CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 643

“Io non mi chiamo Miriam”

Si terrà venerdì 19, alle 21,oo, nella sala ‘900 di  palazzo San Daniele, al n.14 di via del Carmine lo spettacolo teatrale “Io non mi chiamo Miriam”. L’iniziativa, pensata per il Giorno della Memoria, è a cura della Fondazione Polo del ‘900 in collaborazione con Consiglio regionale del Piemonte – Comitato Resistenza e Costituzione, l’Associazione Liberi pensatori Paul Valery  e Piemonte dal Vivo. Tratta dall’omonimo libro di Majgull Axelsson ( Iperborea,2016), nelo spetatcolo si narra la vicenda di Malika ( il vero nome della protagonista) che svela alla propria famiglia di non essere ebrea ma di  origine rom. Per cercare di salvarsi aveva sottratto i vestiti a Miriam, una ragazza ebrea morta durante il viaggio verso Auschwitz e con quell’identità era stata internata prima ad Auschwitz e poi a Ravensbrück.Una volta riacquistata la libertà, Malika trovò rifugio in Svezia dove scoprì con dolore che i rom non erano ben accetti e scelse così di essere per tutti e per sempre Miriam. A rivestire i panni di Miriam nello spettacolo sarà una delle grandi interpreti del teatro italiano, Annamaria Guarnieri, che condividerà la scena con Stefania Rosso e Daniela Vassallo. Lo spettacolo si avvarrà dell’accompagnamento musicale di due strumentisti cui spetterà il compito, sotto la guida di Matteo Castellan, di eseguire dal vivo le note del celebre “Quatuor pour la fin du temps” di Olivier Messianen. Al termine dello spettacolo, seguirà un incontro con le attrici e l’autrice del libro, la svedese Majguill Axelsson.

Ingresso libero fino a esaurimento posti. Info: reception@polodel900.it

La replica dello spettacolo di sabato 20 gennaio, alle ore 10.oo, sempre al Polo del ‘900 – Sala ‘900, Palazzo San Daniele – è riservata alle scuole, con prenotazione obbligatoria:didattica@polodel900.it.

Gennaio di cultura al “Pannunzio”

IL PROGRAMMA DELLE INIZIATIVE

LUNEDI’ 15 GENNAIO 2018

RIDAMMI VITA: DAI SALMI DI DAVIDE

A UNA VISIONE ETICA CONTEMPORANEA

di Stella BOLAFFI BENUZZI

 

Lunedì 15 gennaio alle ore 17,30 nella sede del Centro “Pannunzio” (via Maria Vittoria 35H, Torino), Giovanni RAMELLA Claudio ARNETOLI presenteranno, unitamente all’autrice, il libro di Stella BOLAFFI BENUZZI “RIDAMMI VITA: DAI SALMI DI DAVIDE A UNA VISIONE ETICA CONTEMPORANEA”Edizioni Salomone Belforte. Introdurrà Dario CRAVERO.

I Salmi di Davide, visti e vissuti attraverso la lente ebraica e quella cristiana, fanno da volano alle esperienze dell’autrice, psicoanalista e cittadina del mondo contemporaneo. Uno studio ispirato dal pensiero del rabbino Giuseppe Laras e del cardinale Carlo Maria Martini che diventa diario personale di un viaggio senza fine per la costruzione di un’etica individuale e collettiva.

Stella Bolaffi Benuzzi tenta di capire e di capirsi, ricapitolando il proprio percorso di studi, le proprie curiosità conoscitive e l’esperienza professionale con i pazienti. I Salmi diventano così lo strumento per agire nella realtà e per celebrare la vita.

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MERCOLEDI’ 17 GENNAIO 2018

FIGURE DELL’ITALIA CIVILE” – nuova edizione –

di Pier Franco QUAGLIENI

 

Mercoledì 17 gennaio alle ore 18 a Palazzo Ceriana Mayneri, Circolo della Stampa di Torino (Corso Stati Uniti, 27)sarà presentata in anteprima nazionale la nuova edizione di“FIGURE DELL’ITALIA CIVILE” di Pier Franco QUAGLIENI, edizioni Golem, con un prezioso inedito di Leo Valiani su Ernesto Rossi e sulla famiglia fascista di Giovanni Spadolini, un profilo di Enzo Bettiza e varie aggiunte su molti dei trentun personaggi tratteggiati.

Il libro esce in nuova edizione dopo le molte ristampe nel 2017 andate esaurite e cinquanta presentazioni in tutta Italia che hanno consentito di parlare del Centro “Pannunzio”, protagonista di molte pagine dell’opera.

Presenteranno il libro Valentino CASTELLANI, Dino COFRANCESCO Tilde GIANI GALLINO.

Coordinerà l’incontro Elena ALESSIATO. Letture di Ornella POZZI.

 

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LUNEDI’ 22 GENNAIO 2018

IL BIOTESTAMENTO: ASPETTI MEDICI E LEGALI

 

Lunedì 22 gennaio alle ore 18 nella sede del Centro “Pannunzio” (via Maria Vittoria 35H, Torino), Giuseppe PICCOLI, già Preside della Facoltà di Medicina, e Michele VAIRA,notaio, parleranno sul tema “IL BIOTESTAMENTO: ASPETTI MEDICI E LEGALI”.Introdurrà Anna RICOTTI.

Il biotestamento o testamento biologico è la volontà di mettere nero su bianco, quando ancora si è capaci di intendere e volere, quali trattamenti sanitari si intenderanno accettare o rifiutare nel momento in cui subentrerà un’incapacità mentale, verbale o uno stato di incoscienza protratto nel tempo.

La legge recentemente promulgata prevede un insieme di adempimenti e procedure per esprimere la propria volontà. L’incontro è dedicato al chiarimento dei vari aspetti medici e legali che riguardano l’argomento.

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MERCOLEDI’ 24 GENNAIO 2018

DRONI: VANTAGGI E RISCHI NEL LORO UTILIZZO

 

Mercoledì 24 gennaio alle ore 18 in sede, Fulvia QUAGLIOTTI, Docente al Politecnico di Torino, Presidente ed Amministratore delegato della Mavtech, terrà una conferenza sul tema“DRONI: VANTAGGI E RISCHI NEL LORO UTILIZZO”. Introdurrà Dante GIORDANENGO.

La presentazione consiste in un’illustrazione dei droni e sul loro utilizzo, che diventa giorno per giorno sempre più esteso. In particolare si porrà l’accento sulle applicazioni in caso di calamità naturali e situazioni di emergenza in genere, di cui vengono presentati alcuni esempi. Infine si prendono in considerazione i rischi che l’utilizzo dei droni comporta per gli essere umani, con dettagli sui regolamenti e sulla valutazione dei danni che essi possono arrecare al corpo umano. Infine si accenna a possibili configurazioni di droni “sicuri”.

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VENERDI’ 26 GENNAIO 2018

MARIO SOLDATI, UN VIAGGIO LUNGO 60 ANNI:

LA VALLE DEL PO FRA TELEVISIONE, LETTERATURA E CIBO

 

Venerdì 26 Gennaio alle ore 17 a Palazzo Cisterna, Sede della Città Metropolitana di Torino, (Via Maria Vittoria, 12), il Centro “Pannunzio”, nel sessantesimo anniversario dalla

prima messa in onda della serie televisiva “Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini” di e con Mario Soldati, intende promuovere un incontro dal titolo “MARIO SOLDATI, UN VIAGGIO LUNGO 60 ANNI: LA VALLE DEL PO FRA TELEVISIONE, LETTERATURA E CIBO”.

Interverranno Luca BUGNONE, giornalista del Gambero Rosso, che ci condurrà in un viaggio in alcune delle città-vigneto visitate da Soldati, tracciando una parabola della simbiosi che ha legato l’essere umano alla vite nello “scrivere” il paesaggio; Elisabetta COCITO,dell’Accademia italiana della Cucina, parlerà della visione enograstronomica soldatiana;Monica Mercedes COSTA, studiosa di cultura materiale, modererà l’incontro e interverrà approfondendo il viaggio televisivo di Soldati attraverso il parallelo con la sua attività letteraria connessa al cibo e ai vini, indicandone la modernità e la profeticità.

Alla fine della conferenza verrà offerto un aperitivo in tema di cibo e vini del territorio (della Valle del Po).

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Centro “Pannunzio” – via Maria Vittoria 35H, 10123 Torino

WWW.CENTROPANNUNZIO.IT

 

Al Regio la Turandot incompiuta

Gianandrea Noseda torna sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino, dal 16 al 25 gennaio prossimi, dirigendo Turandot, il capolavoro incompiuto di Puccini, nel nuovo allestimento e regia di Stefano Poda, che si preannuncia come una delle più sensazionali degli ultimi anni. Poda, autore dalla raffinata poetica metafisica e onirica, torna al Regio di Torino dopo i successi ottenuti con Thais e Faust. Turandot è la grande incompiuta del Novecento. La volontà di Gianandrea Noseda è quella di rispettare fedelmente il manoscritto autografo del maestro, seguendo la partitura fin dove arrivò Puccini, ovvero la piccola marcia funebre dopo la morte di Liu’, senza alcun finale postumo elaborato da Alfano o Berio. Il soprano Oksana Dyka, con il suo timbro abbagliante e fulgido, riesce a rendere la ieraticita’ della principessa di ghiaccio; accanto a lei un giovane tenore in grande ascesa, Jorge de Leon, interpreta un Calaf fresco e possente. Erika Grimaldi interpreta, invece, Liu’, personaggio che, in questa versione, assume un inedito spessore drammatico, sottolineato dalle rare doti della cantante lirica.

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Nella Turandot ogni personaggio gioca un ruolo ben preciso, nulla è lasciato al caso. Quelli che nel primo atto sembrano i ministri della morte, ci appaiono nel dispiegarsi dell’opera in una luce diversa, più morbida e umana. Descrivono la loro vita con melodie nostalgiche, abbandonandosi ai ricordi di un’esistenza felice. Riescono, insieme alla piccola Liu’, a creare intorno ai personaggi principali un’atmosfera tale da allentare la tensione emotiva dei protagonisti. Ciò che rende anche molto singolare questa opera pucciniana è la rapida trasformazione della protagonista, della gelida principessa, così statica e rigidamente sacrale, poi così repentinamente diversa nel finale. Il processo che porta alla progressiva umanizzazione di Turandot è reso evidente da una serie di contrapposizioni che emergono chiare sin dall’inizio dell’opera: tramonto e alba, sole e luna, amore e odio, crudeltà e asservimento. L’elenco di questi opposti potrebbe proseguire con vita-morte, vittoria-sconfitta, freddo-caldo. Tutti questi elementi rendono palese il contrasto che dilania la stessa Turandot, che, alla nuova alba, illuminata dalla luce del sole, si scopre umana e innamorata.

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Anche se la più celebre aria della Turandot rimane l’universalmente nota “Nessun dorma”, riveste un posto di rilievo quella dedicata alla piccola schiava, “Non piangere Liu'”. Quando la Turandot venne rappresentata per la prima volta, il 25 aprile 1926, Puccini era morto da un anno e mezzo. Malgrado il primo atto fosse stato entusiasticamente applaudito dal pubblico del Teatro alla Scala di Milano, l’accoglienza riservata al secondo atto non andò oltre un puro atto di cortesia. Il terzo atto venne interrotto dopo la morte di Liu’; il direttore Arturo Toscanini depose la bacchetta e disse: “Qui finisce l’opera, perché a questo punto il Maestro è morto”. Così incompiuta sarà la Turandot diretta al teatro Regio dal maestro Noseda.

 

Mara Martellotta

Verdone: “La crisi del cinema? L’inizio una decina di anni fa”

Giornalisti e pubblico, ieri, all’incontro con Carlo Verdone per la presentazione di “Benedetta follia”

 

L’appuntamento è per le 12 e trenta sotto la grande volta della Mole, nella casa del Museo del Cinema. Giornalisti e fotografi delle grandi occasioni per Carlo Verdone che arriva, in un incontro aperto anche al pubblico, tra gli ingombranti lettini rossi, a promuovere il suo ultimo “Benedetta follia” in compagnia del produttore Luigi De Laurentiis e di Ilenia Pastorelli – uscita dalla baraonda del GF dodicesima edizione, uscita dal grande successo di “Jeeg Robot” e oggi sugli schermi, in 750 copie, a far perdere la testa come Luna ad un intristito e stralunato Guglielmo e a tentare di rimetterlo in carreggiata attraverso l’approccio con le app per cuori solitari, dopo che la moglie gli ha rivelato la propria relazione con la commessa del suo grande negozio di arredi sacri e haute couture destinata ai porporati romani. “L’importante per me è incontrare il pubblico, andare sul luogo – inizia a raccontare, tra mezzi sorrisi appena abbozzati e occhi sgranati o spesso pensosamente richiusi, in un comprensibile misto di grande stanchezza (la tivù della Befana se l’è fatta proprio tutta!) e di personaggio “malincomico” che si porta addosso da anni -, negli ultimi giorni Milano, Bologna, Firenze, è una vita che stringo mani e ascolto persone, figuratevi se un selfie non me lo faccio volentieri! Presentare il film perché il film lo merita, io ci credo molto, è molto divertente e le sorprese sono molte, con il divertimento che dobbiamo alla platea c’è questo finale con un bel messaggio rassicurante, che è come una carezza sul viso di una persona, un momento di tranquillità”. È anche soddisfatto del proprio personaggio come dello sguardo che ha buttato sulla società di oggi. “Ho voluto esplorare la solitudine di un uomo, lo sconquasso di questa tegola che gli cade tra capo e collo, anche questo nuovo modo di approcciarsi al mondo femminile, con la donna non intesa soltanto come caricatura ma come efficace sostanza, che non va solo alla ricerca dei social ma è pure seria ed equilibrata… già, i nuovi mezzi di comunicazione: chissà se è un bene o un male, boh! non lo so, andiamo avanti così”. Anche Ilenia è soddisfatta di questo ruolo di borgatara che irrompe nel negozio a imporsi come nuova aiutante, quando tra abbigliamento e comportamento il livello è decisamente azzerato e il suo inglese raggruppa un paio di parole e niente più: “Io sono vissuta con il cinema di Carlo, come i miei amici, come l’intero pubblico, ha rappresentato tanto nella mia vita, a 13 anni vedevo i cartelloni di “Viaggi di nozze” e mi divertivo a ripetere le battute del film. Adesso sono qui con questa Luna che lo tira fuori dalla depressione e ho cercato di dargli il massimo, spero di esserci riuscita”. Verdone, tranquillo, accenna un sorriso: “E io l’aiuto nel suo essere fragile, nonostante questi atteggiamenti vivaci, condivido certi punti irrisolti, come il rapporto con il padre”. Poi c’è il ricordo su Torino, “nel ’78 quando venni qui per “Non stop” l’avevo trovata grigia, forse addirittura buia, adesso da qualche anno ha ritrovato una vivacità straordinaria, che mantiene tuttavia intatta tutta la sua signorilità. Ci torno sempre volentieri, è la città del cinema, tutti mi accolgono sempre con affetto, è giusto che io incontri il pubblico, all’interno di un cinema, davanti al grande schermo”. Già, i grandi schermi in grande sofferenza, la crisi del cinema italiano che nello scorso anno ha visto un calo del 46% degli spettatori: “Abbiamo cominciato a perdere pubblico dal 2007, la crisi è cominciata lì, le prime avvisaglie, i primi scricchiolii – è sicuro Verdone. Ma è anche consolatorio: “Ma se è vero che un pubblico ha abbandonato le sale, un altro ha lasciato la tivù. L’interesse è un altro, si sta di più su internet, si frequentano altre piattaforme e il pubblico giovane va alla ricerca della serie, quello che appassiona, che lega. È una tendenza diversa, noi dobbiamo cercare di dare il meglio, di far meglio i nostri film nella scrittura, mentre li giriamo in un tempo che non deve essere ridotto, mentre li promuoviamo come io sto facendo in questi giorni”. Anche il cinema deve trasformarsi, “le sale stesse vanno trasformate, devono essere maggiormente dei punti di incontro, dove si sappia creare l’evento, magari con librerie e ristoranti”. Ma anche Verdone sembra voler per una volta cambiare percorsi, anche se per l’abituale produttore ha già in preparazione un nuovo film. “Magari girarlo a Torino. Oppure una serie, sempre qui” e gli occhi di Paolo Tenna e di Paolo Manera, ad di Fip e direttore di Film Commission già si illuminano, “un’idea a cui sto pensando da tempo, credo si possa fare”, mentre l’intraprendente De Laurentiis annuisce. Forse l’anno prossimo o un altro ancora ritroveremo Verdone a cercar casa qui da noi, per imbarcarsi in un progetto seriale pensato e guidato da maestranze torinesi, progetto che vedrà ancora, al centro con lui, una donna che attraversi la sua vita di malincomico e la rivoluzioni, con un sorriso e una carezza?

 

Elio Rabbione

Nelle foto: Ilenia Pastorelli in un momento di “Benedetta follia”. Carlo Verdone durante l’incontro, accanto a lui il moderatore Steve della Casa, il produttore Luigi De Laurentiis, Ilenia Pastorelli e la presidente del Museo del Cinema Laura Milani

Oggi al cinema

TUTTE LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

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Assassinio sull’Oriente Express – Giallo. Regia di Kenneth Branagh, con Judi Dench, Michelle Pfeiffer, Johnny Depp, Penelope Cruz e Branagh nelle vesti di Hercule Poirot. Altra rivisitazione cinematografica del romanzo della Christie dopo l’edizione firmata da Sidney Lumet nel ’74, un grande Albert Finney come investigatore dalle fiammeggiati cellule grigie. Un titolo troppo grande per non conoscerlo: ma – crediamo, non foss’altro per il nuovo elenco di all star – resta intatto il piacere di rivederlo. Per districarci ancora una volta tra gli ospiti dell’elegante treno, tutti possibili assassini, una partenza da Istanbul, una vittima straodiata, una grande nevicata che obbliga ad una fermata fuori programma e Poirot a ragionare e a dedurre, sino a raggiungere un amaro finale, quello in cui la giustizia per una volta non vorrà seguire il proprio corso. Durata 114 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, Eliseo Blu, Ideal, Lux sala 1, Uci)

 

Benedetta follia – Commedia. Regia di Carlo Verdone, con Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Lucrezia Lante della Rovere e Paola Menaccioni. Guglielmo, in depressione stabile, è il proprietario di un negozio di arredi sacri e abbigliamento d’eccellenza, per il piacere e l’eleganza della moltitudine di porporati romani. Depresso anche per il fatto che la moglie lo ha appena abbandonato perché innamorata proprio della commessa del suo negozio: quando come un ciclone entra nella sua vita una ragazza di borgata. Durata 109 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

50 primavere – Commedia. Regia di Blandine Lenoir, con Agnès Jaoui, Pascale Arbillot e Thibault de Montalembert. Raggiunta l’età del titolo, Aurore non vive proprio quel che si potrebbe definire un periodo felice, senza problemi. Si ritrova separata dal marito, a dover fare la cameriera in una piccola città di provincia anche per dare una mano alle due figlie. Come se non bastasse, il lavoro va in fumo e bisogna mettersi alla ricerca di un altro, una figlia aspetta un bebè che la chiamerà nonna e le vampate della menopausa sono sempre più lì ad aggredirla. Ritroverà un amore di gioventù e pensa di poter ricominciare. Ma non è così semplice. Durata 89 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Coco – Animazione. Regia di Lee Unkrich e Adrian Molina. Fa parte di una famiglia che certo non stravede per la musica il piccolo Miguel e lui non ha altro sogno che diventare chitarrista. Questo il preambolo; e a dire quanto la Pixar guardi allo stesso tempo ad un pubblico di bambini (ma, per carità, senza nessun incubo) e di adulti, ecco che Miguel si ritrova catapultato nel Regno dei Morti a rendere omaggio ai tanti parenti che non sono più attorno a lui. Durata 125 minuti. ((Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Come un gatto in tangenziale – Commedia. Regia di Riccardo Milani, con Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Claudio Amendola e Sonia Bergamasco. Quando gli opposti si attraggono. Ovvero l’incontro tra Giovanni, intellettuale di sinistra, abitazione nel centro di Roma, tutto quadri e libri, in riunione a Bruxelles a parlare di periferie e di quanto sia opportuna la contaminazione tra l’alto e il basso, e Monica, borgatara di una periferia stracolma di extracomunitari, piena di tatuaggi, dal più che dubbio gusto nel vestire, consorte in perenne debito con la giustizia: incontro che nasce quando i due ragazzini dell’una e dell’altra parte iniziano un filarino che punta deciso al futuro. E se l’incontro portasse l’intellettuale e la borgatara a rivedere le loro antiche posizioni? Durata 98 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Corpo e anima – Drammatico. Regia di Ildiko Enyedi, con Alexandra Borbély e Géza Morcsànyi. Un film dove si mescolano realtà e sogno, immerso nella cruda realtà quotidiana (pur con qualche momento d’ironia) ancora più acida se si pensa all’ambientazione in un mattatoio. Una coppia “lontana”, lui direttore di quel luogo, lei addetta al controllo qualità, introversi entrambi, chiusa nelle proprie solitudini, scoprono di condividere ogni notte lo stesso sogno, essere una coppia di cervi in un bosco invernale. Orso d’oro all’ultima Berlinale, “Corpo e anima” è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani: “Un film capace di tracciare il racconto della storia d’amore che unisce due solitudini, sospendendolo con lucidità visiva tra la materialità della vita reale e l’impalpabile spiritualità del sentimento”. Durata 116 minuti. (Classico)

 

Ferdinand – Animazione. Regia di Carlos Saldahna. Non ha mai avuto vita facile il libro dell’americano Munro Leaf da cui oggi nasce questo cartoon di Saldahna (già premiato autore di “Rio” e dell’”Era glaciale”), libro del ’36 su cui franchisti prima e nazisti poi non poco s’accanirono (era, inevitabilmente, nell’animo di Gandhi). La vicenda del toro decisamente pacifista diverte oggi bambini e anche adulti dal cuore pronto a rilassarsi, pronti a simpatizzare con un animale che è destinato a combattere nell’arena ma che al contrario preferisce circondarsi di fiori, fugge da chi gli impone quelle regole, stringe amicizia con una piccola animalista. Lieto fine che s’impone, al fianco del “pericolosissimo” toro altri simpatici personaggi, tra cui da non lasciarsi sfuggire la capra Lupe. Durata106 minuti. (Massaua, Ideal, Uci)

 

L’insulto – Drammatico. Regia di Ziad Doueiri, con Adel Karam e Kamel El Basha (Coppa Volpi a Venezia). A Beirut, un incidente tra due uomini, un operaio palestinese che è caposquadra di un cantiere con l’incarico di una ristrutturazione e un meccanico di religione cristiana. Quando costui, Toni, rifiuta di riparare una vecchia grondaia che ha bagnato la testa di Yasser, questi lo insulta, e gli insulti si accompagnano alle percosse, per cui l’incidente finirà in tribunale: situazione aggravata dal fatto che la moglie di Toni ha per lo spavento dato alla luce prematuramente una bambina che lotta tra la vita e la morte. Un caso particolare che adombra un conflitto molto più allargato e mai cessato: come ancora dimostra il processo, dove un padre e una figlia, difensori dell’una e dell’altra parte, esprimono due diverse generazioni e un giudizio diametralmente opposto. Durata 110 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Jumanji – Benvenuti nella giungla – Avventura. Regia di Jake Kasdan, con Dwayne Johnson, Karen Gillan e Jack Black. Un fenomeno che ha più di vent’anni (eravamo nel 1996) e che ricordiamo ancora oggi per il personaggio, Alan Parrish, interpretato dal compianto Robin Williams, attore al culmine del successo dopo la prova in “Mrs. Doubtfire”. Hollywood non dimentica e rispolvera un passato di ottimi botteghini. Messi in punizione nella scuola che frequentano, quattro ragazzi scoprono un vecchio videogame. Una volta dato il via al gioco, essi vengono catapultati all’interno del sorprendente meccanismo, ognuno con il proprio avatar. Assumeranno altre sembianze, entreranno nell’età adulta: ma che succederebbe se la loro missione fallisse e la vita di ognuno finisse intrappolata nel videogame? Durata 119 minuti. (Massaua, Greenwich sala 3, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Leo da Vinci – Missione Monna Lisa – Animazione. Regia di Sergio Manfio. La giovinezza di un futuro genio, che inizia a sperimentare le sue prime invenzioni, come lo scafandro, con cui raggiungere un tesoro sul fondo del mare di Montecristo e scongiurare il matrimonio dell’innamorata Lisa con il solito pretendente di ricca casata. Ma qualcuno gli darà parecchio filo da torcere, come quei pirati che giocheranno ogni carta pur d’impadronirsi del famoso tesoro. Ma Leonardo è pur sempre Leonardo. Durata 85 minuti. (Massaua, The Space, Uci)

 

Loveless – Drammatico. Regia di Andrei Zvyagintsev, con Alexei Rozin e Maryana Spivak. Premio della giuria a Cannes. Un uomo e una donna, dopo anni di matrimonio, si dividono, hanno già costruito altre relazioni. Una separazione carica di rancori e recriminazioni. Nella loro vita Alyosha, un figlio non amato, vittima dell’indifferenza e dell’egoismo, che dopo l’ennesimo litigio, scompare. Supplendo al lavoro della polizia, un gruppo di volontari si mette alla ricerca del bambino, senza risultati. Durata 127 minuti. (Romano sala 3)

 

Morto Stalin se ne fa un altro – Commedia. Regia di Armando Iannucci, con Steve Buscemi, Micael Palin, Olga Kurylenko, Simon Russel Beale. Scozzese di nascita ma napoletanissimo per origini paterne, Iannucci ci ha dato una delle opere più godibili degli ultimi anni, ricca di effetti sulfurei, di una sceneggiatura che supera con facilità la risata fine a se stessa per immergersi nella satira più corrosiva, per graffiare e far sanguinare un mondo ben sistemato sugli altari. Il vecchio castiga ridendo mores, in folclore politico. Ovvero la morte del baffuto Stalin, che ha appena impartito l’ordine che gli sia recapitata la registrazione di un concerto che però registrato non lo è stato. Orchestra, pubblico e pianista dissidente, tutti di nuovo al loro posto. Ma le preoccupazioni sono e saranno ben altre: quella sera stessa, era il 28 febbraio 1953, il dittatore è colpito da un ictus e le varie epurazioni delle vette sanitarie in odore di tradimento fanno sì che le cure non possano arrivare che in ritardo e infruttuose. Cinque giorni dopo, passato lui a miglior vita, può così cominciare l’arrembaggio alla poltrona tanto ambita da quanti tra i collaboratori l’hanno vistosamente sostenuto o tacitamente avversato, a cominciare da un atterrito Malenkov chiamato da un ridicolo Consiglio a reggere le sorti dei popoli. Senza dimenticare, tra il tragico e il ridicolo, le mosse dei tanti Mikoyan, Zukov, Bulganin, Molotov e Berija in atteggiamenti da vero macellaio sino a Nikita Kruscev (un impareggiabile Steve Buscemi, ma ogni personaggio si ritaglia un momento di gloria), astutissimo nel saper raccogliere le tante intenzioni, lotte, sospetti, accuse, sparizioni dei propri colleghi, e capace di afferrare il primo posto. Tutto questo sullo schermo, applaudito al recente TFF, risate e sberleffi come non mai: apprezzato, ma allo stesso temo ti chiedi quanto sia stato giusto cancellare la vena tragica di quelle giornate. E del poi. Durata 106 minuti. (Centrale, anche in V.O.)

 

Napoli velata – Drammatico. Regia di Ferzan Ozpetek, con Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Borghi, Beppe Barra, Luisa Ranieri, Anna Bonaiuto. In una Napoli piena di ambiguità e di misteri, in bilico tra magia e superstizione, tra follia e razionalità, Adriana, ogni giorno a contatto con il mondo dei non-vivi per la sua professione di anatomopatologa, conosce un uomo, Andrea, con cui trascorre una notte di profonda passione. Si sente finalmente viva ed è felice nel pensare ad un prossimo appuntamento. A cui tuttavia Andrea non verrà: è l’inizio di un’indagine poliziesca ed esistenziale che condurrà Adriana nel ventre della città e di un passato, dove cova un rimosso luttuoso. Durata 110 minuti. (Eliseo Rosso, Ideal, Massimo sala 1, Reposi, Romano sala 1, The Space, Uci)

 

Poveri ma ricchissimi – Commedia. Regia di Fausto Brizzi, con Christian De Sica, Anna Mazzamauro, Enrico Brignano, Lucia Ocone. Per le risate degli aficionados, ma rimane pur sempre l’Oscar annuale del gossip e della scalogna: quel po’ po’ di tornado che s’è abbattuto sull’innominato regista, da cui la Warner s’è affrettata a prendere le distanze, e le botte sulla povera e antica signorina Silvani di fantozziana memoria, taciute prima e squadernate poi. Per poi, alla fine, forse, tanto rumore per nulla, per ritrovarci tra i piedi, dopo il lauto botteghino del passato Natale, ‘sta banda de burini che a forza di mettere in banca preziosi euri e cucinare supplì si comprano pure un castello. E chi li tiene più. Ma se il non trascurabile malloppo va mantenuto, non resta che fare del borgo nato uno stato indipendente, dopo referendum d’obbligo manco fosse la Catalogna, girare le spalle all’Italia e uscendo dall’euro dare nuova vita alla moneta locale. Nel frattempo, si ritrova l’occasione per inalberare De Sica con una capigliatura bionda grano che manco Donald e lasciare la nuova first lady tra le braccia e le manette e le fruste di Massimo Ciavarro manco tra le stanze del piacere di “Cinquanta sfumature…”. Di qualsiasi colore siano. Durata 96 minuti. (Uci)

 

Il ragazzo invisibile – Seconda generazione – Fantasy. Regia di Gabriele Salvatores, con Ludovico Girardello, Valeria Golino, Galatea Bellugi e Xsenia Rappoport. Perseverando all’interno di un filone che pare non appartenere al cinema di casa nostra, l’autore premio Oscar di “Mediterraneo” offre a distanza di tre anni, con la crescita del protagonista, il secondo capitolo di Michele, ancora tra le strade e i cieli di Trieste, ancora nella tristezza per la perdita della madre adottiva e ancora alla ricerca di un qualcosa che gli permetta di conoscere appieno i suoi superpoteri. Entrano in gioco, incontro alla necessità, la conosciuta sorella gemella e la madre naturale, entrambe decise a rapire un cattivassimo magnate russo e costringerlo a liberare altre persone pure esse dotate di quegli stessi poteri, tra le quali lo stesso padre dei ragazzi. Già non eravamo stati del tutto soddisfatti della fase iniziale: e il seguito è messo lì per dirci che dovremmo aspettarci una terza puntata? Durata 96 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Groucho, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

La ruota delle meraviglie – Drammatico. Regia di Woody Allen, con Kate Winslet, Justin Timberlake, James Belushi e Juno Temple. Inizio anni ’50, pieni di colore nella fotografia di Vittorio Storaro o rivisti in quelli ramati di un tramonto, un affollato parco dei divertimenti a Coney Island, quattro destini che s’incrociano tra grandi sogni, molta noia, paure e piccole speranze senza sbocco. Ginny è una ex attrice che oggi serve ai tavoli, emotivamente instabile, madre di un ragazzino malato di piromania, frequentatore di assurde psicologhe; Humpty è il rozzo marito, giostraio e pescatore con un gruppo di amici, che ha bevuto e che ancora beve troppo, Carolina è la figlia di lui, rampolla di prime nozze, un rapporto interrotto da cinque anni, dopo la fuga di lei con un piccolo ma quantomai sbrigativo gangster che adesso ha mandato due scagnozzi a cercarla per farla stare zitta, ogni mezzo è buono. Rapporto interrotto ma la casa di papà è sempre quella più sicura. E poi c’è il giovane sognatore, Mickey, che arrotonda facendo il bagnino e segue un corso di drammaturgia, mentre stravede per O’Neill e Tennessee Williams, artefice di ogni situazione, pronto a distribuire le carte, facendo innamorare l’ultima Bovary di provincia e poi posando gli occhi sulla ragazza. Forse Allen costruisce ancora una volta e aggroviglia a piacere una storia che è il riverbero di ogni mélo degli autori anche a lui cari, impone una recitazione tutta sopra le righe, enfatizza e finge, pecca come troppe volte nel suo mestiere di regista, non incanta lo spettatore. La (sua) vittima maggiore, che più risente del debole successo è la Winslet di “Titanic”, che pur nella sua nevrotica bravura non riesce (o non può, obbediente alla strada tracciata dall’autore) a calarsi appieno nel personaggio, come in anni recenti aveva fatto la Blanchett in “Blue Jasmine”. Durata 101 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Harpo)

 

Star Wars: Gli ultimi Jedi – Fantascienza. Regia di Rian Johnson, con Mark Hamill, Daisy Ridley, Carrie Fisher, Laura Dern, Benicio del Toro e Adam Driver. Luke Skywalker si è ritirato in un esilio volontario, in un nascondiglio segreto ai limiti del pianeta sperduto. La giovane Rey ha bisogno del suo aiuto, nell’incontrarlo gli donerà la vecchia spada laser appartenuta alla sua famiglia. Vecchi e nuovi personaggi, ultima apparizione della Fisher, indimenticabile principessa Leia, ad un anno esatto dalla scomparsa. Immancabile per il pubblico che da sempre segue la saga. Durata 152 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

The greatest showman – Biografico/musicale. Regia di Michael Gracey, con Hugh Jackman, Michelle Williams, Zac Efron, Zendaya. La vita di Phineas Taylor Barnum, l’uomo che inventò il grande circo, figlio di un povero sarto, da sempre innamorato di Charity che diverrà sua moglie (pur non disdegnando un occhio ad altre relazioni) e che fu il sostegno della sua attività imprenditoriale, l’uomo che con fatica e lungimiranza seppe far fonte ad un destino che allineava frettolosamente successi e batoste, l’uomo che raccolse con dignità sotto il suo tendone uomini altissimi e nani e donne barbute. Come sotto vicenda, accanto a lui, il ricco Phillip (Efron) capace di fuggire dalla sua condizione agiata per rifugiarsi nel mondo circense che gli farà conoscere l’amore di una trapezista. Durata 110 minuti. (Ideal, Uci)

 

The midnight man – Horror. Regia di Travis Zariwny, con Robert Englund, Summer Howell, Emily Haine e Michael Sirow. In una vecchia casa, la giovane Alexandra cura la nonna malata ed è presa dalla curiosità quando scopre nella soffitta un gioco racchiuso in una scatola, un foglio ne spiega le regole: se i giocatori (la ragazza non è sola) le seguiranno, apparirà “l’uomo di mezzanotte” capace di trasformare in realtà gli incubi più spaventosi. Se vorranno salvarsi, dovranno sfuggirgli – a lui, in grado di trasformarsi in nube nera come in qualsiasi altra sembianza – tra lo scoccare della mezzanotte e le 3 e 33 minuti. Durata 95 minuti. (The Space, Uci)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Da parte di molti “Tre manifesti” è già stato giudicato come il miglior film dell’anno, i quattro recenti Golden Globe spianano la strada verso gli Oscar. Durata 132 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Grande, Greenwich sala 2, Uci)

 

Tutti i soldi del mondo – Drammatico. Regia di Ridley Scott, con Mark Wahlberg, Michelle Williams, Charles Plummer e Chistopher Plummer. Il film già celebre ancora prima di uscire sugli schermi: per la velocità con cui il regista ha ricompattato set e troupe per tirare ex novo le scene in cui compare il vecchio e arcigno Paul Getty che ha lasciato i tratti di Kevin Spacey straccusato di molestie sessuali da mezza Hollywood di stampo maschile per acquistare quello altrettanto marmorei e forse più puliti di Plummer, che in quattro e quattr’otto s’è candidato ai Globe. Cambio di casacca per narrare del rapimento del rampollo Getty (per cui il nonno, l’uomo più ricco del mondo, non avrebbe messo a disposizione un solo penny, la prima richiesta fu di 17 milioni di dollari, avendone altri 14 di nipoti chissà come sarebbe stato per lui il futuro!) nel luglio del 1973 – era il tempo dei figli dei fiori, dell’amore libero e della droga a gogò – ad opera dell’ndrangheta. La parte dell’eroe positivo va alla madre del ragazzo che lotta con ogni mezzo per la sua libertà mentre il negoziatore con i delinquenti è il paratone Wahlberg. Durata 132 minuti. (F.lli Marx sala Chico e Harpo, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

Wonder – Drammatico. Regia di Stephen Chbosky, con Julia Roberts, Owen Wilson e Jacob Tremblay. Auggie è un bambino di dieci anni, una malformazione cranio facciale ha fatto sì che non abbia mai frequentato la scuola. Quando i genitori prendono la decisione che è venuta davvero l’ora di affrontare il mondo degli altri, per il ragazzino non sarà facile. Al tavolo di Auggie, in refettorio, nessuno prende posto, un gruppetto di compagni continua a divertirsi a prendere in giro il suo aspetto. Poi qualcuno comunicherà ad apprezzarlo e ad avvicinarsi a lui. Durata 113 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Groucho, Lux sala 3, Massimo sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Artissima diventa “ecosistema digitale” 365 giorni l’anno

Artissima si apre al digitale. La ormai tradizionale fiera d’arte contemporanea di Torino che si tiene il primo week end di novembre inaugura il 2018 con la seconda edizione del  progetto digitale #ArtissimaRewind. Si tratta di un nutrito calendario di appuntamenti virtuali ideati per raccontare l’esperienza della fiera. Ad incominciare dall’11 gennaio, ogni  giovedì fino a maggio, la Video Gallery sul sito della fiera www.artissima.it e i canali social di Artissima propongono un ricco palinsesto di conversazioni, incontri e visite guidate. Dai i video dedicati alle Walkie Talkies by Lauretana, ai filmati degli Ypsilon St’Art Tour. Un ecosistema digitale, dinamico capace di dialogare con il proprio pubblico di appassionati e affezionati 365 giorni all’anno.

Un successo che si ripete da decenni, don Silvestro salva ancora il mondo da un altro diluvio

“Aggiungi un posto a tavola” è una favola che parla d’amore, di accoglienza, di vita nuova da inventare e, possibilmente, migliorare, di esseri umani che hanno la possibilità di creare un mondo nuovo… e perché no? anche di fede… minuscola per la scrittura ma assolutamente maiuscola se intesa come fiducia in se stessi, nel prossimo e nel futuro”. Sintetizza così Gianluca Guidi quella che dal 1974 (le star erano papà Johnny, Panelli e Bice Valori, Ugo Maria Morosi e Daniela Goggi) è la commedia musicale di maggior successo sui palcoscenici italiani, forse quella più amata dal pubblico, se si pensa alle oltre trenta edizioni e ai circa 15 milioni di spettatori sparsi in tutto il mondo, dall’Inghilterra all’Argentina, dalla Finlandia al Cile, dal Messico alla Russia, che l’hanno applaudita. Da noi si è giunti alla settima edizione, che vede Guidi (già Don Silvestro nel 2009, adesso è arrivato al giro di boa dei cinquanta) prendere appieno il testimone passatogli dal padre, nella doppia veste di interprete e regista, con la volontà di un grande rispetto nei confronti dell’antico disegno di Garinei e Giovannini, uniti nella scrittura a Jaja Fiastri, ma pure con l’intento di sfrondare e di attualizzare quanto di più legato a quell’epoca o alle corde dei primissimi interpreti ci possa ancora essere.

All’Alfieri da domani (alle ore 20,45, repliche sino a domenica 14) allora nuovamente lo scontento del Padreterno, la minaccia di un nuovo diluvio universale, le telefonate intimidatorie dell’alto, il piccolo paese di montagna chiamato a nuova culla del mondo con l’amore di Clementina per il giovane sacerdote che dovrà passare tra mille difficoltà pur di continuare a rimanere tutto d’un pezzo e con una troppo libera Consolazione che con quel suo mestiere vecchio quanto il mondo viene a rovinare i piani di una nuova procreazione. E tanto altro ancora – con argomenti all’interno che hanno attraversato i decenni, come il celibato dei preti, allora insormontabile più di adesso, o il tema dell’accoglienza, quantomai attuale – sotto le note di Armando Trovajoli (come dimenticare l’inno del titolo o “Notte da non dormire”, “Peccato che sia peccato” o il festoso “Concerto per prete e campane” che ci hanno accompagnato dalla prima edizione!) oggi guidate da Maurizio Abeni, già assistente del maestro, pronto a dirigere l’orchestra dal vivo di sedici elementi, sotto quella scenografia ingegnosa di Giulio Coltellacci ripresa da Gabriele Moreschi, grande sorpresa per l’epoca, con tanto di doppio girevole e l’arca che invade maestosa il palcoscenico, in attesa della finale colomba riconciliatrice. Del vecchio team è rimasto Enzo Garinei, per 500 repliche divertentissimo sindaco Crispino e oggi a sostituire il mitico Renati Turi nella “voce di Lassù”; Emy Bergamo è Consolazione, Marco Simeoli il nuovo sindaco, Piero di Blasio Toto, mentre Clementina ha oggi la voce e i tratti di Beatrice Arnera, uscita fuori da affollati e precisi provini. Le coreografie portano ancora la firma di Gino Landi e vedono all’opera 17 artisti, cantanti e artisti.

Guidi ricorda ancora perfettamente la magia che assaporò bambino di sette anni, meravigliato nella poltrona rossogrigia del Sistina romano. “Sono un testo e delle musiche che mi hanno accompagnato per anni, che ho seguito a ogni edizione, che mi sono cari, quasì un’eredità di famiglia. Oggi ho ritrovato per questa nuova messinscena del teatro Brancaccio un livello di professionalità altissimo che mi ha profondamente stupito, senza la necessità da parte mia di particolari richieste, ho trovato tutto sul piatto servito e apparecchiato come nel ristorante di un grande chef, e nella piena libertà nella scelta degli attori: e con uno sforzo produttivo non indifferente che ci ha premiato dal debutto di ottobre in varie piazze con una serie di esauriti”.

 

Elio Rabbione

Che italiani, gli italiani di Quaglieni

La presentazione del libro il prossimo 17 gennaio a Torino

FIGURE DELL’ITALIA CIVILE  – nuova edizione

Il libro tratteggia le figure di personalità importanti della cultura e della politica italiana del ‘900 da Einaudi, a Giovanni Amendola, da Marchesi a Soleri, da Calamandrei a Chabod, da Burzio ad Adriano Olivetti, da Ernesto Rossi a Balbo di Vinadio. La parte più consistente del libro riguarda gli “amici e maestri” che l’autore ha conosciuto e frequentato: Jemolo, Bobbio, Galante Garrone, Montanelli, Valiani, Venturi, Casalegno, Alda Croce, Primo Levi, Ciampi, Luraghi, Romeo, Spadolini, Pininfarina, Ronchey, Tortora, Pannella. Due capitoli molto densi concludono il libro, quelli dedicati a Soldati e a Pannunzio. Si tratta di scritti che Quaglieni arricchisce ricostruendo la storia dei rapporti tra il Centro “Pannunzio” e le diverse personalità che animano il libro. Le figure delineate sono spesso ricordate con episodi del tutto inediti e poco convenzionali, in alcuni casi persino politicamente “poco corretti”, ma sempre equilibrati sotto il profilo storico. Ne viene fuori un ritratto a tutto tondo dell’Italia civile che l’autore ritiene vada riscoperta e valorizzata come patrimonio culturale irrinunciabile anche per il futuro delle nuove generazioni.

Chiese e religione nel territorio di confine

Domenica 14 gennaio 2018, alle ore 15.30, sarà presentato l’atteso volume Chiese e vita religiosa a Cocconato. Storia, arte, tradizioni in un territorio di confine del Piemonte centrale, curato dall’antropologo Gianpaolo Fassino e da Franco Zampicinini. Proprio quest’ultimo, intorno al 1985 aveva iniziato una prima indagine sul campo del ricco patrimonio religioso capillarmente presente nel territorio cocconatese, che ha rappresentato il punto di partenza per progressivi approfondimenti sino a giungere, con il nuovo volume, ad un allargamento degli studi dagli edifici di culto alla vita religiosa nelle sue differenti sfaccettature, presentando una lettura non solo artistico-architettonica, ma anche antropologica e sociale della storia comunitaria. È un’opera fondamentale per la storia di Cocconato e più in generale per tutto l’Alto Astigiano e il Basso Monferrato. Attraverso 56 saggi e 24 approfondimenti, scritti da 20 autori (Renzo Bava, Carlo Calosso, Marina Cappellino, Franco Correggia, Cesare Emanuel, Gianpaolo Fassino, Luca Ghiardo, Achille Maria Giachino, Bernardino Elso Gramaglia, Piercarlo Grimaldi, Marta Longhi, Monica Marello, Barbara Massa, Davide Porporato, Valeria Regondi, Aldo A. Settia, Alessia Tabbia, Salvatore Vacca, Giuseppe Vatri, Franco Zampicinini), il volume mette in luce rituali, devozioni popolari, figure di religiosi, storie di famiglie, tradizioni, facendo emergere i complessi e articolati rapporti fra clero e comunità locale. Il volume è l’esito di un originale e prolungato lavoro di ricerca condotto dagli autori sia negli archivi storici che sul territorio, offrendo quindi numerosissimi dati nuovi e inediti.

Grazie al coinvolgimento di studiosi, esperti in specifici campi, è stato così possibile dare forma a questo corposo volume, di 784 pagine, articolato in quattro parti (organizzazione territoriale della chiesa, edifici religiosi, clero, forme e pratiche della vita religiosa) che affronta in modo approfondito e multidisciplinare, anche se inevitabilmente non esaustivo, la sfera religiosa che dall’epoca medievale ad oggi ha interessato l’ambito cocconatese; l’approccio alle diverse tematiche non è stato tuttavia circoscritto alla realtà locale, ma contestualizzato nell’ambito più ampio del Piemonte centrale, tra Monferrato e Collina Torinese. Il libro infatti non racconta solo la storia di Cocconato, ma intreccia vicende di numerosi altri borghi collinari: da Montechiaro d’Asti ad Alfiano Natta, dal Sacro Monte di Crea a Castelnuovo Don Bosco, da Castelletto Merli ad Aramengo. Un’ampia documentazione iconografica, in buona parte inedita, costituita da ben 1152 immagini, tra fotografie d’epoca e attuali, disegni progettuali, mappe, documenti d’archivio, accompagna tutti i saggi. Il volume si pregia della presentazione del vescovo emerito di Casale Monferrato Alceste Catella, del parroco don Igor Peruch, del sindaco di Cocconato Monica Marello, di Franco Correggia (presidente dall’associazione Terra, Boschi, Gente e Memorie, che ha pubblicato il libro), nonché delle significative prefazioni del rettore dell’Università del Piemonte Orientale Cesare Emanuel e dell’antropologo Piercarlo Grimaldi. Il volume in grande formato, è edito dall’associazione Terra, Boschi, Gente e Memorie di Castelnuovo Don Bosco, nella collana “Monografie” ed è stato stampato dalla prestigiosa Tipografia Vaticana. È distribuito da Editeno snc di Castelnuovo Don Bosco. Per informazioni e prenotazioni: tel. 0119927028, info@italianwinetravels.it; franco.zamp@virgilio.it; fralar@libero.it. La presentazione avverrà presso il salone comunale Montanaro, in via Rosignano 1, a Cocconato. Porgeranno il loro saluto monsignor Gianni Sacchi, vescovo di Casale Monferrato, don Igor Peruch, parroco di Cocconato, Monica Marello, sindaco di Cocconato, Franco Correggia, presidente dell’associazione Terra, Boschi, Gente e Memorie; seguiranno gli interventi di Germana Gandino, docente di storia medievale dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale, di Erika Grasso, antropologa dell’Università di Torino, dei curatori del volume. Modera Mario Averone.

Massimo Iaretti

 

 

 

Il mistero nelle cose

FINO AL 21 GENNAIO

“Il gioco è una cosa seria”, era solito ripetere a commento delle sue immaginifiche e geniali “stramberie” il grande Bruno Munari. Parole che ben inquadrano nella sua multiforme creatività l’opera di uno dei massimi protagonisti della scena artistica novecentesca e che ci tornano alla memoria di fronte a ciò che troviamo scritto, brevi manu, da Sergio Saccomandi su un semplice foglio bianco riposto in bacheca e in bella vista fra le circa quaranta opere – dipinti e grafiche – ospitate fino a domenica 21 gennaio negli spazi della Casa del Conte Verde, in via Fratelli Piol a Rivoli. Classe ’46, torinese (ma da oltre trent’anni impegnato a inventarsi una nuova vita sui colli canavesani di Barbania), Saccomandi scrive nero su bianco: “L’arte è un gioco preso seriamente e non una cosa seria presa per gioco”. Saltellanti giravolte di parole assai affini a quelle di Munari se l’arte, per l’appunto, è da intendersi come “gioco”. Così come per l’eclettico artista milanese aveva da essere e com’è per Saccomandi. Un gioco dove finzione e realtà – sempre borderline – si intrecciano con garbata misura, ma con porte portoni e finestre tutte spalancate all’invenzione alla fantasia alla magia di voci e di suoni che arrivano non si sa da dove né da chi per raccontare mirabilia cariche di silente poesia e di mistero. Il “mistero nelle cose” appunto, come suggerisce il titolo della rassegna di Rivoli dedicata a Sergio Saccomandi, allievo all’Accademia Albertina di Paulucci e Calandri e già titolare della Cattedra di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico di Torino; pittore sicuramente fra i più interessanti e raffinati nel panorama dell’arte contemporanea (al suo attivo più di sessanta personali e moltissime collettive a livello nazionale e internazionale), ma anche da oltre quarant’anni “uomo di teatro”. Particolare non da poco per capire a fondo la sua pittura. Regista, scenografo e, lui stesso, attore (è fra i fondatori nel ’75 del Gruppo Teatro Specchio di Cirié), Saccomandi considera il teatro come il suo “amore clandestino”, in perenne ma benefico conflitto e confronto con la pittura, “l’amore di sempre”. Ecco allora i paesaggi (quelli canavesani soprattutto, ma anche gli arditi “capricci veneziani”) che trasudano mestiere e processi di segno e colore di impronta rinascimentale nella certosina perfezione e nell’assoluto rigore della complessiva composizione pittorica. Ma realtà assolutamente “spaesate”, surreali e improbabili, se fluttuanti su armoniose teorie di nuvole e cieli plumbei o su geometriche colline innevate o ancora su vuote e sontuose poltrone (il ciclo delle “sedie”) che tanto ricordano “Les Chaises” di Ionesco, pièce teatrale portata per altro dallo stesso artista in palcoscenico. Paesaggi come pagine di narrazione popolate di “strane”– pur se rigorosamente concrete e identificabili – presenze in primo piano, messe lì a bella posta per tirare la volata prospettica al nucleo centrale della scena: ambigue contraddittorie presenze che, di volta in volta, possono essere un gatto, un rospo, il muso dolce di una mucca che fa capolino a margine di un quadro, oppure un gallo, un oggetto d’arredo, segnali stradali accanto a materassi usurati, così come un cavolo o un uovo rotto “col tuorlo che pare galleggiare sull’albume” accanto a una caraffa che porta lo sguardo su una zuppiera emersa da un nero fondale (quinta teatrale) traboccante di spaghetti (o che altro?). Siamo davvero al “teatro dell’assurdo”. Tenuto in piedi dalla bravura di un “burattinaio” di eccellenza che cerca finanche, ma invano, d’ingabbiare la scena attraverso i virtuosismi di una linea bianca tracciata (parrebbe) per contenere in improbabili geometrie le forme nette, contestualmente inspiegabili, di un rompicapo per il quale non necessita poi tanto trovare il bandolo della matassa. Va bene così! Troppo grande è la suggestione di universi pittorici che ci fanno incredibilmente e piacevolmente volare in alto. Sù sù. Senza barriere né vincoli di confine. Totalmente liberi. In fondo, racconta lo stesso Saccomandi, “dipingere è come partire, buttare giù tutta la zavorra, essere leggeri leggeri, avere in tasca solo il biglietto dell’andata”. Per il ritorno, se proprio vogliamo, tocca a noi pensarci.

Gianni Milani

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“Il mistero nelle cose”

Casa del Conte Verde, via Fratelli Piol 8, Rivoli (Torino), tel. 011/9563020

Fino al 21 gennaio

Orari: mart. – ven. 16/19; sab. – dom. 10/13 e 16/19

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– Sergio Saccomandi: “A cena”, acrilico su carta, 2013

– Sergio Saccomandi: ” Verso l’alba”, acrilico su carta, 2012

– Sergio Saccomandi: “Controluce”, acrilico su carta, 2011

– Sergio Saccomandi: “Capriccio veneziano”, acrilico su carta, 2016