora, non è neppure lontanamente paragonabile al leader radicale. Dopo la Sua scelta, gentile signora, l’entusiasmo  dei due incontri in piazza Castello e’ evaporato in modo irrimediabile e, nel caso ci fosse un terzo incontro, esso si rivelerebbe a priori un insuccesso. Certi passi falsi si pagano a carissimo prezzo, quando i cittadini si sentono strumentalizzati  e beffati . Spero che il Suo gesto – mi scusi se Le sembro scortese – non si traduca in un successo elettorale. Da quel poco che vedo, di consiglieri non proprio avveduti politicamente l’emicicIo di Palazzo Lascaris e’ già abbastanza ricco, direi persino sovrabbondante. Non c’è bisogno di aggiungere altre voci a quelle che già ci sono. Mi scusi per la franchezza, forse un po’ troppo rude , e gradisca i miei più cordiali saluti .

"Cara madamina, la politica non è mai una scelta superficiale"

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di Pier Franco Quaglieni
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Gentile signora Ghiazza,
Lei non è certo l’unica che forse approfitterà di un’effimera ed improvvisa notorietà per entrare in politica.
Io ricordo, giusto 50 anni fa, dei giovani che si opponevano alla contestazione studentesca che tentarono di sfruttare la situazione per mettersi in politica. Fu un esito deludente, anche se approfittarono persino del cadavere di Jan Palach, il giovane di Praga datosi fuoco come martire della libertà. Il loro esordio fu proprio un corteo al quale partecipai anch’io, in ricordo dello studente cecoslovacco. Poi, in anni successivi, fu il turno di chi cavalcò la protesta  contro l’eccessiva pressione fiscale, ma non riuscì ad approdare al successo elettorale a cui mirava. L’unico che divenne deputato fu Luigi  Arisio, promotore della marcia dei quarantamila alla Fiat, che ebbe dal partito repubblicano il seggio per intercessione dell’avvocato Agnelli. Fu un deputato piuttosto insignificante perché privo di qualsiasi esperienza e cultura politica. Fu eletto per una legislatura, poi Arisio scomparve nel nulla , così come era venuto. Tra il resto a far riuscire la famosa marcia non fu Arisio, ma la stessa Fiat, mobilitatasi nei suoi vertici più importanti, e i quadri che scesero in piazza  contro le intolleranze e le prepotenze  sindacali di quegli anni che stavano uccidendo l’azienda . Non credo che Lei, signora Ghiazza, conosca queste cose perché Lei appare una persona venuta dal nulla, vissuta nel tinello, come Lei stessa dichiara e non più disponibile a tornarvi, dopo un po’ di interviste e di fotografie sui giornali che hanno sollecitato le sue ambizioni. Ho letto le Sue  dichiarazioni, invero un po’superficiali, ai giornali in cui parla di Suo marito e del fine settimana sentimentale appena passato con lui. Lei dev’essere un’ottima “madamina”, forse è  anche piacevolmente  simpatica per le battute che caratterizzano il suo eloquio leggero come una piuma, ma è certo che non  Lei ha esperienza politica di sorta come, ad esempio, gran parte dei detestati grillini no Tav. Lei e’ potenzialmente, mi scusi la battuta paradossale, quasi  una grillina Si’ Tav. La politica richiede impegno e preparazione e non si improvvisa. Questo dovrebbe essere ancora più chiaro oggi che siamo governati da incompetenti. Giuseppe Saragat addirittura imputava a Giovanni Spadolini nato nel 1925,una certa superficialità perché non aveva “sofferto” durante il regime fascista. Eppure Spadolini di politica era esperto, essendo professore di storia contemporanea. Senza andare a quegli estremi, almeno un’aurea via di mezzo sarebbe necessaria .Anche qualche buon libro sarebbe molto utile insieme a qualche studio giuridico di cui molti consiglieri regionali sono del tutto digiuni.  Una scelta antigrillina  consapevole e credibile implica una adeguata preparazione che non si limiti alla  semplice ripetizione di slogan durante una manifestazione di piazza. Lei, registrando il logo senza l’adesione delle altre sei sue amiche, magari forse inconsapevolmente, ha mancato di correttezza verso le sue amiche, ma soprattutto verso i 30 mila torinesi che hanno riempito piazza Castello. Senza di loro, Cara Signora, Lei sarebbe rimasta una signora del tutto sconosciuta. E i torinesi hanno motivo di chiederle il perché del suo gesto che offende la buona fede riposta in Lei e nelle sue amiche.  Non si illuda  semplicisticamente del suo futuro politico. Chi le scrive ha passato la vita a studiare la storia e la politica. Magari creerà una listarella a sostegno di Chiamparino o di qualche altro, magari verrà anche eletta al Consiglio regionale, ma il modo che Lei ha seguito e seguirà,  resterà profondamente scorretto e non porterà nulla di utile alla causa del Tav. Noi ,semplici cittadini, abbiamo avuto fiducia in Lei senza conoscerla, oggi, conoscendola  dobbiamo purtroppo ricrederci. E ci auguriamo di non doverci ricredere anche delle altre sei promotrici. Il successo improvviso, a volte, dà alla testa quasi come l’insuccesso, come una volta mi disse Ennio Flaiano. Lei seguirà la sua strada e riterrà queste parole come lo sfogo di un moralista incapace di realismo. Invece la mia obiezione parte proprio da una cultura machiavelliana carica di realismo che vede nella politica un impegno non improvvisato. Se Lei avesse letto il “Principe”, capirebbe cosa e’  la politica che, a volte, gronda lacrime e sangue e non è mai una scelta superficiale, come oggi sembrerebbe che sia diventata. Essere pro o contro il Tav non giustifica comunque una opzione politica che necessita di scelte di più ampio respiro per riuscire a catalizzare un consenso. Solo Marco Pannella riusciva a raccogliere un consenso su temi specifici, ma Lei, cara Signora, non è neppure lontanamente paragonabile al leader radicale. Dopo la Sua scelta, gentile signora, l’entusiasmo  dei due incontri in piazza Castello e’ evaporato in modo irrimediabile e, nel caso ci fosse un terzo incontro, esso si rivelerebbe a priori un insuccesso. Certi passi falsi si pagano a carissimo prezzo, quando i cittadini si sentono strumentalizzati  e beffati . Spero che il Suo gesto – mi scusi se Le sembro scortese – non si traduca in un successo elettorale. Da quel poco che vedo, di consiglieri non proprio avveduti politicamente l’emicicIo di Palazzo Lascaris e’ già abbastanza ricco, direi persino sovrabbondante. Non c’è bisogno di aggiungere altre voci a quelle che già ci sono. Mi scusi per la franchezza, forse un po’ troppo rude , e gradisca i miei più cordiali saluti .

Nove milioni di euro per sostituire veicoli commerciali

DALL’UFFICIO STAMPA DI PALAZZO LASCARIS

I fondi sono  stanziati dalla Regione Piemonte a favore degli imprenditori commerciali che ne faranno richiesta e altri cinque milioni sono destinati agli edifici che devono fare l’adeguamento energetico dei propri impianti

Lo ha annunciato l’assessore all’Ambiente Alberto Valmaggia in quinta Commissione, presidente Silvana Accossato, nella seduta in cui si è dato parere consultivo favorevole al Bilancio di previsione finanziario 2019-2021 per le materie di competenza. Nel corso della seduta sono intervenuti, sui fondi da destinare alle singole materie, i commissari Gianpaolo AndrissiGiorgio BertolaFederico Valetti e Mauro Campo (M5s) e Gian Luca Vignale (Msn). Sono state illustrate da Valmaggia le modifiche normative e cartografiche apportate dal disegno di legge al testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità. È stato così possibile verificare prima della discussione del testo, le nuove distanze perimetrali di maggiore o minore dimensione, l’inserimento di nuove zone, l’istituzione di riserve naturali, di aree contigue e, ove presenti, insediamenti industriali. I lavori sono proseguiti con l’esame della proposta di legge che prevede modifiche alla normativa regionale numero 30/2008, primo firmatario Andrissi (M5s): “Norme per la tutela della salute, il risanamento dell’ambiente, la bonifica e lo smaltimento dell’amianto”. Si è convenuto con l’assessore che la Regione – per ridurre i costi delle operazioni di bonifica – promuova, mediante la definizione di linee guida, l’impiego di siti estrattivi inattivi, prioritariamente in sotterraneo, per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti contenenti amianto. Verrà anche promossa una fattiva collaborazione con le strutture accademiche in raccordo con il Centro regionale per la ricerca, sorveglianza e prevenzione dei rischi da amianto con l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa), ma anche altre attività finalizzate alla valutazione dell’efficienza, applicabilità e sostenibilità ambientale ed economica di metodologie alternative allo smaltimento dell’amianto in discarica. È prevista l’istituzione presso l’Azienda sanitaria locale di Alessandria, con sede a Casale Monferrato, di un Centro regionale per la ricerca, sorveglianza e prevenzione dei rischi da amianto. Tra i compiti della Giunta quello di individuare i criteri ambientali per la localizzazione degli impianti di smaltimento; precisare i criteri per la definizione di compensazioni in favore dei territori che li ospitano; informare, indirizzare e coordinare l’attivazione di sportelli amianto presso i Comuni.

 

(foto: il Torinese)

2033 Odissea nella cultura

Domani, sabato 22 gennaio 2033, si svolgerà la cerimonia di apertura di Torino capitale europea della cultura.  Dopo una lunga e dura selezione con le altre città candidate , Carcassonne ( Francia) Cascais  (Portogallo) per la quale tifavano alcuni torinesi nostalgici dei Savoia, Baden-Baden ( Germania) Plovdiv (Bulgaria) e Balaton (Ungheria) , Torino si è aggiudicata la possibilità di essere la capitale europea della cultura. Finalmente dopo diciannove anni un’altra città italiana riesce nell’impresa . Dopo Matera , nel lontano 2019, Torino rilancia una città del nord Italia come sede di un grande evento . Si interrompe una lunga sequenza di eventi svolti e realizzati  nel sud Italia , grazie  all’appoggio del governo nazionale i  cui vertici , come è noto, sono tutti di origine meridionale. Alla cerimonia sarà presente il Presidente della Repubblica Stefania Prestigiacomo con tutte le autorità cittadine e regionali . Si prevede una grande partecipazione popolare. Domani si saprà quanti vi  avranno assistito con gli assistenti digitali, che amplificheranno così il numero dei collegamenti. Ci saranno anche quelli che hanno scelto di vederla  dalla Luna sfruttando il servizio di ascensore lunare tanto che la base di partenza dello stesso ascensore, situato oltre l’atmosfera, ha avuto problemi a contenere quanti transitavano. Negli ultimi giorni è aumentato anche il traffico automobilistico e ci sono stati alcuni incidenti di vecchi veicoli senza autista di prima generazione . Si misurerà anche quanti cambieranno il colore degli abiti indossati , in coincidenza con l’orario di inaugurazione, scegliendo il colore , rispolverato per l’occasione , azzurro Savoia. A Torino nella giornata di sabato sono previsti gli arrivi di molti treni a levitazione magnetica che  in cinquanta minuti permettono di raggiungere Roma. Gli occhiali e gli orologi di ultima generazione  aiuteranno a vedere in qualsiasi momento tutte le fasi della cerimonia. Non si sa ancora se saranno rispolverati i vecchi droni, oramai vintage,  per i fuochi d’artificio  virtuali. Una piccola nota polemica: nessuno si è ricordato di invitare chi , oramai quattordici anni fa, ebbe l’intuito di lanciare la proposta e cioè l’allora Consigliere  comunale Stefano Lorusso. La giustificazione del comitato organizzatore , da verificare, è che lo stesso stia usando degli apparati oramai obsoleti che non hanno permesso di fargli arrivare l’invito.

Divorzio breve, come e quando conviene

Di Patrizia Polliotto, Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori

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Sono numerose le notizie di coloro, soprattutto uomini e padri, che hanno dovuto affrontare ingenti spese. Di contro, vi sono casi in cui si è optato per una mera separazione di fatto, proprio in ragione dei costi per procedere allo scioglimento definitivo del vincolo matrimoniale.

Il costo medio varia in base ad una molteplicità di fattori: da punto di vista delle spese legali vi sarà l’onorario dell’avvocato e le eventuali spese anche dell’avversario in caso di mancato accoglimento delle domande azionate nel giudizio; i costi vivi di giustizia (contributo unificato, bolli e quant’altro) sono invece gratuiti. Nel merito bisognerà comunque valutare a priori, l’eventuale mantenimento richiesto (moglie e figli, nonostante le più recenti novità giurisprudenziali sul tema, orientate sempre di più ad escludere l’assegno in favore del coniuge, indolentemente dall’accoglimento della domanda di addebito) ed in generale la complessità delle questioni anche in tema di diritto immobiliare da trattare. In costo complessivo oscillerà in ogni caso in base alla tipologia se consensuale (dove c’è l’accordo di entrambi i coniugi), oppure giudiziale, con la relativa causa legale in tutte le sue fasi (di trattazione, istruttoria, decisionale) in entrambi i casi interverrà necessariamente il giudice, che si pronuncerà con sentenza. Più recentemente, grazie all’introduzione della Legge sul Divorzio breve del 26 maggio 2015, n.55 è possibile avviare procedura con tempistiche molto più celeri rispetto al rito ordinario. Se infatti prima erano necessari 3 anni dalla separazione per richiedere il divorzio, ora bastano 12 mesi (in caso di separazione giudiziale) e 6 mesi (se consensuale).  Vi è poi la possibilità di divorziare anche con la comparizione davanti ad un sindaco tramite il c.d. “divorzio breve in comune”.

Giorno della Memoria, il dovere di non voltare lo sguardo altrove

di Marco Travaglini

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Così recita l’articolo 1 della Legge 20 luglio 2000, n. 211 che ha istituito il “Giorno della Memoria”. Il 27 gennaio del 1945 cadeva di sabato e le truppe sovietiche, giunte nella cittadina polacca di Oswieçim (in tedesco Auschwitz), a circa 60 km da Cracovia, abbatterono i cancelli del campo di sterminio, liberando circa 7.650 prigionieri. Ad Auschwitz, circa due settimane prima, i nazisti si erano precipitosamente ritirati, portando con loro, in una marcia della morte, tutti i prigionieri sani, molti dei quali morirono lungo il percorso.

L’orrore dei campi della morte

In realtà i sovietici erano già arrivati precedentemente a liberare dei campi nel profondo est polacco, come quelli di Chełmno e di Bełżec, ma questi, essendo di sterminio e non di concentramento, come Treblinka e Sobibòr, erano vere e proprie fabbriche di morte dove i deportati venivano immediatamente uccisi nelle camere a gas. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente, per la prima volta, al mondo l’orrore del genocidio nazista. Solo ad Auschwitz, furono deportate più di un milione e trecentomila persone. Novecentomila furono uccise subito al loro arrivo e altre duecentomila morirono a causa di malattie, fame e stenti. I soldati sovietici si trovarono di fronte non solo i pochi sopravvissuti ridotti a pelle e ossa, ma, durante l’ispezione del campo, rinvennero le prime tracce dell’orrore consumato all’insaputa del mondo intero: tra i vari resti, quasi otto tonnellate di capelli umani. Lì, nel sud della Polonia, a partire dalla metà del 1940, funzionò il più grande campo di sterminio di quella sofisticata “macchina” tedesca denominata “soluzione finale del problema ebraico”.

Sette milioni di morti

Auschwitz era una vera e propria metropoli della morte, composta da diversi campi come Birkenau e Monowitz, estesa per chilometri. C’erano camere a gas e forni crematori, ma anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di venire avviati alla morte. Gli ebrei arrivavano in treni merci e, fatti scendere sulla cosiddetta “Judenrampe” (la rampa dei giudei), subivano un’immediata selezione, che li portava quasi tutti direttamente alle “docce”, come i nazisti chiamavano le camere a gas.I morti nei campi di sterminio, ai quali vanno aggiunti anche le centinaia di migliaia di ebrei uccisi nelle città e nei villaggi di Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia, nei ghetti come quello di Varsavia e altri ancorafurono più di 7 milioni. Oltre che nei campi di sterminio più a est, gran parte delle vittime dei nazisti trovò la morte nei lager di Auschwitz-Birkenau, Dachau, Flossemburg, Dora-Mittelbau, Neuengamme, Ravensbruck, Mauthausen, Buchenwald, Terezin.

La deportazione italiana

Dei deportati italiani, almeno 8.600 furono gli ebrei e circa 30 mila i partigiani, gli antifascisti e i lavoratori (questi ultimi arrestati in gran parte dopo gli scioperi del marzo 1944). Ci furono, poi, centinaia di migliaia di soldati e ufficiali del disciolto esercito italiano che, dopo l’armistizio dell’8 settembre, lasciati senza ordini, soprattutto per quanto riguarda l’atteggiamento da tenere verso l’ex alleato tedesco, diventarono degli sbandati. Gli 810mila militari italiani catturati dai tedeschi sui vari fronti di guerra vennero considerati disertori e, quindi, giustiziabili se resistenti (in molti casi, soldati e ufficiali vennero trucidati, come a Cefalonia). Deportati nei lager, furono classificati come internati militari (Imi), non riconoscendoli come prigionieri di guerra, per poterli “schiavizzare” senza controlli, ignorando la Convezione di Ginevra sui Prigionieri del 1929. Oltre 600 mila, nonostante le sofferenze e il trattamento disumano subito nei lager, pur sollecitati ad aderire alla Repubblica di Salò e al regine nazista, rimasero fedeli al giuramento alla Patria e scelsero di resistere, pronunciando un orgoglioso e dignitoso “No” al fascismo. I militari detenuti presso le carceri di Peschiera del Garda furono i primi deportati italiani e giunsero a Dachau il 22 settembre 1943. Poi conobbero la tragedia dei lager nazisti gli ebrei, gli antifascisti condannati al carcere o al confino, gli altri militari arrestati sui diversi fronti di guerra.

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I campi di concentramento in Italia

Nell’Italia del Nord furono creati dei campi di transito dove gli arrestati (partigiani, antifascisti, ebrei) sostavano per un breve periodo, in attesa dei convogli che li avrebbero trasportati nei grandi lager del Reich e dei territori occupati. Uno era situato a Fossoli di Carpi, presso Modena. Fu smantellato nell’estate del 1944 e sostituito da un altro campo di transito situato più a nord, a Bolzano. Un altro si trovava a Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo. Anche in Italia venne istituito un campo di sterminio: la Risiera di San Sabba, a Trieste, dal 20 ottobre 1943 fino al 29 aprile 1945.

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L’attualità e il bisogno della memoria

In questi giorni la senatrice a vita Liliana Segre, espulsa dalla scuola quando aveva otto anni per la sola colpa di essere ebrea. e sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz e Ravensbrück, parlando agli studenti ha sottolineato l’importanza della memoria ” in tempi in cui si dimentica facilmente quello che è successo“. E ha aggiunto: “Anch’io sono stata una clandestina nella terra di nessuno, io lo so cosa vuol dire essere respinti quando le frontiere sono chiuse. Quando si ergono muri. Io lo so cosa vuol dire quando si nega l’asilo. Io sono una che le ha provate queste cose. Sono stata una richiedente asilo. Mi disse l’ufficiale svizzero che non era vero che in Italia c’era la guerra e ci rimandò indietro“. Un invito esplicito a riflettere su ieri e oggi, su memoria e futuro.

Primo Levi: “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’ infezione serpeggia”

Quest’anno si celebra il centenario della nascita di Primo Levi. Fino dal tempo di detenzione nel campo di sterminio di Auschwitz, l’autore di “Se questo è un uomo ” e “La tregua” avvertì l’esigenza di raccontare la sua esperienza in quel girone  infernale e, subito dopo il ritorno, provò l’impulso di farne partecipi tutti, forse anche per liberarsi di un peso insopportabile da sostenere. Scrisse, in “Se questo è un uomo”: “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici:considerate se questo è un uomo che lavora nel fango,che non conosce pace,che lotta per mezzo pane,che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna,senza capelli e senza nome,senza più forza di ricordare,vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno.Meditate che questo è stato:vi comando queste parole.Scolpitele nel vostro cuore stando in casa, andando per via,coricandovi, alzandovi;ripetetele ai vostri figli“. Parole di rara potenza e umanità, che fanno riflettere, che obbligano a pensare. Con grande lucidità ci ha lasciato anche questo frammento di un ragionamento profondo, tremendamente attuale, incredibilmente inquietante. “A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero é nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa  premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager”.

 

Manifattura europea

Si è tenuta nei giorni scorsi a Bruxelles, la presentazione ufficiale dei partecipanti e degli obiettivi dell’Innovation Community EIT Manufacturing, promossa dal European Institute of Innovation and Technology (EIT), di cui Comau è azienda partner

La conferenza stampa ha permesso di illustrare le linee guida e le attività di EIT Manufacturing, nata per promuovere lo sviluppo e rafforzare la competitività del sistema manifatturiero a livello europeo, attraverso la collaborazione di 50 aziende leader nel campo del manufacturing e della sua filiera, insieme a Università e Istituti di ricerca internazionali. Durante il Panel “Discussion on Added Value Manufacturing”, Ennio Chiatante, Head of Digital Transformation Projects di Comau, ha rappresentato gli Industry Partner della community, soffermandosi sull’importanza di un ecosistema dei player industriali, quale è EIT Manufacturing, per lo sviluppo del settore manifatturiero in Europa. «Con la partecipazione a EIT Manufacturing, Comau dimostra, a livello europeo e internazionale, il suo impegno nella realizzazione di nuovi e sfidanti progetti volti al rafforzamento del comparto manifatturiero – afferma Ennio ChiatanteHead of Digital Transformation Projects di Comau -. Per favorire la capacità di innovazione delle imprese, uno tra i principali obiettivi della Community EIT, Comau mette a disposizione del settore industriale tecnologie e sistemi avanzati, ma anche il know-how e le competenze maturati in oltre 40 anni di presenza sul mercato, attraversole attività di formazione e alta specializzazione proposte dalla sua Academy».

Violenza: necessità o volontà di scelta?

Nelle commemorazioni come questa, uniche, spesso ci chiediamo come sia stato possibile perpetrare tanto orrore, come sia possibile che l’animo umano sia in grado di fagocitare i propri simili attraverso una ferocia indicibile e faticosa da raccontare e ricordare. Si resta quasi senza fiato di fronte allo sterminio di esseri viventi, ma non si può restare senza memoria di ciò, senza ricordo. Perché è necessario, vitale, raccontare i violenti sbagli dell’umanità. E come mai accadono certi eventi? Da cosa nasce una così tale espressione di violenza? Cosa porta l’uomo a generare scelte atroci e sanguinarie? Impossibile trovare giustificazioni a ciò, ma un Dovere tentare di capire le origini di tanto male. Perché diventiamo cattivi? Dal punto di vista bio-psico-sociale, per istinto di sopravvivenza, tendiamo innatamente a difenderci, ma anche ad attaccare, ad invadere. Esempio è l’era in cui viviamo dove, nonostante le risorse a disposizione e per quanto sia evoluta la tecnologia, potremmo vivere senza “lavorare” ed invece facciamo la guerra. E’ l’uomo biologicamente e fisiologicamente predisposto al predominio su una scala gerarchica. Non è una scusa né una giustificazione, è la storia che lo racconta e seppur la storia, solitamente è declamata solo da chi vince, è indiscutibile il fatto che l’atteggiamento dell’uomo viene a sfociare in comportamenti aggressivi da sempre. La violenza ne è la conseguenza primaria, questo sia nell’uomo sia nella donna. Una violenza che assume con disinvoltura i colori sia blu che rosa. Dal generale concetto di istinto di sopravvivenza al particolare individuo che uccide per gelosia o perché non accetta l’abbandono o ipotizza consciamente, mettendolo in pratica, l’alienazione e la cancellazione di un’altra persona diversa da lui per cultura, identità sociale o territoriale. Dunque scelta di coscienza? libertà di farlo?, licenza di uccidere?, costrizione per difesa o follia mentale? Ci sarebbero un’infinità di possibili combinazioni ed esempi da elencare che porterebbero l’uno a sconfessare l’altro. Dal punto di vista umano e psicologico dobbiamo affermare che nessuno merita di subire violenza. Partendo, ad esempio, dall’ormai noto e sempre da incriminare fenomeno del bullismo, passando per il motore primario di defezione dell’umanità, cioè la guerra, tramite la quale l’essere umano stabilisce gerarchicamente e arbitrariamente la divisione delle ricchezze dell’intero pianeta, seguendo appunto la logica di prepotenza condita da violenza assolutamente estrema, con la conseguente distruzione di massa al limite del pianificato. Infiltrandoci poi in tutti gli episodi più comuni e quotidiani di mobbing lavorativo e stalking privato, fino ad arrivare al cyber bullismo e alla violenza globale nel web. Siamo paradossalmente inventori di progresso e, allo stesso tempo, sanguisughe e carnefici delle nostre esigenze , debolezze e fragilità.

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Violenza sessuale, psicologica, fisica, virtuale e mentale, annientamento della dignità di un altro essere vivente, umiliazione per il solo fatto di esistere: rappresentano tutto ciò che l’uomo riesce ad immaginare ed a mettere in pratica, poiché atteggiamenti che sfociano nella sopraffazione dell’altro sorgono là dove il vuoto, ciò che è mancato, è stato riempito da rabbia, che altro non è che lo specchio della nostra tristezza. Quindi la tristezza fa diventare violenti? cattivi? Anche, ma non basta. Quando un omicidio viene generato e prolungato diventando strage, da una singola vita a più di sei milioni, dobbiamo parlare di collasso mentale ed emotivo, generato da sì stati emotivi incontrollati, nati da mancanze subite o che riteniamo tali, ma accompagnati da solitudine culturale, mancanza di educazione e sostegno civile, aridità emotive, sommate nel tempo, e completa inadeguatezza intima verso se stessi e verso gli altri. I “Mostri” i serial – killer, hanno tutti un’origine, ma non nascono tali. Non si nasce pluriomicidi. Nella pancia della mamma nessuno viene addestrato alla strage. Nascono da qualcosa e da qualcuno dopo, quando vengono al mondo ed entrano in contatto con altre coscienze già formate. Ed è una catena difficile da spezzare. Sembra quasi che la possibilità di diventare persone “pericolose” dipenda dal luogo in cui nasci e da chi si occupa di te. In parte è così, il resto poi ce lo mette a disposizione l’inclinazione genetica di cui siamo fatti. La prima regola, matrice della vita nel sistema natura, è la sopravvivenza. Se veniamo a contatto con pensieri che ci mostrano come qualcuno o qualcosa possa opporsi alla nostra qualità o quantità di vita inizieremo a pensare che quello è il nostro male, quello è il nostro nemico e lo tratteremo in quanto tale, generando dentro di noi una coscienza atta a concepire pensieri di ribellione verso ciò che è stato raccontato come pericolo alla nostra sopravvivenza. Nazismo, razzismo, serialità omicida, possiamo chiamarli come vogliamo, anche cambiargli di nome, restano comunque atti di violenza pura che sorgono laddove non c’è racconto di umanità. E sono stati tanti, e lo sono tutt’ora, i luoghi nel mondo in cui non sono contemplati la parola umanità e rispetto di essa e della vita che comporta. Tanti luoghi, tante Nazioni, tanti paesi e tante famiglie in cui non esiste e non viene raccontato, ne’ preso come valore, il rispetto dell’altro come “vita”. Per arrivare ai giorni di commemorazione di atroci passati storici si passa dai piccoli gesti di violenza individuale, familiare, domestica, sociale di quello che è stato o è il vivere quotidiano. Inizia tutto con lo scaricare le proprie angosce e frustrazioni, facendo male all’altro, proiettandole sull’altro perché non in grado di elaborarle interiormente. Il corpo umano è una macchina che va allenata a vivere, niente è già memorizzato, se non l’istinto di sopravvivenza, che vede nella relazione con l’altro il proseguo della specie tramite accoppiamento, ma vede anche la violenza come elemento per salvarsi. Dunque bisogna allenarsi allo stesso modo sia nel volersi bene sia a gestire le proprie capacità di espressione rabbiosa, senza darle per scontate con la famosa frase “sono un tipo tranquillo” oppure “era una persona perbene”.

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Esistono le persone, esistiamo noi e la nostra capacità individuale di fare scelte accanto ad altre persone uguali o diverse da noi, non cambia, la vita è vita sempre, quindi impossibile giustificare l’atto violento, la forzatura verso l’altro, perché non ci sono scusanti all’atrocità e all’infliggere sofferenza fisica ed emotiva per scaricare le nostre angosce. Sia uomini che donne sono in grado, se provano, ad infliggere sofferenza all’altro, dipende sempre dalle scelte che si fanno. Si può sbagliare anche soffrendo o per troppa sofferenza passata o presente, ma si deve imparare da ciò,trarre qualcosa di utile per il nostro animo, altrimenti la strada è già definita. Guerra per guerra, vendetta per vendetta, morte per morte, cosa resterà? Per sopravvivenza e consumo finì lentamente l’essere umano. Dobbiamo prendere coscienza e consapevolezza del nostro intimo e biologico ardore, prima ancora di prendere responsabilità del nostro agito. Pesa sicuramente, peserà di più piuttosto che proiettare tutto con ingiustizie esterne che, seppur possano vestirsi di verità, non faranno mai parte di un atteggiamento sano ma anzi, lasciate come motore principale di ciò che sta per accadere per mezzo delle nostre mani, non salverà mai e non fermerà mai un braccio teso, armato, un’intimidazione psicologica, un abuso sessuale, un ricatto morale, uno sterminio di massa. Educazione, rispetto, studio, sana accettazione culturale, civiltà, regole, confini sani quei valori che dovremmo provare a ricostruire dove mancano e a salvaguardare dove esistono poiché l’unica certezza, se la pena non è certa, è che violenza senza controllo porta alla fine di una storia. La nostra storia. Possiamo riferire che l’altro non lo fa, che non ci rispetta e quindi perché farlo noi per primi. Possiamo raccontarci che, se non teniamo la guardia alta, saremo violentati da chiunque. Sì, possiamo farlo ma non migliorerà le cose, anzi. È necessario riscoprire uno stato di coscienza sano, funzionale alla vita che chiede aiuto piuttosto che farsi giustizia da solo. Serve una cultura del sostegno, della possibilità di aprirsi e raccontare a qualcuno il nostro disagio. Serve una cultura di umana sostenibilità reciproca, in cui chiedere aiuto diventi un atto di volontà coraggiosa e non un mero gesto di omertà o paura emotiva. Serve la cultura dell’accoglienza e dell’amore del diverso come arricchimento e non come limite. Serve rispettare la vita come indice primario di cultura del vivere. Servono “sguardi diversi”, con cui guardarsi nel mondo, e non è detto che non possiamo trovarli.

Davide Berardi

 

*Dott. Davide Berardi,

Psicologo – Psicoterapeuta,

Psicologo, Psicoterapeuta ad Indirizzo Relazionale Sistemico, Docente Corsi di Accompagnamento al parto, Psicologo della riabilitazione e del sostegno nella terapia individuale e familiare, Terapeuta del coraggio emotivo.

Mail: davide_berardi_78@yahoo.it      

Facebook: https://www.facebook.com/StudioStressRoma/

L’export piemontese torna a crescere

La lieve flessione del secondo trimestre 2018 è terminata e le esportazioni dei distretti piemontesi nel terzo trimestre dell’anno riprendono  la crescita, con un aumento di 108 milioni di euro (+4,9%), raggiungendo la quota di 2 miliardi e 311 milioni di euro, molto vicina al picco storico raggiunto nel quarto trimestre 2017. Sei distretti piemontesi su undici hanno registrato esportazioni in positivo. Cristina Balbo, direttore regionale Piemonte Valle d’Aosta e Liguria Intesa Sanpaolo, commenta i dati del Monitor dei Distretti del Piemonte curato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo : “L’internazionalizzazione si conferma pertanto una strategia vincente, che si esprime sia nella capacità di trovare sbocchi di mercato, sia nella capacità fare investimenti sull’estero per rafforzare la filiera. Anche nel 2019 continueremo dunque a promuovere e a rafforzare gli investimenti in capitale umano, internazionalizzazione e innovazione, con un’attenzione particolare per la filiera”. Nonostante il quadro di rallentamento dei commerci internazionali, le esportazioni dei distretti industriali piemontesi sono cresciute quasi del 5% contro lo 0,4% dell’intero comparto manifatturiero.